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Sommario del 07/12/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla Commissione teologica: non la fede in Dio, ma il relativismo genera la violenza
  • Prima predica d'Avvento di padre Cantalamessa: c'è un mondo post-cristiano da rievangelizzare
  • Il Papa nomina mons. Gänswein prefetto della Casa Pontificia
  • Altre udienze e nomine
  • Vigilia dell'Immacolata. Il mariologo padre Perrella: è la festa della misericordia di Dio
  • Una nuova Papamobile per Benedetto XVI
  • Mons. Mamberti all’Osce: cresce l’intolleranza religiosa nel mondo, i cristiani sono i più discriminati
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Migliaia di manifestanti in marcia verso il Palazzo presidenziale
  • Il card. Rodríguez Maradiaga: comunità internazionale attiva in Siria solo per vendere armi
  • L'Onu esorta alla mobilitazione per fronteggiare la carestia in Somalia
  • Ultimo giorno della Convention sulla povertà in Europa: si lavora a un'agenda di interventi
  • I partiti al Quirinale. Il commento di Roberto Mazzotta
  • Censis: le famiglie italiane perdono il 40% della ricchezza in 10 anni
  • Europa: il 60% degli anziani è donna. L'Europarlamento discute di patologie e prevenzione
  • Insegnanti cattolici riuniti a Tivoli: "Dialogare per educare"
  • "Il Mio futuro da oggi": chiusa a Roma la manifestazione dedicata a giovani e lavoro
  • Il cardinale Scola: sì alla laicità positiva, quella "neutrale" è intollerante
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Pakistan: ferita in modo grave missionaria cristiana anti-blasfemia
  • Siria: i cristiani assiri nell’opposizione chiedono di fermare gli estremisti salafiti
  • Filippine: presidente Aquino visita zone colpite dal tifone. Caritas lancia allarme epidemie
  • Africa: in vigore la Convezione che protegge gli sfollati interni
  • Elezioni in Burkina Faso: vittoria del partito al potere del presidente Compaoré
  • L’impegno dei cattolici nello sport: al via il Meeting nazionale di Csi
  • Mons. Andreatta: costuiremo chiese e cappelle nei centri commerciali di Roma
  • Contributi editoria: Zanotti (Fisc) “con i tagli in pericolo il pluralismo”
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla Commissione teologica: non la fede in Dio, ma il relativismo genera la violenza

    ◊   Servendo “fedelmente la verità della fede”, i teologi “possono partecipare allo slancio evangelizzatore della Chiesa”: è uno dei passaggi chiave del discorso che Benedetto XVI ha rivolto, stamani, ai membri della Commissione teologica internazionale, ricevuti in Vaticano in occasione della sessione plenaria. Il Papa si è soffermato in particolare sul tema del sensum fidei, il sentire dei fedeli che – ha detto – non può essere in contrasto con il Magistero della Chiesa. Quindi, ha ribadito che mai si può giustificare la violenza in nome di Dio. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto da mons. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e nuovo presidente della Commissione teologica. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Qual è il “codice genetico della teologia cattolica”? Benedetto XVI ha sviluppato il suo intervento muovendo da questo interrogativo, affrontato anche nei lavori della Commissione teologica. Il Papa ha osservato come innanzitutto la teologia non vada confusa “addirittura con le scienze religiose” e che essa è “inscindibilmente confessionale e razionale”. Quindi, ha messo l’accento sull’attenzione che i teologi devono riservare al sensus fidelium, il sentire comune dei fedeli. Questo dono, ha osservato, “costituisce nel credente una sorta di istinto soprannaturale che ha una connaturalità vitale con lo stesso oggetto della fede”. Esso, ha aggiunto, “è un criterio per discernere se una verità appartenga o no al deposito vivente della tradizione apostolica”. E tuttavia, ha avvertito, “è particolarmente importante precisare i criteri che permettono di distinguere il sensus fidelium autentico dalle sue contraffazioni”:

    “In realtà, esso non è una sorta di opinione pubblica ecclesiale, e non è pensabile poterlo menzionare per contestare gli insegnamenti del Magistero, poiché il sensus fidei non può svilupparsi autenticamente nel credente se non nella misura in cui egli partecipa pienamente alla vita della Chiesa, e ciò esige l’adesione responsabile al suo Magistero”.

    Questo senso della fede dei credenti, ha aggiunto, porta a “reagire con vigore anche contro il pregiudizio secondo cui le religioni, ed in particolare le religioni monoteiste, sarebbero intrinsecamente portatrici di violenza”. E ciò, “a causa della pretesa che esse avanzano dell’esistenza di una verità universale”. Alcuni, ha avvertito, ritengono invece che “il politeismo dei valori” sarebbe garanzia di “tolleranza” e “pace civile” e “sarebbe conforme allo spirito di una società democratica pluralistica”. Un’affermazione non vera, giacché, ha ricordato, “il Signore attesta un rifiuto radicale di ogni forma di odio e violenza a favore del primato” dell’amore:

    “Se dunque nella storia vi sono state o vi sono forme di violenza operate nel nome di Dio, queste non sono da attribuire al monoteismo, ma a cause storiche, principalmente agli errori degli uomini”.

    “Piuttosto – ha soggiunto - è proprio l’oblio di Dio ad immergere le società umane in una forma di relativismo, che genera ineluttabilmente la violenza”:

    “Quando si nega la possibilità per tutti di riferirsi ad una verità oggettiva, il dialogo viene reso impossibile e la violenza, dichiarata o nascosta, diventa la regola dei rapporti umani. Senza l’apertura al trascendente, che permette di trovare delle risposte agli interrogativi sul senso della vita e sulla maniera di vivere in modo morale, senza questa apertura, l’uomo diventa incapace di agire secondo giustizia e di impegnarsi per la pace”.

    Se dunque la “rottura del rapporto degli uomini con Dio”, ha constatato, “porta con sé uno squilibrio profondo nella relazione tra gli uomini” allora la riconciliazione con Dio, operata da Cristo “nostra pace” è “la sorgente fondamentale dell’unità e della fraternità”. Il Papa ha quindi concluso il suo intervento pregando la Vergine Immacolata, “modello di chi ascolta e medita la Parola di Dio” affinché ottenga ai teologi la grazia di “servire sempre gioiosamente l’intelligenza delle fede a favore di tutta la Chiesa”.

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    Prima predica d'Avvento di padre Cantalamessa: c'è un mondo post-cristiano da rievangelizzare

    ◊   Nella Cappella Redemptoris Mater, questa mattina, il Papa, ha ascoltato la prima predica d’Avvento di padre Raniero Cantalamessa. Il predicatore della Casa Pontificia ha proposto una riflessione sull’Anno della Fede, riservandosi di trattare il cinquantesimo anniversario del Concilio Vaticano II e infine il Sinodo per l’evangelizzazione e la trasmissione della fede cristiana nelle prossime 2 settimane. Oggi il religioso cappuccino ha insistito sul senso della fede: come formarla, darle contenuto e renderla operante nella carità. Il servizio di Tiziana Campisi:

    Nell’Anno della Fede lo studio e la riscoperta del Catechismo della Chiesa Cattolica apre alla “ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto, custodito ed offerto nei suoi duemila anni di storia”. Padre Raniero Cantalamessa lo ha sottolineato affermando che è compito del cristiano far sì che le pagine del testo pubblicato vent’anni or sono divengano “qualcosa di vivo che fa vibrare l’anima”, proprio come uno strumento fa vivere una partitura scuotendo i cuori con il suo suono. Il predicatore della Casa Pontificia ha citato più volte le parole del Papa nella lettera “Porta fidei”, rimarcando che la fede va vissuta. Anzitutto come incontro con Cristo, partendo dal kerygma – l’affermazione dell’opera di Dio in Cristo e del mistero pasquale di morte e risurrezione – e proseguendo con la didachè – l’insegnamento successivo alla fede, la formazione completa del credente:

    “La nostra situazione – venerabili padri e fratelli – è tornata ad essere la stessa, o per lo meno molto simile a quella degli apostoli. Essi avevano davanti a sé un mondo precristiano da evangelizzare; noi abbiamo davanti a noi, almeno per certi aspetti e in certi ambienti, un mondo post-cristiano da rievangelizzare. E dobbiamo ritornare al loro metodo, riportare alla luce 'la spada dello Spirito' – come la chiama la Lettera agli Ebrei – che è l’annuncio, in Spirito e potenza, di Cristo morto e risorto per i nostri peccati”.

    Ma padre Cantalamessa ha precisato che, a differenza di alcune Chiese non cattoliche che puntano tutto sull’accettazione di Gesù come Signore, è la Chiesa cattolica ad insegnare che dall’adesione a Cristo “si apre il cammino verso la crescita e la pienezza della vita cristiana”, e ciò attraverso i sacramenti, il magistero, l’esempio dei santi. Infine, il predicatore della Casa Pontificia ha spiegato in che modo l’eterno è entrato nel tempo:

    “… il Verbo. Il Padre l’ha porto a Maria; Maria lo ha accolto, se ne è riempita, anche fisicamente, le viscere, e poi l’ha dato al mondo, lo ha ‘proferito’ partorendolo. Lei è il modello di ogni evangelizzatore e di ogni catechista”.

    Maria, ha concluso padre Cantalamessa, “ci insegna a riempirci di Gesù per darlo agli altri”.

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    Il Papa nomina mons. Gänswein prefetto della Casa Pontificia

    ◊   Il Papa ha nominato prefetto della Casa Pontificia mons. Georg Gänswein, suo segretario particolare, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Urbisaglia, con dignità di arcivescovo. Il comunicato della Sala Stampa vaticana non parla della nomina di un nuovo segretario particolare del Papa, pertanto mons. Gänswein continuerà a svolgere anche l’incarico precedente.

    Mons. Gänswein, nato 56 anni fa a Waldshut (Baden-Württemberg, Germania), è stato ordinato sacerdote il 31 Maggio 1984 e incardinato nell'arcidiocesi di Freiburg im Breisgau. Laureato in Diritto Canonico nel 1993 presso la Katholisch-Theologische Fakultät della Ludwig-Maximilians-Universität di München, dopo essere stato giudice del Tribunale Diocesano e collaboratore personale dell'arcivescovo di Freiburg im Breisgau, nel 1995 è stato assunto presso la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Nel 1996 è stato trasferito alla Congregazione per la Dottrina della Fede, dove in seguito ha svolto l'ufficio di segretario personale del prefetto, l’allora cardinale Joseph Ratzinger, di cui è diventato segretario particolare con la sua elezione al Pontificato. Oltre al tedesco, conosce anche l’italiano, il francese, l’inglese, lo spagnolo e il latino.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il nuovo ambasciatore di Grecia presso la Santa Sede, Georgios Papadopoulos, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali. Quindi, ha ricevuto l’ambasciatore del Perù, César Castillo Ramirez con la Consorte, in visita di congedo.

    Il Papa ha nominato il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni del 50.mo anniversario del Santuario della Madonna della Salute a Vailankanni, in India, e del 25.mo anniversario dell’istituzione della Conferenza Episcopale (C.C.B.I.), in programma dal 9 all’11 febbraio 2013.

    In Kazakhstan, il Pontefice ha nominato amministratore apostolico di Atyrau il sacerdote Adelio Dell’Oro, del clero dell’Arcidiocesi di Milano, elevandolo all’episcopato e assegnandogli la sede titolare vescovile di Castulo.

    In Nigeria, Benedetto XVI ha nominato vescovo della Diocesi di Ahiara il Rev. Sac. Peter Ebere Okpaleke, del clero di Awka, attualmente Giudice del Tribunale Inter-diocesano della Provincia Ecclesiastica di Onitsha.Il neo presule è nato il 1° marzo 1963, ad Amesi, “Aguata Local Government Area”, nello Stato di Anambra. Dopo aver frequentato le scuole locali, nel 1983 è entrato nel Bigard Memorial Major Seminary, a Ikot-Ekpene e Enugu, dove ha svolto i corsi di Filosofia e Teologia (1983-1992). È stato ordinato sacerdote il 22 agosto 1992 ed incardinato nella Diocesi di Awka. Dopo l’Ordinazione ha ricoperto i seguenti incarichi: Segretario aggiunto del Vescovo e procuratore della residenza vescovile; Membro, Aguata Local Goverment Education; Studi superiori presso il CIWA, Port Harcourt; Cappellano alla “Nnamdi Azikiwe University”, Awka, e Amministratore finanziario della Diocesi Studi superiori in Diritto Canonico a Roma, all’Università della Santa Croce; Cancelliere della Diocesi di Awka, Segretario del Consiglio Pastorale Diocesano, Segretario del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei Decani, Esaminatore Diocesano; Membro del Canon Law Society of Nigeria Membro del Collegio dei Consultori, Membro del Comitato per la Creazione delle Diocesi, Giudice al Tribunale Inter-diocesano di Onitsha, parroco di Sts. John and Paul Parish, Umubele, Awka. La Diocesi di Ahiara (1987), è suffraganea della Sede Metropolitana di Owerri e ha una superficie di 425 kmq e una popolazione di 536.509 abitanti, di cui 422.789 sono cattolici. Ci sono 71 parrocchie servite da 147 sacerdoti (140 diocesani, 7 religiosi), 97 suore e 126 seminaristi maggiori. La Diocesi di Ahiara, è vacante dal 16 settembre 2010, a seguito della morte del primo Vescovo delle medesima Sede, S.E. Mons. Victor Chikwe.

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    Vigilia dell'Immacolata. Il mariologo padre Perrella: è la festa della misericordia di Dio

    ◊   Come può essere compresa la festa dell’Immacolata Concezione, in un contesto di progressiva scristianizzazione come quello che caratterizza la nostra epoca? Alla vigilia di una delle grandi solennità mariane dell’anno, Alessandro De Carolis ha rivolto questa domanda a padre Salvatore Maria Perrella, rettore della Pontificia Facoltà Teologia “Marianum”:

    R. – L’Immacolata cos’è se non il trionfo della bellezza, la bellezza che solo Dio sa dare e sa comunicare? Una bellezza che non è meramente estetica, ma è la bellezza di redenzione. La Chiesa, che è serva della redenzione, oggi, in un contesto così scristianizzato e scristianizzante, ha il dovere di evangelizzare la bellezza e Maria Immacolata è l’icona della bellezza redenta. Poi, c’è un secondo aspetto. Noi viviamo in una civiltà che fa fatica a perdonare. L’Immacolata che cosa ci dice? Che Dio, mediante questo dono di perdono a Maria – che è un dono anticipato, fin dal seno materno, perdono di una colpa non commessa ma trasmessa, comune a tutti – ci fa capire la preziosità del perdono. Se noi riusciamo a dare questo messaggio alla gente, cioè che l’Immacolata è l’icona del perdono e quindi è un invito a perdonarci gli uni gli altri, come Dio ci ha perdonato e ci perdona, questa è una seconda conquista del recupero della fede, che è poi nel programma dell’Anno della Fede. E c’è una terza ed ultima considerazione. In una società, civiltà e cultura così curva nel presente, l’Immacolata ci ricorda non solo l’uomo degli inizi ma che tutto ciò che inizia in Dio deve terminare in Dio e termina in Dio.

    D. – Come si colloca l’Immacolata nel contesto dell’Anno della Fede?

    R. – Che cos’è l’Anno della Fede? Benedetto XVI ha grande intelligenza ma soprattutto ha una strategia: recuperare i dispersi dal nichilismo, dal relativismo, dal qualunquismo e porli al centro del cuore di Dio. In questa strategia di recupero, l’umanità, che non è negativa – l’umanità è sempre figlia del Figlio di Dio e desidera risorgere – può risorgere appunto prendendo Maria come esempio dello stare presso il Signore con fede, carità e speranza. Io credo che se viviamo l’Anno della Fede con lo stile di Maria, sappiamo che Cristo è l’unico necessario.

    D. – Alla luce di ciò che ha detto, cosa vuol dire per un cristiano essere “immacolato”?

    R. – Questo non significa non avere il peso di ciò che è la nostra finitudine, di ciò che è la nostra fragilità umana. Questa pesantezza che ci viene dalla nostra esperienza, dalla nostra superficialità, dalla nostra superbia, è una grande sfida: stare con il Signore non solo è bello ma è arduo, impegnativo e alla fine porta soddisfazione non solo a Dio, ma alla persona credente.

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    Una nuova Papamobile per Benedetto XVI

    ◊   Nel pomeriggio di oggi, nei Giardini vaticani, è prevista la consegna al Benedetto XVI della nuova Papamobile Mercedes, in due esemplari. “La nuova Papamobile per Benedetto XVI – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - è una Mercedes-Benz Classe M dotata di un allestimento speciale che consentirà al Pontefice di essere vicino alla gente che incontra durante i suoi viaggi apostolici, nella massima sicurezza e comfort. La nuova Papamobile accompagnerà il Santo Padre già domani, in occasione della solennità dell’Immacolata Concezione e del tradizionale omaggio del Papa alla statua della Vergine in Piazza di Spagna, a Roma”.

    La nuova Papamobile – prosegue il comunicato – “presenta all’interno numerose tecnologie innovative volte a rendere ancora più efficiente l’impianto di climatizzazione e di illuminazione, così come la comunicazione tra il guidatore e la cupola posteriore. La carrozzeria è, come da tradizione, bianca madreperla e la vettura è complessivamente più bassa di alcuni centimetri rispetto alla precedente Papamobile, per consentire più agevolmente il trasporto aereo, indispensabile nei numerosi viaggi che la vedranno impegnata. Il progetto della nuova Papamobile è stato avviato un anno fa e sono serviti circa nove mesi per adattare la vettura alle esigenze del Santo Padre. Il concept e la produzione sono stati curati dagli ingegneri Mercedes con il supporto di partner esterni. L’alimentazione è a benzina verde, come per i modelli precedenti”.

    “È per noi una gioia poter accompagnare Sua Santità Benedetto XVI nei suoi viaggi”, ha dichiarato Dieter Zetsche, presidente di Daimler AG. “Un impegno importante che portiamo avanti con passione da tanti decenni per sentirci sempre al fianco del Santo Padre ed abbracciarlo ovunque egli sia”. Da oltre 80 anni, Mercedes-Benz segue con dedizione il Santo Padre nei suoi viaggi apostolici. Un impegno iniziato nel 1930 con la Nurburg 460 pullman limousine consegnata a Pio XI, proseguito negli anni ‘60 con Giovanni XXIII, al quale fu consegnata una 300d automatica e decappottabile, e Paolo VI che ricevette una Mercedes Benz 600 Pullmann Landaulet e più tardi una 300 SEL. Negli ultimi anni Giovanni Paolo II ha viaggiato a bordo di Classe G, per le celebrazioni in Piazza San Pietro, e della Classe M che oggi viene sostituita e consegnata a Papa Benedetto XVI.

    Fin dall’inizio del pontificato di Papa Giovanni Paolo II fu avvertita l’esigenza di una autovettura panoramica che consentisse al Papa una maggiore visibilità. Infatti, proprio Papa Wojtyła, nei suoi primi viaggi internazionali cominciati nel gennaio 1979 con la Repubblica Dominicana e il Messico, aveva preso l’abitudine a sedersi a fianco degli autisti di grandi autobus quando percepiva che l’autovettura ordinaria a lui destinata non offrisse un sufficiente contatto visivo con i fedeli.
    In quei due anni di viaggi, dal gennaio 1979 all’aprile 1981, i Paesi ospitanti, tenuti a fornire adeguati mezzi di trasporto, adattarono prevalentemente grandi autobus trasformandoli in moderne carrozze papali con qualche semplice modifica di allestimento e collocando ben in vista lo stemma pontificio. Proprio in questi giorni ha fatto notizia il ritrovamento di un autobus papale irlandese utilizzato da Papa Giovanni Paolo II nel settembre 1979 e rinvenuto casualmente nel Museo delle Cere di Dublino.

    Ma la prima autovettura panoramica nella configurazione attuale, quella conosciuta oggi comunemente con il nome di “Papamobile”, prese vita nel maggio 1982 con il viaggio apostolico in Gran Bretagna. Dopo l’attentato subìto da Papa Wojtyła nel maggio 1981 non ci furono viaggi apostolici per un anno e i Paesi ospitanti si resero immediatamente conto che oltre a soddisfare le esigenze di visibilità occorreva garantire la sicurezza del Pontefice. Nacquero quindi le auto panoramiche blindate costruite non più con grandi autobus ma elaborate su telai di vetture fuoristrada a quattro ruote motrici. Le prime due furono appunto costruite dalla British Leyland in Gran Bretagna mentre un’altra coppia di Papamobili fu costruita nello stesso anno in Spagna dalla Range Rover in occasione del viaggio apostolico del novembre 1982. Di questi esemplari, inglesi e spagnoli, ne furono donati alcuni alla Santa Sede per essere utilizzati nei successivi viaggi apostolici. Moltissimi Paesi però costruirono autonomamente ulteriori versioni di Papamobili, sia come gesto di creativa partecipazione locale per soddisfare le esigenze di mobilità del Papa nei viaggi sia per ovviare talvolta alle complesse e costose difficoltà di trasporto delle autovetture panoramiche dal Vaticano ai Paesi di destinazione, spesso in altri continenti. Ne furono così costruite alcune decine, di varie marche e modelli automobilistici, che oggi si trovano in vari musei del mondo a testimoniare il passaggio di una visita papale. Verso la fine degli anni 80’ la Daimler Benz costruì una versione di Papamobile molto elegante e sofisticata su telaio Mercedes classe GL offrendone due esemplari a Papa Giovanni Paolo II per i suoi viaggi. E instaurò con l’occasione la prassi che al momento della dismissione delle auto una fosse destinata al Museo di Stoccarda e l’altra ai Musei Vaticani (Museo delle carrozze). Così fu attuato infatti nel 2002 quando furono offerte sempre a Giovanni Paolo II due nuove Papamobili su telaio Mercedes classe M, le quali sono state poi utilizzate da S.S. Benedetto XVI fino ad oggi.

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    Mons. Mamberti all’Osce: cresce l’intolleranza religiosa nel mondo, i cristiani sono i più discriminati

    ◊   “Con l’aumento dell’intolleranza religiosa nel mondo, è ben documentato che i cristiani sono tra i più discriminati, anche nell’area Osce”: è quanto ha affermato ieri l'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, durante la diciannovesima riunione del Consiglio dei ministri dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce), svoltasi a Dublino. “Malgrado gli impegni assunti dagli Stati partecipanti nell’ambito della libertà religiosa – ha detto il presule - in alcuni Paesi continuano a esistere leggi, decisioni e comportamenti intolleranti e perfino discriminatori nei confronti della Chiesa cattolica e delle altre comunità cristiane che, attraverso le azioni o per omissione, negano tale libertà. In particolare, ci sono ancora interferenze illegittime nell’ambito della loro autonomia organizzativa, che impediscono loro di agire in modo coerente con le proprie convinzioni morali”.

    “Talvolta – ha sottolineato mons. Mamberti - viene esercitata una pressione indebita sulle persone che lavorano nell’amministrazione pubblica, in contrasto con la loro libertà di comportarsi conformemente ai dettami della loro coscienza. A volte i programmi educativi sono carenti nel rispettare debitamente l’identità e i principi dei cristiani e dei membri di altre religioni, e ci sono chiari segni di resistenza al riconoscimento del ruolo pubblico della religione”.

    “Nemmeno i media e il pubblico dibattito – ha affermato il presule - sono sempre liberi da atteggiamenti d’intolleranza e, talora, di vera e propria denigrazione dei cristiani e dei membri di altre religioni. I cristiani sono spesso oggetto di pregiudizio e di minacce di violenza, forse a causa della loro partecipazione attiva ai dibattiti pubblici per formare società più rispettose della vita e della dignità umana”.

    “Di fatto – ha rilevato il presule - i diritti associati alla religione hanno tanto più bisogno di protezione quanto vengono considerati in contrasto con un’ideologia secolare prevalente o con posizioni religiose maggioritarie di natura esclusiva. La piena garanzia della libertà di religione non può essere limitata al mero libero esercizio del culto, ma occorre dare la giusta considerazione alla sua dimensione pubblica, e quindi alla possibilità che i credenti svolgano la loro parte nella costruzione dell’ordine sociale. È inconcepibile che i credenti debbano sopprimere una parte di sé, vale a dire la loro fede, per poter essere cittadini attivi”.

    L’Osce – ha concluso il rappresentante vaticano – “dovrebbe dedicare un’attenzione specifica e sviluppare proposte efficaci per combattere l’intolleranza e la discriminazione nei confronti dei cristiani”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il codice genetico della teologia cattolica: Benedetto XVI a conclusione della plenaria della Commissione teologica internazionale.

    Viene l’agnella che porta in seno il Cristo: in prima pagina, Manuel Nin sulla preparazione della Natività del Signore.

    Per il riconoscimento pubblico della libertà di religione: nell’informazione internazionale, l’intervento dell'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, alla riunione del Consiglio dei ministri dell’Ocse.

    In cultura, sul significato spirituale dell’Immacolata Concezione e sulla figura della madre di Gesù nell’ambito dell’arte e della letteratura, articoli di Salvatore Perrella, Inos Biffi, Jean-Pierre De Rycke, Timothy Verdon, Roberto Cutaia e Pier Giordano Cabra.

    Donne che hanno fatto l’arte: Michela Beatrice Ferri su pittrici, scultrici e committenti nell’Europa moderna.

    Se l’eccezione diventa un principio: nell’informazione religiosa, i vescovi francesi sulla proposta di ampliare l’autorizzazione della ricerca sull’embrione.

    Se il catechisimo è un violino che scuote i cuori: la prima predica di Avvento alla presenza del Papa.

    Georg Gänswein prefetto della Casa Pontificia.

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    Oggi in Primo Piano



    Migliaia di manifestanti in marcia verso il Palazzo presidenziale

    ◊   Tensione alle stelle in Egitto: migliaia di manifestanti dell’opposizione stanno confluendo verso il palazzo presidenziale al Cairo per una nuova protesta contro il presidente egiziano, Mohamed Morsi. Almeno sette diversi cortei provenienti da direzioni diverse chiedono la "caduta del regime", dopo la svolta definita autoritaria del presidente islamista. Il presidente Morsi ha spiegato in Tv le ragioni del decreto cercando di aprire un dialogo che le opposizioni hanno rifiutato. Ieri è stata assaltata e data alle fiamme la sede dei Fratelli Musulmani nella capitale. Ma qual è l’atteggiamento di Morsi di fronte alla protesta? Davide Maggiore lo ha chiesto a Marcella Emiliani, esperta di Medio Oriente:

    R. – Quella di un politico in difficoltà. Infatti, una larga fetta della politica e soprattutto dell’opinione pubblica egiziana non si riconosce in quella bozza costituzionale.

    D. – Il presidente Morsi rischia di vedersi deposto dal potere?

    R. – Difficile immaginare come lo si possa deporre se non ricorrendo a vecchissimi metodi, ovvero quello del colpo di Stato. Morsi, però, aveva già provveduto a neutralizzare i personaggi dell’entourage militare che sarebbero potuti intervenire a indebolire il suo potere. Le caserme, per ora, stanno a guardare ma nessuno può garantire che non intervengano.

    D. – Un altro elemento riportato dalle cronache ieri è l’assalto dato da alcune centinaia di persone alla sede del Partito dei Fratelli musulmani: c’è il rischio di una deriva violenta da parte della piazza?

    R. – Assolutamente sì, perché l’opinione pubblica non strettamente confessionale si è sentita tradita due volte. I Fratelli musulmani non sono stati i promotori della rivolta di Piazza Tahrir che ha deposto Mubarak: sono intervenuti dopo alcuni giorni, quando ormai il regime stava subendo grosse scosse. Dopodiché, i Fratelli musulmani – certo, anche con le elezioni, che però sono state invalidate dalla magistratura – si sono impadroniti completamente del potere legislativo, poi esecutivo, poi giudiziario e hanno lasciato pochissimo spazio alle altre forze per esprimersi. Quindi, diciamo che se si continua di questo passo, i Fratelli Musulmani verranno visti come quelli che hanno scippato la rivoluzione e ora la stanno coniugando solo sui propri interessi.

    D. – E tuttavia, l’opposizione ancora oggi sembra divisa sulla scelta da fare al momento dell’ormai prossimo referendum costituzionale. Quali sono le prospettive di questo vasto schieramento?

    R. – L’opposizione si è unita in un Fronte di salvezza nazionale. Bisognerà vedere se la scelta che verrà fatta sarà quella di astensione dal referendum o se invece si cercherà di aggregare tutto le forze contro Morsi. Certo, comunque la si veda si va ad una spaccatura profonda dell’opinione pubblica e del mondo politico uscito da Piazza Tahrir, che certo non fa ben sperare.

    D. – In serata è arrivata anche la telefonata del presidente americano Obama: cosa possono veramente fare, gli Stati Uniti, per risolvere questa crisi?

    R. – Poco: essendo gli Stati Uniti il maggiore finanziatore del bilancio egiziano, possono premere però per un’eventuale diminuzione dei fondi da parte degli Stati Uniti ai quali potrebbero sopperire gli Emirati del Golfo …


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    Il card. Rodríguez Maradiaga: comunità internazionale attiva in Siria solo per vendere armi

    ◊   In Medio Oriente, col Natale alle porte, la situazione resta sempre difficile. I rapporti israelo-palestinesi continuano ad essere tesi. In Siria, invece, la guerra è ormai arrivata nel cuore del Paese: violenti scontri sono in corso a Damasco, mentre si continua a temere l’utilizzo di armi chimiche da parte dell’esercito di Assad. Ieri a Dublino non sono uscite grandi decisioni nell’incontro tra i capi delle diplomazie di Stati Uniti e Russia, Hillary Clinton e Serghei Lavrov, e l'inviato di Onu e Lega Araba Lakdar Brahimi. La situazione della popolazione è drammatica. Linda Bordoni ne ha parlato con il cardinale honduregno Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis:

    R. – It’s a pity that bloodshed is increasing in Syria and the International …
    E’ grave che lo spargimento di sangue in Siria sia in continuo aumento, mentre la comunità internazionale rimane così serena e lenta ad agire: è una vergogna! Non mi piace pensare di trovarmi di fronte ad una nuova situazione come quella dei Balcani negli anni Novanta, quando la pace è stata raggiunta a prezzo di enormi sofferenze da parte della gente! Ora sta succedendo la stessa cosa in Siria. E’ urgente fermare soprattutto la vendita di armi: questa è una delle ragioni per cui molti dei Paesi che, alle Nazioni Unite, hanno opposto il veto sono così passive. E’ bello avere denaro in tempi di crisi economica, ma è vergognoso che questo denaro venga dal sangue di altri popoli.

    D. – C’è poi la difficile situazione israelo-palestinese…

    R. – Thank heaven they stopped in sending …
    Ringraziando Dio, hanno smesso di lanciare missili. Ma cosa accadrà dopo le sanzioni che Israele ha imposto ai palestinesi a causa del riconoscimento ottenuto dal popolo palestinese alle Nazioni Unite come Paese osservatore? E’ triste vedere che il mondo non sia capace di vivere in pace, in particolare nel periodo in cui ci avviciniamo al Natale … Intanto, molti Paesi hanno proprio cancellato il Natale: hanno soltanto un periodo di vacanza, si fanno gli auguri di “buone feste”. “Buone feste” senza Gesù non sono più “feste”, perché l’origine del Natale viene dalla nascita di Cristo. E questo atteggiamento può portare soltanto all’indifferenza. Siamo capaci di celebrare il Natale se lo accompagniamo con cibo e bevande: altrimenti, non è una festa. E dove è rimasta, allora, la venuta di Nostro Signore? Dove è rimasta la presenza di Cristo, unico orientamento morale per questo nostro mondo che è sprofondato nel materialismo e che è alla ricerca del dio denaro?

    D. – In questo contesto, quale importanza ha la voce del Papa nella società di oggi?

    R. – I’m convinced that the only moral voice that remains is the voice of the Pope. …
    Io sono convinto che l’unica istanza morale che rimane è la voce del Papa. Ecco perché i suoi messaggi sono importanti: perché bussano alla porta delle nostre coscienze, per farci pensare in termini umani e non materialistici.

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    L'Onu esorta alla mobilitazione per fronteggiare la carestia in Somalia

    ◊   Un miliardo di euro: è la cifra chiesta dall’Onu alla comunità internazionale per aiutare la Somalia a far fronte a eventuali siccità e carestie, come quella che nel 2011 ha provocato decine di migliaia di morti. Sono 3 milioni e 800 mila le persone che necessitano di aiuto in questo Paese, devastato da una crisi umanitaria tra le più gravi al mondo e sfiancato da anni di guerra civile. Il miglioramento della situazione alimentare e la nuova fase politica permettono ora di interrompere il ciclo di crisi dovute a siccità e conflitti, hanno dichiarato le Nazioni Unite. Francesca Sabatinelli ha intervistato Bruno Geddo, responsabile Acnur (Alto Commissariato Onu per i rifugiati) per la Somalia:

    R. – La situazione è decisamente migliore. Quello noi diciamo oggi, e che sostiene questa richiesta da un miliardo di euro, è: “Cambiamo la nostra strategia in Somalia”. In Somalia, c’è un governo legittimo che ha bisogno di essere sostenuto e che finalmente ha una legittimità anche agli occhi del popolo somalo. Vediamo se anche le Nazioni Unite possono cambiare il modus operandi e acquisire maggiore sensibilità e anche maggiore legittimità agli occhi del popolo somalo. Noi diciamo quindi: invece di dare una risposta alle crisi quando è troppo tardi, cerchiamo di prevenirle. Questo vuol dire aiutare le popolazioni ad assorbire gli shock, che possono essere una catastrofe naturale – una carestia, soprattutto – ma anche una catastrofe prodotta dall’uomo, quindi altre guerre. Assorbire, quindi, questi shock e riprendersi da essi senza che il loro sistema di vita né le loro fonti di sostentamento vengano distrutte. Ecco perché, paradossalmente, pur migliorando la situazione in Somalia si chiedono più soldi: perché vogliamo cambiare il nostro modo di agire per non trovarci più in una condizione disastrosa come quella della carestia dell’anno scorso, perché la gente sarà in grado di assorbire meglio questi traumi, di riprendersi: avranno basi più solide.

    D. – Due milioni e 100 mila persone: le Nazioni Unite quantificano in questo numero i somali che attualmente hanno assolutamente bisogno di sostegno...

    R. – Sì, hanno bisogno di sostegno per potersi ritrovare in una situazione più sicura. Oggi non c’è più la carestia in Somalia, c’è però ancora emergenza e crisi umanitaria. E aggiungo: ci sono ancora un milione e 700 mila persone che sono uscite dalla situazione di crisi umanitaria, ma che non sono ancora completamente autosufficienti, hanno ancora bisogno di un minimo di supporto per evitare di ricadere in una condizione di crisi umanitaria. Sono tre milioni e 800 mila persone che ancora necessitano di una qualche forma di assistenza internazionale.

    D. – La nuova situazione politica in Somalia e la cacciata da Mogadiscio degli Shabaab, in qualche modo, stanno facilitando il lavoro delle Nazioni Unite?

    R. – Diciamo che, come al solito, il quadro in generale dei Paesi in via di sviluppo, in particolare in Somalia, è misto. Le città – Mogadiscio, certo, è la capitale – ma le città, i capoluoghi di provincia e di regione sono stati liberati, come dicono i somali, dalla presenza degli Shabaab. Per un osservatore esterno, quindi, “non ci sono più gli Shabaab: andate, assistete, aiutate”. In realtà, il livello di sicurezza in queste città, in questi capoluoghi di regione, non è tale da permettere automaticamente ai lavoratori umanitari di andare senza rischiare la vita. In realtà, infatti, sono città all’esterno delle quali gli Shabaab continuano ad essere attivi. Queste città sono collegate da una rete di strade molto danneggiate, naturalmente, intorno alle quali si trovano gli Shabaab – che ora non sono più riconoscibili perché non sono più un esercito convenzionale ma si sono raggruppati in una sorta di guerriglia asimmetrica o non convenzionale – e attaccano con delle imboscate i convogli umanitari che percorrono queste strade che collegano queste città. Quindi, in realtà la sicurezza non è completa, gli Shabaab mantengono delle cellule dormienti all’interno di queste città, che vengono attivate per compiere attacchi suicidi o attacchi esplosivi contro i loro obiettivi.

    D. – Più di un milione di persone è sfollato all’interno dei confini somali, e più di un milione di somali si è rifugiato fuori dal Paese: che ne è di queste persone e come le assistete?

    R. – Abbiamo incominciato nel gennaio di quest’anno un programma di ritorno degli sfollati, cioè le persone che si sono spostate all’interno del Paese, che hanno dovuto abbandonare le loro residenze a causa della guerra, delle violazioni dei diritti umani e della carestia. Riusciremo a far tornare 20 mila persone, soprattutto da Mogadiscio, ai loro villaggi di origine entro il primo trimestre del 2013. Abbiamo imparato moltissimo da questo programma di ritorno: l’idea è di applicarlo eventualmente - quando ci saranno le condizioni - anche al ritorno dei rifugiati dall’Etiopia e dal Kenya, ce ne sono un milione nei paraggi. E’ un programma molto complesso, perché “ritorno” significa tornare a casa per rimanere. E se facciamo tornare i rifugiati o gli sfollati troppo presto, quando ancora non c’è la pace, quando non c’è un minimo di infrastrutture sul terreno, il rischio grave è che questi tornino di nuovo a Mogadiscio o nei Paesi limitrofi.

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    Ultimo giorno della Convention sulla povertà in Europa: si lavora a un'agenda di interventi

    ◊   I ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali dei Paesi dell'Unione Europea hanno animato questa mattina la sessione conclusiva della Convention sulla Piattaforma Europea contro la Povertà e l'Esclusione Sociale. Tutti uniti nel dire che è necessario passare dalle parole ai fatti, agendo sul fronte della spesa sociale come investimento reale per un'Europa con meno poveri e più equità. Da Bruxelles, ci riferisce Salvatore Sabatino:

    Giovani, anziani e donne. Sono queste le tre categorie che soffrono maggiormente la crisi ed è a loro che bisogna dare maggiore attenzione. Sono tutti d’accordo i ministri per le politiche sociali europei, che questa mattina hanno tracciato una vera e propria agenda di interventi per ridurre la povertà e per rendere l’Europa più equa. Agenda che vede dei punti in comune, come la difesa del diritto alla casa, del diritto al lavoro e la necessità di promuovere politiche sociali più reali ed attinenti ai problemi che affliggono l’Europa. Bisogna, insomma, ascoltare chi davvero vive sulle proprie spalle la crisi e cercare di aprire tavoli di confronto che possano attuare un dialogo franco tra cittadini e istituzioni. Nulla di centralizzato, però, perché la crisi ha prodotto risultati differenti nelle diverse aree del Vecchio continente. Capitolo a parte, poi, riguarda il diritto alla salute e la tutela dell’infanzia: anelli deboli del modello sociale, ma punti di svolta in grado di far ripartire un processo produttivo che riduca le ineguaglianze, accentuatesi negli ultimi anni. Come dire: investire nel sociale conviene, è un vero investimento. Se si vive bene, in salute, con un lavoro e con una famiglia solida, il modello sociale europeo diventa inattaccabile. E dall’investimento sociale, dunque, che l’Europa vuole ripartire, per guardare il proprio futuro con un po’ più di ottimismo.

    Un forte appello contro la povertà si è levato in questi tre giorni di lavori della Convention sulla Piattaforma Europea contro la Povertà e l’Esclusione Sociale. In tanti hanno denunciato il rischio che le richieste dei più poveri restino inascoltate. Molto criticata è stata pure la politica di austerity, imposta dai governi per risanare i conti pubblici. Austerità che ha prodotto, inevitabilmente, un taglio alle politiche sociali, con importanti ricadute sulle fasce più deboli della popolazione. La posizione più netta contro il rigore e l’austerity è stata certamente quella portata a Bruxelles dal ministro del Lavoro e delle Assicurazioni sociali della Repubblica di Cipro, la signora Sotiroula Charalambous. Il nostro inviato a Bruxelles, Salvatore Sabatino l’ha intervistata:

    R. – Well, we are five years now almost in the crisis…
    Ormai, sono cinque anni che viviamo una situazione di crisi e una delle vie che la maggioranza dei Paesi ha scelto di intraprendere per superarla, in particolare negli ultimi due-tre anni, è il tentativo di raggiungere un consolidamento fiscale. Ovviamente, è importante, ma se il consolidamento fiscale porta con sé misure di austerità troppo dure, quale sarà il risultato? Vediamo cosa accade in quasi tutti i Paesi: è un effetto contrario e negativo. C’è un aumento di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà e un aumento della disoccupazione. Qual è stato il nostro messaggio? Serve equilibrio e questo è un messaggio che la Repubblica di Cipro ha cercato di far passare, perché rispecchia il modo in cui noi stiamo cercando di lottare contro la crisi. Serve equilibrio, nel senso che siamo d’accordo sul fatto che una sana finanza pubblica è importante, che è importante non avere debiti, ma dall’altro canto è necessario lasciare spazio al budget affinché si possa operare nella direzione dello sviluppo, verso investimenti che rafforzino lo sviluppo e allo stesso tempo il budget deve poter operare nel campo della protezione sociale.

    D. – Perché qui a Bruxelles è così difficile comprendere questo?

    R. – It is very difficult I think because we don’t have famine...
    Credo sia così difficile perché non c’è la fame, perché non c’è una comprensione comune di quali siano le priorità. Secondo la nostra opinione, in realtà, tutto va fatto prima: non possiamo aspettare che il deficit si abbassi per iniziare a parlare di tutela sociale. Io credo si debbano stabilire delle priorità e di conseguenza un quadro politico in considerazione di queste priorità. Purtroppo, in questa fase, il quadro politico non è in grado di trovare un equilibrio.

    D. – Pensa che il sistema sociale europeo sia morto o vivo? E’ importante, in questa situazione…

    R. – I wouldn’t say that it is dead and I wouldn’t say that it is alive…
    Non direi che è morto, ma nemmeno che sia vivo come lo era. E’ ovvio che le misure di austerità hanno danneggiato il modello sociale europeo e quindi bisogna ripensarlo e conservarlo. Questo non significa che non si debbano prendere misure per modernizzare il sistema e per individuare un modo più mirato di spendere i soldi, soprattutto perché vadano a coloro che più ne hanno bisogno. Io credo che quello che conta è che dobbiamo riconoscere alcuni principi fondamentali da poter mettere in campo per il nostro sistema di tutela sociale, e uno dei principi fondamentali – che deve essere un principio comune – è questo: quando parliamo di tutela sociale, questa non riguarda soltanto i più bisognosi. Parliamo del concetto di tutela sociale per tutti. Ovviamente, i più bisognosi riceveranno una tutela maggiore. Ma la sicurezza sociale, in particolare per quanto riguarda il sistema pensionistico, dev’essere per tutti.

    D. – Sta finendo il semestre di presidenza dell’Unione Europea da parte della Repubblica di Cipro. Qual è stata la sua esperienza, dopo aver lavorato tanto tempo a Bruxelles?

    R. – I think we are living in a very difficult period, now, in Europe…
    Credo che in questo momento stiamo vivendo un periodo molto difficile in Europa e credo che ci troviamo ad un punto di svolta. Questo significa che, da un lat,o ci sono molte innovazioni e grandi sforzi che riguardano l’architettura dell’unione monetaria, mentre dall’altro lato certamente abbiamo bisogno di un’unione monetaria forte, di una scrupolosa supervisione da parte delle banche, e via dicendo. Ora, si è aperta una discussione che si concentra soprattutto sulla crescita e sull’impegno. Partendo dalla mia esperienza, penso che ora sia necessario collegare questa discussione con le riflessioni sul modo di costruire un’unione monetaria forte che contenga anche forti elementi sociali. Quindi, la mia esperienza mi dice che dobbiamo aprire questo confronto: questi due aspetti devono essere discussi e decisi insieme.

    A margine dell'incontro, il nostro inviato a Bruxelles, Salvatore Sabatino ha intervistato Marisol Touraine, ministro francese per le Politiche sociali e la salute, che traccia l’agenda degli interventi sociali di Parigi per i prossimi anni:

    R. - Nous avons, en France, un niveau de protection sociale élevé…
    In Francia, abbiamo un livello di protezione sociale molto elevato: continuiamo, però, a constare che, con la crisi, la povertà aumenta e i rischi stessi di povertà aumentano. Dobbiamo allora mantenere politiche sociali che abbiano un livello sempre molto elevato - e questa è la volontà del governo francese - concentrando però, allo stesso tempo, i nostri sforzi in direzione proprio di quella parte della popolazione che sappiamo essere più fragile: le donne sole, le famiglie con bambini, ma anche per esempio le popolazioni migranti alle quali dedichiamo una parte importante delle nostre politiche sociali specifiche. Quindi, dobbiamo mantenere un livello alto di investimenti sociali, mettendo però in atto sempre più politiche mirate.

    D. - Voi state organizzando un grande evento, la settimana prossima, che prenderà in esame proprio le politiche sociali...

    R. - Oui, parce que en France nous pensons que la lutte contre la pauvreté…
    Sì. In Francia, riteniamo che la lotta alla povertà debba essere una priorità. Stiamo organizzando quindi una grande conferenza dedicata proprio alla lotta contro la povertà e per l’inclusione sociale, insieme a tutte le associazioni che si impegnano in questo campo e insieme alle persone che si trovano a vivere in condizioni di povertà. Si tratta di una conferenza che porterà a misure accurate, precise da attuare nei prossimi cinque anni. Misure riguardanti gli alloggi, l’accesso alla salute e all’accesso dei diritti che già esistono. Sappiamo che quando si è poveri non sempre si riesce ad arrivare laddove si vorrebbe, non sempre si riesce ad avere accesso a tutti i diritti che esistono… Noi vogliamo attuare una politica pubblica forte e precisa per la lotta contro la povertà.

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    I partiti al Quirinale. Il commento di Roberto Mazzotta

    ◊   Giornata cruciale per la politica italiana e la tenuta del governo Monti dopo la mancata fiducia di ieri da parte del Pdl al Senato e alla Camera, che ha aperto di fatto una crisi seppur non formalizzata. Se ne è discusso nel faccia a faccia tra il segretario del Pdl, Angelino Alfano, e il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che nel pomeriggio vedrà i leader dell’opposizione e i presidenti di Senato e Camera. Intanto, a Montecitorio con 268 "sì" è stato approvato il dl relativo ai tagli ai costi della politica. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Un primo giro di orizzonti per capire come arrivare alle nuove elezioni . E’ quanto ha iniziato a fare oggi al Quirinale il capo dello Stato, Napolitano, incontrando prima il segretario del Pdl Alfano accompagnato da Cicchitto e Gasparri, cui ha chiesto spiegazioni sulla mancata fiducia di ieri al governo e dando poi appuntamento ai leader dell’opposizione e nel pomeriggio anche ai presidenti di Senato e Camera. Intanto, a Montecitorio si è acceso un dibattito fatto di accuse reciproche, in occasione dell’approvazione del dl sui tagli ai costi della politica. Una questione di credibilità e di riavvicinamento alla società secondo l’Udc, che, con Casini, ribadisce il suo appoggio al governo a cui chiede di non cedere ad alcuna minaccia. Sulla stessa linea il Pd: “Abbiamo l’ambizione di metterci alla testa del cambiamento di cui ha bisogno il Paese”, ha affermato Bersani definendo irresponsabile l’operato di Berlusconi fino ad oggi. Rimandate al mittente le accuse dal Pdl con Alfano che considera conclusa l’esperienza Monti, perché senza i risultati attesi, pur non volendo causare lo scatafascio del Paese. La Lega nord attacca il premier che già, dice,manca del sostegno della maggioranza. Esaurite le dichiarazioni di voto. L’ Aula ha approvato il decreto.

    Sulla situazione politica, Alessandro Guarasci ha sentito Roberto Mazzotta, presidente dell’Istituto Sturzo:

    D. – Il Pdl sembra non poter fare a meno di Berlusconi. Si aspettava un’evoluzione nell’ultimo anno da parte di questo partito?

    R. – I parlamentari del Pdl non sono stati eletti ma sono nominati dal leader, sono alla scadenza di una legislatura e vanno verso una campagna elettorale nella quale la legge elettorale rimane la stessa. Pertanto, chi avesse per caso intenzione di proseguire questa esperienza – e taccio sul buonsenso di questa cosa – evidentemente è sottoposto a regole di ferro, nel senso che se non è nello stretto gradimento del "leader-padrone" del partito, evidentemente deve cambiare la propria attività. Non perché gli elettori abbiano cambiato idea su di lui, ma perché il padrone del partito non ritiene di averlo più come sicuro sottoposto. Quindi, la nostra è diventata una democrazia di tipo padronale.

    D. – Sarebbe stato possibile pensare a un passo indietro di Berlusconi per favorire una maggiore governabilità del Paese?

    R. – Tenuto conto della situazione in cui versa il Paese, con situazioni sociali difficilissime che non sono ‘colpa’ del governo che ha governato negli ultimi dieci mesi – perché l’analisi mi sembra sciocca: sono evidentemente un po’ più complesse, tutte però comprensibili e visibili, come anche la strada da percorrere è comprensibile, visibile, con poche alternative – è evidentemente che bisogna andare nel senso di un proseguimento dell’azione di risanamento e di ricostruire una capacità di intervento europeo diversa da quella che è stata negli ultimi tempi. Con questa premessa, se noi portiamo l’Italia in una situazione di disastro sociale e di confusione politica, siamo degli incoscienti.

    D. – Se dovesse finire il governo Monti, secondo lei, i riflessi economici e finanziari per l’Italia sarebbero pesantissimi?

    R. – La crisi finanziaria è crisi di affidabilità del debito, e per debito si intende il complesso del debito: quello privato, quello pubblico, quello pubblico dello Stato italiano, quello privato delle imprese, delle banche… Uno degli elementi importanti dell’affidabilità è da parte di chi ti presta i soldi, quindi da parte dei cosiddetti mercati che sono quelli dove c’è l’intermediazione del prestito per coprire, per rispondere alle esigenze del debito. Una delle esigenze è che si dia fiducia a un Paese nel quale ci siano una situazione sociale e politica comprensibile, equilibrata, un Paese che dia normali garanzie di ordinaria continuità. Se noi presentiamo un Paese "carnevalesco", anche nella cupa tristezza di una realtà sociale come quella che esiste oggi, facciamo un autogol devastante. Quindi, è evidente che tutto quello che sta accadendo in questi giorni è fuori da ogni possibile accettabilità, perché vuol dire lavorare contro, in maniera visibile, per interessi particolari di tipo elettoralistico. Anche perché chi prende posizione in questa maniera si prepara a svolgere una campagna elettorale anti-europea, di pura demagogia, di raccolta del malcontento e del malessere. E questo non è servire il Paese.

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    Censis: le famiglie italiane perdono il 40% della ricchezza in 10 anni

    ◊   Le famiglie italiane sono sempre più fiaccate dalla crisi che sta determinando lo “smottamento del ceto medio”. E’ quanto afferma il 46.mo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese nel 2012, presentato oggi a Roma. Secondo il documento, negli ultimi dieci anni la ricchezza dei nuclei familiari è diminuita del 40% e si concentra nelle fasce anziane della popolazione. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    Sempre più rinunce e rinvii, il reddito a disposizione non è sufficiente a coprire le spese. In queste condizioni, c’è il 18% delle famiglie italiane che nel 52% dei casi ha intaccato i risparmi preesistenti arrivando addirittura a vendere oro e preziosi: negli ultimi due anni, hanno fatto così due milioni e mezzo di nuclei familiari. Domenico De Masi è docente di Sociologia del Lavoro all’Università La Sapienza di Roma:

    “La dinamica mondiale porta ad avere un arricchimento progressivo dei Paesi poveri, che costringe ovviamente i Paesi ricchi a frenare la loro corsa o addirittura a indietreggiare un po’. Tutto quello che sta accadendo in Italia non è altro che un assestamento progressivo su una decrescita che potrebbe essere equilibrata se fosse guidata dal centro. Comunque, per fortuna, c’è la saggezza dei singoli italiani, che man mano si stanno adattando a questa situazione strutturale completamente inedita”.

    Il Rapporto segnala che la crisi ha colpito in modo particolare gli under 35, che hanno visto peggiorare enormemente la propria condizione sia a casa e sia sul lavoro. Per quanto riguarda la formazione, tra il 2007 e il 2010 sono in calo le immatricolazioni all’Università (6,3%) e in aumento (2,7%) i percorsi di studio tecnico-scientifici:

    “Bisogna recuperare la soddisfazione dei bisogni che attengono alla nostra radice umana: il bisogno di introspezione, di amore, di gioco, di amicizia, di bellezza, di convivialità… Sono tutti bisogni che possono essere soddisfatti senza spendere una lira, ma che procurano una dose maggiore di felicità”.

    Intanto, nel Paese emergono nuovi comportamenti di consumo: 2,7 milioni di persone hanno deciso di coltivare ortaggi, le biciclette vendute sono state 3 milioni e mezzo. Nella lista c’è anche la riduzione di sprechi ed eccessi (85%), la ricerca delle offerte (73%) e la revisione degli spostamenti per risparmiare sui carburanti (62,8%). A livello valoriale, invece, si evidenzia uno scarso coinvolgimento dei cittadini nelle manovre di rigore del governo, mentre, per esempio, il 71% degli italiani si dichiara favorevole a concedere la cittadinanza ai figli degli stranieri nati nel Paese:

    “Non c’è dubbio che esista uno scollamento tra il 'Palazzo' e la 'tribù'. La tribù capisce che ad esempio deve vivere con maggiore austerità, mentre il Palazzo continua a sprecare. La tribù capisce che occorre maggiore solidarietà, mentre il Palazzo non vara le leggi che consentono questa solidarietà, come nel caso della cittadinanza ai figli degli immigrati”.

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    Europa: il 60% degli anziani è donna. L'Europarlamento discute di patologie e prevenzione

    ◊   A conclusione del 2012, Anno europeo per l'invecchiamento attivo, le statistiche dimostrano che le donne e vivono più degli uomini, ma hanno più problemi di salute e sono più colpite da patologie croniche e invalidanti e quindi più soggette a un peggioramento della qualità della vita. E’ quanto afferma la vicepresidente del Parlamento europeo, Roberta Angelilli, relatrice del testo sulla prevenzione delle patologie legate all’invecchiamento femminile, che sarà approvata dall’Aula di Strasburgo martedì 11 dicembre. Di dati e di misure di prevenzione la relatrice ci parla nell’intervista di Fausta Speranza:

    R. – Più del 60% della popolazione over 65 è costituito da donne e questo dato cresce con l’aumento dell’età, perché le donne vivono più a lungo, ma in media vivono peggio, soprattutto in termini economici. Il 25% delle donne sopra i 60 anni vive in condizioni di povertà o di emarginazione sociale. Dunque, nell'Ue le persone con più di 65 anni sono oltre 87 milioni (17,5% della popolazione), con una sproporzione in termini di genere, perché appunto il 60% sono donne. E c’è da dire che il divario cresce per le persone con più di 80 anni: 3,1% di donne e 1,6% di uomini sul totale della popolazione”.

    D. – Quali le potenzialità di questa presenza femminile al 60 per cento e quali le problematiche?

    R. – Le potenzialità sono molte, perché le donne sono sempre pronte a mettersi in gioco e a svolgere un ruolo all’insegna della solidarietà e della coesione sociale. Ma ci sono purtroppo molte insidie. Perché è vero che le donne vivono più a lungo degli uomini, ma spesso vivono non in buona salute e talvolta in condizioni di disagio, di estrema povertà. Per esempio, le malattie cardiovascolari, che erroneamente sono considerate un problema "maschile", determinano in Europa il 54% dei decessi tra le donne rispetto al 43% degli uomini e in Italia le malattie del sistema cardiocircolatorio causano il 42,1% dei decessi tra le donne e il 34,1% dei decessi tra gli uomini.

    D. – Che cosa significa invecchiamento attivo e, concretamente, nella fase di crisi che l’Europa vive, cosa fare per le donne?

    R. – Significa informare, quindi fare una buona informazione e fare soprattutto una buona prevenzione, anche con screening medici specifici, soprattutto per prevenire le patologie più ricorrenti, che sono le patologie cancerogene, le patologie cardiovascolari, l’osteoporosi, ma anche l’Alzheimer. Ed è fondamentale la lotta contro il tabagismo: le stime ci dicono che alla diminuzione del numero di fumatori corrisponde un aumentato del numero di fumatrici. Senza tralasciare una vera e propria patologia invalidante, che spesso però è sottovalutata, che è la depressione. La depressione colpisce soprattutto le donne e rischia di essere, oltre che un problema in termini di salute, anche un problema in termini d’isolamento e quindi di esclusione sociale. Bisogna affrontare le sfide future insieme. I giovani, dunque, devono essere aiutati, assistiti dalle generazioni più adulte, dalla cosiddetta terza età e, d’altro canto, le generazioni adulte devono tendere una mano ai nostri ragazzi, perché quello che va evitato è proprio un conflitto intergenerazionale. Bisogna piuttosto rimboccarsi tutti le maniche cercando di affrontare i grandi obiettivi, che non solo soltanto economici, ma anche obiettivi comuni di solidarietà, di condivisione, che necessariamente vanno affrontati tutti insieme.

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    Insegnanti cattolici riuniti a Tivoli: "Dialogare per educare"

    ◊   Il dialogo come elemento fondamentale per l’educazione e l’istruzione. Se ne discute a Tivoli dove è riunita in convegno l’Uciim (Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi). Il presidente dell’associazione, Giovanni Villarossa, spiega al microfono di Alessandro Filippelli quanto la comunicazione tra docenti e alunni costituisca un nodo fondamentale nella formazione dei cittadini del domani:

    R. – Vogliamo evidenziare la necessità di favorire un dialogo idoneo a sostenere la componente testimoniale nel rapporto educativo e a stabilire alleanze con la famiglia, con la Chiesa, con le altre agenzie educative, così come indicano i vescovi negli orientamenti pastorali: educare alla vita buona del Vangelo. Abbiamo individuato il dialogo con la famiglia, dialogo con la Chiesa, dialogo con le istituzioni e il territorio, dialogo nella scuola e l’Ucim in dialogo. Tutti questi sono gruppi che si riuniranno, quindi costituiranno commissioni congressuali, per approfondire la tematica generale “dialogare per educare”.

    D. – Quanto è importante il dialogo per l’educazione e l’istruzione dei cittadini del domani?

    R. – Certamente la sostanza dialogica è essenziale, è la componente indispensabile sia del comportamento docente sia della stessa realtà scolastica e del suo assetto istituzionale. Abbiamo scelto la tematica del dialogo per ricordare e sottolineare che dialogare in ogni campo non è soltanto parlare ma anche ascoltare e osservare e che una parte della comunicazione è di tipo non verbale. In particolar modo, essendo noi un’associazione professionale di docenti e dirigenti, sottolineiamo che questi professionisti vivono all’interno di un dialogo di profondo significato. La scuola deve promuovere al suo interno forme efficaci e valide di dialogo con le proprie componenti che non sono costituite solo dai docenti e dagli alunni ma anche dai genitori degli alunni e dal personale amministrativo, tecnico, ausiliare.

    D. – La crisi economica ha determinato una drastica riduzione delle risorse per il mondo della scuola. Puntare lo sguardo alla sola dimensione economica porta a volte a trascurare quel patrimonio di valori che si vuole condividere con le nuove generazioni…

    R. – Come associazione pensiamo che dobbiamo continuare a batterci per soluzioni che favoriscono lo sviluppo delle risorse di ciascuno attraverso il potenziamento dei grandi valori della libertà e della giustizia in chiave di solidarietà e cooperazione. Quindi, la nostra azione educativa deve creare le condizioni affinché l’acquisizione di nuove conoscenze sostenga il cammino attraverso una società nuova, che a sua volta deve essere aiutata e illuminata nell’avvalersi delle proprie scoperte, delle proprie risorse economiche, delle proprie risorse tecnologiche, per non lasciarsi catturare all’interno di un sistema di negazione di valori umanistici che invece noi riteniamo debbano essere ulteriormente vissuti e affermati.

    D. – Lei come giudica le polemiche sull’Imu e le scuole paritarie?

    R. – Questo è un problema molto complesso attualmente ed è di difficile trasformazione. Noi siamo impegnati anche nei rapporti con il governo, attraverso i rapporti con il Miur (Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca), dove abbiamo offerto continuamente collaborazione per le innovazioni, attraverso mirati interventi verbali, scritti, che abbiamo riportato e diffuso anche attraverso i nostri organi di comunicazione. Noi riteniamo che sia opportuno continuare a dare a tutti i cittadini la possibilità di fare scelte tra scuola di Stato e scuola non di Stato e quindi fare in modo che ci siano queste opportunità per tutti.

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    "Il Mio futuro da oggi": chiusa a Roma la manifestazione dedicata a giovani e lavoro

    ◊   Aiutare i giovani nelle decisioni per il loro futuro, sia sulla scelta dell’università che di un percorso lavorativo. Questo l’obiettivo della manifestazione “Il mio futuro…da oggi. Scegliere bene, studiare con passione, lavorare con piacere”, che si è conclusa questa mattina a Roma. L’iniziativa dedicata all’orientamento formativo e professionale delle nuove generazioni, è stata promossa da una sinergia di istituzioni, tra cui il Vicariato di Roma, la Regione Lazio e Roma Capitale. Ascoltiamo Alessandro Toscano, docente presso l’Università di Roma Tre e tra gli organizzatori della due-giorni, al microfono di Marina Tomarro:

    R. - Queste due giornate sono nate da un’intuizione amorevole del cardinale Agostino Vallini, che - viste le difficoltà di orientamento dei giovani - ha chiesto alle istituzioni di impegnarsi per cercare di dare un orientamento ai giovani di oggi. Sono stati allestiti diversi stand, concreti, dove i ragazzi delle scuole superiori e delle università di Roma hanno potuto trovare spunti per il proprio sviluppo formativo e anche per la propria occupazione nel loro prossimo futuro.

    D. - “Il mio futuro da oggi” è il tema di questa manifestazione, ma quali prospettive attendono i giovani?

    R. - Anzitutto bisogna scegliere bene: io devo fare una scelta per i miei studi in accordo con i miei desideri, le mie capacità e le mie attitudini; dopodiché devo studiare e, se ho scelto bene, studierò anche con passione; infine, quando avrò acquisito le mie competenze, potrò anche lavorare con piacere. Il problema è che molti adesso non studiano con passione e si trovano, quindi, a fare dei lavori che non li soddisfano. Ci dobbiamo attrezzare al meglio: solo la passione e l’aver fatto scelte giuste da ragazzi, può veramente aiutare a superare questo momento di crisi nel miglior modo possibile.

    Numerosa la partecipazione sia degli studenti che delle istituzioni, con proposte lavorative alla manifestazione. Ascoltiamo alcune testimonianze:

    R. - Vengo dal Liceo Sociopsicopedagogico e sono venuta qui per cercare di capire come poter realizzare il mio progetto di aprire un asilo nido e per accedere quindi anche ai contributi regionali che vengono assegnati ai giovani.

    R. - Siamo presenti qui per promuovere tutti i concorsi in atto nella forza armata, dando così l’opportunità ai giovani studenti, che si stanno per diplomare o che si stanno per diplomare o che hanno appena conseguito o conseguiranno una laurea, l’opportunità di accedere alle nostre carriere professionali.

    R. - Anche l’Aeronautica Militare ha tutta una serie di settori: non è soltanto quello dei piloti, ma c’è anche l’ingegnere, c’è anche il medico, c’è anche il commissario, c’è l’infermiere. Quindi ogni genere di professionalità. L’unica opportunità che abbiamo di arruolamento è quella attraverso i concorsi pubblici e quindi invogliamo i ragazzi a candidarsi per arrivare in Aeronautica Militare.

    Tanti gli incontri con personaggi del mondo dell’imprenditoria e dell’attualità durante la due- giorni: tra gli altri, anche l’autore musicale Giulio Rappetti, in arte Mogol, fondatore del Centro europeo di Toscolano, dove vengono formati i giovani musicisti:

    R. - Intanto è importante sentirsi vicino ai ragazzi e far vedere che ci occupiamo dei loro problemi. Poi è importante aprire uno spazio da dedicare loro, perché non si può pretendere di avere un mondo migliore, se non si comincia ad essere noi migliori con i ragazzi. Questo mi sembra che sia evidente.

    D. - Qual è il primo messaggio che cerca di dare ai ragazzi che frequentano la sua scuola?

    R. - Un messaggio di etica, di morale. Penso che prima di essere artisti, bisogna essere uomini. E penso che bisogna spiegare il nostro tempo sulla terra non è molto duraturo. Quindi il nostro piccolo spazio va considerato in relazione ad un discorso più ampio: il valore finale è la cosa più importante, più ancora del risultato quotidiano.

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    Il cardinale Scola: sì alla laicità positiva, quella "neutrale" è intollerante

    ◊   Hanno suscitato un vivace dibattito le parole del cardinale Angelo Scola in occasione della Solennità di Sant’Ambrogio, patrono della Chiesa ambrosiana. L’arcivescovo di Milano ha parlato di un modello di laicità, che sotto la parvenza di neutralità, tende ad emarginare la fede religiosa. Il porporato ha invece plaudito ad una laicità positiva che rispetti le varie componenti civili e religiose della società. Qual è, allora, il rapporto corretto tra Stato e religione? Ascoltiamo il cardinale Angelo Scola al microfono di Luca Collodi:

    R. - Il rapporto corretto è un rapporto per cui lo Stato e le istituzioni statali non fanno propria alcuna visione della vita e del mondo: sia essa religiosa, sia essa puramente razionale, sia essa esplicitamente formulata o sia essa implicitamente detta. Lo Stato deve favorire lo spazio espressivo, all’interno della società civile, di tutti i soggetti pubblici, religiosi o riferiti a un’etica di sostanza, perché questi possano confrontarsi tra di loro, con tutte le persone e dare così vita a quella narrazione reciproca e a quel paragone che può condurre a un riconoscimento oggettivo di quei beni spirituali e materiali, che fanno la vita buona della gente, cui poi dovrà applicarsi un buon governo. Quindi una visione positiva della libertà religiosa, ma anche una visione nuova e positiva della laicità dello Stato.

    D. - Quindi si può essere equidistanti dalle religioni, anche se non neutrali?

    R. - La parola neutrale è difficile da utilizzare in questo campo, perché la società civile non può essere neutrale: tutti mettono sempre in campo una visione della vita. Anche se io dico “Io sono indifferente a tutto, sono agnostico”, per ciò stesso metto in campo una visione della vita. Direi piuttosto che lo Stato deve essere aconfessionale: non deve assumere alcuna visione della vita, ma non deve essere distaccato, non deve neutralizzare le presenze religiose e le presenze etiche, che hanno sostanza nella vita civile; deve favorire la loro espressione. Saranno poi loro a trovare le forme per arricchire la società e ovviamente lo Stato dovrà poi governare queste forme. Evidentemente non sto dicendo che lo Stato non debba far niente, al contrario: sto dicendo che lo Stato deve poi intervenire, legiferare e governare, essendo sempre consapevole che per fare questo non può neanche solo indirettamente scegliere una visione della vita in mezzo alle altre: deve solo favorire il confronto tra tutte quelle che sono oggettivamente in campo.

    D. - Cardinale Scola, oggi in Europa si rischia una mancanza di libertà religiosa, così come nei Paesi occidentali?

    R. - Bisogna distinguere molto chiaramente due cose: come i rapporti più rigorosi e più seri in questo campo dicono soltanto fino al 2007, in ben 123 Paesi, ci sono state riduzioni e persecuzioni per la libertà religiosa; il caso dell’Europa è un po’ diverso. Appare qualche segnale che, secondo me, renderebbe intelligente riprendere in mano il tema, in maniera ancora più energica di quanto non si stia facendo e non dandolo per assodato. L’ultimo dei segnali che cito, che mi ha veramente colpito, è l’iniziativa - resa pubblica l’altro giorno – da un esponente del governo francese, il quale propone di requisire tutti i locali vuoti delle istituzioni religiose per metterci le persone che non hanno da dormire: come se la Chiesa francese non stesse già facendo moltissimo da questo punto di vista! Quindi lì di adombra un po’ il rischio di leggi limitative, perché questi locali se sono vuoti saranno riempiti e certo non sono vuoti per caso. Mi si dice anche che, a livello europeo, ci sono proposte per abolire l’obiezione di coscienza. A livello americano, abbiamo visto l’opposizione dei vescovi a certe normative della riforma sanitaria di Obama, che obbligano le istituzioni cattoliche - anche gli ospedali e le scuole - ad assicurare tutti i loro dipendenti anche riguardo a pratiche contraccettive e abortive. Questo è invadere una dimensione della libertà di coscienza dei cristiani!

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Pakistan: ferita in modo grave missionaria cristiana anti-blasfemia

    ◊   E’ ricoverata in gravi condizioni all’ospedale Jinnha" di Lahore, Birgitta Almeby, la missionaria cristiana 72.enne, vittima di un attentato il 3 dicembre scorso a Lahore. Il pastore Liaquat Kaiser, portavoce della "Full Gospel Assemblies of Pakistan", la più antica Chiesa pentecostale presente in Pakistan cui la donna apparteneva, ha riferito a Fides sulle condizioni della donna: "Aveva un proiettile nei polmoni. E' in condizioni critiche, come dicono i dottori, e ancora priva di conoscenza. Speriamo si riprenda presto. E' nelle mani di Dio". Sulle ragioni dell'attentato, il pastore afferma: "Non sappiamo chi siano gli assalitori. Non c'era tensione e non c'erano minacce. La polizia sta indagando e aspettiamo risposte da loro”. Secondo alcuni osservatori locali, la polizia sta focalizzando le indagini sui gruppi dei cosiddetti "talebani del Punjab". L'attentato potrebbe essere una rappresaglia perché la donna si era schierata con il vescovo Pervaiz Joseph e con il pastore Baber George, entrambi della FGA Church, accusati di blasfemia. I due avevano sollevato il problema del cattivo uso della legge sulla blasfemia in un incontro con alcuni leader religiosi. Dopo le minacce ricevute, hanno dovuto trasferirsi in un luogo più sicuro con le loro famiglie. Padre Bonnie Mendes, sacerdote di Faisalabad, collaboratore di Caritas Internationalis e del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, spiega a Fides: "Non abbiamo certezze su chi sia dietro questo attacco. Sappiamo però che il Punjab è divenuto la base per alcune organizzazioni talebane che compiono atti terroristici come questo”. I talebani – prosegue il sacerdote – “non stanno più solo nella aree tribali del Pakistan. Lì addestrano i militanti che poi operano in tutto il territorio. Spesso prendono di mira persone che hanno un impatto sociale sulla comunità, per scoraggiare le Chiese e le Ong ad impegnarsi nel sociale”. Va ricordato - nota ancora padre Mendes - che, sempre il 3 dicembre, sono stati compiuti atti dissacratori in un cimitero di Ahmadi (setta islamica) a Model Town, la stessa area di Lahore dove è avvenuto il tentato omicidio di Birgitta. E l'avversione dei gruppi talebani verso gli Ahmadi è rinomata. Fra le formazioni della galassia talebana attive in Punjab - sospettate anche dell'omicidio del Ministro cattolico Shahbaz Bhatti, un anno fa - vi sono "Jamaat-e-Islami Pakistan", "Lashkar-e-Taiba", "Lashkar-e-Jhangvi", "Sipah-e-Sahaba Pakistan", "Jaish-e-Muhammad", "Jamaatul Furqan", "Harkatul Mujahideen", "Harkatul Jehadul Islami". (M.G.)

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    Siria: i cristiani assiri nell’opposizione chiedono di fermare gli estremisti salafiti

    ◊   Urge fermare il gruppo salafita “Jubhat Al Nosra”, che sta seminando il terrore in Mesopotamia: è l'appello lanciato alla nuova Coalizione nazionale della rivoluzione e dell'opposizione (Cns) dalla “Assyrian Democratic Organization” (Ado), gruppo cristiano che fa parte dell'opposizione siriana. In particolare, in un comunicato inviato a Fides, l'Ado si dice "indignata perché elementi armati del gruppo salafita 'Jubhat Al Nosra', che combattono a fianco dell'Esercito siriano di liberazione, terrorizzano i civili e sequestrano impunemente proprietà cristiane nella regione di Hassaké", nella Siria orientale, al confine con la Turchia. La nota stigmatizza inoltre "pratiche e comportamenti riprovevoli da parte di alcuni elementi dell'Esercito Libero o di gruppi affiliati, nelle località di Ras El Ain, Tel Amr, Raqqa, come assalti alla proprietà privata e saccheggi", segnalando "l'irruzione nella chiesa siro-ortodossa di Ras El Ain, la profanazione di simboli cristiani come croci e immagini sacre, la devastazione della scuola siriana del villaggio". L'Ado - ricordando che per decenni i suoi membri hanno subito arresti arbitrari da parte del regime siriano - nota che "oggi alcuni cristiani assiri, sospettati di essere sostenitori del regime, sono stati sequestrati per costringere i loro figli a combattere con i ribelli", definendo questa "una ripetizione della prassi del regime". Elementi salafiti hanno eretto blocchi stradali verso Tal Tamr, in particolare, intercettando i veicoli di passaggio, "minacciano e insultano i cristiani e gli altri passeggeri che appartengono a fedi diverse". "Queste pratiche - riferisce l'Ado - non hanno alcun legame con le tradizioni, la cultura e i costumi della società siriana, storicamente basata sulla fratellanza e sui valori della convivenza e del reciproco rispetto fra comunità religiose diverse". "Sono pratiche in contrasto con gli insegnamenti e i valori dell'Islam tollerante - prosegue il testo - che danneggiano la reputazione della rivoluzione siriana, deviando i suoi nobili obiettivi, per fomentare l'odio tra i siriani". L'Ado invita infine le forze rappresentate nella Coalizione dell'opposizione siriana a "intervenire con forza per ridurre la crescente tensione tra arabi e curdi in Mesopotamia, che ha un impatto negativo sulla pace e sull'unità del tessuto sociale", invitando" tutte le parti belligeranti a dare prova di moderazione, rispettando i civili, rifuggendo le provocazioni e l'integralismo religioso". (M.G.)

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    Filippine: presidente Aquino visita zone colpite dal tifone. Caritas lancia allarme epidemie

    ◊   Visita del presidente filippino, Benigno Aquino, alla regione devastata dal tifone Bopha, per valutare di persona la portata degli aiuti necessari ed incontrare i sopravvissuti. "Vogliamo sapere come questa tragedia sia stata possibile e come evitare che si ripeta", ha dichiarato oggi Aquino scendendo da un elicottero a New Bataan, sull'isola meridionale di Mindanao, epicentro della catastrofe che ha causato circa 500 morti, 400 dispersi e 306.000 sfollati. Intanto, Caritas italiana sta affiancando la Caritas delle Filippine per portare aiuti alla popolazione colpita dall’uragano. “Dato il caldo tropicale si teme il rischio di epidemie. Nell’area rurale, la più colpita, molti villaggi sono ancora isolati”, avverte Caritas italiana. In prima linea, anche le Caritas diocesane: molte parrocchie hanno messo a disposizione locali per l’accoglienza e la distribuzione di generi di prima necessità. Caritas italiana da più di 30 anni sostiene le azioni della Chiesa locale in risposta alle frequenti calamità naturali e per la promozione sociale ed economica delle fasce più vulnerabili della popolazione. Per sostenere gli interventi in corso nelle Filippine, è possibile inviare offerte a Caritas italiana specificando nella causale: “Emergenza Filippine”. (M.G.)

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    Africa: in vigore la Convezione che protegge gli sfollati interni

    ◊   È in vigore da ieri la Convenzione per la protezione e l’assistenza degli sfollati interni in Africa, un documento sottoscritto a Kampala nel 2009 che riconosce tutele giuridiche particolari per milioni di persone costrette a lasciare le loro case in diversi paesi del continente. Secondo quanto riferisce la Misna, la Convenzione è entrata in vigore 30 giorni dopo la 15.ma ratifica da parte di uno Stato membro dell’Unione Africana, la soglia necessaria perché il documento acquisisse valore vincolante. Il testo prevede che gli Stati adottino leggi in linea con regole e principi pensati per tutelare una popolazione di sfollati stimata in quasi 10 milioni di persone. L’articolo cinque sancisce l’obbligo per i governi di prestare assistenza a uomini, donne o bambini costretti a lasciare le loro case “in conseguenza di disastri naturali o causati dall’uomo, compresi i cambiamenti climatici”. L’entrata in vigore della Convenzione è stata accolta con soddisfazione dalle organizzazioni e dagli enti impegnati nell’assistenza umanitaria. “Questo testo – ha detto Bruce Mokaya Orina, del Comitato internazionale della Croce Rossa – costituisce un passo avanti significativo nella protezione e nell’assistenza degli sfollati”. A differenza dei rifugiati, che hanno lasciato il loro Paese d’origine, gli sfollati interni non godono di uno status giuridico speciale. Si tratta di una condizione di vulnerabilità grave anche perché, come suggeriscono le crisi in corso in Mali o in Repubblica democratica del Congo, il numero degli sfollati in Africa è superiore di quattro volte a quello dei rifugiati. (M.G.)

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    Elezioni in Burkina Faso: vittoria del partito al potere del presidente Compaoré

    ◊   In Burkina Faso, il partito del presidente Blaise Compaoré, il Congresso per la democrazia e il progresso (Cdp), ha conservato la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento. In base ai risultati provvisori diffusi dalla Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni) e ripresi dalla Misna, al Cdp vanno almeno 58 seggi sui 127 da assegnare, a cui si aggiungono altri 23 deputati di quattro partiti alleati. Tuttavia, il partito presidenziale registra un lieve calo nei consensi: nell’assemblea uscente sedevano 73 deputati del Cdp, forte di una maggioranza di 99 seggi. Dalle prime stime, ancora tutte da confermare, il tasso di partecipazione si aggira attorno al 70%. Si registrano anche alcune polemiche per il fatto che l’istituzione elettorale non è ancora in grado di diffondere i risultati completi del doppio voto della scorsa domenica, quando per la prima volta nella storia 4,3 milioni di aventi diritto si sono recati alle urne per le legislative e le locali. Sul versante delle legislative ci sono, infatti, ancora 25 seggi da assegnare mentre nessun dato è stato finora comunicato per quanto riguarda le municipali. “Non siamo in grado di proclamare i risultati della provincia del Kadiogo (quella della capitale, Ouagadougou). Lo faremo appena sarà possibile”, ha dichiarato Barthélémy Kéré, il presidente della Ceni. Eppure, sulla carta il processo elettorale doveva essere più celere, trasparente e esente da contestazioni grazie all’introduzione di nuove tecniche di registrazione e conteggio delle schede – in particolare il censimento biometrico – richieste dall’opposizione che da tempo accusa il potere di frodi su vasta scala. E’ proprio nel Kadiogo che si è svolto il braccio di ferro elettorale più simbolico della tornata. François Compaoré, fratello maggiore del presidente e suo consigliere – ritenuto suo possibile successore nel 2015 – si è misurato al popolare e noto uomo d’affari Zéphirin Diabré, fondatore di una promettente forza politica nata solo due anni fa, l’Unione per il progresso e il cambiamento (Upc, opposizione), che in parlamento ha ottenuto 15 seggi. Altri 15 seggi sono andati all’Alleanza per la democrazia (Adf-Rda, opposizione) di Gilbert Ouédraogo. Alcuni esponenti di opposizione hanno già espresso “diffidenza” nei confronti del lavoro della Ceni, guardando con “sospetto e poca credibilità all’impossibilità di pubblicare i risultati della provincia strategica del Kadiogo”, annunciando la loro intenzione di introdurre ricorsi “in caso di vittoria derubata”. Dopo la pubblicazione dei risultati provvisori e parziali, il responsabile della Ceni ha ricordato a partiti e candidati la possibilità di presentare ricorso per “scongiurare i rischi di divisioni e di crisi post-elettorale”. In base al codice elettorale, candidati e partiti in lizza nelle 45 provincie di cui è composto il Burkina Faso possono presentare ricorsi entro le 72 ore successive alla diffusione dei dati provvisori da parte della Ceni; dovranno rivolgersi al consiglio costituzionale per quanto riguarda le legislative o al tribunale amministrativo per contestare l’esito delle municipali. Il doppio voto di domenica è stato globalmente contrassegnato da un clima di calma e grande partecipazione; incidenti isolati si sono verificati a Banfora, non lontano dalla frontiera con la Costa d’Avorio, dove alcune urne sono state saccheggiate. Si è trattato del primo appuntamento con le urne dopo la crisi socio-politica che nel 2011 ha fatto vacillare il presidente Compaoré – al potere con un colpo di stato dal 1987 – e dell’ultimo scrutinio prima della scadenza naturale del suo mandato nel 2015. (M.G.)

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    L’impegno dei cattolici nello sport: al via il Meeting nazionale di Csi

    ◊   Al via oggi ad Assisi il Meeting nazionale Centro Sportivo Italiano. L’evento, che si concluderà domenica, riunisce oltre 600 partecipanti da tutta Italia in rappresenta delle varie sezioni dell’associazione polisportiva cattolica. La figura di San Francesco sarà al centro degli interventi della tre giorni di spiritualità e di vita associativa. Il programma dell’iniziativa – di cui riferisce il Sir – prevedere l’apertura di lavori da parte di don Alessio Albertini, nuovo consulente ecclesiastico nazionale, mentre domenica mattina la chiusura sarà affidata al presidente nazionale Massimo Achini. Nel mezzo, un calendario ricco di interventi di esponenti del mondo dello sport, delle istituzioni e della Chiesa. Domani mattina, don Antonio Mazzi spiegherà “perché la Chiesa crede nello sport”, mentre domenica al direttore dell’Ufficio sport, turismo e tempo libero della Cei mons. Mario Lusek toccherà il tema “dell’impegno dei laici cristiani nello sport e con lo sport”. Sullo sport come strumento di missionarietà, ispirato dalla sussidiarietà ed al servizio delle politiche sociali del Paese, interverranno in una tavola rotonda il direttore generale dell’immigrazione del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali Natale Forlani, il presidente della Fondazione con il Sud Carlo Borgomeo e il direttore del settimanale no profit Vita Riccardo Bonacina. Domani sera, è previsto anche il pellegrinaggio da Santa Maria degli Angeli al duomo di San Rufino, nel quale sarà celebrata la Messa. (M.G.)

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    Mons. Andreatta: costuiremo chiese e cappelle nei centri commerciali di Roma

    ◊   Permettere ai dipendenti e ai clienti di non dimenticare la Messa domenicale, durante lo shopping del weekend. È questo lo scopo della diocesi di Roma che ha l’intenzione di allestire cappelle e chiese all’interno dei centri commerciali. L’iniziativa – di cui riferisce Zenit – è stata annunciata da mons. Liberio Andreatta, vicepresidente dell’Opera Romana Pellegrinaggi e direttore dell’Ufficio per l’Edilizia del Culto del Vicariato di Roma, a margine della conferenza stampa di presentazione del progetto "Scrinium". All’interno del centro commerciale Euroma 2 sorgerà una vera e propria chiesa, mentre altri luoghi di culto sono previsti in strutture simili. “Ogni sabato e domenica a Euroma 2 transitano 55 mila persone – ha dichiarato mons. Andreatta – Almeno duemila persone vivono nei grattacieli intorno, in più vi sono tremila dipendenti. Chi dà loro l’opportunità il sabato o la domenica di andare a Messa prima o dopo il turno lavorativo? Per questo abbiamo ritenuto opportuno creare uno spazio di evangelizzazione”. A fare strada alla costruzione delle suddette chiese e cappelle, c’è un lavoro pastorale che si concretizzerà, fra le altre cose, nella celebrazione di una messa prenatalizia in un centro commerciale romano, presieduta dallo stesso mons. Andreatta. Se un tempo la domenica era il giorno dedicato al Signore, oggi la pratica religiosa, anche nel giorno a Lui consacrato, lascia il posto allo sport, allo shopping, al tempo libero. È necessario, quindi, che la Chiesa si rechi nei luoghi dove si incontra l’uomo di oggi, ha spiegato il responsabile dell’edilizia religiosa del Vicariato di Roma. Il progetto del Vicariato di Roma, al momento della sua ideazione, avrebbe destato qualche iniziale perplessità. “Qualcuno mi ha detto: ma come, monsignore, va a fare una chiesa dentro il tempio del consumismo? – ha affermato Andreatta – Eppure Gesù quando andò ad evangelizzare proprio nel Tempio che era diventato luogo di mercanti…”. Edificare luoghi di culto all’interno di centri commerciali è quindi, secondo mons. Andreatta, una forma di garbata “contestazione” della civiltà dei consumi. “Come contestiamo? Mettendo nel loro cuore una presenza rispettosa, silenziosa, discreta e concreta”, ha detto. Si tratta di una forma di confronto con una mentalità diversa. Così come da decenni si parla di dialogo interreligioso, è opportuno che esista un dialogo anche con il mondo degli affari, anche a costo di entrare in disaccordo con i datori di lavoro e con i titolari degli esercizi commerciali. “Il messaggio di Gesù è contro il consumismo ma non è un messaggio violento, anzi è un messaggio di pace – ha proseguito mons. Andreatta – Il fatto che io mi trovi ‘dentro’ un centro commerciale non vuol dire che io ne condivida tutto quello che si fa”. La presenza del Santissimo Sacramento nei centri commerciali vuole anche essere una risposta alla “solitudine” e alla “disperazione” dell’uomo d’oggi. In un tempo in cui “sono crollati i punti di riferimento ideologici, economici, culturali” e in cui con impressionante facilità “è possibile comunicare con gli antipodi del globo”, l’uomo “non è mai stato solo come oggi, quindi questa solitudine va riempita”, ha poi concluso mons. Andreatta. (M.G.)

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    Contributi editoria: Zanotti (Fisc) “con i tagli in pericolo il pluralismo”

    ◊   “Il taglio ai contributi all’editoria mette in pericolo la democrazia informativa”. è l’allarme È questo l’allarme lanciato da Francesco Zanotti, presidente della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), in un video editoriale citato dal Sir. “Il grande pubblico non se ne accorge, ma rischiamo di trovarci solo con pochi giornali disponibili in edicola” ha proseguito il presidente della Fisc, ricordando che i contributi “sono nati ed esistono per favorire il pluralismo nell’informazione, per controbilanciare un mercato pubblicitario tutto a vantaggio dei grandi network”. Zanotti chiede quindi il ripristino dei contributi nel loro ammontare, anche perché sono ben poca cosa all’interno del bilancio statale: “E di quel poco noi settimanali cattolici percepiamo briciole di contributi. Briciole comunque necessarie per continuare ad esistere, a dare voce a chi non ce l’ha, come facciamo da oltre un secolo, in ogni angolo d’Italia”. (M.G.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 342

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.