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Sommario del 16/12/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Angelus: prego per le vittime della “violenza insensata” nella scuola americana
  • Messa del Papa nella parrocchia di San Patrizio: praticare la giustizia per prepararsi all'incontro con l'Amore
  • Il Papa benedice i "Bambinelli" dei presepi per la gioia dei bambini
  • Onorati: nel suo Messaggio per la pace, il Papa esorta un nuovo modello di sviluppo
  • Oggi in Primo Piano

  • Elezioni in Giappone: per gli exit poll, vittoria dei liberaldemocratici
  • Strage bambini Usa. Mosti: l’amore delle maestre più forte del male
  • Due anni dall'inizio della "Primavera araba": il mondo ricorda la rivoluzione partita dalla Tunisia
  • Messa del Patriarca di Gerusalemme a Gaza: la pace ha bisogno di fede e buona volontà
  • Mons. Canobbio: il cristiano aspetta con fiducia la fine del mondo
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Egitto: per i Fratelli Musulmani, ha vinto il sì al referendum sulla Costituzione
  • Siria: raid aereo su campo profughi palestinese, decine di morti
  • Sri Lanka: chiese attaccate da buddisti radicali, cristiani chiedono libertà religiosa
  • I vescovi delle Filippine dicono no ad aborto e contraccezione
  • Spagna: il 30 dicembre a Madrid, la Festa della Famiglia
  • In Nicaragua ancora alto il tasso del lavoro minorile
  • A Betlemme, il nuovo frantoio dei salesiani: servirà per la popolazione svantaggiata
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Angelus: prego per le vittime della “violenza insensata” nella scuola americana

    ◊   All’Angelus, il Papa ha espresso tutto il suo dolore per le vittime della “violenza insensata” nella scuola di Newtown in Connecticut, nella quale hanno perso la vita 27 persone, di cui 20 bambini. Il Papa ha assicurato le sue preghiere, invocando la benedizione del Signore per quanti sono stati colpiti da questa tragedia. Prima delle parole sulla strage negli Usa, il Papa si era soffermato sulla figura di Giovanni Battista. La conversione, ha detto, “comincia dall’onestà e dal rispetto degli altri”. Ed ha esortato a non contrapporre giustizia e carità, “entrambe necessarie”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Natale è vicino e forse, anche per questo, la tragedia che ha sconvolto l’America appare ancora più terribile. All’Angelus, il Papa afferma di essere stato “profondamente rattristato” dalla notizia della “violenza insensata” che ha reciso la vita di così tanti bambini in una scuola del Connecticut:

    “I assure the families of the victims…”
    “Assicuro la mia preghiera e vicinanza alle famiglie delle vittime, specialmente – ha detto il Papa - a quelle che hanno perso un bambino”. E ha invocato il Dio della consolazione affinché “possa toccare i loro cuori e dare sollievo al loro dolore”. Durante l’Avvento, ha aggiunto, “dedichiamoci più ferventemente alla preghiera e ad azioni di pace”. E ha concluso invocando “abbondanti benedizioni” del Signore a quanti “sono stati colpiti da questa tragedia”. Prima delle parole sulla strage di Newtown, il Papa si era soffermato sulla figura di Giovanni Battista, presentata dal Vangelo domenicale. In particolare, Benedetto XVI ha rivolto la sua attenzione ai dialoghi del Battista con la folla, i pubblicani e i soldati. Nel primo, ha osservato, si vede come la giustizia debba essere animata dalla carità:

    “La giustizia chiede di superare lo squilibrio tra chi ha il superfluo e chi manca del necessario; la carità spinge ad essere attento all’altro e ad andare incontro al suo bisogno, invece di trovare giustificazioni per difendere i propri interessi. Giustizia e carità non si oppongono, ma sono entrambe necessarie e si completano a vicenda”.

    Ad alcuni pubblicani, cioè esattori delle tasse, invece, Giovanni Battista chiede di “non esigere nulla di più di quanto è stato fissato”:

    “Il profeta, a nome di Dio, non chiede gesti eccezionali, ma anzitutto il compimento onesto del proprio dovere. Il primo passo verso la vita eterna è sempre l’osservanza dei comandamenti; in questo caso il settimo: ‘Non rubare’”

    Quindi, ai soldati, Giovanni chiede di non abusare del loro potere:

    “Anche qui la conversione comincia dall’onestà e dal rispetto degli altri: un’indicazione che vale per tutti, specialmente per chi ha maggiori responsabilità”.

    Al momento dei saluti ai pellegrini, il Papa ha esortato in francese a vivere l’Anno della Fede con rinnovata gioia in ogni ambito della nostra vita. Quindi, parlando in polacco, ha salutato l’Opera Natalizia Aiuto ai Bambini ed ha auspicato che questa iniziativa porti gioia nei cuori di molti bambini. Un saluto particolare, poi, lo ha rivolto ai rappresentanti dell’agenzia di informazione religiosa Zenit. Il Papa non ha, infine, mancato di rivolgere un appello in vista dell’incontro europeo della Comunità di Taizé che si terrà a Roma, dal 28 dicembre al 2 gennaio prossimi:

    “Ringrazio le famiglie che, secondo la tradizione romana di accoglienza, si sono rese disponibili ad ospitare questi giovani. Poiché, grazie a Dio, le richieste sono superiori alle attese, rinnovo l’appello già rivolto nelle parrocchie, affinché altre famiglie, con grande semplicità, possano fare questa bella esperienza di amicizia cristiana”.

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    Messa del Papa nella parrocchia di San Patrizio: praticare la giustizia per prepararsi all'incontro con l'Amore

    ◊   Occorre cambiare condotta di vita, praticare la solidarietà e la giustizia per prepararsi ad accogliere l’amore di Dio: è l’invito lanciato da Benedetto XVI durante la Messa della terza Domenica d’Avvento presieduta stamani nella parrocchia romana di San Patrizio al Colle Prenestino. Il servizio di Sergio Centofanti:

    San Patrizio è una parrocchia nella periferia orientale di Roma che supplisce alla carenza di strutture e servizi sociali della zona ed è diventata un vero centro di aggregazione sociale e spirituale. Siete “una Chiesa viva!” afferma Benedetto XVI. Nell’omelia il Papa, che veste la casula rosa della Domenica “Gaudete”, in cui la liturgia invita alla gioia, richiama proprio questo impegno del cristiano a non vivere una fede intimista, ma a diffondere in modo concreto la felicità ricevuta dal Signore:

    “Chi accoglie i doni di Dio in modo egoistico, non trova la vera gioia; invece chi trae occasione dai doni ricevuti da Dio per amarlo con sincera gratitudine e per comunicare agli altri il suo amore, questi ha il cuore veramente pieno di gioia”.

    Commentando le parole di Giovanni Battista nel Vangelo di questa terza Domenica d’Avvento, il Papa ricorda che chi vuole seguire Gesù deve cambiare vita:

    “Dio non esige niente di straordinario, ma che ciascuno viva secondo criteri di solidarietà e di giustizia; senza di essi non ci si può preparare bene all’incontro con il Signore”.

    Il cammino di fede, dunque, è un passare dalla giustizia proclamata da Giovanni Battista all’amore donato da Gesù:

    “Se viviamo con coerenza la nostra vita cristiana, Egli ci attirerà a Sé, ci condurrà alla comunione con Lui; e nel nostro cuore ci sarà la vera gioia e la vera pace, anche nelle difficoltà, anche nei momenti di debolezza”.

    Chi fa questa esperienza – sottolinea il Papa – non ha “più alcun motivo di sfiducia, di scoraggiamento, di tristezza”, qualunque sia la situazione che deve affrontare, perché è certo della presenza del Signore. Solo il peccato ci allontana da Dio:

    “Però, anche quando noi ci allontaniamo, Egli non cessa di amarci e continua ad esserci vicino con la sua misericordia, con la sua disponibilità a perdonare e a riaccoglierci nel suo amore”.

    Al termine dell’omelia, il Papa si è rallegrato per la vitalità di questa parrocchia di periferia, invitando le varie realtà ecclesiali presenti a “vivere la complementarietà nella diversità”, perché questa comunità possa essere sempre più “aperta e pronta ad accogliere ogni persona sola o in difficoltà”. Ha esortato a far crescere “la corresponsabilità pastorale” e a “consolidare l’esperienza della catechesi” in occasione di quest’Anno della fede. Infine si è rivolto ai giovani presenti:

    “Sentitevi veri protagonisti della nuova evangelizzazione, mettendo le vostre fresche energie, il vostro entusiasmo e le vostre capacità a servizio di Dio e degli altri, nella comunità”.

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    Il Papa benedice i "Bambinelli" dei presepi per la gioia dei bambini

    ◊   Al momento dei saluti, dopo l’Angelus, il Papa ha rivolto un pensiero speciale ai bambini che oggi erano in Piazza San Pietro per la tradizionale benedizione dei “Bambinelli” dei presepi. Prima dell’Angelus, i piccoli del Centro Oratori Romani e i loro genitori avevano partecipato alla Messa nella Basilica vaticana presieduta dal cardinale Angelo Comastri. Il servizio di Marina Tomarro:

    “Il Signore ci manda continuamente delle persone che ci ricordano che se vogliamo incontrare Gesù dobbiamo cambiare il cuore. Recentemente ci ha mandato una donna che come una stella cometa ci ha indicato la strada verso Betlemme, Madre Teresa di Calcutta”: così questa mattina il cardinale Angelo Comastri ha spiegato a bambini e adulti presenti alla celebrazione eucaristica, che il cammino verso la Grotta non lo percorriamo da soli, ma c’è chi illumina i nostri passi nella notte:

    “Mentre Madre Teresa moriva, a Calcutta ci fu un terribile temporale e nella zona dove stava la Madre ci fu un blackout, e così la donna che ha mandato tanta luce è morta al buio. E la suora che la teneva tra le braccia – suor Gertrude – disse: ‘Forse anche questo è un segno’. Gesù ha voluto dirci: ‘Con la morte di Madre Teresa si spegne una luce in questo mondo. Ora sta a voi, riaccenderla. Ognuno sia una luce che indica la strada di Betlemme’”.

    E il porporato ha ripercorso alcuni dei passaggi più importanti della vita di Madre Teresa, dalla promessa al Signore di spendere tutta la sua esistenza per seminare briciole d’amore, a quella luce speciale che emanavano i suoi occhi, che un giorno colpirono tanto un fotografo che le chiese quale fosse il suo segreto:

    “Madre Teresa rispose testualmente: ‘Il segreto è tanto semplice. I miei occhi sono felici perché le mia mani asciugano tante lacrime. E’ l’egoismo che rende infelici: glielo assicuro, si informi bene. Lei non troverà mai un egoista felice!’”.

    E il cardinale ha invitato i presenti a seguire l’esempio di Madre Teresa, e di divenire una piccola stella cometa che con la luce della carità, indica la strada che porta a Gesù. Davvero tanti erano questa mattina i bambini e i grandi arrivati a Piazza San Pietro per la tradizionale benedizione dei Bambinelli. Ascoltiamo alcune testimonianze:

    R. - Il Presepio nella nostra casa non manca mai, e averlo quest'anno, come tutti gli anni, con la benedizione del Santo Padre dà un valore in più! E poi, è un momento per stare in famiglia in un bel posto.

    R. - ... per benedire due bambinelli, di cui uno è già benedetto: uno per la camera mia, e l'altro per la sala da pranzo.

    D. - E tu in che modo ti prepari all'arrivo di Gesù Bambino?

    R. - Con la preghiera, facendo la buona con la mamma e con gli amichetti.

    R. - Ricordo che da bambina, mamma mi portò a far benedire il Bambinello. E' una cosa che mi è sempre rimasta e vorrei farlo fare anche a mio figlio, perché vorremmo che l'avvenimento fondamentale del Natale fosse Gesù che nasce ...

    R. - Io aspetto Gesù Bambino con il cuore aperto, e per questo sono venuto qui, oggi, dal Papa a fare benedire il mio Bambinello.

    D.- In che modo, invece, vi preparate in famiglia all'arrivo del Natale?

    R. - In quest'anno, che è ancora più difficile del solito, stando molto vicini, con amore.

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    Onorati: nel suo Messaggio per la pace, il Papa esorta un nuovo modello di sviluppo

    ◊   “La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative”. E’ quanto affermato, ieri sera, dal cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace in un incontro al Centro Culturale Alfonso Commod in Val d'Aosta. La necessità di un nuovo modello di sviluppo è anche sottolineata nel Messaggio del Papa per la prossima Giornata mondiale della Pace. Un documento nel quale Benedetto XVI ribadisce che le crisi alimentari sono ben più gravi di quelle finanziarie. Fabio Colagrande ne ha parlato con Antonio Onorati responsabile del coordinamento del Comitato Internazionale per la Sovranità Alimentare:

    R. - Sicuramente è un elemento di fondamentale riferimento politico, che spesso è dimenticato dai governi. Noi siamo convinti - e lo diciamo ormai da molti anni, da quando nel 2007 la crisi economica è diventata crisi di sicurezza alimentare - che questo è ’elemento centrale. Bisogna aggiungere, però, che la crisi finanziaria o meglio il dominio della finanza è un elemento costituente di questa nuova crisi di insicurezza alimentare.

    D. - Subito dopo, infatti, il Papa parla delle oscillazioni repentine dei prezzi delle materie prime agricole come principiale causa di questa crisi, chiedendo più controlli da parte dei governi e della comunità internazionale. E’ d’accordo con questa sua impostazione?

    R. - Sì, siamo assolutamente d’accordo: non solo si tratta di più controllo, ma si tratta di una speculazione finanziaria che si è impossessata del commercio dei prodotti agricoli, togliendo qualunque riferimento ai prezzi mondiali, che poi ricadono sui Paesi, tra la produzione e l’andamento della produzione e il valore di queste produzioni. La speculazione finanziaria, però, non nasce per cattiveria di alcuni: nasce da elementi di decisioni politiche molto chiare. Ci sono delle normative che sono state approvate prima dal sistema delle Borse internazionali - e in particolare quelle basate negli Stati Uniti - e poi da quello europeo. Questi elementi sono gli elementi che hanno permesso di poter scommettere su grandi variazioni di prezzi delle derrate alimentari. Questi strumenti dell’industria finanziaria vanno aboliti!

    D. - Per capire meglio: a cosa allude il Papa, quando parla di comportamenti irresponsabili da parte di alcuni operatori economici?

    R. - Per capirlo meglio, facciamo un esempio. A partire dal 2002-2004, una parte dei fondi di investimento - sia privati, che pubblici - hanno trovato che investire in contratti per l’acquisto di grano o di riso, avrebbe prodotto un risultato economico vantaggioso e non nel commercio di questi prodotti, ma nel commercio dei contratti di vendita di questi prodotti. Quindi, lentamente, il valore scritto su questi contratti è andato lievitando nello scambio tra investitori finanziari e non tra produttori agricoli e industriali: chi comprava i contratti del grano non era il mulino, ma era una banca d’affari! Questo rifugio verso le materie prime agricole è stato un rifugio che ha prodotto livelli di profitto elevatissimi e inattesi: non è un atteggiamento di alcuni irresponsabili, ma è un meccanismo borsistico che sta funzionando e che deve essere assolutamente bloccato, con un controllo da parte dei governi e con delle normative che lo impediscano. Questa speculazione appare, in questi ultimi anni, proprio perché sono state variate le leggi che regolano le Borse: non appare certo casualmente!

    D. - Il Papa auspica che gli agricoltori delle piccole realtà rurali siano messi in condizione di poter svolgere la loro attività in modo dignitoso e sostenibile. Quanto c’è da fare ancora in questo senso?

    R. - C’è da fare moltissimo. La prima cosa - e questo il Papa fa bene a ricordarlo ai governanti e non solo ai volontari di pace - è che la piccola agricoltura, l’agricoltura di piccola scala, è l’agricoltura che alimenta il mondo. Non è la grande agricoltura industriale: il 75, l’80 per cento di quello che ciascuno di noi mangia, anche nei Paesi sviluppati, è prodotto da piccoli agricoltori. I piccoli agricoltori sono quelli, però, che soffrono di più la crisi economica, la crisi sociale, la crisi ambientale, il cambiamento climatico, perché prima di tutto si abbatte su di loro. Quello che manca è che non ci sono politiche specifiche per i piccoli agricoltori!

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    Oggi in Primo Piano



    Elezioni in Giappone: per gli exit poll, vittoria dei liberaldemocratici

    ◊   In Giappone i primi exit pool, diffusi dai network televisivi, segnalano la vittoria dei Liberaldemocratici dell’ex premier Shinzo Abe alle elezioni generali anticipate che si sono svolte oggi nel Paese. Sconfitto il Partito Democratico al potere. Le operazioni di voto sono terminate alle 12, ora italiana. Per i risultati ufficiali bisogna aspettare questa sera. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    Si profila una disfatta per il Partito Democratico del premier Noda. Le proiezioni parlano di una vittoria schiacciante della coalizione dei conservatori, che supera lo scenario disegnato dagli ultimi sondaggi preelettorali. Ai Liberaldemocratici, infatti, andrebbero da un minimo di 275 seggi ad un massimo di 310. Agli alleati di New Komeito una trentina. Questo significherebbe la conquista di oltre i due terzi della Camera Bassa, composta da 480 deputati. Magro il bottino dei Democratici: la forbice è tra i 55 e i 77 seggi, a fronte peraltro di un avanzamento della formazione ultranazionalista accreditata per il momento intorno ad una cinquantina di seggi. Per gli analisti si tratta di una svolta a destra del Paese, con i Liberaldemocratici che tornano al potere dopo tre anni e che in virtù di un risultato del genere hanno la possibilità di rovesciare le decisioni della Camera Alta dove non c’è una maggioranza netta. Quasi scontata, dunque, la linea del nuovo esecutivo nipponico: allentamento monetario e grandi investimenti pubblici in tema di economia, che è stato il tema principale della campagna elettorale; fermezza in politica estera, soprattutto nei confronti della Cina in merito alle Isole contese; mantenimento del nucleare, sul fronte energetico, nonostante il disastro di Fukushima.

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    Strage bambini Usa. Mosti: l’amore delle maestre più forte del male

    ◊   L’America è sempre sotto shock per la strage alla scuola di Newtown, nel Connecticut, dove oggi si recherà il presidente Barack Obama. La tragedia ha rinnovato l’annoso dibattito sulla facilità di accesso alle armi negli Usa, ma a prevalere, in queste ore, sono il dolore per i tanti bambini rimasti uccisi e l’ammirazione per le maestre che hanno sacrificato la vita per salvare i loro alunni. Proprio su questa straordinaria testimonianza di amore di fronte al male, Alessandro Gisotti ha intervistato Eleonora Mosti, segretario nazionale dell’Aimc, Associazione Italiana Maestri Cattolici:

    R. – Quando entriamo in aula, entriamo anche nel vissuto di questi nostri bambini, di questi nostri alunni, e quindi anche la relazione che iniziamo con loro comporta una dedizione totale. Ora, di fronte ad un male così eccessivo rimaniamo sempre sgomenti: come ha detto il Santo Padre, è un evento così insensato e scioccante che ci lascia attoniti. Nello stesso tempo, da questo male dobbiamo anche ricavare il bene, questo bene che ci porta a riflettere sulla scuola.

    D. – Quello che colpisce dalle testimonianze raccolte in quei momenti terribili, è la straordinaria naturalezza con la quale queste maestre – anche giovanissime – hanno dedicato la vita, sacrificandola, per questi bambini …

    R. – E’ proprio perché si entra in un mondo, il mondo dei nostri ragazzi e bambini! Un mondo fatto di cuori, di storie, di vissuti che in qualche modo sentiamo di dover proteggere. Per cui, viene naturale fare come ha fatto una delle insegnanti, che li ha chiamati “i suoi sedici angeli”, nella sua classe: è vero! Abbiamo questo senso materno, che poi più che un senso materno è un senso di protezione. Fino a dar la vita.

    D. – Un cristiano si interroga anche su questo: ritorna, in fondo, la domanda di Auschwitz: dove era Dio, in questa situazione?

    R. – Dio, noi lo abbiamo abbandonato, e queste stragi sono anche un risultato di questa visione. Dobbiamo rientrare nel rapporto con Dio. Ma siamo noi ad abbandonare Dio, perché Lui non ci abbandona mai, ed ecco che Lui è entrato anche in questa storia così tragica, proprio tramite l’atto eroico di una persona che diventa strumento di Dio e del bene – in questo caso – grazie alla prontezza e al coraggio della preside, dell’altra insegnante, così giovane – aveva solo 27 anni, che ha nascosto i bambini negli armadi, con grande prontezza e lucidità … Ecco, credo che l’intervento divino abbia sempre l’ultima parola …

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    Due anni dall'inizio della "Primavera araba": il mondo ricorda la rivoluzione partita dalla Tunisia

    ◊   Secondo anniversario, domani, dall’inizio della cosiddetta "Primavera araba", il movimento di rivoluzioni che ha portato alla caduta di diversi governi dittatoriali, dalla Tunisia all’Egitto, e poi la Libia, passando anche per lo Yemen e il Bahrein. Il mondo intero ricorda quel primo drammatico gesto compiuto dal giovane ambulante tunisino Mohamed Bouazizi che si diede fuoco in segno di protesta dopo l’ennesimo sopruso subito dalla polizia della sua città, Sidi Bouzid. Gesto che segna simbolicamente l’inizio della rivolta e il lungo doloroso cammino verso la democrazia. Tanti scenari diversi un comune denominatore, come conferma Massimiliano Cricco, docente di Relazioni internazionali all’Università di Urbino ed esperto di Medio Oriente al microfono di Cecilia Seppia:

    R. – Si tratta di una situazione complessa che ha avuto un trait d’union che è stato soprattutto la volontà popolare, perché per queste "primavere arabe" si sono mobilitati milioni di persone e soprattutto giovani, uniti nella richiesta di maggiore democrazia, rispetto di diritti fondamentali, proteste contro la disoccupazione, la povertà, la stagnazione economica e, soprattutto, la corruzione dei regimi al potere.

    D. – Tunisia con la caduta di Ben Alì, l’Egitto con Mubarak, ma anche il Barhein, lo Yemen, la Libia di Gheddafi: come sono cambiati gli scenari da due anni a questa parte e soprattutto si può parlare davvero in questi Paesi di avvento della democrazia?

    R. – Vediamo che la situazione è diversa da Paese a Paese. Partiamo proprio dalla Tunisia e vediamo che la vittoria di partiti legati fortemente all’islamismo delinea un nuovo scenario che in questo momento fa pensare al rispetto della volontà popolare. C’è, sì, una modernizzazione, una democratizzazione apparente, ma forse dovremmo aspettare alcuni anni per valutare esattamente quello che sta succedendo. In Egitto, dopo un iniziale slancio rinnovatore, democratico, oggi Mohammed Morsi sta invece mostrando il volto duro del regime e si sta un po’ trasformando nel “nuovo faraone”. Per quanto riguarda la Libia di Gheddafi, lì c’era addirittura un regime in cui il capo si faceva chiamare la “guida” e il “maestro”. Anche lì, rovesciamento popolare, però con diverse anime e, anche lì, dalla rivolta popolare si è passati a tutto quello che è stato poi, soprattutto con l’alleanza della Nato, i Paesi occidentali in modo particolare la Gran Bretagna e la Francia, che hanno contribuito notevolmente alla caduta di Gheddafi e all’instaurazione di questo nuovo governo che è, sicuramente, sulla carta, democratico, ma bisogna vedere quanto effettivamente abbia il controllo della situazione e governi il territorio.

    D. – Tratto distintivo, da un lato la caduta di governi dittatoriali, dall’altro però l’inasprimento di tensioni interne preesistenti alla rivoluzione…

    R. – Indubbiamente questa è la situazione che si va delineando. Sono saltati un po’ i "tappi" di questi leader di certo carismatici, che al tempo stesso esercitavano il potere con autorità e dura repressione delle loro opposizioni. C’era dunque una stabilità apparente. Oggi invece, chiaramente, riemergono anche le contraddizioni che c’erano sempre state all’interno di questa società. E’ un po’ il prezzo della democrazia.

    D. - Il ruolo della comunità internazionale durante la rivolta ma soprattutto dopo, nel difficile periodo della transizione politica di questi Paesi, come è stato e com’è tuttora?

    R. – La prima considerazione che si può fare, per esempio sul ruolo dell’Unione europea, è purtroppo uno scollegamento totale tra gli Stati membri, visioni differenti, mancanza di coordinamento politico e, soprattutto, una sorta di spaesamento verso la gestione della transizione. L’approccio dell’Europa è stato sempre quello di un certo egoismo.

    D. – L’attore principale di questa rivolta, dunque il popolo, i giovani in particolare, come diceva lei, ma non dimentichiamoci anche le donne…

    R. – Assolutamente sì, e soprattutto, potremmo aggiungere, le donne giovani, che sono scese in piazza con i ragazzi a piazza Tahrir al Cairo, che non hanno più fatto uso, in alcuni casi, anche delle immagini caratteristiche di veli o di altri freni culturali e hanno collaborato fattivamente, attivamente, alla protesta popolare.

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    Messa del Patriarca di Gerusalemme a Gaza: la pace ha bisogno di fede e buona volontà

    ◊   Per la prima volta a Gaza, dopo la guerra, oggi il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, mons. Fouad Twal, ha celebrato una Messa nella chiesa della Sacra Famiglia, dove la comunità cattolica conta circa 180 fedeli. Il servizio è di Serena Picariello, giornalista del Franciscan Media Center, il centro televisivo della Custodia di Terra Santa:

    E’ una tradizione la visita di mons. Twal nei giorni precedenti al Natale. Ma quest’anno il suo arrivo e lo stesso Natale hanno un sapore diverso in questo quartiere di Gaza che porta i segni recenti della violenza. “Abbiamo sentito la tregua come un miracolo, e questo Natale è una vera e propria rinascita anche per noi”, ci ha raccontato George, uno dei cristiani di Gaza che questa mattina hanno accolto il Patriarca. E' uno di quei cristiani che spera di poter festeggiare il Natale a Betlemme tra pochi giorni se le autorità israeliane concederanno i permessi per raggiungere la città nella quale è nato Gesù. Una speranza sottolineata dallo stesso mons. Twal in un’omelia dedicata al senso del Natale, festa di gioia e di pace. Natale che scende dal cielo ma che ha anche bisogno di uomini di buona volontà. Una pace sempre invocata per Gaza e per la Terra Santa, come invocata è la fede “che dev’essere forte in noi – ha concluso il Patriarca – per continuare a vivere in questa terra”.

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    Mons. Canobbio: il cristiano aspetta con fiducia la fine del mondo

    ◊   Con l'approssimarsi del 21 dicembre si moltiplicano sui mezzi di comunicazione gli articoli dedicati alla presunta “fine del mondo” che, secondo alcuni interpreti del calendario Maya, coinciderebbe proprio con quella data. Al di là della poca serietà della previsione, colpisce il fatto che il 21 dicembre cada proprio nel periodo liturgico dell'Avvento. Una circostanza che si presta a una riflessione, questa volta seria, sulla 'fine dei tempi' secondo la dottrina cristiana. La riflessione di mons. Giacomo Canobbio, docente di teologia sistematica alla Facoltà teologica dell'Italia settentrionale, al microfono di Fabio Colagrande:

    R. - Mi sembra che queste notizie, che stimolano la curiosità di molte persone, non solo non abbiano alcun fondamento, ma esprimano una specie di desiderio delle persone di dominare il tempo, di controllarlo, perché si accorgono che è l’unica cosa che non si riesce in alcun modo a dominare. L’illusione di poter stabilire una data per la fine del mondo è già stata, in qualche modo, "smagata" da Gesù stesso quando, negli Atti degli Apostoli, i discepoli domandano a Gesù: “Ma è questo il tempo nel quale stabilirai il Regno di Israele?”. La risposta di Gesù è molto chiara: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti, perché questo è fissato dal Padre mio”. Così nel Vangelo di Marco, Gesù stesso dice: “Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre”, che equivale a dire: “E’ un’illusione quella di poter fissare un momento per la fine del mondo”. La fine del mondo va pensata, invece, come il compimento di tutta la realtà che Dio stesso vuole realizzare; è il compimento proprio perché non è dato, non ci appartiene, lo aspettiamo nella fiducia che quello che Dio dispone per noi non sia distruzione, ma sia piena realizzazione del desiderio di vita che tutti noi portiamo dentro.

    D. - Questa presunta fine del mondo coincide per noi credenti con l’Avvento, periodo in cui ci prepariamo a celebrare la festa dell’Incarnazione - il Natale - ma nel quale anche riflettiamo sulla seconda venuta del Signore: il ritorno glorioso, la fine dei tempi. Quale riflessione ci suggerisce, dunque, questo tempo liturgico?

    R. - Noi non possiamo attendere di nuovo la nascita di Gesù. Gesù è nato, è morto e resuscitato ed è per questo che noi lo possiamo attendere nello spirito, affinché Egli sia il nostro Salvatore; e lo sia nell’oggi, nella condizione nella quale viviamo. Questa attesa dilata il nostro cuore, affinché ci disponiamo ad accoglierlo, al termine della nostra vita ed al termine dell’umanità. In ultima analisi, quello che ogni persona vive dentro di sé in termini di attesa, non è altro che una rappresentazione simbolica di ciò che l’umanità stessa è in attesa di poter ricevere come dono. Il dono che riceviamo è precisamente la Salvezza, e la Salvezza non è altro che il termine sintetico per indicare la pienezza dell’esistenza del singolo e dell’umanità. Non stiamo ad attendere il Messia che viene nel giorno del Natale, stiamo attendendo il Signore presente continuamente, che realizza per noi e per l’umanità intera il destino che Dio ha pensato per noi, che ripeto è la pienezza della vita.

    D. - Come dobbiamo guardare, però, alla seconda venuta di Gesù Cristo, a questa fine dei tempi, che fa parte della nostra fede…

    R. - Se ci mettiamo nella prospettiva che il Signore è il Salvatore, dobbiamo aspettarlo con fiducia. Questo non vuol dire che, allora, possiamo vivere superficialmente. Quindi, anche la dimensione del giudizio va tenuta presente, tuttavia, non nella prospettiva della minaccia, ma piuttosto in quella del confronto: “Io sto corrispondendo alla salvezza che il Signore Gesù vuole donarmi e mi dona ogni giorno?”. In questo senso, mi pare che la prospettiva si sposta sul rapporto che il credente ha con il Signore: è un rapporto nello stesso tempo purificatore - ecco il senso del giudizio - e che porta a compimento. La fine del mondo non la possiamo prefigurare. Sicuramente, questo mondo è fragile, lo vediamo continuamente, anche dal punto di vista fisico e biologico, ma questo non vuol dire che ci sarà una distruzione catastrofica. Da quello che possiamo cogliere nella Scrittura, sarà una trasformazione in un mondo corrispondente al desiderio che Dio ha messo dentro di noi.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Egitto: per i Fratelli Musulmani, ha vinto il sì al referendum sulla Costituzione

    ◊   In Egitto prosegue lo scrutinio delle schede dopo il primo round del discusso referendum sulla nuova costituzione. Avrebbe vinto il ‘si’ con il 56%, secondo i dati non ufficiali diffusi stamattina dal partito della "Liberta e della Giustizia" del presidente Morsi. Al Cairo, invece, ci sarebbe stata la vittoria del ‘no’. Questa prima fase ha riguardato 10 regioni, il prossimo 22 dicembre si vota nell’altra metà del Paese. Se confermato, il quadro evidenzia una maggioranza molto esigua. Una situazione che, secondo gli osservatori, è destinata ad accrescere le polemiche su un testo che recepisce i principi della ‘Sharia’ – la legge islamica – e che l’opposizione considera poco rispettoso delle minoranze religiose e politiche. Per il leader dell’opposizione, El Baradei, “Il Paese è sempre più diviso e le fondamenta dello stato Egiziano stanno vacillando”. (E. B.)

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    Siria: raid aereo su campo profughi palestinese, decine di morti

    ◊   Nuova giornata di violenza in Siria: ci sarebbero decine di morti per un bombardamento aereo dell’esercito contro una moschea nel campo profughi palestinese di Yarnoukh, alla periferia di Damasco. Attivisti segnalano scontri in corso anche in altre zone nei dintorni della capitale, mentre la giornata di ieri si è conclusa con un bilancio di un centinaio di vittime. Intanto, ieri ad Amman le forze di opposizione hanno fondato una nuova organizzazione denominata il "Libero Raduno Nazionale" che mira a proteggere le istituzioni dello Stato nella lotta contro il presidente Assad. La struttura – precisano – non sarà alternativa alla Coalizione Nazionale Siriana nata lo scorso novembre in Qatar. Sul fronte diplomatico, l’Iran ha criticato la batteria antimissilistica che sarà installata a ridosso del confine turco sotto l’egida della Nato. Per Teheran l’operazione rappresenta la base per una “guerra mondiale”. Damasco, infine, ha chiesto all'Onu la rimozione delle sanzioni economiche imposte da Usa e Unione Europea, considerate la principale causa di sofferenza del popolo siriano.

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    Sri Lanka: chiese attaccate da buddisti radicali, cristiani chiedono libertà religiosa

    ◊   Sconcerto nelle comunità cristiane srilankesi dopo gli ultimi episodi di violenza perpetrata da monaci e laici buddisti radicali: come riferito dall’agenzia Fides, i cristiani rinnovano al governo l'appello alla difesa della libertà religiosa. La comunità è scossa dopo l'attacco a una chiesa protestante, il 9 dicembre scorso, a Weeraketiya, nel distretto di Hambantota, provincia meridionale dello Sri Lanka. Una folla di circa mille persone in preda a un furore religioso, fra i quali numerosi monaci buddisti, hanno preso d'assalto l'edificio e ferito il pastore Pradeeep. La folla ha devastato la chiesa, distruggendo arredi sacri, attrezzature, auto parcheggiate. Il giorno prima dell'incidente, un gruppo di buddisti e di monaci aveva visitato il pastore, intimandogli che, senza il permesso del clero buddista, non poteva condurre culto cristiano a Weeraketiya, pena la distruzione della chiesa. Dopo il rifiuto del pastore, che ha invocato i diritti costituzionali, è giunto l'attacco. Nel 2012 le comunità cristiane in Sri Lanka, di diverse confessioni, hanno registrato circa 50 casi di attacchi da parte buddista. Nel settembre scorso il vescovo cattolico di Mannar, mons. Rayyappu Jospeh - che aveva chiesto un’indagine internazionale sugli abusi commessi dal governo nella guerra civile, ai danni dei ribelli tamil - era stato lievemente ferito da una sassaiola, nell'attacco a una chiesa cattolica e Karusal, nel distretto di Mannar. Ad agosto 2012 alcuni monaci buddisti hanno occupato i locali della Chiesa Avventista del Settimo giorno nella città di Deniyaya (sempre nel Sud dell'isola), trasformandola in un tempio buddista. Oltre il 70% dei 20,4 milioni di persone in Sri Lanka sono buddisti, e appartengono perlopiù al gruppo etnico dominante, quello singalese. I cristiani sono stimati a 8,4 per cento della popolazione, e il 40% di loro appartiene alla minoranza etnica tamil. Fra i gruppi buddisti violenti vi è il "Buddhist Power Force" ("Bodu Bala Sena") che recentemente ha chiesto ai suoi seguaci di "difendere il Paese dai musulmani e dai cristiani". Il movimento più potente è il partito politico dei monaci buddisti, il "Jathika Hela Urumaya" ("Fronte Nazionale della Libertà"), partner del governo di coalizione. (A.G.)

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    I vescovi delle Filippine dicono no ad aborto e contraccezione

    ◊   I vescovi delle Filippine dicono no alla contraccezione che “corrompe i giovani” ed è “la madre dell’aborto”. Così, in una Lettera pastorale, la Conferenza episcopale locale s’inserisce nel dibattito in corso nel Paese in occasione della discussione di una legge sulla salute riproduttiva, approvata nei giorni scorsi alla Camera e tra breve al voto al Senato. Il testo della lettera - riferisce Fides - sarà letto oggi all’inizio della solenne Novena di preparazione al Santo Natale. “Il progetto di legge può danneggiare la nostra nazione – si legge nel testo a firma del vicepresidente mons. Socrates Villegas, che è anche arcivescovo di Lingayen-Dagupan – la legge è presentata come un regalo per la cura della salute materna ma porterà a maggiori crimini contro le donne”. Le preoccupazioni espresse dai presuli riguardano maggiormente il possibile incoraggiamento all’infedeltà coniugale e all’aborto e anche che passi il messaggio secondo cui “il sesso prima del matrimonio è accettabile a condizione di sapere come evitare le gravidanze”. “I nostri parlamentari siano fedeli alla loro vocazione a servire gli autentici interessi del popolo filippino – si legge ancora negli stralci riportati da Fides – ciò significa sostenere la vita dicendo no alla contraccezione e restando fedeli a Cristo bambino”. I presuli, infine, denunciano che i soldi che saranno investiti per garantire i mezzi anticoncezionali potrebbero “essere meglio utilizzati per l’istruzione e l’assistenza sanitaria autentica”. (R.B.)

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    Spagna: il 30 dicembre a Madrid, la Festa della Famiglia

    ◊   L’arcidiocesi di Madrid e la Spagna si preparano alla Festa della Famiglia che sarà celebrata nel Paese il 30 dicembre prossimo. Attese anche famiglie da altri Paesi europei. Il tema scelto per quest’anno è tratto da una frase di Benedetto XVI: “La famiglia cristiana è la speranza di oggi” e vuole essere un messaggio di gioia sulla famiglia come conseguenza delle fede in Dio e del piano divino sull’istituzione familiare. Questo il programma della giornata, riportato dall'agenzia Sir: prima il collegamento con Roma per pregare insieme all’Angelus del Papa, poi la Messa presieduta dall’arcivescovo e presidente della Conferenza episcopale spagnola, cardinale Antonio Rouco Varela, infine le testimonianze di Kiko Arguello, fondatore del Cammino neocatecumenale, e di mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia. Nei giorni precedenti la festa, precisamente venerdì 28, si svolgerà l’Adorazione Eucaristica per le famiglie e la vita, nei Jardines del Descubrimiento e saranno sistemati anche confessionali per il Sacramento della Riconciliazione. (R.B.)

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    In Nicaragua ancora alto il tasso del lavoro minorile

    ◊   Nonostante gli sforzi del governo sandinista tornato al potere nel 2007, non accenna a diminuire il dato del lavoro minorile in Nicaragua. Secondo il rapporto della Fondazione nicaraguense per lo Sviluppo economico e sociale (Funides), emerge che ancora è il 42.8% dei minori tra i 14 e i 15 anni, nel Paese, a lavorare, come pure il 4.6% di quelli tra i 6 e i 13. Questi, infatti, riferisce l'agenzia Fides, sono comunque inseriti all’interno della fascia della popolazione economicamente attiva del Nicaragua, calcolata come il 58.2% della popolazione locale. La maggior parte dei minorenni che lavorano, infine, secondo i dati in possesso del Ministero del lavoro locale aggiornati al 2012, sono impegnati nei campi come braccianti. (R.B.)

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    A Betlemme, il nuovo frantoio dei salesiani: servirà per la popolazione svantaggiata

    ◊   Olio per la crescita economica e sociale della popolazione svantaggiata di Betlemme: è quello che verrà prodotto nel nuovo frantoio della cantina salesiana di Cremisan, costruito grazie all’impegno dei salesiani e del Volontariato internazionale per lo Sviluppo (Vis), con cui i responsabili sperano “che anche l’attività di olivicoltura venga trainata verso alti livelli di rendimento”. Un obiettivo che “assume un valore ancor più significativo in considerazione delle difficoltà affrontate per via delle rinnovate tensioni nella zona”. La cantina e la coltura dell’olivo rappresentano i maggiori introiti per le attività dei salesiani in Terra Santa. Come riportato dall’agenzia Sir, coloro che beneficeranno della costruzione del nuovo frantoio sono in forma diretta gli operatori della cantina e i contadini locali, e in forma indiretta gli studenti dei centri educativi salesiani e le famiglie povere che ricevono gli aiuti dei salesiani di Betlemme, poiché i ricavi delle attività del frantoio andranno a coprire i costi per le attività educative e della produzione del pane. (L.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 351

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