Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 22/12/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI concede la grazia a Paolo Gabriele confermandogli di persona di averlo perdonato
  • Il Papa e il “gender”. Mons. Forte: non si può inventare a piacimento la verità sull’uomo
  • Papa nomina mons. Robert W. Oliver nuovo promotore di Giustizia alla Dottrina della Fede
  • Rinunce e nomine episcopali
  • Messa di Natale alla Radio Vaticana: “La missione di portare di nuovo Gesù agli uomini di oggi”
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria, minacce contro villaggi cristiani. Il vescovo di Aleppo: Natale al buio, la luce è Cristo
  • L'Egitto vota la bozza della Costituzione. Scontri e feriti ad Alessandria
  • Centrafrica, si negozia la pace. Ashton: rispettare accordi del 2008
  • Il 2012 e la crisi economica. L'analisi di Riccardo Moro
  • I partiti da Napolitano per le consultazioni
  • Il presepe ci unisce a Dio. Gli auguri del cardinale Bagnasco alla città di Genova
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Betlemme: migliaia di pellegrini per Natale. Ma continua l'esodo dei cristiani
  • Iraq. Imam di Kirkuk: la visita dell’inviato del Papa in moschea, momento “storico e forte”
  • Iraq: timori e speranze dei cristiani per il Natale
  • Pakistan: musulmano linciato e bruciato vivo per blasfemia
  • Giordania, aprirà secondo campo profughi siriano. Caritas: nel 2013 rischio esodo di massa
  • Indonesia: a Java islamisti contro i cattolici. Celebrazioni di Natale a rischio
  • Kampala: sospesi i colloqui di pace tra governo del Congo e ribelli M23
  • Natale, messaggio di Bartolomeo I: realizzare la pace che ha portato Gesù Bambino
  • Nigeria: per mons. Kukak grave debolezza dello Stato nel punire i criminali
  • Sud Sudan: il vescovo di Wau dopo i recenti scontri invita a rispettare il Natale
  • Pakistan: partito musulmano promuove incontro su Gesù pro minoranze religiose
  • Vietnam: assistenza dei cattolici ai bimbi poveri per un Avvento di solidarietà
  • Inghilterra. Mons. Nichols: "La storia del Natale non sarà zittita"
  • Francia: appello dell’Accademia cattolica per i cristiani d’Oriente
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI concede la grazia a Paolo Gabriele confermandogli di persona di averlo perdonato

    ◊   Benedetto XVI ha concesso la grazia a Paolo Gabriele. Lo ha annunciato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, nel corso di un briefing con i giornalisti. Il Papa ha incontrato in cella il suo ex aiutante di camera, che subito dopo è stato scarcerato. Gabriele, arrestato nel maggio scorso, era stato condannato a 3 anni di reclusione, con pena ridotta ad un anno e mezzo, per furto aggravato di documenti riservati. Il servizio di Sergio Centofanti.

    "Un gesto paterno verso una persona con cui il Papa ha condiviso per alcuni anni una quotidiana familiarità”. Benedetto XVI – ha affermato padre Lombardi, leggendo un comunicato della Segreteria di Stato - ha voluto incontrare Paolo Gabriele per confermargli il proprio perdono e comunicargli di persona di avere accolto la sua domanda di grazia, condonandogli la pena:

    “Il Santo Padre si è recato alla Caserma della Gendarmeria, dove vi è la cella in cui il signor Gabriele era stato detenuto. E’ stato un colloquio personale di una quindicina di minuti, tra le 12.15 e le 12.30 di questa mattina, un colloquio molto intenso: era la prima volta che c’era di nuovo un rapporto diretto tra il Santo Padre e Paolo Gabriele”.

    Dopo l’incontro con il Papa, Paolo Gabriele è stato scarcerato ed è rientrato a casa. Non potrà riprendere il precedente lavoro, ma la Santa Sede, “confidando nella sincerità del ravvedimento manifestato, intende offrirgli la possibilità di riprendere con serenità la vita insieme alla sua famiglia”:

    “Si tiene conto anche della situazione della sua famiglia e della benevolenza con cui il Papa ha voluto intervenire nella situazione, e quindi verrà offerta una possibilità per l’alloggio e per l’occupazione, però non nella sede dello Stato della Città del Vaticano”.

    A questo punto, ha detto padre Lombardi, la vicenda di Paolo Gabriele può dirsi conclusa:

    “Con questo atto molto paterno, molto bello da parte del Santo Padre, si conclude questa vicenda processuale e della pena di detenzione, e quindi c’è una chiusura di questo capitolo triste e doloroso di questa vicenda, e si spera però che con il ravvedimento manifestato sinceramente e ribadito certamente da Paolo Gabriele anche nel colloquio di questa mattina, ci siano le premesse per un’atmosfera di serenità nel riprendere il cammino”.

    E’ stato un atto – ha osservato padre Lombardi – “che ci tocca molto profondamente, probabilmente ci fa venire in mente anche un po’ l’incontro di Giovanni Paolo II con Ali Agca, anche se la situazione è molto, molto diversa, evidentemente. Ma il perdono e la benevolenza da parte del Papa sono molto evidenti e quindi – ha aggiunto - è molto bello che noi lo possiamo comunicare, anche in questo clima di Natale”.

    Infine, padre Lombardi si è soffermato sul caso di Claudio Sciarpelletti, il tecnico informatico della Segreteria di Stato, condannato a quattro mesi di reclusione per favoreggiamento, pena ridotta a due, con il beneficio della condizionale. Il tecnico – ha detto il direttore della Sala Stampa vaticana – “aveva già ripreso la sua attività lavorativa da qualche giorno”, ma “anche per lui è previsto un provvedimento in seguito alla domanda di grazia che egli pure ha avanzato per estinguere anche le conseguenze della condanna penale che aveva ricevuto, nonostante la pena fosse sospesa con la condizionale". Per lui – ha concluso il direttore della Sala Stampa – “si prepara un provvedimento di grazia per cui sia completamente conclusa anche la sua vicenda penale e possa così riprendere una vita in condizioni del tutto serene”.

    inizio pagina

    Il Papa e il “gender”. Mons. Forte: non si può inventare a piacimento la verità sull’uomo

    ◊   Hanno suscitato molte reazioni nel mondo le affermazioni di Benedetto XVI, contenute nel suo discorso di ieri alla Curia Romana. Nel difendere la natura della famiglia tradizionale, Benedetto XVI ha definito in particolare la cosiddetta “teoria di genere” una antropologia segnata da una “profonda erroneità”. Su questo concetto Alessandro De Carolis ha chiesto un commento al vescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte:

    R. – Credo che tutti gli italiani abbiano apprezzato la riflessione che ha fatto Benigni quando, commentando i principi fondamentali della Costituzione italiana – che sono veramente eccellenti – ha messo in luce con forza come, nell’articolo 2, si dice che la Repubblica “riconosce i diritti inviolabili della persona umana”. Questo “riconoscere” è un verbo molto importante, perché dice che questi diritti non sono inventati, ma sono radicati nella stessa natura umana. Ora, Papa Benedetto ha detto esattamente la stessa cosa riguardo alla famiglia, alla reciprocità maschile-femminile, alla procreazione degli esseri umani. In altre parole, egli ha detto: “Rispettiamo la verità scritta nell’essere delle cose, non pensiamo che la verità sull’uomo possa essere di volta in volta inventata a seconda degli interessi del momento o delle logiche più o meno utilitaristiche in gioco. Se si rinuncia a questo, ogni barbarie diventa possibile, perché ognuno può inventare l’idea di uomo che preferisce e su questa poi costruire il suo castello di carte, che però può tradursi, ahimè, a volte anche in drammatiche conseguenze pagate dalle stesse persone umane.

    D. – Difendere Dio, ha detto ieri il Papa, è difendere l’uomo. Negarlo, dissolve la dignità dell’uomo stesso. Secondo lei, quanta coscienza c’è oggi di questo pericolo?

    R. – Temo che questo, sul piano della coscienza diffusa, sia piuttosto oscurato, perché se si avesse più coscienza della profondità di ciò che è scritto come Verità nell’essere umano – ed è scritto dal suo Creatore – naturalmente ci sarebbe anche maggiore rispetto nel riconoscimento di questi inviolabili diritti e doveri dell’essere umano, di questa vocazione originaria che Dio ha scritto nel cuore umano. Certamente, richiamare questa verità in un momento storico in cui la crisi dei grandi sistemi ideologici ha prodotto una notevole frammentazione – e quindi un trionfo di solitudini, ciascuna con la pretesa di poter in qualche modo governare il tutto – diventa un messaggio controcorrente. Ma non sta scritto da nessuna parte che la Chiesa, e il Papa in particolare, debbano parlare per piacere agli uomini: bisogna parlare per piacere a Dio. E credo che il Papa lo faccia. Questo credo che sia al tempo stesso la sua grande forza e, agli occhi di certi media, la sua debolezza. Ma naturalmente, non per il giudizio di alcuni media o di alcune persone che creano le opinioni, noi dobbiamo ritenere che il Papa debba rinunciare a fare il suo dovere di testimone di Cristo, della sua verità, chiamato a confermare i fratelli nella fede.

    D. – Volere accampare un diritto che arriva a sfidare la stessa logica non sembra un’operazione così innocente. Come si può fare nuova evangelizzazione in un contesto culturale che preme per negare, in fondo, l’idea di un Creatore perfino nei fondamenti della creatura uomo-donna?

    R. – Io sono convinto che il bene abbia una forza irradiante e vada perciò proposto soprattutto per la testimonianza serena, convinta, in questo senso contagiosa. Credo che più che recriminare, sia necessario proporre: in fondo, questo è l’aspetto dominante del magistero di Papa Benedetto. Il grande “sì” di Dio è quello che egli ripete continuamente. Purtroppo, i media – nella loro recezione – spesso si fermano soltanto su delle inevitabili ricadute negative di questo messaggio, cioè su dei “no” che ne conseguono, come appunto il “no” a questa teoria del “genere”, riduttiva della struttura originaria dell’essere umano. Ma in realtà, il messaggio è quello positivo, ed è questo messaggio che poi, nel quotidiano contatto pastorale con la gente, noi dobbiamo e possiamo trasmettere. E devo dire che è recepito proprio nella misura in cui i testimoni siano credibili.

    D. – Contro le derive della “civiltà dell’oblio”, come l’ha chiamata il Papa, Benedetto XVI ha indicato il baluardo della memoria e il Natale vicino ricorda che i cristiani hanno duemila anni da cui poter trarre valori e testimonianze…

    R. – Certamente. Mi sembra che il comando biblico “Non dimenticare” sia un comando fondamentale. Lo esprimerei con una metafora cara ai medievali: noi siamo come nani sulle spalle dei giganti. Grazie a loro, guardiamo più lontano di loro. I giganti sono quelli che ci hanno preceduti. Se noi facciamo memoria di quanto ci ha preceduto – ed è fondamentalmente il grande dono della Rivelazione, la sua grande trasmissione nella comunione della Chiesa nel tempo – noi abbiamo un fondamento su cui poggiarci e da cui guardare in avanti, che ci apre veramente alla profezia e alla speranza.

    inizio pagina

    Papa nomina mons. Robert W. Oliver nuovo promotore di Giustizia alla Dottrina della Fede

    ◊   Benedetto XVI ha nominato promotore di Giustizia presso la Congregazione per la Dottrina della Fede il sacerdote Robert W. Oliver, assistente per le questioni canoniche dell’arcidiocesi di Boston (Stati Uniti d’America).

    inizio pagina

    Rinunce e nomine episcopali

    ◊   In Messico, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di León, presentata per raggiunti limiti di età da mons. José Guadalupe Martín Rabago. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Alfonso Cortés Contreras, finora Vescovo di Cuernavaca. Mons. Cortés Contreras è nato nella città di La Luz, diocesi di Zamora, il 16 luglio 1947. Ha frequentato i corsi di filosofia e teologia presso il Seminario di Monterrey. Successivamente ha conseguito la Licenza in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana a Roma. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 26 ottobre 1972. Dopo aver svolto il ministero parrocchiale ed aver ricoperto l’incarico di formatore e professore nel Seminario diocesano di Monterrey e di docente di antropologia teologica presso la Pontificia Università del Messico, è stato chiamato a Roma per assumere gli uffici di Padre spirituale, prima, e poi Economo nel Pontificio Collegio Messicano, del quale da 1999 al 2005 è stato Rettore. Durante gli anni del ministero romano è stato anche eletto Presidente dell’Associazione dei Rettori dei Collegi ecclesiastici in Roma. Nominato Vescovo titolare di Acque regie e Ausiliare di Monterrey il 24 giugno 2005, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 24 agosto successivo. Il 10 luglio 2009 è stato nominato Vescovo della diocesi di Cuernavaca, della quale ha preso possesso canonico il 18 agosto del medesimo anno.

    In Angola, il Pontefice ha nominato vescovo della diocesi di Dundo il sacerdote Estanislau Marques Chindekasse, della Confgregazione dei Verbiti, già consigliere generale della Congregazione del Verbo Divino. Mons. Marques Chindekasse è nato il 18 agosto 1958, a Huambo. Dopo la scuola primaria e secondaria, è stato ammesso al Seminario di Filosofia Cristo Re di Huambo. Ha svolto il noviziato nella Congregazione del Verbo Divino a Lisbona, seguendo contemporaneamente i corsi di Teologia all'Università Cattolica Portoghese, dove ha ottenuto la Licenza in Teologia. Ha emesso la Professione perpetua nel 1986 ed è stato ordinato sacerdote il 22 novembre 1987. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: 1987-1991: Missionario nella Repubblica Democratica del Congo; 1991-1994: Formatore nel Seminario propedeutico e di Filosofia della Provincia Verbita a Viana, in Angola, e Professore al Seminario maggiore di Luanda; 1994-1998: studente alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, dove ha concluso i suoi studi ottenendo il Dottorato in Filosofia; 1998-2000: nominato Membro del Consiglio Generale dei Verbiti; 2000-2006: eletto per la prima volta Consigliere Generale; 2006-2012: rieletto Consigliere Generale della Congregazione del Verbo Divino.

    Il Papa ha nominato membri della Congregazione delle Cause dei Santi i cardinali Francesco Coccopalmerio e James Michael Harvey e i monsignori Félix del Blanco Prieto, Arcivescovo tit. di Vannida, Elemosiniere emerito di Sua Santità, Fabio Bernardo D’Onorio, Arcivescovo di Gaeta, Renato Boccardo, Arcivescovo di Spoleto-Norcia e Paolino Schiavon, Vescovo tit. di Trevi, Ausiliare di Roma.

    inizio pagina

    Messa di Natale alla Radio Vaticana: “La missione di portare di nuovo Gesù agli uomini di oggi”

    ◊   Sull’esempio del canto di Maria, “prima testimone della grandezza, della bontà e della misericordia di Dio”, anche noi siamo chiamati a magnificare Dio con lo spirito e l’anima di Maria e a “portare di nuovo Cristo al mondo di oggi”. Così padre Vladymyrov Viktor si è rivolto alla comunità della Radio Vaticana, riunita stamattina nella Cappella dell’Annunciazione per la consueta celebrazione eucaristica in attesa del Natale. Il Verbo di Dio che si fa Uomo deve trovare accoglienza nel cuore di ognuno, ma Gesù va anche portato al mondo con la propria testimonianza e, nel caso della comunità, anche attraverso le onde radio e, oggi, attraverso la Rete. “Il canto di Maria non è il cantico di colui cui arride la fortuna – ha detto nell’omelia citando Benedetto XVI – ma il ringraziamento dell’uomo che conosce i drammi della vita e confida in Dio”. “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente” e grandi cose il Signore fa per ognuno di noi, come venire nel mondo, entrare nella storia dell’umanità. E grandi cose fa Dio attraverso di noi, se riusciamo farci portatori del Vangelo: un seme piccolo, talvolta invisibile, ma che porta abbondanti frutti. A questo proposito padre Viktor ha raccontato la sua storia, quella di un ragazzino che 30 anni fa nella sua cittadina in Unione Sovietica, armeggiava con le manopole della radio alla ricerca della musica rock proibita dal regime, ma che invece trovò una voce che parlava di Gesù nella sua lingua. Ascoltò per la prima volta il Vangelo, la Messa, il Rosario, capì che lontano, a Roma, c’era davvero il Papa, padre e pastore di una Chiesa reale, viva, non solo negli affreschi dimenticati del suo Paese. Poi l’Urss cadde e arrivarono i primi missionari, nella cittadina fu fondata una parrocchia e quel giovane, come pure tutta la sua famiglia, poterono finalmente ricevere i sacramenti. Ora quel ragazzino è diventato sacerdote: “Christus vincit”, recita una delle sigle della Radio Vaticana. (A cura di Roberta Barbi)

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La visita di Benedetto XVI a Paolo Gabriele in carcere per comunicargli personalmente la concessione della grazia.

    In prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia dal titolo “In difesa della cultura umana: il discorso del Pontefice per gli auguri natalizi alla Curia”.

    Nell’informazione internazionale, in primo piano la Siria: l’Onu cerca il dialogo con l’opposizione.

    Nel mondo in punta di piedi: stralci dall’intervento di Carlo Di Cicco al convegno promosso dal Creia (Centro di educazione e informazione ambientale) regionale dedicato al libro di Benedetto XVI sull’infanzia di Gesù.

    In difesa del bue e dell’asinello: in cultura, Fabrizio Bisconti sulla rappresentazione della scena della Natività nel IV secolo.

    Natale in orbita: Claudia Di Giovanni sulle immagini dall’Apollo 8 ritrovate nella Filmoteca Vaticana.

    Per partecipare alla Nascita: Adriano dell’Asta sul Natale nell’arte.

    Oggi la Vergine partorisce il Creatore dell’universo: nell’informazione religiosa, Manuel Nin sulla Natività del Signore nella tradizione bizantina.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Siria, minacce contro villaggi cristiani. Il vescovo di Aleppo: Natale al buio, la luce è Cristo

    ◊   Si continua a combattere in Siria, nonostante l’approssimarsi del Natale. Oggi, un cameraman della Tv di nazionale è stato ucciso a Damasco. L'emittente accusa i ribelli. Almeno 17 giornalisti, tra stranieri e siriani, e 44 giornalisti non professionisti sono morti nel Paese dall'inizio del conflitto, oltre 20 mesi fa. Intanto, un gruppo di miliziani ha minacciato di bombardare due villaggi a maggioranza cristiana se non espelleranno i soldati del regime. In questo drammatico contesto, la piccola comunità cristiana cerca di vivere in qualche modo le festività natalizie. Tracey McLure ha intervistato il vescovo caldeo di Aleppo, Antoine Audo:

    R. - Prima di tutto, vorrei dire che Natale è la festa della pace e della gioia, la festa delle famiglie. Ma quest’anno, a causa della guerra, stiamo vivendo nelle tenebre perché non c’è elettricità e manca il gasolio per il riscaldamento nelle case e nelle chiese. Cionosostante, cerchiamo di celebrare il Natale con una Messa alle cinque del pomeriggio. Poi, faremo un incontro per salutarci, per stare insieme. Vi chiediamo di pregare per noi con la convinzione che si possa fare qualcosa per la pace e per la riconciliazione malgrado tutte le difficoltà.

    D. - Quale preghiera vuole elevare a Dio per questo Natale?

    R. - La Siria ha perso la pace da due anni, ma noi cristiani ritroviamo la pace e la gioia ogni volta che ci mettiamo in adorazione davanti al Bambino Gesù, ogni volta che soffriamo con i poveri e cerchiamo di servirli. Il Bambino Gesù allontani da noi la paura e le tenebre. Il Natale sia tempo di pace e di gioia.


    inizio pagina

    L'Egitto vota la bozza della Costituzione. Scontri e feriti ad Alessandria

    ◊   Egitto alle urne, oggi, per il secondo turno del referendum sulla bozza della nuova Costituzione filo-islamista sostenuta dai Fratelli musulmani. Nella votazione di domenica scorsa il fronte del “si”, sostenuto dai Fratelli musulmani, ha ottenuto la maggioranza dei consensi. Ieri, ad Alessandria manifestazioni e scontri tra sostenitori e oppositori del presidente egiziano, Mohamed Morsi, 55 persone secondo le autorità, 68 secondo la Al Arabiya, sono rimaste ferite. Tensione si registra anche al Cairo. Il servizio di Giuseppe Acconcia:

    Sono aperti i seggi per il secondo turno del referendum costituzionale in Egitto. Sono chiamati alle urne gli elettori di 17 governatorati tra cui Giza, Suez e Minia. Ieri, si sono registrati scontri ad Alessandria. In una manifestazione organizzata dagli islamisti intorno alla moschea Qaed Ibrahim, è iniziata una sassaiola tra sostenitori e oppositori del referendum. Secondo il Ministero della sanità, 55 persone sono rimaste ferite negli scontri. Anche lo scorso venerdì, per il sostegno accordato ai "sì" alla Costituzione dallo sheykh di Alessandria, el-Mahalawy, avevano fatto seguito duri scontri all’interno e all’esterno della moschea. È poi stata resa nota ieri dal presidente Morsi la lista dei 90 esponenti della Shura, la Camera alta che prenderà pieni poteri legislativi in caso di vittoria dei 'sì' al referendum. Tra i nominati ci sono 12 cristiani, ma nessuno dei leader del Fronte nazionale di salvezza ha accettato di occupare un seggio. Si è concluso così il quarto tentativo di dialogo tra islamisti e opposizione, al quale hanno preso parte anche rappresentanti delle Chiese cristiane egiziane. I risultati definitivi del voto sono attesi per lunedì.

    Per un’analisi su quanto sta accadendo in Egitto, Massimiliano Menichetti ha chiesto l'opinione di Valentina Colombo, della European Foundation for Democracy, ordinario di Cultura e geopolitica dell’islam all’Università Europea di Roma:

    R. – Nel gennaio 2011, tutti noi avevamo creduto nelle "primavere arabe". Chi conosceva Paesi come la Tunisia, l’Egitto, sapeva che erano sottoposti a regimi dittatoriali atroci, quindi una rivoluzione che lasciava presupporre una vera democrazia ha aperto il cuore. Purtroppo però, questa democrazia ha portato al potere i cosiddetti estremisti moderati, ovvero i Fratelli musulmani, che sono estremisti e non sono moderati, mettendo a repentaglio le libertà personali: in primis, le libertà delle minoranze e tra queste le libertà delle minoranze cristiane e delle donne. Abbiamo di fronte un diritto in cui l’islam è la religione naturale dell’uomo, in cui la libertà di culto, di conversione a un’altra religione, non esiste, non è concessa. L’apostasia viene punita con la condanna a morte e già questo è qualcosa di universalmente inaccettabile.

    D. – Cosa si profila per la donna in questi Paesi?

    R. - Laddove noi ci avviamo ad avere, sia in Tunisia sia in Egitto, Costituzioni dove la sharia, il diritto islamico, è la fonte principale della legge, noi sappiamo che da quel momento in cui queste Costituzioni saranno approvate, la donna varrà la metà dell’uomo.

    D. - Non è un modo dire…

    R. – Assolutamente. Il diritto islamico, in qualsiasi sua interpretazione, dalla più liberale alla più radicale, prevede che la donna erediti, per esempio, la metà dell’uomo e che la testimonianza di un uomo equivalga alla testimonianza di due donne.

    D. – Il soggetto Fratelli musulmani chi è? Qual è il volto di questa realtà?

    R. – I Fratelli musulmani nascono in Egitto nel 1928 e sono anzitutto un movimento molto organizzato, capillarmente diffuso in Egitto, perché hanno da sempre svolto un’azione sociale. In questo momento loro – ben organizzati, ben finanziati e grandissimi comunicatori – hanno capito che devono abbandonare il “linguaggio islamico”. Per cui, dall’inizio della primavera araba, noi abbiamo avuto una cancellazione dello slogan elettorale, politico, dei Fratelli musulmani “l’islam è la soluzione”, diventato “la libertà e la giustizia sono la soluzione”. Dobbiamo ricordarci però che questa libertà e questa giustizia non sono libertà e giustizia universali, come espressi nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ma sono libertà e giustizia dal punto di vista islamico.

    D. – Giustizia o libertà cosa significano queste parole nel mondo islamico?

    R. - L’esempio più calzante è la parola "libertà", che in senso islamico è contrario di schiavitù, null’altro. E’ sempre una libertà limitata dalla sharia, dal diritto islamico che non prevede, per esempio, la conversione di un musulmano durante la religione. Per cui, quando io dico libertà è sottinteso che quel tipo di libertà non la devo neanche considerare tale, non la devo ottemperare.

    D. - La radice sulla quale i Fratelli musulmani si muovono, lo scopo, è la creazione di uno Stato islamico unico?

    R. – Si. E’ fondamentale nel pensiero dei Fratelli musulmani, e si ritrova esplicitamente nel teologo Qaradawi, l’imam di Al Jazeera, il primo imam a predicare in piazza Tahrir dopo la rivoluzione. Lui dice chiaramente: con moderazione si arriverà ad uno Stato islamico unificato.

    D. - Questo vale da sempre?

    R. - Fin dai tempi del quinto Congresso dei Fratelli musulmani del 1939.

    D. – Dunque il futuro sembra costellato di luci ed ombre...

    R. - Tutte quelle nazioni che sono state sottoposte ad anni di dittature. Il mondo arabo deve crescere, deve imparare a gestire e a godere della democrazia, deve percorrere una lunga strada. Lo farà, ci riuscirà, ma di sicuro avrà bisogno dell’aiuto e del sostegno dell’Occidente, che forse dovrebbe smettere di credere agli estremisti moderati e credere ai musulmani nella loro pluralità: quindi agli egiziani, ai tunisini ai siriani e così via.

    D. - Più ponti di dialogo e di confronto?

    R. - Assolutamente. Dobbiamo convincerci che il mondo arabo e il mondo islamico sono mondi plurali.

    inizio pagina

    Centrafrica, si negozia la pace. Ashton: rispettare accordi del 2008

    ◊   Diplomazia al lavoro per risolvere le tensioni in Centrafrica tra governo e i ribelli del gruppo di nuova formazione Selekà, che starebbero tentando di rovesciare il presidente Bozizè. Ieri in Chad, si è svolto il vertice dei capi di Stato dei Paesi della Comunità dell’Africa centrale, dove è stata confermata la prossima apertura di negoziati di pace in Gabon. Il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, ha lanciato un forte appello alle parti in conflitto, affinché cessi ogni ostilità nel rispetto degli accordi di pace del 2008. Ma chi sono i ribelli che si oppongono al governo di Bangui? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Anna Bono, docente di Storia e istituzioni dei Paesi africani all’Università di Torino:

    R. - E’ una coalizione che si è creata nell’estate scorsa quando si intravedeva qualche segnale positivo nel Paese, perché uno dei maggiori leader antigovernativi aveva accettato di dialogare con il governo. In realtà, in seguito a questa decisione, parti di questo movimento non hanno accettato il dialogo con il governo e, anzi, hanno deciso di proseguire la lotta e coalizzarsi.

    D. – Come il Centrafrica, è giunto a questa crisi attuale?

    R. – Questa è una catastrofe annunciata, che affonda le radici nei primissimi mesi dell’indipendenza: il Paese è diventato indipendente nel 1960 e da quel periodo non ha mai conosciuto un momento di stabilità, né un buon governo. Da allora, il Paese è passato da un colpo di Stato all’altro ed ecco che si forma questa "galassia" di movimenti, di gruppi armati, che hanno carta bianca per il fatto che i vari governi che si sono succeduti non hanno mai detenuto il controllo sul territorio.

    D. – La Repubblica Centrafricana entro quale influenza è?

    R. – Sicuramente, l’influenza francese, che non è mai venuta meno e che, anzi, ha inciso in modo sostanziale sulle sorti del Paese. Io tendo sempre però a mettere l’accento sulle responsabilità interne: la devastazione di questo Paese è frutto, prima di tutto, dell’incapacità e anche dell’impossibilità di creare un’economia sana, di far nascere un ceto medio produttivo con tutto l’interesse ad assicurare la stabilità e il buon governo del proprio Paese. Per dare un’idea della situazione, da un altro punto di vista: la speranza di vita dalla nascita, in questo Paese, è di 48 anni e più o meno metà della popolazione è analfabeta. Ci sono problemi enormi in un Paese in queste condizioni, che è al 179.mo posto dell’indice dello sviluppo umano, quindi, è uno dei Paesi più poveri, più arretrati con un peggioramento progressivo della situazione verificatosi negli anni scorsi.

    D. – Quindi, è più un Paese da intervento umanitario, che da intervento diplomatico in questo momento...

    R. – Tutte e due le cose sono necessarie: quello umanitario è essenziale, vitale, con però delle difficoltà enormi, perché perfino le vie di comunicazione e di trasporto – al di là dell’insicurezza determinata dall’esistenza delle bande armate – sono problematici perché mancano le strade, le ferrovie, mancano tutte le infrastrutture che rendono possibile intervenire in termini pratici.

    inizio pagina

    Il 2012 e la crisi economica. L'analisi di Riccardo Moro

    ◊   2012: un anno vissuto in tutto il mondo all’ombra della crisi economica. Tante e pesantissime le ricadute sociali: dall’aumento della povertà e della disoccupazione all’incremento dei senza fissa dimora, fino all’abbattimento delle tutele sociali. E’ stata l’Europa a soffrire maggiormente, ma l’onda lunga della crisi si è abbattuta su tutti i continenti. Salvatore Sabatino ha chiesto un’analisi all’economista Riccardo Moro, a cominciare dal Vecchio continente:

    R. – Il bilancio sull’Europa è sempre un bilancio difficile da fare, pieno di punti interrogativi, perché continua la tensione tra la richiesta di forte rigore fiscale, promossa soprattutto dal governo tedesco, e la richiesta di politiche che diano stimoli espansivi, esattamente per produrre una ripresa e vincere la disoccupazione. Nel momento in cui lo Stato produce stimoli espansivi, deve spendere di più e allora deve indebitarsi; nel momento in cui lo Stato deve evitare di indebitarsi per ridurre la sua esposizione sui mercati, deve ridurre la possibilità di esprimere stimoli. In questo momento, ha prevalso la politica tedesca, anche se molto meno che non in passato, e di conseguenza abbiamo tuttora una vulnerabilità sociale pesante.

    D. – Non bisogna dimenticare che la crisi è iniziata negli Stati Uniti, impegnati – per la maggior parte del 2012 – nella campagna elettorale che poi ha portato alla rielezione di Obama; Stati Uniti che hanno un po’ sottovalutato la crisi. Oggi, si trovano di fronte al possibile mancato accordo sul "fiscal cliff": quali effetti ha avuto e potrà avere sull’economia americana, la crisi?

    R. – Più che sottovalutare la crisi, gli Stati Uniti hanno provocato la crisi con la gestione e l’amministrazione precedente, con politiche di deregulation dei mercati finanziari, che francamente erano dissennate, che poi hanno portato a quello che tutti conosciamo. Oggi bisogna dire che in quattro anni, pur con i vincoli da parte del partito repubblicano, Obama ha dato degli stimoli espansivi: non per nulla li paga in termini di esposizione debitoria. Oggi, la sfida è di poter continuare quelle politiche che non è possibile mettere in atto se non c’è un accordo in parlamento. Adesso, si dovrà veder se gli Stati Uniti riusciranno in questi giorni a raggiungere l’intesa tra democratici e repubblicani, proprio per superare il cosiddetto "fiscal cliff", cioè quella voragine che potrebbe aprirsi nel momento in cui l’intesa non ci fosse, perché entrerebbero in atto alcuni sistemi automatici di riduzione della spesa che impedirebbe, appunto, di finanziare tutto ciò che fino a questo momento gli Stati Uniti hanno fatto di positivo. La speranza, naturalmente, è che l’accordo si crei. Diciamo questo, in sintesi: sicuramente gli Stati Uniti godono di migliori strumenti di stimolo espansivo, che hanno avuto effetto e che speriamo, con l’accordo, possano durare anche per l’anno successivo. Dall’altra parte, complessivamente comunque godono di molte meno tutele rispetto a quelle che comunque in Europa sono state messe in atto per chi è in difficoltà.

    D. – Dall’altra parte, ci sono i Paesi in via di sviluppo – capofila la Cina – che invece continuano a essere in espansione anche se la crisi inizia a sentirsi anche lì. L’asse economico mondiale si è davvero spostato ad Oriente? E quanto la crisi ha impattato su questi Paesi?

    R. – Io direi poco, nel senso che certamente ha impattato riducendo le importazioni rispetto al trend precedente. C’è, però, una dinamica positiva. La cosa interessante è che molte di queste aree sono più integrate al loro interno rispetto al passato, e sono integrate fra loro senza aver bisogno dell’Europa e degli Stati Uniti. Se in passato le economie di queste aree dipendevano dalla capacità di vendere a noi materie prime e manifatture poco qualificate, oggi c’è un aumento dei mercati interni di queste aree, che fa sì che i loro trend economici spesso dipendano dagli stimoli che esistono lì, piuttosto che non da quello che noi diamo loro.

    D. – E infine, l’Africa: un continente che vive praticamente all’ombra di tutto, sulle pagine dei giornali solo – purtroppo – per le guerre o per le carestie. Ma la crisi ha impattato anche sul continente africano?

    R. – Decisamente sì. Non dimenticherei nemmeno l’area del Medio Oriente. In realtà, abbiamo queste due aree che sono, per certi aspetti, un po’ dimenticate, soprattutto per quanto riguarda il Medio Oriente e il Nord Africa, che non sono esportatori di petrolio, o almeno non sono grandi esportatori di petrolio. Sono certamente le aree che continuano a fare più fatica. Anche in questo caso direi, però, che sta nascendo un fenomeno per cui c’è una relazione economica molto più consistente rispetto al passato, con aree diverse da Europa, Stati Uniti e dallo stesso Giappone. Certamente, c’è un ruolo di protagonismo della Cina, ma ad esempio in una parte dei Paesi africani c’è una relazione anche con Paesi dell’America Latina: il Brasile, ad esempio, sta arrivando nei Paesi lusofoni… Tutto questo crea una condizione per cui le relazioni internazionali di questi Paesi possono essere costruite con aree che non stanno sentendo la crisi come la sentiamo noi. E’ vero, però, che le caratteristiche della povertà locale sono talmente forti, che richiedono tuttora politiche dedicate al loro interno, a prescindere da quelle che siano le condizioni internazionali.

    inizio pagina

    I partiti da Napolitano per le consultazioni

    ◊   La legislatura si sta chiudendo. Dopo le dimissioni di Monti, al Quirinale in mattinata son iniziate le consultazioni del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che ha ricevuto i presidenti dei vari gruppi parlamentari. Poi, il presidente della Repubblica scioglierà le Camere, firmando il relativo decreto. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Una formalità, le consultazioni di Napolitano, visto che il percorso verso le urne è già segnato. Il primo ad arrivare è stato il gruppo del Pdl. Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri hanno detto che Mario Monti deve mantenere il profilo di neutralità e terzietà “in una fase di confronto politico delicata e importante come quella attuale”. Per il Pd, rappresentato da Dario Franceschini e Anna Finocchiaro, Mario Monti va ringraziato per aver messo a disposizione del Paese la sua credibilità personale, ma ora l'Italia “dopo i sacrifici sostenuti merita una seconda fase con politiche riformiste”. Dunque, per il Pd “chi ha di più deve mettere di più a disposizione della comunità”. L’Udc chiede invece che, per “non vanificare gli sforzi degli italiani e le riforme fatte”, si continui “con forza il lavoro fatto dal governo Monti". Sulla stessa linea l’Api di Francesco Rutelli, mentre la Lega inviata Napolitano a sciogliere le Camere ed andare alle urne il 24 febbraio. Per l’Idv, le dimissioni andavano spiegate da Monti alla Camera.

    inizio pagina

    Il presepe ci unisce a Dio. Gli auguri del cardinale Bagnasco alla città di Genova

    ◊   Dio riempie la vita e colma la solitudine. E’ il pensiero che il cardinale arcivescovo di Genova, e presidente della Conferenza episcopale italiana, Angelo Bagnasco, ha formulato oggi nel messaggio di auguri alla città ligure in occasione del Natale. Francesca Sabatinelli:

    La presenza di Dio colma la solitudine delle persone, nessuno è solo nel mondo. Il cardinale Angelo Bagnasco si rivolge così ai credenti e con queste parole li invita a “sostare davanti al presepe delle case e delle chiese per risentire il calore di questa presenza”. Agli adulti, il porporato chiede di “guardare i bambini davanti al presepe, perché i bambini hanno quegli atteggiamenti spontanei di stupore e gioia, che gli adulti molte volte si vergognano di manifestare”. Il porporato sollecita gli italiani a “rinsaldare la compagnia tra gli uomini” perché ci sono "tante solitudini”, e si indirizza ai genovesi, abitanti di una “città di persone avanti con gli anni”. Ai fedeli chiede poi di “trovare uno sguardo di maggiore attenzione, una parola, un gesto, che possa continuare anche tutto l’anno”.

    Il cardinale Bagnasco non tralascia neanche di sostenere le persone in questo momento di crisi economica, dove però ci sono anche “delle luci che si intravedono, dei segnali di speranza”. Incita quindi a mettere insieme “intelligenze, onestà, responsabilità”, sprona a fare “veramente la propria parte, il proprio dovere, al meglio” e aggiunge: “Mettendosi sempre meglio in rete con gli altri è il modo per superare la crisi”. Consiglia quindi di non cedere “allo scoraggiamento, per nessun motivo e tutti possano, grazie a Gesù, ritrovare legami più stretti, vincoli più virtuosi, solidali, di benevolenza, sostegno e aiuto non solo dal punto di vista economico ma soprattutto affettivo, perché questa è la forza interiore che ogni persona cerca di fronte alle durezze della vita”. “Le ristrettezze della crisi che tutti conosciamo - conclude - penso che possano essere di invito e di stimolo, molto profondo, come avviene in famiglia”.

    inizio pagina

    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella quarta Domenica di Avvento, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Maria si reca in una regione montuosa per assistere l’anziana cugina Elisabetta, anch’ella incinta. Elisabetta, appena ode il saluto di Maria, sente il bambino sussultare nel suo grembo e, colma di Spirito Santo, esclama a gran voce:

    “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Ogni maternità è stupore. Quando poi due donne incinte si incontrano, lo stupore raddoppia. Lo esprime per prima Elisabetta, ma lo canterà con più slancio ancora Maria. Il Vangelo presenta due aspetti importanti del mistero del Natale ormai vicino. Maria che si affretta per aiutare Elisabetta appare come la serva generosa della Parola che in lei si sta componendo misteriosamente come carne umana e persona vivente. Maria ora si fa arca santa della promessa realizzata, in movimento nella speranza verso la rivelazione della promessa, come fa ogni pio israelita. La sua fretta anticipa il senso di urgenza e di protagonismo che avrà anche la Parola fatta carne, che è Gesù: urgenza di aprire gli occhi e i cuori alla presenza del Regno, urgenza per portare a compimento i disegni del Padre, urgenza che deve animare i discepoli per arrivare fino ai confini della terra. La risposta felice di Elisabetta mette insieme stupore e gioia, a cui partecipa anche il figlio che nel grembo esulta scalciando. Maria è beata fra le donne per una maternità che ogni donna israelita sognava, ma soprattutto beata perché in lei alleanza e promessa si sono fatte realtà e dono pieno, per il bene dell’umanità. Buone feste di Natale!

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Betlemme: migliaia di pellegrini per Natale. Ma continua l'esodo dei cristiani

    ◊   Come ogni anno un clima di festa accompagna le celebrazioni natalizie a Betlemme, il luogo di nascita di Gesù. Malgrado i tragici avvenimenti a Gaza e le tensioni in Medio Oriente - riporta l'agenzia AsiaNews - circa 75mila pellegrini sono attesi nei prossimi giorni in Terra Santa. Samir Qumsieh, giornalista e direttore della televisione cattolica Al-Mahed Nativity Tv Station di Betlemme, sottolinea che dall'inizio della settimana la città è bloccata dal traffico e tutte le strade e piazze sono decorate con luci e addobbi. "Qui tutti festeggiano il Natale - racconta il giornalista - Betlemme è a maggioranza musulmana e la comunità islamica partecipa in modo attivo alle varie iniziative che caratterizzano tutto il periodo". Giovedì centinaia di palestinesi, cristiani e musulmani, hanno assistito all'accensione dell'albero di Natale nel centro della città. Alle celebrazioni hanno partecipato Salam Fayyad, Primo ministro dell'Autorità Nazionale palestinese (Anp) e altre personalità politiche. Il 24 dicembre, Abu Mazen, presidente dell'Anp, parteciperà alla Messa di mezzanotte nella chiesa della Natività. Secondo Samir Qumsieh, il clima positivo di questi giorni è solo una parentesi se paragonato alla situazione quotidiana vissuta dai cristiani della Terra Santa, in particolare nei territori palestinesi. "La partecipazione delle personalità politiche alle celebrazioni per il Natale - afferma - non basta a tranquillizzare i cristiani di Betlemme, che a causa delle condizioni economiche e della discriminazione sociale continuano ad emigrare". "Noi - spiega - siamo allo stesso tempo vittime della divisione fra Hamas e al-Fatah e delle politiche repressive di Israele. Non possiamo più vivere ancora molto in queste condizioni". I cristiani si trovano al centro di questa controversia e la loro voce è sempre più flebile. "Purtroppo - dichiara il giornalista - la crescita del fondamentalismo islamico armato in Medio oriente non aiuta. dopo l'esodo dall'Iraq, le chiese cristiane rischiano di scomparire anche dalla Siria. In Terra Santa siamo ormai una piccola percentuale che continua a diminuire". Dal 1967 a oggi circa il 35% della popolazione cristiana palestinese è emigrato all'estero e si ritiene che nel 2020 essi rappresenteranno solo l'1,6% della popolazione totale. La maggioranza delle famiglie cristiane vive soprattutto grazie al turismo legato ai pellegrinaggi religiosi, che dà lavoro a migliaia di persone. Mercoledì scorso, la Commissione episcopale per i Pellegrinaggi dell'Assemblea degli ordinari Cattolici aveva lanciato un appello per incoraggiare i pellegrini a visitare la Terra Santa: "Non abbiate paura di venire a visitare la vostra Chiesa Madre. L'itinerario del vostro pellegrinaggio è sicuro e lontano dai pericoli". Il ministero israeliano del Turismo ha dichiarato che il 24 e il 25 dicembre offrirà il trasporto gratuito dei turisti da Gerusalemme a Betlemme, garantendo bus navetta ogni 15- 20 minuti. Per il 2012, le autorità sperano di raggiungere il record di 3,3 milioni di visitatori, quasi 1 milione in più rispetto al 2011. Di questi oltre il 60% sono pellegrini cristiani, che come confermato dallo stesso ministero, rappresentano la più grande risorsa per il turismo israeliano e palestinese. La presenza dei cristiani e dei pellegrini in Terra Santa è una risorsa anche per il dialogo interreligioso. Lo scorso 18 dicembre, mons. Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme ha inaugurato l'albero di Natale posto per la prima alla porta di Jaffa, nella città vecchia. La cerimonia che ha riunito diversi vescovi, sacerdoti, religiosi e laici ha attirato anche molti ebrei e musulmani. (R.P.)

    inizio pagina

    Iraq. Imam di Kirkuk: la visita dell’inviato del Papa in moschea, momento “storico e forte”

    ◊   Un momento "storico e forte", del quale "gli siamo grati". Così l'imam della grande moschea di Kirkuk Ahmad Hami Amin, nell'omelia tenuta ieri in occasione del venerdì di preghiera islamico, ha voluto ricordare la recente visita dell'inviato del Papa. Il 16 dicembre scorso - riferisce l'agenzia AsiaNews - il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, il nunzio apostolico in Iraq mons. Giorgio Lingua e l'arcivescovo mons. Louis Sako hanno incontrato le più alte personalità musulmane sunnite e sciite della città, assieme a moltissimi fedeli. Il porporato vaticano è stato inoltre ricevuto da Najm Alddin Karim, governatore di Kirkuk, città del nord - ricca di giacimenti petroliferi e gas naturali - al centro di un'aspra contesa fra arabi, curdi e turcomanni. Nel suo intervento di ieri, il leader islamico ha sottolineato che la visita è stata un "momento storico e forte", che "esprime il rispetto dei cristiani per i musulmani". L'imam della grande moschea cittadina ha quindi preso, come esempio, un fatto che risale ai tempi di Maometto. "Questo incontro - ha detto Ahmad Hami Amin - è equiparabile alla visita dei cristiani di Etiopia al profeta Maometto, durante il soggiorno a Medina all'inizio dell'islam". Per il massimo rappresentante della moschea di Kirkuk, il cardinale Sandri ha portato - nel contesto di una più ampia missione pastorale e diplomatica in Iraq - a "tutti gli irakeni, a nome del Papa il messaggio di pace", incoraggiando le diverse parti "al dialogo per risolvere i problemi". Ahmad Hami Amin ricorda infine "l'appello lanciato" dal porporato a "musulmani e cristiani", invitandoli a essere sempre più "fattori per la Pace". "Dobbiamo imparare continuamente a costruire la pace - ha concluso il leader islamico - soprattutto in questo tempo difficile e pieno di tensioni". (R.P.)

    inizio pagina

    Iraq: timori e speranze dei cristiani per il Natale

    ◊   La Chiesa irakena si avvicina al Natale fra timori di possibili violenze, ansia per le condizioni di salute del presidente Jalal Talabani e la speranza per un futuro di pace in una nazione ancora oggi sconvolta da tensioni, attentati e guerre di potere. Il capo di Stato - riferisce l'agenzia Asianews - giovedì è stato trasferito in Germania per nuove cure, dopo l'inctus che lo ha colpito il 17 dicembre scorso. Ad alimentare la situazione di incertezza le dimissioni - accolte da Benedetto XVI - del cardinale Emmanuel Delly dall'ufficio di Patriarca di Babilonia dei Caldei, la comunità più popolosa e rappresentativa in Iraq. Al successore, eletto nel sinodo dei vescovi convocato dal papa a Roma per fine gennaio 2013, il compito di condurre una Chiesa segnata da divisioni e paure, ridando fiducia a una comunità più che dimezzata dall'invasione statunitense del 2003, che ha portato alla caduta di Saddam Hussein. Mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, spiega ad AsiaNews che "i cristiani irakeni sono preparati" alle difficolta, che "sono costretti a subire da anni". Il prelato auspica che il Natale alle porte sia occasione "per avverare quanto hanno detto gli angeli: pace in terra". Pace e sicurezza in Iraq, aggiunge, sono infatti l'augurio più sentito e sincero fra i cristiani, con l'auspicio che siano estesi "al Medio Oriente in generale e a tutto il mondo". Le chiese della capitale, continua mons. Warduni, "stanno allestendo presepi, alberi di Natale" e i sacerdoti preparano la messa, che "non si terrà a mezzanotte, ma alle 7 di sera per facilitare la presenza dei fedeli e garantire maggiore sicurezza". Per quanto concerne la situazione politica, il prelato conferma che "persistono divisioni fra nord, centro e sud, acuite dalla malattia del presidente", ma "noi tutti speriamo che le cose andranno meglio". Infine un accenno al nuovo, futuro leader della Chiesa caldea irakena: "Vogliamo un Patriarca - conclude mons. Warduni - che faccia la volontà di Dio per il bene della sua Chiesa. Tutti dovremo collaborare con lui, all'insegna dell'unità e dell'amore di Dio, rafforzando gli elementi di cooperazione e dialogo". Sul futuro dell'Iraq e le responsabilità del nuovo Patriarca interviene anche mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, nel nord, secondo cui sarà fondamentale la scelta di "un buon pastore, che lavora per l'unità dei cristiani". Il nuovo leader, aggiunge, dovrà "guardare anche alle riforme pastorali, liturgiche, mettere mano alla struttura delle diocesi, soprattutto quelle piccole". Egli sarà chiamato a fornire segnali di "rinnovamento a tutti i livelli, anche per ciò che concerne la formazione dei seminaristi, i laici, i religiosi, la spiritualità". A livello nazionale, continua il prelato, deve giocare "un ruolo positivo nella riconciliazione" e dar vita anche a una "curia patriarcale: un lavoro che fa paura, per questo servirà qualcuno che viene dal cielo". Mons. Sako si augura infine che i fedeli possano vivere un Natale di "fiducia e di speranza" nel futuro, nonostante le tensioni e le incertezze che contraddistinguono la realtà odierna, "Preghiamo per il Paese - conclude - perché gli irakeni possano vivere assieme senza violenze, paura. La nazione deve svilupparsi e non può più permettersi di perdere nuove occasioni". (R.P.)

    inizio pagina

    Pakistan: musulmano linciato e bruciato vivo per blasfemia

    ◊   Una folla di oltre 200 persone ha picchiato a sangue e poi bruciato a morte un musulmano, perché sospettato di aver dissacrato alcune pagine del Corano. L'omicidio - riferisce l'agenzia AsiaNews - è accaduto questa mattina nel villaggio di Seeta, (distretto di Sindh). La vittima, non ancora identificata, era in stato di fermo per un'accusa di blasfemia nella stazione locale di polizia, quando l'orda ha fatto irruzione e ha trascinato via l'uomo per farsi giustizia da sola. Al momento, le forze dell'ordine hanno arrestato 20 persone. Secondo il racconto dell'imam Usma Memon, l'uomo era di passaggio nel villaggio. "Il 20 dicembre - spiega - ha chiesto ospitalità per la notte nella nostra moschea. Prima di andare a dormire ha pregato. La mattina seguente, alcuni fedeli hanno trovato alcune pagine del Corano bruciate". Sospettando che il viaggiatore fosse responsabile, essi lo hanno portato dalla polizia di Rajo Dero e registrato a suo carico una denuncia per blasfemia. La notizia del suo arresto si è diffusa presto: più di 200 persone hanno forzato la stazione di polizia, hanno preso l'uomo, e davanti a 12 agenti lo hanno picchiato e poi dato alle fiamme. Il commissario locale, Usman Ghani, ha dichiarato che i 10 poliziotti presenti sono stati sospesi e denunciati per negligenza. Le 200 persone sono state denunciate in base agli art. 302 (omicidio) e 353 (ostruzione e resistenza a pubblico ufficiale) del Codice penale pakistano. Introdotte nel 1986 dal generale Zia-ul-haq per soddisfare le richieste della frangia estremista islamica, le leggi sulla blasfemia hanno causato sinora l'incriminazione di almeno 1000 persone e la morte di 60, la maggior parte delle quali vittime di omicidi extra-giudiziali compiuti da folle inferocite (come in quest'ultimo caso) o singoli individui. Tanti i cristiani vittime della "legge nera": è esemplare il caso di Asia Bibi, bracciante cristiana arrestata nel 2009 e dal 2010 nel braccio della morte. (R.P.)

    inizio pagina

    Giordania, aprirà secondo campo profughi siriano. Caritas: nel 2013 rischio esodo di massa

    ◊   Nei prossimi giorni sarà aperto il secondo campo Onu destinato a accogliere in territorio giordano i profughi in fuga dalla Siria. Lo conferma all'agenzia Fides il direttore di Caritas Giordania, Wael Suleiman. La nuova struttura sorge a venti chilometri da Zarqa, potrà ospitare 45mila persone e la priorità nell'accoglienza verrà riservata a donne e bambini. “Il campo di Zarqa” spiega Suleiman “aiuterà a decongestionare la situazione creatasi nel campo di Zaatari, collocato in pieno deserto, dove il freddo e le condizioni promiscue peggiorano di giorno in giorno la diffusione di patologie che colpiscono soprattutto i bambini e gli anziani”. Anche nel nuovo campo la Caritas animerà attività assistenziali e educative rivolte in particolare ai bambini. Il numero dei profughi siriani in Giordania si va avvicinando velocemente alla quota dei 300mila. Ogni giorno varcano i confini con il Regno hascemita dai 500 ai mille fuggitivi. E a detta di Suleiman e degli altri operatori, il peggio deve ancora arrivare: “La situazione in Siria peggiora, e il conflitto potrebbe presto coinvolgere in maniera massiccia l'area densamente abitata di Damasco e dei suoi sobborghi. A inizio 2013 potrebbe scatenarsi un esodo di massa da quelle zone. E quello con la Giordania è il confine più facile da raggiungere, per chi vuole fuggire”. Il direttore di Caritas Giordania registra a questo riguardo un indizio sintomatico: l'Onu finora finanziava i progetti di assistenza con scadenze perlopiù trimestrali. Ora i finanziamenti vengono calcolati su tempi più lunghi, da sei mesi a un anno. “Tutti sanno che i profughi non potranno tornare presto nel proprio Paese, anche se finisce la guerra. La Siria è distrutta, e per ricostruire le condizioni di una possibile convivenza ci vorranno anni. Forse decenni”. Suleiman conferma che anche in Giordania si registra il fenomeno dei ricchi arabi provenienti dai Paesi del Golfo per reclutare “spose bambine” tra le file dei profughi siriani. Ma fa notare che nella cultura prevalente in ampie fasce della popolazione, tale prassi viene percepita come una forma di beneficienza: “tempo fa” racconta il direttore della Caritas “si è celebrato un matrimonio nel campo di Zaatari. La sposa era una ragazza di non più di quindici anni. E tutti erano contenti. Il ricco sconosciuto che la sposava era considerato da tutti un benefattore”. Tra i profughi siriani, alcuni di fede cristiana hanno trovato lavoro presso le strutture operative di Caritas Giordania. “Per loro si avvicina un Natale che molti vivranno col cuore affranto”, nota Suleiman. “Proprio ieri” aggiunge il direttore di Caritas Giordania “uno di loro mi ha detto: con il lavoro che faccio con voi, mi trovo a assistere alcuni che sostenevano i ribelli. Io ero contro i ribelli. A causa loro sono dovuto scappare e la vita di tutta la mia famiglia è stata sconvolta da sofferenze e difficoltà. Ma proprio così sento di vivere davvero il tempo del Natale. Aiutando quelli che dovrei considerare come nemici”. (R.P.)

    inizio pagina

    Indonesia: a Java islamisti contro i cattolici. Celebrazioni di Natale a rischio

    ◊   Natale a rischio per i cattolici indonesiani della reggenza di Ungaran, nello Java centrale, finiti nel mirino degli estremisti del Fronte di difesa islamico (Fpi). A causa della contiguità fra la locale grande moschea e la centrale piazza Sidomulyo, dove sono in programma Messe e altri momenti di preghiera, i fondamentalisti hanno minacciato di "smantellare" tutte le celebrazioni in caso di necessità. La comunità musulmana - riporta l'agenzia AsiaNews - ha già annunciato un grande incontro in moschea, proprio nel pomeriggio della vigilia. A lanciare "l'avvertimento" contro i cristiani è stato Jindan Bahrul, figura di primo piano dell'Fpi nello Java centrale. Egli ha affermato che una Messa, all'aperto, proprio di fronte a un edificio di culto musulmano "non è un buon esempio di tolleranza" interreligiosa, in vista del Natale. Egli ha aggiunto che "esistono tuttora altre sistemazioni possibili", suggerendo infine di "andarsene da un'altra parte". La massiccia riunione di preghiera, in programma per la vigilia di Natale, si terrà nella grande moschea di Ungaran e servirà - secondo gli intenti - a "smantellare" le velleità dei cristiani. Tuttavia, la polizia della reggenza ha annunciato che qualsiasi iniziativa degli islamisti verrà bloccata, anche ricorrendo "all'uso della forza" in caso di estrema necessità. La risposta delle istituzioni è sostenuta, sebbene in forma anonima per scongiurare ritorsioni, anche da una figura di primo piano interna alla moschea di Ungaran. I vertici dell'amministrazione pubblica chiariscono che la comunità cattolica ha "da tempo" chiesto e ottenuto i permessi per le celebrazioni natalizie. "Abbiamo discusso con prudenza la loro domanda - afferma l'alto funzionario Abdullah Maskur - e abbiamo deciso di rilasciare i permessi, previa consultazione con le controparti". L'Indonesia è la nazione musulmana più popolosa al mondo e, pur garantendo fra i principi costituzionali la libertà religiosa, diventa sempre più teatro di attacchi e violenze contro le minoranze, siano essi cristiani, musulmani ahmadi o di altre fedi. Nella provincia di Aceh - unica nell'Arcipelago - vige la legge islamica, la Shariah, e in molte altre aree si fa sempre più radicale ed estrema la visione e l'influenza della religione musulmana nella vita dei cittadini. Inoltre, alcune norme come il permesso di costruzione - il famigerato Imb - vengono sfruttate per impedire l'edificazione o mettere i sigilli a luoghi di culto cristiani, come avviene da tempo nella reggenza di Bogor, nel West Java, contro i fedeli della Yasmin Church. (R.P.)

    inizio pagina

    Kampala: sospesi i colloqui di pace tra governo del Congo e ribelli M23

    ◊   Sono stati sospesi e rinviati a gennaio i colloqui in corso a Kampala tra il governo della Repubblica democratica del Congo e i ribelli del Movimento del 23 Marzo. Lo ha riferito il ministro della Difesa ugandese, Crispus Kiyonga, che sta mediando le trattative. Cominciati lo scorso 9 dicembre, i colloqui non hanno finora portato a significativi passi avanti né a un reale avvicinamento delle posizioni. Secondo lo stesso Kiyonga nessuna delle due parti ha finora affrontato la sostanza del problema e gli elementi di contrapposizione. I negoziati dovrebbero riprendere a gennaio ma le discussioni di oggi si sono concluse senza un accordo sul programma, ha detto il ministro ugandese. I ribelli contestano la mancata applicazione degli accordi di pace tra Kinshasa e i ribelli del Cndp (di cui l’M23 è diretta emanazione) firmati il 23 marzo del 2009. Una contestazione che ha assunto i caratteri di una avanzata militare fino al capoluogo del Nord Kivu, Goma, conquistato e poi abbandonato lo scorso 1° dicembre. Il governo denuncia invece interferenze straniere e sostiene che l’M23 non si è ancora ritirato da Goma. (R.P.)

    inizio pagina

    Natale, messaggio di Bartolomeo I: realizzare la pace che ha portato Gesù Bambino

    ◊   La pace è venuta sulla Terra attraverso la riconciliazione di Dio e degli uomini nella persona di Gesù, ma noi uomini sfortunatamente non ci siamo riconciliati tra noi, per questo sulla Terra vediamo e viviamo ancora guerre e minacce di guerre. Questo il cuore del messaggio che il Patriarca ortodosso ecumenico Bartolomeo I ha inviato in occasione del Natale imminente: da qui la preghiera al Signore affinché tutte le persone di buona volontà e dei governi collaborino per la realizzazione della pace sulla terra, “quella pace che gli Angeli hanno annunciato e che il Bambino Gesù ha portato”. “Esortiamoci gli uni gli altri – ha scritto – affinché, come individui e come popoli, facciamo coscienti sforzi per mitigare le conseguenze umane delle grandi disuguaglianze e perché venga riconosciuto il diritto di tutti i più deboli di godere dei beni indispensabili per la vita dell’uomo”. Facendo proprie le parole di San Basilio sui “due principali comandamenti della carità” che sono “l’essere pieni di afflizione per ciò che è dannoso per la persona che amiamo e il gioire per quello che possiamo fare a suo vantaggio”, inoltre, il Patriarca ha proclamato il 2013 ormai prossimo Anno della Solidarietà universale, nella speranza di “sensibilizzare diversi cuori della comunità umana sul problema della grande e immensa povertà e sulla necessità di adottare misure per alleviare gli affamati e i poveri”. Infine, Bartolomeo I si è soffermato anche sulla crisi morale in atto e alla quale “purtroppo l’umanità non dà la dovuta importanza”. (R.B.)

    inizio pagina

    Nigeria: per mons. Kukak grave debolezza dello Stato nel punire i criminali

    ◊   “Non dobbiamo confondere la grave debolezza di uno Stato incapace di contenere e punire i criminali, con la natura dei rapporti tra cristiani e musulmani”. Lo ha detto mons. Mattew Hassan Kukah, vescovo di Sokoto - diocesi suffraganea dell’arcidiocesi di Kaduna, in Nigeria, parlando ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) degli attacchi della setta fondamentalista islamica Boko Haram a cristiani e musulmani. “Più volte negli ultimi venti anni si sono verificati nel nostro Paese attacchi contro le Chiese - spiega - ma gli attentati di Boko Haram hanno alzato notevolmente il livello di preoccupazione”. Per mons. Kukah - riporta l'agenzia Sir - la volontà di veder applicata la sharia come fonte principale di diritto in tutto il Paese - attualmente è tale solo in 12 dei 36 Stati nigeriani - non è che un pretesto utilizzato dalla setta per “nascondere i propri atti criminali. L’adozione della legge coranica è la prima causa di tensione tra cristiani e musulmani ed è probabilmente per questo che i fondamentalisti l’hanno scelta come obiettivo. Negli Stati del Nord - continua mons. Kukah - i cristiani sono tuttora considerati dallo Stato alla stregua di stranieri. A Kaduna e Kano ci sono fino a 20 Chiese in una sola via. Mentre in altre zone, abitate anche da cristiani, non è permesso costruirne”. Nel Nord del Paese c’è inoltre il divieto di insegnare religione nelle scuole, l’impossibilità di accedere agli impieghi pubblici, ai patrocini e perfino ai mezzi di comunicazione di proprietà statale. “Dietro alle violenze - afferma - vi è la mancata applicazione dei principi della Costituzione e l’assenza di leggi che favoriscano i diritti umani e la cittadinanza su ogni altra forma d’identità. Piuttosto che discutere dei rapporti tra cristiani e musulmani dovremmo affrontare il dramma di vivere in una nazione al di sotto della soglia costituzionale”. La democrazia nigeriana, osserva il vescovo, è fiaccata dalla corruzione e dal “dilagare di ogni impunità”: “Un solido e onesto sistema giudiziario punirebbe i criminali, qualunque siano le motivazioni dietro cui si nascondono. È questa l’unica via per guarire le ferite infette che in Nigeria hanno logorato i rapporti tra cristiani e musulmani”. (R.P.)

    inizio pagina

    Sud Sudan: il vescovo di Wau dopo i recenti scontri invita a rispettare il Natale

    ◊   Rispettate la nascita di Gesù e lo Spirito di Dio, rispettando la vita e la dignità del prossimo. È l’appello lanciato da mons. Rudolf Deng Majak, vescovo di Wau, capitale del Bahr el Ghazal occidentale (Sud Sudan), sconvolta da alcuni giorni da violenti scontri intercomunitari. Il 19 dicembre almeno 12 persone sono state uccise quando migliaia di giovani Dinka hanno attaccato alcuni appartenenti alla tribù Balanda, saccheggiando e bruciando abitazioni e negozi. Per sfuggire alle violenze migliaia di persone si sono rifugiate nella sede locale della Missione Onu in Sud Sudan (Minuss). La tensione a Wau risale al 9 dicembre, quando l’esercito ha sparato sui dimostranti - uccidendo 10 persone - che protestavano per il trasferimento della sede delle autorità del Bahr el Ghazal occidentale da Wau a Bagare, una piccola città nelle vicinanze. Nel suo appello Mons. Deng invita la popolazione al pentimento ed alla preghiera, per prepararsi all’arrivo di Gesù, e afferma di pregare perché il 2013 sia un anno di pace per il mondo, e in modo particolare per Wau. (R.P.)

    inizio pagina

    Pakistan: partito musulmano promuove incontro su Gesù pro minoranze religiose

    ◊   Il partito “Pakistan Muslim League-Q”, di chiara ascendenza islamica, ha organizzato un incontro interreligioso, in occasione del Natale, dedicato alla figura di Gesù Cristo – considerato un Profeta dalla religione islamica – riconoscendo l’importanza della comunità cristiana che in Pakistan rappresenta il 3% della popolazione. Come riferiscono fonti dell'agenzia Fides, all’incontro, tenutosi nei giorni scorsi a Islamabad, hanno partecipato numerose autorità civili e leader musulmani e di altre religioni. Fra i cristiani, Akram Masih Gill, ministro di stato per l’Armonia nazionale, eletto nelle liste della PML-Q, dato il sistema in vigore, che impone di riservare alcuni seggi, per ogni partito alle minoranze. Tema centrale: l’urgenza di porre fine alla discriminazione dei cristiani e delle minoranze religiose, garantendo a tutti i cittadini, di ogni comunità religiosa, i diritti previsti nella Costituzione. Secondo Chaudhry Shehzad, esponente musulmano del partito, “non bisognerebbe nemmeno usare il termine ‘minoranze’, perché esso stesso è discriminatorio”. Come avviene in molte altre sedi e occasioni, le celebrazioni natalizie in Pakistan hanno un carattere interreligioso. A Essa Nagri, il quartiere–ghetto di Karachi, dove vivono oltre 50mila cristiani in condizioni di estrema miseria e sofferenza, in vista del Natale 2012 leader e fedeli musulmani si sono uniti alle famiglie cristiane locali. In un incontro tenutosi il 15 dicembre, un'assemblea islamo-cristiana di oltre 2.000 persone ha discusso e invocato la pace. I musulmani hanno espresso solidarietà ai residenti del travagliato sobborgo, preso di mira da gruppi estremisti islamici che agiscono indisturbati, e dove nei mesi scorsi si sono registrati quattro morti e diversi feriti. “Essa Nagri – ha detto a Fides padre Younas Javed, sacerdote cattolico locale – significa ‘Città di Gesù’ e, per un giorno davvero è divenuta una nuova Betlemme, dove Cristo è nato fra la sofferenza, portando un messaggio di gioia e di speranza”. Anche Al “Dominican Peace Center” di Lahore, che promuove attivamente il dialogo interreligioso, il 20 dicembre si è tenuta una celebrazione natalizia interreligiosa, che ha riunito 150 fra cristiani, musulmani, indù e bahai, riunitisi in amicizia e fraternità, per dare un segno visibile di pace. “La venuta di Cristo porta riconciliazione fra l’Uomo e Dio. Cristo nasce nei cuori e genera compassione per l’umanità”, ha sottolineato padre James Channan, direttore del Centro. (R.P.)

    inizio pagina

    Vietnam: assistenza dei cattolici ai bimbi poveri per un Avvento di solidarietà

    ◊   Nelle settimane di Avvento in preparazione al Natale, diverse associazioni cattoliche dell'arcidiocesi di Ho Chi Min City - assieme alla Caritas - hanno promosso iniziative di solidarietà, molte delle quali dedicate soprattutto a un migliaio di bambini bisognosi e agli anziani. L'opera missionaria ha coinvolto numerose realtà, fra le quali i Legionari di Cristo e l'Associazione delle madri cattoliche, con attività pastorali e incontri di preghiera. L'attenzione - riferisce l'agenzia AsiaNews - si è concentrata nei distretti più poveri della ex Saigon, dove si sono tenute distribuzioni di riso, noodles, dolci e latte. I volontari della Caritas hanno assistito sacerdoti, suore e laici nell'opera missionaria, che ha toccato i settori più arretrati e problematici dell'arcidiocesi. La zona occupa una gran parte del distretto di Can Gio, area umida e ricca di acque alcaline e abitata in prevalenza da persone indigenti, che faticano a trovare ogni giorno cibo da dare ai figli. Il lavoro di assistenza riguarda l'intera comunità, abbracciando cattolici e non. Tra le diverse iniziative avviate negli anni, vi è anche il Centro sociale di Thanh Tam, gestito da suore, che fornisce alloggio e istruzione a 40 bambini affetti da disabilità e altri 60 con difficoltà di vario genere. Molti di loro, in passato, erano costretti a percorrere decine di chilometri per andare a scuola; le religiose offrono loro assistenza e cura, per facilitarne il percorso educativo. "Le feste di Natale - sottolinea padre Francis Assisi Hoang Minh Duc, della Caritas di Saigon - sono per loro motivo di grande gioia". Il comune di An Thoi Dong, che oggi è anche una piccola parrocchia, è parte del distretto di Can Gio, dove vivono poco più di 55mila persone la maggior parte delle quali non è cattolica. Dopo un lungo periodo in cui la religione era bandita e dominava l'ideologia atea e comunista, ora la zona è teatro di una rinascita religiosa che tocca anche il cristianesimo. Come conferma l'arcidiocesi di Saigon, prima del duemila vi era solo un piccolo numero di fedeli; grazie all'opera di evangelizzazione di preti, laici e religiose oggi la comunità si è ingrandita, con 900 battesimi e circa un centinaio di nuovi catecumeni ogni anno. "Nel 1993 - racconta padre Stefano Chan Tin, sacerdote locale - ero agli arresti domiciliari per volere del governo comunista. Ogni venerdì e sabato potevo recitare una messa in una abitazione privata". Ora la situazione è cambiata, tanto che nel 2006 è sorta la prima parrocchia e oggi "i cattolici sono oltre 300". (R.P.)

    inizio pagina

    Inghilterra. Mons. Nichols: "La storia del Natale non sarà zittita"

    ◊   Un riferimento a un film molto popolare, che la maggior parte delle famiglie inglesi guardano, a Natale, da ormai trent’anni e alla forza del messaggio natalizio, che “porta conforto nelle avversità, coraggio nelle difficoltà e speranza anche nella notte più buia”. Così - riferisce l'agenzia Sir - il Primate cattolico Vincent Nichols, leader della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, ha ricordato, durante il programma radiofonico del mattino del secondo canale della Bbc, “Chris Evans breakfast show”, il significato delle prossime festività. “La storia “The snowman”, ovvero “Il pupazzo di neve””, ha spiegato mons. Nichols, “ha qualcosa di molto durevole che fa appello al nostro desiderio di innocenza e bontà. La storia di Natale ha una qualità anche più forte di resistenza perché, benché raccontata molte volte, porta conforto nelle avversità e speranza anche nella notte più buia. Ci viene detto che in questo Paese il numero di cristiani - persone che considerano la nascita di Gesù come un avvenimento cruciale in tutta la storia umana - va diminuendo. Tuttavia questa storia non sarà zittita”, ha detto il Primate cattolico. “La sua verità è più forte della dimenticanza, del ridicolo o della persecuzione. Gesù, a differenza del pupazzo di neve, è l’amico che non ci lascia mai, che rompe anche quell’ultima separazione che è la morte”. (R.P.)

    inizio pagina

    Francia: appello dell’Accademia cattolica per i cristiani d’Oriente

    ◊   “Sia rispettato il diritto dei cristiani d’Oriente ad esercitare pienamente la cittadinanza ed a praticare liberamente la religione”: è quanto chiede, in una nota ufficiale indirizzata al governo francese, l’Accademia cattolica di Francia. “La tragica situazione continuamente imposta da più decenni ai cristiani nati e residenti in Medio Oriente - si legge nel testo – ha raggiunto ormai un livello di disumanità intollerabile”. Di qui, l’auspicio dell’Accademia affinché ci sia “un risveglio immediato delle coscienze ed un’accelerazione nelle decisioni politiche ed associative”. Descrivendo poi la vita quotidiana dei cristiani d’Oriente e denunciando il loro status “a parte” là dove prevale l’Islam, l’Accademia cattolica sottolinea che “è in gioco anche la presenza del cristianesimo nella sua terra d’origine, risalente a due secoli fa”. Infine, la nota ribadisce che i cristiani d’Oriente sono per l’Occidente “un modello di solidarietà e fraternità” ed è quindi auspicabile che “il governo francese e l’Unione Europea si mobilitino per il rispetto della libertà religiosa”. Inaugurata ufficialmente il 23 ottobre 2009, l’Accademia cattolica di Francia ha sede nel Collège des Bernardins, acquisito dall'arcidiocesi di Parigi nel 2001 e si pone, tra i suoi obiettivi, quello di rilanciare il dialogo fra teologi, filosofi e scienziati di tutti gli orizzonti, aprendosi a uomini e donne di altre religioni e ai non credenti. (I.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 357

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.