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Sommario del 04/12/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Padre Lombardi: il Papa su Twitter è un messaggio e un invito per tutti
  • Nomina
  • Congresso Ecclesia in America. Il card. Ouellet: senza vera unità non c’è forza missionaria
  • Il card. Bertone celebra i 50 anni dell'Istituto "Stella Maris": l'amore è la prima forma di educazione
  • 20 anni del Catechismo: Rivelazione di Cristo e rivelazioni private
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto: manifestazioni contro il presidente, mentre i giudici aprono al referendum
  • Crisi siriana: per la Nato inaccettabile l'utilizzo di armi chimiche
  • Il mondo contro Israele dopo l'annuncio di nuove case a Gerusalemme est
  • Save the Children, Atlante infanzia: a rischio il futuro, invertire la tendenza
  • Aumenta il fatturato del gioco d'azzardo, almeno sei miliardi i costi sociali
  • Colombia, povertà e minori abbandonati. La testimonianza di un missionario
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Libano: al via l’Assemblea dei Patriarchi cattolici del Medio Oriente
  • Iraq: a Kirkuk giovani in aiuto di bambini poveri, cristiani e musulmani
  • Congo: l'esercito torna a Goma ma i saccheggi continuano
  • Congo: 200 mila bambini a rischio per i conflitti armati nel Kivu
  • Filippine: il tifone Bopha investe il Paese. Due morti e oltre 40 mila sfollati
  • Pakistan: attentato a una missionaria cristiana, in gravi condizioni
  • Pakistan: chiuso il caso del giovane musulmano accusato di blasfemia e morto in carcere
  • Filippine: "Settimana della pace" a Mindanao
  • Ghana: i vescovi invitano a pregare per invocare elezioni corrette e pacifiche
  • Somaliland: aumenta l’emigrazione illegale
  • Guatemala: pesante bilancio per il terremoto di novembre
  • Paraguay: nell’Anno della Fede la denuncia della violenza contro le popolazioni indigene
  • Spagna: messaggio dei vescovi per la festa della Sacra Famiglia
  • Anglicani: "grande senso di gratitudine" nella Lettera di addio di Rowan Williams
  • Francia: i religiosi rispondono al ministro Duflot su emergenza senza fissa dimora
  • Svizzera: aperte le candidature al “Premio cattolico dei mass media 2013“
  • Il Papa e la Santa Sede



    Padre Lombardi: il Papa su Twitter è un messaggio e un invito per tutti

    ◊   A 24 ore dall’apertura dell’account di Benedetto XVI su Twitter, è boom di "follower" da tutto il mondo. Sul solo account inglese, intorno alle ore 12 italiane, i follower erano oltre 350 mila. Decine di migliaia anche i contatti sugli account nelle altre 7 lingue. Complessivamente, sono già stati superati i 500 mila follower. Su questa risposta impressionante del web all’iniziativa del Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi:

    R. – Non mi stupisce che ci sia stata questa risposta grande, perché già nelle settimane passate io sono stato continuamente interpellato per sapere quando sarebbe cominciata questa presenza del Papa su Twitter, come sarebbe stata e così via... Verificavo dunque – soprattutto nel mondo della comunicazione – un grandissimo interesse e questo vuol dire che questa iniziativa ha colto nel segno e ha dato veramente un segnale della capacità, da parte del Santo Padre e dei suoi collaboratori, di rispondere ad attese che sono nell’aria.

    D. – Presentando l’iniziativa, mons. Celli ha detto che la presenza su Twitter nasce dalla volontà del Papa di incontrare gli uomini e le donne del nostro tempo là dove si trovano…

    R. – E’ verissimo, perché gli incontri, oggi, sono naturalmente e come sempre nella realtà, nel faccia a faccia quotidiano, e questo rimane un aspetto essenziale del nostro vivere insieme e con gli altri, ma anche nel “continente digitale”: tramite le nuove possibilità di comunicazione c’è la possibilità di incontri. Possono essere superficiali, possono essere non coinvolgenti, ma possono essere anche significativi e profondi. Quindi, è nostro compito proprio valorizzare queste possibilità e indicare che, anche in questo mondo che si sta sviluppando così vertiginosamente, bisogna mettere elementi di incontro più profondo, di comunicazione di idee, di sentimenti, di cuori e di menti.

    D. – Anche con questa presenza su Twitter, il Papa chiama tutti i fedeli all’evangelizzazione del “continente digitale”: lo abbiamo visto anche – per esempio – nel messaggio per la Gmg di Rio, con riferimento in particolare ai giovani. Come raccogliere questa sfida?

    R. – Il Papa aveva già avuto qualche piccola esperienza di questo tipo in passato: per esempio, c’erano stati gli sms diffusi durante le Giornate mondiali della gioventù. Ricordo bene quella di Sydney: era stata la prima volta in cui si mandavano sms con frasi del Papa firmate “B16” e la cosa aveva avuto tutto un suo significato. Poi, abbiamo aperto i canali su YouTube e adesso c’è la presenza su Twitter che ha una sua particolare efficacia. Certamente, la presenza del Papa su Twitter vuole essere un messaggio per tutti: non è solo il suo personale per diffondere alcune parole sue, è anche il dire che il Pastore, capo della Chiesa, dà l’esempio e in un certo senso invita tutti a farsi carico di questa nuova dimensione della comunicazione e ad esservi presenti. Naturalmente, il Papa può esservi presente con un modo suo, che in alcuni casi può essere il rispondere a delle domande, come succede adesso per il lancio di Twitter. Più normalmente, può essere il diffondere parole che sintetizzino i suoi discorsi, i suoi messaggi. Bisogna pensare che il Papa è capo di una grande comunità ed è la grande comunità che deve farsi carico di essere comunicativa e interattiva con tutte le persone che sono in ricerca, che hanno domande da fare. Quindi, il Papa dà un esempio, lancia dei messaggi. Le risposte che noi cerchiamo, poi, a volte non è detto che debba darcele lui personalmente, ma le possiamo trovare nella Chiesa.

    D. – Tutti i media vaticani sono impegnati ad amplificare e ad approfondire la propria presenza sul web: con quali prospettive?

    R. – I media vaticani da lungo tempo sono attivi, presenti sul web, come nuova via di comunicare i loro contenuti, i loro messaggi che sono poi i messaggi del Papa, della Chiesa universale. Quello che si è sviluppato – e che in certo senso dobbiamo ancora riuscire a comprendere meglio per esservi maggiormente presenti – è l’interattività nelle reti sociali. In questo senso, una presenza su Twitter è un messaggio chiaro: cerchiamo non solo di mandare messaggi in una direzione, ma di inserirci in un grande dialogo. Ricordo che quando il Papa venne alla Radio Vaticana, parlando in diretta proprio dai nostri microfoni, disse questo: la comunicazione oggi è in due direzioni. Quindi, è nell’inserirsi nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi e costruire una comunità, una famiglia, dialogando. Questo è qualcosa in cui la Rete ci dà nuove possibilità. Dobbiamo ancora imparare a usarla meglio.

    D. – Personalmente, come uomo di comunicazione, cosa la colpisce di questo impegno a tutto campo del Papa, finissimo teologo che sa anche utilizzare i social network?

    R. – Direi che il Papa capisce molto bene la situazione. Evidentemente, come persona di una certa età e come tante altre persone di una certa età, non è un “nativo digitale” e quindi usa i social network in un modo diverso da come li usano i ragazzi. Però ne comprende la portata, le potenzialità, e invita la Chiesa a essere presente in essi. Ed è estremamente disponibile, appunto, a dare anche la sua parola come messaggio che circoli attraverso i social network. Quindi, è sempre pronto di fronte a proposte ragionevoli, intelligenti dei suoi collaboratori a dare la sua collaborazione, che poi è la sua autorità e la sua parola, perché si inserisca in questo grande dialogo del mondo di oggi. In questo, l’intelligenza e la sensibilità della persona aiutano molto a fare nuovi passi, con grande serenità e gioia, in questa direzione.

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    Nomina

    ◊   In Argentina, il Papa ha nominato Vescovo titolare di Monte di Mauritania ed Ausiliare dell’Arcidiocesi di La Plata, il Rev.do P. Alberto Germán Bochatey, O.S.A., attualmente Rettore del Collegio Internazionale Santa Monica in Roma.

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    Congresso Ecclesia in America. Il card. Ouellet: senza vera unità non c’è forza missionaria

    ◊   Sarà il Papa, domenica prossima, a portare il suo saluto di benvenuto nella Basilica di San Pietro ai partecipanti al Congresso internazionale "Ecclesia in America", che avrà luogo in Vaticano dal 9 al 12 dicembre prossimi, organizzato dalla Pontificia Commissione per l’America Latina e dai Cavalieri di Colombo, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Studi Guadalupani. L’evento è stato presentato stamani nella Sala stampa vaticana dal cardinale Marc Ouellet, presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Un appuntamento di grande rilievo, a 15 anni dal Sinodo dei vescovi per l’America Latina, incentrato sul tema “Incontro con Gesù Cristo vivo, via per la conversione, la comunione e la solidarietà in America”, chiuso il 12 dicembre del 1997. Due anni dopo, il “frutto più maturo” di quell’Assemblea – ha ricordato il cardinale Marc Ouellet – fu l’Esortazione apostolica Ecclesia in America, da cui questo Congresso trarrà ispirazione – ha detto – per “intensificare i rapporti di comunione e di cooperazione tra le Chiese del Continente:

    “Il prezioso patrimonio di fede cristiana (…) oggi sottoposto all’erosione provocata dalle ondate di secolarizzazione, all’impatto di una cultura globale sempre più lontana e ostile e al proliferare delle ‘sette’, ha bisogno di essere sempre più rivitalizzato, riformulato e riattualizzato”.

    Si tratta, ha proseguito il porporato di “affrontare comuni problemi e sfide” sviluppatisi in questi ultimi 15 anni: dal tema scottante dell’immigrazione, alle “reti del narcotraffico” e al “consumo delle droghe” e alle “politiche per combatterle”, alla “violenza cittadina” specie giovanile, alle aggressioni alla “cultura della vita” e all’“istituzione della famiglia”, alla promozione dell’“educazione” cattolica, alle diffuse “situazioni stridenti di povertà e indigenza”, alla difesa della “liberta religiosa”, così come ha fatto “con vigore e con una presenza pubblica forte” l’episcopato negli Usa. “Questo aiuta – ha spiegato – anche la formazione delle coscienze e la testimonianza della Chiesa nella cultura contemporanea”:

    “E tutto ciò si inquadra entro le nuove condizioni di ripensamento delle relazioni politiche, economiche e culturali tra Stati Uniti, Canada e i Paesi latinoamericani, nella ricerca di maggiore dialogo, comprensione e rispetto, solidarietà e giustizia”.

    Per questo, ha concluso il cardinale Ouellet, si vogliono “creare reti di amicizia lungo tutto il continente, con fedele senso di appartenenza alla Chiesa”. Qui, vivono oltre il 50 per cento dei cattolici del mondo:

    “Senza una vera e forte unità, non c’è protagonismo né missionario né sociale”.

    Oltre 200 i partecipanti al Congresso, chiamati da tutto il continente americano, oltre ai responsabili dei Dicasteri vaticani ai superiori e superiore generali di Ordini e Congregazioni e rettori di Pontifici Collegi residenti a Roma. I lavori inizieranno il 9 dicembre con una Messa alle 18.30 nella Basilica Vaticana, cui seguirà l’incontro con Benedetto XVI, e si concluderanno il 12 dicembre con una celebrazione eucaristica alle ore 18.30 nella chiesa di Santa Maria in Traspontina, nella festa di Nostra Signora di Guadalupe, patrona delle Americhe.

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    Il card. Bertone celebra i 50 anni dell'Istituto "Stella Maris": l'amore è la prima forma di educazione

    ◊   L’educatore “è un testimone della verità e del bene”, valori dei quali ogni ragazzo ha bisogno. Ad affermarlo è stato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che oggi ha presieduto ad Anzio, in provincia di Roma, una Messa per i 50 anni dell’Istituto scolastico “Stella Maris”, retto dalle Suore di Nostra Signora della Mercede. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Colonia marina, istituto per minori poveri, scuola elementare. La funzione è cambiata col cambiare dei tempi, non il modo di esprimere di volta in volta l’amore cristiano. Il cardinale Bertone ha messo in risalto questo aspetto ricordando le tappe salienti dell’Istituto “Stella Maris” di Anzio, città del litorale laziale. Dai 400 ragazzi ospitati per le vacanze nel 1962 – tutti studenti delle scuole delle Suore di Nostra Signora della Mercede – per arrivare quattro anni dopo all’“opera assistenziale permanente” verso i bambini bisognosi, fino al 1979-80, anno di apertura della prima classe di un Istituto ormai convertitosi alla formazione a tutto tondo dei giovani – come dimostra l’avvio del Liceo linguistico nell’89-90 – tutti i bambini e i ragazzi transitati per la struttura di Anzio “sono stati amorevolmente accompagnati dalle cure educative e dalle preghiere delle Suore, presenti e passate”, ha riconosciuto il segretario di Stato. Il quale ha poi osservato che “il Giubileo di un’Opera, mentre mantiene vivo il senso e l’importanza della storia, ha in sé anche, intenzionalmente, i prodromi di un nuovo inizio”.

    Religiose, docenti ed educatori sono stati esortati dal cardinale Bertone a “tenere lo sguardo fisso sul futuro”, sulla scorta di quanto asserito da Benedetto XVI nella sua lettera sul compito educativo, e cioè che “l'educazione è frutto di esperienza e competenza, ma si acquista soprattutto con la coerenza della propria vita e con il coinvolgimento personale, espressione dell'amore vero”. L'educatore dunque, ha soggiunto il porporato, è “un testimone della verità e del bene” e se può accadere di sbagliare, proprio la celebrazione dei 50 anni di lavoro educativo, ha soggiunto, diventa un rinnovato punto di partenza per una crescita nella fede e nel servizio ai giovani. Infine, il cardinale Bertone ha rivolto un pensiero alle famiglie: “I vostri figli hanno bisogno anzitutto di quella vicinanza e di quella fiducia che nascono dall'amore: è questa, infatti, la prima e fondamentale esperienza dell'amore che i bambini e i giovani dovrebbero fare con i loro genitori. Vi auguro – ha concluso – di colmare questa esigenza dei vostri figli con generosa determinazione”.

    Al termine della Messa, il segretario di Stato ha benedetto nel giardino della "Stella Maris" una statua della Vergine a ricordo dell'occasione.

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    20 anni del Catechismo: Rivelazione di Cristo e rivelazioni private

    ◊   Non c'è e non ci sarà una nuova Rivelazione di Dio. Quella compiuta in Gesù si è conclusa con la morte dell'ultimo Apostolo. A questa verità della fede cristiana, il Catechismo della Chiesa Cattolica dedicata ampio spazio, ponendola in rapporto con quelle che la Chiesa chiama "rivelazioni prvate". Il gesuita padre Dariusz Kowalczyk ne parla nella sesta puntata della sua rubrica dedicata ai 20 anni della pubblicazione del Catechsimo:

    La Rivelazione di Dio si è compiuta in Gesù Cristo. La Nuova Alleanza, costituita in Gesù, è definitiva e “non è da aspettarsi alcuna nuova Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore” (CCC, 66) – dice il Catechismo, citando le parole di San Giovanni della Croce: “Chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, offenderebbe Dio”.

    La Chiesa, infatti, ci dice che la Rivelazione si è conclusa con la morte dell’ultimo Apostolo. D’altra parte vediamo però che ci sono i dogmi di fede (p.es. il dogma dell’Assunzione) che così come si presentano oggi non c’erano agli inizi della predicazione del Vangelo. Il Catechismo spiega che “anche se la Rivelazione è compiuta, non è però completamente esplicitata” (n. 66). Nella persona e nella storia di Gesù ci è stato rivelato tutto, ma tocca alla Chiesa, guidata dallo Spirito Santo alla verità tutta intera (cfr. G 16,13), “coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli” (CCC, 66).

    In tale prospettiva possiamo comprendere il vero senso delle cosiddette rivelazioni private, alcune delle quali riconosciute anche dalla Chiesa come p.es. quelle di Lourdes e di Fatima. Il loro ruolo – come leggiamo nel Catechismo – non è di “migliorare" o di "completare" la rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare di viverla più pienamente in una determinata epoca storica” (n. 67). Una rivelazione privata dunque non è vincolante per la fede dei credenti.

    Capita che i fedeli, seguendo diverse rivelazioni private ne diventino troppo entusiasti. Va ricordato quindi che anche se tali rivelazioni ci possano aiutare, Dio si fa conoscere soprattutto attraverso la Bibbia, la Tradizione e il Magistero della Chiesa. Nell’Anno della Fede siamo chiamati quindi piuttosto a leggere il Catechismo, e non ad aspettarci delle nuove rivelazioni.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, l'economia: l’Fmi approva i controlli sui flussi dei capitali, volta pagina la finanza mondiale.

    Nell’informazione vaticana, il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, ricorda il sessantesimo anniversario della “Exul familia” di PioXII.

    Nell’informazione internazionale, in rilievo il Vicino Oriente: Israele accelera la costruzione di nuovi insediamenti.

    A scuola di dialogo dal gran Moghul: in cultura, Isabella Farinelli sulla mostra “Akbar, il grande imperatore dell’India”.

    Un ritorno carico di speranze: Rossella Fabiani sul Cairo International Film Festival.

    Porte della fede: Fabrizio Bisconti sulle scene d’ingresso nella cultura figurativa delle antiche civiltà mediterranee.

    Quando le pietre raccontano: Giovanni Montanari, presidente dell’archivio arcivescovile di Ravenna, sulle iscrizioni dedicatorie del Seminario Romano Maggiore e del North American College.

    La premiazione degli studenti del progetto Quotidiano in classe.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto: manifestazioni contro il presidente, mentre i giudici aprono al referendum

    ◊   Il Consiglio supremo della magistratura, i giudici del Consiglio di Stato e i procuratori dei tribunali amministrativi hanno annunciato che parteciperanno alla supervisione delle operazioni di voto per il referendum sulla Costituzione il 15 dicembre, isolando dunque il gruppo che chiedeva il boicottaggio. Dopo la manifestazione di ieri dei sostenitori del presidente, oggi i quotidiani indipendenti egiziani sono in sciopero per protestare contro il decreto sui poteri di Morsi e la bozza di Costituzione. Del braccio di ferro tra politici e magistratura Fausta Speranza ha parlato con il prof. Arduino Paniccia, docente di Studi strategici all’Università di Trieste:

    R. - Non si tratta di cavilli. La posizione è molto difficile perché questa Costituzione non è criticata soltanto dai giudici. E’ un prodotto distorto, dove vengono ignorate molte parti della società egiziana. I giudici hanno rappresentato questo malessere, anche se naturalmente stanno cercando di mediare con il presidente e sembra che i magistrati più importanti, del Consiglio di Stato, e alcuni procuratori che avevano deciso di non supervisionare le operazioni di voto sul referendum riguardante la nuova Costituzione previsto per il 15 dicembre sembra, abbiano invece, in qualche modo, aderito e quindi danno una copertura al presidente. Però la questione della spaccatura all’interno della magistratura e della spaccatura forte all’interno della popolazione egiziana resta tutta e naturalmente per Morsi non sarà una "passeggiata" superare questa fase, nonostante l’azione propagandistica enorme che sta facendo la Fratellanza Musulmana per difendere il presidente.

    D. - Diciamo qualcosa anche sui tempi, perché il testo di bozza costituzionale è stato approvato in gran fretta dall’assemblea costituente - così è apparso a tutti gli osservatori - e adesso c’è anche questo referendum indetto a pochissimi giorni dall’approvazione dell’assemblea costituente…

    R. - Il referendum ha esattamente il sapore di una chiamata popolare alle urne di una parte che sicuramente risponderà, legata alla Fratellanza musulmana e ai salafiti, per cercare di ottenere una risposta plebiscitaria messa su in fretta e in furia, scavalcando sia un’accurata stesura della Costituzione, sia la dura opposizione del Fronte di salvezza nazionale, che rappresenta una ventina di movimenti laici e riformisti che non vogliono assolutamente far passare questo tipo di Costituzione che ignora molti diritti delle donne, dei cristiani, degli intellettuali, dei professori e anche di una parte dei lavoratori. Quindi, è un tentativo anche maldestro, ma molto chiaro, di dare moltissimi poteri, ammantandoli di costituzionalità, al presidente Morsi. Io credo che, su questo, non solo il popolo egiziano, che naturalmente sta giustamente protestando, ma anche tutta la comunità internazionale, a partire dall’Unione europea, deve prestare moltissima attenzione.

    D. - Parliamo proprio di osservatori esterni al Paese. E’ molto difficile in questo momento intervenire in un qualunque modo visto anche tutto l’assetto geopolitico dell’area…

    R. - Certo, è naturale che dobbiamo utilizzare tutte le cautele e che dobbiamo anche capire tutti gli errori che sono stati commessi dalla stessa comunità internazionale nel passato. Però non possiamo di nuovo giustificare il fatto di cominciare a mancare sul fronte dei diritti e delle persone con la storia e il passato, perché con questo sistema, in Egitto - negli ultimi 50 anni - ci sono state quattro dittature, sempre partendo dal discorso che nel passato erano state fatte cose sbagliate, errori. Si diceva che quindi occorrevano poteri speciali per rimediare e che la cosa sarebbe naturalmente durata molto poco tempo, che era questo che voleva la popolazione. E poi invece non è stato così. Direi che ora siamo al punto nel quale bisogna vegliare affinché l’ennesima storia non si ripeta.

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    Crisi siriana: per la Nato inaccettabile l'utilizzo di armi chimiche

    ◊   In Siria, non si arrestano gli scontri tra militari e rivoltosi. Bombardamenti si segnalano a Sud di Damasco, morto anche un giornalista della stampa di Stato. Intanto dopo il monito degli Usa, anche il segretario generale della Nato punta il dito contro il regime di Assad sull’uso di armi chimiche. “Sarebbe inaccettabile”, precisa Anders Fogh Rasmussen da Bruxelles dov’è in corso la riunione dei ministri degli Esteri dell'Alleanza Atlantica e dove si sta decidendo sulla richiesta della Turchia di dislocare missili lungo il confine, per difendersi da un eventuale attacco di Damasco. La Siria, comunque, continua a negare la volontà di utilizzare armi di distruzione di massa contro il suo popolo. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con il direttore di Rivista Italiana Difesa, Pietro Batacchi:

    R. – Che La Siria abbia armi chimiche è fuor di dubbio. E’ una cosa assolutamente acclarata. Il programma nasce a fine anni ’70 inizio anni ’80 quando il padre dell’attuale presidente Bashar al Assad, ovvero Hafiz al-Asad, individuò negli agenti chimici uno strumento alla portata del regime, una risposta “low cost” al nucleare israeliano. Non a caso, alcuni anni fa, la Siria si era "imbarcata" anche in un programma nucleare, culminato poi nel settembre 2007 con il raid israeliano contro il presunto reattore di al-Kibar.

    D. – Ad oggi viene detto che queste armi vengono spostate sul territorio. Sono ancora efficaci ed è un programma che è continuato nel tempo?

    R. – Non è chiaro l’effettivo stato del programma chimico siriano. Alcuni componenti di questi ordigni potrebbero, dopo anni, essere decaduti e non è sicuro che il programma oggi abbia un’efficienza pari a quella di dieci o quindici anni fa.

    D. – La Turchia, però, proprio per questo dubbio sulle armi chimiche pensa al dispiegamento di missili patriot al confine proprio con la Siria. Insomma, si sta alzando ancora di più la tensione?

    R. – Assolutamente. La crisi siriana già adesso sta portando delle conseguenze, in termini di stabilità regionale. Non dimentichiamoci quali sono le ripercussioni sul Libano, per i profughi, lo stesso accade in Turchia dove si sommano anche le tensioni di confine. In generale c’è una diffusa instabilità. Comunque la Nato ha già dato il proprio assenso al dispiegamento dei sistemi antiaerei, antimissilistici. E anche questo è un segnale che, nonostante non ci sia il coinvolgimento diretto delle Potenze occidentali in Siria, ci sono alcune "linee rosse" invalicabili che la comunità internazionale segnala al regime di Damasco. Non ci dimentichiamo un ulteriore elemento, molto importante, ovvero che, nell’ambito del fronte variegato che combatte il regime di Assad, ci sono anche realtà fondamentaliste islamiche e islamiste e, qualora le infrastrutture e le armi chimiche cadessero nelle mani di queste realtà, sarebbe un problema serio. Non a caso già da tempo sia giordani, sia israeliani, sia turchi e statunitensi, hanno programmi segreti per riprendere il controllo della situazione.

    D. – Cosa tiene in piedi il regime siriano?

    R. – Il regime di Assad vede la propria sopravvivenza in una dinamica esterna. Finché la Russia darà supporto, ho la sensazione che questo regime durerà anche perché qui è in gioco la stabilità dell’area. La Siria è un Paese molto più complesso della Libia. In Libia, nel 2011, la comunità internazionale, la Nato, l’Onu, sono intervenuti anche perché la Russia lo ha permesso. Ed oggi intervenire in Siria significa sollecitare anche Iran, Israele, Turchia… significa toccare il cuore stesso del Medio Oriente. Per cui anche la comunità internazionale ha una certa ritrosia ad entrare attivamente in un conflitto i cui esiti sono comunque di difficile calcolo e previsione.

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    Il mondo contro Israele dopo l'annuncio di nuove case a Gerusalemme est

    ◊   Continuano a piovere critiche su Israele, dopo l’annuncio della costruzione di 1700 nuove case a Gerusalemme est. Ieri, Stati Uniti, Cina, Russia e l’Unione Europea hanno criticato l’iniziativa. Gran Bretagna, Spagna, Francia e Svezia hanno anche convocato gli ambasciatori israeliani. Intanto, secondo il quotidiano "Haaretz", il governo sarebbe anche intenzionato anche ad abbattere le case palestinesi ritenute illegali sempre a Gerusalemme est. Ma cosa c’è dietro queste decisioni? Benedetta Capelli lo ha chiesto al prof. Luigi Bonanate, docente di Relazioni internazionali all'Università di Torino:

    R. - Credo che la ragione, questa volta, sia essenzialmente di politica interna: Netanyahu sta andando alle elezioni che sono previste a gennaio. Gli eventi recenti hanno prodotto degli entusiastici atteggiamenti da parte di quasi tutto il mondo e pure da una parte dell’opinione pubblica israeliana che ha festeggiato la delibera dell’Onu sulla Palestina, perché - tutto sommato - era uno sganciarsi dalla tradizione di questa questione irrisolvibile e il voto ha dato uno slancio nuovo. A questo punto, però, Netanyahu si trova ad avere anche un ostacolo interno e rappresentando un governo essenzialmente di centrodestra, se non proprio di destra pura in Israele, ha avuto bisogno di dare un segnale alla destra, che è poi il suo elettorato e quindi la scelta non è del tutto inspiegabile o incomprensibile.

    D. - C’è, secondo lei, il rischio concreto di un isolamento di Israele rispetto al resto della comunità internazionale? L’Europa, per esempio, è stata molto dura: quattro Paesi hanno convocato gli ambasciatori israeliani. Le posizioni sono, quindi, abbastanza nette…

    R. - Secondo me, non c’è pericolo di isolamento. Gli eventi recenti hanno riaperto una dinamicità a una storia spaventosa e terribile, che dura da 64 anni, di cui non si vedeva - e non so se si vede adesso - alcuna possibilità di sviluppo. Questa situazione ha ridato centralità, una centralità piena di intenzioni di cambiare, a tutto il mondo. Il fatto che l’Unione Europea si lamenti, che gli Stati Uniti - che hanno sempre sostenuto le posizioni israeliane - si permettano di criticare è una cosa sana. La democrazia è il mondo nel quale si discute, si parla, invece che sparare. Abbandoniamo quel vecchio sistema per cui gli alleati vanno sempre difesi, qualsiasi cosa facciano e allo stesso tempo bisogna essere pronti a ricevere le critiche. L’isolamento al massimo può venire se uno continua a commettere delle azioni che non sono giustificate, ma questo tenderei ad escluderlo.

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    Save the Children, Atlante infanzia: a rischio il futuro, invertire la tendenza

    ◊   Rimettere al centro l’infanzia, ponendoci di fronte ai rischi che comporta, per il futuro, la negazione dei diritti di bambini e adolescenti. E’ quanto propone Save the Children nella terza edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio, intitolato ”Mappe per riconnettersi al futuro”. Ne emerge un quadro preoccupante fatto di fragilità, povertà, non scolarizzazione, che interpella in primo luogo le istituzioni chiedendo impegni coraggiosi di lungo periodo. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Quattro capitoli, un centianio di pagine e 77 mappe, con un unico filo conduttore, la parola “futuro”. Si parte dal futuro che i bambini immaginano, leggono, a volte contribuiscono a scrivere, ma che comunque a loro interessa. E' il futuro descritto nella letteratura di fantascienza, che deve far riflettere. Valerio Neri, direttore di Save the Children Italia:

    “Quando noi eravamo giovani, la fantascienza parlava di utopia, di mondi futuri, ma tutti possibili da vivere. La fantascienza dei ragazzi di oggi parla invece di mondi distrutti, dove il bambino ricomincia da solo. Quindi, loro già oggi non vedono futuro”.

    Sfogliando l'Atlante, si passa alle mappe: dalla vita quotidiana degli ultimi 15 anni, ai cosiddetti “codici maligni” che erodono l’indice di futuro, a partire dai neonati che oggi nascono con un’ipoteca di 3 milioni e mezzo di debito pro capite, il più alto d’Europa. Sono destinati a essere sempre meno - 15 su 100 nel 2030 - e con sempre minor peso politico: il 4%. Ma il dato più agghiacciante, spiega Save, è quello che coinvolge 720 mila bambini in povertà assoluta. A gravare è il contesto economico, ma anche una povertà culturale: dispersi e fermi alla terza media 18 su 100, con punte di 25 in Sicilia e Sardegna. Cinque su 100 sono i bambini a cultura zero. Giulio Cederna, curatore dell’Atlante:

    “C’è una crisi di visione di futuro, che riguarda tutto il Paese, che è fondamentale invertire. E’ fondamentale capire che ci sono tante cose che si possono fare. E’ possibile rimettere al centro l’infanzia e rimettendo al centro l’infanzia è possibile far ripartire la scuola, sostenere le famiglie con gli asili nido. E' fondamentale fare rete, avviare progetti partecipati, dare la cittadinanza alle seconde generazioni. Ci sembra un passaggio fondamentale”.

    La povertà per i ragazzi è però anche civile e ambientale, se pensiamo che un milione e mezzo di minori vive in territori da bonificare e 700 mila in Comuni sciolti per mafia, pervasiva nei loro confronti. E allora? La parola passa alle istituzioni, le proposte ci sono. Save the Children invita innanzitutto a considerare l’infanzia come capitolo di investimento e non di spesa. Poi, si rivolge alla nuova classe dirigente. Valerio Neri, presidente di Save the Children Italia:

    “E' un grido d’allarme che rivolgiamo alla prossima legislatura, perché questa, a parte due o tre buone iniziative, ha fatto veramente poco. Ci auguriamo, però, che la nuova possa fare meglio. In fondo, gli forniamo una 'road map'. Se la forza dei ragazzi si stanca, l’Italia si ferma”.

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    Aumenta il fatturato del gioco d'azzardo, almeno sei miliardi i costi sociali

    ◊   In Italia, il gioco d’azzardo fattura oltre 80 miliardi di euro e riguarda non meno di 800 mila persone. Un fenomeno con rilevanti costi sociali e che ha spinto 21 Associazioni a lanciare una campagna nazionale. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Fatturato e scommettitori in aumento. Il gioco d’azzardo in Italia nel 2011 è cresciuto del 10% rispetto al 2010. Un vero malcostume ritratto nel dossier “Azzardopoli 2.0”, curato dall'associazione “Libera”, in occasione della presentazione al Senato della campagna "Mettiamoci in gioco”, a cui parteciperanno 21 Associazioni. Le scommesse, on line o nelle sale, sono la terza impresa italiana: bruciano letteralmente 1.450 euro ad abitante, neonati compresi. Daniele Poto di Libera:

    “Più c’è disperazione e più si gioca. Anche se alcuni Paesi europei sono in controtendenza, perché quando si arriva a un punto di esplosione della crisi, la bolla si sgonfia: l’esempio è la Grecia, dove i giochi stanno riscuotendo un minore successo. In Italia, invece, questa bolla continua a gonfiarsi e non è ancora esplosa”.

    I costi sono sociali sono impressionanti: tra i 5.5 e i 6.6 miliardi, con intere famiglie che finiscono su lastrico per essere cadute nel vizio del gioco. Il governo Monti ha varato alcune misure, ad esempio le sale devono essere distanti dalle scuole almeno 500 metri. Ma per don Armando Zappolini, della campagna “Mettiamoci in gioco”, è ancora troppo poco:

    “C’è una lobby potente, trasversale ai partiti. Su questo la politica deve dare un segnale forte: non si può barattare la salute delle persone con i guadagni dei soliti pochi privati”.

    Anche lo Stato sembra soccombere al gioco. Dal 2004 a oggi, il fatturato è quadruplicato, il gettito fiscale è passato dal 29 all’8% del giro d’affari.

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    Colombia, povertà e minori abbandonati. La testimonianza di un missionario

    ◊   Violenza e povertà mettono a rischio la maggior parte delle popolazioni indigene della Colombia, il terzo Stato più popolato dell’America Latina. Un Paese nel quale si assiste a un notevole aumento del fenomeno dei minori in stato di abbandono familiare proprio a causa della povertà. Alessandro Filippelli, nel quadro della Campagna europea "Why Poverty? (Perchè la Povertà) dell'Ebu, ne ha parlato con padre Mauro Loda, missionario Saveriano in Colombia:

    R. – Siamo in Colombia, come Missionari saveriani, dal 1975 e siamo presenti in alcune delle zone tra le più povere di questo Paese sudamericano. Il nostro impegno umanitario si traduce concretamente nel lavoro che svolgiamo nella città di Buenaventura, una città afroamericana della costa pacifica, dove gli indici di povertà sono abbastanza elevati. Cerchiamo anche di portare avanti il nostro lavoro nelle periferie della città di Cali, dove la violenza la fa ancora da padrona. I nostri missionari sono presenti soprattutto in queste due città e si trovano a contatto con un ambiente di povertà, specie negli ultimi tempi.

    D. – Minori in stato di abbandono e alto tasso di violenza intrafamiliare: sono alcune delle conseguenze legate alla povertà in Colombia. Che cosa fate per cercare di arginare questi fenomeni?

    R. – Sono fenomeni effettivamente molto grandi, che ci superano anche come missionari: arginarli completamente è un’impresa e una missione abbastanza difficile. Nel nostro piccolo, negli ambienti dove ci troviamo a lavorare, cerchiamo di seguire le persone che hanno queste problematiche: cerchiamo di stabilire un discorso con le famiglie soprattutto riguardo ai minori abbandonati o, nel caso le famiglie non rispondessero, cercando di portarli in istituzioni che sono create ad hoc per rispondere proprio a queste necessità.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Libano: al via l’Assemblea dei Patriarchi cattolici del Medio Oriente

    ◊   E’ iniziata ieri ad Harissa, in Libano, l'Assemblea dei Patriarchi e dei vescovi Cattolici del Medio Oriente. Ai lavori partecipano i card. Béchara Raï, Patriarca dei Maroniti e i Patriarchi Gregorio III, per la Chiesa Greco-Cattolica, S.B. Nersès Bedros della Chiesa Armeno-Cattolica, S.B. Ignace II Younan, Siro-Cattolico, e rappresentanti del Patriarcato Copto, Caldeo e Latino. Presente anche il nunzio apostolico in Libano mons. Gabriele Caccia. Il tema al centro della riunione – riporta il quotidiano libanese “L’Orient-le-jour” - è l’attuazione dell’Esortazione apostolica “Ecclesia in Medio Oriente”, frutto dell’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi del 2010 a Roma e consegnata dal Santo Padre lo scorso settembre durante il viaggio in Libano. I Patriarchi del Mashreq discuteranno in particolare del futuro della fede cristiana e dei cristiani nel mondo arabo, alla luce degli ultimi drammatici sviluppi degli sconvolgimenti politici della regione e dell’affermarsi dei partiti islamisti. Ad introdurre i lavori è stato ieri sera il card. Béchara Raï che, richiamando l’esortazione del Santo Padre, ha sottolineato “il diritto e il dovere dei cristiani di partecipare alla vita nazionale dei loro rispettivi Paesi, alla piena cittadinanza e a non essere trattati come una minoranza”. “I cristiani – ha affermato – devono condividere con i loro compatrioti musulmani i diversi valori della loro cultura, esattamente come facevano durante il Risorgimento arabo nel XIX secolo, in particolare la libertà di fede e culto”. Il Patriarca maronita ha quindi ricordato che “i due pericoli che minacciano oggi non solo i cristiani”, ma i credenti di tutte le regioni sono, da un lato, il “fondamentalismo religioso violento” e, dall’altro, quella “laicità negativa” che cerca di confinare la fede religiosa nella sfera privata fino all’”estremismo ideologico” che vuole impedire alle persone di “esprimere pubblicamente la loro fede religiosa”. Il nunzio Caccia, da parte sua, ha ricordato la gioia che ha segnato la recente visita del Papa in Libano che, ha detto, “ha rivelato la vitalità della presenza cristiana” nel Paese e in Medio Oriente, oltre alla possibilità concreta per i cristiani e musulmani di convivere nella concordia. L’assemblea prosegue fino a domani. Seguirà giovedì a Bkerké l’assemblea dei vescovi maroniti libanesi. (L.Z.)

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    Iraq: a Kirkuk giovani in aiuto di bambini poveri, cristiani e musulmani

    ◊   Nella prima domenica di Avvento i giovani di Kirkuk, arcidiocesi del nord dell'Iraq, hanno organizzato una raccolta fondi da devolvere ai bambini poveri della città. Per espressa volontà di mons. Louis Sako, il cammino di preparazione alle celebrazioni del Natale è stato contraddistinto dall'iniziativa di solidarietà per i più piccoli e bisognosi. La somma raccolta, come riferiscono fonti dell'arcivescovado riprese dall'agenzia AsiaNews, verrà "distribuita a cristiani e musulmani" e la generosità dei fedeli "ha davvero sorpreso tutti". Il 2 dicembre scorso mons. Sako ha chiesto a ragazzi e ragazze di Kirkuk - teatro di una lotta sanguinosa per il potere e il controllo del petrolio fra arabi, turcomanni, curdi e sciiti - di sostenere una colletta nelle quattro parrocchie della città. L'iniziativa si inserisce nel contesto degli eventi e delle attività che caratterizzeranno queste settimane di Avvento, in attesa dei festeggiamenti per il Natale. Nel suo appello, l'arcivescovo ha ricordato che la nascita di Gesù "non è un evento del passato", perché il Natale è un messaggio di "speranza, dinamismo, di condivisione" con gli altri che resta valido ancora oggi. Il prelato ha quindi sottolineato che la festa è segno di una fede che opera "per mezzo dell'amore". "In tanti in passato - ha continuato mons. Sako - ci hanno aiutato durante le tribolazioni e le sofferenze. Oggi tocca a noi, come segno di gratitudine, dare una mano agli altri. Essere sensibili verso i fratelli che soffrono, mostrare loro la nostra solidarietà, perché questo è parte integrante della nostra fede". Per precisa disposizione dell'arcivescovo, il denaro sarà "distribuito agli orfani cristiani e musulmani", senza distinzioni di fede religiosa o di etnia. Parte della somma verrà inoltre devoluta ai bambini dell'ospedale pediatrico, alle famiglie povere, agli ammalati bisognosi di cure e medicine. (R.P.)

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    Congo: l'esercito torna a Goma ma i saccheggi continuano

    ◊   Un centinaio di militari delle Forze armate congolesi (Fardc) si trova all’aeroporto di Goma e un battaglione è arrivato da Sake al campo militare di Katindo: lo riferiscono fonti dell'agenzia Misna e di stampa internazionale fornendo aggiornamenti sul capoluogo del Nord Kivu, da dove sabato scorso si sono ritirati i ribelli del Movimento del 23 Marzo (M23). Su un totale ritiro dei ribelli, fonti locali della Misna nutrono però alcuni dubbi a seguito di informazioni secondo cui un numero imprecisato di combattenti dell’M23 avrebbe dismesso le divise per abiti civili, restando quindi in città. “Se su questi episodi non possiamo avere dati certi – dice una fonte missionaria della Misna che preferisce restare anonima – è fuor di dubbio che nel corso delle ultime due notti sono stati compiuti atti organizzati di saccheggio a danno della popolazione civile. Uomini armati hanno fatto irruzione in alcuni quartieri e campi profughi razziando generi di prima necessità, telefonini e altro; in un caso una cinquantina di giovani sono stati costretti con la forza a svolgere la funzione di portatori della merce rubata”. Per le strade è tuttavia cresciuto il numero dei poliziotti di guardia e l’arrivo dell’esercito dovrebbe riportare la situazione alla normalità. A Goma hanno ripreso a funzionare regolarmente le scuole e gli uffici pubblici, così come i mercati e i negozi. Chiuse sono invece rimaste le banche. Da Kinshasa, il Consiglio superiore della magistratura ha chiesto ai magistrati evacuati in precedenza da Goma di tornare al loro posto e ieri avrebbero dovuto far rientro anche gli esponenti del governo provinciale che avevano lasciato la città all’avvicinarsi delle truppe ribelli. L’M23 accusa Kinshasa di aver violato accordi di pace firmati il 23 marzo del 2009 con il Consiglio nazionale per la difesa del popolo (Cndp), gruppo ribelle di estrazione tutsi i cui componenti sono di fatto confluiti nello stesso M23. Un rapporto delle Nazioni Unite sostiene che l’offensiva dell’M23 è stata direttamente appoggiata da Rwanda e Uganda. (R.P.)

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    Congo: 200 mila bambini a rischio per i conflitti armati nel Kivu

    ◊   Nelle due province congolesi del Kivu ci sono più di 1 milione e 600 mila sfollati (IDPs). Il recente arrivo dei ribelli dell’M23 nella città orientale di Goma, da cui ora si sono ritirati, ha sollevato grande preoccupazione sulle conseguenze umanitarie in una regione già afflitta da conflitti armati, spostamenti e attacchi contro i civili. Secondo le informazioni raccolte dall’agenzia Fides, una delle principali preoccupazioni delle agenzie umanitarie nella regione riguarda i 60 mila residenti del campo profughi di Kanyarucinya, a nord di Goma, che è uno dei cinque di Goma, con una popolazione complessiva di circa 95 mila persone. L’Internal Displacement Monitoring Centre e il Norwegian Refugee Council hanno lanciato l’allarme per i bambini sfollati che si trovano di fronte ad un aumento del rischio di stupro, abuso e reclutamento. I piccoli profughi, in particolare i maschi nel Nord Kivu, sono particolarmente soggetti all’arruolamento presso diversi gruppi armati. Secondo l’ong World Vision, i minori a rischio a Goma sono circa 200 mila. (R.P.)

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    Filippine: il tifone Bopha investe il Paese. Due morti e oltre 40 mila sfollati

    ◊   È di due morti e oltre 40mila sfollati il bilancio, finora provvisorio, del passaggio del tifone Bopha nel sud delle Filippine. In molti hanno cercato rifugio nei centri di accoglienza, per scampare al più forte ciclone che abbia colpito l'arcipelago nel 2012. Questa mattina pioggia e forte vento - con raffiche fino a 210 km/h - si sono abbattuti sull'isola di Mindanao; molte zone sono senza elettricità e allagate, saltati i collegamenti e vi è il rischio concreto di smottamenti del terreno impregnato di acqua. Una delle due vittime accertate - riporta l'agenzia AsiaNews - si chiamava Erlinda Balante, aveva 60 anni ed era originaria di Manay, Davao Oriental; la donna è stata colpita da un albero, abbattuto dal forte vento, ed è deceduta per le gravi ferite riportate. La seconda si è registrata a Panaon, Misamis Oriental, dove è morto il 30enne Roger Gumunit centrato da un altro albero mentre si trovava a bordo del proprio motociclo. Ieri il presidente Benigno Aquino ha invitato la popolazione a prestare la massima attenzione al passaggio del tifone Bopha, ribattezzato Pablo nelle Filippine. "Potrebbe essere il più devastante - ha avvertito il capo di Stato - ad abbattersi sulla nazione quest'anno". Tuttavia, ha aggiunto, è possibile "limitare i danni e la perdita di vite umane se ci si aiuta l'un l'altro". Bopha (la cui ampiezza raggiunge i 600 km) si dirige verso ovest alla velocità di 26 km/h ed entro il 6 dicembre dovrebbe raggiungere le acque del mar Cinese meridionale. Le autorità continuano a monitorare con attenzione l'evolversi della situazione; al contempo hanno emesso un divieto alla navigazione al largo della costa di Visayas e Mindanao, alcuni aeroporti del sud sono stati chiusi. Ogni anno l'arcipelago filippino è investito dal passaggio di almeno 20 tifoni, alcuni dei quali dalla portata devastante. Bopha è il 16mo che colpisce le Filippine nel 2012. Ad agosto si sono registrate un centinaio di vittime e un milione di sfollati per una serie di violenti temporali. Nel 2011 sono stati invece 19 i tifoni, dei quali 10 di elevata intensità: il bilancio delle vittime ha toccato quota 1.500 la maggior parte dei quali è stata causata dal tifone Washi. (R.P.)

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    Pakistan: attentato a una missionaria cristiana, in gravi condizioni

    ◊   Una missionaria laica cristiana protestante è stata vittima di un tentato omicidio e si trova in condizioni critiche all’ospedale “Jinnah” di Lahore, capitale della provincia del Punjab. Bargeeta Almby, 72 anni, di nazionalità svedese, si trovava sulla sua auto quando due uomini armati in motocicletta si sono avvicinati sparando ripetutamente e colpendola al petto. L’attentato è avvenuto ieri, 3 dicembre, alle due del pomeriggio, a Lahore. La missionaria opera in Pakistan da oltre 38 anni e, come riferiscono fonti locali dell'agenzia Fides, era pienamente integrata nella comunità. La donna è responsabile dei programmi sociali di una Chiesa cristiana, la “Full Gospel Assemblies of Pakistan” (Fga Church). La Chiesa ha registrato una Organizzazione non governativa, diretta dalla donna, impegnata nell’istruzione e nella formazione professionale. Bargeeta Almby è responsabile di un orfanotrofio, lavora con bambini disabili e poveri, gestisce un corso di formazione in ostetricia e in altre materie tecniche. La polizia, che ha avviato le indagini, sta cercando di determinare l'identità degli uomini armati e il movente del tentato omicidio. Il Pastore Liaquat Kaiser, capo della Fga Church, ha detto che “si tratta di un attacco premeditato”, ricordando che la donna “non aveva ricevuto minacce”. Paul Bhatti cattolico, Consigliere Speciale del Primo Ministro per l’Armonia nazionale, dichiara a Fides: “Sono profondamente dispiaciuto. E’ un atto terroristico, anti-umano e anti-pakistano. Negli ultimi giorni è stato ucciso l’imam di una moschea a Karachi ed è stato dissacrato un cimitero di Ahmadi a Lahore. Ora il tentato omicidio di questa missionaria. Sono atti che intendono destabilizzare il paese e soffiare sull’odio religioso. Come pakistani dobbiamo restare uniti nel condannare e combattere l’estremismo”. Il domenicano padre James Channan, direttore del “Peace Center” di Lahore, impegnato per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso dice a Fides: “Siamo scioccati da questo evento. Dietro vi sono forze estremiste e terroriste che intendono creare panico in tutti gli stranieri che lavorano in Pakistan e cacciare tutte le Ong che operano per la giustizia sociale e l’istruzione. Preghiamo e affidiamo a Dio la vita di Bargeeta”. (R.P.)

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    Pakistan: chiuso il caso del giovane musulmano accusato di blasfemia e morto in carcere

    ◊   E’ stato sepolto ieri nella cittadina di Nankana Sahib, il giovane Nadeem Yousuf, 22enne musulmano deceduto per motivi tuttora ignoti, mentre era in custodia della polizia per accuse di blasfemia. Muhammad Yousuf, padre di Nadeem, pur dicendosi certo che il figlio non abbia commesso alcuna blasfemia, ha deciso di non sporgere denuncia verso la polizia e di non perseguire il caso in tribunale. L’avvocato Mushtaq Gill, che ha seguito il caso a diretto contatto con la famiglia della vittima, conferma all'agenzia Fides che il giovane era musulmano, di famiglia musulmana, e che non si trattava di un cristiano, come erroneamente riportato da agenzie e mass media pakistani. Ieri si è tenuto a Nankana Sahib il funerale della vittima, secondo il rito islamico, e la sepoltura. Da informazioni riferite a Fides, il giovane, portatore di un deficit mentale e anche tossicodipendente, era stato accusato di aver bruciato pagine del Corano, ma le accuse erano probabilmente artefatte e la polizia stava indagando. L’avvocato Gill commenta a Fides: “La falsa accusa a carico del giovane musulmano Nadeem è una ulteriore dimostrazione che la legge sulla blasfemia colpisce tutti i cittadini pakistani, di ogni religione. Secondo dati accertati, le vittime sono in maggioranza musulmane”. (R.P.)

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    Filippine: "Settimana della pace" a Mindanao

    ◊   Dopo “l’accordo quadro” siglato fra governo filippino e ribelli musulmani per arrivare alla pace nelle Filippine Sud, “si deve costruire anche un ‘quadro di fiducia’, che aiuti le persone a immaginare cosa è necessario per un accordo di pace definitivo e che, soprattutto, aiuti a cambiare i rapporti fra cristiani, musulmani e lumads (indigeni) a Mindanao”: è quanto dice in una nota inviata all’agenzia Fides, padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pime, da oltre 30 anni nelle Filippine, fondatore del movimento di dialogo interreligioso “Silsilah” a Zambonaga, sull’isola di Mindanao. Il missionario presenta a Fides la “Settimana della pace a Mindanao”, in corso dal 29 novembre al 5 dicembre 2012, incentrata sulla domanda “Pace, dove sei?”. La Settimana coinvolge comunità, associazioni cristiane e musulmane, istituzioni, scuole e università in iniziative, conferenze, marce di pace, in diverse località di Mindanao. Il missionario spiega a Fides che il cammino più importante è quello della riconciliazione: “Molti credono che l'accordo quadro sulla nuova regione ‘Bangsamoro’, firmato il 15 ottobre 2012 tra governo e Moro Islamic Liberation Front, sia una buona occasione per giungere a una pace definitiva. In effetti questo resta solo un ‘accordo quadro’, da riempire di contenuti. Lo sforzo di base è quello di dire al nostro popolo che è possibile costruire la pace a Mindanao se vi è una visione comune per armonizzare le differenze di culture e religioni. Questo è il viaggio più lungo, ed è più importante rispetto all’accordo di pace siglato sulla carta. Urge un cammino di purificazione dei cuori, delle menti e della memoria. Si tratta di un processo di riconciliazione, di amicizia e di amore”. Padre D’Ambra nota difficoltà e ostacoli in questo cammino: “Molti non sono pronti a usare il termine ‘Moro’; altri credono che alcune minoranze ora abbiano più diritti della maggioranza. Nuove idee religiose radicali stanno entrando a Mindanao per alimentare divisioni fra musulmani e cristiani”. L’isola resta “malata di tumori” come “il sistema della divisione feudale in clan, la cultura delle proliferazione di armi o il business dei sequestri”. In tale situazione, conclude il missionario, è bene ricentrare la riflessione sull’essere “tutti parte della stessa famiglia umana” e riavviare una sforzo comune per costruire insieme un futuro di pace. (R.P.)

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    Ghana: i vescovi invitano a pregare per invocare elezioni corrette e pacifiche

    ◊   Otto giorni di Messe e di recita del Santo Rosario dal 1° all’8 dicembre, Festa dell’Immacolata, per invocare il corretto e pacifico svolgimento delle elezioni presidenziali e parlamentari del 7 e 28 dicembre. È quanto propongono i vescovi del Ghana in una lettera pastorale diffusa in questi giorni e riportata dall’agenzia cattolica Cisa. A due settimane dall’appello al fair play e al rispetto delle regole per evitare contestazioni rivolto al termine della loro plenaria ai primi di novembre, i presuli ribadiscono la volontà di continuare la loro opera di guida morale per tutti i ghanesi che aspirano alla pace, ricordando che “l’obbligo della Chiesa di insegnare i valori morali, anche nella sfera pubblica, è una parte centrale e irrinunciabile della sua missione”. Essi elogiano il governo per avere finora garantito una campagna elettorale serena e pacifica: “Insistiamo nel dire – sottolineano - che il sistema elettorale è uno dei pilastri su cui si fonda la democrazia rappresentativa”. Solo un sistema elettorale libero, equo e trasparente può infatti dare voce alla volontà del popolo e garantire un passaggio di potere pacifico. I vescovi reiterano quindi il loro appello al senso di responsabilità delle istituzioni e dei media indipendenti. “La libertà di stampa – affermano – non può prescindere dalla responsabilità e va tutelata nell’interesse del bene comune e della promozione dei diritti umani sanciti dalla Costituzione del 1992”. In questo senso, aggiungono, una responsabilità particolare spetta al servizio pubblico: “Tutti i partiti dovrebbero essere liberi di condurre la loro campagna elettorale e di accedere agli strumenti offerti dallo Stato, sia per la copertura mediatica, sia per propria sicurezza”. I vescovi richiamano poi al dovere di imparzialità e correttezza dei funzionari pubblici che, ricordano, “non sono quadri di partito”. Quindi l’invito rivolto ai fedeli a pregare affinché gli attuali e i futuri leader prendano Cristo come modello di leadership “una leadership timorosa di Dio e rispettosa della dignità umana”. In conclusione, l’auspicio dei vescovi è che le elezioni possano “aiutare i ghanesi a costruire la loro nazione, a stabilire la pace di Dio e a far sì che il Ghana resti il faro della speranza del nostro caro continente”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Somaliland: aumenta l’emigrazione illegale

    ◊   Moltissimi giovani della Repubblica del Somaliland continuano ad emigrare illegalmente, soprattutto a causa della mancanza di lavoro. Passano attraverso Etiopia, Sudan e Libia in direzione dell’Europa. Secondo il Ministero dei Giovani e delle Attività Sportive non ci sono dati precisi, ma si stima che negli ultimi 3 mesi del 2011 siano emigrati solo 150 giovani, rispetto ai 300/350 degli ultimi 3 mesi di quest’anno. Tra gennaio e novembre 2011 sono stati rimpatriati circa 150 giovani del Somaliland, catturati dalle autorità etiopi lungo il confine Etiopia-Sudan. Secondo i funzionari dell’ufficio immigrazione, nei primi 11 mesi del 2012 ne sono stati rimpatriati 200 nella città di frontiera di Tog-Wajale, al confine Etiopia-Somaliland. L’alto tasso di disoccupazione è uno tra i fattori principali di questo fenomeno, che comporta gravi rischi di abuso, debiti, deportazioni e detenzione. I giovani con una istruzione superiore sono molto più propensi a lasciare il Paese, infatti mentre i primi anni di studi sono contenti e pieni di entusiasmo per il futuro, quando stanno per arrivare alla fine del percorso scolastico perdono la fiducia perché vedono altri coetanei laureati rimasti disoccupati, e quindi pensano ad emigrare. (R.P.)

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    Guatemala: pesante bilancio per il terremoto di novembre

    ◊   Ammontano a un miliardo e 657 milioni di quetzales (circa 210 milioni di dollari) i danni causati dal terremoto di magnitudo 7,2 della scala Richter che il 7 novembre ha colpito in particolare il dipartimento occidentale di San Marcos, provocando 44 morti e migliaia di disastrati: è il bilancio stilato dalla Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi dell’Onu (Cepal), secondo cui il settore edile è quello che ha subito l’impatto più grave con perdite per 826 milioni di quetzales (circa 105 milioni di dollari). Secondo dati del governo - riferisce l'agenzia Misna - almeno 7000 abitazioni, circa la metà di quelle danneggiate dal sisma, dovranno essere abbattute e ricostruite. Proprio la ricostruzione delle case e delle infrastrutture sanitarie, educative e culturali è stata indicata come priorità dal presidente Otto Pérez; per questa operazione saranno necessari 1,136 miliardi di quetzales (144 milioni di dollari). Tra prestiti, donazioni e trasferimenti statali, Pérez ha garantito che il governo ha i fondi sufficienti a fare fronte all’emergenza negli otto dipartimenti in cui è stato proclamato lo “stato di calamità”, ovvero San Marcos, Quetzaltenango, Sololá, Quiché, Suchitepéquez, Retalhuleu, Totonicapán e Huehuetenango, sull’altipiano occidentale del Guatemala. Ufficialmente a causa del terremoto, Pérez è stato peraltro costretto a rinviare al secondo semestre del 2013 il dibattito parlamentare sul controverso progetto di riforma costituzionale, da lui fortemente voluto nonostante l’opposizione di vasti settori della società civile. (R.P.)

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    Paraguay: nell’Anno della Fede la denuncia della violenza contro le popolazioni indigene

    ◊   In occasione della novena in preparazione alla festa della Virgen de Caacupé, la principale devozione mariana del Paraguay che si celebrerà l’8 dicembre, nella Basilica di Caacupé (circa 30 km da Asuncion) dove i fedeli si recano in pellegrinaggio da tutto il paese, domenica scorsa è stato aperto l’Anno della Fede. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, i vescovi del Paraguay hanno scelto come tema per questo Anno della Fede: “La Missione permanente in Paraguay: Evangelizzare la famiglia”. La celebrazione è stata presieduta dal Vicario Apostolico di Pilcomayo, mons. Lucio Alfert, il quale si è soffermato in particolare sulla grave situazione delle famiglie delle popolazioni indigene di cui è Pastore. A nome loro ha denunciato la difficile realtà in cui vivono, la violenza degli speculatori che gli sottraggone la terra e che spingono sempre di più alla deforestazione della zona. Molte di queste zone sono ormai contaminate da agro-tossine e sono state dichiarate come terreno non abitabile. Mons. Alfert ha denunciato che questa situazione impedisce la normale vita di una famiglia indigena, costringendo alla fuga alla ricerca di altre terre. Purtroppo molti indigeni finiscono per vivere nelle tende lungo le strade provinciali, chiedendo l’elemosina per sopravvivere. Indigeni delle etnie Nivaclé, Guarani Ñandéva, Tobas Qom y Makâ, hanno partecipato alla celebrazione del 2 dicembre. Il vicariato di Pilcomayo si trova nella regione occidentale del Paraguay, nella zona chiamata il Chaco sudamericano, ha una superficie di circa 125.000 kmq con una popolazione di circa 84.500 abitanti, di cui 28.000 sono autoctoni. Il Chaco è una delle regioni meno popolate a causa delle sue condizioni ambientali e climatiche: alte temperature estive, fino 50° C, e molto basse in inverno, fino a 7 gradi sotto zero. Tra le principale etnia della zona: Nivaclé, Guaraní, Guaraní Ñandeva, Enenlhet (Toba Maskoy), Enlhet (Lengua), Ayoreo, Sanapaná, Manjui e Angaité. (R.P.)

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    Spagna: messaggio dei vescovi per la festa della Sacra Famiglia

    ◊   Riflettere sulla “vitale importanza” della famiglia nell’educare alla fede: questo l’invito che i vescovi spagnoli lanciano ai fedeli in vista della festa della Sacra Famiglia, che ricorre domenica 30 dicembre. In un messaggio pubblicato per l’occasione, a firma di mons. Juan Reig Plà, presidente della Commissione episcopale per la Famiglia e la tutela della vita, si ribadisce “l’esigenza di conoscere e trasmettere meglio alle generazioni future la fede di sempre, in modo particolare nell’attuale Anno della fede”, indetto da Benedetto XVI per commemorare i 50 anni dall’avvio del Concilio Vaticano II. Ricordando, quindi, che il nucleo familiare è “un luogo naturale” per la trasmissione della fede, i vescovi iberici puntano il dito contro “l’attuale svalutazione del contesto familiare”, il che comporta che non si può più supporre “l’esperienza della vita cristiana” in molti contesti. Di qui, il richiamo forte che la Chiesa spagnola fa alla nuova evangelizzazione, affinché essa sia diretta “in modo prioritario alla famiglia come realtà più colpita dai cambiamenti sociali e dalla scarsa valorizzazione della fede”. Quindi, i presuli evidenziano l’importanza dei sacramenti che permettono di vivere “la fede della Chiesa” attraverso diverse tappe di formazione della persona. In questo senso, si legge ancora nel messaggio, “la famiglia è il luogo privilegiato in cui si realizza l’unione tra la fede che si pensa con la vita che si vive”. “Compagna di vita – scrivono i vescovi – che permette di distinguere le meraviglie di Dio nel cammino di ogni uomo, la fede è presente in ogni tappa della nostra esistenza, sia nei momenti difficili che in quelli gioiosi”. Proprio per questo, sottolinea la Chiesa iberica, “alla famiglia spetta il dovere ed il diritto insostituibile di educare e guidare la fase iniziale della vocazione all’amore nei propri figli”. E a tale vocazione contribuiscono molti agenti, come “i genitori, i fratelli, la comunità parrocchiale, i movimenti cristiani”. Quindi i presuli concludono: “Il mondo attuale ha bisogno urgentemente della testimonianza credibile di famiglie che, illuminate dalla fede, siano capaci di aprire il cuore e la mente di molti al desiderio di Dio e di essere lievito della società”. (I.P.)

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    Anglicani: "grande senso di gratitudine" nella Lettera di addio di Rowan Williams

    ◊   “Una lettera di addio” è il messaggio che l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, ha scritto ai Primati delle Province anglicane nel mondo - riferisce l'agenzia Sir - nel suo messaggio diffuso domenica per l’inizio dell’Avvento. “Nel momento in cui mi avvicino a lasciare l’incarico alla fine dell’anno - scrive Williams - mi sto naturalmente chiedendo in questo periodo quanto lascio d’incompiuto e irrisolto; ma più di tutto c’è grande senso di gratitudine per i tanti momenti in cui il volto di Cristo si è rivelato anche per un istante nella santità, nella comune testimonianza, nel servizio e anche nelle sofferenze dei fedeli anglicani in tutto il mondo. Nel dire addio come arcivescovo di Canterbury, voglio anche dire grazie a Dio per questi momenti e per le amicizie che li hanno circondati”. Nella lettera, Williams parla di una Comunione anglicana provata da “molta sofferenza e confusione”, dovute - pur senza citarle espressamente - a decisioni che riguardano l’episcopato femminile e le unioni omosessuali. Molti - scrive Williams - s’interrogano sul “modo con cui vengono prese nella Comunione le nostre decisioni riguardo alla dottrina. La verità è che la nostra Comunione non è mai stata una Chiesa alla ricerca di una autorità centrale. Un altro modo per dire questo - ha aggiunto - è che siamo una Comunità di comunità”. Ora questo testimone passa all’inizio del nuovo anno all’arcivescovo Justin Welby per il quale Williams invoca preghiere. (R.P.)

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    Francia: i religiosi rispondono al ministro Duflot su emergenza senza fissa dimora

    ◊   Pronta ma garbata la risposta del presidente della Conferenza dei religiosi e delle religiose di Francia (Corref) alla polemica innescata ieri dal ministro dell’alloggio, Cécile Duflot, che sulle pagine del quotidiano Le Parisien ha annunciato che avrebbe scritto una lettera all’arcivescovo di Parigi. Scopo della missiva, chiedere al card. André Vingt-Trois di aprire le chiese e gli istituti religiosi vuoti della città per metterli a disposizione dei senza fissa dimora in questo periodo di inverno estremamente rigido. In attesa di una risposa dalla arcidiocesi parigina, ieri in un comunicato stampa, fr. Jean-Pierre Longeat, presidente del Corref, ha risposto alle osservazioni del ministro dettate dalle notti passate all’addiaccio da centinaia di senza fissa dimora a Parigi: “I religiosi e le religiose non possono restare insensibili a tali situazioni. Per alcune congregazioni, ciò fa parte anche del carisma del loro fondatore. Siamo profondamente convinti che il rinnovamento della vita sociale passa attraverso l’attenzione ai più poveri”. “Non tutti gli istituti religiosi possono avere la stessa attenzione ma molti vi accordano tempo e vi consacrano spazi”. E nel comunicato il religioso elenca l’impegno con cui “le Congregazioni e i monasteri si spendono per questa priorità mostrandosi spesso coraggiosi nelle loro risposte”. Nella lista compaiono le Figlie della carità che a Parigi destinano 3 luoghi di accoglienza per le persone senza dimora. Le sorelle di San Carlo mettono gratuitamente a disposizione un immobile in Rue Lafayette per ospitare donne sole con bambini. E ancora le Piccole Sorelle dei Poveri con il loro servizio alle persone anziane e malate; le religiose Missionarie della carità che offrono pasti e cure mediche, i domenicani e le benedettine che operano in collegamento con il Secours Catholique. “Molti altri esempi - scrive fr. Longeat - potrebbero essere citati e noi sappiamo che tanto resta certamente da fare; le Congregazioni nel sono ben coscienti ma ciò non induce ad abbassare le braccia davanti ad un fronte che esse stimano di primaria importanza”. (R.P.)

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    Svizzera: aperte le candidature al “Premio cattolico dei mass media 2013“

    ◊   Sono aperte le candidature al “Premio cattolico dei mass media 2013“, assegnato ogni anno dalla Commissione per le comunicazioni sociali dei vescovi svizzeri. Il premio, dell’ammontare di 4mila franchi svizzeri, riconosce i lavori e le iniziative nel campo della comunicazione che “rispecchiano in modo esemplare e significativo il messaggio del Vangelo”. Esso, si legge in una nota della Conferenza episcopale, esprime la “grande attenzione da sempre riservata dalla Chiesa ai mezzi di comunicazione sociale” che essa stessa usa per la sua missione e che considera come “uno strumento privilegiato per la condivisione pubblica delle idee e degli ideali”. Per partecipare al concorso i lavori presentati devono avere un legame con la Svizzera (ad esempio l’autore, il luogo di pubblicazione o il tema). Nel 2012 il premio è stato attribuito al documentarista svizzero David Syz per il suo film "Hunger – genug ist nicht genug" (Fame e abbondanza) e nel 2011 congiuntamente alla trasmissione intitolata “I sette peccati capitali“ trasmessa, nel 2010, dall’emittente della Svizzera tedesca SF e alla trasmissione radiofonica quotidiana “Les zebres“, in onda sulla Radio Svizzera Romanda da più di dieci anni. (L.Z.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 339

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