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Sommario del 02/12/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • No a “indifferenza e materialismo” e integrazione dei disabili: il Papa parla di Avvento e Giornata dei disabili e ricorda la beatificazione di Pillai
  • Ai Primi Vespri di Avvento, il Papa parla ai giovani universitari
  • India. La Chiesa proclama Beato Devasahayam Pillai, padre di famiglia e martire
  • Il tema dell'autorità politica mondiale al centro della plenaria di Giustizia e Pace
  • La gioia di un dono: il Natale dei bambini al Dispensario Santa Marta in Vaticano
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto. L’Alta Corte rinvia la seduta d’esame sulla legalità della costituente
  • Mons. Tomasi denuncia la mancanza di volontà politica per riportare la pace in Siria e i rischi della Sharia in Egitto
  • Repubblica Democratica del Congo. Completato il ritiro dei ribelli da Goma, ma è emergenza umanitaria
  • Particolare mostra dedicata a Tiepolo, protagonista del '700 europeo
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • In Nigeria bruciate 3 chiese e posti di frontiera
  • 4 feriti per un'esplosione a Gaza. L'Ue chiede a Tel Aviv di fermare gli insediamenti
  • Somalia. Scontri tra clan rivali nelle regioni centrali, 26 morti
  • Oggi la Giornata internazionale dell'Onu per l’abolizione della schiavitù
  • L’Arcivescovo Barwa parla di “Boom di vocazioni e di rinascita della speranza in Orissa”
  • La Chiesa del Burkina Faso festeggia i 100 anni delle Suore Bianche
  • Il vescovo di Papantla seguito su Facebook e Twitter da 15 mila persone
  • La Chiesa australiana collabora con la Commissione reale sugli abusi
  • Dal 9 al 12 dicembre in Vaticano il congresso internazionale “Ecclesia in America”
  • In Africa la Chiesa avrà un organismo per fede, cultura e sviluppo
  • In Swaziland assistenza prescolare a bambini orfani e poveri
  • Malawi. La tv dei missionari monfortani apre all’attualità
  • Il Papa e la Santa Sede



    No a “indifferenza e materialismo” e integrazione dei disabili: il Papa parla di Avvento e Giornata dei disabili e ricorda la beatificazione di Pillai

    ◊   Avvento e Anno liturgico sono quest’anno ulteriormente arricchiti dall’Anno della fede, a 50 anni dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. E’ quanto ha ricordato il Papa all’Angelus per poi parlare delle responsabilità dei cristiani in tema di "amore e giustizia". Ha ricordato la beatificazione del martire indiano Devasahayam Pillai. Poi, il pensiero alla Giornata Internazionale dei diritti delle persone con disabilità, che si celebra domani, e il forte appello a “promuovere la loro piena partecipazione alla vita della società”. Il servizio di Fausta Speranza

    "I vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita … vegliate in ogni momento pregando»: con le parole del vangelo di Luca, Benedetto XVI chiede “sobrietà e preghiera”, in questo tempo di Avvento, di attesa per la venuta di Gesù. Il Papa ricorda anche l’invito di San Paolo a «crescere e sovrabbondare nell’amore», per poi chiedere ai cristiani “un diverso modo di vivere”:

    “In mezzo agli sconvolgimenti del mondo, ai deserti dell’indifferenza e del materialismo, i cristiani accolgono da Dio la salvezza e la testimoniano con un diverso modo di vivere, come una città posta sopra un monte".

    E il Papa sembra ricordare le responsabilità dei cristiani, parlando di amore e di giustizia:

    “La comunità dei credenti è segno dell’amore di Dio, della sua giustizia che è già presente e operante nella storia ma che non è ancora pienamente realizzata, e pertanto va sempre attesa, invocata, ricercata con pazienza e coraggio".

    “La Vergine Maria – sottolinea il Papa - incarna perfettamente lo spirito dell’Avvento, fatto di ascolto di Dio, di desiderio profondo di fare la sua volontà, di gioioso servizio al prossimo”. Dunque l’incoraggiamento a farci guidare da Maria “perché il Dio che viene non ci trovi chiusi o distratti, ma possa, in ognuno di noi, estendere un po’ il suo regno di amore, di giustizia e di pace”.

    Poi il pensiero e la preghiera sono per il nuovo beato indiano Pillai:

    Oggi, a Kottar, in India, viene proclamato beato Devasahayam Pillai, un fedele laico vissuto nel 18° secolo e morto martire. Ci uniamo alla gioia della Chiesa in India e preghiamo che il nuovo Beato sostenga la fede dei cristiani di quel grande e nobile Paese".

    Domani si celebra la Giornata Internazionale dei diritti delle persone con disabilità e Benedetto XVI lo ricorda con parole molto chiare sul dovuto rispetto:

    “Ogni persona, pur con i suoi limiti fisici e psichici, anche gravi, è sempre un valore inestimabile, e come tale va considerata”.

    E per poi lanciare due appelli: uno alla comunità ecclesiale, un altro al mondo della politica:

    “Incoraggio le comunità ecclesiali ad essere attente e accoglienti verso questi fratelli e sorelle. Esorto i legislatori e i governanti a tutelare le persone con disabilità e a promuovere la loro piena partecipazione alla vita della società".

    Nei saluti in varie lingue torna l’invito a vivere l’attesa e la speranza di Gesù nel contesto dell’Anno della fede: in francese l’invito particolare a “scoprire il legame tra le verità sull’incarnazione di Cristo e la nostra vita quotidiana”. In inglese a richiamarsi all’esempio del Beato Pillai. In spagnolo un richiamo alle “buone opere” che ci avvicinano a Cristo. In polacco l’invito alla vigilanza e alla preghiera “affinché siamo pronti al gioioso incontro con il Signore”. In italiano un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare al gruppo di preghiera «Missionari del Rosario» di Castellammare di Stabia. E un particolare saluto ai vari esponenti del mondo dello spettacolo viaggiante, che – dice il Papa - “ieri ho avuto la gioia di incontrare”.

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    Ai Primi Vespri di Avvento, il Papa parla ai giovani universitari

    ◊   “La liturgia, vissuta nel suo vero spirito, è sempre la scuola fondamentale” per farvi diventare “pietre vive nella costruzione della Chiesa e collaboratori della nuova evangelizzazione”. Così Benedetto XVI agli universitari degli Atenei romani e delle Università Pontificie durante la celebrazione, ieri sera, dei primi Vespri della prima domenica di Avvento. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Agli universitari Benedetto XVI indica l’itinerario di fede dell’Anno liturgico:

    “Celebrando e vivendo con tutta la Chiesa questo itinerario di fede, sperimenterete che Gesù Cristo è l’unico Signore del cosmo e della storia, senza il quale ogni costruzione umana rischia di vanificarsi nel nulla”.

    “Nell’Eucaristia il Dio vivente si rende così vicino da farsi cibo che sostiene il cammino”. Viviamo però in un contesto – ricorda il Papa rivolgendosi agli universitari romani – “in cui spesso incontriamo l’indifferenza verso Dio”.

    “Ma penso che nel profondo di quanti - anche tra i vostri coetanei - vivono la lontananza da Dio, ci sia una interiore nostalgia di infinito, di trascendenza”.

    Agli universitari affida quindi una missione:

    “A voi il compito di testimoniare nelle aule universitarie il Dio vicino, che si manifesta anche nella ricerca della verità, anima di ogni impegno intellettuale”.

    Dio è vicino all’uomo. “Gli occhi di Dio – afferma Benedetto XVI - sono aperti su di noi” perché il Signore “è fedele al suo amore”. E’ questa la certezza – aggiunge il Papa - che può condurre l’umanità, anche in questo delicato momento storico, verso “traguardi di pace e prosperità”. Il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe “non ha mai abbandonato il suo popolo”. E’ stato sempre il “Dio vicino” e il suo “amore fedele verso l’umanità” – spiega il Santo Padre - è “senza calcolo né misura”:

    “Dio non si è chiuso nel suo Cielo, ma si è chinato sulle vicende dell’uomo: un mistero grande che giunge a superare ogni possibile attesa”.

    “Dio entra nel tempo dell’uomo nel modo più impensato”:

    “Facendosi bambino e percorrendo le tappe della vita umana, affinché tutta la nostra esistenza, spirito, anima e corpo - come ci ha ricordato san Paolo - possa conservarsi irreprensibile ed essere elevata alle altezze di Dio”.

    Benedetto XVI esorta infine tutta la comunità accademica di Roma a riflettere sulla fede. “La fede – sottolinea il Papa – è la porta che Dio apre nella nostra vita per condurci all’incontro con Cristo”:

    “La fede cristiana non è adesione ad un dio generico o indefinito, ma al Dio vivo che in Gesù Cristo, Verbo fatto carne, è entrato nella nostra storia e si è rivelato come il Redentore dell’uomo. Credere significa affidare la propria vita a Colui che solo può darle pienezza nel tempo e aprirla ad una speranza oltre il tempo”.

    E tantissimi universitari hanno gremito ieri sera la basilica di San Pietro per ascoltare le parole del pontefice. Ascoltiamo alcune testimonianze raccolte da Marina Tomarro:

    R. - Sicuramente è un giorno di grande commozione quello dell’incontro col Papa. Per noi è un giorno non comune - avviene una volta l’anno - e quindi non possiamo certo mancare ad un avvenimento così unico.

    R. - Avendo già partecipato negli anni precedenti e avendo vissuto un’esperienza molto bella, ho voluto ripetere questa stessa esperienza anche quest’anno per vivere più serenamente anche il periodo dell’Avvento.

    R. - Sono tante le emozioni, soprattutto quella di venire e partecipare con tutti i giovani. E’ una celebrazione molto speciale per la preparazione della venuta del Signore Gesù. Ci colpisce moltissimo! E’ una celebrazione molto bella!

    D. - C’è un passaggio all’interno dell’omelia del Santo Padre che ti ha colpito particolarmente e che ricorderai?

    R. - Sicuramente le sue parole di unione per tutti noi i giovani, quando ha ricordato l’incontro che ci sarà a Rio de Janeiro: importante è essere uniti per la fede.

    R. - Mi ha colpito molto l’aspetto dell’essere noi testimoni, dell’essere coloro che incarnano nella vita quotidiana quel Dio che si è fatto vicino all’uomo.

    R. - Di essere noi giovani i primi a portare avanti la nostra fede, soprattutto in quest’anno che è l’Anno della Fede, senza mai tirarci indietro. L’invito poi rivolto dal Santo Padre a partecipare alla Giornata mondiale della gioventù.

    R. - Tutto il discorso è stato commovente. Certo, quando ci ha chiesto di continuare ad avere speranza e ad avere fiducia, quello sì è stato veramente emozionante.

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    India. La Chiesa proclama Beato Devasahayam Pillai, padre di famiglia e martire

    ◊   Per la Chiesa indiana oggi è un grande giorno: il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, proclama Beato Devasahayam (Lazzaro) Pillai, ucciso nel 1752 per essersi convertito dall’induismo al cattolicesimo. Il porporato presiede il rito di Beatificazione a Kottar, nello Stato indiano del Tamil Nadu, in rappresentanza del Santo Padre. Quella del nuovo Beato è stata una vita breve ma intensa: Devasahayam nasce nel 1712 nel Tamil Nadu, nell'India meridionale, suo padre era un bramino, la madre era di una casta guerriera. Laico, padre di famiglia e ufficiale al palazzo reale, conosce il Vangelo e, affascinato da Gesù, lascia l’induismo per diventare cattolico. Devasahayam inizia una vera e propria evangelizzazione, invitando alla conversione e al battesimo. Arrestato, viene sottoposto per tre anni a varie torture. Infine, viene fucilato il 14 gennaio del 1752: aveva appena 40 anni. I suoi resti mortali sono inumati nella chiesa che è l'odierna cattedrale della diocesi di Kottar. Roberto Piermarini ha chiesto al cardinale Angelo Amato cosa rappresenti la Beatificazione di Devasahayam Pillai per la Chiesa Indiana:

    R. - La testimonianza del Beato Lazzaro Pillai è una pagina gloriosa della Chiesa in India. La sua conversione fu per lui l'inizio di una vita nuova, piena di entusiasmo e di gioia. Diventato cristiano, non badava più alla differenza di caste, ma abbracciava tutti come suoi fratelli amati. Il suo martirio, non cancellò la sua memoria, ma la consegnò all'ammirazione di tutti, cristiani e non cristiani. Il suo nome è oggi tra i più conosciuti tra i cristiani del Tamil Nadu.

    D. - Ci può dire qualcosa della sua straordinaria vicenda di convertito dall'induismo?

    R. - La vicenda della sua conversione ricorda molto i martiri della Chiesa antica. Conquistato dalla parola e dalla figura di Gesù, il suo battesimo costituì una vera rinascita per lui, ma anche una prova dolorosa. Infatti, dopo appena quattro anni dal battesimo, fu accusato ingiustamente e quindi imprigionato e maltrattato. Ma la reclusione diventò il suo territorio dmissione. Edificava col buon esempio e con la parola, narrando la vita di Gesù e raccontando la passione, morte e risurrezione del nostro Redentore.

    D. - Che cosa ci sorprende di più della sua vita cristiana?

    R. - E’ sorprendete in lui l’assimilazione piena e totale dell'esistenza cristiana, vissuta in Cristo e per Cristo. La sua felicità di essere cristiano era incontenibile. Di conseguenza, i suoi anni di prigionia furono vissuti nella gioiosa consapevolezza di essere stato scelto dalla Provvidenza a essere unito a Gesù, anche nella morte innocente.

    D. - Cosa ci dice oggi questo straordinario Martire indiano?

    R. - Anzitutto, egli è modello di saldezza nella fede e di perseveranza nella testimonianza. Con la vita e con la parola, nella libertà e nel rispetto della propria e dell'altrui coscienza, egli esorta a parlare di Gesù e a proclamare la salvezza dell'umanità intera in lui. In secondo luogo, il nostro Beato, come laico e padre di famiglia, diventa un modello straordinario di coinvolgimento dei laici nel ministero della evangelizzazione e della carità cristiana. Egli non poteva fare a meno di parlare di Gesù, con entusiasmo contagioso e con gioia incontenibile. Il nostro Beato è anche modello di fraternità umana senza frontiere di cultura, di casta, di censo, secondo le parole dell'apostolo e martire san Paolo, anche lui convertito, che ai Galati scriveva: «non c'è più giudeo o greco, non più schiavo o libero, non più maschio e femmina; perché tutti siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28).

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    Il tema dell'autorità politica mondiale al centro della plenaria di Giustizia e Pace

    ◊   Al via, domani, la plenaria del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace: al centro dei lavori c’è il tema della creazione di un’autorità politica mondiale, come già auspicato da Benedetto XVI, nella prospettiva del bene comune. Una ipotesi che continua a suscitare opposte reazioni. Philippa Hitchen ne ha parlato con il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente di Giustizia e della Pace:

    R. – Definitely. That is why we want to explore…
    Certo. Ed è per questo che lo vogliamo studiare. Sono stato a Francoforte, alla Uniapac (Union Internationale Des Associations Patronales Catholiques), presso la Fondazione Konrad Adenauer e presso il Bund Katholischer Unternehmer (Federazione degli imprenditori cattolici tedeschi); abbiamo passato un giorno nella Bundesbank a Francoforte per discutere di questo argomento. Le persone erano perplesse: per loro questa idea non era realistica, era un’utopia. Ho capito che quello che noi chiediamo non ha un modello già esistente ed è difficile da immaginare. La prima cosa che le persone chiedono è una riforma dell’Onu perché possa svolgere questo ruolo, si chiede di ampliare le competenze della Banca mondiale o del Fondo monetario internazionale perché siano loro a svolgere questo ruolo. Tutto questo sarebbe anche possibile ed è proprio quello che si richiede: riformare l’Onu perché possa svolgere questo ruolo di effettiva autorità mondiale.

    D. – Cosa c’è alla base di questo discorso?

    R. – The basic premise …
    Alla base di tutto c’è la globalizzazione. In questo mondo, ci sono molte questioni che i singoli Stati non possono gestire come vogliono, come la pace o la questione dei cambiamenti climatici. Quanto tempo è che l’Onu sta lottando per porre limiti, a livello globale, alle emissioni inquinanti e di gas serra? Noi vogliamo portare la gente a comprendere che la situazione del mondo influisce sulla situazione del singolo Stato. Quando noi parliamo di autorità mondiale, pensiamo ad un’entità che rispetti l’autorità sovrana degli Stati che, a loro volta, liberamente cedono una parte della loro sovranità a questa istituzione globale, in vista del bene comune. Questa autorità mondiale non deve schiacciare nessun Paese; per il principio di sussidiarietà deve riconoscere l’esistenza di Stati nazionali sovrani, che devono essere protetti e sollecitati a fare il possibile perché si raggiunga il bene comune. Ma questa autorità deve poi essere accettata dagli Stati e poter avere un ruolo normativo effettivo. Quindi, l’autorità politica mondiale di cui stiamo parlando non deve essere imposta, ma deve essere desiderata e voluta dagli stessi Stati.

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    La gioia di un dono: il Natale dei bambini al Dispensario Santa Marta in Vaticano

    ◊   Mercoledì prossimo, all’udienza generale del Papa, sarà presente in Aula Paolo VI la comunità del Dispensario pediatrico Santa Marta in Vaticano. Una struttura caritativa, affidata alle Figlie della Carità, che da 90 anni assiste bambini e famiglie disagiate, senza distinzione di credo e nazionalità. Da circa tre mesi, il dispensario ha una nuova responsabile, suor Antonietta Collacchi che, al microfono di Alessandro Gisotti, racconta come i bambini e i volontari del Dispensario si stanno preparando al Natale:

    R. – Noi ci stiamo attivando proprio per far sentire loro questo Natale vivo, una festa di gioia perché Gesù è con loro. Ci stiamo quindi preparando in modo da stare con loro e offrire doni ai bambini. Dargli un dono è moltissimo, perché loro non ricevono tanti regali, tanti giocattoli come gli altri bambini. Quindi, vediamo che in questo modo le famiglie sono molto contente, molto serene e non facciamo altro che ricevere tanti “grazie”!

    D. – Lei ha iniziato da poco tempo questo nuovo incarico, come responsabile del Dispensario. Cosa ha portato al Dispensario della sua lunga esperienza all’Ospedale Bambino Gesù?

    R. – Inizialmente la cosa mi faceva un po’ paura, perché mi chiedevo se sarei stata capace. Poi ripensando agli anni trascorsi - quando lavoravo all’Ospedale Bambino Gesù ero responsabile del reparto di ematologia – ripensavo a quando incontravo suor Chiara (la precedente responsabile del Dispensario ndr) e la vedevo così entusiasta, così contenta, così impegnata che mi colpiva il suo entusiasmo, la sua gioia. Pensavo dentro di me: “Deve essere bellissimo poter aiutare questi bambini che non hanno niente e queste famiglie che vengono qui, in una condizione di massimo disagio” e dentro di me sentivo il desiderio di offrire anch’io questo servizio. Venendo qui, dopo tanti anni, ho ritrovato un po’ i bambini che ho lasciato quando ero giovane. Per me è stato come un sogno che si è realizzato!

    D. – Un augurio per il Natale, pensando soprattutto ai bambini e alle famiglie del Dispensario Santa Marta…

    R. – L’augurio che rivolgo a tutti è che Gesù, che viene a trovarci con il Natale, faccia rinascere in noi - soprattutto alle persone che non credono, alle persone che soffrono di più, alle persone che hanno tantissimi disagi - il senso vero della vita.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto. L’Alta Corte rinvia la seduta d’esame sulla legalità della costituente

    ◊   L’Alta Corte costituzionale egiziana ha sospeso le attività "fino a che i giudici non saranno nelle condizioni psicologiche e materiali di lavorare". Questa la decisione seguita al rinvio dell’udienza, prevista per oggi, in cui avrebbe dovuto esaminare la legalità dell’assemblea costituente. Intanto, da questa mattina, circa cinquemila manifestanti che appoggiano il governo stanno tenendo sotto assedio la sede della Corte costituzionale per impedire l’accesso ai giudici, costringendoli proprio al rinvio dell’udienza. Il servizio di Roberta Barbi:

    Non mollano i sostenitori del governo Morsi: da questa mattina in cinquemila, tra rappresentanti dei Fratelli musulmani e salafiti, stanno manifestando fuori dalla sede della Corte costituzionale egiziana al Cairo per impedire l’accesso ai giudici che sono stati costretti a rinviare l’udienza, prevista per oggi, in cui avrebbero dovuto pronunciarsi sulla legalità della commissione costituente, dominata dagli islamici, che ha elaborato la controversa bozza costituzionale che conferma la Sharia come fonte primaria di diritto.

    Per difendere la Costituzione, ieri sera, il presidente era tornato in televisione, definendo la bozza “il fondamento di un vero sistema democratico” e si è rivolto in particolare ai suoi detrattori, che nel frattempo erano scesi a manifestare in piazza Tahrir dove restano assembrati anche oggi, lanciando un appello alla popolazione verso il dialogo e la coesione.

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    Mons. Tomasi denuncia la mancanza di volontà politica per riportare la pace in Siria e i rischi della Sharia in Egitto

    ◊   La situazione nel mondo arabo continua a destare grandi preoccupazioni. Le speranze generate dalla caduta di alcuni regimi dittatoriali si stanno trasformando adesso nel timore di una crescente islamizzazione dell’area. Intanto, in Siria prosegue anche oggi l'azione del governo di consolidamento intorno alla capitale Damasco, ma aumentano anche le vittime: un'autobomba a Homs ha colpito 40 persone e un'altra a Damasco ne ha uccise 35. Si aggrava, inoltre, la situazione dei profughi. Sergio Centofanti ne ha parlato con mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra:

    R. - Parliamo di centinaia di migliaia di persone che hanno dovuto lasciare la Siria, rifugiandosi in Libano o in Giordania o in Turchia, comunque nei Paesi vicini, per scappare dalla violenza sistematica che continua, purtroppo, a martoriare questo grande Paese, che è al centro del Medio Oriente. La Comunità internazionale continua a parlare di questa situazione, ma non c’è ancora un accordo politico e la volontà politica di trovare veramente una soluzione. Quindi, la prima responsabilità che abbiamo è di cercare di rendere la vita e l’esperienza di queste persone e di queste famiglie, sradicate dalle loro città e dai loro villaggi, un po’ più umane e più tollerabili. Di fatto ci sono le agenzie cattoliche di assistenza che sono al lavoro e che cercano di aiutare queste persone e anche la comunità internazionale, attraverso l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, sta facendo il possibile, ma le risorse non sono adeguate. Come ha detto il Santo Padre, occorre la volontà di ritrovare il dialogo e la pace per prevenire questi disastri umani. L’esperienza continua a mostrarci - e questo è soltanto l’ultimo caso molto lampante ed evidente - che la guerra e la violenza non servono a niente, se non a creare dolore e sofferenza per centinaia di migliaia di persone.

    D. - Ai nostri microfoni, il nunzio a Damasco ha detto che adesso questo conflitto rischia anche di essere dimenticato…

    R. - Davanti ai nuovi sviluppi che si stanno imponendo sulla scena internazionale, come la situazione tra Palestina e Israele in Medio Oriente, c’è davvero il pericolo che questa situazione di conflitto in Siria non venga presa sufficientemente in considerazione. E questo soprattutto perché ci sono grandi interessi globali che si contendono un ruolo nel Medio Oriente e che rischiano di anteporre l’influenza politica alle esigenze umane prioritarie delle persone, delle famiglie che pagano sulla loro pelle il prezzo di queste ambizioni politiche.

    D. - Nel mondo arabo sono tanti i cristiani che temono che questa “primavera araba” si tramuti in un’islamizzazione. Vediamo dei segni anche in Egitto, dove nella Costituzione è stata introdotta la Sharia…

    R. - La grande speranza suscitata dalla cosiddetta “primavera araba” rimane molto ambigua in questo momento. Da parte di alcuni si cerca di sostenere un’evoluzione di questi Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, che vada nella direzione di società più aperte, più tolleranti, che abbiano la capacità di affermare anche la loro identità storica, senza però imporla in maniera costrittiva su tutte le persone, siano esse laiche o religiose, in modo da lasciare uno spazio di libertà per tutti. Purtroppo, invece, sembra che ci sia la tendenza a una certa chiusura, quasi un tradimento - per usare una parola forte - di quelle speranze che molti giovani avevano voluto esprimere con le loro manifestazioni. Imponendo in Egitto la Sharia come principio di legislazione si va contro la speranza dei cristiani copti che costituiscono il 10 per cento della popolazione nazionale e contro altri milioni di persone che, in realtà, anche se di matrice musulmana, vogliono un tipo di società più aperta e più tollerante.

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    Repubblica Democratica del Congo. Completato il ritiro dei ribelli da Goma, ma è emergenza umanitaria

    ◊   È stato completato questa mattina il ritiro dei ribelli del movimento M 23 da Goma, nella provincia congolese del Nord Kivu, che nelle prossime ore tornerà sotto il controllo di Kinshasa, in rispetto all’accordo firmato tra i capi di Stato della regione dei Grandi Laghi. Nella notte, uomini armati hanno attaccato uno dei campi profughi intorno alla città, dove la situazione umanitaria resta catastrofica, con oltre 750mila persone sradicate dalla loro regione di origine. Degli ultimi sviluppi Irene Pugliese ha parlato con Fabio Cavalletti, responsabile dell’ufficio Africa della Caritas, da mesi impegnata al fianco della popolazione colpita dalla nuova crisi:

    R. - La situazione umanitaria è molto grave perché il numero di sfollati è altissimo. Con questi nuovi scontri - quelli iniziati il 20 novembre – ci sono oltre 140mila sfollati e a Goma ce ne erano già oltre 250mila.

    D. - Questo perché comunque la gente conosce le angherie di questo gruppo di ribelli...

    R. - Sì. Per questa ragione. In quell’area c’è una guerra che dura da vent’anni. Non se ne parla purtroppo, ma c’è un conflitto che non è mai finito in realtà che però, a fasi alterne, aumenta e diminuisce d’intensità. Fino ad ora non era mai arrivato a Goma e questa è la novità degli scontri di questi giorni. Quindi questi gruppi sono ben noti alla popolazione di sicuro per la loro violenza. Per questa ragione la popolazione evidentemente scappa e non hanno alcuno effetto le voci rassicuranti lanciate dai capi di questo gruppo che quando sono arrivati a Goma hanno detto: “Tutto deve continuare in maniera regolare. La vita continua”.

    D. - In realtà, poi, tutto non continua in maniera regolare, la vita è come se fosse sospesa. Qual è la situazione della vita quotidiana?

    R. - A Goma, in particolare, c’erano grossi disagi, perché la corrente fino a ieri non c’era: ora è stata riattivata in alcune aree della città; manca l’acqua, quindi le condizioni igienico-sanitarie sono sempre più precarie, considerando che queste popolazioni sono popolazioni che già si trovano spesso in grave stato di povertà perché tutto il Congo è un Paese poverissimo: si trova all’ultimo posto della classifica secondo l’indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite.

    D. - La situazione più grave è ancora una volta quella dei bambini…

    R. - Sì. In particolare, con la situazione attuale, il rischio che con questa ritirata all’interno dell’alto numero di minori non accompagnati che esiste tra gli sfollati, possa esserci anche un numero cospicuo di minori che si trovano soli e indirizzati verso l’arruolamento è molto alto.

    D. - Quali sono i probabili, futuri sviluppi di questa situazione?

    R. - È veramente molto difficile dirlo, perché si spera che ci sia un effettivo ritiro di questi gruppi dal momento che c’è stato questo incontro a Kampala tra i capi di Stato della regione che, in qualche modo, hanno intimato il ritiro. Evidentemente lì, la risoluzione vera potrà esserci solo quando ci saranno degli accordi trasparenti sull’uso delle risorse, perché in realtà il conflitto è dovuto principalmente a una contesa per il loro sfruttamento.

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    Particolare mostra dedicata a Tiepolo, protagonista del '700 europeo

    ◊   Mancano tre settimane all’inaugurazione, il prossimo 15 dicembre, della più grande mostra mai dedicata a un protagonista della pittura europea del ‘700: “Giambattista Tiepolo”. Sono 142 le opere in catalogo, provenienti da prestigiosi musei di tutto il mondo, esposte nella splendida Villa Manin a Passariano di Codroipo, in provincia di Udine: grandiose pale d'altare, dipinti devozionali o ispirati a temi profani, disegni, caricature e bozzetti dei monumentali cicli di affreschi realizzati nei palazzi delle più importanti città europee. Ascoltiamo, nell’ordine, due curatori dell’esposizione: Giuseppe Begamini e Alberto Craievich. L'intervista è di Paolo Ondarza:

    R. – L’esposizione si tiene nella straordinaria Villa Manin di Passariano, fastosa, scenografica, e che è ricca anche di ricordi storici perché è stata la Villa dell’ultimo Doge di Venezia, la Villa nella quale si è firmato il Trattato di Campoformio, che ha modificato i confini d’Italia e dell’intera Europa. Attraverso opere sacre e profane in mostra è possibile recuperare in pieno l’artista – Tiepolo ed uscire affascinati da ciò che si è visto.

    D. – Tematiche sacre e tematiche profane si intrecciano nella produzione di Tiepolo. Come il pittore si rapporta a queste due aree?

    R. – Direi che ha una inventiva sbrigliata quando si tratta di costruire scene di carattere profano, di carattere mitologico. Nel sacro, veste le sante con gli abiti sontuosi delle contesse o delle nobildonne veneziane, piuttosto che con quelli dimessi di una santa. In ogni caso, l’iconografia sacra raramente esce dagli schemi tradizionali.

    D. – Alberto Craievich, il Settecento è un secolo che, a livello di arte europea, viene dominato dalla figura di Gianbattista Tiepolo …

    R. – Tiepolo è uno dei protagonisti del Settecento europeo. E’ un artista complesso. Penso che uno dei meriti della mostra sia quello di evidenziare tutte le sue caratteristiche: ci sono disegni, bozzetti, pale d’altare, cose estremamente curiose: penso ai disegni o ai dipinti di Pulcinella, alle caricature … L’intento era anche quello di mostrare il laboratorio creativo dell’artista, quindi quest’esposizione è un’avventura nella mente, nel percorso creativo dell’artista.

    D. – C’è una idealità che animava Tiepolo, spinto sempre a rappresentare qualcosa di alto, di eroico, di fastoso?

    R. – Prima di partire dalla Spagna, ormai vecchio, rilascia una sorta di intervista – come potremmo dire oggi – ad un giornale veneziano, nella quale dice che il pittore deve lavorare in grande, procurarsi il favore dei principi e dei signori, perché sono gli unici che possono pagare, sponsorizzare opere gigantesche. Questo ci dà l’idea di una personalità consapevole dei propri mezzi e votata al grandioso.

    D. – Difficile parlare di una mostra per radio, dove le immagini non si vedono …

    R. – Però Tiepolo è un pittore di suoni! Vedendo i suoi quadri è impossibile non sentire la musica, soprattutto i vari timbri che caratterizzano la musica. Vedendo le sue scene di battaglia – scene cruente – è impossibile non sentire il rumore, il clangore … Allo stesso tempo, vedendo una pala d’altare, dobbiamo immaginare cosa provavano coloro che entravano in chiesa sentendo la musica liturgica di quella chiesa. E l’intento era proprio quello di far loro toccare con mano le gioie del Paradiso. In questo senso, Tiepolo è, insieme a Bernini e Rubens, il più grande artista barocco.


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    Nella Chiesa e nel mondo



    In Nigeria bruciate 3 chiese e posti di frontiera

    ◊   Tre chiese e posti di frontiera sono stati dati alle fiamme stamattina nel nord-est della Nigeria, al confine con il Camerun, da presunti membri della setta islamista Boko Haram. Lo riferiscono testimoni che hanno parlato di “una cinquantina di uomini armati” arrivati sul posto a bordo di auto e moto, che hanno appiccato il fuoco alle strutture. Non è ancora chiaro se ci siano state o meno vittime. L’ultimo attacco contro un luogo di culto nel Paese, risale a domenica scorsa, quando in un attentato suicida contro una chiesa protestante a Kaduna, rimasero uccise 17 persone. (R.B.)


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    4 feriti per un'esplosione a Gaza. L'Ue chiede a Tel Aviv di fermare gli insediamenti

    ◊   Quattro palestinesi sono rimasti feriti, di cui uno in modo grave, in un’esplosione avvenuta a Gaza che, secondo alcune fonti, sarebbe stata causata dall’artiglieria israeliana, ipotesi completamente smentita dallo Stato ebraico. Intanto il presidente israeliano Netanyahu, nella consueta riunione domenicale con il governo, ha affermato che Israele continuerà a costruire a Gerusalemme e “in qualunque luogo che rientri negli interessi strategici del Paese” e nel contempo ha respinto la risoluzione Onu che ha riconosciuto la Palestina quale Stato osservatore non membro. “Un’impudente violazione degli accordi firmati”, la definisce l’Esecutivo israeliano, che assicura: “Uno Stato palestinese non sarà stabilito senza un connesso accordo sulla sicurezza dei cittadini israeliani e prima che l’Anp riconosca Israele come Stato del popolo ebraico e dichiari la fine del conflitto”. Anche il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, è intervenuta sulla questione, lanciando un appello a Israele affinché rinunci alla costruzione di tremila nuovi alloggi a Gerusalemme est e in Cisgiordania, definendo il piano un “ostacolo per la pace” e ha esortato lo Stato ebraico a “mostrare il suo impegno per una ripresa dei negoziati”. Infine, il capo dell'Anp, Abu Mazen, questa mattina al suo ritorno da new York è stato osannato dalla folla a Ramallah per il successo ottenuto alle Nazioni Unite: "Finalmente abbiamo uno Stato", ha commentato. (R.B.)


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    Somalia. Scontri tra clan rivali nelle regioni centrali, 26 morti

    ◊   Almeno 26 persone sono morte e 18 sono rimaste ferite nei combattimenti tra clan rivali verificatisi nella regione di Galgadud, nella Somalia centrale. Alla base degli scontri ci sarebbero motivi quali l’accaparramento dei pascoli e l’accesso all’acqua, secondo quanto riferito dalla polizia. Una moltitudine di clan e milizie controllano la maggior parte del territorio somalo, privo dell'autorità di uno stato centralizzato dopo la caduta del presidente Siad Barre nel 1991. Una forza d'intervento dell'Unione africana composta da 17mila uomini, ha sostenuto il fragile governo somalo per combattere gli insorti dello Shabab. Dalla capitale Mogadiscio è giunto l’appello a fermare lo spargimento di sangue da parte del neoministro degli Interni e della sicurezza nazionale, Hussein Guled Abdikarim. (R.B.)


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    Oggi la Giornata internazionale dell'Onu per l’abolizione della schiavitù

    ◊   Si celebra oggi la Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù promossa dalle Nazioni Unite. Il relatore speciale dell’Onu, Gulnara Shahinian, con l’occasione, ha ricordato come siano in particolare le donne le principali vittime delle forme di schiavitù moderne come la servitù domestica, quella sessuale e a volte anche il matrimonio, che sono costrette a contrarre contro la loro volontà. Citando il rapporto 2012 dell’Assemblea generale sui matrimoni servili, il relatore ha ricordato anche le frequenti violazioni del diritto delle donne alla salute e all’istruzione e il problema della discriminazione sessuale. Risale al 1956 la Convenzione delle Nazioni Unite sull’abolizione della schiavitù, della tratta degli schiavi e delle istituzioni analoghe, purtroppo ancora non universalmente rispettata. Il relatore, infine, ha sottolineato come sia importante in molti contesti promuovere programmi comunitari che forniscano alle donne consulenza, educazione e, se necessario, alloggio, e la sensibilizzazione della comunità internazionale. (R.B.)


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    L’Arcivescovo Barwa parla di “Boom di vocazioni e di rinascita della speranza in Orissa”

    ◊   “In Orissa è rinata la speranza. Lo vediamo dalle nuove vocazioni che sono una iniezione di speranza per la Chiesa locale. E dalla gente che vive l’Anno della Fede con entusiasmo, gioia, fiducia nel futuro”: è quanto dice all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. John Barwa, missionario Verbita, Arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar. L’Arcivescovo è appena stato in visita pastorale nel distretto di Kandhamal dove, il 21 novembre scorso, ha ordinato il primo sacerdote nella storia del distretto, p. Sangram Senapati, della “Congregazione della Missione”.“E’ stata una celebrazione intensamente partecipata, con il clero, i religiosi, migliaia di fedeli laici che hanno testimoniato la gioia e la speranza”, nota Mons. Barwa a Fides. L’Arcivescovo spiega che “la gente continua a soffrire disagi, emarginazione, discriminazioni, indigenza, ma questa situazione non incide negativamente sulla fede”. Inoltre, pensando alle tristi vicende della violenza anticristiana del 2008, Mons. Barwa nota: “I fedeli hanno perdonato chi ha fatto loro del male. E il perdono ha reso liberi i loro cuori dall’odio, restituendo la speranza per il futuro”. (L.F.)


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    La Chiesa del Burkina Faso festeggia i 100 anni delle Suore Bianche

    ◊   Cento anni fa arrivavano in Burkina Faso le “Suore bianche”, ovvero le Suore missionarie di Nostra Signora d’Africa. La Congregazione, fondata nel 1869 dal cardinale Charles Lavigerie, raggruppa numerose missionarie impegnate nell’evangelizzazione, lo sviluppo e la formazione delle popolazioni africane. In occasione di questo importante anniversario, nei giorni scorsi l’arcivescovo di Ouagadougou, mons. Philippe Ouédraogo, ha presieduto una celebrazione eucaristica nella Cattedrale della città, durante la quale ha sottolineato i’instancabile impegno delle religiose in favore dei più bisognosi. “La celebrazione di questo centenario – ha detto il presule – è un atto di grazia di tutta la famiglia diocesana e di tutta la popolazione locale che beneficia della presenza delle Suore bianche”. “Ciò che celebriamo – ha aggiunto – sono cento anni a servizio dell’annuncio della Parola di Dio, ma anche cento anni a servizio dello sviluppo integrale dell’uomo”. Quindi, mons. Ouédraogo ha evidenziato come “la vita delle Suore missionarie di Nostra Signora d’Africa rappresenti un appello, a tutta la Chiesa cattolica del Burkina Faso, a porsi come responsabile del cammino verso l’incontro con Cristo”. Infine, il presule ha lodato il coraggio con cui le religiose hanno saputo affrontare “le avversità di un Paese per loro sconosciuto”, coraggio con il quale hanno costruito numerose scuole di formazione e molti centri sanitari. Le Suore bianche hanno investito anche nel campo del sociale, portando assistenza umanitaria alle fasce più vulnerabili della popolazione come le donne rurali, le vedove e gli orfani. (I.P.)

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    Il vescovo di Papantla seguito su Facebook e Twitter da 15 mila persone

    ◊   “Oggi tutte le nuove realtà passano attraverso Twitter, Facebook, i social network e i media. Allo stesso tempo, questi strumenti devono passare attraverso la realtà: è una strada a doppio senso” afferma mons. Jorge Carlos Patrón Wong, giovane vescovo della diocesi messicana di Papantla, in una nota inviata all’Agenzia Fides. “Nella Chiesa dobbiamo imparare che il Vangelo si deve trasmettere anche attraverso queste tecnologie, ma dobbiamo verificare che questi mezzi comunichino davvero la buona notizia” sottolinea mons. Patron che spiega che entrare nei social network non è solo una questione di formazione tecnica o di un impulso di moda, ma si tratta di un cambiamento qualitativo del modo in cui entrano in relazione gli esseri umani. Per il vescovo il mondo virtuale richiede la presenza reale e la coerenza, la persona, la vita e le idee, non si tratta solo di un "lanciarsi nel virtuale". “La paura di utilizzare questi strumenti tecnologici non riguarda solo le alte gerarchie ecclesiastiche, ma tutta una generazione di adulti che non si sentono al sicuro con questi strumenti” sottolinea il Vescovo, che ha tre profili in Facebook con più di 15.000 giovani “amici o gruppi” e un account Twitter con 3.207 “followers”. Per mons. Patron Wong ciò rappresenta un grande atto di fiducia, in quanto esprime “il desiderio dei giovani che una figura che riconoscono come un adulto e membro della Chiesa, entri nel loro mondo”. (L.F.)

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    La Chiesa australiana collabora con la Commissione reale sugli abusi

    ◊   La Chiesa australiana plaude all’istituzione della Royal Commission, la Commissione d’inchiesta nazionale istituita a metà novembre dal governo federale per far luce sul fenomeno della pedofilia nel Paese. In una nota diffusa oggi, a chiusura dell’assemblea plenaria, e siglata da mons. Denis Hart, arcivescovo di Melbourne e presidente della Conferenza episcopale, si legge: “L’istituzione della commissione è un’opportunità per coloro che hanno sofferto, per ottenere ascolto, giustizia e guarigione; ma è anche un’opportunità per osservare con grande obiettività le procedure della Chiesa, così da perfezionarle ulteriormente nel senso della giustizia e della cura pastorale”. Ribadendo, poi, che “sebbene in modo imperfetto, tale lavoro viene portato avanti dalla Chiesa da ben due decadi” e che ora “esso continuerà”, i vescovi australiani chiedono “scusa con tutto il cuore a coloro le cui vite sono state così gravemente danneggiate dal male perpetrato da alcuni sacerdoti, religiosi e personale ecclesiastico”. Inoltre, la nota informa che “per collaborare nel modo più efficace possibile con la commissione, i vescovi hanno istituito un gruppo di supervisori, rappresentanti della Conferenza episcopale e dei religiosi cattolici d’Australia”. Tale gruppo controllerà un “nuovo Consiglio per la Royal Commission costituito da dieci persone – vescovi, religiosi e laici – con un ufficio esecutivo”. L’auspicio della Chiesa di Canberra, dunque, è che “nella ricerca della verità la Royal Commission presenti indicazioni che assicurino i migliori standard possibili per la tutela dei minori nel Paese”, perché, per quanto “penoso e difficile per la Chiesa”, tutto ciò “non è niente in confronto al dolore patito dalle vittime di abusi sessuali, compiuti in particolare da sacerdoti e religiosi”. Infine, i vescovi ringraziano tutti quei fedeli che hanno pregato per loro. (I.P.)

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    Dal 9 al 12 dicembre in Vaticano il congresso internazionale “Ecclesia in America”

    ◊   Approfondire alcuni temi cruciali per la nuova evangelizzazione nel continente americano, soprattutto alla luce degli insegnamenti dell’Esortazione apostolica postsinodale “Ecclesia in America”, siglata da Giovanni Paolo II nel 1999: è questo l’obiettivo principale del Congresso internazionale “Ecclesia in America” in programma in Vaticano, nell’Aula del Sinodo, dal 9 al 12 dicembre prossimo. L’evento è organizzato dalla Pontificia Commissione per l’America Latina (Cal), insieme ai Cavalieri di Colombo e con la collaborazione dell’Istituto superiore di studi guadalupani. “Nel 15.mo anniversario del Sinodo speciale dei vescovi per l’America – si legge in una nota della Cal – il congresso vuole ricordare l’intuizione profetica di tale iniziativa pontificia per svilupparla in chiave di strategia pastorale, missionaria e culturale”. In concomitanza dell’Anno della fede, inoltre, la Cal auspica che il convegno possa “contribuire a riscoprire il cammino della fede, confessandola con pienezza e rinnovata convinzione, con fiducia e speranza”. E non solo, l’evento vuole anche: “favorire relazioni di amicizia, comunione e collaborazione tra i fedeli cattolici dei Paesi latinoamericani, Stati Uniti e Canada”; “promuovere e condividere le esperienze e le riflessioni della Chiesa in America con la Curia romana”; “manifestare la fedeltà e la devozione del continente americano al Successore di Pietro” e “chiedere l’intercessione della Vergine di Guadalupe, Madre dell’America Latina, Stella della nuova evangelizzazione, su tutto il continente americano e la Chiesa universale”. Ad aprire i lavori, domenica 9 dicembre, alle ore 18, sarà una celebrazione eucaristica presieduta in San Pietro dal cardinale Marc Ouellet, presidente della Cal. Al termine della Messa, inoltre, Benedetto XVI si recherà nella Basilica vaticana per rivolgere il suo messaggio di saluto ai presenti. Tra gli spunti di riflessione previsti per i giorni seguenti, si segnala la conferenza sul tema “L’Esortazione apostolica Ecclesia in America; profezia, insegnamenti e impegno” che sarà tenuta lunedì 10, alle ore 10.45, dal prof. Guzmán Carriquiry, segretario della Cal. Nel pomeriggio dello stesso giorno, i lavori si svolgeranno in gruppi linguistici e vedranno, tra i temi analizzati, anche quello delle “Sfide per la famiglia cristiana, la dignità della donna e la speranza dei giovani nel continente americano”. Martedì 11 dicembre il programma prevede, tra l’altro, alle 11.30, la recita del Santo Rosario nei Giardini Vaticani, mentre il giorno successivo, mercoledì, i partecipanti al Congresso prenderanno parte all’udienza generale di Benedetto XVI. Nel pomeriggio, alle 17.30, il card. Ouellet presenterà le conclusioni dei lavori per poi presiedere, alle 18.30, nella Chiesa di Santa Maria in Traspontina, una Messa solenne nella Festa della Vergine di Guadalupe. (I.P.)

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    In Africa la Chiesa avrà un organismo per fede, cultura e sviluppo

    ◊   Durante un incontro di lavoro svoltosi il 23 novembre scorso a Dar-el-Salaam, in Tanzania, è stato deciso che la Chiesa africana si doterà di un organismo che si occuperà di fede, cultura e sviluppo e si porrà come obiettivo la facilitazione del dialogo tra diverse culture e la fede. L’organismo, in particolare, analizzerà le opportunità, le sfide e le prospettive delle culture africane e dello sviluppo, della globalizzazione, della postmodernità, del buon governo e le politiche africane legate al tema dello sviluppo. Lo riporta l’agenzia Fides, precisando che la riunione è stata organizzata dal Dipartimento per l’evangelizzazione del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam), in collaborazione con la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e con il Pontificio Consiglio per la cultura. La nascita del nuovo organismo sarà ratificata nel corso della 16.m assemblea plenaria del Secam che si terrà a Kinshaha, in Congo, nel luglio 2013. (R.B.)

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    In Swaziland assistenza prescolare a bambini orfani e poveri

    ◊   Il tema dell’assistenza prescolare nello Swaziland è particolarmente d’attualità, a causa dell’ingente numero di bambini abbandonati e orfani nel Paese, causato anche dal contagio del virus dell’Hiv, uno dei più alti registrati nel mondo. In Swaziland, infatti, il 26% della popolazione tra i 15 e i 49 anni è sieropositiva e anche i dati forniti dal locale ministero della Sanità sono drammatici: appena un quarto dei minori vive con entrambi genitori, mentre 1 su 6 con meno di 15 anni rientra nella categoria dei bambini orfani e vulnerabili. Da anni, riferisce la Fides, si moltiplicano i centri di assistenza comunitari che offrono assistenza prescolare e alimentare a questi bambini, specialmente nelle aree rurali, attraverso le 1100 strutture costruite, che si occupano ognuna di un numero variabile da 50 a 300 minori, divisi per fasce d’età: dai piccolissimi fino ai 3 anni, quelli dai 3 ai 6, i più grandi, per dare a tutti possibilità di accesso alla scuola. (R.B.)

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    Malawi. La tv dei missionari monfortani apre all’attualità

    ◊   Buone notizie per la televisione dei missionari del Malawi: grazie all’accordo sottoscritto alcuni giorni fa con i tedeschi di Deutsche Welle, ne trasmetterà telegiornali internazionali e approfondimenti, accrescendo l’offerta del proprio palinsesto. “Il Malawi vuole conoscere il mondo”, racconta alla Misna un entusiasta padre Andrew Kaufa, direttore di Luntha Tv, che venne fondata nel Paese dai monfortani nel 1982, ma ricevette dallo Stato l’autorizzazione a trasmettere solo nel 2005. Secondo il direttore, in questo modo sarà possibile bilanciare i contenuti a carattere spirituale, religioso ed educativo, con le richieste del pubblico che vuole più spazio per l’attualità, dedicato a temi quasi la crisi economica mondiale o le vicende del mondo arabo. Infine, l’offerta potrebbe ulteriormente allargarsi: sono state avviate, infatti, trattative anche con i cinesi di Cctv e i giapponesi di Nhk. (R.B.)

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