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Sommario del 30/10/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Coerenza tra insegnamenti e condotta: così il Papa, che esprime vicinanza alle popolazioni di Thailandia e Italia colpite da alluvioni
  • La città di Assisi dopo la visita del Papa: nelle parole del sindaco
  • Oggi in Primo Piano

  • 7 billion day: lo sviluppo resta il nodo di ogni discorso demografico
  • Amministrative in Colombia, dopo una campagna elettorale di violenze
  • Elezioni in Kirghizistan, un Paese non ricco ma in posizione strategica
  • Sinai egiziano: profughi eritrei ancora nelle mani dei trafficanti di esseri umani
  • A Rimini la Conferenza nazionale animatori del Rinnovamento nello Spirito
  • Nelle librerie l'ultimo libro di don Valentino Salvoldi sulla figura di suor Dorothy Stang
  • Diventare adulti senza maturità: gli psicologi denunciano il fenomeno “Adultescenza”
  • Chiesa e Società

  • La Riunione. Messaggio di mons. Aubry per il Dipavali
  • Vietnam. A novembre il raduno dei giovani cattolici del Nord del Paese
  • Corea del Sud. L'iniziativa del ritiro stradale di un gesuita si espande da Twitter alla stampa
  • Kenya: la nuova evangelizzazione al centro dell’incontro delle Società missionarie pontificie dell’Africa anglofona
  • Congo Brazzaville. A Mpila formazione dei fedeli per evitare controversie nei tribunali
  • Camerun. Nella diocesi di Maroua-Mokolo incontri sull'educazione dei bambini
  • Nicaragua: due vescovi controlleranno la regolarità del voto alle prossime elezioni
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nuovo raid israeliano su Gaza: secondo fonti palestinesi, un morto
  • Il Papa e la Santa Sede



    Coerenza tra insegnamenti e condotta: così il Papa, che esprime vicinanza alle popolazioni di Thailandia e Italia colpite da alluvioni

    ◊   “La buona dottrina va accolta, ma rischia di essere smentita da una condotta incoerente”: sono parole del Papa che all’Angelus ha parlato di coerenza e verità di insegnamenti ricordando che Cristo “pratica per primo il comandamento dell’amore, che insegna a tutti”. Benedetto XVI, ha rivolto un pensiero a quanti in Thailandia e in Italia sono stati colpiti in questi giorni dalle alluvioni e ha invitato tutti a confidare in Maria per seguire il cammino del Vangelo, ricordando che si conclude domani il mese del Rosario. Il servizio di Fausta Speranza.

    “Legano fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito”: con queste parole di Gesù, Benedetto XVI, partendo dal Vangelo odierno, ricorda che Cristo ha rimproverato senza mezzi termini quanti “dicono ma non fanno”:

    “Egli rimprovera gli scribi e i farisei, che avevano nella comunità un ruolo di maestri, perché la loro condotta era apertamente in contrasto con l’insegnamento che proponevano agli altri con rigore”

    Non è in discussione l’insegnamento di “una buona condotta”, spiega il Papa ma c’è il rischio che venga smentita dall’incoerenza:

    “Gesù dice: «Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere» (Mt 23,3). L’atteggiamento di Gesù è esattamente l’opposto: Egli pratica per primo il comandamento dell’amore, che insegna a tutti, e può dire che esso è un peso leggero e soave proprio perché ci aiuta a portarlo insieme con Lui”.

    Benedetto XVI parla di incoerenza e ricorda che Cristo è “il nostro vero e unico Maestro”: il Figlio di Dio, il Verbo incarnato – dice - esprime la verità del suo insegnamento attraverso la fedeltà alla volontà del Padre, attraverso il dono di se stesso”. Cita San Bonaventura ricordando che bisogna riconoscere “l’autentico Maestro” e che ci sono “maestri che opprimono la libertà altrui in nome della propria autorità”. Poi chiarisce il posto che l’umiltà negli insegnamenti di Cristo:

    “Gesù condanna fermamente anche la vanagloria e osserva che operare «per essere ammirati dalla gente» (Mt 23,5) pone in balia dell’approvazione umana, insidiando i valori che fondano l’autenticità della persona.”

    “Cari amici, - dice il Papa - il Signore Gesù si è presentato al mondo come servo, spogliando totalmente se stesso e abbassandosi fino a dare sulla croce la più eloquente lezione di umiltà e di amore.” Poi, dopo la preghiera mariana, il pensiero alle popolazioni colpite da forti piogge:

    “Vorrei esprimere la mia vicinanza alle popolazioni della Thailandia colpite da gravi inondazioni, come pure, in Italia, a quelle della Liguria e della Toscana, recentemente danneggiate dalle conseguenze di forti piogge. Assicuro per loro la mia preghiera”.

    Nei saluti in varie lingue, in francese l’invito a guardare a Maria per essere sostenuti nel cammino sulla via del Vangelo: sostenuti nel vivere gli insegnamenti di Cristo e confortati nelle sofferenze. In inglese, l’invito a saper “coniugare umiltà e servizio caritatevole ai fratelli”, ad imitare il perfetto esempio di Cristo nella vita di ogni giorno.
    In tedesco il Papa ribadisce che il Signore è venuto, non per essere servito ma per servire e che “la vera dimensione umana si combina con l'atteggiamento di servizio”.
    In lingua spagnola l’invito a comportarsi sempre “con rettitudine di spirito”; in polacco un’affermazione forte: uno solo è il Maestro, Cristo, “per questo i principi morali provenienti dal Padre non possono essere oggetto di dubbio, di contrattazione, di discussione”. Con un invito a farci condurre dal Vangelo “alle opere concrete, nelle quali si manifesta l’amore che proviene da Dio Padre”. In italiano “un cordiale saluto alle Religiose Figlie di Cristo Re, insieme con i collaboratori laici che condividono il loro carisma e la loro missione”. Un saluto “con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da Commessaggio, i ragazzi dell’Oratorio di Petosino, il gruppo di anziani di Brunello e gli alunni della Scuola “Settanni” di Rutigliano”. A tutti l’augurio di una buona domenica.

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    La città di Assisi dopo la visita del Papa: nelle parole del sindaco

    ◊   Benedetto XVI ad Assisi ha celebrato la 25esima Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia lasciando un invito per tutti a farsi 'Pellegrini della verità, pellegrini della pace'. Luca Collodi ha chiesto al sindaco di Assisi, Claudio Ricci, l’incoraggiamento principale che resta per la città umbra cuore di spiritualità:

    R. – Occorre camminare insieme. Nel cammino ognuno conserva la propria identità, l’identità non può essere diluita. Spesso Benedetto XVI ricorda: il dialogo sì, ma senza sincretismo. Le identità culturali, spirituali, religiose, vanno sottolineate e rafforzate, non diluite, però queste identità devono camminare insieme, devono avere il coraggio di camminare insieme. Nel senso del pellegrinaggio il cammino è anche un cammino in salita e a piedi, questa è l’etimologia della parola “pellegrinare”. Ciascuno conserva la propria identità, il proprio passo, ma si cammina insieme verso la meta unica del dialogo, della comprensione fra tutti noi.

    D. – Assisi vuole dedicare allo spirito di Assisi - pensando anche a Giovanni Paolo II -un museo dello spirito di Assisi, a che punto siamo?

    R. – Con il vescovo di Assisi, in questi mesi di preparazione, unitamente alle famiglie francescane, abbiamo fatto una riflessione sul senso anche dell’eredità. Il beato Giovanni Paolo II e, con questa visita, Benedetto XVI ci lasciano un’eredità: Assisi deve cullare questa eredità, le pietre di Assisi devono essere intrise di questa eredità. Quindi noi pensiamo che sia giunto il momento di creare ad Assisi un luogo documentale, un museo vivente, un museo di testimonianza - oggi sono necessari testimoni viventi del dialogo - dedicato al dialogo fra le religioni e la pace, con la consapevolezza che Assisi potrebbe anche a essere un luogo dove i popoli tra di loro possano dialogare finanche ad arrivare a firmare trattati di pace. (bf)

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    Oggi in Primo Piano



    7 billion day: lo sviluppo resta il nodo di ogni discorso demografico

    ◊   Secondo il Census Bureau degli Stati Uniti, domani si può considerare la giornata in cui l’umanità raggiunge la cifra di 7 miliardi di persone. Secondo agenzie delle Nazioni Unite tale soglia si sarebbe raggiunta ad agosto o forse si raggiungerà a marzo prossimo. Data l’impossibilità di un censimento esatto al millesimo, una data precisa non può che essere convenzionale. In ogni caso, è l’occasione di una riflessione intorno ai temi della demografia. Per capire quale sia l’andamento della crescita della popolazione mondiale e quali le reali emergenze da affrontare, Fausta Speranza ha intervistato il prof. Giancarlo Blangiardo, direttore del Dipartimento di Statistica dell’Università Bicocca di Milano.

    R. – In realtà, abbiamo popolazioni che viaggiano a velocità molto diverse, con cambiamenti non solo quantitativi ma anche strutturali, cioè qualitativi. E’ il caso classico della struttura per età della popolazione che è profondamente diversa nei Paesi più sviluppati che nei Paesi meno sviluppati. Ci sono tutti questi andamenti diversi che vanno seguiti e in qualche modo “pilotati” in modo ottimale per far sì che ovunque, nelle diverse aree, si abbia il massimo sviluppo e il minimo in termini di problematiche.

    D. – Dunque si può dire che la demografia lancia un allarme sulla disparità di distribuzione delle risorse?

    R. – Assolutamente! Cioè, la demografia ci dice che quella che – come si diceva una volta – era la bomba demografica, non c’è stata. Ci dice che ci sarà comunque un futuro che va seguito con molta attenzione e all’interno del quale bisognerà compiere azioni diversificate nelle diverse aree. Un caso classico è l’Africa sub sahariana: è certamente quella che riteniamo l’area più problematica rispetto alla dinamica demografica. Ebbene, anche nell’Africa subsahariana, se si riuscisse a valorizzare questa sua crescita di popolazione giovane come contributo allo sviluppo locale, mandando a questi giovani gli investimenti o assicurando le opportunità, probabilmente anche l’Africa potrebbe rapidamente decollare come hanno fatto gli altri Paesi. Quindi, ogni area ha i suoi problemi e noi dobbiamo cercare di intervenire con strumenti diversi per minimizzare i problemi e massimizzare il risultato, nei diversi Paesi e nelle diverse regioni del mondo.

    D. – Parliamo di Occidente, dove invece è decrescita, e questa decrescita – a parte il solito discorso delle pensioni –crea diversi problemi …

    R. – Sì crea diversi problemi: è una decrescita accompagnata appunto da invecchiamento della popolazione, quindi da mancanza di vitalità demografica. D’altra parte, la dimensione numerica non è così rilevante: pensi solo ai problemi legati alla domanda, al consumo … Inevitabilmente, le economie comunque reggono sulla domanda, reggono sulla produttività, sulla produzione. E quindi è chiaro che l’elemento umano è determinante e importante. A questo punto, è evidente che il mondo più sviluppato deve interrogarsi su queste cose e deve cercare anche qui, non solo attraverso l’immigrazione di arginare la decrescita, cioè l’importazione di persone da altri posti. Va detto che l’immigrazione ha una serie di elementi importanti, è un fenomeno interessante che indubbiamente va seguito e tenuto sotto controllo ma l’Occidente dovrebbe darsi da fare per riscattarsi dal punto di vista demografico, cercando di recuperare quella vitalità che ha perso.

    D. – Secondo lei, si parla abbastanza di demografia in relazione allo sviluppo, che dovrebbe essere uno sviluppo sostenibile e per tutti?

    R. – Si parla di demografia qualche volta – anzi, abbastanza spesso – a sproposito, da parte di “saggi” che poi saggi non sono, che continuano a cercare di lanciarci il concetto che la crescita demografica sia il grosso freno allo sviluppo del mondo e quindi in quanto tale si debba intervenire anche drasticamente per contenerla. Io ricordo solo una cosa: l’Africa subsahariana, che certamente non è un’area molto sviluppata, in questi ultimi anni ha avuto una crescita della popolazione proporzionale, cioè, la popolazione ha continuato a crescere, mentre il prodotto interno lordo per abitante è cresciuto più che proporzionalmente. Eppure, c’è la crescita demografica. Quindi, togliamoci dalla testa che il problema sia la popolazione: il problema è la distribuzione delle risorse, gli investimenti, gli aiuti a chi deve crescere. Allora, noi dobbiamo abbandonare le vecchie teorie largamente dimostratesi infondate e investire sull’uomo.

    D. – Ci dice - se possibile - brevemente come fare?

    R. – Investire sull’uomo vuol dire semplicemente riconoscere alle persone, ai popoli le loro capacità in termini di saper fare e poter fare delle cose; dare l’opportunità, la possibilità, gli aiuti – se necessario – perché le persone si attivino, si diano da fare; premiare chi si dà da fare e, insomma, riconoscere nella capacità dell’uomo la possibilità di venire fuori e di risolvere anche i grandi problemi a livello di distribuzione delle risorse. Io credo – e torno all’Africa – che l’Africa abbia, in questi anni, una grande opportunità, ed è il cosiddetto “dividendo demografico”: forse non tutti sanno cosa è. In sostanza l’Africa è una realtà in cui nei prossimi decenni ci saranno meno giovani che in passato e non ancora anziani, come invece succede nelle altre realtà del mondo. Quindi, avrà un grosso potenziale di popolazione in età lavorativa. Ebbene, se si riuscisse a favorire la valorizzazione di questo grosso potenziale di capitale umano, anche l’Africa – che di solito è citata come il grande problema del pianeta – avrebbe la possibilità di crescere e di svilupparsi come è successo ad altre aree del mondo. (gf)

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    Amministrative in Colombia, dopo una campagna elettorale di violenze

    ◊   Urne aperte oggi in Colombia per le elezioni amministrative. La campagna elettorale è stata segnata da numerosi episodi di violenza che hanno provocato la morte di oltre 40 candidati. Solo ieri, nel sud del Paese, tre soldati hanno perso la vita in un campo minato dei ribelli delle Farc. “Il clima resta teso”, affermano attivisti per i diritti umani mentre le autorità hanno garantito la massima vigilanza. Ma qual è il valore della tornata elettorale? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Maurizio Chierici esperto dell’area:

    R. - E’ importantissima, perché mentre il potere politico generale si è centrato a Bogotà, dove c’è stato un cambio tra il presidente Santos e il presidente Uribe; dove sono stati emarginati i paramilitari e messi sotto accusa ministri della vecchia gestione, che erano d’accordo con loro; nelle province, invece, tutto è rimasto un po’ come prima. I paramilitari a Medellin, addirittura, fanno lezioni nei borghi secondari delle città e nelle periferie, obbligando le persone non solo ad ascoltare il nome e gli elogi del candidato che dovranno votare, ma anche la raccomandazione di mostrare la scheda aperta, prima di infilarla nell’urna, in modo da far capire per chi hanno votato.

    D. - Il presidente Santos ha annunciato l’impiego di migliaia di uomini delle forze di sicurezza per garantire il regolare svolgimento delle elezioni…

    R. - Il presidente Santos è un uomo moderno, perché appartiene alla grande famiglia che domina l’informazione - giornali, televisione, “El Tiempo” - proprietari di grandi latifondi di caffè, ma anche soci in imprese americane: sono in un certo senso americani oltre che colombiani. Santos vuole quindi un Paese moderno, anche perché aspira al libero trattato commerciale con gli Stati Uniti. In realtà, poi, è tutto molto compresso, perché più o meno un quinto della popolazione è in mano alle Farc o comunque sotto influenza delle Farc; i paramilitari resistono e resiste anche una economia di sopravvivenza nella quale la Colombia si dibatte da molti anni.

    D. - Cosa chiedono, in particolare, i ribelli delle Farc?

    R. - Sono i fantasmi del passato. Chiedono di dialogare con i governi, ma morto Tirofijo, che ne è stato l’inventore, circa 48-50 anni fa, tutto questo è sopravvissuto ad una storia ormai cancellata ovunque: resiste solo Cuba, ma anche Cuba è cambiata… Quindi non si capisce bene cosa vogliano. Bisogna però intendere una cosa: 40 anni di guerriglia hanno creato un’economia autarchica, dove le persone vivono e sopravvivono pensando solo a questo. E’ indispensabile non solo sventrare le Farc, ma anche sostituire questa economia un po’ folle con un’economia reale, che possa dialogare col mondo.

    D. - Il Paese come vive questa fase?

    R. - La vive male, ma attenzione perché la Colombia è abituata a queste cose: purtroppo e tragicamente è abituata… Lo ha ripetuto anche Ingrid Betancour quando è venuta a Roma e ha incontrato il Papa e ha detto: “Il mio è un Paese che capisce e sopporta il dolore!”. Sarebbe, però, il momento che smetta di sopportarlo… (mg)

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    Elezioni in Kirghizistan, un Paese non ricco ma in posizione strategica

    ◊   Si svolgono oggi nella repubblica centroasiatica del Kirghizistan le elezioni presidenziali. Le consultazioni arrivano a poco più di anno dall’allontanamento al potere dell’ex-presidente Bakiev, al quale erano seguiti mesi di scontri di matrice etnica tra la maggioranza kirghisa e la minoranza uzbeka nel Paese. Sul contesto politico e sulle conseguenze del voto Michele Raviart ha intervistato Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana ed esperto di politica internazionale.

    R. – Intanto la caratteristica più evidente di queste elezioni presidenziali in Kirghizistan è l’estrema frammentazione del quadro. Questa frammentazione non è senza radici e deriva dal fatto che il Kirghizistan è stato scombussolato per due volte nel giro di pochi anni: per la prima volta nel 2005 quando il presidente Akaiev è stato sostituito dall’altro presidente Bakiev e poi nel 2010 quando Bakiev ha fatto la stessa fine di Akaiev ed è stato sostituito da una presidentessa, Rosa Otunbaieva.

    D. - Quali sono i candidati favoriti per questa elezione e quali sono i loro programmi?

    R. – Sono iscritti 83 candidati, anche se poi tutto verrà ridotto probabilmente ad una gara contro il premier Atambaiev. Sostanzialmente la questione è di vedere con quanto consenso vincerà Atambaiev piuttosto che discutere se vincerà o no. I programmi politici da queste parti sono grandi ipotesi generaliste. La vera questione sarà se spostare il Paese più verso l’influenza americana - con tutti i riflessi che questo può avere sull’Afghanistan, perché il Kirghizistan è la retrovia americana alle operazioni in Afghanistan - o se spostare l’influenza verso la Russia.

    D. - Cosa ha da offrire il Kirghizistan alle grandi potenze internazionali?

    R. – L’unico bene che può in qualche modo mettere sul mercato il Kirghizistan è la sua posizione strategica. Gli Stati Uniti hanno una base militare a Manas, la Russia anche e ha in progetto di costruirne un’altra. Il Kirghizistan, che non ha risorse naturali, ondeggia tra l’uno e l’altro interlocutore andando a caccia di dollari, di favori; i dollari sono degli americani e i favori sono quelli russi, che adesso per recuperare il Kirghizistan nella propria orbita promettono di inserirlo in un’unione doganale molto favorevole.

    D. - Queste elezioni potranno ricomporre le varie tensioni che si sono verificate lo scorso anno tra le varie etnie?

    R. - Credo che da queste parti il problema della frammentazione secondo linee di faglia etniche, tribali, claniche, sia ancora lungi dall’essere superato. Nel tenerle vive, nell’alimentarle, conta molto proprio il fatto che in Asia centrale chi comanda prende tutto, diventa il padrone delle risorse naturali, diventa il padrone dei posti di lavoro forniti dallo Stato e quindi può beneficiare il proprio clan, la propria etnia e danneggiare pesantemente quelle rivali.

    D. - Questa frammentazione può favorire l’estremismo religioso?

    R. – Questo rischio c’è ed è un rischio che aleggia su tutta l’area e, come ben sappiamo, parlando, per esempio, della primavera araba, non solo sull’Asia centrale. E’ uno dei fattori di instabilità perché dato che si tratta di sistemi in cui il tasso di democrazia è variabile, non è solidificato come in Europa e in altre parti del mondo, spesso il problema dell’estremismo si risolve con un altro estremismo: cioè, con regimi autocratici o tendenzialmente autocratici, il che provoca ulteriore insoddisfazione. E’ una bilancia molto difficile da tenere in equilibrio. La storia più recente del Kirghizistan lo dimostra perché la stabilità, certamente, non è ancora un bene garantito. (bf)

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    Sinai egiziano: profughi eritrei ancora nelle mani dei trafficanti di esseri umani

    ◊   Nel Sinai egiziano desta ancora allarme la situazione dei profughi eritrei, vittime del traffico di esseri umani: secondo informazioni raccolte dall’agenzia Habeshia per i rifugiati, sarebbe imminente il loro rimpatrio nel Corno d’Africa. Sulla situazione, Davide Maggiore ha sentito l’opinione di padre Giovanni La Manna, presidente del centro Astalli, sede italiana del servizio dei Gesuiti per i rifugiati:

    R. - La situazione è preoccupante, perché - ancora una volta - siamo costretti ad utilizzare termini quali quello della “deportazione”. Si tratta di un’operazione camuffata che si vende come ritorno volontario in patria di queste persone, che sono invece maltrattate, sono private di cibo e di assistenza medica. Ci chiediamo come mai l’Egitto, che ha firmato la Convenzione di Ginevra, li rimandi indietro, consegnandoli così a coloro che li hanno perseguitati e che, molto probabilmente, li sottoporranno nuovamente a maltrattamenti e violenze.

    D. - Oltre che di violazioni dei diritti umani, questi rifugiati sono vittime anche dei trafficanti: chi sono e che ruolo svolgono?

    R. - C’è di tutto: c’è chi ha visto che rappresenta una fonte di guadagno non indifferente e si è quindi organizzato; c’è chi è poi disposto ad improvvisare vendendo l’illusione di viaggi sicuri per fuggire, appunto, da realtà critiche… Dopo, però, questa gente senza scrupoli li rivende: è un meccanismo che può non aver fine che coinvolge persone che devono continuamente procurarsi soldi per cercare di essere liberi. Nel rifiuto all’accoglienza chi ci guadagna sono proprio queste persone senza scrupoli, che si inventano nuove rotte, sempre più rischiose e più costose per chi è costretto alla fuga…

    D. - Qual è l’impegno della Chiesa per queste persone?

    R. - La Chiesa, da sempre, è con queste persone laddove queste persone sono in difficoltà, testimoniando a tutti che l’accoglienza può essere vissuta con dignità, nel rispetto della persona e dei diritti della persona. Sono tanti i testimoni che hanno perso la vita nei luoghi dove ci sono conflitti e che aiutano anche noi, che siamo lontani da questi conflitti, a vivere con le coscienze sveglie e gli occhi aperti per riconoscere le persone, la dignità, i diritti e i bisogni che meritano una risposta concreta.

    D. - Anche dopo l’arrivo nei Paesi che hanno cercato di raggiungere, però, la situazione dei migranti non è facile?

    R. - Diventa difficile, perché per i migranti vengono vissuti come una minaccia: ma non sono una minaccia, sono persone in difficoltà con una grande dignità, che da noi si aspettano soltanto di essere riconosciute come persone e che gli vengano quindi offerte opportunità oneste e concrete per rimettersi in piedi e per rifarsi una vita. (mg)

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    A Rimini la Conferenza nazionale animatori del Rinnovamento nello Spirito

    ◊   “Pregate perché la Parola del Signore corra”. E’ il tema della 35.ma Conferenza nazionale animatori, in programma fino al prossimo primo novembre e promossa dal Rinnovamento nello Spirito. Nell’ambito di questo Convegno, si terrà stasera al Palacongressi di Rimini l’incontro “di Cultura della Pentecoste”, alla luce del Forum di Todi. Ma è possibile riformare le coscienze in questo momento di profonda crisi, che, non solo in Italia, investe l’economia, la vita sociale e la politica? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito:

    R. – E’ doveroso, ed è un dovere che deriva dal sapere che la nostra speranza è una speranza affidabile. E’ vero che le rappresentanze sociali, politiche, economiche e del nostro Paese – direi del mondo – conoscono una profonda crisi, ma non è in crisi il Vangelo, non è in crisi l’idealismo cristiano e direi che non sia ancora in crisi la coscienza cristiana di tanta nostra gente. La nostra responsabilità è indicare anche modalità attraverso cui i laici cristiani possano tornare protagonisti. Non ci sono soltanto i cosiddetti valori non negoziabili, cioè la vita nel suo nascere e nel suo compiersi, c’è anche il “durante” della vita, c’è il rapporto tra Vangelo e famiglia, tra Vangelo e giovani, tra Vangelo e società civile, tra Vangelo ed economia, che noi possiamo riscrivere.

    D. – A proposito di questa urgenza di risvegliare le coscienze, in Italia, in particolare, stili di vita sbagliati e ingannevoli si stanno tramutando in modelli che sembrano avere il beneplacito della cosiddetta cultura di massa, alimentata anche da trasmissioni televisive e da falsi esempi di successo. Come rialzare in questo senso la “soglia etica” del Paese?

    R. – Alla cultura di massa, alla cultura del relativismo, alla cultura dell’individualismo si risponde con la cultura della Pentecoste, la cultura del “noi”, dove le diversità sostanziano l’unità. E la diversità deriva dalle ricchezze di talenti, di carismi, di cui la Chiesa è ricca. E, quindi, è nostra responsabilità di fede non far mancare in questo momento una riproposizione dello spirituale sul sociale, sul morale, sull’economico, sul politico, che sembrano essere imperanti nella lettura della realtà. La crisi è soprattutto spirituale: non è possibile immaginare una società naturale che sia scevra, che sia aliena dai valori dello spirito. Gli uomini spirituali in questo momento hanno le chiavi della storia, hanno la responsabilità di mostrare la qualità, la forza del loro impegno.

    D. – Quindi, una responsabilità per gli uomini spirituali, ma una responsabilità anche per le nuove generazioni. Come, in particolare, proprio le nuove generazioni possono trovare spazio in un mondo della politica che sembra impermeabile al rinnovamento e anche in un mercato del lavoro che è sempre meno accessibile?

    R. – In un tempo in cui sembra imperante la cultura della morte, noi abbiamo il dovere - e i vescovi italiani lo ricordano con gli orientamenti pastorali di questo decennio - di educare le nuove generazioni ad una vita buona. E buona è sinonimo di piena, felice, giusta. Una vita che sfronda ogni forma di individualismo, di egoismo autoreferenziale. Credo che ci sia bisogno allora che, intanto, nelle famiglie e direi poi anche nella vita delle nostre comunità, il Vangelo torni a circolare di più. Il Vangelo che non è soltanto ascesi, ma che fonda, rifonda, rinnova questi stili di vita. E’ tempo che senza insignificanza, senza marginalità i cristiani recuperino questa idea alta che deriva dalla loro fede e mostrino la bellezza, la fantasia, la ricchezza, la potenza che discende ancora dal Vangelo. I giovani non sono esentati dal fascino, dallo stupore che il Vangelo suscita nelle loro vite, hanno bisogno di testimoni. Hanno bisogno di essere allertati, favoriti, stimolati, perché sono loro la risposta dello Spirito, sono loro il segno che una nuova generazione è già in atto. Dobbiamo solo mostrarla, accompagnarla, incoraggiarla.

    D. – E va anche incoraggiata la preghiera che non va data per scontata. L’imperativo “Pregate!” contraddistingue proprio la 35.ma Conferenza nazionale animatori che, in questo tempo di nuova evangelizzazione, rilancia l’imprescindibile binomio proprio tra preghiera e parola...

    R. – Sì, ed è bene che si ricordi che la preghiera non è dei ‘perditempo’. La preghiera non genera uomini disincarnati: la preghiera è la prima azione di Dio nella nostra vita. Dio è incluso nella nostra vita quando preghiamo, lo scomodiamo attraverso le nostre preghiere. E’ un fatto la preghiera, è l’azione di Dio nella nostra vita, solo così noi possiamo poi essere in azione, e direi azionati dalla preghiera, capaci poi di azionare la storia. Ecco perché il binomio tra preghiera e Parola, tra preghiera ed evangelizzazione, tra preghiera e missione diventa inscindibile. Ma è bene che si dica che la preghiera ci ricorda anche il primato del silenzio: dobbiamo recuperare l’intuizione, l’ispirazione verso le parole fondamentali, che poi la ‘nostra gente’ vuole sentire. C’è una certa afasia, c’è una certa incapacità di dire parole forti in questo nostro tempo, perché manca lo spirito della preghiera, che è lo spirito dell’ascolto, del discernimento. Sa parlare agli uomini chi sa parlare a Dio e noi parliamo a Dio, parliamo con Dio nella preghiera. Il linguaggio spirituale, il linguaggio della preghiera poi si fa profezia nella storia, si fa capacità di dire Cristo, di dare Cristo agli uomini. (ap)

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    Nelle librerie l'ultimo libro di don Valentino Salvoldi sulla figura di suor Dorothy Stang

    ◊   E' stato pubblicato in questi giorni l’ultimo libro di don Valentino Salvoldi intitolato “Prima martire del creato. Dorothy Stang”, edito dalle Paoline. Un volume intenso, dedicato alla missione di suor Dorothy Stang, religiosa nata negli Stati Uniti e assassinata nel 2005 in Brasile per la sua opera a favore delle popolazioni indigene della foresta amazzonica. Don Valentino Salvoldi ne parla al microfono di Rosario Tronnolone:

    R. – Ai due uomini che le chiedevano se avesse un’arma, lei mostrò la Bibbia e disse: “Questa è la mia arma” e cominciò a leggere le Beatitudini. E l’hanno crivellata a colpi di pistola. Poi i killer sono fuggiti. Era il 13 febbraio 2005. Lei, che apparteneva alla Congregazione di Nostra Signora del Divino Amore, aveva 74 anni ed era nel pieno delle sue forze. Stava andando ad un convegno di indios, di siringueiros – cioè di raccoglitori di lattice dell’albero del caucciù nella foresta amazzonica, nello Stato brasiliano del Parà. Aveva studiato tanto il tema della salvaguardia del Creato, aveva cercato di rendere la sua vita un dono; si era un po’ preparata, perché lo sentiva che l’avrebbero uccisa. Ed ecco, ai suoi sicari dice: “Dio vi benedica, figlioli miei, e vi perdona!”.

    D. – Com’è possibile, secondo lei, inquadrare la figura di suor Dorothy Stang nel contesto della teologia del suo tempo?

    R. – Dorothy ha lottato con tutte le sue forze per difendere gli ultimi della terra e, per loro, la foresta amazzonica … Lei sa che il Brasile detiene il record nella deforestazione, una violenza perpetrata sistematicamente contro gli ultimi, i poveri. La sua esistenza è tutto un inno alla vita, un messaggio valido per l’intero pianeta. L’ecologia del cuore, salvare l’umanità, salvare gli ultimi, i poveri nei quali evidentemente lei vedeva Cristo.

    D. – Nel suo libro si sente l’inserimento di suor Dorothy Stang anche in un discorso più ampio, quello del dialogo ecumenico …

    R. – Il dialogo ecumenico è difficile: non si riesce tanto a discutere sui principi, sulla teologia. Ma su alcuni punti in comune, come la salvaguardia del Creato, lì si può trovare un terreno comune. In questo contesto, allora, Dorothy si erge come voce profetica a riscattare con il suo sangue le ingiustizie, a tenere viva la teologia del Creato. (gf)

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    Diventare adulti senza maturità: gli psicologi denunciano il fenomeno “Adultescenza”

    ◊   Un fenomeno fino a pochi anni fa sconosciuto è quello dell’“adultescenza”: un neologismo che sta ad indicare l’atteggiamento di chi è adulto per età ma ha un’identità immatura e mette in atto comportamenti adolescenziali. Ad indagare su queste dinamiche sempre più diffuse nella nostra società è il libro appena uscito “Adolescenza e Adultescenza”. Il testo, edito da CISU, raccoglie contributi di psicologi, sociologi e giuristi. Debora Donnini ha intervistato una delle curatrici, la psicoterapeuta, Maria Beatrice Toro:

    R. - Ora le persone che hanno tra i 25-30-40 anni hanno difficoltà ad emanciparsi dal punto di vista lavorativo, soprattutto con la scelta di una famiglia e del diventare genitori. Il che ha sicuramente un’origine di tipo sociale: le difficoltà lavorative o la crisi… Però abbiamo voluto parlare anche del fatto che ci sembra che dietro a tutto questo non ci siano soltanto problematiche economiche, ma proprio la difficoltà a staccarsi dall’identità adolescenziale e a diventare finalmente adulti: questo significa che si è assunto un ruolo stabile e si rinuncia ad alcune cose che hanno a che fare con l’adolescenza.

    D. - Ai giovani viene sempre detto: “Non c’è lavoro”; “non c’è speranza”… Questi messaggi negativi, che nascono anche da una realtà problematica, possono influenzare anche comportamenti violenti?

    R. - Di fatto il messaggio che gli adulti mandano ai giovani in difficoltà è un po’ un messaggio di sfiducia e le stesse famiglie di origine che prima premevano molto perché i giovani si sposassero ora sono molto più spaventate e quindi non danno fiducia ai giovani: né le famiglie, né le banche, né i datori di lavoro. Questo genera una frustrazione enorme e i giovani si trovano - in una condizione che in Italia è inedita - ad avere meno dei propri genitori.

    D. - Lei fa cenno alle manifestazioni di piazza di Roma con il fenomeno dei black block. Come si può leggere questo fenomeno di violenza, di rabbia alla luce di un disagio che, appunto, c’è…

    R. - Quando c’è un disagio bisogna vedere come provare a canalizzarlo e a rendere la propria difficoltà un motore per costruire qualcosa. Quando, però, l’orizzonte che si ha davanti è un orizzonte senza speranza, una strada che può prendere il disagio e la rabbia è la strada della violenza e guardo proprio ai black block… oltre al fatto che hanno incendiato, distrutto, dando sfogo veramente ad un nichilismo sempre più dilagante, una cosa che secondo noi è fondamentale capire è anche il fatto che dietro quella maschera che si mettono - diventando così tutti uguali - sembra che stiano cercando anche un’identità.

    D. - Questi giovani da cosa possono essere aiutati, secondo voi? Per esempio la fede, il fatto di avere dei valori forti, trovare un senso profondo alla propria vita può aiutare?

    R. - Certamente. Alla fine quello che produce la devastazione è la disperazione, il non possedere un orizzonte di speranza e un’idea di poter avere qualcosa da portare avanti. Quando c’è un rinnegamento delle proprie radici, una perdita di valori, una svalutazione delle relazioni - perché noi viviamo una “società liquida”, dove le relazioni sono tantissime, ma in fondo poi la persona è sola - l’espressione del nichilismo diventa più devastante. Laddove invece esiste un’idea di futuro e una speranza, ovviamente si ha motivo per non lasciarsi andare e in questo senso noi, come adulti, la cosa su cui dovremmo insistere è rilanciare alcuni valori, l’idea stessa di famiglia e sicuramente anche la fede è un orizzonte addirittura ulteriore… (mg)

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    Chiesa e Società



    La Riunione. Messaggio di mons. Aubry per il Dipavali

    ◊   “Che la luce senza origine e senza fine illumini i nostri cuori, rischiari le nostre intelligenze, rafforzi le nostre volontà perché i nostri sentimenti, il nostro pensiero e le nostre azioni contribuiscano alla costruzione di una società ed una umanità fraterna”: è l’augurio che mons. Gilbert Aubry, vescovo della diocesi della Riunione, rivolge in un messaggio a quanti stanno celebrando il Dipavali, la festa della luce nella tradizione religiosa indù. Sottolineando il percorso comune di tutti gli uomini sulla terra, pur con fedi differenti, il presule sottolinea nel suo messaggio – pubblicato sul sito della diocesi della Riunione www.eglisealreunion.org - il rispetto delle diversità ed esorta all’armonia tra i popoli, in particolare fra i riunionesi. Nell’isola della Riunione convivono infatti diverse etnie con differenti tradizioni, ma l’occasione di una festa religiosa, per mons. Aubry, è motivo per meditare sulla pacifica convivenza con uno sguardo comune verso l’Origine, verso Dio. (T.C.)

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    Vietnam. A novembre il raduno dei giovani cattolici del Nord del Paese

    ◊   Una sorta di Giornata Mondiale della Gioventù in piccolo: è quello che rappresenta il raduno dei giovani cattolici del Nord Vietnam, che si svolgerà nella diocesi di Bac Ninh l’11 e il 12 novembre prossimi. Giunto alla nona edizione, l’evento “è diventato ormai un fenomeno unico nel Paese”, spiega il responsabile della Commissione episcopale per i giovani, mons. Joseph Vu Van Thiên, e “raduna i ragazzi dell’insieme delle diocesi della provincia ecclesiastica di Hanoi”. Organizzato ogni volta in una diocesi diversa, secondo le risorse e le tradizioni culturali locali, “il raduno è, per i suoi partecipanti, impulso ad una mobilitazione maggiore nella Chiesa, ad un impegno più riflessivo in essa e ad un rafforzamento della fede”. Dalla GMG, inoltre, questo incontro dei giovani nord-vietnamiti ha mutuato alcune tradizioni, come il pellegrinaggio della Croce in tutte le parrocchie locali nell’anno precedente al raduno stesso, o anche le riflessioni spirituali comuni nel corso dell’evento o il pellegrinaggio in un luogo particolarmente significativo per la storia della Chiesa. “Questo incontro – conclude mons. Van Thiên – è un’occasione per tutti i giovani per scoprire la storia, la cultura e l’evangelizzazione del Paese”. Il primo evento di questo genere, lo ricordiamo, si tenne nel 2001 a Thai Binh, su iniziativa dell’allora vescovo della diocesi, mons. F. X. Nguyên Van Sang. (I.P.)

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    Corea del Sud. L'iniziativa del ritiro stradale di un gesuita si espande da Twitter alla stampa

    ◊   “Tutte queste attività sono focalizzate per rendere la Parola di Dio ‘mobile’ per chiunque, ovunque ci si trovi e dovunque si vada” ha detto padre In-young Albert Cho, gesuita coreano, a proposito del “Ritiro Stradale”, iniziativa volta a coinvolgere persone come in un ritiro, ma attraverso la tecnologia, come si legge sul sito web della Conferenza dei gesuiti dell’Asia del Pacifico http://sjapc.net. Quando il religioso ha sviluppato l’idea dei Ritiri Stradali, nel settembre del 2010, ha scelto di utilizzare Twitter, per raggiungere, tramite internet e la telefonia mobile, un certo numero di individui inviando un “tweet” con delle riflessioni in un giorno prestabilito: il lunedì mattina. Ora, il Catholic Times, giornale coreano, ha pubblicato i “tweet” settimanali dei Ritiri Stradali di padre Cho. I tweet vengono stampati su uno dei bordi delle pagine e dunque i lettori possono staccarli e portarli con loro. Il tweet comprende due parti in coreano: “Parola”, la parte che offre una frase della Scrittura, e “Cammina”, la parte che offre una guida o un suggerimento per la preghiera. I partecipanti al Ritiro Stradale si impegnano a spendere un’ora alla settimana per la preghiera, sulla base del tweet, liberi di scegliere i loro luoghi e tempi. Per questo padre Cho ha definito l’iniziativa “un grande silenzio in strada”. Ma il Ritiro Stradale non è solo on-line. Una volta un mese, quanti hanno scelto di aderire, si incontrano. Padre Cho ha inoltre incoraggiato a scattare fotografie durante i ritiri, perché possano dar vita ad un ricordo più concreto dell’esperienza del ritiro. Se vogliono, i partecipanti possono pure condividere le loro riflessioni sul sito del Ritiro Stradale, http://jesuits.kr/gilpi, o sui loro blog o Facebook. Padre Cho auspica che i Ritiri Stradali possano aiutare le persone a trovare Dio in ogni situazione. (H.T.B.)

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    Kenya: la nuova evangelizzazione al centro dell’incontro delle Società missionarie pontificie dell’Africa anglofona

    ◊   “Come rendere la Chiesa cattolica in Africa più orientata al senso missionario, alla luce della nuova evangelizzazione”: su questo tema, è in corso a Nairobi, in Kenya, l’incontro delle Società missionarie pontificie dell’Africa anglofona. L’evento, che si concluderà il 3 novembre, è stato inaugurato lo scorso 26 ottobre dal nunzio apostolico nel Paese, l’arcivescovo Alain Paul Lebeaupin, che ha presieduto la celebrazione eucaristica. Tra gli interventi più significativi, quello di mons Anthony Ireri Mukobo, presidente della Commissione keniota per le Missioni, il quale ha riflettuto sul tema “La missione di Cristo è la nostra missione”. Centrale anche la riflessione di padre John Oballa, rettore del Seminario locale “San Tommaso d’Aquino”, che ha analizzato la questione della formazione dei futuri sacerdoti, soprattutto alla luce delle sfide lanciate dalla società contemporanea. All’evento prendono parte i direttori delle Società missionarie pontificie di Angola e São Tomé, Egitto, Eritrea, Etiopia, Ghana, Kenya, Lesotho, Liberia, Malawi, Namibia, Nigeria, Tanzania, Zambia, Mozambico, Zimbabwe, Gambia e Sierra Leone. Presenti anche padre Timothy Lehane, segretario generale della Pontificia Opera della Propagazione della Fede, e mons. John Dale, direttore nazionale uscente della Pontificia Società Missionaria di Inghilterra e Galles. (I.P.)

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    Congo Brazzaville. A Mpila formazione dei fedeli per evitare controversie nei tribunali

    ◊   Formare mediatori sociali per evitare cause nei tribunali e minimizzare i costi dei processi: con questo obiettivo nelle scorse settimane, si è svolto a Mpila, nel Congo Brazzaville, un atelier sulla gestione delle controversie. L’incontro, riferisce il portale www.lasemaineafricaine.com, è stato organizzato nella parrocchia Nostra Signora di Fatima ed ha riunito fedeli, religiosi e delegati di diversi movimenti, fraternità e confraternite. Ad animare l’atelier di formazione è stato Marcel Kabundi, della Repubblica Centrafricana, esperto in mediazione sociale, che ha spiegato le cinque tappe principali per la risoluzione di una controversia: la valutazione, la sua percezione sotto diversi punti di vista, il regolamento, la cartografia, la relazione tra gli attori, la comprensione. Il parroco, padre Jean-Marie Bukasa-Malu, ha pensato l’incontro nell’ambito di una serie di iniziative per la promozione della pace, invitando i fedeli della parrocchia a riflettere su questi ultimi decenni di conflitti sanguinosi che hanno dilaniato l’Africa. (T.C.)

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    Camerun. Nella diocesi di Maroua-Mokolo incontri sull'educazione dei bambini

    ◊   “L’educazione dei nostri giovani ai veri valori è la prima e profonda preoccupazione che riguarda tutti”: è il monito che mons. Philippe Stevens, vescovo della diocesi di Maroua-Mokolo, nel Camerun, ha lanciato durante le Giornate diocesane – nelle scorse settimane – dedicate alla trasmissione dei valori nella famiglia. Per il presule, riferisce il portale www.leffortcamerounais.info, l’educazione deve essere valorizzata dalla tradizione africana e la famiglia deve dare importanza ai bambini e ciò perché i giovani possano aver fiducia verso l’avvenire. Questo, per mons. Stevens, dovrebbe spingere le nuove generazioni ad impegnarsi per trasformare il contesto in cui vivono. Alle Giornate diocesane, svoltesi sul tema “Nel nome di Gesù, ti dico: Alzati! Inviati per condurre i nostri figli verso la vita”, si è discusso anche di collaborazione tra famiglie e scuole e avvenire economico dei giovani. Mahama L’Taglock, segretario del servizio per l’educazione cattolica della diocesi di Maroua-Mokolo, ha ricordato che l’educazione dei bambini comincia nelle tribù, nei villaggi, e sovente è incompleta poiché molti minori, prima di frequentare la scuola, sono abbandonati a se stessi, vivono in totale libertà e senza controllo. Mons. Stevens ha affermato che non c’è che da coltivare la speranza in un futuro migliore per i bambini ed ha esortato i fedeli della sua diocesi a non scoraggiarsi mai e a raddoppiare gli sforzi per crescere nell’onestà e nella solidarietà. (T.C.)

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    Nicaragua: due vescovi controlleranno la regolarità del voto alle prossime elezioni

    ◊   Due vescovi, mons. Leopoldo José Brenes Solórzano, arcivescovo di Managua e mons. Silvio José Báez Ortega, vescovo ausiliare della medesima diocesi, controlleranno la regolarità dei voti alle prossime elezioni in Nicaragua, previste per il 6 novembre prossimo. Riferisce l’agenzia Fides che i presuli presenzieranno le operazioni di “voto rapido” dei 1.200 seggi chiamati JRV (Junta Receptora del Voto), per i quali i conteggi sono automatizzati. I vescovi sono stati invitati dall’organizzazione “Etica e trasparenza”, che ha il compito di monitorare l’andamento del voto. Il direttore esecutivo dell’organizzazione, Roberto Courtney, ha spiegato che la metodologia del suffragio richiede di consegnare a un “testimone attendibile” i tabulati della “prova di voto” effettuata e che i vescovi sono i “i testimoni più attendibili a disposizione” nel Paese. Saranno chiamati al voto circa 3,4 milioni di cittadini nicaraguesi, che voteranno per scegliere presidente, vicepresidente, 90 deputati all'Assemblea Nazionale e 20 nel parlamento centroamericano. (M.R.)

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    24 Ore nel Mondo



    Nuovo raid israeliano su Gaza: secondo fonti palestinesi, un morto

    ◊   Secondo fonti palestinesi, un nuovo raid aereo israeliano nel sud della Striscia di Gaza ha ucciso una persona e ferito un'altra. Le violenze di ieri avevano provocato dieci vittime, nove miliziani palestinesi e un civile israeliano. Per tutta la mattinata velivoli militari israeliani hanno continuato a sorvolare i cieli sulla Striscia, mentre le principali fazioni palestinesi si erano impegnate ad osservare il cessate-il-fuoco.

    Siria
    Un’azione dell’Occidente contro la Siria metterebbe a fuoco l’intera regione. Lo ha affermato il leader di Damasco, Bashar al Assad, durante un’intervista concessa al Sunday Telegraph. Dal canto suo la Lega Araba oggi incontra una delegazione siriana a Doha, in Qatar. Secondo la stampa locale, per l’organismo panarabo, un intervento straniero nel paese è inevitabile senza una mediazione che porti allo stop delle violenze. Anche la Cina ha chiesto a Damsco di porre fine alla repressione e di ascoltare le rivendicazioni legitime del popolo. Gli attivisti siriani, infine, riferiscono che sono oltre una quarantina le vittime delle ultime 24 ore.

    Crisi: appello Ue al G20
    Appello dell’Unione Europea al G20 in merito all’attuazione delle misure anticrisi decise nei giorni scorsi a Bruxelles. In una lettera inviata ai partner dell’organismo, che si riuniranno la prossima settimana, i presidenti di Commissione e Consiglio Ue, Barroso e Van Rompuy, assicurano sulla applicazione rapida e rigorosa delle nuove norme e precisano che “serve l’aiuto di tutti per assicurare ripresa globale e crescita”.

    Crisi-Obama-Italia
    Il presidente statunitense Obama ha ribadito che l’Italia è “uno dei maggiori alleati” degli Usa e che la prossima settimana si lavorerà assieme al G20 per assumere una serie di decisioni “molto importanti per l'economia globale”. Da Washington, il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha invitato il governo italiano a rispettare “con serietà” gli impegni presi con l'Europa, altrimenti – ha precisato – “le conseguenze saranno pesanti”.

    I cosiddetti "indignati"
    Massiccia mobilitazione a favore della giustizia sociale ieri sera a Tel Aviv in Israele. Le proteste continuano anche negli Stati Uniti. Venti ‘indignati’ sono stati arrestati a Denver in Colorado per aver rifiutato di rimuovere le tende montante senza permesso. Altri fermi anche a Nashville, nel Tennessee. A Washington, invece, nonostante il freddo e la neve, c’è stata una marcia fino al Dipartimento del Tesoro per chiedere maggiori imposte sul settore finanziario. A New York, infine, i dimostranti restano nel presidio a Zuccotti Park, a Manhattan, malgrado la polizia abbia sequestrato loro i generatori di corrente.

    Italia alluvioni: sale a 9 il bilancio dei morti
    E’ salito a nove morti il bilancio delle alluvioni in Liguria e Toscana. Stamattina a Monterosso, in provincia di La Spezia, i sommozzatori hanno recuperato in mare il corpo di un soccorritore di 40 anni. Ieri, invece, a Borghetto Vara, il ritrovamento di un altro corpo, quello di una professoressa di scuola media. Intanto, continua senza sosta il lavoro per liberare i borghi dal fango, mentre le previsioni meteo segnalano alcuni giorni di bel tempo. Il sindaco di Borghetto stima in almeno 50 milioni di euro i danni nel suo comune.

    Thailandia
    Ancora preoccupazione in Thailandia per il rischio inondazioni a Bangkok. Si temono allagamenti soprattutto nella zona nord della città. Secondo le autorità locali la situazione potrebbe migliorare a partire dai prossimi giorni. Sono una ventina le province colpite fino ad ora: si contano almeno 377 vittime e numerosi sfollati. Ingenti i danni sul fronte dell’agricoltura, dell’industria e del turismo. La Banca centrale tailandese ha calcolato che il disastro ridurrà la crescita del Paese dal 4,1% al 2,6% per l'anno in corso.

    Maltempo-Usa
    Ondata di maltempo negli Stati Uniti, alle prese con un’inattesa tempesta di neve che ha provocato almeno 3 morti. Circa due milioni di famiglie sono rimaste senza corrente elettrica per i danni alla rete. Gli Stati di New York, New Jersey, Connecticut e Massachusetts hanno dichiarato lo stato di emergenza Meteo. Per oggi sono attese nuove nevicate.

    Pakistan: drammatico episodio di violenza
    In Pakistan un esponente politico della Lega Araba è stato bruciato vivo da ignoti. E’ successo in queste ore nello Stato del Punjab. Subito dopo i sostenitori del movimento sono scesi in piazza in segno di protesta. Intanto, nuovi raid degli aerei senza pilota americani nella regione tribale del Waziristan del Nord, la roccaforte di Al Qaeda e dei Talebani al confine con l’Afghanistan. Almeno quattro miliziani hanno perso la vita.

    Afghanistan
    Gli Stati Uniti non vogliono che i Paesi mediorientali interferiscano con le questioni afghane. E’ quanto chiederà il segretario di Stato americano, Clinton, alla conferenza internazionale sull’Afghanistan che si aprirà mercoledì prossimo ad Istanbul, in Turchia. I talebani, intanto, continuano a colpire la Nato: almeno 17 i morti dell’attacco kamikaze di ieri a Kabul contro un autobus della coalizione.

    Libia-Corte Penale Internazionale
    Il secondogenito di Gheddafi, Saif al Islam, non ha attivato alcuna mediazione con la Corte Penale Internazionale dell’Aja, ma ha solo avanzato domande sul sistema legale dell’organismo attraverso un intermediario. Lo ha precisato il procuratore della Corte, Luis Moreno-Ocampo, precisando che mercoledì prossimo ha intenzione di recarsi a New York per riferire al Consiglio di sicurezza dell’Onu sul lavoro in Libia.

    Sudan
    L’esercito di Liberazione del Sud Sudan, uno dei maggiori gruppi ribelli del Paese africano, ha minacciato di attaccare lo Stato di Warrap e ha consigliato all’Onu e ai civili di evacuare la zona nel giro dei prossimi tre giorni. Solo ieri i guerriglieri hanno compiuto un’incursione nella città petrolifera di Mayom respinta dall’esercito regolare di Juba. Il bilancio degli scontri è di 75 vittime, tra cui 60 ribelli.

    Somalia
    In Somalia proseguono i raid dei ribelli islamici di Al Shabaab. L’ultimo è avvenuto ieri ai danni di una base dell’Unione Africana a Mogadiscio. Giallo sul bilancio: i terroristi hanno riferito dell’uccisione di 80 soldati ugandesi. Tuttavia, per i caschi verdi ci sono state soltanto due vittime tra i guerriglieri. Infine, il Kenya ha ribadito che manterrà il suo esercito in Somalia fino a quando non riuscirà a ridurre la minaccia dei ribelli di al Shabaab.

    Egitto
    Rinviato al prossimo 28 dicembre il processo al Cairo a carico dell’ex presidente egiziano Mubarak per corruzione e omicidio di manifestanti. Lo hanno deciso le autorità giudiziarie egiziane. Sul banco degli imputati ci sono anche i figli dell’ex presidente, l’ex ministro dell’Interno e sei dei suoi collaboratori.

    Turchia
    In Turchia le squadre di soccorso da ieri sera hanno smesso di cercare eventuali sopravvissuti al terremoto che domenica scorsa ha devastato la provincia orientale di Van. Lo ha annunciato il vicepremier Atalay precisando che il nuovo bilancio ufficiale è salito a 582 vittime. Sono invece 231 le persone estratte vive dalle macerie.

    Bulgaria
    Al via oggi in Bulgaria il ballottaggio per le elezioni presidenziali. Favorito – secondo gli osservatori - Rossen Plevneliev che ha vinto il primo turno con più del 41% dei consensi e che è appoggiato dal partito conservatore al potere. Il suo rivale è il candidato del partito socialista, Kalfin. I seggi chiuderanno alle 19 ora locale: gli elettori sono poco più di 6,9 milioni su una popolazione di 7,4 milioni.

    Brasile
    L’ex presidente brasiliano Lula da Silva ha un tumore alla laringe. Lo ha reso noto l’ospedale Siro-Libanese di San Paolo, precisando che il paziente nei prossimi giorni inizierà un ciclo di chemioterapia. Secondo i medici le chance di cura sono elevate, in quanto il cancro è stato scoperto molto presto ed è di piccole dimensioni. Ottimismo anche da parte del Capo di Stato brasiliano, Dilma Roussef: Lula – ha affermato - “vincerà anche questa sfida”. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 303

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.