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Sommario del 26/04/2012
Commissione vaticana per la Chiesa in Cina: “Obbedienza a Cristo e al Successore di Pietro”
◊ “L’obbedienza a Cristo e al Successore di Pietro è il presupposto di ogni vero rinnovamento”, così sottolinea la Nota pubblicata oggi dalla Commissione per la Chiesa cattolica in Cina, riunita in Vaticano da lunedi scorso a ieri. La "formazione dei fedeli laici”, in vista del prossimo Anno della fede, e “alcuni penosi avvenimenti” sono stati al centro dei lavori dell’organismo, istituito da Benedetto XVI nel 2007 per studiare le questione ecclesiali di maggiore importanza nel grande Paese asiatico. Partecipano alla Commissione i responsabili dei dicasteri vaticani insieme a delegati dell’episcopato cinese e di Congregazioni religiose. Il servizio di Roberta Gisotti:
I fedeli laici in Cina “devono entrare sempre più profondamente nella vita della Chiesa nutriti dalla dottrina, consapevoli della loro appartenenza ecclesiale e coerenti con le esigenze della vita in Cristo”. Per questo – annota la Commissione - devono conoscere profondamente il Catechismo della Chiesa per offrire “con piena responsabilità” il loro contributo nella vita civile e nel mondo del lavoro: amare la vita e rispettarla dal suo concepimento; amare la famiglia e i valori “propri anche della cultura cinese tradizionale”; amare la patria, per essere “cittadini onesti e solleciti nel bene comune”, crescere nella grazia davanti a Dio e agli uomini, attivi nelle parrocchie con il sostegno anche di associazioni e movimenti ecclesiali per la formazione permanente. Raccomanda la Commissione un “serio catecumenato” e di adottare il “Rito dell’Iniziazione cristiana degli adulti”, in risposta a molti che domandano il Battesimo, curando la loro formazione anche dopo il Battesimo. Si auspica poi “speciale attenzione ai fenomeni delle migrazioni interne e dell’urbanizzazione”.
In vista, quindi, del prossimo Anno della Fede, la Commissione rimanda alla Lettera inviata da Benedetto XVI alla Chiesa cattolica in Cina nel maggio 2007, perché i laici partecipino “con zelo apostolico all’evangelizzazione del popolo cinese”.
Affronta poi la Commissione alcuni “penosi avvenimenti”: anzitutto la situazione di vescovi e sacerdoti che sono detenuti o soffrono ingiuste limitazioni nel compimento della loro missione. Si esprime ammirazione per la fermezza della loro fede e per l’unione con il Santo Padre. “La Chiesa ha bisogno di buoni vescovi”, sottolinea la Commissione, deprecando “la pretesa” che persiste "degli organismi chiamati 'un’Associazione e una Conferenza'", cosiddetta Chiesa patriottica, "di porsi al di sopra dei vescovi e di guidare la vita della comunità ecclesiale”. Vi sono - spiega la Commissione - “ecclesiastici che hanno ricevuto illegittimamente l’ordinazione episcopale” e “vescovi illegittimi” che hanno usurpato “un potere che la Chiesa non ha loro conferito”; alcuni di loro anche nei giorni scorsi, “hanno partecipato – racconta la nota - a consacrazioni episcopali autorizzate dalla Chiesa”, aggravando “la loro posizione canonica”, turbando i fedeli e spesso forzando “la coscienza dei sacerdoti e dei fedeli” che sono stati coinvolti. Vi sono poi dei “vescovi legittimi, che hanno partecipato a ordinazioni episcopali illegittime. Molti di loro hanno chiarito la propria posizione e hanno chiesto scusa, e il Santo Padre li ha benevolmente perdonati; altri invece, che pure vi hanno preso parte, non hanno ancora fatto tale chiarificazione e sono quindi incoraggiati ad agire quanto prima in tal senso”.
“L’obbedienza a Cristo e al Successore di Pietro – ribadisce la Commissione - è il presupposto di ogni vero rinnovamento, e ciò vale per tutte le componenti del Popolo di Dio”. La nota conclude ricordando la prossima Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina, il 24 maggio, Festa della Beata Vergine Maria Aiuto dei Cristiani, occasione “per invocare energia e consolazione, misericordia e coraggio, per la comunità cattolica” di questo Paese, dove le vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa sono in “sensibile calo” negli ultimi anni.
L'arcivescovo di Arezzo, Riccardo Fontana: "La nostra Chiesa attende il Papa con gioia"
◊ Cresce l’attesa ad Arezzo, La Verna e San Sepolcro per la visita di Benedetto XVI il 13 maggio prossimo. Tra gli appuntamenti previsti nel programma, diffuso ieri dalla Sala Stampa Vaticana: la Messa e il Regina Coeli al parco cittadino “il Prato” di Arezzo, l’incontro con i religiosi e le religiose francescane nel Santuario della Verna e quello, in serata, con la cittadinanza di San Sepolcro. Al microfono di Paolo Ondarza, l’arcivescovo di Arezzo- Cortona-San Sepolcro, mons. Riccardo Fontana:
R. – La nostra Chiesa attende il Papa con gioia e con trepidazione. Sono cinque secoli che un Papa non si ferma a San Sepolcro!
D. - Questa visita italiana avviene in un momento di forte crisi economica per il Paese…
R. - La nostra provincia, in questo momento, è molto provata dalla povertà: una famiglia su quattro ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese. Il Santo Padre ci ha fatto conoscere la sua volontà di essere il pastore della carità. Seguendo proprio l’indicazione degli Atti degli Apostoli, abbiamo indetto una grande colletta: una volta raccolto il tutto, lo deporremo ai piedi del Papa affinché ne possa disporre per aiutare i più poveri. Tutta la visita sarà improntata ad una sobrietà assoluta. Ci sarà anche un piccolo dono da parte degli orafi aretini, questa è ‘la città dell’oro’. Gli orafi vogliono offrire una Croce pettorale al Papa, mi sembra anche giusto che si faccia, ma, tutto sommato, è un gesto modesto, simbolico. L’offerta più cospicua gli orafi la faranno a favore dei poveri perché possano essere aiutati.
D. - Felice coincidenza: la visita del Papa ad Arezzo si svolge nel giorno della Madonna di Fatima…
R. - Sì. Che la Madonna protegga Papa Benedetto, che ci è molto caro! Ce lo conservi a lungo alla guida del Popolo di Dio, perché come sa parlare lui di Gesù pochi altri lo hanno fatto prima. Ci piace molto ascoltarlo, ci aiuta a meditare, ha una delicatezza estrema verso la Parola, ci ripropone una Chiesa che entusiasma ancora.
◊ Benedetto XVI ha ricevuto, stamani, l’arcivescovo Salvatore Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, mons. François Bacqué, arcivescovo tit. di Gradisca, nunzio apostolico, e infine un gruppo di presuli della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, in visita “ad Limina Apostolorum”.
La "Pacem in Terris" al centro della plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali
◊ Si aprono domani in Vaticano i lavori della XVIII Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali dedicata ad una riflessione sui temi dell'Enciclica "Pacem in Terris" di Giovanni XXIII, pubblicata l’11 aprile 1963. Su questo importante documento e i temi che verranno discussi dai 35 membri dell’Accademia, Stefano Leszczynski ha intervistato mons. Marcelo Sànchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia:
R. – E’ il secondo anno che la plenaria si occupa di questo grande documento “Pacem in Terris”. Oggi – dopo 50 anni – alla luce di quei principi, ci si interroga su che cosa è cambiato e come è possibile attuare questi principi fondamentali che il Papa Giovanni XXIII individua: la verità, la giustizia, la libertà e la carità; sia per quanto riguarda i singoli individui, sia i popoli. Naturalmente ci sono nuove verità, sia nel campo delle scienze, sia nell’ordine sociale e noi vogliamo riflettere su tutte queste cose.
D. – La secolarizzazione che ostacoli pone, per affrontare le nuove sfide che oggi si presentano?
R. – Il tema della secolarizzazione, naturalmente, è un tema importantissimo che viene studiato esplicitamente dal nostro convegno, e nell’Anno della Fede – che coincide con questa celebrazione – vogliamo riprendere quello che una volta si diceva il “preambolo della fede”: la natura umana, l’anima immortale, l’esistenza di Dio sono cose a cui si può arrivare con la ragione. Cerchiamo quindi di dimostrare come le scienze, oggi, aprono questo spazio ed anche il “preambolo della fede” dove ogni scienza – in quanto vera – è in un certo modo una collaborazione, un preambolo - appunto - alla fede stessa.
D. – Un altro elemento di novità interessante, testimoniato anche dalla presenza di molti economisti importanti a questa plenaria dell’Accademia delle Scienze Sociali, è quello del rapporto tra mondo dell’economia, della finanza e la vita reale di tutti i giorni …
R. – Direi che il dibattito è aperto, e questo vale soprattutto per il mercato comune; lo vedremo negli interventi di Stiglitz, Draghi e Tietmeyer. Sarà molto interessante e fra l’altro verrà mons. Toso, che ha fatto questo documento di Giustizia e Pace, che dice due cose molto importanti: bisogna che la banca distingua tra l’aspetto della finanza e l’aspetto proprio dell’aiuto alla gente, con i crediti; seconda cosa, non solo distinguere la finanza dalla banca, nel senso tradizionale, ma anche di stabilire una tassa – la famosa "tassa Tobin", dal nome del premio Nobel. Quindi, anche questo mi sembra una cosa – come giustamente ha detto il documento del mons. Toso – di cui bisogna tener conto.
◊ Come prevenire gli abusi nelle cause di nullità matrimoniale? Come favorire la giusta interpretazione del canone 1095 del Codice di Diritto Canonico? E ancora, come difendere e tutelare in un clima di inquinamento valoriale, l'indissolubilità del matrimonio? Questi alcuni degli interrogativi al centro del Convegno, oggi e domani a Roma, presso la Pontificia Università della Santa Croce. “Urge un’efficace azione pastorale per contrastare anche l’ammissione scontata dei fidanzati al Sacramento”, sottolinea il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi. Cecilia Seppia lo ha intervistato:
R. - A volte si fa confusione tra annullamento e nullità. La Chiesa non annulla i matrimoni: se è il caso, li dichiara nulli, ma non ha il potere di annullare un matrimonio, salvo in alcuni casi. Quando, però, parliamo di matrimoni veri, che definiamo tecnicamente rati e consumati, la Chiesa non ha il potere di annullarli.
D. - La premessa, dunque, è non abusare delle cause di nullità matrimoniale. Quando, invece, si abusa? Possiamo fare degli esempi concreti?
R. - L’abuso si verifica quando una persona sa che il suo matrimonio è valido e, nello stesso tempo, cerca di carpire alla Chiesa una dichiarazione di nullità. In quel caso, si ricorre ad espedienti per far apparire il matrimonio nullo mentre, in realtà, il matrimonio non è nullo. Qui bisogna anche far appello alla correttezza non soltanto dei due sposi, ma anche alla correttezza deontologica dei patroni, che non devono in nessun modo lasciarsi attrarre dai possibili vantaggi, come ad esempio quelli economici.
D. - Più volte Benedetto XVI, anche incontrando i rappresentanti della Sacra Rota, ha auspicato che nelle cause di nullità, si potesse comunque conciliare giustizia e carità e non incappare in mere strumentalizzazioni. Com’è stato recepito questo invito del Santo Padre, fino ad oggi?
R. - Ritengo che i giudici dei tribunali apostolici - in particolare della Rota e della Segnatura apostolica - abbiano assolutamente recepito quest’invito e lo mettano in pratica in modo pieno. Evidentemente, tutti possono fare degli sbagli, che però sono sbagli umani. Credo, tuttavia, che ci sia veramente una grossa competenza ed un grande impegno. L’invito dev’essere recepito anche a livello di altri soggetti, di coloro che denunciano il matrimonio e di coloro che accompagnano i due nello svolgimento del procedimento matrimoniale.
D. - Evitare che si arrivi alle richieste di nullità sviluppando anche un’efficace azione pastorale: è fondamentale, cioè, agire già dal fidanzamento, contrastando l’ammissione "scontata" al matrimonio…
R. - Quello che lei dice è davvero molto importante. Deve esserci una pastorale pre-matrimoniale sempre più efficace ed intelligente, sempre più dedicata. E’ lì che il matrimonio si crea nella coscienza delle parti, nel loro consenso, e quindi ci dev’essere un’educazione al matrimonio - e in particolare alla sua indissolubilità - già a partire dalla catechesi dell’adolescenza. I ragazzi devono già essere sensibili a questo punto, devono recepirlo come qualcosa di personale, devono sentirlo. Non ci si dovrebbe limitare ad una pastorale pre-matrimoniale nei confronti dei due fidanzati, ma si dovrebbe retrocedere questa pastorale all’età della catechesi. Nella misura in cui ci sarà una coscienza vera della sostanza del matrimonio, della sua sacra mentalità e della sua indissolubilità, evidentemente le cause di nullità matrimoniale saranno ridotte al minimo.
D. - Un tema, quello affrontato dal convegno, che è particolarmente caro a Benedetto XVI e lo era altrettanto a Giovanni Paolo II. L’intenzione della Chiesa, è in primis quella di preservare il valore del matrimonio cristiano in un momento in cui molti istituti di statistica segnalano l’impennata dei divorzi. Come si sta agendo?
R. - Certo, noi viviamo in una cultura che ci porta in un’altra direzione. Possiamo dire di vivere in un’atmosfera fortemente "inquinata", in cui il matrimonio - come si diceva in un famoso film - è diventato una ‘burletta’, cioè un qualcosa che si può trattare con tutta libertà. Colui o colei che ho preso per tutta la vita, ad un certo punto posso rifiutarlo o rifiutarla così come posso rifiutare una cosa che è diventata inutile, vecchia o sorpassata. La stessa cosa avviene quando si concepisce il matrimonio con una forma di leggerezza, di superficialità, di non rispetto per la persona. Questo è terribile. Purtroppo, però, è questa l’atmosfera in cui viviamo. Benedetto XVI e Giovanni Paolo II hanno senza dubbio fatto molto, in questo senso. Anche da un punto di vista di valori mediatici e di testimonianze portate dalla televisione, dovremo portare avanti anche un altro modo di vedere.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Ora la crescita: in rilievo, nell'informazione internazionale, la proposta di Draghi di un nuovo patto europeo per la competitività e lo sviluppo.
Fotografati poco prima di essere giustiziati: in cultura, i saggi di Lucetta Scaraffia, Marta dell'Asta e di Oddone Camerana contenuti nel volume "La vita in uno sguardo. Le vittime del Grande Terrore staliniano".
Impossibile restare neutrali: l'arcivescovo Bruno Forte sul "Gesù di Nazaret" di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI.
La notte degli inganni: Riccardo Burigana riguardo alla storia della costituzione "Dei Verbum" sulla rivelazione.
Stralci del testo introduttivo del teologo Pierangelo Sequeri al libro (scritto insieme al filosofo Duccio Demetrio) "Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia".
La via dell'amore: nell'informazione religiosa, intervista di Roberto Cutaia alla badessa del monastero Mater Ecclesiae di Orta San Giulio, madre Anna Maria Canopi.
Cristiani convinti, coerenti e coraggiosi: nel'informazione vaticana, la Messa celebrata dall'arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della segreteria di Stato, per il personale dell'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano.
Bce: contro la crisi nell'Ue, serve maggiore integrazione finanziaria tra gli Stati
◊ Integrazione finanziaria e stabilità verso un mercato europeo più solido: presentato oggi a Francoforte, alla Banca Centrale Europea, il rapporto sull’integrazione finanziaria 2012 dell’Eurozona. Il servizio da Francoforte di Claudia Stamerra:
L’integrazione finanziaria europea è stata deteriorata dalla crisi economica, ma occorre sottolineare che si tratta comunque di un processo temporaneo. Ha commentato così il governatore dell’Istituto di Francoforte, Mario Draghi, all’apertura della giornata di studio e dibattito, che ha visto la partecipazione di esperti globali del settore finanziario e di Michel Barnier, commissario europeo per il Mercato interno. Tema fondamentale, la relazione tra crisi e integrazione finanziaria in Europa, alla luce anche del rapporto Bce, presentato a margine dell’incontro, e che ha messo in evidenza le carenze di struttura di Eurolandia, già nella fase pre-crisi, nonché la "cura" proposta dalla Banca Centrale. Rilancia Mario Draghi il “fiscal compact”, il nuovo patto di bilancio europeo, e l’Osm, il fondo di salvataggio, che dovrebbe entrare in vigore a breve, quali mezzi per fornire un momento di input in direzione anticrisi. Ma anche la creazione di un sistema di ristrutturazione e di salvataggio delle banche europee, nonché di uno integrato di controllo e supervisione dell’universo bancario e creditizio dell’Eurozona, per mettere d’accordo i 27 membri, in merito alla gestione di un sistema che necessita di armonizzazione. La manovra senz’altro è articolata, ma non impossibile, e si trova in testa alle agende di Bruxelles e Francoforte.
Il presidente della Bce, Mario Draghi, continua ad insistere sulla necessità di puntare sulla crescita, a fronte di politiche economiche, approntate dai singoli Stati fondamentalmente sul rigore e sui tagli. Salvatore Sabatino ne ha parlato con l’economista Francesco Carlà:
R. - Da due anni a questa parte, ormai, la questione è sempre la stessa: trovare un equilibrio fra le varie politiche dei vari governi europei, che sono molto diverse perché diverse sono le condizioni di ogni singolo governo, sia da un punto di vista economico e sia finanziario. E’ la ‘questione delle questioni’. Dato che abbiamo anche uno sfasamento dei cicli elettorali, la faccenda diventa ancora più complicata. Lo vediamo proprio in questi giorni, con l’esito del primo turno delle elezioni presidenziali francesi.
D. - Il fatto di avere una Banca Centrale Europea, che va ad impattare sulle politiche economiche dei singoli Stati, non è un’anomalia?
R. - E’ una delle tante anomalie. Cercare di risolvere, il più velocemente possibile, queste varie anomalie - tra cui, appunto, questa della Banca Centrale Europea, che ha pochi poteri ma, al contempo, molti compiti e molte questioni da risolvere - e riuscirci in un tempo compatibile con la pazienza dei mercati è, in questo momento, uno degli obiettivi fondamentali della politica economica e finanziaria europea.
D. - Dall’altra parte, si continua ad insistere, come ha detto il premier italiano Monti, ieri, sul rigore. Non si rischia, con troppo rigore, di deprimere ancora di più la crescita?
R. - Fondamentalmente l’Europa, dal mio punto di vista, è come un’azienda che non va bene da molto tempo - almeno per una grossa parte dei suoi prodotti, che possiamo vedere come una grossa parte delle sue nazioni - e che deve ristrutturarsi. Quando si ristruttura una grande azienda, normalmente ci si concentra sul ‘core business’, si cercano di controllare i costi, che provengono anche dagli altri comparti e settori e si cerca di investire su quelle cose che, invece, funzionano meglio. Questo è quello che, secondo me, dovrebbe fare l’Europa, e lo avrebbe dovuto fare da molto tempo a questa parte. Il problema è che gli interessi configgenti dei singoli Paesi impediscono un’unità di visione, anche da un punto di vista economico e non solo politico.
D. - L’asse franco-tedesco, intanto, potrebbe rompersi con la possibile vittoria, alle presidenziali francesi, di François Hollande. Quest’ultimo, proprio ieri, ha annunciato che non ratificherà il patto di bilancio europeo, a meno che non venga integrato con la dimensione della crescita. E’ un segnale importante ma, al tempo stesso, anche preoccupante…
R. - Un segnale importante e preoccupante. Ma, allo stesso tempo, anche l’altro candidato, Sarkozy da questo punto di vista - a parte l’asse con la Merkel - non è che abbia dato delle indicazioni molto più confortanti su quelle che possono essere le intenzioni della Francia per il prossimo futuro. Anche la Francia, ormai, è un partner debole dell’Europa, perché sa bene di avere a rischio tutta una serie di parametri che potrebbero complicare i costi del suo debito pubblico. Già ha perso la tripla ‘A’ da parte di una delle tre agenzie di rating, e potrebbe succedere la stessa cosa anche con le altre due. Il problema, alla fine, è solamente uno: i produttori di ricchezza europei non riescono a lavorare bene, ad espandersi e ad investire bene - forse lo possiamo notare meglio soprattutto in Italia - essendo incompatibili ed in concorrenza con queste politiche di rigore così estremo. Tagliare la spesa pubblica è facile a dirsi ma molto meno a farsi, e quindi siamo nuovamente in una situazione di stallo e potrebbe prospettarsi un’estate come quella del 2011.
D. - E’ possibile, a questo punto, immaginare altre alleanze che potrebbero effettivamente puntare sullo sviluppo, nel prossimo futuro?
R. - Onestamente non mi sembra ci siano, all’orizzonte, altre alleanze politiche a livello europeo. Per la Germania, continuare in questo modo, tutto sommato, non è un problema, perché continua a trarre vantaggio dalla situazione, a rendere più competitive le proprie esportazioni, così come il proprio sistema economico e finanziario. E’ molto più complicato, invece, per Italia e Spagna e, probabilmente, anche per la Francia, in cerca di altri tre componenti ‘core’ del sistema europeo.
Sierra Leone: Charles Taylor giudicato colpevole di crimini contro l'umanità
◊ Il Tribunale Penale per la Sierra Leone dell’Aja ha oggi giudicato colpevole l’ex presidente della Liberia, Charles Taylor, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità - massacri, violenze sessuali, saccheggi - avvenuti nella confinante Sierra Leone tra gli anni 1996-2002. Taylor fomentò la guerra civile in quel Paese, che costò la vita a decine di migliaia di persone. Che cosa ha rappresentato Charles Taylor nelle vicende africane di quel periodo? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Enrico Casale, esperto di Africa del periodico "Popoli":
R. – Charles Taylor è stato probabilmente uno dei più feroci dittatori che l’Africa abbia conosciuto nella sua storia post-coloniale. Taylor ha preso il potere a capo di un gruppo di ribelli e lo ha gestito, spargendo il terrore tra la sua popolazione e le popolazioni dei Paesi vicini. Non solo, ma anche mescolando politica e affari personali: traffici di droga, di armi e soprattutto di diamanti.
D. – Fu presidente della Liberia: lo spostamento in Sierra Leone quali motivazioni ha?
R. – Lui è stato ill 22.mo presidente della Liberia, dal 1997 al 2003. In quel periodo la Sierra Leone era un Paese devastato dalla guerra civile e lui sostenne il Ruf, il movimento di opposizione della Sierra Leone, garantendo a questo famigerato gruppo la possibilità di vendere i diamanti – ricordiamo che la Sierra Leone allora era un Paese sotto embargo – i cui proventi servivano al Ruf per acquistare armi, con le quali combatteva la sua battaglia. Una battaglia terribile, anche in Sierra Leone. Ricordiamo anche che il Ruf era quel movimento che faceva combattere i bambini drogandoli: questi bambini, sotto l’effetto degli stupefacenti, tagliavano mani, braccia, gambe e piedi alle popolazioni civili sierraleonesi.
D. – Quali interessi alla base di un atteggiamento così, senza scrupoli?
R. – Ricordo soltanto un aneddoto: quando Taylor venne catturato in Nigeria, mentre stava scappando verso il Camerun, la sua macchina e le macchine del suo seguito furono trovate piene di armi, soldi e droga, in particolare eroina. Taylor è un personaggio che non si è fatto mai alcuno scrupolo di tipo morale. E’ stato un uomo che ha badato solo al potere e al suo tornaconto personale.
D. – Non a caso la giustizia internazionale si è mossa nei suoi confronti: è il primo ex capo di Stato ad essere giudicato dalla Corte dell’Aja?
R. – Sì, è importante notare come per la prima volta un’ex presidente verrà portato per i suoi crimini davanti a un tribunale internazionale: questo significa che potrà essere un esempio anche per il futuro, per giudicare i crimini commessi da presidenti senza scrupoli come lui. Ricordiamo che in Africa verrà sottoposto a giudizio anche l’ex presidente della Costa d’Avorio, Laurent Gbagbo, ed è stato rinviato a giudizio anche Omar al-Bashir, presidente in carica del Sudan del Nord.
Sudan: appello di "Caritas Internationalis" per la fine degli scontri armati
◊ Anche le crescenti tensioni tra Sudan e Sud Sudan saranno discusse oggi alla riunione straordinaria della Lega Araba convocata sulla crisi siriana. Intanto, la Caristas Internationalis ha lanciato un appello ai vertici dei due Stati africani affinché si ponga fine alle azioni militari alle frontiere e si torni al tavolo dei negoziati. Per conoscere la situazione sul terreno, Marco Guerra ha intervistato Paolo Beccegato, responsabile dell'area internazionale di Caritas Italiana:
R. – Al di là delle questioni specifiche degli operatori umanitari, che hanno coinvolto anche operatori della Caritas, che quindi trovano sempre maggiori difficoltà a lavorare sul terreno - sequestri, intimidazioni, aiuti umanitari che non arrivano a destinazione – al di là di questo, che non ci permette di lavorare al servizio della popolazione, il tema complessivo più grave è un crescente conflitto, che rischia di deflagrare tra Sudan e Sud Sudan, in tutta l’area di confine, ma in particolare in alcuni punti contesi per i diritti delle estrazioni del petrolio. La gente e i profughi, le vittime, ci dicono che siamo arrivati ad un punto di non ritorno e bisogna, quindi, intervenire velocemente con la forza del dialogo e della mediazione per evitare il peggio.
D. – Sul fronte umanitario qual è la situazione?
R. – C’è la zona di confine, in particolare la parte centrale, quella di Abyei e, in parte, anche il cosiddetto Blue Nile, il Nilo Azzurro, quindi la parte orientale, e sicuramente il Sud Kurdufan, in zona Sudan, dove gli aiuti umanitari fanno molta fatica ad arrivare e gravissima è la situazione rispetto alla sicurezza. Già ci sono 4 milioni, tra sfollati e rifugiati, che vagano fra questi Paesi. Ma, in particolare, mezzo milione di persone sono quelle più in balia degli eventi. I timori sono proprio legati allo scontro sulla demarcazione dei confini, perché, di fatto, è la causa che non permette il rientro di queste persone, che, quindi, diventano una sorta di merce di scambio.
Un sms solidale per aiutare il Vis nella Repubblica Democratica del Congo
◊ Il Vis, Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, e i salesiani promuovono insieme il diritto all’educazione e lo sviluppo agricolo dei villaggi del Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. Fino al 29 aprile, con due euro, gli italiani potranno sostenere un progetto rivolto al miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali. Ce ne parla Francesca Sabatinelli:
E’ l’ultimo posto nella classifica dell’Indice di Sviluppo Umano del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp), la maggior parte dei suoi abitanti è afflitta da uno stato di fame cronica, oltre la metà vive con meno di un dollaro al giorno. La Repubblica Democratica del Congo, ancora oggi, attraversa una delle più gravi crisi umanitarie del nostro pianeta, che in questi mesi sta peggiorando nella provincia del Nord Kivu, dove vive Giovanna Ribul Moro, volontaria del Vis – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo:
La situazione, in quest’ultimo periodo, è leggermente migliorata, almeno nella zona di Goma, il capoluogo. Nei territori del Nord Kivu, come in altri territori, però, continuano gli attacchi di gruppi armati con il conseguente trasferimento della popolazione presente nella zona di Walikale. Nelle zone in cui, al momento, si registrano i conflitti, ci sono molti problemi: la malnutrizione, la mancanza di accesso ai campi, i rischi di protezione per i bambini e le donne, la possibilità di essere arruolati nelle milizie armate. Tutto questo, però, al momento è circoscritto ad un territorio, quello di Walikale. Il problema è che anche quelli che dovrebbero essere i garanti della sicurezza, cioè i militari, molto spesso sono le stesse persone che infieriscono sulla popolazione.
La città di Goma non è più considerata un’”urgenza” a causa di ciò che accade nel resto della provincia, per questo sono stati sospesi una serie di aiuti estremamente importanti per la popolazione. Ancora la Ribul Moro:
Fino ad un mese fa avevamo l’appoggio del Programma Alimentare Mondiale (Pam), che permetteva di distribuire tremila pasti al giorno per i nostri interni, per i due mila bambini della scuola elementare e per i ragazzi della scuola secondaria. Si tratta di bambini e ragazzi in una condizione di estrema vulnerabilità, ed è per questo che li abbiamo fatti iscrivere gratuitamente alla nostra scuola, perché la nostra è l’unica gratuita di tutta Goma. Noi ci impegnavamo a distribuire questi tre mila pasti al giorno. Purtroppo, però, a causa dei conflitti, e dello spostamento di popolazione, il Pam non ci dà più questi aiuti. In questo momento, quindi, abbiamo dovuto sospendere il progetto di distribuzione dei pasti per la scuola elementare, il che significa che i nostri bambini non mangiano più e, per molti di questi ragazzi, quello era l’unico pasto che potevano avere al giorno.
Il Vis, assieme ai salesiani, offre accoglienza, cibo, educazione, formazione, assistenza sanitaria, psicologica e sociale. In Kivu, inoltre, i salesiani gestiscono due piantagioni, acquistate con l’obiettivo dell’autosufficienza alimentare della popolazione locale e del Centro Don Bosco Ngangi di Goma:
Il Centro Don Bosco ha accolto, e continua a farlo, molti sfollati, o figli di sfollati, che abitano intorno a Goma. Li aiuta favorendo l’accesso alla scuola secondaria, a progetti di aiuto per i malnutriti, a progetti di accoglienza di orfani - di guerra e non - accoglie anche i ragazzi-soldato ed ha anche dei progetti volti ad aiutare le ragazze vittime di violenze sessuali. E ora stiamo cercando di sforzarci per trovare i fondi per poter continuare a dar loro da mangiare. E’ importante che la gente ci aiuti e sostenga il progetto della piantagione di Shasha, questa potrebbe rappresentare una soluzione per poter coltivare direttamente e riuscire ad avere almeno una parte dei prodotti alimentari che ci possano consentire di continuare la nostra attività.
Per questo quindi - dal 23 al 29 aprile - si potrà partecipare alla campagna raccolta fondi a favore del progetto “Dalla Terra, la Vita”. Con un sms si potranno donare due euro a sostegno delle comunità delle aree rurali dei villaggi di Shasha e Nyangoma. Da cellulari o rete fissa il numero è 45509.
Il cardinale Scola: ripensare il bene comune come bene sociale
◊ "Più sociale nel social": è il tema della tavola rotonda, tenutasi oggi a Milano, che ha visto, tra gli altri, l'intervento del cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, e del ministro italiano del Lavoro e delle Politiche sociali, Elsa Fornero, in videoconferenza. Ha seguito l'evento per noi, Fabio Brenna:
Ripensare il bene comune come bene sociale dell’essere insieme. E’ la chiave di lettura che il cardinale Scola propone all’incontro fra gli operatori del sociale e la comunicazione per trovare nuovi strumenti attraverso i quali stimolare all’azione, operando per il bene comune. L’arcivescovo ricorda la struttura “architettonica” proposta da Benedetto XVI per la vita sociale. Quattro principi: dignità umana, solidarietà, sussidiarietà e bene comune, dove la dignità umana si pone all’intersezione dell’asse orizzontale fra solidarietà e sussidiarietà, ed un asse verticale che rappresenta il bene comune. Si sarebbe tentati oggi di individuare un bene comune come minimo comune denominatore fra le diverse sensibilità culturali; si tratta invece, secondo il cardinale Scola, di andare ben oltre verso un comune impegno collaborativo:
Ecco la strada per riformulare in maniera non retorica il concetto di bene comune: partire dal bene pratico dell’essere insieme e sceglierlo e costruirlo anche giuridicamente come la base del bene comune.
Il Terzo settore, in questo quadro di crescente disimpegno dello Stato, non può fare da parafulmine e sobbarcarsi funzioni semplicemente abbandonate dal pubblico:
Se una risposta statalista pervasiva, oltre a non suscitare alcun fascino, non risulta praticabile per ragioni finanziarie, il ritorno ad un liberalismo minimalista, nel quale lo Stato si spogliasse semplicemente dei suoi compiti, perché non è in grado di perseguirli in proprio, non aprirebbe spazi creativi per la società civile, si allargherebbe semplicemente la forbice, tra chi si trova in condizioni di bisogno e chi riesce in proprio a far fronte alla crisi.
Nel suo intervento in videoconferenza da Roma, il ministro del Welfare Elsa Fornero ha identificato, da parte sua, il concetto di bene comune nel tema del lavoro, visto non solo nell’accezione di mezzo per procurarsi il sostentamento. Il ministro ha detto che intenzione del governo è di porre anche il tema della formazione continua come mezzo per salvaguardare il lavoro come idea condivisa di bene comune.
Siria: bombardamenti ad Hama, 11 morti
◊ Si continua a morire in Siria: secondo gli aggiornamenti forniti oggi dall’Osservatorio siriano dei diritti civili, l’esercito di Assad ha bombardato un sobborgo della città di Hama, uccidendo almeno 11 persone, mentre secondo fonti interne all’opposizione, un’operazione congiunta di artiglieria e aviazione sarebbe in corso a Deir ez-Zor. Secondo il Centro di documentazione delle violazioni dei diritti umani nel Paese, inoltre, 54 persone sono state uccise nelle ultime 24 ore in varie parti della Siria: l’area che ha pagato il prezzo di sangue più alto è stata ancora una volta Hama e soprattutto il quartiere di Mashaa Tayyar, con 22 vittime, tra i quali alcuni bambini molto piccoli. Il governo siriano, però, smentisce di essere responsabile dell’accaduto, attribuendo la strage a non meglio precisati “terroristi”. La presenza nel Paese degli osservatori dell’Onu non sembra scoraggiare la repressione, dunque, tanto che stamattina c’è stato un incontro tra il portavoce del Consiglio nazionale siriano e il segretario della Lega Araba in cui si è decisa la convocazione di un vertice, il 16 e 17 maggio prossimi, con l’obiettivo di unificare l’azione delle opposizioni anti-Assad. Un’altra riunione straordinaria si svolgerà, inoltre, oggi pomeriggio al Cairo e vi parteciperanno i ministri degli Esteri della Lega Araba per parlare, tra gli altri temi in agenda, anche della crisi siriana. Infine, oggi, la Francia ha annunciato che se la mediazione sulla Siria fallirà, è pronta a una “risoluzione in base al capitolo 7” della carta Onu che prevede anche l’intervento militare nel Paese, in caso di minaccia alla pace. (R.B.)
Sudan: Khartoum non permette gli aiuti delle Ong nei campi profughi
◊ «Non dobbiamo negare o dimenticarci di questo nuovo conflitto». Christine du Coudray Wiehe, responsabile internazionale della sezione Africa di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs), invita a non distogliere lo sguardo dal confine tra Sudan e Sud Sudan e a pregare affinché le violenze volgano al termine e non si diffondano altrove. «Il rischio di una nuova guerra è alto – afferma – perché è nelle volontà dello stesso presidente sudanese Omar Hassan al Bashir». A quasi dieci mesi dall’indipendenza del Sud Sudan, Juba e Khartoum non si sono ancora accordate sulla linea di demarcazione che separa i due Stati. Tra le aree contese c’è soprattutto quella di Heglig, ricca di pozzi petroliferi, recentemente riconquistata dall’esercito sudanese. E secondo gli esperti uno scontro bellico tra i due Paesi porterebbe a conseguenze ben più gravi della guerra civile che, dal 1985 al 2005, ha causato oltre due milioni di morti. Intanto la popolazione vive nel terrore. «Sulle montagne Nuba i bambini corrono a ripararsi nelle grotte non appena sentono il rumore di un aereo». La du Coudray - tra gli ideatori del Simposio dei vescovi africani ed europei – riferisce che gli abitanti delle regioni frontaliere sono stati bombardati, uccisi e hanno dovuto abbandonare le proprie case. A causa delle esplosioni, in molti hanno subito mutilazioni e riportato gravi ustioni, mentre la fame dilaga e tanti bambini sono in pericolo di vita. «Chi ascolta il grido di queste persone innocenti?». Informata da fonti locali, la responsabile Acs rende noto che il governo del Sudan non permette alle Organizzazioni non governative di distribuire viveri o allestire campi profughi, e che in Darfur sono stati arrestati alcuni membri del clero e dell’associazione umanitaria cattolica SudanAid. «La Chiesa gioca un ruolo fondamentale nel sostenere la popolazione, ma non può farcela da sola. Bisogna intervenire il prima possibile». Lunedì scorso Aiuto alla Chiesa che Soffre ha ricevuto l’appello del vescovo episcopale di Khartoum, il reverendo Ezekiel Kondo, che racconta alla Fondazione pontificia le gravi difficoltà della Chiesa sudanese in seguito all’indipendenza del Sud Sudan. Già prima della secessione, numerosi fedeli avevano abbandonato il Nord a maggioranza musulmana, per paura che il presidente al-Bashir – incriminato dal Tribunale dell’Aja per crimini contro l’umanità, per il genocidio in Darfur – potesse attuare un’ancor più radicale islamizzazione. «Ora sembra sia in atto un piano per eliminare del tutto la nostra presenza dalle regioni settentrionali». Il presule riporta la terribile situazione in Stati come Kordofan meridionale e Nilo azzurro, dove i cristiani sono discriminati e perfino «chiamati insetti». «In questo momento la nostra unica certezza è che la Chiesa rimarrà in Sudan e continuerà ad operare, a dispetto delle enormi sfide che incontrerà sul suo cammino». (R.P.)
Burkina Faso-Niger: il clero esortato a rispondere alle sfide attuali aderendo a Cristo
◊ La Chiesa oggi ha bisogno di testimoni credibili, la cui vita sia riflesso ed espressione del radicamento totale in Cristo: è quanto ha detto il nunzio apostolico del Burkina Faso e del Niger, mons. Vito Rallo, al clero della fraternità sacerdotale dei due Paesi riunito la settimana scorsa per la 27.ma Assemblea generale. L’incontro, si legge sul portale www.egliseduburkina.org, si è svolto al seminario San Giovanni Battista di Wayalguê, nei pressi di Ouagadougou, nel Burkina Faso e vi hanno preso parte circa 300 sacerdoti. A loro il nunzio ha voluto sottolineare come l’attuale realtà socioculturale abbia generato situazioni inedite che interpellano vivamente la coscienza e la responsabilità dei pastori. Mons. Rallo ha però insistito sul fatto che prima d’essere una risposta alle sfide del tempo, i sacerdoti devono basare la loro vita su Cristo, convertendosi a Lui, poiché il segreto di una vita sacerdotale riuscita è l’intima unione con Cristo. Gli interventi che si sono susseguiti durante l’assemblea hanno offerto riflessioni sulle sfide del mondo attuale che anche il clero diocesano deve affrontare e sull’esigenza di promuovere giustizia e pace, soprattutto in uno Stato come il Burkina Faso, definito uno stato di diritto in senso formale, e comunque uno Stato fragile. I sacerdoti sono stati esortati poi ad essere missionari, discepoli e guide. L’arcivescovo di Ouagadougou, mons. Philippe Ouedraogo ha evidenziato che la fraternità sacerdotale, vissuta in uno spirito di condivisione di vita e di esperienze, è necessaria e che il mondo ha bisogno di sacerdoti che offrano una testimonianza di santità. Infine, alla celebrazione eucaristica che ha concluso l’Assemblea della fraternità sacerdotale Burkuna/Niger, mons. Modeste Kambou, vescovo di Gaoua, ha ricordato al clero che la santità richiede un continuo combattimento spirituale e che di fronte alle difficoltà c’è da ascoltare quanto dice Benedetto XVI: “Dio è più forte di tutte le forze contrarie a Dio”. (T.C.)
Iraq: a Kirkuk, un progetto di pace unisce cristiani e musulmani
◊ L'arcivescovado caldeo di Kirkuk, nel nord dell'Iraq, ha organizzato oggi un forum per la riconciliazione incentrato sul tema: "Costruire ponti per la pace", voluto con forza da mons. Louis Sako e che ha visto riunite personalità del mondo cristiano e musulmano. All'evento - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno aderito 50 leader politici fra cui il governatore della provincia, parlamentari, capi dei più grandi partiti della città e sceicchi di importanti tribù. Sul fronte religioso, erano presenti capi sciiti, sunniti, cristiani e importanti figure della comunità curda, araba, turcomanna e assiro-caldea. Kirkuk, e più in generale tutto il Paese, sono stati teatro di una serie di recenti attentati sanguinari che hanno seminato morte e distruzione; la partenza dei soldati statunitensi dopo nove anni di presenza militare non ha migliorato la situazione, pace e sicurezza restano ancora oggi un lontano miraggio. Fonti ecclesiastiche di Kirkuk spiegano che lo scopo dell'incontro è "fornire un'occasione a tutte le parti" per sedersi attorno a un tavolo, dialogare "in modo civile" e cercare di risolvere problemi e divisioni "provando ad allentare la tensione, non aggravarla con le minacce". Durante il forum odierno si sono alternati discorsi e interventi, quindi è stato presentato un documento in sette punti preparato dall'arcivescovo mons. Sako e firmato dai delegati come "impegno" comune sulla via del dialogo e della pace. L'applicazione dei principi e delle direttive indicate nel documento saranno valutati da un comitato ad hoc, formato da personalità di diversa estrazione. Nel suo intervento, mons. Sako ha rilanciato il principio del dialogo con l'islam per una convivenza comune che superi questioni teologiche ancora oggi inconciliabili. Per questo i cristiani devono individuare un linguaggio che risulti "comprensibile" alla comunità musulmana. E per questo, ha aggiunto il prelato, è necessaria una "società civile laica" che sia improntata sulla "comune cittadinanza irakena". Per favorire l'incontro e il confronto, a Kirkuk sono stati avviati numerosi progetti fra cui un asilo nido - frequentato da 80 bambini, il 10% dei quali musulmano - e una scuola elementare, che sarà inaugurata nel settembre di quest'anno. Perché la convivenza civile, spiegano i promotori, si deve promuovere sin dall'infanzia. (R.P.)
India: la società civile chiede una legge contro la violenza interreligiosa
◊ Il massacro di Nellie nel 1983, la strage dei Sikh nel 1984, le uccisioni di Hashimpura nel 1987, i pogrom in Gujarat nel 2011 e, ultimi in ordine cronologico, gli attacchi contro i cristiani in Orissa nel 2077 e nel 2008. È solo parte della “galleria degli orrori” che la Consulta nazionale della società civile indiana, che riunisce centinaia di organizzazioni anche cristiane e cattoliche come l’All India Christian Council, ha voluto ricordare nel documento che ha inviato al governo federale per chiedere l’approvazione di una buona legge contro la violenza religiosa e intercomunitaria in India. La Consulta, riferisce l'agenzia Fides, è intervenuta sul tema dopo che il disegno di legge presentato lo scorso anno, il Communal Violence Bill, è stato congelato dal Parlamento. La nuova legge, secondo i promotori dell’iniziativa, dovrebbe proteggere dalla criminalità comune e mirata rendendo le autorità pubbliche personalmente responsabili; introdurre elementi di responsabilità nella catena di comando; eliminare lo scudo delle impunità riconoscere speciali reati per la violenza su donne e bambini; prevedere speciali strumenti investigativi per tali violenze; fornire un solido programma di protezione dei testimoni; riconoscere da parte dello Stato la condizione degli “sfollati interni” e prevedere un adeguato risarcimento ai sopravvissuti. (R.B.)
Brasile: l’appello dei vescovi in difesa dei popoli indigeni e delle loro terre
◊ “Il territorio è più che la terra stessa, è un rapporto che si costruisce sul luogo in cui si vive, dove i loro antenati hanno vissuto, dove sono cresciuti e dove si formano le famiglie”. Così mons. Enemésio Lazzaris, presidente della Commissione pastorale della Terra, in una nota all’agenzia Fides sulla difesa dei territori delle popolazioni indigene brasiliane. Il testo richiama l’attenzione sulle “condizioni di discriminazione e sugli assassini di cui è vittima il popolo Guarani-Kaiowà, nel Mato Grosso do Sul”. Secondo i vescovi della Conferenza nazionale del Brasile, che qualche giorno fa si erano già espressi sul tema, si tratta di un “vero e proprio genocidio” che macchia l’immagine del Paese. “Respingiamo con veemenza l’attacco scatenato dal gruppo ruralista ai diritti dei popoli indigeni”. Mons. Lazzaris, vescovo di Balsas, ha anche dichiarato che grandi opere come dighe e impianti per lo sfruttamento delle risorse minerarie hanno un grande impatto su queste comunità e c’è il rischio che vengano sfrattate dai loro territori. Dello stesso avviso il cardinale Claudio Hummes, presidente della Commissione episcopale per l’Amazzonia, che nel suo intervento ha sottolineato la peculiarità dell’area all’interno del contesto mondiale e quanto, per questo, sia fondamentale che la popolazione locale venga interpellata su questioni che la coinvolgono direttamente. (G.M.)
Guatemala: lettera di mons. Morales a 14 anni dall'assassinio di mons. Gerardi
◊ “La Verità vi farà liberi”. Dall’esortazione del Vangelo di Giovanni, l’arcivescovo metropolita di Guatemala, mons. Oscar Julio Vian Morales, ha tratto il titolo della lettera - pervenuta all'agenzia Fides - che ha scritto a 14 anni dall’assassinio di mons. Gerardi. Quest’ultimo, allora a capo dell’Ufficio dei diritti umani dell’arcivescovado, pubblicò il 24 aprile 1998 un rapporto sulle responsabilità dell’Esercito nella maggior parte dei crimini avvenuti nel corso dei conflitti armati interni: una raccolta di testimonianze e documenti che gli costò la vita. Oggi, in sei punti, viene tracciata l’eredità da raccogliere, un’eredità che l’intero Paese è chiamato a condividere. “La figura, l’azione pastorale di mons. Gerardi e il progetto interdiocesano di recupero della memoria storica da lui diretto - si legge in uno dei punti - sono state azioni ecclesiali, e la Chiesa del Guatemala considera l’iniziativa come servizio evangelico ai poveri e alle vittime della guerra”. Chiude la lettera l’appello affinché l’Ufficio dei diritti umani continui ad essere sostenuto, e un appello alla verità, perché vengano “smentite tutte le voci false che circolano” riguardo al lavoro che svolge. (G.M.)
Bolivia: conclusa la plenaria dei vescovi su vita, famiglia, giovani e tossicodipendenze
◊ Si è conclusa martedì scorso la XCIII assemblea plenaria dei vescovi boliviani riunitisi a Cochabamba, che al termine dei lavori hanno prodotto un documento illustrato in conferenza stampa dal presidente della Conferenza episcopale locale e arcivescovo di Santa Cruz, cardinale Julio Terrazas, e dal segretario dell’episcopato, mons. Oscar Aparecido. I temi contenuti nel documento sono quelli affrontati dai presuli nel corso dell’assemblea: vita, giustizia, famiglia e giovani. I vescovi si schierano in favore della tutela della vita, intesa dal concepimento fino alla morte naturale, ed evidenziano nel contempo, all’interno della società contemporanea, una preoccupante perdita di valori spirituali e umani, dei principi etici e morali. In seguito a una serie di visite all’interno delle carceri del Paese, inoltre, i presuli lanciano l’allarme sullo stato del sistema giudiziario, fortemente in crisi, denunciandone la manipolazione, i frequenti casi di arbitrarietà nei giudizi e i molti ritardi nei processi che causano spesso prolungamenti delle detenzioni preventive. Sul tema della convivenza pacifica tra i popoli i presuli insistono molto, riferendosi in particolar modo alla situazione degli indigeni, per i quali chiedono il diritto di esprimersi liberamente, auspicando che la società del futuro viva in comunione come un’unica grande famiglia. A proposito di questa, l’episcopato si dichiara preoccupato per il moltiplicarsi di progetti che si allontanano dal matrimonio tradizionale fra uomo e donna, fondamento della società, come stabilito dalla Costituzione della Bolivia. Infine i vescovi lanciano l’allarme sulle tossicodipendenze, dramma che affligge soprattutto i giovani e che ha gravi ripercussioni sulle famiglie, e sulla questione, che porta con sé diverse forme di violenza, esigono dal governo e dal mondo politico una risposta “perentoria e urgente”. (A cura di Luis Badilla e Roberta Barbi)
Papua Nuova Guinea: “no” dei vescovi alla candidatura di sacerdoti per cariche politiche
◊ Sacerdoti vicini alla gente ma lontani dalla competizione politica. È quanto ribadiscono i vescovi della Papua Nuova Guinea e Isole Salomone in una lettera inviata a tutti i sacerdoti, pervenuta all’agenzia Fides. Il richiamo arriva nel momento in cui alcuni di loro hanno manifestato l’intenzione di candidarsi alle elezioni politiche di quest’anno. “È nostro dovere predicare la Buona Novella al nostro popolo e pascere il gregge a noi affidato dal Buon Pastore” e, questo, risulta inconciliabile con il “ricoprire una carica pubblica come pure fare attivamente campagna per un partito politico o per un candidato”. La lettera, firmata dal presidente della Conferenza episcopale, John Ribat, arcivescovo di Port Moresby, sottolinea il carattere assoluto del sacerdozio lasciando comunque spazio alla consapevolezza dell’importanza dell’impegno politico. “È opportuno che laici cattolici qualificati siano direttamente coinvolti” ma “i sacerdoti devono annunciare importanti principi morali e spiegare la dottrina sociale cattolica a tutti” senza entrare nel merito della bontà o meno di determinate scelte. “È bello e nobile quando un prete ascolta il grido dei poveri e desidera porre fine alle ingiustizie; ma un Buon Pastore sa già che attraverso la sua chiamata al ministero ordinato possiede l’autorità morale che gli permette di tenere unita la gente e portare un cambiamento positivo nella comunità”. Nella lettera si ricorda che nessun vescovo, in Papua così come nelle Isole Salomone, ha mai dato o darà l’autorizzazione a uno dei suoi preti a entrare in politica. (G.M.)
Congo Brazzaville: nel Messaggio dei vescovi, lotta alla povertà
◊ I vescovi del Congo hanno chiuso la 40.ma assemblea plenaria con un messaggio indirizzato ai fedeli sul tema “La questione sociale: lotta contro la povertà”. Svoltasi a Brazzaville, al Centro interdiocesano delle opere, la plenaria si è conclusa domenica con una celebrazione durante la quale i presuli hanno pregato particolarmente per le vittime della tragedia di Mpila, del 4 marzo scorso. Nel corso dei lavori la Conferenza episcopale del Congo ha approfondito particolarmente il problema della lotta contro la povertà, basandosi sulla Parola di Dio, testi del magistero e ricerche sociologiche. Nel messaggio rivolto agli uomini e alle donne di buona volontà e pubblicato sul portale www.lasemaineafricaine.com, i vescovi sottolineano che povertà è anche “privazione dei diritti fondamentali alla salute, all’educazione, allo sviluppo e alla protezione sociale”, da qui l’incoraggiamento ai poteri politici ad un impegno più forte per assicurare alla popolazione condizioni di vita adeguate e per combattere attitudini contrarie alla solidarietà. Per i vescovi sradicare la povertà richiede anche la lotta contro la corruzione e la promozione del buon governo. “I poteri pubblici – scrivono i presuli – devono per esempio appoggiare meglio l’Osservatorio anti-corruzione, la cui vocazione è di lottare contro gli antivalori in vista del benessere sociale”. La Conferenza episcopale esorta per questo “uomini politici, uomini di Chiesa e società civile, ciascuno secondo la loro competenza”, ad iscrivere la lotta contro la povertà nel cambiamento delle mentalità e dei modi di vita. “Siamo tutti invitati ad un salto morale che passi attraverso una conversione autentica, come ci dice il Papa nell’esortazione del secondo sinodo sull’Africa” si legge nel messaggio, che annovera nelle situazioni di povertà le persone discriminate, quelle finite nella piaga della droga, gli anziani soli e i malati, individui per i quali la Chiesa chiede impegno. I vescovi sottolineano poi che “il messaggio sociale del Vangelo non è una teoria, ma prima di tutto un fondamento e una motivazione per l’azione” e che “non può essere credibile se non attraverso la testimonianza delle opere”, da qui l’opzione preferenziale della Chiesa per i poveri “che non vuole essere né esclusiva né discriminatoria”. Infine, ricordando il dramma di Mpila, il messaggio della Conferenza episcopale richiama i responsabili del Paese ad intensificare la loro azione per alleviare le sofferenze di tutte le vittime e perché giustizia e verità vengano assicurate nella pace. (T.C.)
Burkina Faso: per Msf aiuti insufficienti per 46mila rifugiati maliani
◊ Da metà gennaio oltre 46.000 maliani si sono rifugiati in Burkina Faso. Di questi, 35.000 si trovano nella provincia di Oudalan, nel nord del Paese. In queste zone desertiche “gli aiuti sono limitati”, denunciano le équipe di Medici Senza Frontiere (Msf), che forniscono assistenza medica d’emergenza nei campi rifugiati. Il Burkina Faso è, dopo la Mauritania, il Paese con il più alto numero di rifugiati maliani. Gli scontri tra i ribelli tuareg e l’esercito maliano nel Nord del Mali - riferisce l'agenzia Sir - hanno costretto alla fuga oltre 268.000 persone, scappate o verso le zone più interne del Mali o nei Paesi confinanti. In Burkina Faso, “fornire assistenza medica è estremamente difficile e i rifugiati continuano ad arrivare di giorno in giorno”, spiega Msf. I rifugiati si sono stabiliti in quattro campi a nord del distretto di Deou, nella provincia di Oudalan e hanno vissuto in condizioni estremamente precarie in rifugi improvvisati. Hanno pochissimo cibo e devono attendere all’infinito sotto il sole per avere qualche litro d’acqua. Circa tre mesi dopo l’inizio degli scontri e nonostante il massiccio afflusso di persone, gli aiuti alimentari sono ancora scarsi. “Il Programma Alimentare Mondiale è stato lento nel rispondere ai bisogni e l’aiuto che sta fornendo non è né sufficiente né adeguato alle abitudini alimentari dei rifugiati" dichiara Jean Hereu, capomissione di Msf in Burkina Faso. (R.P.)
Cina: Shanghai celebra il 450.mo della nascita del Servo di Dio Paolo Xu Guang Qi
◊ Si è svolta martedì scorso, nella diocesi di Shanghai, davanti alla sua tomba e nei luoghi a lui legati, la solenne commemorazione dei 450 anni della nascita del Servo di Dio Paolo Xu Guang Qi. Ancora oggi i cristiani cinesi, e i cinesi in generale, custodiscono con devozione e gratitudine la memoria di Paolo Xu Guang Qi (24 aprile 1562 – 8 novembre 1633), attribuendogli diversi titoli onorifici, come “il saggio shanghaiese”, astronomo, matematico, mandarino della corte… ma quello più popolare è “Servo di Dio”, in quanto ha portato la fede cristiana a Shanghai e in Cina, grazie alla sua amicizia con padre Matteo Ricci, il grande missionario gesuita che lo portò alla conversione nel 1603 e lo battezzò. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, i sacerdoti e numerosi fedeli di Shanghai si sono radunati martedì davanti alla tomba di Paolo Xu. Dopo un breve riassunto della vita di colui che è considerato un’autentica pietra miliare nella storia della prima evangelizzazione della Cina, trascorsa con grande semplicità, tutti hanno pregato per l’evangelizzazione e per essere capaci della stessa testimonianza di fede oggi, invocando la sua intercessione. Infine hanno anche pregato anche per la beatificazione di Paolo Xu. Mons. Aloysius Jin Lu Xian, vescovo della diocesi di Shanghai, ha dedicato alla figura di Paolo Xu la sua lettera pastorale in occasione del 400° anniversario di fondazione della diocesi, indicando tre caratteristiche di questa “colonna della cristianità” e padre del cattolicesimo di Shanghai: la fede religiosa, l'impegno civile e la dirittura morale in favore della giustizia. Sempre mons. Jin ha voluto fortemente la causa di beatificazione di Paolo Xu e di padre Matteo Ricci. In un altro messaggio, intitolato “Xu Guangqi: un uomo per tutte le stagioni", il vescovo di Shang Hai ha paragonato Paolo Xu ad un altro uomo politico santo e martire, san Tommaso Moro. (R.P.)
Ucraina: 26 anni fa il disastro nucleare di Chernobyl
◊ L’Ucraina ricorda oggi l’anniversario dell’esplosione nella centrale di Chernobyl, allora in Unione Sovietica, passata alla storia come il più grave incidente nucleare mai avvenuto. Ventisei anni fa, durante un test, avvenne un’esplosione in uno dei reattori, che causò una gigantesca nube tossica che si sparse in tutta Europa e provocò diverse contaminazioni radioattive soprattutto nei territori dell’Ucraina stessa e delle vicine Russia e Bielorussia dove, secondo le stime, ancora oggi sei milioni di persone ne stanno pagando le conseguenze sulla propria salute. Allora, per gestire l’emergenza, fu installato uno scudo di contenimento fatto di cemento attorno al nocciolo scoperto del reattore: una struttura che si sta lentamente deteriorando. A breve, però, inizieranno i lavori di realizzazione di un enorme arco d’acciaio da collocare sopra il reattore e che sarà completato nel 2015, dopo di che la delicata fase di smantellamento del reattore stesso e la pulizia dei rifiuti radioattivi potrà iniziare. Il progetto costerà circa 550 milioni di euro finanziati in parte da donatori internazionali e in parte dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo e consisterà in una struttura di contenimento del peso di 20mila tonnellate da porre al di sopra di quella già esistente. Negli ultimi giorni, inoltre, il primo ministro ucraino Mikola Azarov ha annunciato la decontaminazione e la riapertura della zona di esclusione intorno a Chernobyl, ipotesi bollata come irresponsabile da molte associazioni ecologiste. (R.B.)
Romania. I vescovi: restituzione dei beni confiscati atto di giustizia e non un privilegio
◊ "La restituzione dei beni confiscati abusivamente dal regime comunista è un atto di giustizia e non un privilegio o una concessione dello Stato romeno. Le misure annunciate dal Governo provano ancora una volta che l'attuale amministrazione dello Stato romeno non desidera trovare una soluzione corretta e giusta per il problema della nazionalizzazione abusiva avvenuta durante il regime comunista, un problema tergiversato da più di due decenni". È il commento, ripreso dall’agenzia Sir, di mons. Ioan Robu, arcivescovo metropolita di Bucarest e presidente della Sezione latina della Conferenza episcopale romena, in merito all'iniziativa del Governo della Romania di modificare la legislazione che regolarizza la restituzione dei beni confiscati abusivamente dal regime comunista. I vescovi romano-cattolici della Romania "esprimono il loro disaccordo riguardo le misure legislative annunciate pubblicamente da Bogdan Drãgoi, ministro delle Finanze pubbliche". Secondo l'arcivescovo Robu, "l'esclusione, dalla legge, della restituzione in natura dei beni nazionalizzati è un'altra nazionalizzazione ed una continuazione delle pratiche del regime comunista, che calpesta nuovamente il diritto di proprietà". (L.Z.)
Il cardinale Maradiaga sulle cause della crisi economica e politica nel mondo
◊ Molti governi nel mondo hanno eliminato l'aiuto ai poveri in questo tempo di crisi economica, quando dovrebbe essere "l'unica cosa da non toccare": la denuncia è stata fatta dal presidente di Caritas Internationalis, il cardinale Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras), nel suo intervento alla 41.ma Settimana sociale della Chiesa, svoltasi a Santander (Spagna) dal 19 al 21 aprile, incentrata sulla nuova evangelizzazione. Secondo la nota pervenuta all’agenzia Fides, il cardinale Rodriguez Maradiaga ha affermato che, contrariamente a quanti ritengono che "si sia persa la forza del Vangelo" perché la Chiesa "è troppo impegnata nel sociale", egli crede proprio il contrario, cioè che "non abbiamo fatto abbastanza". Il presidente di Caritas Internationalis ha portato questo esempio: "la mancanza dell'etica nelle finanze o nella politica porta alla corruzione a tutti i livelli", ciò significa che "proprio lì non è ancora arrivato il Vangelo". Per questo, ha sottolineato, se oggi troviamo la crisi "molto forte" nell'economia o nella politica, vuol dire che "non ci siamo preoccupati abbastanza per l'evangelizzazione della politica e dei politici, dell'economia e degli economisti". "Questa, penso, è proprio una bella sfida per la nuova evangelizzazione in questi campi" ha aggiunto. Il cardinale ha concluso incoraggiando l’azione esemplare di Caritas Spagna, che malgrado la crisi, ha aumentato il suo contributo anche quest’anno. (R.P.)
Rapporto Unicef sull’adolescenza: 127 milioni nel mondo sono analfabeti
◊ Gli adolescenti devono essere riconosciuti come veri agenti di cambiamento nelle loro comunità; le politiche a loro dedicate devono riconoscerne la capacità creativa, l’innovazione e le energie positive. Scrive così l’Unicef nel suo nuovo rapporto sull’adolescenza (da intendere età compresa tra i 10 e i 19 anni), che definisce “una fase critica dell’infanzia, in cui il giusto investimento può interrompere il ciclo della povertà e portare vantaggi economici, sociali e politici ad adolescenti, comunità e nazioni”. Nel documento, l’agenzia Onu sottolinea che le esigenze di molti adolescenti vengono ancora trascurate e che ogni anno oltre un milione perde la vita, mentre altri non vanno a scuola. Secondo i dati forniti, 71 milioni di bambini non frequentano le lezioni e 127 milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni sono analfabeti, la maggior parte dei quali vive nell’Asia meridionale e soprattutto nell’Africa sub-sahariana. Proprio quest’area sarà quella più popolata da adolescenti nel 2015. Qui, però, soltanto la metà dei bambini che accedono all’istruzione, poi, completano il percorso formativo. Sempre nel continente africano, inoltre, 1.4 milioni di adolescenti maschi e femmine muoiono a causa di incidenti stradali, complicazioni dovute al parto, Aids, violenze, suicidi. In particolare, le complicazioni legate alla gravidanza e al parto sono la principale causa di morte tra le giovani tra i 15 e i 19 anni; nella Repubblica Democratica del Congo il 70% delle ragazze sposate dichiara di aver subito violenza almeno una volta dai loro mariti; in Niger la metà delle donne partorisce prima dei 18 anni; in tutti i Paesi in via di sviluppo, infine, il 50% si sposa a 18 anni e un terzo addirittura a 15. (R.B.)
Malaria: segnale positivo dall’India, ma in Congo aumentano i casi
◊ In 36 villaggi dello Stato indiano di Jharkhand è diminuito il tasso di mortalità legato alla malaria. Il risultato, come riporta l'agenzia Fides, grazie a un’opera capillare di prevenzione e cura portata avanti dalla “Dumka social and educational society”, partner locale dell’organizzazione cattolica spagnola Manos Unidas. All’indomani della Giornata mondiale contro la pandemia, terza causa di mortalità tra i bambini sotto i cinque anni dopo polmonite e diarrea acuta, uno spiraglio di speranza arriva dal progetto triennale del quale hanno potuto beneficiare oltre 15mila persone, in particolare delle tribù Santal e dei primitivi Malto Paharias. Il programma di controllo della malaria, già sperimentato con successo in altre comunità indiane, ha visto sul campo animatori e assistenti sanitari che, anche attraverso conferenze e incontri, hanno dimostrato l’importanza della diagnosi precoce nel trattamento della malattia. L’organizzazione si è inoltre impegnata appieno in campagne per la presa di coscienza della popolazione, delle donne soprattutto, riunite in gruppi di autosostegno. Nonostante questo dato positivo, e quello che arriva dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che parla di un calo del 17% dell’incidenza della malaria nel mondo a partire dal 2000, nella Repubblica Democratica del Congo continuano ad aumentare i casi. Dal 2009, nella metà del Paese, il numero di persone curate grazie ai progetti di Medici Senza Frontiere è aumentato del 250%. Una malattia che ogni anno uccide circa 300 mila bambini e che sta travolgendo i sistemi di cura e di prevenzione esistenti. Nel Paese mancano farmaci adeguati e forniture mediche e, laddove ci sono, spesso risultano obsoleti. In alcune province, ad aggravare la situazione, i nuovi scontri che impediscono alle persone di accedere all’assistenza sanitaria. Nonostante gli interventi da parte di Medici Senza Frontiere (85mila le persone trattate nel 2012), la situazione resta allarmante. (G.M.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 117