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Sommario del 23/12/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Ad ammalati, carcerati, anziani, il pensiero del Papa che invita tutti ad accogliere Dio che viene nel Natale
  • Oggi in Primo Piano

  • Arrivato in Siria l'inviato di Lega Araba e Onu: attesa per l'incontro con Assad
  • Natale in Bosnia, 20 anni dopo la guerra: nel racconto del vescovo di Sarajevo
  • In Italia, Monti guiderà uno schieramento: annuncio in conferenza stampa
  • Il cardinale Vallini in visita al penitenziario di Rebibbia
  • Torna "Rigiocattolo": un'iniziativa che unisce solidarietà ed ecologia
  • Ribellarsi alla dittatura dei media. Le istruzioni in un libro di Lorella Zanardo
  • A Roma la mostra dedicata ai capolavori meno noti del Canova
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • In Egitto oltre il 60% di sì alla Costituzione ma l’affluenza al referendum è stata bassa
  • In Russia 56 morti per il freddo record. In Siberia meno 52 gradi
  • Lotta agli stupri in India: dopo i cortei di ieri, vietate le manifestazioni ma il governo promette pene più dure
  • Messaggio natalizio dell'arcivescovo di Nagasaki: no al profitto più delle vite umane
  • In Pakistan per la prima volta le chiese cristiane celebreranno il Natale insieme
  • A Taiwan, il presepe si fa “evento di evangelizzazione”
  • Svizzera. La colletta natalizia dei vescovi in favore del Caritas Baby Hospital
  • Terra Santa: foresta per celebrare dialogo ebraico-cristiano e in ricordo del card. Martini
  • In Brasile i giovani imparano la storia di Gesù attraverso i manga
  • Prima esposizione pubblica a Roma per il “Bambinello di Padre Pio”
  • Il Papa e la Santa Sede



    Ad ammalati, carcerati, anziani, il pensiero del Papa che invita tutti ad accogliere Dio che viene nel Natale

    ◊   “Imitiamo Maria nel tempo di Natale, facendo visita a quanti vivono un disagio”. Con queste parole il Papa all’Angelus commenta il Vangelo di questa IV domenica di Avvento, che precede di poco il Natale del Signore, in cui si narra la visita di Maria alla parente Elisabetta. “Nelle due donne – spiega il Papa - si incontrano e riconoscono prima di tutto i frutti dei loro grembi, Giovanni e Cristo". Il servizio di Fausta Speranza:

    “Imitiamo Maria nel tempo di Natale, facendo visita a quanti vivono un disagio, in particolare gli ammalati, i carcerati, gli anziani e i bambini.”

    “La scena della Visitazione – spiega il Papa - esprime anche la bellezza dell’accoglienza: dove c’è accoglienza reciproca, ascolto, il fare spazio all’altro, lì c’è Dio e la gioia che viene da Lui”.

    “L’anziana Elisabetta simboleggia Israele che attende il Messia, mentre la giovane Maria porta in sé l’adempimento di tale attesa, a vantaggio di tutta l’umanità.”

    Le due donne, entrambe incinta, incarnano l’attesa e l’Atteso, dice il Papa invitando a guardare anche a Elisabetta:

    “E imitiamo anche Elisabetta che accoglie l’ospite come Dio stesso: senza desiderarlo non conosceremo mai il Signore, senza attenderlo non lo incontreremo, senza cercarlo non lo troveremo.

    Questo episodio non rappresenta un semplice gesto di cortesia, ma raffigura con grande semplicità l’incontro dell’Antico con il Nuovo Testamento.

    “L’esultanza di Giovanni nel grembo di Elisabetta è il segno del compimento dell’attesa: Dio sta per visitare il suo popolo.”

    “Nell’Annunciazione – sottolinea il Papa - l’arcangelo Gabriele aveva parlato a Maria della gravidanza di Elisabetta come prova della potenza di Dio: la sterilità, nonostante l’età avanzata, si era trasformata in fertilità.” Elisabetta, accogliendo Maria, riconosce che si sta realizzando la promessa di Dio all’umanità ed esclama: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!

    Da qui l’invito di Benedetto XVI:

    “Preghiamo perché tutti gli uomini cerchino Dio, scoprendo che è Dio stesso per primo a venire a visitarci”.

    “Con la stessa gioia di Maria che va in fretta da Elisabetta, anche noi – dice il Papa - andiamo incontro al Signore che viene”.

    Dopo la preghiera mariana, i saluti in varie lingue: in polacco in particolare il Papa si rivolge “alle persone che si sentono sole, ai malati, ai coloro che devono affrontare le difficoltà della vita” per augurare “pace, calore e amore; a tutti la speranza, il perdono e la riconciliazione”. In francese, il Papa ribadisce che l’Incarnazione di Gesù è “al cuore della nostra fede”. In inglese, l’appello a “fare spazio nel cuore per poter accogliere il Dio che viene”. In spagnolo l’incoraggiamento a condividere la gioia del Natale. In italiano l’augurio rivolto a tutti:

    Auguro a tutti una buona domenica e tanta serenità per le prossime feste del Natale.

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    Oggi in Primo Piano



    Arrivato in Siria l'inviato di Lega Araba e Onu: attesa per l'incontro con Assad

    ◊   C’è grande attesa per l’incontro che dovrebbe tenersi a breve fra il presidente Assad e l'inviato speciale Lega-Onu per la Siria, Lakhdar Brahimi, giunto oggi in Siria. Il primo ministro israeliano Netanyahu fa sapere che “Israele lavora con gli Stati Uniti e la comunità internazionale in vista di un possibile cambiamento al vertice del regime di Damasco”. Tel Aviv esprime preoccupazione per la possibilità che le armi chimiche cadano nelle mani di militanti islamici o degli hezbollah libanesi, anche se al momento - secondo fonti della Difesa israeliana – i gas velenosi sarebbero al sicuro. Sul territorio non c’è tregua alle violenze: secondo l'emittente Al Jazeera, ribelli siriani hanno conquistato la base militare governativa di Ras al-Ein, alla periferia di Damasco, dopo violenti scontri con le truppe fedeli a Assad, e scontri sono in corso anche in aree periferiche di Damasco. Inoltre nella regione centrale di Hama, dove da giorni il fronte anti-regime ha lanciato una vasta offensiva militare, cresce la minaccia per la sicurezza delle minoranze. in particolare i ribelli chiedono ai cristiani di prendere le armi. Tra i cristiani, chi può è fuggito nella regione costiera di Tartus, per ora ancora relativamente sicura, o nel vicino Libano. Ma chi è rimasto si è trovato suo malgrado in mezzo al conflitto. Al microfono di Silvia Koch, padre Ibrahim Sabah, francescano siriano della Custodia di Terra Santa, parla di questo Natale di dolore:

    R. - Noi francescani della Custodia di Terra Santa - che include anche la Giordania, la Siria, il Libano e Cipro - insieme anche ai fratelli salesiani e alle Missionarie della Carità - le Suore di Madre Teresa - siamo sicuramente una cospicua presenza. Oggi più che mai, è una presenza sofferente perché alla gente manca l’elettricità, manca il pane e soffre anche la fame. Tutti i cristiani che non hanno lasciato il Paese, perché sono voluti restare nelle loro case, in questo momento stanno soffrendo. È quindi molto difficile - anche a causa della paura, delle bombe e delle esplosioni - parlare di gioia natalizia in questo momento. Sicuramente noi celebriamo il mistero dell’Incarnazione di Gesù nella storia come francescani, nel vivere la sofferenza con la gente; sicuramente – come l’anno scorso – le feste saranno celebrate in modo sobrio, molto semplice e saranno anticipate per permettere alle persone di tornare a casa prima del buio, perché hanno paura. I fratelli che si trovano lì stanno facendo tutto il possibile per aiutare le famiglie: ci sono tante famiglie senza nemmeno una bombola di gas e non possono cucinare, l’elettricità in alcune zone va via anche per 18 ore al giorno.

    D. – Qual è il messaggio che la Chiesa locale cerca di mandare ai fedeli per diffondere speranza nel tempo di Natale?

    R. – Il messaggio è un messaggio di pace. Io approfitto di questa occasione per ringraziare tutta questa buona gente, che generalmente non è gente ricca, ma la maggior parte dei benefattori dei luoghi santi - ma anche di tutto il Medio Oriente, della Custodia di Terra Santa - sono persone che appartengono alla classe media o povera, ma che aiutano la missione in quel Paese. Senza la presenza dei pellegrini in Terra Santa noi non potremmo festeggiare; senza gli aiuti mandati in sostegno da parte di tutta la Chiesa internazionale, oggi noi non potremmo continuare ad esistere in Siria e nemmeno in Terra Santa.

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    Natale in Bosnia, 20 anni dopo la guerra: nel racconto del vescovo di Sarajevo

    ◊   Il Natale 2012 a Sarajevo e in Bosnia ed Erzegovina è sotto la neve. Venti anni fa era sotto i bombardamenti. Nel 1992 scoppiò la guerra che viene oggi ricordata come la più sanguinosa in Europa, dopo il secondo conflitto mondiale. La capitale del Paese, Sarajevo, fu assediata dalle truppe serbo-bosniache per 43 mesi. Oggi, le ferite sono ancora visibili, nelle persone, nelle città. E ferita è stata anche la comunità cattolica, in questi anni dimezzata. Mons. Pero Sudar è vescovo ausiliare di Sarajevo, Francesca Sabatinelli lo ha intervistato.

    R. – A Natale si verifica quanti siamo, perché quasi tutti quelli che possono vanno in chiesa. Se paragoniamo con gli anni precedenti alla guerra, si nota che una metà della nostra gente manca. Però, più importante sarebbe far capire alle persone che Natale ci educa, ci fa capire che non bisogna fuggire davanti alle sfide della vita, tra queste anche quella di vivere come minoranza: anche Gesù è stato, in qualche modo, dalla nascita fino alla morte, un escluso, parte di una minoranza. Penso che questo dobbiamo far capire a noi stessi: che non è il numero che conta, non è la potenza che conta. Natale è essenziale perché Gesù non per caso ha evitato tutto questo, e noi a volte veramente tradiamo, con le nostre pratiche, questo spirito di Natale. Certamente, in Bosnia ed Erzegovina noi non siamo un Paese cristiano, noi siamo un Paese ‘anche’ cristiano, ma per il numero, per le circostanze, per le cose visibili, certamente Natale a Sarajevo non si vedrà tanto, non si vedrà tanto in Bosnia ed Erzegovina. Però io ritengo che sia molto importante far capire che anche a Betlemme il Natale non si è capito, non si è manifestato con la sua forza: Gesù si è nascosto. Penso che proprio lì dove siamo in difficoltà, e questo può capitare ovunque, lì proprio nasce Gesù, Lui viene lì dove l’uomo è in difficoltà. E proprio lì dove come cattolici siamo la minoranza, abbiamo bisogno di Dio e Dio ha bisogno di noi per far capire che Lui è Dio di tutti gli uomini, Lui è nato per salvare ogni uomo!

    D. – La solidarietà nel suo Paese in questo momento è fondamentale, vista anche la condizione socio-economica in cui si trova: molto difficile. E questo anche è importante da sottolineare ai fedeli …

    R. – Certo. Infatti, da noi oltre il 50 per cento delle persone sono disoccupate, ci sono tante famiglie, tante persone che non hanno addirittura più nemmeno quello che avevano durante la guerra. Allora la solidarietà è una cosa che dobbiamo imparare dal Natale. Dio che si è fatto solidale con noi ha voluto che noi diventassimo solidali gli uni con gli altri. Se in Bosnia ed Erzegovina tutti fossero veramente solidali, nessuno rimarrebbe senza il necessario per vivere, perché anche qui ci sono i ricconi e quelli che non hanno niente. Ecco, questa è la lezione da imparare e questa ci è stata impartita da tanti uomini di buona volontà che durante la guerra sono corsi in Bosnia da tutti i Paesi europei e hanno fatto capire cosa vuol dire la solidarietà. Ecco: noi siamo sulla strada per imparare. Ma c’è ancora moltissimo da fare, e sono convinto che anche questo dovrebbe essere un tema molto importante in tutte le nostre prediche di Natale.

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    In Italia, Monti guiderà uno schieramento: annuncio in conferenza stampa

    ◊   Mario Monti non si candiderà in prima persona alle prossime elezioni politiche del 24 e 25 febbraio, ma è pronto a guidare uno schieramento e dunque in sostanza a candidarsi alla premiership. Lo ha spiegato lo stesso presidente del Consiglio uscente questa mattina nella conferenza stampa di fine anno a Palazzo Chigi. Monti ha ringraziato il capo dello Stato Napolitano per l’intuizione che ha dato vita al governo e per essere stato sempre prodigo di discreti ma illuminanti consigli durante la vita dell’esecutivo. Servizio di Giampiero Guadagni.

    La notizia arriva quasi a conclusione della conferenza stampa, quando Monti ha fatto chiarezza sul suo futuro politico. Non mi schiero con nessuno, ma appoggio e semmai sono pronto a guidare uno schieramento che sostenga un’agenda per l’impegno comune e ad assumere le responsabilità che mi venissero affidate dal Parlamento. Contano le idee e la credibilità di intenti, - osserva Monti - che propone un Manifesto fondato sulla necessità di non distruggere ciò che è stato fatto quest’anno con il sacrificio di tutti gli italiani. Il premier uscente dunque chiede di non sottrarsi alle linee guida dell’Europa; e di rinunciare a promesse illusionistiche come togliere l’Imu e ridurre altre tasse. Una frecciata questa all’ex premier Berlusconi, per il quale Monti ha avuto parole nello stesso tempo di gratitudine e sbigottimento: faccio fatica a seguire la linearità del suo pensiero, spiega Monti per il quale non c’erano le basi per accogliere la sua proposta di mettersi alla testa dei moderati. Ancora prima Monti aveva spiegato che le sue dimissioni sono state un atto dovuto dopo la dichiarazione di sostanziale sfiducia in aula a Montecitorio, lo scorso 7 dicembre, del segretario del Pdl Alfano, per il quale il governo tecnico ha peggiorato la situazione ed è stato condizionato soprattutto dal Pd. Piuttosto, Monti ha riscontrato cespugli di volontà riformista a destra e sinistra e resistenze di segno opposto: sul tema giustizia dal centrodestra, su lavoro e questioni sociali dalla sinistra. E arroccamenti trasversali sui costi della politica. Monti rivendica: ora l’emergenza economica è superata, l’Italia ne è uscita a testa alta senza ricorso ad aiuti finanziari dell’Europa o del Fondo monetario internazionale. Le sfide per la prossima legislatura sono la crescita e le riforme istituzionali, sfide per le quali - conclude Monti - ci vogliono maggioranze larghe.

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    Il cardinale Vallini in visita al penitenziario di Rebibbia

    ◊   In ricordo della visita dello scorso anno di Benedetto XVI, questa mattina il vicario del Papa per la diocesi di Roma, cardinale Agostino Vallini ha presieduto la celebrazione eucaristica nella Casa Circondariale del Nuovo Complesso di Rebibbia. Cosa è cambiato dopo lo storico incontro del Papa con i detenuti? Il servizio di Davide Dionisi:

    L’Italia vanta un triste primato in Europa. E’, infatti, il paese che ha le carceri più sovraffollate, con ben 140 detenuti ogni 100 posti disponibili. Un problema reale, tenuto conto che poco fino ad oggi è stato fatto per migliorare le condizioni di vita degli ospiti e per agevolare la rieducazione ed il reinserimento sociale, anche attraverso percorsi alternativi all’Istituto di pena. Abbiamo già avuto modo di conoscere da vicino Rebibbia, in occasione della storica visita del Santo Padre proprio un anno fa. Cosa è cambiato nel frattempo? Lo abbiamo chiesto al Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni.

    R. – E’ cambiato in peggio: sono aumentati i detenuti, gli spazi sono ancora più ristretti, sono diminuiti i soldi e addirittura non ci sono neanche tutti i direttori che dovrebbero dirigere carceri impegnative come ad esempio il nuovo complesso di Rebibbia.

    D. – Nell’occasione il Papa disse: “E’ importante che le istituzioni promuovano un’attenta analisi della situazione carceraria, oggi, in modo che i detenuti non scontino mai una doppia pena”. A che punto siamo?

    R. – L’ultima notizia pesante che abbiamo ricevuto è che il tentativo che ha fatto il ministro Severino, di portare in Parlamento un provvedimento che in qualche modo potesse alleviare, è naufragato.

    D. – Perché queste resistenze, secondo lei?

    R. – Io penso che queste resistenze derivino da una parte da un’idea di una giustizia sempre punitiva e mai riabilitativa; e poi, dal fatto che molti pensano che l’opinione pubblica voglia un carcere pesante per stare più tranquilla nella propria sicurezza – che pure è un diritto – e pertanto si cerca di rispondere a queste esigenze di opinione pubblica – sicuramente conservativa – per venire incontro, anche per motivi elettorali, di fronte ad una situazione gravissima: un politico deve anticipare l’opinione pubblica, non seguirla ed esserne subalterno.

    D. – Quali sono invece le luci di Rebibbia, visto che adesso abbiamo esaminato soprattutto le ombre?

    R. – Le luci non sono poche, anche se – si capisce – non risolvono il problema. Ma le luci sono, intanto, le cooperative sociali, il lavoro che si fa con le cooperative sociali, il lavoro interno: le istituzioni, il Comune, la Provincia, la Regione, noi, i garanti dell’ufficio, e i volontariato sia laico sia religioso nel far sì che si mettano in piedi notizie ed iniziative rivolte a dare lavoro, cultura, studio, ricerca, teatro e anche a far sì che il detenuto sia trattato come una persona che ha diritto alla sua dignità: perché la dignità è un altro di quei diritti che sicuramente non può essere leso.

    D. – Secondo lei, il carcere in Italia recupera la persona?

    R. – Così affollato, no. Il carcere in Italia – secondo me – viola la Costituzione. La Costituzione in un suo articolo fondamentale dice: “La pena dev’essere utile sicuramente a punire, perché è necessario anche punire per essere dissuasivi, ma soprattutto a reinserire”. E il carcere oggi in Italia non è utile: è dannoso. Non dà nessun contributo alla sicurezza dei cittadini.

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    Torna "Rigiocattolo": un'iniziativa che unisce solidarietà ed ecologia

    ◊   Non tutto ciò che non si usa più è da buttare. “Rigiocattolo” è il consueto appuntamento natalizio della Comunità di Sant’Egidio con i giocattoli usati che coinvolge non solo Roma ma anche altre città italiane ed europee. Un’iniziativa che sposa solidarietà ed ecologia insieme, che aiuta i bambini in Africa e contribuisce ad evitare gli sprechi. Alessandro Filippelli ha intervistato Evelina Martelli responsabile del progetto.

    R. – Il Rigiocattolo ormai si fa da molti anni, dal 1998. E’ l’idea di coinvolgere bambini e ragazzi nell’aiuto a chi è più debole, a chi è più in difficoltà, attraverso un gesto che è per loro possibile: donare i giochi che sono ancora in buono stato, ma che non si usano più o che si vogliono donare per beneficienza. Questi, poi, vengono rivenduti e con il ricavato si possono finanziare iniziative di solidarietà per i bambini che soffrono per la mancanza di scuola, per la mancanza di medicine, per la mancanza di pace nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa. E’ l’idea che ciascuno può conoscere i problemi del mondo nella misura in cui è in grado di fare qualche cosa per risolverli o per alleviarli e questo è possibile a tutte le età, in tutte le condizioni, anche per chi è più piccolo.

    D. – Evitare gli sprechi e aiutare altri bambini, quindi un’iniziativa che sposa solidarietà ed ecologia…

    R. – Sì, esatto. Infatti un altro tema che ci sta molto caro è quello di insegnare ai bambini che non tutto quello che non si usa più è da buttare, ma molte cose possono riprendere vita e in questo modo evitare di essere buttate e di continuare a inquinare il mondo che ha bisogno di essere, invece, protetto da tutti e dai comportamenti responsabili di ciascuno di noi.

    D. - Quanto questo appuntamento coinvolge e responsabilizza i bambini?

    R. – Moltissimo perché sono loro che nelle scuole elementari spiegano ai loro coetanei quali sono i problemi che quest’anno vogliamo affrontare. In particolare, questo 2012, abbiamo scelto di pagare le cure mediche alle madri incinte affette da Aids perché i loro bambini possano nascere sani e quindi spiegare in maniera semplice cosa vuol dire essere malati in Africa, non poter accedere a una buona sanità. Invece, il nostro desiderio è che tutti i bambini abbiano gli stessi diritti ovunque siano nati. Questo è molto bello perché i bambini sentono con forza il senso della giustizia e dell’ingiustizia e quindi si dimostrano anche molto capaci, molto convincenti, nel trascinare e nel coinvolgere altri ad aiutarli e a combattere con loro per vincere le ingiustizie.

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    Ribellarsi alla dittatura dei media. Le istruzioni in un libro di Lorella Zanardo

    ◊   “Senza chiedere il permesso”, il titolo del libro di Lorella Zanardo, edito da Feltrinelli, riferito ai giovani perché reagiscono alla passività mediatica che li ha relegati a subire modelli e stili di vita che hanno rubato loro l’anima. Già coautrice insieme a Cesare Cantù del documentario on line “Il corpo delle donne”, e animatrice del relativo blog, Zanardo riporta in questo saggio le esperienze raccolte in tre anni di intensa attività di media education nelle scuole italiane. L'ha intervistata Roberta Gisotti:

    D. – Lorella Zanardo, lei denuncia l’incapacità da parte degli adulti di consegnare almeno la speranza di un mondo migliore, e gran parte delle colpe vengono individuate proprio nei media …

    R. – Sì: negli ultimi 20, 30 anni, attraverso i media si è imposta una sorta di dittatura che poi è nelle nostre vite, quelle di tutti i giorni. L’audience che raggiunge una trasmissione qualsiasi di un canale Mediaset o anche della Rai, in una sera qualsiasi, non riescono a metterla insieme i quotidiani, nemmeno tutti insieme. Quindi è molto importante capire quanto danno stiano facendo i media. Quello che noi proponiamo è, da una parte, chiedere urgentemente che la Rai torni ad essere un servizio pubblico, e, dall’altra, educare i ragazzi e le ragazze ad una visione consapevole dei media.

    D. – Quali sono gli aspetti più gravi riscontrati nei tanti incontri con i giovani che vivono in un ambiente mediatico senza in realtà conoscerlo?

    R. – Prima di tutto, bisogna ricordare che la televisione è molto guardata dai ragazzi. Sbaglia chi dice: “I ragazzi ne guardano meno”. No: la guardano ma con modalità diverse. Prima di tutto, i bambini ne guardano tantissima e non vanno on-line; le ragazze guardano – per esempio – “Uomini e donne” della De Filippi, magari un quarto d’ora su YouTube, il giorno dopo che è andato in onda. Quindi, comunque ne guardano tanta. Quello che è un po’ preoccupante è che restano degli stereotipi. Per esempio, quello che dice la Tv è vero; quello che dice la Tv durante il telegiornale è verissimo. Quindi, quando noi mostriamo i tanti servizi di info-tainment, dove poca è l’informazione e molto l’intrattenimento, che vengono mandati in onda durante i telegiornali e che, per esempio, riguardano la chirurgia estetica. Noi non critichiamo ma facciamo riflettere sul fatto ponendo delle domande. Questa è informazione? E’ giusto mandarla durante un telegiornale? Stiamo parlando di salute? Ecco: i ragazzi, in questo modo, iniziano a sviluppare uno spirito critico.

    D. – Ma quali sono i modelli, gli stereotipi che in questi anni hanno più danneggiato i ragazzi, i giovani?

    R. – Sicuramente, lo stereotipo della donna ridotta ad oggetto ha fatto danni per le ragazze, ma – sorpresa!, come è risultato da questi incontri – anche per i ragazzi. E bisogna dire subito che i ragazzini e le ragazzine non sono assolutamente dalla parte di questa televisione che rende le ragazze ed i ragazzi oggetti; anzi, si scagliano contro questa televisione. E da subito, nelle classi, si scagliano contro la televisione che li oggettivizza. Non c’è mai un nudo, in televisione, che ci faccia capire che dietro c’è una persona. Le riprese sono sempre oggettivizzanti: gambe, seni, sederi … Tutto questo è poi traslato nella società. Quello che viene mandato in onda in televisione, in qualche modo crea dei modelli che poi vengono pericolosamente seguiti.

    D. – Perché “Senza chiedere il permesso”?

    R. – Perché chi ha voglia di crescere, in questa società? Ho tenuto le prime pagine dei giornali degli ultimi mesi: ci si alza e oggi la disoccupazione giovanile è al 25%, domani al 26, dopodomani sarà al 27 … siamo al 35%: perché io, a 16 anni, dovrei aver voglia di crescere in un mondo così? Allora la mia esortazione è dire: fate, andate, prendete la forza di credere che cambiare il mondo sia possibile; siate sicuri che ci sono tanti adulti che sono con voi, che possono darvi strumenti di saggezza, di consapevolezza, per interrompere un po’ quella catena di egoismo di cui è stata portatrice – bisogna ammetterlo! – la mia generazione …

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    A Roma la mostra dedicata ai capolavori meno noti del Canova

    ◊   Prosegue a Roma presso il Museo di Palazzo Braschi la mostra “Canova Il segno della gloria, disegni, dipinti e sculture” dedicata al più grande scultore a cavallo tra Sette e Ottocento. Fino al prossimo 7 aprile l’esposizione rivela un inedito Canova attraverso acqueforti, gessi, tempere, terrecotte, marmi e soprattutto 79 disegni provenienti dal Museo Civico di Bassano. Il servizio di Paolo Ondarza:

    L’anima di Antonio Canova, maestro del Neoclassicismo al centro della mostra romana di Palazzo Braschi: l’aspetto meno ufficiale, quello informale, l’attimo dell’ispirazione artistica, l’embrione dei capolavori marmorei universalmente riconosciuti sono i protagonisti dell’esposizione. A raccontare il pensiero dello scultore sono una selezione di disegni preparatori, monocromi, bozzetti in gesso, lettere provenienti dalle ricche collezioni del Museo Civico di Bassano. La curatrice Giuliana Ericani:

    “Rivelano la personalità di Antonio Canova, che evidentemente si stempera nelle sculture realizzate in marmo. I disegni sono proprio il pensiero e l’anima dell’artista”.

    La grazia, la levigatezza, la lucidità dei marmi di Antonio Canova sono il frutto di un attento studio della scultura greca, documentato nelle opere grafiche esposte:

    “Lui ripete più volte che la maggiore impressione la ebbe andando a vedere i marmi del Partenone e che lì lui aveva ritrovato la vera carne”.

    La mostra accompagna il visitatore dalla fase ideativa alla realizzazione finale dell’opera restituendo a Canova quel ruolo di protagonista dell’arte europea tra 7 e 800, del quale lo scultore era consapevole. Ancora Giuliana Ericani:

    “Era molto umile ma aveva una forte consapevolezza della qualità delle sue realizzazioni. Riteneva che il suo valore dovesse essere giustamente retribuito. Infatti, Antonio Canova fu in assoluto l’artista più pagato di tutti i tempi”.

    Il valore di Canova fu suggellato da Pio VII che nominò lo scultore direttore dei Musei Vaticani, incaricandolo di riportare a Roma le opere trafugate da Napoleone:

    “Nel 1802, nel decreto di nomina, viene richiamata proprio la continuità di questa nomina da Raffaello a Canova”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    In Egitto oltre il 60% di sì alla Costituzione ma l’affluenza al referendum è stata bassa

    ◊   L’Egitto approva la nuova Costituzione. La nuova carta che definisce la “sharia”, la legge islamica, come fonte principale della legislazione nazionale, risulta essere stata approvata dal referendum confermativo con il 64% dei sì anche se i risultati ufficiali arriveranno solo lunedì. A votare è stato circa il 32% degli aventi diritto. E' quanto annuncia il partito dei Fratelli musulmani egiziani, Giustizia e Libertà, dopo lo scrutinio dei due terzi dei voti al secondo turno. “Il popolo egiziano continua la sua marcia verso il completamento della costruzione di un moderno Stato democratico, dopo aver voltato la pagina dell'oppressione” si legge in una nota diramata questa mattina dal partito. Ma l'opposizione denuncia brogli e fa sapere che presenterà ulteriori iniziative contro la nuova Carta costituzionale. Il referendum si è tenuto in due tornate, il 15 e il 22 dicembre, in zone differenti del Paese, a causa della scarsità di magistrati di controllo che hanno boicottato le consultazioni. A vigilare sulla sicurezza sono stati disposti circa 250 mila tra poliziotti e militari. Sul fronte istituzionale intanto il governo del presidente Morsi continua a perdere elementi: ieri il vicepresidente Mohamed Mekki, esponente della magistratura egiziana, ha rinunciato al proprio incarico e si è dimesso anche il governatore della Banca Centrale, Faruq el Oqda, in carica dal 2003. Dimissioni, queste ultime, smentite poi però dal governo. In entrambi i casi la rinuncia sarebbe legata a divergenze con Morsi.

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    In Russia 56 morti per il freddo record. In Siberia meno 52 gradi

    ◊   Strage per il freddo in Russia. Le temperature più basse si registrano in Siberia, a Yakuzia, nell'estremo Nord-Est, con -52 gradi. Sono almeno 56 le vittime nel Paese e oltre 700 le persone colpite da ipotermia, mentre tubi dell'acqua e del riscaldamento risultano bloccati. Nella capitale la punta massima sarà toccata questa notte con 26 gradi sotto zero. Si tratta di un’ondata di freddo eccezionale, tra i dieci e i quindici gradi al di sotto della media stagionale. Valori record per gli ultimi cinquant'anni: un freddo che dura già da nove giorni e che – secondo le previsioni - non allenterà la presa fino a mercoledì prossimo.

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    Lotta agli stupri in India: dopo i cortei di ieri, vietate le manifestazioni ma il governo promette pene più dure

    ◊   In India, il centro di Nuova Delhi è stato interdetto oggi ad ogni manifestazione: vietati i cortei nelle aree vicine al palazzo presidenziale e al parlamento. Lo ha deciso la polizia dopo gli scontri di ieri con i manifestanti che chiedevano sicurezza e lotta alla criminalità, ad una settimana circa dallo stupro di una studentessa. Dopo il tragico episodio, che ha visto la ragazza 23enne ridotta in fin di vita da sei uomini che l'hanno violentata e torturata a bordo del bus privato sul quale era salita con il fidanzato, avvenuto domenica scorsa in un quartiere residenziale della capitale, nel Paese divampa la polemica sulle misure di contrasto al reato. Di fronte alla collera della popolazione, il governo indiano ha annunciato un inasprimento delle pene e si parla della possibilità di introdurre nel codice penale la pena capitale per alcuni casi “eccezionali” di violenza sessuale. La pena massima prevista per il momento per gli stupratori è l'ergastolo ma, secondo gli osservatori, spesso non si arriva neanche al processo per le difficoltà imposte a chi deve denunciare. Ieri il premier indiano Manmohan Singh ha incontrato il ministro degli Interni per chiedere di “fare tutto il possibile per rendere sicure le donne nella capitale” e perché “non si ripetano più incidenti del genere”. (C.D.L.)

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    Messaggio natalizio dell'arcivescovo di Nagasaki: no al profitto più delle vite umane

    ◊   “Non è il momento di festeggiare in maniera consumistica. Dobbiamo concentrarci sulla preghiera e sull’aiuto nei confronti dei più deboli. Anche perché il Paese affronta momenti molto critici dal punto di vista politico ed energetico”. È l’inizio del messaggio rilasciato all’agenzia AsiaNews dall’arcivescovo di Nagasaki, mons. Giuseppe Mitsuaki Takami. Quest’anno la sua diocesi celebrerà il Natale in maniera più dimessa, anche per “concentrare la preghiera su chi soffre di più, che al momento sono le vittime della crisi economica e quelle del disastro nucleare”. Il presule ha poi affrontato la questione delle centrali nucleari, riaperta dall’elezione del nuovo premier conservatore Abe: la Chiesa nipponica ha sempre chiesto la chiusura permanente dei siti nucleari, “per almeno due ottime e importantissime ragioni: il pericolo insito nell’uso di quelle tecnologie, per quante precauzioni si possano prendere, e il fatto che non si sappia ancora come trattare le scorie. Non si deve mettere il profitto o il risparmio al di sopra della vita umana o dell’ambiente”. Secondo mons. Takami “oggi la voce del popolo è molto forte contro la politica e contro il nucleare. Non è più una questione ideologica come avveniva in passato, ma un’emergenza nazionale, un nuovo fenomeno sociale che riporta la voce del popolo in prima fila, e il governo deve ascoltare questa voce”. Perciò, ha concluso l’arcivescovo di Nagasaki, “questo sarà un Natale ‘nucleare’ per tutto il Paese. Le preghiere della Chiesa nipponica sono accanto a coloro che soffrono e che lottano contro queste forme di ingiustizia. Speriamo che vengano ascoltate anche dal governo”. (L.P.)

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    In Pakistan per la prima volta le chiese cristiane celebreranno il Natale insieme

    ◊   Sarà ricordato come il primo Natale ecumenico del Pakistan, quello che sta per essere celebrato nelle diocesi locali di Lahore e Islamabad-Rawalpindi. Per la prima volta, infatti, lo festeggeranno insieme la Chiesa cattolica, le comunità protestanti “Church of Pakistan”, la Chiesa Presbiteriana e l’Esercito della Salvezza che, per cominciare, hanno organizzato insieme la novena natalizia e promuovono una serie di incontri ecumenici e veglie di preghiera che hanno come obiettivo lo sviluppo del dialogo e dell’armonia interconfessionale. Tra le varie attività comuni, anche un concerto con canti tradizionali di Natale, al quale hanno preso parte l’amministratore apostolico di Lahore, mons. Sebastian Francis Shah e alcuni leader di altre comunità cristiane. “Ci prepariamo ad accogliere Gesù in mezzo a noi – sono state le parole di padre Inayat Bernard, direttore del Consiglio per il dialogo interreligioso riportate da Fides – preghiamo perché presto il Pakistan possa godere di una vera libertà religiosa”. Presente anche Akram Masih Gill, ministro di Stato per l’Armonia nazionale, che ha ricordato come l’impegno dei cristiani pakistani in settori come la sanità e l’istruzione rappresenti una ricchezza per l’intera nazione. (R.B.)

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    A Taiwan, il presepe si fa “evento di evangelizzazione”

    ◊   Il presepe è molto più che un simbolo del Natale, ma “un evento di evangelizzazione rivolto alle persone e alla cultura contemporanea”. Così padre Felice Chech, camilliano e direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) spiega l’impegno, già dal mese di novembre, di allestire presepi viventi in piazze e parchi pubblici delle principali città di Taiwan per promuovere il recupero del vero significato del Natale cristiano in una società in cui il modello proposto è altamente consumistico. A Taiwan i cattolici rappresentano l’1% della popolazione composta da circa 24mila abitanti – riferisce la Fides – ma la comunità è molto vivace e attenta all’attività evangelica: in occasione dell’Ottobre Missionario, ad esempio, sono state organizzate quattro veglie di preghiera dedicate ai cinque continenti, cui hanno partecipato un centinaio di bambini della comunità aborigena Taitung e 300 universitari della Fu Jen Catholic University della capitale Taipei. “Creare reti di collaborazione per le attività di animazione missionaria – conclude padre Chech – è un metodo di evangelizzazione adatto ai contesti culturali e agli ambiti della vita quotidiana”. (R.B.)

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    Svizzera. La colletta natalizia dei vescovi in favore del Caritas Baby Hospital

    ◊   Sarà a favore del Caritas Baby Hospital di Betlemme la tradizionale colletta di Natale della Conferenza episcopale svizzera (Ces). L’ospedale, fondato 60 anni fa nei Territori palestinesi da un gruppo di cattolici elvetici si prende cura dei bambini di qualsiasi religione e nazionalità. Grazie al finanziamento garantito da “Secours aux Enfants Bethléem” (Kinderhilfe Bethlehem), riferisce l’Osservatore Romano, è aperto a tutte le famiglie e ai loro piccoli malati, 24 ore su 24, indipendentemente dal fatto che i genitori dispongano o no dei soldi necessari per pagare le cure. Il nosocomio, sottolineano i vescovi svizzeri in un appello a contribuire generosamente alla colletta, “è portatore di speranza e un’isola di pace in questa regione scossa dalla crisi”. Nella regione di Betlemme e di Hebron, affermano, 300mila bambini vivono senza una sufficiente assistenza medica. E le patologie dovute alla povertà (disidratazione, affezioni delle vie respiratorie, infezioni intestinali) sono le più frequenti. Il responsabile medico, Hiyam Marzouqa, cristiano, nato e cresciuto a Betlemme, dirige quattordici medici e ottanta assistenti, i quali si dedicano ai piccoli pazienti indipendentemente dalla loro origine o religione. Sono 34mila i bambini e le loro famiglie che vengono aiutati ogni anno attraverso l’ambulatorio. Ogni anno, il numero di genitori che vi si recano con i loro figli aumenta. Nous sommes là, Wir sind da: “Noi ci siamo” è la quotidiana promessa e scommessa dell’ospedale pediatrico di Betlemme. Malattie croniche, del metabolismo, dei reni e delle vie urinarie, ortopedia, oculistica, otorinolaringoiatria, neurologia, sviluppo psichico infantile, diagnostica ecografica ed ecocardiografica: sono molteplici le specializzazioni a disposizione all’interno del Baby Caritas Hospital, i cui ottantadue posti-letto accolgono ogni anno quattromila bambini. Secours aux Enfants Bethléem fa coscientemente partecipare le mamme al percorso di cura dei propri figli, al fine di evitare nuove malattie o ricadute. Le famiglie, dunque, sono di fatto impegnate nel processo di guarigione dei loro piccoli. L’ospedale vive essenzialmente grazie alle donazioni e quindi la crisi finanziaria rappresenta una sfida reale. Nelle 2011 le entrate hanno accusato una diminuzione del 9 per cento: un segnale d’allarme subito colto dalla Conferenza episcopale che per Natale ha invitato gli svizzeri a raccogliere fondi. (L.Z.)

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    Terra Santa: foresta per celebrare dialogo ebraico-cristiano e in ricordo del card. Martini

    ◊   Piantare un albero in memoria “dell’amico cardinale”, Carlo Maria Martini, deceduto quest’estate, fino ad avere una foresta che simboleggi il dialogo ebraico-cristiano, una delle più importanti conquiste dell’operato spirituale proprio del porporato. È l’idea del rabbino Giuseppe Laras, presidente del Tribunale rabbinico del centro-nord Italia e del rabbino capo di Ancona e delle Marche, e immediatamente raccolta – come riferisce il Sir – dal Keren Kayemeth Le-Israel (Kkl), il Fondo nazionale ebraico e sostenuta dall’ufficio Ecumenismo e dialogo della Conferenza episcopale italiana, diretto da mons. Gino Battaglia. La foresta sorgerà in Terra Santa e precisamente nei pressi di Tiberiade, in Galilea: una località altamente simbolica sia per gli ebrei che per i cristiani. Chiunque volesse donare un albero (alla cifra simbolica di 10 euro) può farlo singolarmente o attraverso parrocchie e centri culturali; chi farà una donazione superiore a 50 euro riceverà un certificato attestante il proprio contributo alla foresta. I primi alberi saranno piantati il 17 giugno 2013, in occasione di un viaggio in Israele organizzato dai promotori. (R.B.)

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    In Brasile i giovani imparano la storia di Gesù attraverso i manga

    ◊   Un fumetto in stile manga per illustrare la vita di Gesù: è la singolare iniziativa di evangelizzazione destinata ai giovani brasiliani, promossa dalla Rete delle scuole salesiane del Brasile. Il progetto si chiama “Evangelis” e prevede quattro volumi il primo dei quali, intitolato “Nasce la Speranza”, è stato pubblicato nei mesi scorsi, mentre il secondo, “La Buona Novella”, sarà distribuito nei primi mesi del 2013. Il primo - riporta l'agenzia Sir - racconta la nascita di Giovanni il Battista, l’Annunciazione, la ricerca dei Magi, il Natale del Signore e la fuga dopo l’editto di Erode; il secondo, invece, narrerà i primi miracoli di Gesù e le tentazioni di Satana nel deserto. L’autore è Herbert Barbosa, fumettista da sempre appassionato del genere manga, originario del Giappone, e assicura che disegni e dialoghi sono diretti e molto semplici da capire, visto l’intento divulgativo dell’opera, confermato anche da Antonio Boeing, animatore pastorale della Rete: “Il senso del progetto è presentare ai ragazzi il mondo biblico in modo attraente e accattivante”. (R.B.)

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    Prima esposizione pubblica a Roma per il “Bambinello di Padre Pio”

    ◊   Quarantasei anni fa fu il dono di padre Pio al devoto attore Carlo Campanini; ora, dal 24 dicembre, viene esposto per la prima volta a Roma, nella chiesa di San Salvatore in Lauro: si tratta del “Bambinello di Padre Pio”, il Gesù Bambino che San Pio da Pietrelcina teneva nella sua cella di San Giovanni Rotondo, la cui esposizione è seconda tappa dell’itinerario delle Feste della Natività 2012 “I Bambinelli Miracolosi del Natale”. L’itinerario, patrocinato dalla diocesi di Roma, toccherà i luoghi più significativi del culto cattolico nel centro storico della capitale. Un progetto concordato con l’assessorato alle Politiche culturali e centro storico di Roma Capitale che durerà per tutto il periodo delle Feste, partendo dal presepe di piazza San Pietro per arrivare alla Basilica di Santa Maria Maggiore che custodisce la Greppia: la sacra culla dove, secondo la tradizione, è stato deposto Gesù. (L.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 358

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