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Sommario del 01/12/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla gente del circo: la Chiesa è pellegrina come voi, conservate i vostri valori
  • Motu Proprio del Papa sul servizio della carità. Mons. Dal Toso: evidenzia le responsabilità del vescovo
  • Il Papa nomina mons. Negri nuovo arcivescovo di Ferrara
  • Altre udienze e nomine
  • Processo Sciarpelletti: depositata la sentenza. Padre Lombardi: la pena è definitiva
  • Attendere e sperare? Editoriale di padre Lombardi
  • Benedetto XVI presiede i Primi vespri di Avvento per gli universitari romani
  • Il cardinale De Giorgi consegna un premio a mons. Georg Gänswein
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Medio Oriente: critiche dagli Usa all’annuncio di nuove colonie israeliane
  • Egitto. Migliaia in piazza a sostegno di Morsi per la firma della Costituzione con la Sharia
  • Crisi economica in Argentina. Timori per un possibile nuovo fallimento
  • Giornata mondiale contro l'Aids: si procede verso l'"Obiettivo zero"
  • Why poverty? L'impegno della Chiesa nell'Italia delle vecchie e nuove povertà
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Elezioni in Burkina Faso. I vescovi: cristiani impegnati per il bene comune
  • Madagascar: appello dei vescovi ai leader politici per il bene del Paese
  • Il card. Tong Hon: nuovo slancio alla comunità di Hong Kong dall'Anno della fede
  • Giornata di preghiera per la pace in Medio Oriente promossa dai vescovi inglesi
  • Anno della fede: un vescovo indiano invita a pregare in famiglia
  • Il 9 dicembre, domenica della Bibbia in Inghilterra e Galles
  • India: un anno fa l'uccisione di suor Valsa per mano della "mafia del carbone"
  • Eritrea: "Aiuto alla Chiesa che Soffre" racconta le difficoltà della comunità cristiana
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla gente del circo: la Chiesa è pellegrina come voi, conservate i vostri valori

    ◊   Incontro inedito e festoso, stamani in Aula Paolo VI. Benedetto XVI ha ricevuto in udienza la gente dello spettacolo viaggiante, oltre settemila persone provenienti da tutto il mondo. Un evento, promosso dal dicastero per i Migranti e gli Itineranti, che ha dato la possibilità al Papa di rinnovare la sua vicinanza ai circensi. La Chiesa, ha detto il Papa, è pellegrina come voi e vi invita a collaborare nell’impegno della nuova evangelizzazione. Il discorso del Pontefice è stato preceduto dall’indirizzo d’omaggio del cardinale Antonio Maria Vegliò, da alcune testimonianze e da uno spettacolo di alcuni artisti presenti all’udienza. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Per una mattinata, si è vissuta in Vaticano l’atmosfera festosa di un circo: la gioia, lo stupore, il ritornare bambini dinnanzi ad uno spettacolo che lascia a bocca aperta ha pervaso l’Aula Paolo VI. Far sorridere grandi e piccoli è proprio la “missione” della gente del circo, ma dietro quest’arte c’è sempre una vita di sacrificio e non poche volte di difficoltà. Il Papa ha incontrato i circensi - come gli altri artisti dello spettacolo viaggiante - proprio con questo spirito di riconoscimento del loro duro lavoro e di valori – l’amore per la famiglia, la cura dei più deboli e la valorizzazione degli anziani – che ancora sono radicati nella loro esperienza. Un riconoscimento che è stato molto apprezzato, come ha testimoniato David Degli Innocenti, esercente di un luna park italiano:

    “Molti si soffermano al momento dell’esibizione e del divertimento, dimenticando la fatica e gli sforzi che lo precedono e la mancanza di punti saldi che la nostra vita comporta. È per questo, Santo Padre, che Lei oggi ci rinfranca lo spirito e ci riscalda il cuore, poiché ci sentiamo accolti e amati, sentendo riconosciuto il nostro sacrificio”.

    I vostri mestieri ha detto, appunto, il Papa “richiedono rinuncia e sacrificio, responsabilità e perseveranza, coraggio e generosità: virtù che la società odierna non sempre apprezza, ma che hanno contribuito a formare, nella vostra grande famiglia, intere generazioni”. Benedetto XVI ha così indicato quei tratti che contraddistinguono il mondo dello spettacolo viaggiante:

    “Nel vostro ambiente si conserva vivo il dialogo tra le generazioni, il senso dell’amicizia, il gusto del lavoro di squadra. Accoglienza e ospitalità vi sono proprie, così come l’attenzione a dare risposta ai desideri più autentici, soprattutto delle giovani generazioni”.

    Il Papa ha, quindi, sottolineato che, anche nel mondo circense, “si rende necessaria una nuova evangelizzazione” e li ha esortati a testimoniare i valori del Vangelo, specie di fronte alle difficoltà della vita e alle “tentazioni della sfiducia”. La Chiesa, ha detto ancora, è “pellegrina come voi in questo mondo” e vi “invita a partecipare alla sua missione divina attraverso il vostro lavoro quotidiano”. Il Papa non ha poi mancato di soffermarsi sui numerosi problemi legati alla condizione itinerante, dall’istruzione dei figli ai permessi di soggiorno per GLi stranieri:

    “Mentre auspico che le Amministrazioni pubbliche, riconoscendo la funzione sociale e culturale dello spettacolo viaggiante, si impegnino per la tutela della vostra categoria, incoraggio sia voi sia la società civile a superare ogni pregiudizio e ricercare sempre un buon inserimento nelle realtà locali”.

    D’altro canto, il Papa non ha mancato di segnalare alcuni problemi nella vita di fede della gente del circo, dovuta alla vita itinerante che non permette la regolare partecipazione alla catechesi e al culto divino:

    “Auspico che possiate trovare, presso le comunità in cui sostate, persone accoglienti disponibili, capaci di venire incontro alle vostre necessità spirituali”.

    Tuttavia, è stato il suo invito, “non dimenticate però che è la famiglia la via primaria di trasmissione della fede”. Le vostre famiglie, ha concluso il Papa, “siano sempre scuole di fede e di carità, palestre di comunione e di fraternità”.

    Ascoltiamo, al microfono di Fabio Colagrande, le testimonianze di alcuni artisti del circo presenti oggi in Vaticano:

    R. – Sono Sabrina Dell’Acqua della dinastia circense dei Dell’Acqua. Ho portato qui i miei due bambini. Siamo artisti e vogliamo far vedere al mondo che ci siamo anche noi. Ultimamente ci sono molte voci negative nei nostri confronti. Noi siamo semplici lavoratori, molto fortunati, perché facciamo questo lavoro con grande passione. Ma spesso siamo emarginati. Abbiamo, infatti, problemi con le piazze, ma non ne discutiamo qui stamani, perché per noi è una festa stupenda. Venire qui in Vaticano, vedere un tendone del circo montato in Piazza San Pietro, la Piazza più famosa del mondo, ci rende stracontenti. Io faccio la trasformista e quindi mi cambio di vestito velocemente. Lavoro assieme ai miei bambini, che sono i più piccoli trapezisti.

    D. – Una vita di sacrifici, ma anche di grandi soddisfazioni immagino?

    R. – Sì, indubbiamente. Ogni salto mortale che viene fatto in maniera perfetta ha dietro mesi di preparazione. Quando ci riusciamo è un grande successo.

    D. – La dimensione spirituale, l’interiorità, fa parte della famiglia del circo?

    R. – Soprattutto, ci mancherebbe altro. Dio è presente in ogni cosa che facciamo, appena ci svegliamo la mattina. Nei nostri tendoni viene celebrata la Messa. La prima cosa per i nostri bambini è il Battesimo, poi la Comunione, la Cresima, il Matrimonio. Siamo molto, molto credenti.

    R. – Appartengo al Circo Medrano, famiglia Tucci. Sono Giada Minetti, trapezista ed equilibrista. E’ una cosa fantastica. E’ stata la prima volta ed è stata una cosa molto, molto bella. Viva il circo!

    D. – Quali sono le difficoltà della vostra arte, del vostro lavoro?

    R. – Ci sono molte difficoltà, ma soprattutto molte soddisfazioni. Quando vediamo sorridere i bambini che vengono a vedere lo spettacolo è una felicità anche per noi.

    D. – La dimensione spirituale fa parte del lavoro della gente del circo?

    R. – Diciamo che è la prima cosa. Prima di iniziare uno spettacolo, un numero, noi ci affidiamo a Dio.

    R. – Io sono del Circo Orfei e siamo qui a questa manifestazione, che rappresenta una cosa positiva per il circo.

    D. – E’ vero che c’è una grande solidarietà fra la gente del circo?

    R. – Certo. I valori della vita sono ancora molto fermi e ferrei nel nostro mondo.

    D. – Il senso della famiglia è molto forte?

    R. – Esatto. Il senso della vita, il valore della famiglia, della fratellanza, dello scambio, dell’aiuto.

    D. – Vi sentite a volte emarginati come lavoratori del circo?

    R. – No. Siamo parte integrante del mondo.

    D. – Tu come ti chiami?

    R. – Michael e sono il più giovane trapezista al mondo.

    D. – Qual è la tua specialità come trapezista?

    R. – Triplo salto mortale e doppio salto mortale in avvitamento.

    D. – Quali sono i problemi della vostra attività artistica?

    R. – Devi sempre fare allenamenti. Nelle piazze ci sono molti problemi a volte. E’ la vita del circo, ma a noi piace così com’è.

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    Motu Proprio del Papa sul servizio della carità. Mons. Dal Toso: evidenzia le responsabilità del vescovo

    ◊   E’ stato promulgato oggi il Motu Proprio del Papa “L’intima natura della Chiesa” sul servizio della carità. Al centro del documento una serie di norme per ordinare le diverse forme ecclesiali nel servizio della carità e sui particolari doveri del vescovo. Ce ne parla Benedetta Capelli:

    Quindici articoli compongono il Motu Proprio del Papa che intende essere un completamento di una lacuna normativa – già evidenziata nella Deus caritas est – circa la responsabilità dei vescovi per il servizio della carità nella Chiesa. “L’intima natura della Chiesa – scrive Benedetto XVI – si esprime in un triplice compito: l’annuncio; la celebrazione dei sacramenti; il servizio della carità”. Compiti che non possono essere separati e che sono dimensione costitutiva della Chiesa. Essendo dunque la carità un servizio ecclesiale è sottoposto alla particolare cura del vescovo che, con questo Motu Proprio, viene investito di diversi doveri come quello della vigilanza sugli organismi presenti nella sua diocesi; sul coordinamento delle varie entità invitandole alla collaborazione senza “emarginazioni”, stimolando i fedeli affinché diano vita alle manifestazioni di carità. Vigilanza poi nel quadro della legalità, seguendo criteri di trasparenza e di corretta gestione economica, controllo sulle contribuzioni perché siano compatibili con la dottrina della Chiesa; vigilare anche sulla scelta e nella formazione degli operatori della carità. Infine il documento affida al Pontificio Consiglio “Cor Unum” il compito di controllare l’applicazione delle norme e di erigere organismi di carità internazionale.

    Dunque sono molti gli aspetti che il Motu Proprio mette in luce. Benedetta Capelli ne ha parlato con mons. Giampietro Dal Toso, segretario del Pontificio Consiglio “Cor Unum”:

    R. – Effettivamente, al numero 32 della Deus caritas est, il Papa già allora diceva che il Codice di Diritto canonico non esplicita la responsabilità del vescovo in ordine all’attività caritativa. Dice – genericamente – che il vescovo ha la funzione di moderare l’azione di apostolato all’interno della sua diocesi. Il Motu Proprio di oggi vuole cercare di esplicitare più concretamente in che cosa consista questa responsabilità del vescovo riguardo al servizio della carità che la Chiesa offre.

    D. – Più volte, nel Motu Proprio, si legge il termine trasparenza per quanto riguarda le funzioni del vescovo …

    R. – Io non limiterei la funzione del vescovo a quella della vigilanza o a quella dell’attenzione alla trasparenza. La logica vera di questo documento è di fare emergere, di sottolineare la responsabilità del vescovo nell’azione caritativa della Chiesa. Così inizia anche il testo di questo Motu Proprio, riprendendo una citazione della Deus caritas est: “La Chiesa vive di tre dimensioni fondamentali che sono l’annuncio della Parola di Dio, la celebrazione dei Sacramenti e il servizio della carità”. Dunque, essendo una dimensione ecclesiale costitutiva, deve essere anche primaria la responsabilità dei vescovi: la Chiesa ha una struttura episcopale – ricorda lo stesso Benedetto XVI nella Deus caritas est – e quindi questa ecclesialità si deve mostrare nel servizio della carità. Ecco perché si è voluto sottolineare il ruolo del vescovo nel servizio della carità e questo ruolo poi si concretizza in diversi ambiti: il primo – e più importante, certamente – è quello dell’animazione dei fedeli perché diano testimonianza di carità. Un altro ambito è quello di favorire la nascita, la crescita, lo sviluppo di istituzioni di carità all’interno della propria diocesi. Un’altra attenzione è alle persone che lavorano dentro le nostre istituzioni nell’ambito caritativo. Un altro aspetto è quello delle finanze e poi quello di mantenere uno spirito cristiano … Tutti questi aspetti sono ripresi nei singoli articoli per mettere in evidenza, però, che il vescovo ha questa autorità finale. E’ importante che il servizio della carità, essendo ecclesiale, abbia anche questa connotazione ecclesiale quanto la responsabilità ultima.

    D. – Particolare risalto viene dato anche alla scelta e alla formazione degli operatori della carità …

    R. – A me sembra molto importante che questo documento sottolinei l’aspetto personale, perché questo anche è il punto forte del servizio della carità della Chiesa. Noi, grazie a Dio, possiamo contare sull’apporto di tante persone, e di tante persone qualificate. E questo aspetto personale va sottolineato. La formazione è un’esigenza, soprattutto nel mondo moderno, che noi vediamo a tutti i livelli: è una formazione iniziale ma è anche una formazione permanente. Quindi è bene che il vescovo curi questa formazione delle persone che lavorano nei servizi di carità perché attraverso le persone noi incontriamo milioni di altre persone che possono avere in questo modo anche, attraverso un operatore, una testimonianza di Cristo. Ecco perché l’enfasi sulla formazione. A questo proposito vorrei sottolineare che questa è peraltro anche una priorità per il nostro dicastero che da sempre ha voluto evidenziare questo aspetto della formazione. Ad esempio, a livello continentale, ha voluto organizzare degli esercizi spirituali per persone che sono nei direttivi degli organismi di carità cattolici.

    D. – Quali sono, allora, le funzioni di Cor Unum?

    R. – Il Motu proprio dà due funzioni a Cor Unum: la prima è quella di vegliare sull’applicazione di questo Motu Proprio. Quindi, Cor Unum dovrà farsi un po’ “moltiplicatore” del testo e cercare anche che passi questo spirito di sensibilità ecclesiale nei nostri servizi di carità. E poi, il Motu Proprio dà un’altra competenza a Cor Unum che è quella di erigere in personalità canonica quelle istituzioni di aiuto internazionali che hanno origine dentro alla Chiesa cattolica, e che hanno un raggio universale.

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    Il Papa nomina mons. Negri nuovo arcivescovo di Ferrara

    ◊   In Italia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, presentata da mons. Paolo Rabitti per sopraggiunti limiti d’età. Il Santo Padre ha nominato nuovo arcivescovo di Ferrara, mons. Luigi Negri, trasferendolo dalla diocesi di San Marino-Montefeltro.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani in udienza un gruppo di vescovi francesi in visita ad Limina.

    In Algeria, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Oran (Algeria) presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Alphonse Georger, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Oran, il Rev.do Padre Jean-Paul Vesco, O.P., finora Superiore Provinciale dei Domenicani in Francia.

    In Malaysia, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi di Kota Kinabalu in Malaysia presentata dall’Ecc.mo Mons. John Lee Hiong Fun-Yit Yaw, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede S.E. Mons. John Wong Soo Kau, Coadiutore della medesima Arcidiocesi.

    Il Santo Padre ha nominato Membro della Congregazione per la Dottrina della Fede l'Eccellentissimo Monsignor Charles J. Scicluna, Vescovo titolare di San Leone, Ausiliare di Malta.

    Il Papa ha nominato Membro del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica S.E. Mons. Antoni Stankiewicz.

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    Processo Sciarpelletti: depositata la sentenza. Padre Lombardi: la pena è definitiva

    ◊   Rese note le motivazioni della sentenza del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano sul caso di Claudio Sciarpelletti, il tecnico informatico della Segreteria di Stato, condannato a quattro mesi di reclusione per favoreggiamento, con pena ridotta a due per le attenuati generiche. Questa mattina, il briefing del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Lo ha seguito per noi Paolo Ondarza:

    La sentenza è definitiva. Questa la notizia data oggi da padre Lombardi ai giornalisti: il 27 novembre, infatti, Sciarpelletti ha rinunciato alla richiesta di appello precedentemente presentata lo scorso 13 novembre. Stesso discorso per l’altra persona che poteva presentare appello, ovvero il promotore di Giustizia di secondo grado, prof. Giovanni Giacobbe, che proprio oggi – ha detto il direttore della Sala Stampa Vaticana – ha comunicato di non voler ricorrere:

    “E’ da considerare un capitolo in sé terminato”.

    Un capitolo chiuso dunque, “ma le indagini sulla fuga dei documenti continueranno?”, ha chiesto un giornalista. Questa la risposta di padre Lombardi:

    “Nessuno mi ha detto che fosse stata archiviata o formalmente conclusa per altri motivi, quindi è un’istruttoria che è aperta”.

    Alla domanda se la conclusione di questa sentenza possa aprire alla possibilità della concessione della grazia da parte del Papa, padre Lombardi ha risposto:

    “Adesso, naturalmente, anche le notizie di oggi sulla sentenza, sul fatto che non ci sono appelli, è un’informazione che il Papa avrà a sua disposizione per fare le sue considerazioni”.

    La sentenza – ha detto il direttore della Sala Stampa vaticana – è stata depositata questa mattina presso il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Una gran parte del documento consegnato ai giornalisti riporta una descrizione tecnica dettagliata della vicenda giuridica. Per quanto riguarda il merito della vicenda, si ricordano le diverse versioni, anche contrastanti tra loro, fornite da Sciarpelletti circa la busta ritrovata in un cassetto della sua scrivania con il timbro dell’Ufficio informazione della Segreteria di Stato e una scritta che indicava Paolo Gabriele, maggiordomo del Papa, condannato per furto di documenti riservati. Il Tribunale ricostruisce gli eventi da quanto emerso nel corso dei dibattimenti e specifica le ragioni per cui il comportamento di Sciarpelletti sia da configurare come reato di favoreggiamento. Il Tribunale ritiene che la tesi dell’accusa sia giustificata e che quindi ci sia motivo di procedere alla condanna: quattro mesi, ricorda padre Lombardi, con pena ridotta a due per le attenuanti generiche. I magistrati hanno anche concesso la sospensione della pena “per cinque anni” e la non menzione della condanna nel casellario giudiziario, a patto che Sciarpelletti non commetta altri reati. Inoltre, il tecnico informativo è tenuto a farsi carico delle spese processuali.

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    Attendere e sperare? Editoriale di padre Lombardi

    ◊   La Chiesa entra nel Tempo liturgico dell’Avvento: un tempo che invita in modo particolare alla speranza anche se il mondo oggi continua a vivere momenti difficili. Ascoltiamo in proposito il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il Settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Inizia ancora una volta il tempo d’Avvento. Tempo di attesa e di speranza guardando verso il Natale. Nel mondo non mancano problemi e situazioni che ci interpellano come membri dell’umanità in cammino e come credenti. Basta uno sguardo rapido intorno a noi. Problemi di crisi economica e di disoccupazione, per cui grava su molti popoli un’atmosfera di incertezza sul futuro e di incapacità di nuovi progetti. Problemi sociali e sanitari, come quelli richiamati recentemente dalle giornate mondiali di impegno contro la violenza nei confronti delle donne o contro l’Aids. Problemi di conflitti e di violenze, come quelli che travagliano la Siria, il Mali, la Nigeria, l’Est del Congo, la Somalia, l’Afganistan, l’Iraq. Problemi di tensioni sociali e politiche, come in Egitto.

    Le luci di speranza non sono facili da riconoscere, anche se alcune non mancano. Vi sono colloqui in corso a Cuba fra il governo colombiano e la guerriglia delle Farc. Il voto sulla Palestina alle Nazioni Unite sarà una spinta per la ripresa del processo di pace? E’ lecito sperarlo.

    Insomma, viviamo fra domande, preoccupazioni e fragili speranze. Il tempo di Avvento deve aiutarci a domandare e trovare i motivi di una grande Speranza, che non ci lasci risucchiare dalla sfiducia e sostenga invece anche le speranze umane nel tempo delle attese. In fondo, tutti gli sforzi della scienza, della diplomazia e della politica alla ricerca della pace sociale, interna e internazionale, hanno senso e solidità lungimirante solo sul fondamento della conversione personale per diventare operatori di pace, come dice il Signore. Perciò a questo dobbiamo dedicare il nostro Avvento di preghiera e di impegno.

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    Benedetto XVI presiede i Primi vespri di Avvento per gli universitari romani

    ◊   Il Papa presiede oggi pomeriggio nella Basilica Vaticana i Primi Vespri di Avvento per le Università Pontificie e gli universitari romani. In preparazione all'evento, ieri sera, si è svolta a Roma nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, una veglia di preghiera promossa dall’Ufficio diocesano per la pastorale universitaria. Ha aperto la veglia mons. João Justino de Medeiros,vescovo ausiliare di Belo Horizonte. Marina Tomarro lo ha intervistato:

    R. - Siamo venuti qui per pregare insieme ai giovani, pensando soprattutto ai giovani universitari. Questa veglia è anche un invito per tutti noi a preparare il Congresso mondiale delle Università cattoliche, anche attraverso la preghiera, che si svolgerà a Belo Horizonte il prossimo anno, in luglio, che radunerà non soltanto i brasiliani, che saranno senz’altro presenti perché più vicini, ma aspettiamo anche tanti giovani provenienti dagli altri Paesi.

    D. - Questo convegno si svolgerà alcuni giorni prima della Gmg a Rio de Janeiro. Come sta crescendo l’attesa in questi mesi per l’arrivo di Benedetto XVI?

    R. - C’è molta aspettativa. In Brasile c’è già un grande movimento, un grande fermento: basti pensare che a Rio de Janeiro sono riusciti a fare le iscrizioni di 60 mila volontari, giovani volontari, che si stanno già preparando per ricevere i ragazzi che verranno da tutto il mondo per la Giornata.

    D. - Cosa vuol dire per il Brasile ospitare un evento come quello della Gmg 2013?

    R. - Io penso che sia una benedizione e senz’altro lascerà un’impronta forte per tutto il popolo. Normalmente dove si è tenuta la Gmg, questa impronta ha toccato non soltanto i cattolici, ma tutta la società, che vede in modo pubblico come la fede muova tantissimi giovani. Per il Brasile questa impronta sarà molto importante. Si attendono, per la Gmg, circa 2 milioni di giovani.


    Questa sera, durante la celebrazione dei Vespri, guidata da Benedetto XVI, gli universitari brasiliani riceveranno dai loro colleghi romani l’icona di Maria Sedes Sapientiae, che sarà pellegrina durante l’anno prossimo negli atenei del Paese carioca. Ascoltiamo le testimonianze di alcuni universitari:

    R. - Per il fatto che l’icona di Maria Sedes Sapientiae arrivi in Brasile è veramente una grande gioia e questo pellegrinaggio dell’icona sarà anche una preparazione alla Giornata mondiale della gioventù e per questo convegno che ci sarà con tutti gli universitari brasiliani. Siamo veramente molto contenti.

    R. - Io non conoscevo questa icona missionaria che va in giro per il mondo: mi è piaciuta tanto, anche perché la Madonna, come Madre della Sapienza, rappresenterà un rifugio per tutti coloro che studiano. Secondo me sarà un bellissima esperienza per coloro che la riceveranno, ma per quanti avranno la possibilità così di ravvivare la loro fede proprio in questo Anno della Fede.

    R. - Credo che l’arrivo di questa icona in Brasile sia un segnale veramente speciale della benedizione di Dio, un segnale speciale di come Dio continui a guidare i giovani, dandoci forza per continuare il nostro cammino.

    D. - L’anno prossimo il Brasile ospiterà la Giornata mondiale per la gioventù: in che modo vi state preparando a questo grande evento?

    R. - Noi ci prepariamo con il nostro cuore aperto per accogliere tutti i giovani e tutti i ragazzi di tutto il mondo e quindi anche quelli italiani, che verranno da noi in Brasile. Siamo contentissimi e vi accoglieremo tutti a braccia aperte!

    R. - L’esperienza della Giornata mondiale della gioventù è sempre un’esperienza ricchissima. Penso che, anche questa volta, sarà un’esplosione di gioia e di abbandono nelle mani di Dio, che ci permetterà veramente di ravvivare la nostra fede.

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    Il cardinale De Giorgi consegna un premio a mons. Georg Gänswein

    ◊   Il cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo, ha consegnato ieri a mons. Georg Gänswein, segretario particolare di Benedetto XVI, il premio "Testimoni di santità" assegnatogli dall'associazione "Tu es Petrus". Mons. Gänswein, in un breve discorso pronunciato a braccio, ha sottolineato di vedere il suo servizio al Papa come quello di un vetro: meno si vede, meglio è. Infatti un vetro – ha detto – più è pulito, più raggiunge il suo scopo. Se si sporca o si rompe rimane un vetro ma non funziona come dovrebbe. Quindi, ha affermato di offrire ogni giorno il suo servizio al Papa con tutto il cuore e con tutte le forze che ha.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il servizio della carità nella missione della Chiesa nel Motu proprio "Intima Ecclesiae natura" di Benedetto XVI.

    Allegria e gioia sono vie immediate di dialogo: il Papa ad artisti dello spettacolo viaggiante.

    In prima pagina, per il 650 di fondazione, a Roma, del Venerabile Collegio Inglese, messaggio della regina Elisabetta II sulla forza delle relazioni fra Regno Unito e Santa Sede.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, Israele che lancia la sfida di nuovi insediamenti.

    Senza vergogna verso la libertà: in cultura, Cesare Pasini, prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, su sant'Ambrogio e la vita cristiana come continuo cambiamento.

    Memoria dolce e viva: Inos Biffi illustra l'itinerario dell'anno liturgico.

    Preparati Betlemme: Manuel Nin sulla quaresima di Natale nella tradizione bizantina.

    Un articolo di Ferdinando Cancelli dal titolo "Verso la luce": tra le nebbie leggere attorno al carmelo di La Paquier nella regione svizzera della Gruyère.

    Come un lago scavato nella roccia: Cristiana Dobner sulla breve vita della poetessa milanese Antonia Pozzi.

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    Oggi in Primo Piano



    Medio Oriente: critiche dagli Usa all’annuncio di nuove colonie israeliane

    ◊   Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha criticato il progetto israeliano per la costruzione di nuovi insediamenti tra Gerusalemme Est e Cisgiordania. L’iniziativa, che è stata annunciata all’indomani del voto che ha consentito l’ingresso all’Onu della Palestina come Paese osservatore non membro, è considerata da Washington un passo indietro nel processo di pace con i palestinesi. Della scelta di Israele, Fausta Speranza ha parlato con Alessandro Colombo, docente di Relazioni Internazionali all’Università di Milano:

    R. – E’ chiaro che c’è un rapporto tra le due decisioni e quella israeliana è una sorta di rappresaglia diplomatica, se così possiamo definirla. Si tratta di capire quali sono le motivazioni di questa politica israeliana che si va radicalizzando, per la verità, da diversi anni a questa parte. In questo caso è molto probabile che, oltre ad una partita a scacchi internazionale, si stia giocando una "banalissima" partita a scacchi interna: Israele è prossimo alle elezioni e probabilmente questa mossa, prima di essere una mossa di politica estera, è una "banalissima" mossa elettorale.

    D. – Invece, sul piano internazionale, quali potrebbero essere i prossimi movimenti? Per esempio, Obama a questo punto si trova in una posizione delicata, perché all’Onu c’è stata una presa di posizione precisa; Obama, però, è sempre stato contrario alle colonie e ha cercato di riprendere Israele. E’ così?

    R. – Sì. La posizione degli Stati Uniti è una posizione molto delicata: da un lato, i rapporti tra Israele e gli Stati Uniti hanno toccato, negli ultimi mesi, uno dei loro punti più bassi. Dall’altro lato, naturalmente, gli Stati Uniti restano un alleato di ferro di Israele ed Israele sa, che in caso estremo, può comunque contare sul sostegno politico e diplomatico, oltre che, ovviamente, militare degli Stati Uniti. Quello che è accaduto alla politica americana degli Stati Uniti è sostanzialmente l’opposto di quello che si erano immaginati fino a pochi anni fa: gli Stati Uniti stanno perdendo il controllo in Medio Oriente. Hanno perso il controllo nel mondo arabo, visto che le cosiddette “Primavere arabe” sono state un processo totalmente autonomo e totalmente sfuggito al controllo americano, e sembra che gli Stati Uniti non abbiano alcuna possibilità, in questo momento, di controllare la politica israeliana. Quello di Israele – va detto – è l’ennesimo schiaffo diplomatico, che conferma la marginalizzazione paradossale della principale potenza da una delle principali aree del sistema internazionale.

    D. – C’è da aspettarsi – tristemente – un protrarsi di questo drammatico stallo nel negoziato israelo-palestinese?

    R. – Questo è uno dei problemi della politica di Barack Obama in Medio Oriente. Per sanare gli errori dell’amministrazione Bush - che in Medio Oriente aveva fatto troppo e aveva fatto male - Barack Obama ha adottato un atteggiamento molto, molto più prudente e, per la verità, ha dato l’impressione di pensare che il conflitto israelo-palestinese ed il negoziato potessero essere lasciati lì. Questo è un conflitto che non può essere lasciato lì, perché produce continuamente nuovi conflitti e di conseguenza produce problemi di legittimità per la politica estera americana nella regione. E questo è l’altro dilemma americano: da un lato gli Stati Uniti avrebbero, in questo momento, bisogno estremo di tornare al negoziato, o meglio di riportare al negoziato le due parti; dall’altro lato, gli Stati Uniti non sono mai stati così deboli in Medio Oriente, quanto lo sono oggi. Quindi, per gli Stati Uniti questa situazione è la peggiore per fare quello che avrebbero dovuto fare anni fa, cioè costringere le due parti al negoziato e soprattutto costringere la parte più forte a fare concessioni alla più debole.

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    Egitto. Migliaia in piazza a sostegno di Morsi per la firma della Costituzione con la Sharia

    ◊   Non accenna ad abbassarsi la tensione in Egitto, dove in migliaia, al Cairo come in altre città, sono già scesi in piazza per dar vita a una manifestazione in appoggio al presidente Mohammed Morsi che in serata riceverà il testo della nuova Costituzione che accoglie i principi della legge islamica, la Sharia, e alla quale dovrà apporre la sua firma. Il servizio di Roberta Barbi:

    Appartengono a vari gruppi islamisti, Fratelli musulmani su tutti, ma ci sono anche formazioni salafite, i manifestanti che sono scesi in piazza al Cairo, come pure ad Alessandria e nella provincia di Assiut, per esprimere il loro appoggio al presidente Morsi, che oggi firmerà la nuova Carta costituzionale del Paese, approvata ieri all’alba dopo un’eccezionale maratona di votazioni. La nuova legge fondamentale dello Stato, sostituirà quella sospesa in seguito alla caduta del regime di Mubarak, ma dovrà poi essere sottoposta a referendum entro due settimane. Intanto, dall’altra parte del Nilo, continua il sit-in cui gli oppositori dei partiti laici e liberali hanno dato vita in piazza Tahrir dal 23 novembre scorso, dopo che il presidente emise un decreto per rafforzare i propri poteri. Si tratta della più grave crisi in Egitto, dopo le elezioni del giugno scorso in cui salì al potere Mohammed Morsi, in un Paese che appare sempre più diviso.

    Dei passi indietro che il nuovo testo di Costituzione segnerebbe per il Paese Fausta Speranza ha parlato con il prof. Claudio Lo Jacono, direttore della rivista Oriente moderno:

    D. - E’ aumentato il riferimento alla Sharia, che è l’insieme delle norme del Corano e di quelle della tradizione che si riferiscono innanzitutto a Maometto, ma anche ad alcuni subito dopo di lui. Questo riferimento esisteva già nella Costituzione egiziana - già all’epoca di Mubarak - diciamo dell’Egitto più laico di quello che oggi noi possiamo giudicare, vedendo la vittoria dei Fratelli musulmani e della presidenza Morsi. L’aumento ci sarà sicuramente, bisogna vedere in quali campi si renderà possibile l’applicazione della norma sharaitica, perché possiamo immaginare delle cose orripilanti – la lapidazione per l’adultero o per l’apostata... – ma, possiamo anche immaginare una serie di norme che sono molto più ragionevoli nella Sharia e che corrispondono un po’ a quelli che sono i sentimenti di giustizia universali. La Sharia ed il Corano fanno riferimento anche a delle cose molto nobili.

    D. – C’è un distacco tra questa politica che procede con il decreto presidenziale e questo testo costituzionale e il sentire della gente…

    R. – Certo. Per esempio, se questo va ad invalidare una serie di conquiste, che l’Egitto ha realizzato in passato, già all’epoca di Sadat, come ad esempio, per la condizione della donna c’era una legislazione estremamente avanzata rispetto a quasi tutto il resto del mondo islamico. Se si mettono, quindi, in discussione certi valori, che noi oggi definiamo di civiltà, questo non può che provocare una reazione forte di tutta la parte dell’Egitto che pur essendo musulmana non si riconosce nei valori più estremi dell’Islam politico, come quello rappresentato dai Fratelli musulmani.

    D. – Parliamo di donne, ma anche di minoranze...

    R. – Tutto ciò riguarda anche le minoranze. Se si parla di copti, minoranze per modo di dire, perché non sono mai stati fatti dei censimenti, perché c’è sempre stata paura a rivelare quali potessero essere le forze del cristianesimo copto in Egitto. Si parla, senz’altro, di più di 10 milioni e non hanno mai rappresentato una minoranza né nel dibattito né nel gioco politico egiziano. Bisogna ricordare che l’Egitto, dall’epoca di Mehmet ’Ali, che era un musulmano, ha sempre avuto grandi personaggi cristiani nell’amministrazione dello Stato. La stessa rivoluzione del ’19, una delle più nobili rivoluzioni dell’Egitto, ha visto insieme musulmani e cristiani. In qualche modo li ha visti anche durante la cosiddetta “Primavera”: c’erano segni di lavoro comune da fare.

    D. – Vogliamo ricordare, comunque al di là di tutto, l’importanza di questo voto della Costituzione visto che c’è una sorta di vuoto, di limbo in questo momento politico in Egitto, dal punto di vista proprio costituzionale...

    R. – Una Camera che è stata sciolta, un’altra che ancora va un po’ avanti; dovrà, in qualche modo, essere colmato questo vacuum. In questo momento, l’assemblea costituente sta svolgendo un compito per il quale si erano impegnati tutti quelli che manifestavano contro Mubarak. Si tratta di una nuova Costituzione, in un Paese che sta in una fase di lunga transizione, che probabilmente non finirà prima del riassetto completo di quelli che sono gli organi costituzionali, con una nuova Costituzione, sicuramente un po’ formalmente più islamica. Bisogna vedere questo “un po’ più” se va a toccare, appunto, valori imprescindibili della civiltà universale, non soltanto di una parte del mondo; valori relativi per esempio all’uguaglianza anche tra i sessi, dal punto di vista giuridico-politico. L’Egitto, in questo momento, è in una fase non stabile, di grande trasformazione: può andare verso il meglio o può andare verso il peggio, ma questo ce lo dirà soltanto il tempo.

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    Crisi economica in Argentina. Timori per un possibile nuovo fallimento

    ◊   Punto a favore dell’Argentina nella vicenda dei bond: una Corte d'appello degli Usa ha dato più tempo a Buenos Aires per difendersi dall'obbligo imposto giorni fa dal giudice federale Thomas Griesa di pagare 1,33 miliardi di dollari ai detentori dei bonds che hanno respinto le due ristrutturazioni dell'indebitamento, nel 2005 e 2010, a seguito del default del 2001. La Corte d'appello ha quindi rigettato quanto richiesto dal giudice Griesa, allontanando – di fatto – la possibilità che Buenos Aires possa entrare in un default tecnico. L’Argentina, lo ricordiamo, nel 2001 ha subito un vero e proprio shock a causa di una crisi che ha devastato il Paese. Grazie all’impegno delle forze istituzionali ha saputo rialzarsi e negli ultimi anni ha visto una crescita del 6% annuo. Negli ultimi periodi, però, la situazione economica sta peggiorando: la crescita si è arrestata al 2%. Sulla realtà che vive il Paese latino-americano, Salvatore Sabatino ha intervistato la collega argentina Elisabetta Piqué:

    R. – E’ un Paese che è sempre e comunque in difficoltà, è un Paese che dopo la caduta del 2001 è riuscito a rialzarsi con tassi di crescita di tipo cinese, ma adesso la situazione – per la crisi economica, ma anche per le politiche messe in atto dal governo di Cristina Kirchner – è molto cambiata e non è così promettente.

    D. – Ad essere criticata è soprattutto la politica sulle importazione e le esportazioni …

    R. – La politica sulle importazioni le assoggetta all’autorizzazione del governo: la crescita si è ridotta molto anche a causa di questo; poi, c’è anche una mancanza di credibilità dovuta a cose che si sono verificate a causa della politica economica del governo, che ha provocato molte critiche.

    D. – A peggiorare la situazione c’era stata anche una Corte americana che aveva chiesto di pagare 1,33 miliardi di dollari ai detentori dei bond che avevano respinto le due ristrutturazioni dell’indebitamento. Però, è stata fatta una marcia indietro. Come è stata vissuta questa vicenda?

    R. – C’è sollievo per questa nuova decisione che ha fermato la richiesta: era stata indicata la data del 15 dicembre per il pagamento e si è tornato a parlare di un nuovo possibile default dell’Argentina; il governo ha reagito bene ed è contento del risultato. La questione del debito che deve essere ancora restituito e della ristrutturazione del debito comunque colpisce l’Argentina, che è ancora totalmente fuori dai mercati internazionali, anche se questi holdout non potranno avere tutto quello che pretendono, ma probabilmente subiranno una riduzione, come l’hanno avuta quelli che hanno aderito ai concambi del 2005 e del 2010.

    D. – La situazione di crisi ha inevitabilmente un influsso sulla criminalità che sta aumentando di molto nel Paese: c’è quindi anche un problema di sicurezza sociale?

    R. – Esatto. C’è stato il famoso “8N” – l’8 novembre – una grandissima protesta contro il governo – che io ho seguito – convocata solamente attraverso le reti sociali: centinaia di persone con le cacerolas, le famose pentole delle proteste argentine. Una delle prime richieste della gente è la sicurezza: la sicurezza in strada. C’è gente che viene aggredita in strada … C’è stato un forte aumento della criminalità e questa è una delle maggiori preoccupazioni della popolazione, a parte la perdita del proprio potere d’acquisto causato dall’inflazione galoppante al 25 per cento.

    D. – C’è il timore, tra la gente, che l’Argentina ripiombi in una situazione simile a quella che ha vissuto nel 2001?

    R. – Credo che la gente pensi che non si possa cadere più in basso di come si sia caduti nel 2001. Non bisogna dimenticare, però, che l'Argentina è purtroppo un Paese molto imprevedibile, e per questo il timore, alla fine, c’è sempre che possa succedere ancora qualcosa di peggio …

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    Giornata mondiale contro l'Aids: si procede verso l'"Obiettivo zero"

    ◊   Sono 34 milioni i sieropositivi nel mondo, di loro 3,3 milioni sono bambini. Nella Giornata mondiale contro l’Aids, le Nazioni Unite diffondono dati che dimostrano – nonostante la gravità – un trend positivo: dal 2001 al 2011 il tasso delle nuove infezioni è stato ridotto del 50% in 25 Paesi a basso e medio reddito. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Lentamente ma i progressi ci sono e ora non sembra più impossibile raggiungere il cosiddetto “Obiettivo zero” dell’Oms, vale a dire: “Zero nuove infezioni da Hiv, zero decessi legati all’Aids, zero discriminazione”. L’Organizzazione mondiale della sanità ci dice che nel 2011 sono state 2,5 milioni le persone infettate, 700 mila in meno rispetto a dieci anni fa. Le morti sono state 1,7 milioni, 600 mila in meno rispetto al 2005. Questo parziale successo viene attribuito all’accesso agli antiretrovirali, ai quali ultimamente riescono ad arrivare larghe fette di popolazioni dei Paesi in via di sviluppo. Attualmente sono 6,8 milioni coloro che non usufruiscono di questi farmaci per scarsità di risorse. I bambini sono un esempio: solo il 28% dei malati accede agli antiretrovirali. “E’ riprovevole che gli adulti - denuncia l’Unicef - abbiano il doppio delle possibilità”. Il numero dei nuovi contagi nei bambini è comunque diminuito e sempre l’Unicef parla di un calo del 24% tra il 2009 e il 2011. La maggior parte dei bimbi sieropositivi vive in Africa subsahariana, la regione più colpita: è qui che si trova il 68% della popolazione mondiale sieropositiva. Il 60% sono donne. In questa zona sono comunque stati raggiunti grandi risultati, ce lo dice Unaids, il programma dell’Onu sull’Hiv/Aids: in Malawi le nuove infezioni sono calate del 73%, in Bostwana del 71%, in Zimbabwe del 50%. In questo Paese, nel 2001, è nato il progetto del Cesvi: "Fermiamo l’Aids sul nascere". La riflessione di Giangi Milesi, presidente del Cesvi:

    R. - Abbiamo cominciato 11 anni fa, in un piccolo ospedale della savana dov’è nato Takunda, un bambino che sta crescendo in buona salute e che è diventato per, tutta la popolazione, un simbolo di successo. Una testimonianza che la malattia si può fermare, perché prima di 11 anni fa la sensazione era che questa peste fosse imbattibile.

    D. - Il Cesvi continua a denunciare la difficoltà d’accesso dei malati ai farmaci antiretrovirali a causa dei brevetti, a causa delle case farmaceutiche...

    R. - Continuiamo a denunciarlo perché l’accesso è ancora difficile, però è proprio qui che abbiamo avuto i più forti progressi. Oggi i cocktail sono molto più complessi ed alcuni di questi farmaci non sono coperti da brevetti e sono prodotti direttamente nel Sud del mondo. Il tema dell’accesso al farmaco resta però ancora uno dei grandi ostacoli, insieme all’ignoranza, alla povertà, alla mancanza di una corretta alimentazione e poi, ovviamente, al tema della sessualità.

    Altri programmi Cesvi sono in Congo così come in Sudafrica. L’impegno dell’organizzazione nella lotta all’Aids si concretizza anche attraverso le "Case del Sorriso", dove vengono accolti gli orfani. Ancora Giangi Milesi:

    “L’Aids crea disastri in tutta la società, uccide la popolazione in età fertile, età in cui la gente produce e crea ricchezza. Restano famiglie fatte di nonni e bambini piccoli, poi quando i nonni muoiono i più piccoli diventano ragazzi di strada. Quindi, occuparsi di loro ed offrir loro un aiuto, che tante volte consiste nel permettere la scolarizzazione per non arrivare ad un abbandono scolastico, è una cosa fondamentale, che cambia la vita delle persone”.

    Il problema principale restano gli investimenti. Mancano i fondi, gli Stati donatori, complice la crisi economica, hanno ridimensionato i loro impegni. L’Italia deve ancora versare al Fondo globale contro Aids, malaria e Tbc, i contribuiti promessi per il 2009 e il 2010, pari a 260 milioni di euro. Per chi volesse contribuire all’azione del Cesvi contro l’Aids, fino al 21 dicembre potrà farlo con un sms solidale al numero 45508.

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    Why poverty? L'impegno della Chiesa nell'Italia delle vecchie e nuove povertà

    ◊   L’ultima fotografia dell’Italia povera è stata scattata dall’Istat nel luglio 2012 e ritrae la condizione del Paese nel precedente anno. A questi dati si aggiungono quelli delle organizzazioni che lavorano al fianco delle famiglie, degli indigenti, dei senza fissa dimora dal nord al sud della Penisola e che sono in prima linea sul fronte della solidarietà. Il servizio è di Gabriella Ceraso:

    Sin dalla metà di questo decennio, quindi prima ancora della crisi, di fatto alcuni redditi e alcune condizioni economiche - soprattutto quelle familiari - si andavano indebolendo in Italia, tanto che dai centri di ascolto delle Caritas, tra i punti cruciali di osservazione del fenomeno povertà, arrivavano le prime segnalazioni di famiglie che si mettevano in coda insieme ai poveri, quelli più tradizionali come i senza fissa dimora, o ai nuovi poveri, come gli immigrati. Poi questa tendenza iniziale si è aggravata molto con la crisi, per la crescita di fenomeni quali la disoccupazione, la cassa integrazione o l’ulteriore calo dei redditi. E’ evidente che la crisi ha anche modificato sul piano territoriale le tendenze precedenti: il Sud resta il più colpito, con il 75 per cento dei poveri complessivi; ma la de-industrializzazione, che ha interessato zone anche tradizionalmente meno sensibili al problema, ha portato regioni come la Lombardia, il Veneto e le Marche a lasciar emergere situazioni di estrema fragilità. E’ il dato sulla povertà assoluta quello più significativo per misurare il fenomeno. Ne abbiamo parlato con Francesco Marsico vicedirettore della Caritas nazionale:

    R. - Per quanto riguarda le statistiche ufficiali, il dato di povertà assoluta - il parametro fatto sempre sui consumi e non sul reddito - è il dato che ci dà la percentuale di famiglie in difficoltà grave e nel 2011 c’è stata una crescita della povertà assoluta fino al 5,7 per cento. E’ interessante confrontarla alla prima stima effettuata nel 2006, che ci diceva che le famiglie in questa condizione erano al 4,1 per cento: questo è il dato nuovo - purtroppo - che si è realizzato. Negli anni pre-2005 avevamo soprattutto persone e famiglie immigrate, povertà estreme e alcune categorie di povertà tradizionali come gli anziani e coloro che si trovavano in condizioni di disagio di tipo diverso; dal 2005 in poi crescente, invece, la quota di famiglie, dei cosiddetti “lavoratori poveri” o di lavoratori in condizione di lavoro precario, tale da non consentire di avere un reddito sufficiente per far fronte alle spese familiari.

    D. - La causa che spinge a questa condizione è ancora la disoccupazione?

    R. - In realtà noi avevamo condizioni di povertà pre-crisi molto ampie e significative. La crisi economica ha semplicemente rafforzato la dimensione della intensità di povertà: soprattutto per le famiglie cosiddette isolate - quelle cioè che non hanno reti familiari più larghe che possono sostenerle - sono quelle che sono andate in giù, così come quelle che, per condizioni di mancata tutela - per capire, cassa integrazione e in particolare sussidi di disoccupazione - sono cadute nella condizione di povertà.

    Servizi e risposte offerte nel contrasto alla povertà: c’è più capacità al Nord, a livello di enti locali e normative regionali - sostiene la Caritas - mentre il grande dramma resta il Sud, dove manca spesso proprio la rete sociale che raccoglie le richieste dal territorio. E’ qui che allora intervengono Chiesa, enti di carità, organizzazioni. Ancora Francesco Marsico:

    “In assenza - a differenza del modello sociale europeo - di forme di reddito e di sostegno alle famiglie povere, questa distribuzione territoriale ineguale di povertà fa sì che la rete dei servizi di risposta primaria ai bisogni di povertà finisce per gravare sul privato sociale e in particolare - anche e soprattutto - sulle Caritas diocesane. In uno spirito di sussidiarietà e di impegno straordinario, possibili risposte sono arrivate dalla diocesi di Milano, che ha inventato un fondo diocesano, o da forme di microcredito sociale, di distribuzioni alimentari, di servizi di mensa e di risorse di tipo abitativo. Tutto questo nel tentativo di dare una risposta solidale e soprattutto nel tentativo di dare prospettive e costruire con le persone percorsi di fuoriuscita dalla condizione di bisogno”.

    In totale sono 4.991 i servizi e le attività di contrasto alla povertà economica realizzate dalla Chiesa italiana: 449 sono mense; 2.832 sono centri di ascolto; quasi 3.600 quelli di distribuzione di beni primari, che vanno dal cibo al vestiario. A questa rete, in più di un caso, si unisce una proficua collaborazione con le istituzioni. Almeno due i progetti importanti nel contrasto alla povertà. La co-promozione col ministero del Lavoro che ha portato alla prima valutazione degli homeless in Italia, ovvero coloro che vivono in condizioni di precarietà alloggiativa o in strada: oltre 47mila, per lo più uomini, stranieri, con meno di 45 anni. E poi l’importante piano di distribuzione alimentare agli indigenti, in forma di pacchi viveri o pasti in mensa, che sfrutta da vent’anni fondi europei legati alla politica agricola comune, messi a disposizione del ministero dell’Agricoltura. Da qui, tramite l’Agea - l’Agenzia di distribuzione - e attraverso 253 enti caritativi - tra cui il Banco delle opere di carità, la Fondazione banco alimentare, la Comunità di S. Egidio e la rete delle Caritas – sono state raggiunte nel solo 2012, quasi 3 milioni e 700 mila indigenti. il commento di Pierapaolo Fraddosio, dell’Agea:

    Ogni anno abbiamo circa 16 procedure di gara che consentono l’acquisizione di molti alimenti per far fronte alla nuova povertà, rappresentata in modo crescente dai bambini sotto i cinque anni di età - 379 mila - e dai circa 500 mila anziani sopra i 65 anni di età. Noi abbiamo il 37 per cento degli indigenti che sono nell’Italia meridionale; il 19 per cento nell’Italia insulare; il 18 per cento nell’Italia centrale; e, un importante 27 per cento nell’Italia settentrionale. Le regioni con i picchi maggiori sono la Sicilia, la Campania; ma abbastanza importanti anche i valori del Lazio e della Lombardia”.

    Il Piano rappresenta, nel contrasto alla povertà, un esempio di chiara ed efficace collaborazione e di sussidiarietà applicata, che può realmente aiutare gli ultimi, ma che deve continuare ad essere sostenuto. E’ a livello europeo che questo tipo di esperienza virtuosa rischia di arenarsi, poiché considerata una spesa evitabile nel clima di austerity generale. E questo potrebbe accadere già dal 2014 sotto la pressione di alcuni Stati, come ha spiegato il ministro delle politiche agricole, Mario Catania:

    “La Germania, insieme a un gruppo di altri Paesi, vuole a tutti i costi interrompere l’operatività di questa misura. Lo vogliono fare per motivi di ordine finanziario. A mio parere è un errore gravissimo”.

    L’intenzione del governo italiano è quella di negoziare a Bruxelles, con l’obiettivo di salvare il programma. In secondo luogo avere uno strumento alternativo all’interno della politica sociale, un fondo nazionale per gli aiuti agli indigenti, la cui struttura giuridica è già pronta. Ma cosa è veramente necessario per sconfiggere la povertà in Italia? L’ultima parola ancora alla Caritas nazionale, col vicedirettore Francesco Marsico:

    “Evidentemente una parte del problema della povertà in Italia è chiaramente legata al futuro del nostro meridione, dove è necessaria un’azione formativa - da una parte - congiunta ovviamente a forme di promozione allo sviluppo economico e non più legata a un modello industriale, evidentemente non più praticabile, e congiuntamente alla creazione di una rete sociale, di ascolto e di accompagnamento. Tre azioni di questo tipo, quindi non episodi, che possono ridurre il tema povertà. Dall’altra, c’è il grande problema della coesione sociale: è un processo che va messo in campo e che prevede risorse, ma soprattutto una progettazione sociale condivisa. Uno stile sussidiario di costruzione del bene comune che negli anni scorsi - e questo va detto - è stato carente sia sul piano della collaborazione pubblica, sia - e anche questo va detto - della piena responsabilità della società civile del nostro Paese”.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella prima Domenica di Avvento, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Gesù descrive lo sconvolgimento cosmico degli ultimi tempi quando Lui tornerà nella gloria. Il Signore invita a vegliare:

    “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Iniziamo con questa domenica il cammino dell’Avvento: e il brano evangelico ci aiuta a transitare dal bilancio di una fine del cosmo che sconvolge ogni cosa (è il richiamo all’anno liturgico appena concluso) all’impegno di vigilanza e attesa per un incontro che ogni anno si rinnova ed ha nel Natale la sua stella polare che ci guida. La prima parte del Vangelo riporta espressioni che sembrano minacciose. Più che incutere paura e angoscia, Gesù vuole affermare la certezza di un suo ritorno nella gloria alla fine della storia, per avvolgere tutto nello splendore della sua grazia. E portare così a pienezza la Pasqua di redenzione con una liberazione conclusiva che redime l’universo e annienta ogni malvagità. La seconda parte del brano orienta invece verso la vigilanza e la scioltezza di stile, che si oppongono alla dissipazione interiore ed esteriore per mille vuoti affanni. Non si sta attenti per sfuggire ai guai, ma per andare incontro al Signore che è venuto, e viene sempre e ancora per incontrarci di nuovo e farci sognare nuova liberazione e familiarità piena con Dio. Cammino di Avvento e attesa dell’Ultimo incontro si fondono perciò in un abbraccio che l’amore rende vivo e la fede certo.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Elezioni in Burkina Faso. I vescovi: cristiani impegnati per il bene comune

    ◊   Si è conclusa la notte scorsa la campagna elettorale per le elezioni legislative e locali che si svolgeranno in Burkina Faso domani. “L’impegno politico dei cristiani deve ricercare il bene comune con uno spirito di servizio, di giustizia, di sviluppo e con un’attenzione maggiore alle situazioni di povertà e sofferenza”. Questo l’auspicio di mons. Paul Ouédraogo, arcivescovo di Bobo-Dioulasso, nel sud-ovest del Paese, per l’importante appuntamento politico; il presule si augura, inoltre, che “candidati ed elettori diano prova di responsabilità e moderazione per garantire un clima sereno, uno scrutinio giusto e trasparente e per preservare una pace sociale ancora fragile”. L’arcivescovo, infatti, ha raccontato alla Misna come all’inizio della campagna il clima fosse più teso, mentre ora la situazione si sta rasserenando e “la gente si sta preparando a fare il proprio dovere”. Alla crisi politica che tra il febbraio e il giugno 2011 colpì il governo del presidente Blaise Compaoré, al potere dal 1987, sono seguite numerose proteste di piazza per denunciare l’impunità e la diffusa corruzione sia nelle forze di sicurezza che nella politica, nonché il carovita. Un altro grave problema che affligge il Burkina Faso è il coordinamento dell’assistenza sanitaria ai circa centomila rifugiati maliani che si concentrano soprattutto nella regione nord-orientale di Dori e anche a Bobo-Dioulasso. “Lo scenario regionale con il conflitto nel vicino Mali rappresenta una nuova emergenza per la popolazione locale – aggiunge il presule che è anche presidente di Ocades-Caritas Burkina Faso – per fortuna almeno la stagione agricola è stata buona e ha dato sollievo a tutti”. (R.B.)

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    Madagascar: appello dei vescovi ai leader politici per il bene del Paese

    ◊   “Constatiamo ogni giorno che l’indipendenza del nostro Paese è inesistente”, affermano i vescovi del Madagascar in una Lettera pastorale giunta all’agenzia Fides, nella quale si prende una dura posizione nei confronti dei responsabili della vita politica del Paese. I vescovi offrono alcuni esempi di come l’indipendenza nazionale sia compromessa: spoliazione delle risorse nazionali (legno, pietre preziose, ferro, petrolio, bestiame e terre fertili) attraverso contratti ingiusti con interessi economici stranieri; anarchia imperante con corruzione, omicidi, proliferazione di armi da fuoco e “agenti di polizia che approfittano del loro potere per massacrare la povera gente”; popolazione lasciata a se stessa e priva di mezzi; giustizia con due misure. Lo scontro tra i due presidenti, Rajoelina e Ravalomanana, viene qualificato come “lotta fratricida che prende il popolo in ostaggio”. La Lettera, propone alcuni suggerimenti per far uscire il Madagascar dalla crisi: decentralizzazione amministrativa pur preservando l’unità nazionale; potenziamento del sistema educativo e di quello sanitario; indipendenza reale, in primo luogo culturale e ideologica. I vescovi concludono, dopo aver ricordato l’inizio dell’Anno della Fede e il dovere della Chiesa di difendere e rappresentare i poveri, con un appello alla vera conversione dei cuori. (L.F.)

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    Il card. Tong Hon: nuovo slancio alla comunità di Hong Kong dall'Anno della fede

    ◊   Gli strumenti privilegiati per vivere l’Anno della Fede sono le indicazioni del Papaespresse nella Lettera apostolica Porta fidei, i documenti della Santa Sede, del Sinodo dei Vescovi, del Concilio Ecumenico Vaticano II, il Catechismo della Chiesa Cattolica, insieme alla Sacra Scrittura, alla preghiera, ai sacramenti, all’approfondimento della fede, alla testimonianza. A ribadirlo è il card. John Tong Hon, vescovo di Hong Kong, nella sua Lettera pastorale per l’Anno della Fede firmata in questi giorni. Ad Hong Kong infatti l’Anno della Fede si aprirà il 16 dicembre, alla conclusione dell’Anno diocesano dei Laici. Secondo quanto riporta Kung Kao Po, il settimanale della diocesi di Hong Kong, all’inizio della Lettera il card. Tong condivide alcune riflessioni relative al recente Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione, in cui il porporato è stato uno dei tre presidenti delegati. Per vivere in modo concreto l’Anno della Fede, il vescovo di Hong Kong offre alcune indicazioni: lasciarsi trasformare da Cristo; migliorare la vita spirituale e vivere una continua conversione e trasformazione; chiedere l’aiuto di Dio attraverso la preghiera; essere uniti tra fratelli e sorelle; usare le tecnologie moderne per la Nuova Evangelizzazione; imitare l’umiltà di Cristo; dare testimonianza della nostra fede. (L.F.)

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    Giornata di preghiera per la pace in Medio Oriente promossa dai vescovi inglesi

    ◊   Di fronte al dramma che sta vivendo il Medio Oriente e in particolare la Siria, devastata da un violento conflitto, la Chiesa cattolica inglese si mobilita e indice per martedì prossimo una speciale giornata di preghiera. “Consapevoli della guerra civile in atto in Siria e del suo impatto sulle nazioni confinanti – si legge in una nota – i vescovi di Inghilterra e Galles hanno deciso di indire una giornata di preghiera in segno di solidarietà con le popolazioni della regione”. La scelta del 4 dicembre non è casuale: in quel giorno, infatti, si celebra la Festa di San Giovanni Damesceno, dottore della Chiesa, nato a Damasco nel 675 e morto a Gerusalemme nel 749. La sua figura, quindi, scrivono i presuli, rappresenta “il legame della Chiesa antica con le attuali comunità del Medio Oriente cristiano e con la loro vocazione di costruttori di pace”. Di qui, l’auspicio dei vescovi che “la vita di San Giovanni Damasceno possa ispirare cristiani, musulmani ed ebrei a lavorare per la riconciliazione e la giustizia”. Nello specifico, la preghiera si rivolge al Signore affinché “coloro che sono uniti nel cuore possano perseverare in ciò che è buono e coloro che sono in conflitto possano dimenticare il male ed essere, così, guariti”. (I.P.)

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    Anno della fede: un vescovo indiano invita a pregare in famiglia

    ◊   Il vescovo indiano Govindu Joji, amministratore apostolico della diocesi di Vijayawada, in occasione della festa di Cristo Re, ha dato alcuni consigli alla comunità parrocchiale Christurajapuram su come vivere l’Anno della fede apertosi l’11 ottobre scorso: leggere il Vangelo, valorizzare la preghiera in famiglia e fare la carità all’interno della comunità. Il presule si è rivolto in particolare ai genitori, dal momento che ha celebrato anche la Cresima di 20 ragazzi e la Prima comunione di 30 bambini. La chiesa, nata nel 1955 dalla parrocchia di St. Peter, è una delle più antiche della diocesi, dove la popolazione è per il 10% cristiana e dove esistono 145 congregazioni religiose con oltre mille consacrati tra uomini e donne. La comunità – spiega AsiaNews – ha celebrato la ricorrenza con diversi cori che hanno cantato inni e bhajans, canti tradizionali indiani, e con una processione per le strade intorno alla parrocchia. (R.B.)

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    Il 9 dicembre, domenica della Bibbia in Inghilterra e Galles

    ◊   “Un’opportunità per celebrate e rendere grazie a Dio per il dono delle Sacre Scritture”. Così mons. Kieran Conry, responsabile del dipartimento per l’Evangelizzazione e il catechismo della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, spiega il significato della Domenica della Bibbia, in programma per il 9 dicembre. Organizzata ogni anno nella seconda domenica di Avvento, l’iniziativa vuole aiutare i fedeli a “riscoprire la gioia dell’incontro con Cristo attraverso la Scrittura”. Di qui, l’invito ad “approfondire la conoscenza della Bibbia, a usarla di più nel servizio di missione della Chiesa, a leggerla ogni giorno”. “Il 9 dicembre – afferma mons. Conry – ci esorta a chiederci se, come Maria, siamo pronti non solo ad ascoltare, ma anche a condividere la Parola di Dio con gli altri”. Per questo, il presule invita a compiere “un piccolo gesto” per ribadire l’importanza della Bibbia, ovvero “accompagnare gli auguri natalizi con un versetto biblico che può essere scelto su un apposito sito internet, www.catholicbiblesunday.org”. E non solo: sul sito web della Conferenza episcopale inglese sono disponibili preghiere liturgiche, suggerimenti per le omelie e commentari per la Santa Messa. Da segnalare che la Domenica della Bibbia s’inserisce nel contesto dell’Anno della fede, indetto da Benedetto XVI per celebrare i 50 anni del Concilio Vaticano II e i 20 anni del Catechismo della Chiesa cattolica. In quest’ambito, i vescovi di Inghilterra e Galles hanno creato uno speciale account su Twitter, @YoFtweets, che offre ai followers estratti dei documenti conciliari, citazioni del Catechismo e riflessioni sulla vita dei Santi. “È la prima volta che mettiamo in pratica un simile progetto – afferma mons. Conry – speriamo che, soprattutto per le persone molto impegnate, esso offra un incoraggiamento facile e quotidiano a crescere nella fede ed a condividerla”. Fino ad ora, sono stati preparati oltre 400 tweet che, dove possibile, includono anche alcuni riferimenti liturgici. L’auspicio, concludono i vescovi inglesi, è che Twitter sia solo “un punto di partenza per portare poi i fedeli a leggere di più la Bibbia e i documenti del Concilio Vaticano II”. (I.P.)

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    India: un anno fa l'uccisione di suor Valsa per mano della "mafia del carbone"

    ◊   È passato un anno dall’assassinio di suor Valsa, la consorella delle Suore di Carità di Gesù e Maria uccisa la notte del 15 novembre 2011 a Dhumka, probabilmente da alcuni sicari della cosiddetta “mafia del carbone”, anche se sul delitto le autorità non si sono mai pronunciate a livello ufficiale. La religiosa, originaria dello Stato indiano del Kerala, spese oltre 20 anni della sua vita per i diritti dei tribali Santal della regione, opponendosi agli espropri dei loro terreni da parte di potenti lobby delle miniere del carbone. Per ricordarla – riferisca AsiaNews – l’arcivescovo di New Dehli, mons. Vincent Concessao, ha celebrato una Messa nella cattedrale del Sacro Cuore il 24 novembre scorso e dalla congregazione è stato promosso un raduno in cui sono stati raccontati alcuni episodi della vita della suora, in particolare i rapporti con le comunità locali e le ripetute minacce che ricevette da esponenti della criminalità organizzata ed è stato anche sottolineato il progressivo isolamento in cui suor Valsa è stata lasciata dalla Chiesa. I partecipanti all’incontro hanno potuto ascoltare anche la testimonianza di suor Shalini Mulackal: “Il sacrificio estremo di suor Valsa – ha detto – ha dato un senso nuovo alla spiritualità e all’apostolato”. (R.B.)

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    Eritrea: "Aiuto alla Chiesa che Soffre" racconta le difficoltà della comunità cristiana

    ◊   In Eritrea - evidenzia il Rapporto 2012 sulla libertà religiosa nel mondo di "Aiuto alla Chiesa che Soffre" (Acs) - il personale religioso non può esimersi dagli obblighi di leva. Ai sacerdoti e ai seminaristi cattolici è concessa la possibilità di sostituire il servizio militare con un anno di servizio civile, ma sono in molti ad essere trattenuti oltre il termine previsto. Nel 2011 solo la ferma opposizione della Chiesa e la pressione diplomatica esercitata da alcuni Paesi - fra cui l’Italia - hanno impedito ad Asmara di chiamare sotto le armi seminaristi, parroci, religiosi e religiose cattolici sotto i 30 anni. La fonte anonima denuncia inoltre ad Acs gli ostacoli incontrati quotidianamente dalla Chiesa cattolica nel portare avanti il suo lavoro pastorale e caritativo. In Eritrea i cristiani – in maggioranza ortodossi - rappresentano il 47,3% della popolazione, i musulmani il 49,2%. I cattolici sono appena il 4%, ma l’opera della Chiesa è come sempre rivolta a tutti. (L.F.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 336


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