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Sommario del 19/12/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienza generale. Il Papa: l'umiltà del Dio Bambino e di Maria vincono le potenze del mondo
  • Nuovi tweet del Papa: la fede ha momenti di luce ma anche di buio, lasciati guidare dalla Parola di Dio
  • Il Papa accetta la rinuncia del patriarca caldeo Emmanuel III Delly
  • Rinuncia e nomina episcopale nelle Isole Fiji
  • L'incontro del cardinale Filoni con la realtà viva della Chiesa del nord Uganda
  • Campagna "Why Poverty?": gli aiuti della Chiesa per i poveri dell'America Latina
  • Mons. Zimowski: le politiche sanitarie nazionali rischiano di rendere disumani gli ospedali
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: ancora vittime. Per i mediatori, Assad non è parte del futuro del Paese
  • Egitto. Opposizione ancora in piazza contro Costituzione e referendum
  • Pakistan: sospese vaccinazioni antipolio dopo gli ennesimi eccidi di volontari
  • Senato dice “sì” a sale da poker. Mons. Solmi: si incentivano le ludopatie
  • Censimento. Crescono residenti in Italia: 59, 4 milioni grazie all'aumento degli stranieri
  • Il direttore del Gemelli, Guizzardi: i tagli alla sanità mettono a rischio il nostro servizio
  • Il cardinale Bagnasco: i cittadini siano sempre più esigenti verso i politici, mai rassegnati
  • Roma. Proiezione di "Mohamed e il pescatore", film-denuncia sul dramma delle morti in mare degli immigrati
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Centrafrica: intervento dell’esercito del Ciad contro l’avanzata dei ribelli
  • Filippine: vescovi duri contro il presidente Aquino per legge su salute riproduttiva
  • Irlanda: per i vescovi la legge sull’aborto altera equilibrio tra i diritti di madre e figlio
  • Brasile: assassinato padre Eduardo Texeira nel Rio Grande do Sul
  • Libano: il nuovo Patriarca ortodosso incontra il presidente Sleiman
  • Siria. Messaggio del patriarca Gregorios III: "Riconciliazione per arrivare alla pace"
  • Terra Santa: Ordinari cattolici invitano i fedeli a non abbandonare i pellegrinaggi
  • Argentina: incontro cordiale tra i vescovi e la presidente Kirchner
  • Regno Unito: presentate le linee-guida per i matrimoni tra cristiani e musulmani
  • Canada: solidarietà dei vescovi per le vittime della sparatoria di Newtown
  • Canada: Messaggio dei vescovi per il Natale
  • Nuovi accordi tra Sudan e Sud Sudan
  • Sri Lanka: 20 mila persone colpite dalle inondazioni
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienza generale. Il Papa: l'umiltà del Dio Bambino e di Maria vincono le potenze del mondo

    ◊   La verità del Natale è che “l’indifesa potenza” di un Bambino “vince il rumore delle potenze del mondo”. Con questa considerazione, Benedetto XVI ha concluso questa mattina in Aula Paolo VI la 43.ma e ultima udienza generale del 2012, dedicando la catechesi alla riflessione sulla fede mostrata da Maria nell’arco della sua vita. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    L’inizio del Vangelo è un saluto. “Rallegrati, piena di grazia”. Benedetto XVI apre la sua meditazione sulla fede di Maria partendo da quel giorno di Nazareth, in cui le parole di un angelo raccontano che la storia umana è sul punto di cambiare:

    “Il saluto dell’angelo a Maria è quindi un invito alla gioia, ad una gioia profonda, annuncia la fine della tristezza che c’è nel mondo di fronte al limite della vita, alla sofferenza, alla morte, alla cattiveria, al buio del male che sembra oscurare la luce della bontà divina. E’ un saluto che segna l’inizio del Vangelo, della Buona Novella”.

    La risposta di Maria all’invito del messaggero celeste è nota: docilità, libera sottomissione “alla parola ricevuta”. La gioia nominata dall’angelo – afferma il Papa – “proviene dalla grazia”, dall’avere “una connessione vitale” con Dio. E tuttavia, aggiunge:

    “L’apertura dell’anima a Dio e alla sua azione nella fede include anche l’elemento dell’oscurità (...) Ma proprio colui che - come Maria – è aperto in modo totale a Dio, giunge ad accettare il volere divino, anche se è misterioso, anche se spesso non corrisponde al nostro proprio volere (...) Così è per Maria, la sua fede vive la gioia dell’Annunciazione, ma passa anche attraverso il buio della crocifissione del Figlio, per poter giungere fino alla luce della Risurrezione”.

    Benedetto XVI ricorda il parallelismo tra la vicenda di Maria e quella di Abramo. Anche il Patriarca si fida in modo totale e assoluto dell’angelo di Dio che gli chiede di sacrificare il figlio Isacco. Ciò, ha osservato il Pontefice, insegna ai cristiani cosa significhi credere anche quando “Dio sembra assente” dalla vita di ciascuno:

    “Ma quanto più ci apriamo a Dio, accogliamo il dono della fede, poniamo totalmente in Lui la nostra fiducia - come Abramo e come Maria - tanto più Egli ci rende capaci, con la sua presenza, di vivere ogni situazione della vita nella pace e nella certezza della sua fedeltà e del suo amore. Questo però significa uscire da sé stessi e dai propri progetti, perché la Parola di Dio sia la lampada che guida i nostri pensieri e le nostre azioni”.

    Benedetto XVI si sofferma poi sull’episodio del ritrovamento di Gesù dodicenne nel tempio, da parte di Maria e Giuseppe. È in quel momento, indica il Papa che la fede di Maria “deve accettare che la precedenza l’abbia il Padre vero e proprio di Gesù”. Un momento doloroso di distacco che toccherà il suo culmine sul Calvario. Nonostante tutto, la fede della vergine resta “salda”. Perché?, si chiede il Papa. La risposta sta nel modo in cui Ella ha replicato al quel saluto dell’angelo:

    “Nell’Annunciazione Ella rimane turbata ascoltando le parole dell’angelo - è il timore che l’uomo prova quando viene toccato dalla vicinanza di Dio –, ma non è l’atteggiamento di chi ha paura davanti a ciò che Dio può chiedere (...) Maria non si ferma ad una prima comprensione superficiale di ciò che avviene nella sua vita, ma sa guardare in profondità, si lascia interpellare dagli eventi, li elabora, li discerne, e acquisita quella comprensione che solo la fede può garantire. E’ l’umiltà profonda della fede obbediente di Maria, che accoglie in sé anche ciò che non comprende dell’agire di Dio, lasciando che sia Dio ad aprirle la mente e il cuore”.

    “Quella stessa umiltà e obbedienza di fede” è ciò che Benedetto XVI ha augurato che il Natale porti ai credenti:

    “La gloria di Dio non si manifesta nel trionfo e nel potere di un re, non risplende in una città famosa, in un sontuoso palazzo, ma prende dimora nel grembo di una vergine, si rivela nella povertà di un bambino. L’onnipotenza di Dio, anche nella nostra vita, agisce con la forza, spesso silenziosa, della verità e dell’amore. La fede ci dice, allora, che l’indifesa potenza di quel Bambino alla fine vince il rumore delle potenze del mondo”.

    Al temine delle catechesi nelle altre lingue, Benedetto XVI ha salutato, tra gli altri, il gruppo di nuovi sacerdoti dei Legionari di Cristo presenti in Aula Paolo VI e gli zampognari molisani del Matese, provenienti da Boiano e accompagnati dall’arcivescovo di Campobasso, Giancarlo Bregantini, che con le loro note hanno regalato ai presenti, come sempre in questo periodo festivo, il sapore dell’antica tradizione del Natale.

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    Nuovi tweet del Papa: la fede ha momenti di luce ma anche di buio, lasciati guidare dalla Parola di Dio

    ◊   Al termine dell'udienza generale di stamani, Benedetto XVI ha lanciato altri due tweet. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Il Papa torna a parlare via Twitter. Nel primo "cinguettio" (in inglese "twitter") afferma che “La fede di ognuno ha momenti di luce, ma anche di buio. Se vuoi camminare sempre nella luce – esorta - lasciati guidare dalla Parola di Dio”. Nel secondo tweet di oggi, Benedetto XVI sottolinea che “Maria vive con gioia l’annuncio che sarà madre di Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo. La vera gioia – è il suo commento - viene dall’unione con Dio”. Si tratta del sesto tweet del Papa da mercoledì scorso. Nelle 8 lingue dell'account @pontifex, Benedetto XVI ha superato i 2 milioni e 70mila follower, ossia persone che lo seguono. In lingua inglese i follower superano il milione e 200mila, in lingua spagnola i 465mila, in italiano i 200mila.

    Parlando ai nostri microfoni, Chiara Amirante, fondatrice della Comunità Nuovi Orizzonti, ha invitato i cattolici ad accompagnare Benedetto XVI nella sua missione nel continente digitale: noi cristiani – afferma – “siamo molto assenti” nei social network, mentre “i profeti di menzogna sono molto presenti e aggressivi” e fanno “sempre più rumore” delle tante persone che desiderano ascoltare il Papa. Per questo – conclude Chiara Amirante – occorre esserci e annunciare efficacemente la Buona Notizia anche nel web.

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    Il Papa accetta la rinuncia del patriarca caldeo Emmanuel III Delly

    ◊   Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Chiesa Caldea presentata dal cardinale Emmanuel III Delly, patriarca di Babilonia dei Caldei (Iraq), ed ha convocato a Roma per il prossimo 28 gennaio il Sinodo dei Vescovi di questa Chiesa per l'elezione del successore, incaricando a presiederlo il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. A norma del diritto, l'amministratore della Chiesa Caldea fino all'elezione del nuovo patriarca è il vescovo di Curia Jacques Ishaq, arcivescovo titolare di Nisibi dei Caldei.

    Il cardinale Emmanuel III Delly, nato 85 anni fa a Telkaif nell’Arcieparchia di Mossul dei Caldei, era stato eletto patriarca a Roma il 3 dicembre 2003. Nello stesso giorno Giovanni Paolo II gli aveva concesso la ecclesiastica communio. Benedetto XVI lo ha creato cardinale nel Concistoro del 24 novembre 2007. E’ stato presidente di diritto dell’Assemblea dei Vescovi Cattolici dell’Iraq (Aeci) durante il servizio patriarcale e ha rappresentato la comunità cattolica nei contatti con le autorità civili irachene.

    Mons. Jacques Ishaq, nato a Mossul il 25 febbraio 1938, è stato eletto arcivescovo di Arbil dei Caldei il 7 maggio 1997. Ha rinunciato il 4 maggio 1999 al governo dell’arcieparchia. L’anno successivo è stato nominato rettore della Facoltà di Filosofia e Teologia del Babel College dei Caldei. Durante il Sinodo dell’aprile 2005 stato eletto vescovo della Curia patriarcale e il 21 dicembre 2005 è stato trasferito alla Sede arcivescovile titolare di Nisibi dei Caldei. E’ segretario del Sinodo dei Vescovi Caldei.

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    Rinuncia e nomina episcopale nelle Isole Fiji

    ◊   Nelle Isole Fiji, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi di Suva presentata per raggiunti limiti di età da mons. Petero Mataca e ha nominato al suo posto il sacerdote Peter Loy Chong, del clero di Suva, attualmente all’Università di Santa Clara negli Stati Uniti. Mons. Loy Chong, è nato il 30 gennaio 1961 a Natovi, Tailevu, nellaArcidiocesi di Suva. Ha frequentato la scuola cattolica di Natovi ed il Saint John’s College Cawaci, sull’isola di Ovalau. Nel 1984 è entrato nel Pacific Regional Seminary, dove ha completato la sua formazione sacerdotale. È stato ordinato sacerdote l’11 gennaio 1992 ed è incardinato nell’Arcidiocesi di Suva. Dopo l’Ordinazione ha svolto gli incarichi di Vicario parrocchiale di Our Lad of Perpetual Help, Lautoka; Parroco di Immaculate Heart of Mary, Vatukoula e di Parroco di Immaculate Conception, Soleva. Da 2005-2012 ha svolto studi superiori alla Jesuit School of Theology della Santa Clara University, in California, terminati con il Dottorato in Teologia.

    L’Arcidiocesi di Suva (1966), ha una superficie di 18.333 kmq ed è composta da circa 322 isole. Ha una popolazione di 1.297.683 abitanti, di cui 101.050 sono cattolici. Ci sono 35 parrocchie servite da 81 sacerdoti (32 diocesani e 49religiosi), 27 fratelli religiosi, 135 suore e 14 seminaristi maggiori.

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    L'incontro del cardinale Filoni con la realtà viva della Chiesa del nord Uganda

    ◊   Si è conclusa la visita pastorale nel nord dell’Uganda del prefetto di Propaganda Fide, il cardinale Fernando Filoni, che ha presieduto le celebrazioni conclusive per il centenario dell’arrivo della fede nella diocesi di Arua, ad opera dei missionari Comboniani a cui venne affidata la cura pastorale di questa regione ugandese. Alla festa giubilare di Arua si sono unite le altre circoscrizioni della provincia ecclesiastica di Gulu, che hanno da poco commemorato anch’esse la ricorrenza: l’arcidiocesi di Gulu e le diocesi di Lira e Nebbi. Appena rientrato in Vaticano Roberto Piermarini ha chiesto al porporato che Chiesa ha incontrato nel nord dell’Uganda:

    R. – Oggi siamo di fronte ad una comunità molto vibrante, molto bella; una comunità che tutti hanno riconosciuto essere una tra le più belle, tra le più significative, tra le più vitali dell’Uganda stesso. Dunque, la presenza del prefetto voleva proprio sottolineare il lavoro già fatto e aprire anche la strada al lavoro che poi resta ancora da fare.

    D. – Eminenza, che messaggio ha lasciato alla Chiesa di questa regione del Nord dell’Uganda?

    R. – Abbiamo riflettuto, prendendo in analisi gli ultimi 50 della storia di questa provincia e di tutto l’Uganda, sulla realtà della Chiesa: una chiesa missionaria tradizionale, in cui missionari venuti dall’Europa, e in modo particolare dall’Italia, hanno evangelizzato e creato una Chiesa, che è stata adesso affidata nelle mani dei vescovi, dei sacerdoti locali e dei religiosi autoctoni. Praticamente sono loro che ora hanno in mano questa Chiesa: la Chiesa creata 100 anni fa, a 50 anni dal Concilio, è stata ora consegnata a loro. Ho quindi chiesto a tutti loro: "Che tipo di Chiesa volete per l’Africa, per l’Uganda, per Arua, per questa provincia ecclesiastica di Gulu? Che tipo di Chiesa volete per il futuro?" Vogliono dare a questa Chiesa l’impronta locale, che ricorda bene il lavoro fatto, ma che ora s’impegna per il futuro. Dunque una Chiesa fedele al Vangelo, fedele a Cristo, fedele al magistero della Chiesa; una comunità di religiosi che desiderano mostrare la loro dedizione, oltre che al Vangelo, anche alla carità: lavorano benissimo in tanti settori – molto, molto necessari - che vanno dall’educazione alla sanità. In questo momento ci sono poi anche tanti problemi con i bambini: c’è una recrudescenza dell’aids e delle malattie tradizionali quali la malaria. La loro opera è quindi molto, molto ben accolta. Ai sacerdoti, riguardo proprio all’impegno pastorale e alla fedeltà, alla generosità, alla donazione stessa: sono stati colpiti quando ho detto “Non si può essere preti al 50% o all'80% o al 90%”. Ai vescovi ho raccomandato, poi, anche quella generosità pastorale di chi ha ricevuto da Cristo e dalla Chiesa il mandato di reggere, di governare, di “pascere” una Chiesa che si sta sviluppato. Quindi anche con un impegno, da parte loro, di quella generosità che io ho comunque visto e di cui sono testimone. E’ stata per me una bellissima visita sia per costatare ciò che è stato fatto finora, sia per valutare le prospettive che hanno. I seminaristi, naturalmente, sono stati incoraggiati a essere coloro che nel futuro, non troppo lontano, riceveranno dalle mani degli attuali la continuità dell’apostolato della Chiesa in Uganda e in questa area del nord in particolare.

    D. – Era la prima volta che un cardinale di Curia arrivava in questa regione: com’è stato accolto?

    R. – Sono stato accolto in modo, anche per me, quasi inaspettato. La gioia con cui la popolazione si è manifestata, ovunque passassi, attendendo a volte ore sotto il sole pur di ricevere una benedizione, una parola, un momento di preghiera insieme, è stata tanta. Una gioia espressa a tutti i livelli: persone anziane, adulte, uomini e donne, e una marea di bambini, che festeggiavano, che gridavano, che esultavano. La conclusione, poi, ovviamente spettacolare: oltre 10-15 mila abitanti presenti in questo santuario, il luogo è di per sé un santuario, perché non c’è una vera e propria chiesa, ma è dove i missionari comboniani, per la prima volta, avevano piantato la Croce di Cristo. Sono venuti a piedi, camminando anche per due o tre giorni, pur di essere presenti. Un’accoglienza festosa, molto bella, alla quale non sono volute venir meno neanche le autorità locali e il presidente della Repubblica, il quale ha più volte manifestato la gratitudine per l’attività della Chiesa. La sua stessa presenza, in quella mattinata di domenica – è venuto, infatti, di proposito proprio per questa celebrazione - ha voluto marcare questa atmosfera di festa e il riconoscimento da parte del governo anche dell’attività della Chiesa stessa. Dunque direi che è stata una presenza molto, molto significativa e molto bella. C’è stato poi un ringraziamento particolare, perché mi hanno detto che era la prima volta che una personalità della Chiesa visitava la loro area e si sentivano estremamente onorati anche della presenza anche del prefetto di Propaganda Fide.

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    Campagna "Why Poverty?": gli aiuti della Chiesa per i poveri dell'America Latina

    ◊   La Radio Vaticana continua a dare il suo contributo alla Campagna “Why Poverty?” promossa dall'Unione Europea di Radiodiffusione (Uer). Oggi ci occupiamo dei poveri dell’America Latina che il Pontificio Consiglio Cor Unum, il dicastero del Papa per la carità, aiuta attraverso la Fondazione “Populorum Progressio” voluta dal Beato Giovanni Paolo II, per sostenere progetti di sviluppo per i poveri del continente latinoamericano. A Cor Unum la Fondazione è seguita dal sottosegretario del dicastero, mons. Segundo Tejado Muñoz che insieme a 6 vescovi del continente è membro del Consiglio di amministrazione dell'organismo. Roberto Piermarini gli ha chiesto cosa ha spinto il Beato Giovanni Paolo II a volere questa Fondazione:

    R. – In primo luogo, il Santo Padre, in occasione del V centenario dell’evangelizzazione dell’America, ha istituito nel 1992 questa Fondazione. L’idea primaria, quella che ancora sussiste, è quella di aiutare queste popolazioni, che hanno tradizioni ancestrali nella loro vita e nella loro comunità, che vivono il rischio in questa società postmoderna così prepotente di perdere la loro identità. Quindi, il suo occhio, il suo sguardo è diretto proprio a queste popolazioni più vulnerabili, di fronte a questo mondo postmoderno, per aiutarle nel loro sviluppo, uno sviluppo che non sia imposto, ma che parta proprio da loro.

    D. – Quali progetti ha portato avanti la Fondazione in tutti questi anni, per le popolazioni indigene del continente latino-americano?

    R. – I progetti sono circa tremila dall’istituzione. Sono piccoli progetti, piccole cose, per aiutare queste piccole comunità d’indigeni, di afro-americani e di altri “campesinos” dell’America Latina. Quindi, sono piccoli progetti che vanno ad incidere su queste piccole comunità, che si trovano nella selva amazzonica, nei paesi andini, in Perù, in Colombia, in Brasile e in Centro America. Sono tanti piccoli segni di questa premura, di questo amore che il Santo Padre ha per gli “ultimi”, per i “piccoli”, per quelli a cui normalmente i potenti non pensano e a cui invece la Chiesa pensa.

    D. – La Fondazione dove trova i fondi per realizzare questi progetti?

    R. – Dalla generosità. Finora ci ha finanziato la Conferenza episcopale italiana, ma stiamo cercando di aprirci a nuove forme di finanziamento. E’ normale, perché vorremmo lavorare di più. La stima è di circa 2 milioni di dollari l’anno. Non è tanto, è una cosa simbolica, se si considera che noi riceviamo più di 800 progetti all’anno da approvare. Di solito, dobbiamo sempre decurtare qualcosa. Non vorremmo farlo e vorremo invece trovare altre fonti di finanziamento. Speriamo che la Provvidenza faccia arrivare altri fondi per questa gente povera e bisognosa.

    D. – Quali sono le nuove sfide per la Fondazione oggi?

    R. – Allargarci, farci conoscere di più e potere arrivare lì dove non si arriva. Anche se la Chiesa è presente in maniera capillare in America Latina, sappiamo che esistono tante realtà dove non si riesce ad arrivare. Vogliamo, quindi, farci conoscere ed allargare le nostre possibilità di aiuto nell’ambito in cui la Fondazione lavora.

    D. – Quali sono i nuovi poveri oggi dell’America Latina?

    R. – Il Santo Padre nella “Deus Caritas est” diceva una cosa che a noi ci è di grandissimo aiuto: "Forse la povertà oggi non è tanto di tipo materiale, ma è l’assenza di Dio". L’uomo non è soltanto un corpo da affamare, ma è molto, molto di più. in questa ottica - con la povertà che tra l'altro è un valore evangelico - io parlerei piuttosto di 'miseria', di condizioni di vita che non sono accettabili da un punto di vista morale. La povertà oggi è più questa assenza di Dio, questa assenza di speranza, queste grandi periferie delle città latinoamericane, lasciate in mano alle sette e a tanti tipi di realtà che schiavizzano l’uomo. Penso che oggi ci sia una povertà, una miseria, che oltre ad essere materiale vede anche un’assenza di speranza, un’assenza di Dio. Il Papa ha detto chiaramente sia nella “Deus Caritas est” sia in tanti interventi che lo sguardo della Chiesa all’uomo in una problematica è uno sguardo integrale, non soltanto parziale. Si dà da mangiare, perché è il compito, il mandato del Signore, ma si porta anche Cristo agli uomini, che è quello di cui hanno più bisogno.

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    Mons. Zimowski: le politiche sanitarie nazionali rischiano di rendere disumani gli ospedali

    ◊   Preoccupazione per le attuali politiche sanitarie nazionali è stata espressa oggi da mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio per la Pastorale della Salute, in occasione della Messa da lui presieduta nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia per il personale della Asl Roma 3. Si tratta della Asl che gestisce uno degli ospedali più antichi del mondo, l’Ospedale di Santo Spirito in Sassia, che ha visto la presenza dei grandi santi della Carità come San Filippo Neri e San Camillo de’ Lellis.

    Oggi – ha detto il presule - i centri di cura e di assistenza, “colpiti dalla crisi, rischiano di diventare luoghi di patimento privi della più piccola luce che la speranza emana. Talvolta ci sentiamo sfidati e scoraggiati dalle difficoltà legate al nostro lavoro e dall’apparente incapacità di cambiare le cose” di fronte alle “forti ripercussioni che la crisi economica e finanziaria europea ed internazionale sta avendo nelle politiche sanitarie nazionali. Rinnoviamo in proposito la nostra preoccupazione per le riforme in atto – ha affermato mons. Zimowski - in quanto si ha l’impressione che si tenga conto unicamente dell’aspetto economico del mondo della salute trascurando chi lo anima, dunque chi ne costituisce l’essenza vitale, a partire dalla persona sofferente”.

    “Si parla della riduzione di posti letto – ha proseguito - ma non si parla di chi sarà privato della possibilità di essere ricoverato, curato o comunque assistito in modo consono al proprio stato di salute”. E’ necessaria invece – ha concluso citando il Papa - una “vera giustizia distributiva che garantisca a tutti, sulla base dei bisogni oggettivi, cure adeguate”, perché “il mondo della salute non può sottrarsi alle regole morali che devono governarlo affinché non diventi disumano”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Quella forza silenziosa che vince il rumore delle potenze: la riflessione proposta da Benedetto XVI durante l'udienza generale.

    In prima pagina, il testo introduttivo del volume "Pellegrini di fiducia" scritto dal priore di Taizé, fratel Alois, in occasione dell'imminente incontro dei giovani a Roma promosso dalla comunità.

    Nell'informazione internazionale, l'allarme dell'Unicef: nel mondo oltre duecento milioni i bambini malnutriti.

    Icona di responsabilità: in cultura, il vescovo di Perugia - Città della Pieve, Gualtiero Bassetti, su compiti, attese e sfide per l'università.

    Storia di uno strano Paese: Gianpaolo Romanato recensisce il libro di Egidio Ivetich "Jugoslavia sognata. Lo jugoslavismo delle origini".

    Una riflessione di Francesco Ventorino dal titolo "Farci tutti come i pastori del presepe".

    La qualità della differenza: sull'identità dell'uomo e i limiti delle teorie darwiniane, un estratto dal volume di Fiorenzo Facchini "Cinque questioni nel dibattito attuale".

    Pasolini e i ruderi delle chiese: Antonio Polucci illustra il catalogo inventario del Museo diocesano di Imola.

    Su "L'eco di Bergamo", la suora che fu accanto a Giovanni XXIII fino alla fine.

    Un diritto finalmente riconosciuto: nell'informazione religiosa, la soddisfazione di ebrei e musulmani in Germania per il "sì" alla legge sulla circoncisione.

    L'inserto "donne chiesa mondo" sulla libertà del perdono.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: ancora vittime. Per i mediatori, Assad non è parte del futuro del Paese

    ◊   In Siria, dopo le 91 vittime di ieri, anche stamani violenti combattimenti tra l’esercito di Damasco e miliziani dell’opposizione soprattutto alla periferia della capitale. Secondo l’Osservatorio per i diritti umani, controllato dai ribelli, si tratterebbe di zone controllate dagli insorti. Intanto, non si ferma la diplomazia internazionale nel tentativo di trovare vie d’uscita alla sanguinosa crisi. Sulle iniziative sinora adottate, Giancarlo La Vella ha intervistato l’inviato per il Medio Oriente della Farnesina, il ministro plenipotenziario Maurizio Massari, a poche settimane dal vertice in Italia dei Paese amici della Siria:

    R. - Le risposte della comunità internazionale, in questa fase, sono volte al sostegno della coalizione dell’opposizione che si è formata a Doha a novembre e che comunque ha creato i presupposti per un’alternativa politica all’attuale regime. Noi crediamo che, al di là delle azioni di emergenza umanitaria, è comunque necessario continuare a lavorare per una soluzione politica della crisi, perché proseguire lo scontro militare sul terreno non farebbe altro che causare ulteriori vittime innocenti.

    D. - Secondo lei, la soluzione della crisi passa necessariamente attraverso un’uscita di scena del presidente Assad o c’è un’altra via da percorrere?

    R. - Una soluzione politica credibile non può prevedere alcun ruolo per il presidente Assad nella transizione siriana. Questa è una precondizione, in quanto il capo dello Stato ha perso qualsiasi tipo di legittimità agli occhi del popolo siriano. Egli è il primo responsabile di questo massacro di civili, già oltre 40 mila. Quindi, una futura Siria, per essere stabile, ha bisogno di essere costruita su basi nuove e sul presupposto che Assad lasci assolutamente il potere e possibilmente anche il Paese, come chiede l’opposizione democratica.

    D. - In che modo l’Italia e la comunità internazionale stanno preparandosi al prossimo vertice degli amici della Siria, che ci sarà proprio in Italia, considerando che l’opposizione con la quale si dialogherà è stata sì unificata a Doha, ma ci sono ancora varie anime degli insorti che non hanno aderito a questo cartello?

    R. - Intanto, l’opposizione è ormai riconosciuta come legittimo rappresentante del popolo siriano ed è già sufficientemente rappresentativa delle diverse articolazioni della società stessa. Naturalmente, si attendono altre adesioni, come ad esempio quella dei curdi, considerata molto importante. C’è un continuo pressing da parte della comunità internazionale sull’opposizione, affinché resti aperta il più possibile e che garantisca i diritti di tutte le minoranze: cristiani, curdi, drusi, alawiti e tutti i gruppi che compongono la società siriana. Su questo bisogna dire che l’opposizione ha fornito importanti garanzie sul piano verbale che naturalmente andranno poi verificate sul terreno. Il vertice degli amici della Siria è molto importante, perché potrebbe - auspicabilmente - essere il vertice della svolta. E tutti speriamo che nei prossimi mesi ci possa essere un’evoluzione anche sul terreno, che possa aprire la strada poi ad una soluzione politica. Questo sempre che Assad non sia più sulla scena. Questa è una linea rossa alla quale non possiamo rinunciare.

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    Egitto. Opposizione ancora in piazza contro Costituzione e referendum

    ◊   Egitto. Ancora in piazza ieri il Fronte di Salvezza Nazionale, che raccoglie le principali forze dell'opposizione. Al Cairo circa 2mila persone hanno contestato la bozza della nuova Costituzione filo-islamista e il referendum che dovrebbe sancirne l'adozione. Un appello al dialogo è stato lanciato dal ministro della Difesa, il generale al-Sissi. La prima fase elettorale ha visto vincere il fronte del “si” capitanato dai Fratelli Musulmani, molte le accuse di brogli, sabato ci sarà il secondo turno. Giuseppe Acconcia:

    Quattro cortei indetti dal Fronte di salvezza nazionale hanno raggiunto il palazzo presidenziale di Ettehadeia a Heliopolis. Piazza Tahrir è invece presidiata permanentemente dai giovani dei movimenti. Dopo la diffusione di dati ufficiosi che vedrebbero in vantaggio i «sì» alla nuova Costituzione con il 56,6% dei consensi, le opposizioni hanno chiesto di annullare il voto per l’assenza di giudici che supervisionino le procedure elettorali. Oltre il 60% dei magistrati infatti ha partecipato al boicottaggio del voto in seguito alla dichiarazione costituzionale che ampliava i poteri del presidente, emessa e poi ritirata da Mohammed Morsi. In una lettera alle corti di appello, il ministro della giustizia, Ahmed Mekki, ha assicurato che verranno avviate indagini per violazioni delle procedure elettorali. A peggiorare la crisi politica, sono arrivate ieri anche le dimissioni del nuovo procuratore generale la cui nomina da parte del presidente Morsi era stata contestata dalle opposizioni.

    Ma qual è il volto delle varie forze in campo in Egitto? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto al prof. Paolo Sorbi responsabile del Centro di Geopolitica dell’Università Europea di Roma che ieri ha partecipato ad un convegno organizzato dall'ateneo sugli scenari generati dalla "primavera araba":

    R. – Prima c’era un movimento sostanzialmente con direzione integralista, cui accedeva anche la componente molto ampia e - a sua volta - piena di contraddizioni di carattere laico, perché bisogna destituire Mubarak. Poi, sono emerse le contraddizioni in seno ai movimenti: oggi, quella che chiamiamo avanguardia interna laica sta ponendo il problema del pluralismo formale e non solo del pluralismo sociale, che in Egitto – dopo la caduta di Mubarak – è dato per assodato. Nei Fratelli musulmani, cioè nella prima componente integralista, avviene un’ulteriore contraddizione tra un’anima laica, che si sta secolarizzando ed emergendo, e una componente integralista, che converge verso i salafiti.

    D. – Le questioni della Costituzione e dei poteri che si è assunto il presidente Morsi mettono di nuovo l’Egitto in una condizione di tensione. Secondo lei, quale sarà lo sviluppo?

    R. – Sono a favore delle cosiddette "primavere arabe" e specialmente di quella egiziana: certo, ci sono passi avanti e ritorni all’indietro, ma le tirannie dovranno tutte scomparire. In questo quadro, la destabilizzazione è un fenomeno, uno scenario, una fase del Medio Oriente: non dobbiamo aver paura delle componenti movimentiste. Dobbiamo come europei cercare di capire le componenti più aperte al pluralismo e alla tolleranza, specialmente essere attenti a tutte le varie confessioni e ai copti. Bisogna accettare questa fase di trapasso valorizzando la cultura della negoziazione, che è esterna purtroppo al mondo arabo. Il problema di quello che io chiamo la cultura sindacale o della negoziazione è decisivo per gli equilibri.

    D. – C’è preoccupazione per quanto riguarda il futuro dei copti?

    R. – Certo. I cristiani in Medio Oriente, però, non devono avere paura: questo è il problema di fondo. Devono accettare di viversi – come dice il Santo Padre – come minoranza creativa. I copti hanno un altissimo livello di storicità, perché l’origine dei copti è l’origine dell’Egitto stesso: i copti preesistono ad ogni altra confessione. Bisogna però oggi accettare di essere minoranza, ma avviare un rapporto di carattere, chiamiamolo così, egemonico. Solo chi starà dentro le lotte, avrà diritto di parola.

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    Pakistan: sospese vaccinazioni antipolio dopo gli ennesimi eccidi di volontari

    ◊   L'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e l'Onu hanno ordinato la sospensione della vaccinazione antipolio in Pakistan, dopo che questa mattina altri tre volontari sono stati uccisi. E’ accaduto nei pressi di Peshawar, mentre l’eccidio delle cinque operatrici di ieri è avvenuto a Karachi. I militanti islamici si dicono contrari alle vaccinazioni e i talebani accusano i volontari di spionaggio. Spiega perché, nell’intervista di Fausta Speranza, il prof. Arduino Paniccia, docente di Studi strategici all’Università di Trieste:

    R. – Io credo che la fase di strumentalizzazione sia molto forte. Certamente, vi sono delle resistenze nelle aree tribali, soprattutto nelle zone di campagna del Pakistan che sono molto estese. Tuttavia, io credo che la strumentalizzazione sulla vicenda delle vaccinazioni sia diventata fortissima soprattutto a seguito del caso del medico Shakeel Afridi, considerato agente degli americani e praticamente accusato di girare nel villaggio e nella città di Abbottabad con un programma di immunizzazione tramite vaccini per scoprire, in realtà, dove fosse Bin Laden. Da quel momento, la vicenda delle vaccinazioni ha assunto una bruttissima piega. E quindi si mescolano certamente credenze antiche assieme però a fortissime e reali strumentalizzazioni.

    D. – Chiaramente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sospeso le vaccinazioni, perché troppo pericolose, essendoci già troppi volontari uccisi. Ma che cosa si può fare?

    R. – C’è naturalmente da recuperare una situazione molto difficile nei rapporti con il Pakistan, dove qualsiasi organizzazione occidentale ha, nel corso di questi ultimi anni, perso di assoluta credibilità, sia essa statunitense, sia delle stesse Nazioni Unite, sia di volontari. Tranne solo qualche raro caso in cui ancora vi è la possibilità di operare e di lavorare anche per alleviare le grandi sofferenze, in alcuni casi, della popolazione soprattutto – ripeto – nelle zone a ridosso del confine afghano, che sono comunque estesissime. La polio stessa ha oltre duemila casi all’anno - è ormai endemica - e questo succede in pochi Paesi del mondo. Quindi, il recupero della possibilità di rapporti con le organizzazioni internazionali e occidentali sarà naturalmente il primo punto, altrimenti sarà praticamente impossibile passare non solo nelle campagne, ma nelle stesse città. Non dimentichiamo che l’attacco è avvenuto anche a Karachi, una metropoli sterminata, di più di 16 milioni di abitanti, sui quali il controllo è difficilissimo. Un tempo considerata la capitale economica è ora luogo dove, comunque, è difficile operare per qualsiasi organizzazione, che non sia strettamente legata al Pakistan. A questo punto, chiunque dia una mano - gli stessi volontari e le donne volontarie, che sono moltissime - viene colpito dai talebani, perché sostanzialmente ormai si considera, dopo quella bruttissima vicenda i cui contorni non sono peraltro assolutamente ancora chiari e che ha dato luogo negli ultimi giorni a scontri sui principali giornali americani, come questa vicenda stessa. Quindi, il recupero parte da un nuovo e diverso rapporto, che comunque superi la vicenda del medico e che cerchi, attraverso una forte campagna delle Nazioni Unite, di comunicare alla popolazione che i volontari non solo delle spie.

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    Senato dice “sì” a sale da poker. Mons. Solmi: si incentivano le ludopatie

    ◊   Stupore e sconcerto per l’emendamento approvato in Commissione bilancio al Senato che svuota molte norme introdotte dal governo contro il dilagare del gioco d’azzardo. In particolare, slitta a giugno l’entrata in vigore dei limiti sulla pubblicità dei giochi, mentre nessuna proroga figura invece circa il bando sul "poker live", che prevede l’apertura di mille nuove sale dove si potrà giocare dal vivo l’uno contro l’altro. Ma quali rischi comporta questa moltiplicazione incontrollata delle possibilità di accesso al gioco d’azzardo? Marco Guerra lo ha chiesto mons. Enrico Solmi, vescovo di Parma e presidente della commissione Cei per la famiglia e la vita:

    R. – Andiamo verso una ludopatia, favorendola in questo modo, anche perché queste possibilità chiudono sempre di più la persona in se stessa, che non ha più relazione con l’altro, anche l’altro che al limite gioca sanamente una partita con te. Le persone si chiudono assolutamente in se stesse e questo poi procura un’ulteriore rottura dei rapporti amicali, oggi sempre più in difficoltà, e dei rapporti familiari. Il gioco d’azzardo, il gioco on-line, chiude e chiude in se stessi. Siamo veramente in una situazione molto preoccupante.

    D. – In tempi di crisi, la politica guarda ai bilanci e alle entrate che questi giochi possono portare alle casse dello Stato, ma non ai gravi dissesti economici che causano alle famiglie. Non è una visione quantomeno miope?

    R. - Dobbiamo considerare che i dissesti economici non ricadono solamente sulle famiglie ma sullo Stato stesso, il quale dovrà a un certo momento sostenere questi giocatori ossessivi compulsivi attraverso una serie d’interventi di carattere psicologico, psicoterapeutico, ovvero nel creare strutture che aiutino queste persone a liberarsi dalle patologie indotte dal gioco. E’ un realizzare un attivo oggi creando grandi difficoltà domani, anche per lo Stato stesso, ed è una situazione non dico solo contraria all’etica, ma anche profondamente amorale.

    D. – Nella sua attività pastorale, ha riscontrato quali ripercussioni può avere questo fenomeno sulla tenuta della famiglia?

    R. – Si ingenerano condizioni che lacerano la famiglia. Prima di tutto, sotto il profilo della relazione. Chi gioca, lo nega al coniuge. Nasce un clima di sospetto, nasce l’ansia da parte dell’altro che auspica un ritorno alla saggezza del congiunto. Ci sono casi - e io ne ho testimonianza - in cui i familiari stessi sono arrivati a denunciare il congiunto perché la persona sottraeva risorse in un modo anche cospicuo ai bilanci familiari. Ho davanti a me alcune situazioni nelle quali le famiglie si sono separate. Quindi, siamo davanti a una scelta di civiltà e a una scelta nella quale l’attenzione alla persona e alle relazioni che la persona intesse dovrebbe essere considerata in un modo prioritario, importante, anche in considerazione dei benefici economici che può dare non solo alle famiglie ma anche allo Stato stesso.

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    Censimento. Crescono residenti in Italia: 59, 4 milioni grazie all'aumento degli stranieri

    ◊   Pubblicati i dati definitivi dell’ultimo censimento: la popolazione totale residente in Italia cresce e raggiunge i 59,4 milioni, un incremento dovuto però agli immigrati che arrivano a oltre 4 milioni. In aumento gli anziani e gli ultracentenari. Roma il comune più popoloso; Pedesina, in provincia di Sondrio, il meno, con 30 abitanti. Il servizio di Adriana Masotti:

    59.433.744: è il numero dei residenti in Italia. Il dato definitivo del censimento realizzato nel 2011 registra un incremento del 4,3% rispetto a 10 anni fa, incremento dovuto solo agli stranieri che, in questo periodo, sono aumentati di quasi 2.700.000, mentre gli italiani sono diminuiti di 250 mila unità, in particolare nel Mezzogiorno oltre che in Piemonte, Liguria e Friuli-Venezia Giulia. Negli ultimi 10 anni, la popolazione straniera è triplicata, arrivando oggi a superare di poco la soglia dei 4 milioni. Quasi un quarto degli stranieri vive in Lombardia, il 23% in Veneto e in Emilia Romagna. Poco più della metà sono donne. E anche tra gli italiani le donne prevalgono: 100 su 93,7 maschi. In aumento il numero degli anziani: sono cresciuti gli over65 che rappresentano in percentuale il 20,8%della popolazione, ma anche gli ultra 85.enni (2,8%), i novantenni e perfino gli ultracentenari che rispetto al 2001 sono più che raddoppiati. Oggi, sono 15.080 con due picchi massimi rappresentati da due donne che hanno compiuto 112 anni. Roma si conferma il Comune più popoloso d'Italia, con 2.617.175 residenti, seguita da Milano (1.242.123), Napoli (962.003), Torino (872.367) e Palermo (657.561). Ma gli italiani preferiscono vivere nei comuni di media dimensione. Nel nordovest quelli più piccoli con al primo posto Pedesina, in provincia di Sondrio, con appena 30 abitanti. La regione più popolosa è la Lombardia, quella con meno abitanti la Valle d'Aosta: 43 anni l’età media della popolazione, che però scende nelle regioni del Sud. La regione più giovane risulta la Campania con l’età media di 40 anni, mentre Friuli-Venezia Giulia e Liguria sono quelle più vecchie, rispettivamente con 46 e 48 anni.

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    Il direttore del Gemelli, Guizzardi: i tagli alla sanità mettono a rischio il nostro servizio

    ◊   Preoccupazione per i bilanci più che per le persone, in questo caso i malati. E' la tendenza attuale constatata questa mattina, nella Messa celebrata presso la Asl Roma 3 di S. Spirito in Sassia, dal cardinale Zygmunt Zimowski, presidente del dicastero degli Operatori Sanitari. In effetti la crisi, con i tagli e tasse imposte dallo Stato per far quadrare i conti e rispettare gli impegni presi a livello europeo, sta influendo drasticamente sul settore della sanità. A farne le spese è anche il Policlinico Gemelli, che già soffre per un credito di oltre 800 milioni di euro che l’ospedale vanta verso la Regione Lazio. Secondo quanto contenuto nei Decreti n. 348 e 349, il taglio è rappresentato da una cifra che incide pesantemente sul budget del polo d’eccellenza romano e mette a rischio i servizi erogati e l’avvio di nuove attività assistenziali. Eliana Astorri ne ha parlato con il direttore del Policlinico Gemelli, Maurizio Guizzardi:

    R. – Dal punto di vista meramente economico, la situazione è abbastanza grave, come anche la stampa ha riportato in questi giorni, perché comunque esiste un importante e pesante fardello che viene dal passato, con una montagna di crediti che la Regione non ci riconosce e rispetto ai quali noi, evidentemente, abbiamo grandi sofferenze. Quindi, a nostra volta contiano degli indebitamenti e questo genera grandi difficoltà di gestione. Rispetto a queste difficoltà, noi stiamo cercando di fare la nostra parte, vista la grave situazione finanziaria del Paese, per ridurre i nostri costi, per cercare di allinearci ad un quadro di compatibilità. Ma è chiaro che se poi tutti i giorni ci alzano l’asticella, il rischio è che facciamo fatica a rispettare gli impegni che ci stiamo assumendo. Comunque: ce la stiamo mettendo tutta.

    D. – Ma vista la situazione, il Gemelli potrà mantenere l’attuale alto livello di prestazioni e assistenza?

    R. – Noi abbiamo approvato un piano strategico ambizioso, per mezzo del quale stiamo tentando un’operazione apparentemente impossibile, che è quella di ridurre i costi e contemporaneamente sviluppare l’ospedale, aumentare la qualità delle prestazioni. Credo che possiamo farcela: ci sono le condizioni per farcela, secondo me.

    D. – Nei giorni scorsi, una piccola parte della stampa ha interpretato questo piano come un percorso del Gemelli verso la privatizzazione. C’è questo pericolo?

    R. – No, assolutamente no. Io credo ci sia molto pregiudizio ideologico nella presa di posizione che lei cita, perché il tema dell’attività privata occupa due pagine su un piano strategico di 150, dove invece si parla d’altro. Quindi, anche quantitativamente, visivamente non è così. Noi vogliamo essere, continueremo a essere un ospedale che rende un servizio pubblico importante che vogliamo migliorare, accrescere. Vogliamo aumentare la complessità della casistica, essere un ospedale sempre più di riferimento – se possibile – per Roma, il Lazio e per tutto il Paese. Poi, però, abbiamo anche preso atto del fatto che in questo Paese esiste una grande quantità di spesa sanitaria privata, che i cittadini pagano direttamente o attraverso le assicurazioni e così via. Ma questo è un fenomeno che già c’è, non lo stiamo inventando noi al Gemelli. E quindi la nostra idea è che possiamo partecipare a questa attività perché comunque - se potessimo disporre anche di questo tipo di finanziamento - tutto questo potrebbe aiutare l’ospedale pubblico a dare le prestazioni che vengono richieste. Quindi, noi abbiamo considerato l’attività privata come un contributo allo sviluppo dell’ospedale, non il contrario: il nostro obiettivo è esattamente l’opposto.

    D. – Possiamo concludere con una battuta, se mi permette: il Gemelli non è dunque un malato grave?

    R. – Il Gemelli è un malato grave, nel senso che ha una malattia piuttosto impegnativa. Però, secondo me, ha tutte le condizioni per guarire e per stare meglio di prima. Superata la fase acuta della malattia – e forse questa la stiamo superando – e fatta anche un po’ di convalescenza, io credo che alla fine sarà un paziente che tornerà a vivere una vita assolutamente brillante e, compatibilmente con la situazione del Paese, abbastanza serena, mi auguro. Questo, almeno, è il nostro impegno, il nostro sforzo.

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    Il cardinale Bagnasco: i cittadini siano sempre più esigenti verso i politici, mai rassegnati

    ◊   Il cardinale Angelo Bagnasco invita ad avere fiducia nella politica e a rifuggire gli avventurismi. Nella sua omelia per la tradizionale Messa di Natale con i parlamentari, ieri sera nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma, il presidente della Conferenza episcopale italiana ha detto che “la dimensione politica, ispirata da un forte impianto etico, è elemento imprescindibile della vita di ogni Paese, della democrazia”. Alessandro Guarasci:

    E’ oramai un appuntamento che ricorre da tre anni quello del cardinale Bagnasco col mondo della politica. L’avvicinarsi del Natale diventa un’occasione per guardare al passato, ma anche al futuro, visto che mancano circa due mesi alle elezioni. Per il presidente della Cei non si può prescindere dalla dimensione politica: “Dobbiamo onorare quanti, e non sono pochi – dice - fanno il loro dovere con spirito di autentico servizio, prodigandosi non per interessi personali o di parte, ma per la giustizia che assicura a tutti e a ciascuno le condizioni per realizzare il bene”:

    “Al mondo politico il nostro popolo oggi guarda con ragionevole esigenza; che questo sguardo sia sempre più esigente e mai rassegnato”.

    Fondamentale è dare l’esempio alle nuove generazioni. I figli quindi devono e vogliono vedere nei loro padri dei punti di riferimento veri:

    “Non l’ avventurismo sconsiderato o la rincorsa verso mode di pensare scriteriate, che non li aiutano a crescere per affrontare la meravigliosa e seria avventura della vita”.

    Ad ascoltare le parole, nei primi banchi della navata i ministri Anna Maria Cancellieri, Paola Severino, Lorenzo Ornaghi, Elsa Fornero e Piero Giarda. Nutrita anche la presenza dei parlamentari: tra questi, il segretario del Pdl Angelino Alfano e il leader dell’Udc Pierferdinando Casini.

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    Roma. Proiezione di "Mohamed e il pescatore", film-denuncia sul dramma delle morti in mare degli immigrati

    ◊   Nuova proiezione oggi, 19 dicembre a Roma per il documentario “Mohamed e il Pescatore” di Marco Leopardi, Ludovica Jona e Marta Zaccaron. Il film-denuncia sul "cimitero" del Mediterraneo sarà presentato a Palazzo Valentini, nella sede della Provincia, alle 17. E' il racconto di un incredibile salvataggio in mare ad opera di Vito, capitano di un peschereccio di Mazara del Vallo, grazie al quale è ancora in vita oggi Mohamed, unico superstite di un naufragio: sul suo barcone erano partiti in 46 dalla Libia. Sulla testimonianza, che ha ottenuto importanti riconoscimenti anche dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ci riferisce Silvia Koch:

    “Era di notte”.

    E' ancora attuale, purtroppo, la narrazione dei naufragi nel Mediterraneo: appena un mese fa, l’ennesima tragedia: 21 migranti annegati mentre tentavano di raggiungere Lampedusa. Ha fatto seguito l’appello del sindaco dell’Isola, Giusi Nicolini, all’Europa, da poco insignita del Premio Nobel per la Pace, affinché metta in campo le giuste soluzioni e ponga fine a questa emorragia di vite umane”.

    “Poi, all’improvviso, il 'legno' si è staccato ed è andato giù e quello che era sul 'legno' è andato sott’acqua”.

    “Dietro le morti ci sono precise responsabilità istituzionali”, ha ricordato la portavoce dell’Unhcr, Laura Boldrini: la politica di chiusura delle frontiere ha stravolto una tradizione marittima di secoli, che poneva al centro delle priorità la salvezza delle vite umane. Molti pescatori italiani, in effetti, rifiutano di raccogliere i migranti in mare per il timore di essere accusati, poi, di favorire il reato di clandestinità.

    “Quel passaggio noi lo chiamiamo cimitero”.

    Ma come viene garantita la sicurezza nel canale di Sicilia, nella realtà? Lo abbiamo chiesto a Marco Leopardi, regista del documentario:

    R. – C’è una collaborazione reciproca. La Marina Militare non riesce ad affrontare il mare in certe situazioni e delega, come ci ha raccontato Vito, i pescherecci a intervenire. I numerosi naufragi e le morti che accadono, e che non sono tutte ovviamente riportate dai media, fanno sì che nel Mar Mediterraneo vi siano molti cadaveri e quindi i pescatori usano segnalare sulle loro mappe nautiche le zone dove hanno ritrovato i cadaveri e che preferiscono non frequentare più.

    D. – Quale lezione le sembra di poter trarre dall’esperienza di queste due persone che si sono trovate veramente legate per la vita?

    R. – Per quanto riguarda il pescatore, Vito, la nostra speranza è che tutti si possano comportare come lui, cioè una persona normale che di fronte ad una persona in difficoltà fa di tutto per aiutarla. Per quanto riguarda Mohamed, capire ancora meglio cosa vuol dire cercare un mondo migliore, cosa vuol dire il desiderio di essere liberi.

    Quella stessa libertà era ricercata da chi è fuggito in seguito allo scoppio della "primavera araba". Purtroppo, il Piano di emergenza per il Nord Africa, finalizzato alla loro accoglienza in Europa, sta per scadere e ancora non si conosce la sorte che toccherà ai circa 20 mila immigrati in attesa di uno status giuridico, in Italia, e di coloro che arriveranno dopo il 31 dicembre 2012. Nel frattempo, si investe ancora troppo poco nell’integrazione professionale degli stranieri, spesso tenuti per mesi in una sorta di “isolamento” sociale e nell’impossibilità di trovare un lavoro regolare. Restano controversi i rapporti marittimi tra Italia e Libia e la politica dei respingimenti continua a negare, di fatto, quel diritto all’asilo che le tutte le nazioni europee hanno formalmente sottoscritto.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Centrafrica: intervento dell’esercito del Ciad contro l’avanzata dei ribelli

    ◊   Tentare di arrestare l’avanzata dei ribelli nel centro del Paese. E’ l’obiettivo dei militari del Ciad che ieri, con una ventina di mezzi blindati, sono arrivati nella città di Kaga Bandoro nella Repubblica Centrafricana. Alcune fonti riferiscono che l’esercito dovrebbe già aver raggiunto le località controllate dall’Unione delle forze democratiche per il raggruppamento (Ufdr) e da altri due gruppi parte della coalizione di ribelli chiamata Sèlèka. Oggi i ribelli hanno continuato l’offensiva iniziata il 10 dicembre, conquistando Kabo a 350 chilometri dalla capitale Bangui dopo aver preso ieri il controllo della città mineraria di Bria. Come riportato all’agenzia Misna dall’emittente centrafricana Radio Ndeke Luka, nella mattinata di ieri l’Ufdr ha preso controllo dell’aereoporto e del centro città dopo un breve combattimento con l’esercito governativo. Se non si riuscisse a bloccare l’avanzata dei ribelli, anche la capitale Bangui potrebbe diventare teatro di scontri. Qui alcune fonti locali hanno riferito all’agenzia Fides che “la situazione è ancora tranquilla ma cresce la preoccupazione della popolazione per gli sviluppi dell’offensiva ribelle. L’evoluzione della situazione del terreno può cambiare da un momento all’altro ed è difficile fare delle previsioni”. I ribelli di Sèlèka vogliono rovesciare il governo del presidente Francois Bozizè, accusato di non aver rispettato l’accordo di pace sottoscritto nel 2007 e di non aver attuato le raccomandazioni fornite nel corso del “dialogo politico inclusivo” del 2008. Sugli sviluppi dello scontro pesa l’incognita della reazione dei cittadini: un eventuale appoggio popolare ai ribelli metterebbe in seria difficoltà il regime di Bozizè ma per ora si ha notizia solo di diversi abitanti in fuga dai saccheggi delle milizie armate. (L.P.)

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    Filippine: vescovi duri contro il presidente Aquino per legge su salute riproduttiva

    ◊   L’ultimo atto per l’entrata in vigore della Legge per la Salute Riproduttiva (“Reproductive Health Bill”), cioè la firma del Presidente Benigno Aquino, avverrà entro la fine del 2012: lo ha annunciato lo stesso Presidente, a margine dell’approvazione del bilancio di previsione dello Stato. Il Parlamento filippino ha dato parere favorevole alla legge in due sessioni: prima la Camera, poi il Senato, dove lunedì 17 il provvedimento registrato 13 voti a favore e 8 contrari. Si prevede ora una sessione plenaria di entrambe le Camere per armonizzare i due testi, e poi la ratifica presidenziale, che sancirà l’entrata in vigore della legge. La normativa prevede il finanziamento statale a politiche di pianificazione familiare e di controllo delle nascite, incluse campagne per facilitare l'accesso agli anticoncezionali. La Chiesa cattolica, che con i gruppi pro-life ha combattuto contro questa legge, ha avuto parole dure verso il Presidente Aquino. Mons. Gabriel Reyes, vescovo di Antipolo e presidente della Commissione episcopale “Famiglia e vita”, ha dichiarato la sua preoccupazione per la nazione: “E’ già come dittatura, perché l'esecutivo controlla il Congresso e la magistratura”, ha affermato in una nota inviata all’agenzia Fides. Il vescovo, come molti altri osservatori, affermano che il Presidente ha “comprato il consenso” usando il “pork barell”, il contributo che i parlamentari ricevono per finanziare specifici progetti nei rispettivi distretti di origine. Almeno cinque membri del Congresso e anche altri parlamentari, rimarca il vescovo, “hanno cambiato la loro posizione a causa della pressione da Malacañang”, aggiungendo che “questo può diventare una minaccia per la democrazia del Paese”. Il vescovo di Bacalod, mons. Vicente M. Navarra, da parte sua ha invitato i fedeli a “obbedire a Dio, non agli uomini”. Nel bilancio dello Stato, appena approvato, per il Ministero della Sanità sono stanziati 51,1 miliardi di pesos che, come confermato dal governo, includono fondi per fornire servizi di educazione sessuale agli studenti, e offrire assistenza pubblica sui contraccettivi e sui metodi di pianificazione familiare. (R.P.)

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    Irlanda: per i vescovi la legge sull’aborto altera equilibrio tra i diritti di madre e figlio

    ◊   Forte preoccupazione dei vescovi cattolici d’Irlanda per la decisione presa ieri dal governo irlandese di regolamentare l‘interruzione di gravidanza, seppure nei limitati in cui la donna sia in grave pericolo di vita. L’annuncio - riferisce l'agenzia Sir - è stato dato ieri al termine di un dibattito interno al Paese, che era diventato infuocato in seguito a un tragico fatto di cronaca: la morte per setticemia, in ottobre, di una trentunenne di origini indiane, Savita Halappanavar, una settimana dopo la richiesta di aborto - respinta - presentata alla clinica universitaria di Galway. Appresa la notizia, a scendere in campo compatti sono stati ieri sera tardi tutti i quattro arcivescovi cattolici irlandesi che in un comunicato congiunto scrivono: “Se ciò che viene proposto dovesse diventare legge, il delicato equilibrio previsto dalla legge attuale e dalla pratica medica in Irlanda tra l‘uguale diritto alla vita di una madre e il suo bambino non ancora nato potrebbe venire alterato. Si aprirebbe la strada verso l‘uccisione diretta e intenzionale dei bambini non ancora nati. E questo non può mai essere moralmente giustificato in nessun caso”. Una sentenza della Corte suprema del 1992 aveva aperto la strada alla legalizzazione dell‘aborto in caso di grave rischio per la donna, ma la regolamentazione della materia non è mai stata portata a termine. E i vescovi commentano: “legiferare sulla base di quella sentenza imperfetta sarebbe tragico oltre che inutile”. “Il diritto alla vita - scrivono gli arcivescovi cattolici - è il più fondamentale di tutti i diritti”. I vescovi richiamano quindi la responsabilità dei rappresentanti politici dalla cui scelta di voto dipenderà l’esito della legge. E invocano “su una decisione di tale importanza morale fondamentale” che sia garantita ad ogni rappresentante politico il diritto e il rispetto della libertà di coscienza. “Nessuno ha il diritto di forzare o costringere qualcuno ad agire contro la propria coscienza. Il rispetto di questo diritto è il fondamento stesso di una società libera, civile e democratica”. (I.P.)

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    Brasile: assassinato padre Eduardo Texeira nel Rio Grande do Sul

    ◊   Era in macchina con un altro sacerdote e due malviventi l’hanno rapinato per poi sparargli due colpi di pistola mentre tentava di tornare all’automobile. E’ stato ucciso così padre Eduardo Texeira, parroco trentacinquenne di Santa Terezinha de Campo Bom. Come riportato nella nota inviata dalla Conferenza Nazionale dei vescovi del Brasile all’agenzia Fides, l’omicidio è avvenuto la sera del 16 dicembre a Novo Hamburgo nello stato del Rio Grande do Sul. Il giovane padre Texeira era stato ordinato sacerdote esattamente 3 anni fa e nel 2013 avrebbe assunto l’incarico di parroco presso la parrocchia di Sào Jorge nel quartiere Campina. (L.P.)

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    Libano: il nuovo Patriarca ortodosso incontra il presidente Sleiman

    ◊   Incontrando il nuovo patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Youhanna X Yazigi, il presidente libanese Michel Sleiman ha augurato "pieno successo" al servizio della Chiesa e si è detto disponibile a lavorare insieme "per salvaguardare i cristiani d'Oriente e assicurare loro una vita degna e perenne". Sleiman - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha detto di riferirsi non solo ai cristiani della Siria o dell'Iraq, ma anche a quelli palestinesi. Il nuovo patriarca si trova ancora a Balamand (in Libano), dove due giorni fa è stato eletto successore di Ignazio IV Hazim e dove viene visitato da molte personalità. All'uscita dall'incontro con il patriarca Sleiman ha detto ai giornalisti: "Auguriamo pieno successo a Sua Beatitudine perché la sua missione è difficile, soprattutto nelle circostanze difficili del presente, segnate dall'oppressione dei cristiani in Oriente". E ha aggiunto: "Non parlo solo dell'Iraq e della Siria, ma soprattutto della Palestina, perché la comunità ortodossa e le comunità cristiane patiscono un ingiusto trattamento e la colonizzazione. Noi dobbiamo spiegare tutti i nostri sforzi per salvaguardare i cristiani d'Oriente e assicurare loro una vita degna e perenne. Ciò richiede anche la responsabilità dei leader arabi e della comunità internazionale, che devono restare vicini alle minoranze presenti nei loro Paesi". "I dirigenti arabi - ha continuato - devono difendere le minoranze, qualunque sia la loro comunità, perché queste minoranze sono state la base dello sviluppo di questi Paesi. Nel mondo pluralista in cui viviamo oggi, la collaborazione con questi gruppi è essenziale, non a causa del loro peso demografico, ma per la civiltà di cui essi sono portatori". (R.P.)

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    Siria. Messaggio del patriarca Gregorios III: "Riconciliazione per arrivare alla pace"

    ◊   “Natale, tempo di riconciliazione, nel quale, nonostante le sofferenze, il terrore, la morte, le distruzioni, l’emigrazione e l’abbandono delle proprie case, occorre far risuonare i canti degli angeli, e sperare un futuro in cui l’umanità viva in pace, nel dialogo e nel rispetto reciproco”. A chiederlo, nel suo Messaggio di Natale, è il patriarca melchita di Antiochia, di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme, Gregorios III Laham. Pace, dialogo e rispetto sono questi “i valori alla base di una vera primavera araba e non la vendetta e l’egoismo di cui è pieno il mondo arabo con spargimento di sangue e di sofferenze per milioni di nostri bambini di diverse denominazioni religiose. Questo è il vero pericolo per i nostri Paesi”. Il patriarca - riferisce l'agenzia Sir - rivendica per i cristiani mediorientali, e per quelli siriani in modo particolare, “la ricerca della riconciliazione in modo non violento. Nessuno - scrive - ha il diritto di confinarci all’interno di una fazione, di armarci. Vogliamo la riconciliazione e solo questa cerchiamo seguendo il Vangelo. La riconciliazione evita parzialità, guarisce le ferite, supera l’odio, costruisce ponti di dialogo e di rispetto, fa riconquistare una vita normale, aiuta i poveri e coloro colpiti dai disastri. Essa è la via per costruire il futuro e non solo in Siria”. Il messaggio ribadisce, inoltre, la preghiera e “l’impegno della Chiesa a fianco degli sfollati, dei rifugiati, degli orfani, delle vedove, dei poveri, e di coloro che hanno paura e che vacillano davanti al momento presente”. Le preghiere del patriarca si estendono, infine, anche al “caro Libano diviso che vacilla, alla Giordania, alla Palestina, martire per le divisioni sue interne e per quelle del mondo arabo, a Israele che non sa che la sua salvezza è nel mondo arabo e da nessuna altra parte”. (R.P.)

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    Terra Santa: Ordinari cattolici invitano i fedeli a non abbandonare i pellegrinaggi

    ◊   Malgrado gli eventi tragici di Gaza e le tensioni mediorientali, “non abbiate paura di visitare la vostra Chiesa Madre: gli itinerari dei pellegrini sono sicuri e lontani dai pericoli”. E’ l’appello della Commissione episcopale per i pellegrinaggi che opera in seno all’Assemblea degli Ordinari cattolici per esortare i pellegrini di tutto il mondo ad andare in Terra Santa e a non annullare i loro viaggi. “Amici pellegrini non abbandonate la Terra Santa - si legge nell’appello diffuso dal Patriarcato latino di Gerusalemme e ripreso dall'agenzia Sir - Qui sarete sempre ben accolti da tutti, ebrei, cristiani e musulmani, perché il pellegrino è una figura di pace e di preghiera. Noi crediamo che i pellegrinaggi in Terra Santa contribuiscano alla pace e siano un segno di solidarietà per gli abitanti di qui. Essi hanno il bisogno di non sentirsi abbandonati. I due Ministeri del Turismo in Israele e Palestina, fanno tutto il possibile per accogliere i pellegrini in Terra Santa”. Fino ad oggi, sono 3 milioni e trecentomila i turisti e i pellegrini giunti in Israele, il 60% dei quali è cristiano. Nel 2011, un milione di pellegrini è stato a Betlemme. (R.P.)

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    Argentina: incontro cordiale tra i vescovi e la presidente Kirchner

    ◊   Si è svolto in un clima di armonia e dialogo sincero, l’incontro tra il Comitato esecutivo della locale Conferenza episcopale e la Presidente dell’Argentina Cristina Fernández de Kirchner. Lo afferma un comunicato inviato all’agenzia Fides. Nel corso dell’incontro è stato regalato al Capo dello Stato un presepio, con immagini di Gesù Bambino, Maria e Giuseppe, ed è stato consegnato il documento dei vescovi "Noi crediamo in Gesù Cristo, il Signore della storia". Il portavoce dell'episcopato, padre Jorge Oesterheld in una conversazione con i giornalisti, ha detto che i vescovi si sono mostrati soddisfatti per i colloqui avuti con la Presidente nel corso dei quali si è evidenziato la necessità di rafforzare i legami tra gli argentini. Padre Oesterheld ha ripetuto l’affermazione contenuta nel documento dei vescovi pubblicato pochi giorni fa sulla “necessità di rafforzare i legami tra gli argentini, evitando le divisioni e il clima di confronto”. Il Comitato Esecutivo dei vescovi, ha apprezzato la preoccupazione della Presidente sul tema della tratta di esseri umani, e hanno confermato la comune preoccupazione per l'aumento della tossicodipendenza nei giovani. Si è inoltre discusso della possibile riforma del codice civile e su questo tema, i vescovi, hanno sottolineato l'importanza per la Chiesa di tutto ciò che è legato alla cura della vita e la famiglia. (R.P.)

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    Regno Unito: presentate le linee-guida per i matrimoni tra cristiani e musulmani

    ◊   “Quando due fedi si incontrano: matrimonio, famiglia e cura pastorale. Principi etici”. Si intitolano così le linee-guida per i matrimoni interreligiosi, presentate nel Regno Unito, dal Forum cristiano-musulmano. Lo rende noto un comunicato della Conferenza episcopale inglese. “Queste linee-guida – afferma mons. Paul Hendricks, co-presidente del Forum – offrono un valido aiuto sia ai sacerdoti che agli imam” e “considerato il numero crescente di coppie cristiano-musulmane che si accostano al matrimonio, dobbiamo porre maggior attenzione al particolare supporto pastorale di cui esse hanno bisogno, così da aiutare i coniugi a scoprire nel matrimonio un luogo di dialogo ed un legame benefico tra le due religioni”. Nate dall’esperienza di cristiani e musulmani che per molti anni hanno svolto la loro missione pastorale con coppie di religione mista, le linee-guida sono scaricabili gratuitamente al link ed invitano i rappresentanti religiosi ad accogliere le coppie interreligiose, prestando loro “l’attenzione di cui hanno bisogno in un momento così importante della loro vita e ribadendo che è necessario un grande rispetto per garantire la libertà religiosa di ciascun coniuge e dei rispettivi familiari”. Dal suo canto, il direttore musulmano del Forum, Julian Bond, ha parlato di sfida “difficile, ma importante per il dialogo tra fedi diverse, per la cooperazione e la risoluzione di conflitti”, richiamando poi alla memoria “le esperienze di dialogo e di condivisione di riflessioni su diversi temi”, portate avanti dal Forum nel corso degli anni. Infine, la Chiesa inglese ha ricordato un documento pubblicato nel 2010, dedicato al dialogo interreligioso. Intitolato “Incontrare Dio nell’amico e nello straniero: promuovere il rispetto e la comprensione reciproca tra le religioni”, tale testo evidenzia che, con tutte le sue sfide, “il matrimonio misto può offrire l’opportunità di un approfondimento della fede ed un arricchimento culturale”. Quindi conclude: “Il credo e le pratiche religiose del coniuge non cristiano devono essere trattati con il dovuto rispetto, dando ad essi tutta la considerazione possibile, in linea con la fede e la dottrina cattolica”. Infine, la nota dei vescovi inglesi riporta qualche dato: secondo un sondaggio effettuato su otto diocesi del Paese, nel 2010 circa il 16% dei cattolici ha sposato una persona di religione non cristiana. (A cura di Isabella Piro)

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    Canada: solidarietà dei vescovi per le vittime della sparatoria di Newtown

    ◊   Sono state riaperte ieri le scuole negli Stati Uniti, Paese ancora profondamente scosso dalla sparatoria avvenuta venerdì scorso nella scuola primaria “Sandy Hook” a Newtown, nel Connecticut, in cui sono morti venti bambini e sei adulti. Tra i tanti messaggi di cordiglio e solidarietà al Paese, anche quello dei vescovi canadesi: “I canadesi si uniscono agli americani e al resto del mondo per piangere in questa tragica ora”, scrive mons. Richard Smith, presidente della Conferenza episcopale canadese, in una lettera indirizzato al card. Timothy Dolan, che guida i vescovi statunitensi. Esprimendo “vicinanza, preghiere sincere e profonde condoglianze”, mons. Smith ribadisce: “Non sono soltanto la comunità di Newtown e gli Stati Uniti a conoscere il dolore, ma l’insieme della società nordamericana”, dove “le forme insensate e disumane che assume la violenza ossessionano e manipolano la cultura”. Le vittime, si legge ancora nel messaggio della Chiesa canadese, non sono solo quelle di Newtown, perché “ciascuno di noi oggi si sente ferito, segnato nel cuore e nell’anima a causa delle immagini della sofferenza umana, a causa del male e della crudeltà di tali atti di violenza”. Guardando, quindi, all’imminente solennità del Natale, mons. Smith eleva una preghiera affinché il Signore “in questa tragica ora aiuti la società attuale a rispettare meglio il carattere sacro della vita ed ispiri tutte le comunità a servire ed a proteggere, con le loro decisioni, il bene comune”. Infine, la Chiesa di Ottawa auspica che tutte le popolazioni del nord America possano “riscoprire il prezzo ed il valore di ogni vita e di ogni famiglia umana”. (I.P.)

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    Canada: Messaggio dei vescovi per il Natale

    ◊   Il Sinodo dei vescovi sulla Nuova Evangelizzazione, la canonizzazione di Kateri Tekakwitha, prima santa indiana d’America e l’Anno della Fede. Sono questi i tre “preziosi doni” ricevuti dalla Chiesa nell’anno che sta per concludersi. E’ quanto si legge nel Messaggio di Natale dei vescovi canadesi incentrato sul tema della fede e della nuova evangelizzazione al quale è stato dedicato il Sinodo dello scorso ottobre. L’assise – sottolinea il Messaggio firmato dal presidente della Conferenza episcopale mons. Richard Smith, arcivescovo di Edmonton - ci ha ricordato che “credere nella Buona Novella significa accettare nella gioia la nostra dignità di figli e figlie del Padre in Cristo” e che “evangelizzare è diffondere con la Parola e la testimonianza il dono della salvezza di Dio. E’ aprire la via alla pace e al perdono alla carità e alla giustizia”. Ma il 2012 è stato un anno particolarmente importante per la Chiesa in Canada per un altro evento: la canonizzazione della sua prima santa, Kateri Tekakwitha, che le ha offerto “l’opportunità privilegiata di conoscere meglio i popoli autoctoni, di ringraziare il Signore per quello che sono e cercare la grazia della riconciliazione”. “Si dice che alla sua morte Dio abbia fatto scomparire le cicatrici lasciate dal vaiolo sul suo viso. Ma il nostro Dio – sottolineano i presuli - vuole innanzitutto guarire le ferite dei nostri cuori e del nostro spirito”. Facendo eco alle parole del Santo Padre Benedetto XVI durante la solenne apertura dell’Anno della Fede lo scorso ottobre, i vescovi canadesi esortano poi tutti i fedeli a riscoprire nei prossimi mesi “la gioia del credere” e di condividere la speranza che nasce dalla fede. In conclusione l’invito ad accettare con riconoscenza e a condividere generosamente questi tre grandi doni: “l’oro prezioso dell’evangelizzazione, la mirra profumata della riconciliazione e l’incenso inebriante della fede”.(L.Z.)

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    Nuovi accordi tra Sudan e Sud Sudan

    ◊   Importante passo avanti nei negoziati tra Sudan e Sud Sudan. Nel corso dei colloqui tenuti ad Addis Abeba tra le due parti è stato infatti raggiunto un accordo in 11 punti per sbloccare l’esecuzione degli 8 patti firmati dai presidenti Omar al-Bashir e Salva Kiir lo scorso 27 settembre. Come riportato dall’agenzia Fides, l’intesa più rilevante è il via libera alle esportazioni del petrolio del Sud Sudan via Sudan che erano state bloccate a causa delle richieste di Karthoum di immediata esecuzione degli accordi di sicurezza frontaliera e di impegno del governo di Juba nel troncare qualsiasi rapporto con il Movimento di Liberazione del Popolo Sudanese al nord. Le autorità sudsudanesi non hanno ancora commentato l’accordo. (L.P.)

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    Sri Lanka: 20 mila persone colpite dalle inondazioni

    ◊   Oltre 6 mila persone evacuate e 600 abitazioni distrutte o gravemente danneggiate. E’ il primo bilancio diramato ieri dagli esperti del Disaster Management Center (Dmc) sulle alluvioni che stanno colpendo da giorni alcuni distretti dello Sri Lanka. La zona maggiormente colpita è quella di Matale, al centro del paese, e in tutti e dieci i distretti dove è in atto l’allerta le forti pioggie non accennano a fermarsi. Le persone costrette a lasciare le proprie case sono state smistate in 29 centri di evacuazione ma in totale si contano circa 20mila coinvolti dalle inondazioni in sei delle nove provincie del Paese. Come riportato dall’agenzia Fides, dopo le frane e la conseguente impraticabilità delle strade, l’accesso alle comunità interessate è ripreso. Il Dmc ha previsto per le prossime ore la continuazione del fenomeno atmosferico e un probabile aumento delle vittime. (L.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 354

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.