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Sommario del 31/12/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Stasera il Papa presiede i Vespri e il "Te Deum" nella Basilica di San Pietro
  • A Lecce la Marcia per la pace. Mons. Giudici: la pace va desiderata e promossa
  • Nomine
  • Oggi in Primo Piano

  • Strage di cristiani in Nigeria. Mons. Kaigama: non abbiamo paura, la fede vince l’odio
  • Guerra in Siria. Mons. Pelvi dalla Terra Santa: fermare le armi, dare speranza alla pace
  • India: proteste contro i casi di stupro. Sonia Ghandi: combattere violenza sulle donne
  • Timor Est: conclusa la missione militare Onu dopo 13 anni di presenza
  • Roma, neonato abbandonato sta bene. Legge garantisce anonimato a chi partorisce in ospedale
  • Al Senato camera ardente per la Levi Montalcini. La testimonianza di Nicolais (Cnr)
  • Edio Costantini: investire nello sport per promuovere valori educativi
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Il cardinale Antonio Rouco Varela: senza il matrimonio la società si disintegra
  • Comunità di Taizé: nel 2014 “Pellegrinaggio di fiducia sulla terra” a Strasburgo
  • Il Patriarca Bartolomeo I indice per il 2013 l’Anno della solidarietà universale
  • Liberato l’imprenditore Andrea Calevo, rapito il 16 dicembre a Lerici
  • Primo gennaio 2013: marcia della pace in solidarietà con gli immigrati a Gioia Tauro
  • Il 2013 proclamato Anno europeo dei cittadini
  • Il Papa e la Santa Sede



    Stasera il Papa presiede i Vespri e il "Te Deum" nella Basilica di San Pietro

    ◊   Le ultime ore dell’anno vedranno come sempre Benedetto XVI presiedere nella Basilica Vaticana, a partire dalle 17 di oggi, la celebrazione dei Vespri conclusa dalla recita del Te Deum. Quindi, si recherà a visitare il presepe allestito nel colonnato del Bernini. Domani mattina, poi, Solennità della Madre di Dio, e 46.ma Giornata mondiale della pace, il Papa presiederà dalle 9.30 la Messa in San Pietro e, alle dodici, la recita dell’Angelus. Nel suo Messaggio per la Giornata della pace 2013, dedicato agli “operatori di pace”, Benedetto XVI mette in risalto molti aspetti concreti dell’impegno cristiano in tutti gli ambiti della vita umana. Pensieri molto spesso affrontati nel corso di udienze e discorsi magisteriali. Alessandro De Carolis ne ricorda alcuni in questo servizio:

    Visto con gli occhi dello sconsolato pessimismo che non salva nulla, il pianeta terra non ha mai visto esaudito il desiderio della pace: al netto delle varie opinioni, le cronache di oggi come di ieri e di secoli fa grondano sangue. Visto con gli occhi accesi dallo squarcio di luce di Betlemme, il pianeta terra è stato benedetto e redento dal Principe della pace in persona. La pace resta una conquista, ma – al netto dei pessimisti – Cristo è il capofila di una schiera di “folli” che alla conquista certosina della pace hanno consacrato, e non di rado sacrificato, la propria vita. Santi antichi e nuovi, preti e madri, gente in tonaca e in giacca e cravatta: sono gli operatori di pace della storia della Chiesa. I modelli ai quali il Papa si appella nel 21.mo secolo, forte di una verità tanto semplice al punto da sfiorare l’ovvietà:

    “Oggi (…) il mondo ha tanto bisogno di pace, ha bisogno di uomini e donne pacifici e pacificatori. Tutti coloro che credono in Dio devono essere sempre sorgenti e operatori di pace”.

    Terrorismo, relativismo, economia ed etica, famiglia e tutele, lavoro e diritti. Nel Messaggio della Giornata mondiale della pace 2013, Benedetto XVI evidenzia i mali del mondo e rilancia il bene delle Beatitudini, meraviglioso programma che ha una risposta per costruire – scrive – una società “fondata sulla libertà, sull’amore e sulla giustizia”. Che, cioè, sia sedotta da questi valori e non, stigmatizza, dai “criteri di potere o di profitto”:

    “La logica del profitto, se prevalente, incrementa la sproporzione tra poveri e ricchi, come pure un rovinoso sfruttamento del pianeta. Quando invece prevale la logica della condivisione e della solidarietà, è possibile correggere la rotta e orientarla verso uno sviluppo equo, per il bene comune di tutti. In fondo si tratta della decisione tra l’egoismo e l’amore, tra la giustizia e la disonestà, in definitiva tra Dio e Satana”.


    Oltre a “un nuovo modello economico” che scriva nuove pagine rispetto a un passato di “liberismo radicale” e di “tecnocrazia”, il Papa evoca nel suo Messaggio anche l’eterno diritto alla difesa della famiglia e della vita, nata e non:

    “Guardando ai passati tre decenni e considerando l’attuale situazione, non si può non riconoscere che difendere la vita umana è diventato oggi praticamente più difficile, perché si è creata una mentalità di progressivo svilimento del suo valore, affidato al giudizio del singolo. Come conseguenza ne è derivato un minor rispetto per la stessa persona umana, valore questo che sta alla base di ogni civile convivenza, al di là della fede che si professa”.

    E poi diritto al lavoro, una giustizia sociale che non sia solo l’etichetta di un’utopia, la difesa del creato. Di tutto ciò si sostanzia la pace, di tutto ciò si sostanzia l’impegno degli operatori di pace:

    “La verità, l’amore, la giustizia (…) assieme al principio della destinazione universale dei beni, quali criteri fondamentali per superare gli squilibri sociali e culturali, rimangono i pilastri per interpretare ed avviare a soluzione anche gli squilibri interni all’odierna globalizzazione”.

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    A Lecce la Marcia per la pace. Mons. Giudici: la pace va desiderata e promossa

    ◊   Sul tema del Messaggio del Papa, “Beati gli operatori di pace”, si svolge oggi a Lecce la 45.ma Marcia per la pace. L’iniziativa è promossa dalla Cei, da Caritas Italiana, Pax Christi e Azione cattolica. Sul Messaggio del Papa per la Giornata della Pace, Federico Piana ha intervistato mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia e presidente di Pax Christi Italia:

    R. - Penso che il Papa, volgendo la nostra attenzione ai giovani in sostanza ci dica: abbiate la voglia, lo spirito d’attesa che hanno i giovani. Siate persone che sanno desiderare, così come sanno desiderare i giovani.

    D. - Ma in che modo ascoltare e valorizzare le istanze dei giovani per ottenere un futuro di giustizia e pace, come chiede il Papa?

    R. - Io penso che un giovane sia istintivamente portato ad avere fiducia nell’avvenire e a sviluppare nei confronti degli altri questa volontà di collaborazione. È una cosa che gli viene spontanea. Ne va infatti della sua crescita e della possibilità di raggiungere quelle mete che ha sognato. Allora, mi sembra che il Papa voglia richiamare a quanto sia importante vivere con benevolenza. Come ancora lui dice: “Superare la semplice tolleranza… sviluppare la pedagogia del perdono”. Insomma, giungere a quell’atteggiamento di cui Gesù è testimone e maestro. Sono ancora queste le parole del Papa: la disponibilità al dono di sé. Siamo anche invitati dal Messaggio a porre fortemente in evidenza nella nostra società il tema del lavoro per i giovani. E comprendiamo bene che esso è garanzia di una spinta o di un’esigenza verso l’approfondimento culturale, la fecondità nella e della famiglia e la coesione sociale.

    D. - Il Papa in queste messaggio indica la famiglia come uno dei luoghi principali dove si costruiscono pace e giustizia. Eppure, in questi anni la famiglia è sempre più sotto attacco...

    R. - Nel Messaggio, leggiamo questo invito a promuovere, in quanto credenti e come cittadini, il principio della struttura naturale del matrimonio. Essa è minata dall’atteggiamento di egoismo che pervade, in qualche misura, tutti gli atteggiamenti degli uomini e delle donne contemporanei. Tutti siamo segnati da una sorta di dogma vorrei dire “velenoso” che trova espressione in quella subdola e falsificante esigenza di realizzare sé stessi in solitario, quasi a prescindere dall’altro e dagli altri. Questa falsa idea tocca ogni comportamento umano, ma evidentemente si manifesta nella sua capacità distruttiva particolarmente nel matrimonio. In realtà, lo constatiamo ogni giorno, senza il rapporto con l’altro nella persona umana non vi è né maturità né gioia né pace.

    D. - Nel suo Messaggio, Benedetto XVI cita come attori principali per la costruzione di pace e giustizia i responsabili politici ed i media, soggetti politici che talvolta si sono operati per ottenere il contrario. In che modo questi soggetti possono tornare a essere utili per raggiungere questi obiettivi così alti e nobili?

    R. - In una società come la nostra, che ha caratteristica di essere democratica, culturalmente pluralista, tecnologicamente avanzata, il cambiamento, in quegli aspetti che lei mi ricordava, è attuabile semplicemente con una maggiore responsabilità di tutti. L’autorità indiscussa dei media può essere controllata perché accendo e spengo il media che ho davanti a me. La distanza della politica dalla gente può essere superata solo da una presa di coscienza e quindi di responsabilità da parte della gente. Questa è dunque la via; far sì che le persone imparino sempre più ad accendere e spengere radio, televisione, giornali… E sappiano scegliere con ragionevolezza, senza semplicismi, senza illusioni, quelle idee politiche, quelle persone che possono costruire il bene comune.

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    Nomine

    ◊   In Costa Rica, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Ciudad Quesada, presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Oswaldo Brenes Alvarez, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

    Il Santo Padre ha nominato Giudici della Corte d’Appello dello Stato della Città del Vaticano il Rev.do Mons. Egidio Turnaturi e l’Illustrissimo Dott. Riccardo Turrini Vita.

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    Oggi in Primo Piano



    Strage di cristiani in Nigeria. Mons. Kaigama: non abbiamo paura, la fede vince l’odio

    ◊   In Nigeria, il 2012 si è concluso con l’ennesima strage di cristiani per mano degli islamisti. Quindici persone sono state sgozzate nel villaggio di Musari, nel nordest del Paese, dove la setta islamista “Boko Haram” ha perpetrato numerosi attentati e attacchi, in prevalenza contro cristiani. Nonostante questa vera e propria persecuzione, però, la fede dei cristiani di Nigeria resta solida, anzi appare diventare più forte. E’ quanto sottolinea mons. Ignatius Kaigama, arcivescovo di Jos e presidente dell’episcopato nigeriano, intervistato da Alessandro Gisotti:

    R. – Certamente, è stato un anno molto difficile per i cristiani in Nigeria, a causa della persecuzione e quindi la sofferenza a causa della fede. Abbiamo avuto attacchi su attacchi nelle chiese. Sono stati certamente momenti molto difficili. Però, abbiamo speranza: i cristiani qui non rinunciano! Fanno il possibile per poter continuare a praticare la loro fede, vengono a Messa. Sono pochi quelli che hanno paura. Dobbiamo dire che la maggioranza è forte. Continuiamo così e speriamo che l’anno nuovo sia diverso: che possa essere un anno di armonia, di pace per tutti noi, musulmani e cristiani. Vogliamo vivere in pace, sempre …

    D. – Moltissime stragi sono avvenute proprio la domenica, proprio mentre i fedeli erano in chiesa. Forse in Occidente non si capisce questo, andare a Messa e morire: questa è una testimonianza fortissima anche per i cristiani del resto del mondo …

    R. – Certamente, queste persone cercano momenti solenni, momenti speciali per attaccare. Quindi, la chiesa diventa bersaglio quando i cristiani vi si radunano per pregare: in questa occasione è più facile, è più semplice per i terroristi attaccare. Come dico sempre, questo non può far morire la fede, non può ridurre l’amore per la fede cristiana. Questo non ci trattiene dal praticare la fede: infatti, noi andiamo avanti, bambini, uomini e donne. Sempre siamo pronti ad andare avanti. Per questo, siamo sicuri che saremo vincitori.

    D. – Diceva Tertulliano, all’inizio della storia del cristianesimo, che il sangue dei martiri è fecondo per la vita di fede. Sembra incredibile visto oggi da qui, da Roma. Ma è così: in fondo, è stato anche a Roma così, all’inizio del cristianesimo. Dunque, queste continue stragi non piegano la fede dei cristiani, anzi, la rafforzano…

    R. – Senz’altro. Anche oggi, questa notte, festeggeremo la vigilia dell’Anno Nuovo e io sono sicuro che parteciperanno tante persone, che verranno a ringraziare il Signore per tutte le grazie, per tutto quello che hanno ricevuto nel corso dell’anno passato. La fede è solida. Senz’altro, noi continueremo a praticare la fede cristiana. E speriamo di vincere con l’amore e con la fortezza della nostra fede, su queste persone diaboliche.

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    Guerra in Siria. Mons. Pelvi dalla Terra Santa: fermare le armi, dare speranza alla pace

    ◊   Sono passati più di 21 mesi dall’inizio della guerra in Siria, costata la vita finora ad oltre 45 mila persone. Stamani, il ritrovamento a Damasco di 30 cadaveri sfigurati. Tra le vittime del conflitto anche molti cristiani. L’ultimo - riferisce una suora carmelitana missionaria in Siria - è un tassista di 38 anni decapitato da estremisti islamici. Sul versante politico, intanto, il primo ministro siriano ha dichiarato che il governo è pronto a rispondere a qualsiasi iniziativa che risolva la crisi attraverso il dialogo. Un appello per la pace in Siria viene anche dalla Terra Santa, dove sono in pellegrinaggio i militari italiani accompagnati dall’arcivescovo Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia. Il nostro inviato Luca Collodi lo ha intervistato:

    R. - Siamo particolarmente sconvolti da quanto accade in Siria. Si fermino le armi, e si apra la via diplomatica! Una guerra civile che - mi pare - non solo uccide la pace, ma sta uccidendo l’uomo. E poi un appello non solo perché si concluda la guerra al più presto, ma perché si pensi anche alle piccole comunità cristiane presenti in quel martoriato territorio. Tanti credenti soffrono non solo per la guerra e per la mancanza di dignità umana, ma anche per una forma di indifferenza. Noi, famiglia cristiana nel mondo, dobbiamo essere solleciti nel far arrivare messaggi e gesti concreti di attenzione che mettano in circolo la fiducia.

    D. - Oltre mezzo milione di profughi siriani sta andando in Libano, in Giordania, ma anche in Turchia. Perché la comunità internazionale sembra assente dall’aiuto a queste persone?

    R. - Queste emergenza umanitaria, che viene fuori da una situazione di conflitto violento, non può essere trascurata perché popoli come il Libano, la Giordania, la Turchia devono avvertire il sostegno della Comunità internazionale. È ammirevole che popoli così in difficoltà per tante dinamiche interne, - popoli del Medio Oriente - si facciano samaritani di popoli vicini. Ecco quello che a volte non notiamo nel nostro mondo occidentale, dove non riusciamo ad accogliere un numero esiguo di profughi, e in tanti momenti della storia dei nostri giorni non siamo, generosi nella carità verso fratelli in difficoltà. Ci sarà una ricaduta indiretta di maturazione nella carità e di testimonianza di Vangelo, se noi, più che pensare alla sicurezza, progetteremo l’accoglienza.

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    India: proteste contro i casi di stupro. Sonia Ghandi: combattere violenza sulle donne

    ◊   Stanno suscitando manifestazioni e forti reazioni in India i continui casi di stupro. Ieri si sono svolti i funerali della giovane studentessa di 23 anni, deceduta dopo aver subito violenza da 6 uomini. Le autorità indiane hanno intanto riaperto parzialmente il centro di New Delhi, che per tre giorni era stato chiuso al traffico per impedire manifestazioni di protesta in seguito alla morte della ragazza stuprata. Continua invece il sit-in pacifico di un migliaio di ragazzi nei pressi nell'area dell'antico Osservatorio astronomico del Jantar Mantar. Il servizio di Debora Donnini:

    L’India piange le sue vittime: si susseguono giorno dopo giorno casi di ragazze stuprate. Sono stati 754 gli uomini denunciati per stupro tra gennaio e novembre di quest’anno nella capitale indiana New Delhi. Il numero è in costante aumento ed è il più alto degli ultimi 5 anni. L’ultimo caso quello di una ragazza di 15 anni dalit, che in India significa appartenente alla casta più bassa, quella degli intoccabili. La giovane ha denunciato di essere stata violentata ripetutamente da tre uomini che l’hanno tenuta nelle loro mani per 15 giorni. Intanto, i familiari della ragazza di 23 anni – il cui nome non è stato rivelato – violentata 13 giorni fa a bordo di un autobus in servizio nel centro di New Dehli e deceduta tre giorni fa, chiedono l’impiccagione per i sei stupratori, ora accusati formalmente di omicidio. La giovane avrebbe dovuto sposarsi a febbraio con il fidanzato, rimasto ferito nell’aggressione. Ieri, si sono svolti i funerali della ragazza, con la cremazione avvenuta dopo il ritorno della salma da Singapore, dove era stata trasferita nel tentativo di guarirla dalle ferite riportate nelle violenze. A condannare il crimine e chiedere che il governo indiano si muova concretamente contro casi del genere è stato anche il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Sonia Gandhi, capo del Partito del Congresso al governo, ha accolto la salma della giovane all’aeroporto, al suo rientro in patria. Sentiamo le sue parole:

    "To all of you, who have stood vigil…
    A voi tutte, che avete vegliato per lei, che avete espresso pubblicamente la vostra rabbia e la vostra angoscia, che vi siete riversate numerose nelle piazze per sostenerla: voglio assicurarvi che la vostra voce è stata sentita. Come donna e come madre, so quello che provate. Vi chiedo di mantenere la calma per contribuire a rafforzare la nostra comune volontà di combattere la minaccia rappresentata dalla violenza contro le donne".

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    Timor Est: conclusa la missione militare Onu dopo 13 anni di presenza

    ◊   Giornata storica per Timor Est. Dopo 13 anni di presenza si ritira dal Paese il contingente dell’Onu che ha garantito una transizione pacifica dopo il conflitto sanguinoso che aveva segnato la conquista dell’indipendenza dall’Indonesia. Ma il processo di pacificazione può dirsi realmente concluso? Marco Guerra lo ha chiesto a Paolo Affatato, giornalista dell'agenzia Fides esperto di Asia:

    R. - Se il contingente internazionale ha deciso di ritirarsi è perché è stata garantita una certa stabilità alla piccola repubblica che - ricordiamo- è la nazione più giovane dell’Asia. Naturalmente restano un certo fermento e una certa tensione sociale. Questo rappresenta un’incognita per il futuro. In tutti questi anni, il processo di costruzione di una nuova nazione ha riguardato tutta la vita democratica a partire dalla magistratura, dall’istruzione… tutti i settori della società. É stato un processo molto lento e faticoso, segnato da momenti anche difficili di grandi proteste sociali e di scontri fra diverse fazioni. Ma attualmente la situazione sembra stabile anche guardando Timor Est nel contesto della Comunità internazionale e dei rapporti con la vicina Indonesia; rapporti che sono molto importanti, dato che Timor Est è nata proprio staccandosi dal grande arcipelago indonesiano.

    D. - Quali sono le prossime sfide del piccolo Paese a maggioranza cattolica?

    R. - La cosa più importante è garantire una buona governance che aiuti a sviluppare settori come l’istruzione, la sicurezza alimentare, tutte le infrastrutture… Garantire anche un certo benessere ai cittadini in quanto, ricordiamo, il tasso di povertà e disoccupazione a Timor Est è tuttora molto alto. Dopo dieci anni di indipendenza, ancora circa il 40% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. C’è dunque tutto uno sviluppo economico da garantire, e se questo sviluppo non trova l’appoggio delle nazioni del Sud-Est asiatico, e della Comunità internazionale, naturalmente tutto diventa più difficile e potrebbe essere foriero di nuovi disordini e di nuovi fermenti sociali. Da questo punto di vista, anche il parere favorevole dell’Indonesia all’ingresso di Timor Est nell’Asean è politicamente molto importante e segna anche una chiusura rispetto al passato; un passato che - appunto - ricordiamo è stato anche conflittuale. Proprio questo ingresso possibile e questa appartenenza di Timor Est all’Asean potrebbe rappresentare nei prossimi anni in prospettiva una leva per il rilancio economico, che è la base per una pacificazione sociale e una stabilità politica.

    D. - A dieci anni della guerra per l’indipendenza, come sono i rapporti con l’Indonesia e con la minoranza rimasta legata a Jakarta?

    R. - Rientrano nella categoria del buon vicinato, attualmente. Però in questo processo resta ancora un neo: quello che il percorso della giustizia per i crimini commessi nella fase della lotta per l’indipendenza è tuttora incompiuto. Una mancata giustizia impedisce un’autentica riconciliazione e una vera unità nazionale. Nessuno è stato identificato e perseguito per violazione dei diritti umani. Questa impunità resta una ferita non rimarginata, direi anche nei rapporti con l’Indonesia, che in quella fase fu proprio parte di questo conflitto; infatti molti di questi crimini sembra siano stati commessi dai militari indonesiani. Però sta di fatto che ormai si guarda al futuro. C’è stato un riavvicinamento politico e direi che le prospettive comunque sono positive.

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    Roma, neonato abbandonato sta bene. Legge garantisce anonimato a chi partorisce in ospedale

    ◊   In ospedale, il Sant’Eugenio di Roma, l'hanno chiamato Emanuele, pesa oltre tre chili, è in discrete condizioni e si alimenta regolarmente. Stiamo parlando del neonato che poco prima di mezzanotte di venerdì scorso è stato partorito e subito abbandonato nel water di un bagno, in un McDonald's della capitale. Il piccolo è rimasto per alcuni minuti nell’acqua, all’esterno solo la testa e un braccino. La polizia è ora al lavoro per cercare di rintracciare la mamma partendo dalla sua immagine registrata dalle videocamere di sicurezza del locale. Si tratta forse di una donna dell’est Europa, forse di una prostituta. La donna ha perso molto sangue durante il parto e rischia una grave infezione se non viene assistita. Ma come spiegare un gesto simile? Al microfono di Adriana Masotti, Marina, una volontaria del Segretariato sociale per la vita onlus di Roma:

    R. – E’ difficile riuscire a capire il motivo di questa scelta. Forse, la disperazione, chi lo sa. Forse il non conoscere la possibilità di partorire in ospedale e lasciare il bambino in adozione, cosa che è possibilissima. In questo modo si salverebbe il bambino e gli si darebbe la sicurezza di nascere in un luogo dove è protetto. Bisognerebbe aiutare queste mamme che si trovano in difficoltà a capire che devono andare a partorire in ospedale e possono non essere riconosciute e quindi essere mamme “segrete”. Vorrei però fare un collegamento con un altro discorso, quello di cui noi ci occupiamo, cioè la difesa della vita fin dal concepimento. Bene o male questa mamma il bambino l’aveva accolto, non aveva abortito. Quindi, un primo passo di amore verso questo figlio l’aveva realizzato. Forse, non si è trovata di fronte a una conoscenza o forse le è mancato questo ulteriore passo. Tutte le mamme incinte, però, che aspettano un bambino, che lo hanno anche appena concepito, sappiano che c’è la possibilità di essere aiutate in centri come il nostro, in tutta Italia e anche in tutto il mondo, centri che aiutano le donne in gravidanza ad accogliere il loro bambino e a poterlo portare avanti per farlo nascere e seguirlo anche dopo la nascita.

    D. – C’è anche un’altra possibilità che richiama i tempi antichi, ma che potrebbe funzionare ancora, la ruota degli esposti, che esiste anche a Roma...

    R. – Esistono queste esperienze e sono anche queste delle buone possibilità, perché almeno il bambino si lascia in un luogo sicuro. Sono presenti in qualche città e possono essere un’alternativa. Ripeto, però, che essendoci la possibilità di partorire in ospedale è inutile partorire da sole, esponendosi a dei rischi.

    D. – Adesso, c’è una corsa alla solidarietà verso questo piccolo, che è stato chiamato Emanuele. Tanti si fanno avanti anche per l’adozione. Peccato che questo succeda – almeno sembra – solo nei casi estremi...

    R. – Di coppie che vogliono adottare ce ne sono tante. Bisognerebbe voler adottare, però, anche quei bambini che magari hanno delle difficoltà, hanno dei problemi o sono più grandicelli.

    D. – Il Movimento per la vita ha anche un progetto di adozione delle madri, che aspettano un figlio...

    R. – E’ un’adozione a distanza, un’adozione intesa in senso metaforico, attraverso un aiuto economico per le donne che aspettano un figlio e che sono indotte ad abortire proprio per motivi economici. Si chiama “Progetto Gemma” ed è un aiuto che viene dato per un anno e mezzo alla mamma, proprio per aiutarla a non fare l’aborto. Questo è per tutti e non solo per chi va alla ribalta della cronaca. La solidarietà va verso tutti, anche i più nascosti.

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    Al Senato camera ardente per la Levi Montalcini. La testimonianza di Nicolais (Cnr)

    ◊   Sarà allestita nel pomeriggio al Senato la camera ardente per Rita Levi Montalcini, scomparsa ieri. In più di qualche occasione, la scienziata aveva espresso l’auspicio che la ricerca uscisse dai “vincoli – diceva – in cui è mortificata”. L’Italia spende solo l’1,26% del Pil in questo settore ed è sempre più frequente il fenomeno della fuga dei "cervelli" all’estero. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Gli ultimi dati Istat dicono che l’Italia spende poco meno di 20 miliardi di euro in ricerca. Si colloca così all’11.mo posto nei Paesi Ocse, dietro le principali nazioni industrializzate. Secondo il World Economic Forum, la situazione va un po’ meglio per quanto riguarda il numero di pubblicazion: con il 3,7% di studi, l’Italia è al sesto posto a livello mondiale. E questo nonostante la fuga di cervelli. Sono circa 40 mila i ricercatori italiani che sono all’estero, e più del 70% di loro ha una condizione contrattuale e lavorativa migliore di quanto avrebbe in Italia. Un cruccio per la stessa Montalcini, che aveva avviato un progetto per il rientro di queste risorse mentali. Luigi Nicolais, presidente del Cnr:

    R. - Credo che tra di noi ci siano sempre stati dei rapporti buoni. Quest’anno, purtroppo per il nostro Paese è stato un anno brutto perché abbiamo perso il professor Dulbecco all’inizio dell’anno e poi lei… Entrambi erano veramente due figure caratteristiche; due figure che amavano i giovani. Questa è la caratteristica principale dei grandi ricercatori; rendersi conto che sono i giovani che portano quella linfa di novità, di ricerca e anche di grinta per poter avviare progetti nuovi e molto complessi.

    D. - Però, la Montalcini diceva che in Italia ci sono spesso dei vincoli burocratici che frenano la ricerca. Lei è d’accordo?

    R. - Totalmente. Fin quando i ricercatori saranno intesi come parte della pubblica amministrazione, chiaramente non riusciranno ad esprimere al meglio la loro attività. Ci sono dei vincoli così forti per cui molte volte non si riesce ad acquistare nemmeno un reagente in maniera semplice. E quindi tutte le regole che valgono per un ufficio del catasto o dell’anagrafe valgono anche per i ricercatori, cosa che è impossibile. Personalmente, spesso anche con questo governo Monti ho spinto affinché si creasse un sub-comparto diverso e ci si rendesse conto che la ricerca deve far parte di un gruppo diverso e avere una maggiore autonomia nella spesa.

    D. - Ma non sarà che spesso però si fanno in qualche modo degli interessi di parte e si gioca poco come una squadra?

    R. - Noi siamo delle eccellenze che non riescono a fare un sistema ricerca. Chi è stato molto tempo all’estero, si rende conto che negli altri Paesi quello a cui si tiene maggiormente è la squadra, il sistema, quindi si lavora tutti insieme per raggiungere gli obiettivi.

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    Edio Costantini: investire nello sport per promuovere valori educativi

    ◊   Con la fine dell'anno, è tempo di bilanci anche per il mondo dello sport. L’attività agonistica, sempre più momento di spettacolo che portatore di valori educativi, rimane comunque al centro dell’interesse popolare e, proprio per questo andrebbe recuperata in chiave positiva. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Edio Costantini, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per lo Sport:

    R. – Ci troviamo in un momento molto particolare, dove le politiche hanno abbandonato lo sport. Proprio in questo momento di crisi, nessuno ravvisa nello sport una sorta d’investimento sia educativo che culturale, per cui c’è bisogno di un ripensamento culturale, che può avere solo un governo che sia attento a questo. Bisogna ricreare un modello di sport che sappia guardare la dignità della persona. Se noi rimettiamo al centro la persona, vedremo che le cose sicuramente acquisteranno un altro significato. L’Ufficio per la pastorale dello sport e tempo libero della Cei sta facendo un grande lavoro, rimettendo in gioco quella che è la cultura sportiva, attraverso una scuola di pensiero, che ormai è al terzo anno; insieme alla sezione Chiesa e Sport, al Pontificio Consiglio per i laici e al Pontificio Consiglio della Cultura, sta facendo un grande lavoro di ripensamento. Bisogna, infatti, ripartire dai fondamentali dello sport. Se lo sport è un bene culturale, se lo sport è un bene educativo, bisogna ripartire da questi beni e riformare qui questa nuova classe dirigente. Su questo aspetto io credo che il cristianesimo possa fare molto, ma per fare questo bisogna mettersi insieme. Se la Chiesa italiana riesce ad andare oltre, credo che in dieci anni si possa rigenerare, rimettere i semi per ricreare una nuova cultura sportiva. Verrà quindi meno la violenza, verrà meno il doping, rimettendo al centro la dignità della persona.

    D. – Questi obiettivi, secondo lei, sono stati messi in secondo piano perché alla fine lo sport, soprattutto quello delle grandi platee, è diventato più che altro un prodotto commerciale, un prodotto da vendere?

    R. – Purtroppo sul palcoscenico c’è lo sport spettacolo che ha mercificato tutto: ha mercificato gli atleti, ha mercificato le persone. Su questo, da una parte, a suo tempo, Giovanni Paolo II ha detto molto, condannando questa estremizzazione mercantile dello sport, e, dall’altra, anche nell’ultimo intervento di Benedetto XVI ai campioni olimpici, pochi giorni fa, ha rimesso in fila alcuni elementi sulla dignità della persona. Rivolgendosi agli atleti ha detto: “Dovete essere dei campioni testimoni, con una missione da compiere. Possiate essere – ha detto il Papa – per quanti vi ammirano, validi modelli da imitare”. Su questo aspetto anche lo sport spettacolo potrebbe fare molto.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Il cardinale Antonio Rouco Varela: senza il matrimonio la società si disintegra

    ◊   Solo la famiglia concepita e vissuta nella pienezza della sua verità apre l’orizzonte della speranza per l’uomo e per la società del nostro tempo. E’ quanto ha affermato ieri il cardinale Antonio Rouco Varela, durante la Messa in piazza de Colón, a Madrid, in occasione della Festa della Famiglia. La festa della Sacra Famiglia – ha aggiunto il porporato – ci vede riuniti in questo fine anno 2012, critico e doloroso per tanti motivi, per rendere grazie a Dio per le nostre famiglie radicate nella fede in Gesù Cristo. Nell’omelia, il presidente della Conferenza episcopale spagnola ha anche sottolineato che senza la verità del matrimonio l’organismo vivente della società si disintegrerebbe. La Festa della Famiglia, organizzata dall’arcidiocesi di Madrid, ha avuto come tema una frase di Benedetto XVI: “La famiglia cristiana è la speranza di oggi”. Prima della celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Madrid, il Papa si è rivolto in lingua spagnola, in videocollegamento, alle migliaia di persone radunate a Madrid. “Chiediamo che la famiglia – è stata la preghiera di Benedetto XVI – resti un dono prezioso per ciascuno dei suoi membri e una solida speranza per tutta l'umanità”. (A.L.)

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    Comunità di Taizé: nel 2014 “Pellegrinaggio di fiducia sulla terra” a Strasburgo

    ◊   Strasburgo, sede del Parlamento europeo, del Consiglio d’Europa e della Corte europea dei diritti dell’uomo ospiterà, a fine 2014, il prossimo “Pellegrinaggio di fiducia sulla terra”, organizzato dalla Comunità di Taizé. Ad annunciarlo, ieri sera, frère Alois, priore della Comunità, ricordando che Strasburgo è una città “al confine tra due Paesi, una città simbolo della riconciliazione in Europa, un simbolo di un’Europa aperta e solidale”. Al momento dell’annuncio - riferisce l'agenzia Sir - erano presenti l’arcivescovo della diocesi, mons. Jean-Pierre Grallet e il sindaco della città, Roland Ries. Frère Alois ha anche ricordato l’incontro del giorno precedente con il Papa, in Piazza San Pietro, sottolineando che “la preghiera con Benedetto XVI rimarrà impressa nella nostra memoria come una luce per aiutarci ad andare avanti”. (A.L.)

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    Il Patriarca Bartolomeo I indice per il 2013 l’Anno della solidarietà universale

    ◊   Il Patriarcato ecumenico ortodosso di Costantinopoli ha indetto per il 2013 un Anno della solidarietà universale. In un tempo gravemente segnato da una crisi finanziaria, che sta provocando “turbamento alla pace sociale” - si legge nel messaggio di Natale del Patriarca Bartolomeo I - speriamo di “poter sensibilizzare diversi cuori della comunità umana sul problema della grande e immensa povertà e sulla necessità di adottare misure per alleviare gli affamati e i poveri”. Nel messaggio il Patriarca ricorda anche che l’imperatore Costantino attraverso l’Editto di Milano del 313 d.C., “decretò il libero esercizio della fede cristiana e allo stesso tempo il libero esercizio di ogni altra religione”. “Purtroppo nonostante siano passati 1700 anni da allora - sottolinea il Patriarca Bartolomeo I - continuano le persecuzioni religiose esercitate in vari luoghi contro i cristiani o altre minoranze cristiane”. “Parallelamente - aggiunge - gli antagonismi economici si intensificano globalmente e l’espirazione al guadagno effimero è promosso a bene capitale”. Da questi squilibri derivano “le tristi conseguenze” della superconcentrazione della ricchezza. “Pertanto esortiamoci gli uni gli altri - si legge nel messaggio - affinché durante questo Anno della solidarietà universale, facciamo come individui e come popoli, coscienti sforzi per mitigare le conseguenze disumane delle grandi diseguaglianze, e perché venga riconosciuto il diritto di tutti i più deboli, di godere dei beni indispensabili per la vita dell’uomo. In questo modo vedremo, nella misura umanamente possibile, la realizzazione della pace sulla terra”. (A.L.)

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    Liberato l’imprenditore Andrea Calevo, rapito il 16 dicembre a Lerici

    ◊   È stato liberato l'imprenditore Andrea Calevo, rapito il 16 dicembre scorso dopo una rapina nella sua villa a Lerici, in provincia di La Spezia. “Sto bene – ha detto l’uomo dopo il rilascio - voglio ringraziare gli inquirenti per quello che hanno fatto e voglio rivedere mia madre". L’imprenditore, patron di una società edile fondata 120 anni fa dal bisnonno, è stato liberato grazie a un'operazione congiunta di Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri, coordinati dalla procura distrettuale antimafia di Genova. Il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, ha espresso “grandissima soddisfazione”: l’operazione – ha aggiunto – testimonia come la sinergia tra forze dell’ordine risulti vincente. Per il sequestro di Andrea Calevo, sono stati fermati 3 uomini, due italiani e uno straniero. (A.L.)

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    Primo gennaio 2013: marcia della pace in solidarietà con gli immigrati a Gioia Tauro

    ◊   Accanto a quella nazionale che si terrà questa sera a Lecce avrà luogo domani una marcia della pace nella Piana di Gioia Tauro in solidarietà con gli immigrati che vivono, in questa zona, una difficile situazione. L’iniziativa, in occasione della Giornata mondiale della Pace del primo giorno dell’anno, è promossa dall’Associazione” Il Samaritano”, che opera da molti anni a favore di una cultura della Pace, della non violenza, della legalità e della lotta alla mafia. “Viviamo tempi in cui la tentazione che serpeggia in tante persone è quella di cedere al diffuso sentimento di rassegnazione”, afferma il vicario della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi e parroco del Duomo di Polistena, mons. Pino Demasi: “La crisi economica ci stringe come una morsa senza lasciarci via d’uscita. La situazione politica, italiana e internazionale, sembra condiscendere all’impotenza e alla corruzione dilagante; la difesa dei valori, dalla dignità della persona alla salvaguardia del creato, paiono ridursi a proclami vuoti, facilmente sormontati dagli interessi economici di parte”. Il 2012 – aggiunge – ha visto “riacutizzarsi molti focolai di conflitti, ha segnato la nostra terra calabrese con le tante emergenze, ha riaffermato la diffusione della malavita organizzata”. “Di fronte a tutto questo – spiega al Sir mons. Pino Demasi – non possiamo rassegnarci, né cedere a compromessi. Non possiamo accettare di scambiarci brindisi superficiali né auguri di circostanza”. Da qui, la proposta di iniziare l’anno nuovo condividendo la lotta di tanti uomini e donne: “La lotta dei popoli che chiedono giustizia e dignità; la lotta di tanti nostri concittadini sfiduciati,alle prese con la mancanza di tutela dei diritti; la lotta temeraria e spesso carica di solitudine di chi si oppone alla malavita organizzata”. “Insieme con loro – sottolinea mons. Pino Demasi – vogliamo diventare ‘ricostruttori’ di pace, perché l’inizio del nuovo anno si colori di un segno di speranza”. (A.L.)

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    Il 2013 proclamato Anno europeo dei cittadini

    ◊   Rafforzare la consapevolezza dei cittadini europei in merito al loro diritto di circolare e di soggiornare liberamente all'interno dell’Unione Europea. E’ una delle finalità dell’Anno Europeo dei cittadini proclamato dal Consiglio e dal Parlamento Europeo. L’iniziativa intende anche stimolare un dibattito sulle conseguenze e sulle potenzialità del diritto di circolare liberamente, quale aspetto inalienabile della cittadinanza nell'Unione. Nel corso dei prossimi dodici mesi, in tutta Europa, sono previsti “eventi per informare il pubblico, soprattutto i giovani, sui diritti dei cittadini dell’Unione, in modo particolare chi decida di studiare, lavorare, aprire un’attività o usufruire della propria pensione in un altro Stato membro”. In una nota del Parlamento europeo - ripresa dall'agenzia Sir - si ricorda che “i trattati europei hanno creato il concetto di cittadinanza europea”. Ogni cittadino dell’Unione Europea – si legge nella nota – “beneficia di una serie di diritti, inclusi il diritto di voto attivo e passivo nelle elezioni europee e locali e il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo”. (A.L.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 366

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.