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Sommario del 27/10/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI ad Assisi: la violenza è una contro-religione, i credenti non travisino l'immagine di Dio
  • I leader religiosi a una voce: lo "spirito di Assisi" ha insegnato alle religioni il valore del dialogo
  • Assisi: invitati per la prima volta anche i non credenti. Il prof. Hurtado: dialogo importante. Il priore di Bose: un messaggio per tutti
  • Il viaggio in treno dal Vaticano ad Assisi
  • Rinunce e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il vertice europeo potenzia il fondo salva-Stati e promuove il piano anti-crisi dell'Italia
  • Alluvioni in Thailandia: emergenza a Bangkok, popolazione in fuga
  • Dossier Caritas-Migrantes: la crisi colpisce anche gli immigrati
  • L’economia sia al servizio dell’uomo: alla Lateranense, un corso su etica e finanza
  • Chiesa e Società

  • Pakistan: Paul Bhatti si augura che “lo spirito di Assisi soffi anche nel suo Paese"
  • Nepal: per la Festa delle luci, giovani indù leggono il messaggio di pace del Papa
  • New York: incontro promosso all'Onu dalla Santa Sede sulle negoziazioni di pace
  • Vescovi europei a confronto sulla crisi e il futuro dell’Unione Europea
  • America Latina: a rischio povertà la metà della popolazione
  • Argentina: la Chiesa chiede alla presidente Cristina Fernandez di non dimenticare i poveri
  • Pastorale comune per le zone di frontiera fra Colombia e Venezuela
  • Messico: le morti materne in aumento tra contadine ed indigene
  • Benin. La stampa cattolica: la visita del Papa, momento di grazia per la giustizia e la pace in Africa
  • “Dichiarazione di Niamey”, l’impegno di Africa, Brasile e Francia per la lotta alla desertificazione
  • Somaliland: bambini detenuti senza diritti in attesa dell’attuazione del nuovo diritto minorile
  • Betlemme: l'Istituto "Effeta Paolo VI" per bambini audiolesi ha compiuto 40 anni
  • Terra Santa: sul Monte degli ulivi a Gerusalemme anche il Padre Nostro in bielorusso
  • Indonesia: la Scuola di teologia del Nord Sumatra celebra i 25 anni di fondazione
  • Polonia: convegno sul dialogo tra culture e religioni, alla luce dell'Incontro di Assisi
  • Croazia. Conclusa la quinta Settimana sociale: appello a lavoro etico e difesa della famiglia
  • Austria: funerali solenni del metropolita Staikos, presenti tutte le Chiese cristiane
  • Il cardinale Vallini benedice la statua della Madonna che sostituisce quella profanata il 15 ottobre
  • Sarà l'Ucraina a donare al Papa l'albero di Natale da innalzare in Piazza San Pietro
  • 24 Ore nel Mondo

  • Somalia: droni Usa uccidono 25 civili, scontri a Mogadiscio, colera in crescita
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI ad Assisi: la violenza è una contro-religione, i credenti non travisino l'immagine di Dio

    ◊   Le religioni non possono mai essere motivo di violenza. Le fedi e il dialogo interreligioso sono e devono essere alla base della pace. E’ il richiamo che Benedetto XVI ha lanciato oggi ad Assisi davanti agli esponenti di tutte le religioni del mondo, e a un gruppo di non credenti, in occasione di una nuova Giornata mondiale di preghiera e di riflessione per la pace, a 25 anni dallo storico incontro voluto da Giovanni Paolo II. Il Papa e i circa 300 partecipanti all’appuntamento “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”, sono giunti questa mattina nella città di San Francesco a bordo di un treno che questa sera riporterà tutti a Roma. Da Assisi, la nostra inviata Francesca Sabatinelli:

    Il terrorismo, spesso motivato e giustificato dalla religione, e la negazione di Dio: sono i nuovi volti della violenza che Benedetto XVI denuncia qui da Assisi, dove 25 anni fa il suo predecessore Giovanni Paolo II aveva invitato per la prima volta le religioni del mondo per una preghiera per la pace nel mondo. Il Papa ricorda quell’evento all’inizio del suo discorso rivolto ai circa 300 rappresentanti delle varie confessioni. Anche questa volta l’immagine è di uomini di fede riuniti nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, con la novità della presenza dei non credenti. Alle loro spalle la Porziuncola, la chiesa che fu ed è il centro del francescanesimo, dove il poverello fondò il suo ordine. Benedetto XVI parlando ai leader cristiani, ebrei, musulmani e delle altre fedi, traccia il profilo storico del 1986, quando il muro di Berlino simbolicamente divideva il pianeta in due blocchi contrastanti tra loro. Il crollo di quella barriera dimostrò che la volontà dei popoli di essere liberi era più forte degli arsenali della violenza – dice – e che, soprattutto, dietro il potere materiale non c’era più alcuna convinzione spirituale. Fu una vittoria della libertà, anche di poter credere, e quindi una vittoria della pace. L’oggi però presenta di nuovo minacce a questo “grande bene”:

    “Il mondo della libertà si è rivelato in gran parte senza orientamento, e da non pochi la libertà viene fraintesa anche come libertà per la violenza. La discordia assume nuovi e spaventosi volti e la lotta per la pace deve stimolare in modo nuovo tutti noi”.

    Ed ecco “i nuovi volti della violenza”, primo fra tutti il terrorismo, attacchi mirati che – dice il Papa – mettono “fuori gioco tutto ciò che nel diritto internazionale era comunemente riconosciuto e sanzionato come limite alla violenza”:

    “Sappiamo che spesso il terrorismo è motivato religiosamente e che proprio il carattere religioso degli attacchi serve come giustificazione per la crudeltà spietata, che crede di poter accantonare le regole del diritto a motivo del ‘bene’ perseguito. La religione qui non è a servizio della pace, ma della giustificazione della violenza”.

    Che la religione motivi di fatto la violenza, è il richiamo del Papa ai presenti, è qualcosa che deve preoccupare le persone di fede. Il messaggio di 25 anni fa di Giovanni Paolo II, viene oggi rilanciato da Benedetto XVI, di nuovo dalla città di San Francesco: la forza della risposta risiede nel dialogo interreligioso. Assisi nel 1986 fu un atto di penitenza perché i cattolici, disse Giovanni Paolo II, non sono sempre stati costruttori di pace. Oggi lo ripete Benedetto XVI, chiedendo che la fede cristiana sia strumento della pace di Dio nel mondo:

    “Come cristiano, vorrei dire a questo punto: sì, nella storia anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza. Lo riconosciamo, pieni di vergogna. Ma è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo abusivo della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura”.

    L’assenza di Dio, la sua negazione, corrompe l’uomo, ne provoca il decadimento e comporta violenza, ed ecco la seconda motivazione identificata dal Papa. “I nemici della religione - dice – vedono in questa una fonte primaria di violenza nella storia dell’umanità e pretendono quindi la scomparsa della religione”:

    “Ma il ‘no’ a Dio ha prodotto crudeltà e una violenza senza misura, che è stata possibile solo perché l’uomo non riconosceva più alcuna norma e alcun giudice al di sopra di sé, ma prendeva come norma soltanto se stesso. Gli orrori dei campi di concentramento mostrano in tutta chiarezza le conseguenze dell’assenza di Dio”.

    Il Papa si sofferma sulla decadenza dell’uomo dalla quale deriva il cambiamento del clima spirituale. In una società segnata dalla degenerazione del desiderio di felicità la violenza diventa una cosa normale, in questo caso “la pace è distrutta e in questa mancanza di pace l’uomo distrugge se stesso”:

    “L’adorazione di mammona, dell’avere e del potere, si rivela una contro-religione, in cui non conta più l’uomo, ma solo il vantaggio personale”.

    In conclusione il Papa parla della novità di Assisi 2011. La presenza, accanto alle religioni mondiali, di un gruppo di non credenti, uomini e donne di scienza e di cultura ai quali “non è stato dato il dono del poter credere e che tuttavia cercano la verità, sono alla ricerca di Dio”. Pongono domande sia agli atei combattivi che pretendono di sapere che non c’è un Dio, sia agli aderenti alle religioni, perché non considerino Dio come una proprietà personale:

    “Queste persone cercano la verità, cercano il vero Dio, la cui immagine nelle religioni, a causa del modo nel quale non di rado sono praticate, è non raramente nascosta. Che essi non riescano a trovare Dio dipende anche dai credenti con la loro immagine ridotta o anche travisata di Dio”.

    Si tratta dunque di un “ritrovarsi insieme in questo essere in cammino verso la verità e del farsi carico insieme della causa della pace contro ogni specie di violenza distruttrice del diritto”. La Chiesa cattolica, conclude il Papa, “non desisterà dalla lotta contro la violenza, dal suo impegno per la pace nel mondo”. Questo pomeriggio dopo una pausa di riflessione e preghiera personale, il Papa e i capi delegazione si trasferiranno a piazza San Francesco per l’incontro conclusivo e per una silenziosa visita alla tomba del Santo.

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    I leader religiosi a una voce: lo "spirito di Assisi" ha insegnato alle religioni il valore del dialogo

    ◊   Prima dell’intervento di Benedetto XVI, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli si sono alternati alcuni capi delle Chiese cristiane d’Oriente e d’Occidente, insieme con esponenti del mondo ebraico ed islamico e dei maggiori culti mondiali. La sintesi dei loro interventi in questo servizio di Alessandro De Carolis:

    Se è il dialogo fra le religioni a prevalere allora e la comprensione a vincere e non l’odio, la pace ad avere più chance di radicarsi rispetto al conflitto. Come una melodia suonata a più mani, con lo “spirito di Assisi” a orientarne le note, i leader religiosi che hanno preso la parola in successione sotto le volte di Santa Maria degli Angeli hanno ribadito, con sottolineature diverse, il medesimo concetto di fondo per cui 25 anni fa il primo raduno nella città di Francesco riuscì a posare la prima pietra del suo edificio. Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, primo a inaugurare la serie dei dieci interventi della mattina, ha voluto anzitutto replicare esplicitamente a chi ha continuato a sostenere che gli incontri per la pace organizzati negli anni nella città francescana contengano una deriva sincretistica:

    “Il ne s’agit pas, comme certains l’insinuent…
    Non si tratta, come alcuni insinuano, di fare del dialogo interreligioso, o un dialogo ecumenico, in una prospettiva sincretista. Al contrario, la visione che noi lodiamo nel dialogo interreligioso possiede un senso tutto particolare, che deriva dalla capacità stessa delle religioni di investire il campo della società per promuovervi la pace”.

    Oggi “non siamo qui – ha idealmente proseguito il primate della Comunione anglicana, l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams – per affermare un minimo comune denominatore di ciò che crediamo”…

    “…but to speak out of the depth…
    ma per levare la voce dal profondo delle nostre tradizioni, in tutta la loro singolarità, in modo che la famiglia umana possa essere più pienamente consapevole di quanta sapienza vi sia da attingere nella lotta contro la follia di un mondo ancora ossessionato da paura e sospetti, ancora innamorato dell’idea di una sicurezza basata su di una ostilità difensiva, e ancora in grado di tollerare o ignorare le enormi perdite di vite tra i più poveri a causa di guerre e malattie”.

    Il Gran Rabbino David Rosen, direttore del Dipartimento per gli Affari Interreligiosi dell’“American Jewish Committee”, dopo una profonda riflessione ancorata al tema biblico del pellegrinaggio, ha colto nell’itinerario dei raduni di Assisi le tappe di quell’universale cammino dell’uomo che tende verso la casa di Dio. E ha soggiunto:

    “For demonstrating this aspiration…
    Per aver dimostrato questa aspirazione in una maniera così visibile, qui in Assisi, 25 anni fa, noi abbiamo un debito di gratitudine alla memoria del Beato Giovanni Paolo II e dobbiamo essere profondamente grati al suo successore, Papa Benedetto XVI per aver continuato questo cammino”.

    Ricordando l’11 settembre, ma anche le recenti “primavere arabe”, il Patriarca di Costantinopoli aveva anche toccato il punto sensibile che ha poi attraversato, come un flusso di corrente, quasi tutte le riflessioni seguenti: quello della “strumentalizzazione” a fini bellici della religione. Ha affermato in proposito il delegato intervenuto in vece del segretario generale della Conferenza internazionale degli studiosi islamici (Icis), Kiai Haji Hasyim Muzadi:

    “There are also other factors that are reasons…
    Vi sono altri fattori alla base dei conflitti che sorgono tra credenti; fattori che sono basati su interessi non religiosi, che si ammantano di insegnamenti religiosi e strumentalizzano la religione per obiettivi non religiosi (...) A questo riguardo, dobbiamo identificare la religione come ciò che è al di sopra di tutti gli interessi. Se la religione sarà posta al di sopra degli interessi, allora servirà come un faro di speranza ricevuto dai nostri antenati.

    “Giustizia e verità rappresentano le condizioni concrete per la riconciliazione”, ha detto da parte sua il primate della Chiesa Apostolica Armena di Francia, Norvanzakarian, il quale ha concentrato l’attenzione sull’opportunità della creazione degli organismi giudiziari internazionali e sulla loro azione volta, ha detto, a “stabilire la verità sui crimini perpetrati durante i conflitti armati e particolarmente sul crimine più grave di tutti: il genocidio”. Orientato invece al futuro l’avvio dell’intervento del segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, Olav Fykse Tveit:

    “What Francis accomplished as a youngman…
    Ciò che Francesco ha compiuto da giovane, nei suoi vent’anni, è per noi un richiamo salutare all’importanza del ruolo che i giovani devono e possono svolgere sia nelle comunità di fede che nel più ampio contesto sociale. Senza questo, non saremmo qui oggi. Anche oggi, la pace nel mondo richiede le idee e il contributo dei giovani”.

    Il portavoce della religione Ifu e Yoruba nel mondo, che ha detto di parlare anche “a nome dei capi e dei seguaci delle religioni indigene dell’Africa”, ha posto l’accento sul ruolo della religione non solo come via per rispettare il prossimo ma anche la natura, mancando di rispetto alla quale – ha concluso – “gli esseri umani non potranno raggiungere la vera pace e la tranquillità”. In un mondo di reti sociali digitali diffuse, c’è bisogno di essere legati da una “fraternità in favore della vita” come pure da una “fraternità in favore della pace”, è stata la sollecitazione dal parte del rappresentante del Buddismo coreano, il presidente dello “Jogye order”, Ja-Seung. Sul tema del pellegrinaggio, ma dal versante della sensibilità orientale, il rappresentante della religione hindu, Acharya Shri Shrivatsa Goswani, ha riflettuto sul progresso dello “spirito di Assisi” nell’arco di 25 anni ed ha osservato:

    “Dialogue will be a futile exercise…
    Il dialogo sarà un esercizio futile se non lo intraprendiamo con umiltà, pazienza, e il desiderio di rispettare l’'altro' – e ciò senza pretendere lo stesso in cambio. Questo ci renderà capaci di dire 'no' all’ingiustizia di ogni tipo. Ciò richiede molto coraggio, e quel coraggio verrà solo dalla preghiera”.

    Certamente privo dei riferimenti a una religiosità propriamente detta è stato l’intervento della prof.ssa bulgara Julia Kristeva, uno dei quattro intellettuali non credenti presenti ad Assisi. La sua dotta riflessione sull’umanesimo, considerata da un punto di vista laico, è stata conclusa da una convinzione espressa in modo reciso: “La rifondazione dell’umanesimo non è un dogma provvidenziale né un gioco dello spirito, è una scommessa (...) L’età del sospetto non è più sufficiente. Di fronte alle crisi e alle minacce che si aggravano, è giunta l’età della scommessa. Osiamo scommettere sul rinnovamento continuo delle capacità di uomini e donne a credere e a conoscere insieme”.

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    Assisi: invitati per la prima volta anche i non credenti. Il prof. Hurtado: dialogo importante. Il priore di Bose: un messaggio per tutti

    ◊   Tra i non credenti invitati all’incontro di Assisi c’è anche il filosofo messicano Guillermo Hurtado, docente presso l’Istituto di ricerche filosofiche dell’Università di Mexico “Unam”. Patricia Ynestroza gli ha chiesto una riflessione su questa giornata:

    R. – Bueno, primero fue un sentimiento de sorpresa...
    Prima di tutto ho provato un sentimento di sorpresa. L’invito mi ha emozionato tantissimo, anche perché il dialogo tra credenti e non credenti è molto importante per il mondo attuale. Entrambi cerchiamo mete comuni e una di queste è la pace, ma anche la verità. Ora, io definirei questo incontro di Assisi un evento unico, proprio perché per la prima volta sono stati invitati dei non credenti. Credo che sia un fatto molto importante a livello simbolico. Oggi, credenti e non credenti condividono problemi molto simili: siamo in qualche modo persi in un mondo di macchine e di illusioni. In questo contesto, dobbiamo cercare un dialogo profondo, innanzitutto sui grandi problemi dell’umanità contemporanea, i problemi etici dovuti allo sviluppo tecnologico, la salvaguardia dell’ambiente, la crisi della democrazia rappresentativa, e trovare decisioni condivise. Un altro tipo di dialogo riguarda le domande fondamentali della vita umana: le miserie e le grandezze della vita che condividiamo tutti. E’ un dialogo che ha bisogno di un’apertura reciproca e che deve cercare non tanto un accordo, quanto un piano di scoperta, in cui si possa capire la condizione dell’altro. E’ un’avventura che può trasformare in modo esistenziale credenti e non credenti, e condurci ad una conoscenza superiore e quindi ad una nuova condizione per l’umanità. Certo, conoscere se stessi è già quasi impossibile, e conoscere gli altri è uno sforzo ancora più straordinario che richiede molta pazienza e molta “carità”. Ma credo che dobbiamo farlo: dobbiamo avvicinarci agli altri e solo così potremo uscire dalla crisi attuale, che è una crisi molto più profonda di una crisi economica: è una crisi di spirito che condividiamo sia in quanto credenti che non credenti. (ap)

    Ad Assisi c’è anche il priore della Comunità ecumenica di Bose, Enzo Bianchi. Antonella Palermo gli ha chiesto il significato di questo incontro:

    R - E’ un evento in cui gli appartenenti a diverse religioni oppure non credenti si ritrovano insieme per riflettere sulla pace, per riflettere sul rispetto reciproco, per riflettere sulla propria ricerca di Dio, in qualunque modo essa venga compiuta, perché se è autentica, se è secondo coscienza è sempre un cammino che può essere significativo per l’umanizzazione… E’ sempre un cercare Dio.

    D. - Quale segnale per le Chiese, per le altre religioni e per i non credenti il fatto che Benedetto XVI abbia scelto di andare ad Assisi?

    R. - Certamente Benedetto XVI sa che ci sono dei cristiani che soffrono dell’intolleranza a causa del fanatismo religioso in Egitto, in Pakistan, in tanti altri Paesi, anche in Cina. Dunque la richiesta a tutti, non solo di una tolleranza, di un rispetto reciproco e che il nome di Dio non venga strumentalizzato in violenza e in aggressività. Questo è un messaggio per tutti gli uomini!

    D. - Si può pregare insieme? Nel titolo di questa Giornata la preghiera è stata anticipata dalla volontà di riflessione: come giustifica questa scelta?

    R. - Io credo che si possa stare insieme per pregare, ma ognuno deve pregare secondo i propri riti, secondo la propria preghiera, secondo il proprio cuore… Una preghiera comune non ha senso: noi oggi almeno non siamo capaci di pensarla, perché formule comuni sarebbero anzitutto non rispettose della fede, del rito, della preghiera, della Liturgia di ciascuna via religiosa. In qualche misura favorirebbe poi una qualche forma di sincretismo; potrebbe portare a pensare che tutte le religioni si equivalgano. Io credo, invece, che sia importante che ognuno rispetti la preghiera dell’altro, come avviene ogni giorno: quando noi cristiani andiamo in chiesa, altri, poco lontano, pregano nella moschea, altri un poco più lontano pregano nella sinagoga, altri ancora in altri templi di preghiera. Noi dovremmo aver coscienza di questo e chiedere al nostro Dio di radunare queste preghiere, di accogliere queste preghiere e sentire una profonda solidarietà di mendicanti presso Dio. Questo dovrebbe rallegrarci, che degli uomini preghino con vie diverse, con conoscenze diverse, con vicinanza alla verità diverse, ma tutti insieme siamo mendicanti: cerchiamo e preghiamo, senza sincretismi e senza ambiguità. (mg)

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    Il viaggio in treno dal Vaticano ad Assisi

    ◊   E’ stato un Etr 600 Frecciargento delle Ferrovie dello Stato italiane a portare il Papa ed i rappresentanti delle diverse tradizioni religiose in pellegrinaggio dal Vaticano ad Assisi. Ce ne parla il nostro inviato Luca Collodi.

    Partito alle 8 dalla stazione vaticana l’Etr 600 delle Ferrovie italiane formato da 7 vetture con 300 persone a bordo ha percorso a bassa velocità il binario non elettrificato di 800 metri che separa la Stazione vaticana dalla rete ferroviaria italiana di Roma San Pietro. Trainato da due locomotori diesel, sganciati in una sosta tecnica alla stazione di San Pietro, il Frecciargento è ripartito a trazione elettrica alla volta di Assisi, via Roma Trastevere, Ostiense, Tuscolana e Tiburtina per immettersi a 240 km orari sulla linea ad alta velocità fino ad Orte e deviare verso Assisi via Terni, Spoleto e Foligno. Il Papa ha viaggiando nella vettura numero 2, ubicata verso la coda del treno, con il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, accompagnato, dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, e da altri autorevoli esponenti delle religioni mondiali. Compresi i vertici delle Ferrovie italiane. Nella carrozza 1 ha trovato posto una folta rappresentanza della Curia romana, con il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco e il vicario del Papa per la diocesi di Roma, cardinale Agostino Vallini. L’Etr 600 ha rallentato la corsa al passaggio nelle stazioni di Terni, Spoleto e Foligno dove numerose persone e bambini hanno salutato Benedetto XVI al passaggio del treno. Il rapporto tra i Papi e la ferrovia, nel corso degli anni, è sempre stato intenso. Il primo viaggio in treno di un Papa è quello di Pio IX, sulla Napoli-Portici, nel 1849, In appena 15 anni, dal 1849, lo Stato Pontificio diventerà uno dei più evoluti nella costruzione di linee ferroviarie. Ricordiamo i collegamenti con Frascati, Civitavecchia e Velletri. Con i Patti Lateranensi del 1929 fu costruita la Stazione ferroviaria all’interno delle mura vaticane, inaugurata nel 1934. Nel 1959, l’11 aprile, Papa Giovanni XXIII era salito su un treno speciale in partenza dalla Stazione vaticana. Ma quella volta solo per sostare in preghiera davanti all’urna con la salma di San Pio X in procinto di essere traslata a Venezia, dove rimase per un mese esposta nella Basilica di San Marco alla venerazione dei veneziani prima di far ritorno a Roma. Paolo VI continua il legame tra i Papi e le ferrovie: nel 1964 dedica un’udienza ai ferrovieri e nel Natale del 1972 celebra la Messa nei cantieri della direttissima Roma-Firenze, allora in costruzione. Nel 1979, Papa Wojtyla visita lo scalo ferroviario di Roma Smistamento e nel settembre 1980 la stazione di Velletri, voluta da Pio IX. Nel 1982 Papa Giovanni Paolo II fu alla Stazione di Bologna, che due anni prima venne colpita da un tragico attentato terroristico. A parte queste uscite italiane, Papa Wojtyla percorse molti chilometri in treno nel corso dei suoi viaggi internazionali. In Argentina, Portogallo, poi da Zurigo a Friburgo e in Canada diretto a Montreal, in Belgio e nei Paesi Bassi. Nel 1986, l’11 febbraio l’ultimo tratto del suo viaggio di ritorno dall’India fu compiuto in treno per via dell’eccezionale nevicata che rese impraticabili gli aeroporti romani e costrinse l’aereo papale ad atterrare a Napoli. Il treno con il Papa fece una fermata imprevista di un’ora alla stazione di Minturno-Scauri. E ancora, il 24 gennaio 2002, Giovanni Paolo II partì dalla stazione del Vaticano alla volta di Assisi con i rappresentanti delle religioni mondiali per la Giornata di Preghiera per la pace nel mondo, promossa all’indomani dell’attentato terroristico negli Usa alle Torri Gemelle.

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    Rinunce e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha nominato vescovo di Nuevo Casas Grandes (Messico) mons. Jesús José Herrera Quiñonez, del clero della diocesi di Mexicali. Mons. Jesús José Herrera Quiñonez è nato a Mexicali il 20 dicembre 1961. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici nel Seminario Maggiore di Morelia e in quello di Tijuana. Nel 1997 ha poi ottenuto la Licenza in Teologia del Matrimonio e della Famiglia presso il Pontificio Istituto "Giovanni Paolo II" a Roma. È stato ordinato sacerdote il 20 dicembre 1987, con incardinazione nella diocesi di Mexicali.

    Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kyiv-Halich, col consenso del Sinodo Permanente, riunitosi a Curitiba in Brasile il 10 settembre 2011, ed avendo informato la Sede Apostolica, ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'Eparchia di Sambir- Drohobych degli Ucraini (Ucraina), presentata da mons. Julian Voronovsky, in conformità al can. 210 § 1 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. All'ufficio di vescovo eparchiale di Sambir-Drohobych degli Ucraini gli succede il Vescovo Coadiutore, mons. Jaroslav Pryriz. Mons. Jaroslav Pryriz, C.SS.R., è nato il 30 marzo 1963 a Lastivka, Eparchia di Sambir-Drohobych degli Ucraini, regione di Lviv, Ucraina. Ordinato sacerdote il 13 dicembre 1988, nel 1993 è entrato nella Congregazione dei Padri Redentoristi. Ha emesso i primi voti nel 1994. Dal 1991 al 1997, con qualche interruzione, ha studiato presso il Pontificio Istituto Orientale a Roma, dove ha ottenuto la licenza in Scienze Ecclesiastiche Orientali. Ha svolto servizio pastorale in diverse parrocchie dell'Eparchia di Sambir-Drohobych. Dal 1997 al 2001 è stato prefetto degli studi presso l'Istituto dei Padri Redentoristi a Lviv e in seguito Rettore del medesimo. Dal 2005 al 2006 è stato protosincello dell'Eparchia di Sambir-Drohobych. Il 2 marzo 2006 è stato eletto alla Chiesa tit. di Auzia e vescovo ausiliare della medesima Circoscrizione Ecclesiastica, ricevendo l’ordinazione episcopale il 29 aprile successivo. Il 21 aprile 2010 è stato promosso vescovo coadiutore della medesima Eparchia.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Ad Assisi l'incontro di Benedetto XVI con i rappresentanti di diverse religioni e con un gruppo di non credenti nella giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace. All'interno, i discorsi del Papa e dei partecipanti all'evento.

    In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo “Dio nella storia”.

    Nell'informazione internazionale, in rilievo l'economia: i mercati promuovono l'accordo salva-euro.

    La chiave di volta dell'integrazione: il dossier annuale sul fenomeno migratorio di Caritas italiana e Fondazione Migrantes.

    Il Tesoro di Assisi: Timothy Verdon sugli affreschi giottechi della Basilica superiore.

    Non rinunciate alla sfida dei ragazzi difficili: Carlo Di Cicco sull'appello di Giovanni Battista Montini ai salesiani sull'educazione dei giovani.

    C'era una volta «Il Vittorioso»: Raffaele Alessandrini sulle origini, le vicende e la storia del popolarissimo settimanale illustrato.

    Così Dio insegna l'umiltà: Maria Barbagallo sull'esperienza missionaria.

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    Oggi in Primo Piano



    Il vertice europeo potenzia il fondo salva-Stati e promuove il piano anti-crisi dell'Italia

    ◊   Reazione positiva oggi delle borse mondiali all’accordo europeo raggiunto nella notte a Bruxelles sul potenziamento del Fondo salva-Stati e sui nuovi aiuti alla Grecia. Via libera, inoltre, alle nuove misure annunciate dell’Italia con il premier Berlusconi che ha garantito sul mantenimento degli impegni. Nel Paese è polemica su pensioni e licenziamenti facili. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    Mercati mondiali euforici. Fiducia e ottimismo arrivano anche dall’Europarlamento di Strasburgo dove i leader dell’Unione in mattinata hanno riferito sugli esiti del lungo vertice notturno di Bruxelles. L’intesa – definita storica - prevede il potenziamento del fondo salva Stati, che ora può arrivare fino a circa mille miliardi di euro. Ma c’è anche il nuovo piano di salvataggio per la Grecia, grazie alle banche che hanno accettato una svalutazione del 50% dei titoli ellenici posseduti. Infine, il caso Italia. Il summit ha espresso parere positivo per le nuove misure al vaglio del governo contenute in una lettera presentata dal premier Berlusconi. Tuttavia, sia presidente permanente del Consiglio Ue, Van Rompuy, sia il presidente della Commissione Ue, Barroso, hanno ribadito che servono garanzie e che l’Italia deve chiarire i tempi di attuazione. Il riferimento, tra l’altro, è all’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni entro il 2026. Un tema delicato per la tenuta della maggioranza: la Lega alla fine ha dato il suo appoggio, ma il ministro Tremonti pare non abbia firmato la missiva: “Si è defilato”, ha detto il leader del carroccio Bossi, il quale ha negato il ricorso al voto anticipato precisando che l’alleanza con il Pdl è funzionale al federalismo. Le opposizioni, intanto, chiedono a gran voce che il premier Berlusconi chiarisca in Parlamento. Sono numerosi i punti del pacchetto: vendita dei patrimoni dello Stato, liberalizzazioni, sostegni alle imprese, semplificazione normativa. Il ministro Sacconi ha proposto un tavolo con le parti sociali per discutere su un altro punto controverso, cioè i cosiddetti licenziamenti facili tra le novità più discusse. Centro, sinistra e sindacati sono sul piede di guerra e questi ultimi, in attesa di delucidazioni, annunciano una reazione forte.

    Per un commento sull’accordo raggiunto in Europa riguardo all’aumento del fondo salva-Stati e alla riduzione del valore del debito greco da parte delle banche, sentiamo l’economista Riccardo Moro intervistato da Stefano Leszczynski:

    R. – Credo che in questi momenti si debba essere ottimisti, perché in economia molto spesso il futuro si costruisce attraverso le aspettative. Certamente, è positivo il fatto che i governi abbiano mostrato tanta volontà di trovare un’intesa; sicuramente quello che emerge è una volontà politica determinata, di costruire una soluzione che coinvolga banche e offra un percorso di uscita per la Grecia.

    D. – Le riforme proposte dal governo italiano soddisfano l’Europa; ma che ripercussioni avranno, all’interno del Paese?

    R. – In questo momento è difficile dirlo. Correttamente, ci sono due dimensioni. Una, quella dell’impegno di tutti i Paesi per offrire strumenti che aiutino le singole situazioni di difficoltà. A questo deve corrispondere, però, l’azione politica del singolo governo. Il problema dell’Italia è, fondamentalmente, la credibilità del governo, molto più che non le singole riforme che vengono messe in atto.

    D. – Subito i mercati hanno reagito in maniera positiva a quello che è uscito dal vertice dell’Unione Europea; l’economia quotidiana degli europei continua a rimanere difficile. Come rispondere alle aspettative dei cittadini europei?

    R. – Oggi facciamo fatica a ricreare un trend positivo. Ripeto, in parte questo è dovuto al clima di aspettative che si crea, in parte alla difficoltà da parte degli Stati di mantenere alcuni interventi di protezione sociale. L’uscita non può che determinarsi attraverso un consenso e una coesione di tutti gli attori, che solo un governo credibile può creare.

    D. – Il fatto che si sia sciolto il nodo del Fondo salva-Stati, cosa significa nel contesto europeo?

    R. – Si parla dei coinvolgimento di altri attori sovrani, come la Cina; si parla di un coinvolgimento di attori privati … mi pare una direzione corretta. Diciamo che il meccanismo non è ancora completamente definito. Detto questo, è il segnale che tutti attendevano: da due anni noi abbiamo l’apertura di questa crisi europea, con la situazione greca, che avrebbe potuto essere gestita con un intervento deciso, a costi bassissimi: si parlava di qualche miliardo di euro, a quell’epoca, per poter evitare questa degenerazione. Gli egoismi dei vari Paesi hanno portato, oggi, ad un impegno che è intorno ai 500 miliardi e che può aumentare grazie alle leve – stiamo parlando di mille miliardi di euro – e che oggi è onorato però direttamente solo con 200-250 miliardi di euro. E i governi europei non possono fare che questo: non c’è alternativa alla solidarietà istituzionale dell’Unione per poter fare fronte alle situazioni di crisi dei singoli Paesi. E’ una risposta che non può essere salutata che positivamente, per quanto sia una risposta che comunque arriva molto tardi! (gf)

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    Alluvioni in Thailandia: emergenza a Bangkok, popolazione in fuga

    ◊   E’ ancora emergenza alluvioni in Thailandia, che hanno già causato oltre 370 morti nelle ultime settimane. Ora a preoccupare maggiormente è la situazione nella capitale, Bangkok, sulla quale si riverseranno nel week end 1,2 miliardi di metri cubi d'acqua, il volume di circa 480mila piscine olimpiche. A dichiararlo l'ufficio dell'Onu per il Coordinamento degli Affari Umanitari. Molti dei 12 milioni di abitanti stanno lasciando la capitale per non rimanere intrappolati, rispondendo all’appello delle autorità, che stanno gestendo l’emergenza. Ma non c’è il rischio che il caos faccia più vittime delle inondazioni stesse? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Stefano Vecchia, raggiunto a Bangkok:

    R. - E’ una situazione assolutamente anomala, che Bangkok non si è mai trovata ad affrontare e quindi con tutte le incertezze del caso. Al momento la situazione è relativamente tranquilla e la gente sta affrontando in modo - tutto sommato - calmo e, forse, anche distaccato questa gravissima situazione. Una parte della popolazione cerca di allontanarsi, ma soprattutto si cercano di allontanare le persone più deboli e quindi i bambini e gli anziani… Molti, però, resteranno qui e si stanno preparando a ricevere l’acqua nelle prossime ore.

    D. - Il secondo aeroporto della città è stato invaso dalle acque, i treni non funzionano: come è possibile allora evacuare 12 milioni di persone?

    R. - Nei fatti è impossibile, nonostante le autorità abbiano messo in campo 50 mila militari per gestire la situazione, che riguarderà anche una situazione di ordine pubblico. Il sistema di trasporto stradale è molto efficiente, perché buona parte della popolazione di Bangkok è immigrata, anche da province lontane, e quindi i trasporti sono rapidi, efficienti e molto frequenti. Certamente non sono preparati - come stanno dimostrando - ad accogliere una massa tale di viaggiatori per di più con delle strade - soprattutto quelle in uscita da Bangkok - in buona parte inondate.

    D. - Il rischio è che possano saltare anche gli ultimi argini che proteggono la città, che quindi possa essere invasa completamente dalle acque…

    R. - Sì, questa è la prospettiva che nessuno ormai esclude più. Le stesse autorità sono convinte che Bangkok vada incontro ad una alluvione molto pesante. Certamente sarà diversa l’altezza dell’acqua e l’entità dei danni a seconda delle aree. Teniamo presente che sono due le direttive di avvicinamento e, a questo punto, di penetrazione dell’acqua verso il centro cittadino: una è questa massa che scende da nord in conseguenza delle alluvioni e di tre mesi di piogge torrenziali e l’altra è il corso del fiume Chao Phraya, che si è ingrossato paurosamente e sta portando un’onda di piena dal centro cittadino. Da ieri in diverse zone, gli argini hanno già rotto.

    D. - L’acqua in bottiglia è ormai introvabile e gli ospedali sono pieni: anche dal punto di vista sanitario la situazione rischia di precipitare...

    R. - Assolutamente sì. Ci sono molti casi di malattie e patologie legate all’acqua, chiaramente all’acqua inquinata: la gente, ormai da giorni e in alcune zone da settimane, vive a contatto con l’acqua. Si teme soprattutto per i bambini: sono centinaia di migliaia quelli solo nell’area periferica interessata già dalle alluvioni. Le autorità hanno lanciato l’allarme per l’acqua potabile, perché l’acqua potabile nelle riserve cittadine è al minimo storico e in alcune zone è già in parte infiltrata da elementi inquinanti. Questo rischia di diventare veramente un’emergenza, se la situazione dovesse perdurare. (mg)

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    Dossier Caritas-Migrantes: la crisi colpisce anche gli immigrati

    ◊   La crisi economica incide anche sull’immigrazione. Secondo il rapporto Caritas-Migrantes, presentato oggi a Roma, nel 2010 il numero degli stranieri regolari in Italia si è fermato a quasi 5 milioni. Rimane comunque imponente il loro apporto alla società: infatti, i loro contributi pensionistici valgono 7,5 miliardi di euro. In un messaggio, il presidente del Senato Renato Schifani ha rivolto un plauso alla Caritas per il dossier. Alessandro Guarasci:

    La presenza degli immigrati è stabile in Italia, pari al 7,5% della popolazione italiana. In realtà le nuove presenze lo scorso anno sono state quasi mezzo milione, tra regolarizzati e nuovi venuti, ma altrettanti sono "scomparsi" perché il loro permesso di soggiorno è scaduto e, quindi, o sono stati rimpatriati o sono scivolati nell'irregolarità. Chi è rimasto, non di rado è dovuto ricorrere ai centri d’ascolto della Caritas. Mons. Vittorio Nozza, del comitato di Presidenza del dossier:

    “Un numero di immigrati che da diversi anni non frequentava più i centri di ascolto, i luoghi di accoglienza, della mensa, la perdita del posto di lavoro li sta riconsegnando di nuovo a questo tipo di servizi. Questa è la preoccupazione maggiore: cioè, il fatto che chi aveva già pezzi di futuro dentro la propria vita, nel momento della perdita del lavoro, si vede ricacciato a dover chiedere sostegno, aiuto economico, aiuto abitativo, sostegno al cammino di scuola dei propri figli, alla propria vita di sanità, di salute”.

    Lombardia e Lazio le regioni col maggior numero d'immigrati. Gli irregolari poi sono mezzo milione, e nel 2010 sono stati registrati 4.200 respingimenti alle frontiere e oltre 16 mila rimpatri forzati. Per tutti comunque la chiave di volta è una vera integrazione, soprattutto in un Paese, come l’Italia, dove gli stranieri rappresentano circa il 10% della forza lavoro. Flavio Zanonato, delegato Anci per l’immigrazione:

    “Non solo lavoro e diritti nel lavoro ma anche casa, ma anche tempo libero, ma anche possibilità di ricongiungimento familiare: cioè, tutte quelle cose che caratterizzano l’esigenza delle persone che arrivano qui. Non arrivano solo lavoratori, arrivano persone con tutti i diritti, però bisogna affrontare con serietà questi problemi e non farli diventare 'il problema', perché il problema è quello di integrare questa gente”.

    Gli immigrati chiedono più servizi. Versano infatti all’erario, 1,5 miliardi di euro in più di quanto ricevono. Anche per questo la Caritas chiede di cambiare le leggi sulla cittadinanza e sugli arrivi dall’estero.

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    L’economia sia al servizio dell’uomo: alla Lateranense, un corso su etica e finanza

    ◊   Si è aperto stamani alla Pontificia Università Lateranense il Corso di formazione “Etica, finanza e sviluppo”. L’iniziativa è promossa dall’Area internazionale di ricerca “Caritas in Veritate” dell’ateneo e dall’Accademia internazionale per lo sviluppo economico e sociale (Aises), in collaborazione con l'Ufficio di pastorale universitaria del Vicariato di Roma. Al seminario inaugurale - sul tema “Persona, governante e mercato” - sono intervenuti, tra gli altri, il rettore della Lateranense, mons. Enrico dal Covolo, e il prof. Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior. L’evento è stato seguito per noi da Alessandro Gisotti:

    Umanizzare l’economia ponendola al servizio del bene comune: è il messaggio lanciato dalla Lateranense dove accademici, banchieri e giuristi si sono confrontati sul tema quanto mai attuale “Persona, governance, mercato”. Nel suo intervento, il rettore dell’ateneo, mons. Enrico Dal Covolo, ha affermato che l’economia deve guardare all’uomo in tutte le sue dimensioni ed ha esortato quanti hanno responsabilità nel settore economico-finanziario ad operare sempre nel rispetto della dignità umana. Gli ha fatto eco il presidente dell’Ior, Ettore Gotti Tedeschi, che ha osservato come anche nei processi economici l’uomo deve sempre avere dei riferimenti di verità. Ed ha avvertito: “La finanza non può mai avere un’autonomia morale”. Una considerazione condivisa dall’amministratore delegato di Banca Intesa San Paolo, Corrado Passera, che ha sottolineato come il mercato non sia fine, ma strumento giacché il fine è sempre il bene dell’uomo e della società. All’indomani dell’accordo a Bruxelles per arginare la crisi, Passera ha inoltre affermato che per avviare uno sviluppo reale c’è bisogno di valori, innovazione e di una leadership capace di guidare il cambiamento. Infine, il vice direttore di Bankitalia, Annamaria Tarantola, ha messo l’accento sulla crescente domanda di equità e regole nel sistema finanziario, affinché sia permessa una crescita collettiva sostenibile.

    Sull’importanza di un Corso su etica e finanza, in un periodo segnato da una forte crisi economica a livello mondiale, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Flavio Felice, direttore dell’Area “Caritas in Veritate” della Lateranense:

    R. - Tutto ciò che è umano, non è alieno al cristiano. Di conseguenza etica, finanza e sviluppo le possiamo anche identificare come tre coordinate del vivere dell’uomo, attraverso le quali l’uomo sperimenta la propria vocazione più propriamente umana. Il riferimento all’etica vuole essere il riferimento ad una prospettiva antropologica che qualifica ed offre la cifra dello sviluppo che ci interessa: uno sviluppo integrale della persona e quindi pluridimensionale e non soltanto materiale, ma anche valoriale ed anche, dunque, culturale.

    D. - Sempre più ultimamente vediamo da una parte il sistema finanziario, con le sue regole, e dall’altra il diffondersi di un malcontento nell’opinione pubblica. Come si pone la Chiesa, in particolare al Dottrina sociale della Chiesa tra questi due poli?

    R. - La Dottrina sociale della Chiesa non offre - come hanno ricordato tutti i Pontefici - soluzioni pratiche in termini di ricette da trasferire immediatamente sul terreno pratico; bensì offre una prospettiva antropologica che aiuta, che può aiutare e sicuramente aiuterà, ad individuare - attraverso le coordinate dell’etica, della finanza e dello sviluppo, quali istituzioni siano meglio attrezzate e come attrezzarle al meglio per ottenere lo sviluppo. Uno sviluppo che sia appunto uno sviluppo integrale della persona.

    D. - Dunque, non è il sistema finanziario il problema, ma quale sistema finanziario?

    R. - Certo, la finanza è un insieme di istituzioni e di strumenti che consentono all’economia reale di uscire dai confini stretti del proprio clan e andare verso il mondo, in tutta la sua ampiezza. Quindi la finanza è necessaria: non possiamo fare a meno della finanza! Lo sa il buon padre di famiglia, che non può fare a meno della finanza; ma il buon padre di famiglia sa bene che il proprio modo di gestire la finanza può essere virtuoso o può essere vizioso: se si indebita, sa che prima o poi dovrà pagare i debiti… Se poi non li paga, perde la faccia e perde anche i beni che possiede. (mg)

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    Chiesa e Società



    Pakistan: Paul Bhatti si augura che “lo spirito di Assisi soffi anche nel suo Paese"

    ◊   “Sono convinto che l’incontro di Assisi fra i leader religiosi del mondo sia molto utile come esperienza simbolica e concreta: è la testimonianza che i leader religiosi possono unire e non dividere, per contribuire insieme a un fine comune, che è la pace e la convivenza. Spero che il vento di Assisi soffi anche in Pakistan”: è quanto dichiara all’agenzia Fides Paul Bhatti, cattolico, Consigliere speciale del Primo Ministro del Pakistan per gli affari delle Minoranze religiose, commentando la “Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo” organizzata oggi dalla Santa Sede ad Assisi, a cui partecipa il leader musulmano pakistano Allama Zubair Abid, presidente del “Pakistan Ulama Mashaikh Coucil”. “Proprio a tal fine, e secondo il medesimo spirito – spiega Bhatti – stiamo organizzando, per l’inizio del 2012, un grande Congresso interreligioso a Islamabad, con ospiti di rango internazionale, sul tema dell’armonia e della convivenza pacifica. Sarà un messaggio di pace a tutta la nazione”. Il Consigliere intende impegnarsi “nel dialogo interreligioso, a livello nazionale e internazionale, proprio nell’ottica di migliorare la condizione delle minoranze religiose in Pakistan. Occorre infatti unire tutte le persone di buona volontà per raggiungere il fine del bene comune della nazione”. (R.P.)

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    Nepal: per la Festa delle luci, giovani indù leggono il messaggio di pace del Papa

    ◊   I giovani indù, ma anche cristiani e musulmani nepalesi celebrano il Tihar, la festa delle luci, cantando il messaggio di pace, amore e dialogo, scritto da Benedetto XVI in occasione della Giornata mondiale della pace. In questi giorni i rappresentanti di diversi gruppi religiosi hanno diffuso nelle loro comunità il testo del Papa. Essi hanno anche pregato per la Giornata “pellegrini della verità, pellegrini della pace” in corso ad Assisi. Fino al 2006 - riferisce l'agenzia AsiaNews - il Papa era figura quasi sconosciuta in Nepal a causa della forte presenza della cultura indù e del divieto per i cattolici di fare cerimonie pubbliche. Con la caduta della monarchia e la proclamazione dello Stato laico i giovani indù e buddisti hanno iniziato a conoscere e a stimare Benedetto XVI, riconoscendo e diffondendo il valore dei suoi scritti. La festa del Tihar è celebrata da tutti gli indù ed è conosciuta come Deepavali ossia "fila di lampade ad olio". Essa si fonda su un’antica mitologia e rappresenta la vittoria della verità sulla menzogna, della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, del bene sul male. La celebrazione vera e propria dura tre giorni segnando l’inizio di un nuovo anno, la riconciliazione familiare, specialmente tra fratelli e sorelle, e l’adorazione a Dio. In Nepal il Tihar è iniziato lo scorso 24 ottobre e si concluderà domani. Govinda Tondon, esperto di cultura indù sottolinea che il "Tihar è ormai diventata una festa per tutta la popolazione. Ogni gruppo religioso diffonde il messaggio di pace della festa ai propri leader”. Per lo studioso, il messaggio del Papa è molto importante per l’attuale contesto del Nepal e aiuta a portare avanti il lavoro di ricostruzione del Paese dopo anni di guerra civile. “I nostri politici e leader religiosi – spiega – hanno molto da imparare dalle sue parole. Una vera rappresentazione di Dio deve essere una chiamata alla pace per tutte le religioni, che senza pace non possono convivere”. (R.P.)

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    New York: incontro promosso all'Onu dalla Santa Sede sulle negoziazioni di pace

    ◊   La Missione di Osservazione Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e la Fondazione Path to Peace promuovono oggi, al Palazzo di Vetro di New York, una tavola rotonda sul volume “Strategie psicologiche e politiche per la negoziazione di pace: un approccio conoscitivo”. Ad illustrare l’opera, in apertura dell’incontro, sarà il con-curatore dr. Mauro Galluccio, dell’Associazione Europea per la negoziazione e la mediazione. Si aprirà quindi uno spazio di dibattito al quale interverranno il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, già Osservatore Permanente della Santa Sede all’Onu, l’arcivescovo Francis Chullikatt, attuale Osservatore Permanente e la prof.ssa Elizabeth Defeis, docente di Diritto alla Seton Hall University. Il volume oggetto della presentazione raccoglie articoli di specialisti internazionali nella negoziazione di pace e risoluzione dei conflitti che mettono a fuoco aspetti psicologici, sociali e politici della composizione delle controversie. La discussione si estenderà ai diversi elementi che devono essere considerati nel processo di risoluzione dei conflitti e all’influenza sui negoziati di pace di fattori sociali e culturali. (M.V.)

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    Vescovi europei a confronto sulla crisi e il futuro dell’Unione Europea

    ◊   “La crisi finanziaria e il futuro dell'integrazione europea”, è il tema che scandisce i lavori dell’Assemblea plenaria autunnale della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (Comece), che si aperta ieri a Bruxelles alla presenza di 23 vescovi membri dell'organismo. Secondo quanto riferisce l'agenzia Zenit, in questa tre giorni che si chiude domani la Comece raccoglie il dibattito sul processo politico dell'Unione Europea e informa la Chiesa sugli sviluppi della legislazione e delle politiche europee, oltre ad animare la riflessione, basata sulla Dottrina Sociale della Chiesa, sulle sfide che pone la costruzione di un'Europa unita. Aprendo i lavori della plenaria, mons. Adrianus van Luyn, vescovo emerito di Rotterdam e presidente della Comece, ha affrontato i temi della crisi finanziaria nel mondo, il dialogo fra le Chiese europee e la recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Ue che riconosce l'embrione come essere umano fin dal concepimento. Nell'assemblea, i vescovi europei analizzano anche le ragioni economiche e politiche della crisi del debito nel continente, così come gli strumenti adottati per affrontare la crisi, riflettendo anche sulla “fiducia” come fatto fondamentale per risolverla crisi in un contesto politico, economico e societario. Il confronto su queste tematiche è arricchito dagli interventi di diverse personalità laiche del mondo dell’economia fra i quali, Peter Wagner, responsabile dell'unità Task Force per la Grecia della Commissione Europea; Lans Bovenberg, dell'Università di Tilburg (Paesi Bassi); Emmanuel van der Mensbrugghe, direttore dell'Ufficio per l'Europa del Fondo Monetario Internazionale (Fmi); Jean-Pierre Jouyet, presidente dell'Autorità dei mercati finanziari di Francia. Nella sessione di apertura di ieri si è stata la volta Peter Wagner che ha illustrato la “Missione e le prime esperienze della nuova Task Force per la Grecia”. Oggi è il turno del professor Lans Bovenberg che affronterà “Le ragioni economiche e politiche della crisi del debito in Europa”, e del dottor Emmanuel van der Mensbrugghe che parlerà degli “Strumenti adottati per affrontare la crisi. Prospettiva del Fmi”. Jean-Pierre Jouyet parlerà invece de “La 'fiducia', fattore cruciale per risolvere la crisi? Il fattore psicologico della crisi nel contesto politico, economico e societario”. Dopo un dibattito, si analizzerà il tema “Economia sociale di mercato europea. Una dichiarazione dei vescovi della Comece”. Interverrà mons. Aldo Giordano, Osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa, e verranno esposte anche le iniziative e attività del segretariato della Comece. Domani, dopo l'Eucaristia presieduta nella cappella di San Benedetto e Santa Teresa Benedetta della Croce, si porteranno avanti le tematiche già affrontate e ci sarà un rapporto delle attività del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (Ccee) da parte di mons. Duarte da Cunha, segretario generale di questo organismo. Seguirà un incontro con Herman van Rompuy, presidente del Consiglio Europeo. (M.G.)

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    America Latina: a rischio povertà la metà della popolazione

    ◊   La crisi economica globale rischia di gettare nella povertà circa la metà della popolazione dell’America Latina. L’allarme è stato lanciato dalla Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (Cepal) che ha condotto uno studio in 18 Paesi latinoamericani, in base al quale emerge che l’estrema povertà già colpisce fra il 14 e il 15% degli abitanti. Ma se si considera che al momento i prezzi degli alimenti sono più alti del 40% rispetto a quattro anni fa e la volatilità dei mercati è la più significativa degli ultimi 30 anni, “la vulnerabilità di fronte alla povertà sale a circa il 50%” ha rilevato Martín Hopenhayn, responsabile dell’ufficio per lo sviluppo sociale della Cepal citato dall'agenzia Misna. “I vulnerabili – ha precisato Hopenhayn, intervenendo a un congresso a Santiago del Cile – sono persone con scarsa istruzione, lavori precari, privi di beni immobiliari e pertanto esposti a qualsiasi shock. Dobbiamo costruire un sistema di protezione sociale non solo centrato sul pilastro contributivo del mondo del lavoro ma anche su un pilastro di solidarietà per tutta questa massa di gente che non è tutelata attraverso il lavoro”. L’esperto della Cepal ha poi ricordato che “l’America Latina è la regione più diseguale al mondo: due terzi della ricchezza sono detenuti dalle grandi aziende e le differenze sul piano dell’istruzione per una persona segnano già quello che sarà il resto della sua vita”. Intervenendo allo stesso congresso, Adonimarn Sanches, esperta della Fao, ha rilevato inoltre che l’estrema variabilità dei prezzi dei generi alimentari nel 2001 “ha avuto un forte impatto sulla povertà e la sicurezza alimentare al livello globale. In America Latina – ha concluso – il 9% della popolazione totale ogni giorno si sveglia con la fame”. (M.G.)

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    Argentina: la Chiesa chiede alla presidente Cristina Fernandez di non dimenticare i poveri

    ◊   Cristina Fernández de Kirchner, la presidente argentina, è stata rieletta domenica scorsa con il 53% dei voti, un fatto storico. Si tratta del più grande sostegno popolare ottenuto in una elezione presidenziale dal ritorno della democrazia in Argentina. Mons. Jorge Eduardo Lozano, vescovo di Gualeguaychú e membro della Commissione episcopale della Pastorale sociale, in un articolo pubblicato da un giornale della capitale, ha ricordato che "i legislatori e i governanti ricevono un riconoscimento e un mandato. Un riconoscimento di un percorso, degli ideali, alla carriera e alle proposte. E un mandato per guidare. Non si tratta di un assegno in bianco. Sappiamo che in politica come in altri campi, gli assegni in bianco - scrive il presule - spesso non hanno fondi. La fiducia si costruisce giorno per giorno. E' cosa molto buona che la vocazione politica sia esaltata nel paese. Voglia Dio che ogni giorno ci siano più uomini e donne disposti alla generosità della militanza e dell’impegno". Mons. Lozano - riporta l'agenzia Fides - ha chiesto di non dimenticare i poveri, perché "anche loro vogliono celebrare il lavoro e la dignità", e perché "tutte le voci sono necessarie per avere un coro armonioso, anche quelle che possono sembrare stonate. L'unità nazionale ha bisogno di tutte le voci del Paese nel concerto latinoamericano e globale. E' un dovere del popolo accompagnare coloro che hanno scelto e partecipare con la loro opinione e con l'impegno quotidiano”. (R.P.)

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    Pastorale comune per le zone di frontiera fra Colombia e Venezuela

    ◊   Un comune piano pastorale per le popolazioni che vivono nelle zone di frontiera fra Colombia e Venezuela. È quanto si sono proposti i vescovi responsabili delle diocesi di confine tra i due Paesi sudamericani nella riunione che si è svolta il 25 ottobre nella città di Ureña (Venezuela). All’incontro erano presenti i presuli delle diocesi di San Cristóbal (Venezuela), mons. Mario del Valle Moronta Rodríguez; di Cúcuta (Colombia), mons. Julio César Vidal Ortiz; di Tibu (Colombia), mons. Omar Alberto Sánchez Cubillos. “Durante questo incontro abbiamo passato in rassegna il lavoro svolto negli anni precedenti - ha detto all'agenzia Fides mons. Mario Moronta, che ha ospitato la riunione tenutasi presso la scuola Santissima Trinità di Ureña -, e abbiamo fatto delle proposte per proiettare il lavoro pastorale futuro nell’ambito del confine (delle nostre diocesi), che tuttavia non vogliamo sia concepito come un limite, ma come una regione in cui prestiamo attenzione ai problemi sociali delle persone e alle loro necessità. Per fare questo dovremo impostare insieme una pastorale di frontiera”. “Lo scopo di questa pastorale congiunta è offrire un servizio alla gente che vive al confine tra i due paesi”, si legge nella nota diffusa al termine riunione, che precisa: “si propone un lavoro di integrazione, nel rispetto dell'autonomia di ogni diocesi, per rispondere ai bisogni e mettersi al servizio dei residenti di queste zone”. Oltre alle esigenze pastorali e sociali esistenti nelle diocesi di San Cristobal e di Cucuta, anche il vescovo di Tibu, ha messo in evidenza che in questa regione vi è necessità di creare una pastorale che salvaguardi l'ecologia e cerchi di proteggere le popolazioni indigene, colpite direttamente dalle società multinazionali che vi lavorano. All’incontro hanno partecipato anche rappresentanti della Compagnia di Gesù, che hanno presentato un progetto per creare una Regione Apostolica, che faciliterebbe il lavoro pastorale dei prossimi anni. Alla fine dei lavori i vescovi hanno stabilito che il prossimo incontro si terrà a febbraio 2013, con la partecipazione di altre diocesi alla frontiera tra Venezuela e Colombia. La Colombia e il Venezuela condividono un’estesa frontiera di 2.219 chilometri, dove sono attivi guerriglieri e gruppi di narcotrafficanti. La gente di questi luoghi convive con il terrore e con la paura di essere coinvolta in azioni violente di questi gruppi. Solo quest’anno, la Polizia dell'Antidroga ha sequestrato più di 64 tonnellate di coca e cloridrato di cocaina. (M.G.)

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    Messico: le morti materne in aumento tra contadine ed indigene

    ◊   Appena concluse le celebrazioni per la Giornata Internazionale delle Donne Rurali, le cifre ufficiali mostrano che negli Stati messicani dove vive la maggior parte della popolazione indigena o contadina, si registrano gli indicatori più allarmanti delle morti materne. Infatti, mentre la media nazionale di questo fenomeno è di 53,3 decessi ogni 100 mila bambini nati vivi, nello Stato sudoccidentale di Guerrero, con un alto indice di popolazione rurale e indigena, l’indicatore arriva a 103,2 morti materne per lo stesso numero di nascite. Anche Oaxaca e Chiapas - riporta l'agenzia Fides - vivono una situazione simile con rispettivamente 82,7 e 80,6 decessi. Ad aggravare il fenomeno c’è la mancanza di istruzione di tante donne, 3 ogni 10 non hanno nessuna istruzione scolastica. Il 48% di quelle che parlano una lingua indigena (dai 5 ai 29 anni) non frequenta la scuola. Secondo la Encuesta Nacional de la Dinámica Demográfica (Inadid) 2009, il 5,7% delle bambine dai 5 anni in su non parla nessuna lingua indigena. Il 25% ha dai 15 ai 29 anni, il 41,2% dai 30 ai 59 anni. Oltre il 60% è in età riproduttiva. Inoltre, secondo il censimento del 2010, la popolazione rurale nel Paese rappresenta il 22% del totale degli abitanti. In Messico ci sono 95 uomini ogni 100 donne. Per ridurre il tasso di mortalità materna occorre aumentare i parti assistiti da personale medico esperto. Fino al 2008 la media nazionale era dell’ 87%, ma in Chiapas raggiungeva appena il 36,1%, a Oaxaca il 64,4% e a Guerrero il 68,8%. Nel 2009, il 14% delle donne morte a causa della gravidanza aveva meno di 19 anni. Quest’anno la media delle consulenze prenatali è stata di 4,7 per ogni gestante, quando invece dovrebbe essere almeno pari a 7. La sfida più importante per far fronte a questa emergenza è affrontare le cure mediche con la tecnologia adeguata e disporre di operatori sanitari vicini alla cultura indigena. (R.P.)

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    Benin. La stampa cattolica: la visita del Papa, momento di grazia per la giustizia e la pace in Africa

    ◊   Gioia, riconoscenza, grazia: la stampa cattolica del Benin usa queste parole per descrivere la prossima visita di Benedetto XVI nel Paese, in programma dal 18 al 20 novembre. All’origine del viaggio pontificio, il 22° al di fuori dell’Italia, c’è la consegna ai vescovi del Continente dell’Esortazione Apostolica post-sinodale, redatta dal Santo Padre dopo il secondo Sinodo speciale per l’Africa, svoltosi nel 2009. Sarà la terza volta di un Successore di Pietro in Benin: il Paese, infatti, ha già accolto due volte Giovanni Paolo II, nel febbraio del 1982 e nel marzo del 1993. Naturalmente, la stampa locale cattolica dedica ampio spazio all’evento. In particolare, il settimanale “La Croix du Benin” ha pubblicato una riflessione dell’economista cattolico Baptiste Mamah, il quale scrive: “Benedetto XVI arriva nel Paese in un momento in cui il mondo intero si confronta con ogni tipo di ideologia e il nostro cammino di spiritualità si trova davanti ad alcuni interrogativi”, tanto che “la nostra fede talvolta viene attaccata e messa a dura prova”. L’obiettivo del Pontefice, allora, è quello di indicare “nuove direzioni per lo sviluppo dell’umanità”. In questo senso, continua “La Croix du Benin”, il Papa sarà nel Paese per soli tre giorni, ma saranno “tre giorni essenziali, tre giorni forti, tre giorni significativi e positivi per tutta l’Africa”, come se il Pontefice dicesse: “Vengo ad esortare tutti gli africani a lavorare per il Continente per i prossimi trent’anni”. Quanto al campo d’azione nel quale devono impegnarsi tutti gli africani, l’economista Mamah non ha dubbi: “Riconciliazione, giustizia e pace”, perché “la pace è una riconciliazione, la riconciliazione conduce alla pace e la giustizia è la nostra guida quotidiana”. In questo senso, la giustizia va cercata “sul piano politico, amministrativo, privato, sociale, in famiglia, per le strade dei nostri quartieri”. Ma non solo: l’articolo de “La Croix” mette anche in luce come la prossima visita del Papa in Benin sia uno stimolo per l’unità di tutto il Continente: “Il Pontefice – si legge – ci porta a ritrovarci tutti noi, cristiani cattolici africani, in un solo Paese. Oggi si tratta del Benin, ma potrebbe essere qualsiasi altra nazione dell’Africa. E questa è la prova che tutti noi abbiamo delle cause comuni da difendere e delle sfide comuni da affrontare, insieme all’umanità intera da tutelare e a cui garantire lo sviluppo”. In quest’ottica, conclude l’economista Mamah, il primo passo da compiere è quello di “neutralizzare la guerra”: “All’indomani della visita del Papa – afferma – dobbiamo tutti chiederci cosa possiamo fare perché un giorno si decreti che mai più in Africa qualcuno possa entrare in guerra con un altro e mai più un africano possa armarsi contro un altro africano”. (I.P.)


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    “Dichiarazione di Niamey”, l’impegno di Africa, Brasile e Francia per la lotta alla desertificazione

    ◊   Una serie di raccomandazioni per promuovere uno sviluppo sostenibile, giusto ed equo delle regioni aride e semi aride dell’Africa. È quanto prevede la “Dichiarazione di Niamey” sulla cooperazione tecnica e scientifica nella lotta alla desertificazione, firmata al Forum tripartito Unione Africana, Brasile e Francia, che si è svolto nei giorni scorsi. La dichiarazione verrà trasmessa al Comitato di preparazione dalla conferenza Onu per lo sviluppo “Rio+20” in agenda per giugno 2012. In apertura della riunione, di cui riferisce la Misna, il presidente nigerino Mahamadou Issoufou ha auspicato che “possa nascere una nuova era di cooperazione scientifica e tecnica più dinamica tra i popoli che vivono nelle zone aride”. Secondo il Capo di Stato del Niger, “non è la sterilità che rende la terra infeconda ma il despotismo”. Secondo Issoufou, che ha fatto riferimento al programma ‘Fame zero’ portato avanti dal suo omologo brasiliano Luiz Inacio Lula Da Silva, “il buon governo può fecondare la terra e far uscire il nostro popolo dalla povertà”. Quest’anno a causa di piogge irregolari e di una stagione umida molto breve la produzione agricola del Paese del Sahel è deficitaria e si prevedono mesi di insicurezza alimentare. Intervenuto al Forum di Niamey, il rappresentante dell’Unione Africana (Ua) Mahama Ouédraogo, ha sottolineato che “il degrado delle terre rappresenta una minaccia molto seria per le condizioni di vita e di crescita dell’intera Africa sub sahariana”. Secondo l’esperto della Ua la situazione non è destinata a migliorare vista “la domanda crescente e continua di terre agricole” e le politiche fondiarie “spesso inadeguate”: entro il 2050 i due terzi dei terreni coltivabili non saranno più produttivi anche “a causa della forte competizione per le risorse idriche”. Attualmente la desertificazione riguarda il 40% dei terreni mondiali e due miliardi di persone ma desta ancora “poco interesse” nella comunità internazionale. (M.G.)

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    Somaliland: bambini detenuti senza diritti in attesa dell’attuazione del nuovo diritto minorile

    ◊   Minori detenuti illegalmente senza processo per crimini minori e costretti a condividere le prigioni con gli adulti perché non esistono centri di riabilitazione ne’ carceri per bambini. È quanto avviene nell’autoproclamata Repubblica indipendente somala del Somaliland, dove si stima che circa 200 bambini vengano arrestati ogni mese dalla polizia. Per combattere questa piaga, gli attivisti per i diritti dei minori, sentiti dall’agenzia Fides, chiedono l’attuazione di una legge sulla giustizia minorile approvata nel 2007 in Somaliland, che mira a tutelare i diritti dei bambini secondo la legge internazionale sui diritti umani. La nuova normativa non è mai stata messa in atto a causa di vincoli economici e della scarsa conoscenza della materia legale da parte dei responsabili delle istituzioni e del loro staff. In particolare la legge prevede la perseguibilità penale dall’età di 15 anni, e richiede che i provvedimenti siano proporzionati alle circostanze del bambino e alla gravità del reato. Limita la condanna massima a 15 anni e vieta sanzioni corporali, ergastolo e pena di morte. Tuttavia, secondo uno studio condotto ad agosto dal ministero per la giustizia del Somaliland, in media solo il 5% dei 200 bambini detenuti ogni mese viene processato in tribunale; spesso sono arrestati e liberati arbitrariamente. Nel periodo dell’inchiesta, 104 bambini erano detenuti per reati come furto, possesso di droghe illegali e stupro, il 10% erano femmine. Il 59% di tutti i bambini detenuti sono stati condannati dai tribunali principalmente per stupro, possesso di droga e reati minori, mentre il restante 41% sono stati rinviati a giudizio. Nel corso del processo, si è appreso che il 46% dei condannati è stato sottoposto a detenzione arbitraria. Tradizionalmente, le cause penali contro i minori in Somaliland sono trattate dagli anziani del clan, con il clan che si assume il crimine e non il bambino. (M.G.)

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    Betlemme: l'Istituto "Effeta Paolo VI" per bambini audiolesi ha compiuto 40 anni

    ◊   Ha festeggiato 40 anni, la scorsa settimana, l’Effeta Paolo VI, l’Istituto pontificio sorto a Betlemme, in Terra Santa, per desiderio di Paolo VI dopo la sua visita in Terra Santa nel 1964. Per commemorare l’anniversario, il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal ha presieduto una Messa sabato scorso nella cappella della struttura gestita dalle suore di Santa Dorotea. L’Istituto è nato, proprio per volere di Paolo VI, per aiutare bambini non udenti e con problemi all’udito privi di assistenza. Fin dalla sua inaugurazione, nel 1971, la casa è stata affidata alle religiose di Santa Dorotea, presenti in Terra Santa dal 1927. Accogliere e formare i bambini dando vita ad un nucleo educativo che mirasse alla convivenza e alla tolleranza: questo l’obiettivo dell’Effeta Paolo VI che accoglie ogni anno circa 150 bambini audiolesi di tutte le religioni provenienti da Betlemme, Beit Jala, Beit Sahour, Ramallah, Hebron e Gerico. Nella sua omelia, si legge sul sito www.lpj.org, il patriarca latino di Gerusalemme ha ripetutamente ringraziato le suore e tutto il personale educativo per la loro generosità. Grazie al loro impegno, oggi, molti bambini sordi hanno accesso ad una normale vita sociale. Ricordando la parola di Gesù “effetà!”, citata dall'evangelista Marco (7, 32-37), il patriarca ha poi invitato tutti “ad aprirsi”, evidenziando che la vocazione di tutti è stare in relazione con Dio e con i fratelli. Al termine della Messa, mons. Twal ha benedetto il nuovo logo dell'Istituto, composto da piastrelle di vetro e mosaico, creato dai bambini dell’Effeta con la collaborazione del Centro Mosaico di Gerico. (T.C.)

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    Terra Santa: sul Monte degli ulivi a Gerusalemme anche il Padre Nostro in bielorusso

    ◊   Una delegazione bielorussa ha inaugurato ieri al carmelo del Padre Nostro di Gerusalemme le maioliche con il Pater in bielorusso. Alla cerimonia ha preso parte mons. Tadeusz Kondrusiewicz, arcivescovo di Minsk, accompagnato da diversi vescovi bielorussi. E’ noto che il monastero carmelitano del Pater raccoglie la preghiera insegnata da Gesù ai suoi discepoli in svariate lingue e da ieri anche in bielorusso. Per celebrare l’evento mons. Kondrusiewicz ha presieduto anche una Messa nella chiesa del carmelo ed ha pregato per i 9 milioni di abitanti della Bielorussia, di cui l’80% ortodossi e il 10% cattolici. La posa del Padre Nostro in bielorusso a Gerusalemme, riferisce il portale del patriarcato latino di Gerusalemme www.lpj.org, sottolinea ancora una volta l’universalità della Chiesa che prega un solo Dio Padre rivelato da Gesù Cristo. Il carmelo del Pater si trova sul monte degli Ulivi, è stato fondato nel 1873 ed oggi vi vivono 17 religiose che accolgono ogni anno pellegrini di ogni parte del mondo testimoniando la silenziosa presenza eucaristica della preghiera. (T.C.)

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    Indonesia: la Scuola di teologia del Nord Sumatra celebra i 25 anni di fondazione

    ◊   Sono durati 15 mesi le celebrazioni per il “giubileo d’argento” della Scuola indonesiana di teologia e filosofia dedicata a San Giovanni e situata a Pematangsiantar, nel Nord Sumatra. Iniziati nell’agosto 2010, infatti, i festeggiamenti sono conclusi in questi giorni, con una Messa solenne concelebrata dal presiedente della Conferenza episcopale locale, mons. Martinus Situmorang, e dal nunzio apostolico nel Paese, l’arcivescovo Antonio Guido Filippazzi. Al centro dell’anno giubilare, la necessità di modernizzare il servizio educativo pastorale, favorendo una migliore comprensione della Bibbia ed incrementando l’animazione della liturgia nella vita parrocchiale. In particolare, nella sua omelia, mons. Situmorang ha sottolineato l’importanza dell’equilibrio tra la sfera intellettuale e quella personale degli iscritti alla Scuola: “Tutti gli operatori pastorali che escono da questo Istituto – ha detto – devono essere pieni di risorse e devono prendersi cura delle attività caritatevoli e della missione pastorale”. Dal suo canto, mons. Filippazzi ha ricordato le parole pronunciate da Benedetto XVI lo scorso 7 ottobre, nel corso dell’udienza concessa ai vescovi indonesiani in visita ad limina: “Vi chiedo cari Vescovi – aveva infatti detto il Papa - di continuare a garantire che la formazione e l’educazione che i seminaristi, i religiosi e le religiose ricevono siano sempre adeguate alla missione affidata loro. Di fronte alle crescenti complessità del nostro mondo e alla trasformazione rapida della società indonesiana, la necessità di religiosi e religiose ben preparati si fa sempre più urgente. In accordo con i loro superiori locali, accertatevi del fatto che abbiano ricevuto il necessario per condurre esistenze piene di saggezza e conoscenza spirituali, e recare frutto in ogni buona opera”. Alla luce di questa esortazione, ha concluso mons. Filippazzi, “questa Scuola merita una particolare attenzione”, anche perché “ogni teologo deve essere aperto alla grandezza di Dio, che va al di là della nostra debole ragione umana”. (I.P.)

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    Polonia: convegno sul dialogo tra culture e religioni, alla luce dell'Incontro di Assisi

    ◊   Ha preso il via oggi a Bydgoszcz, in Polonia, il convegno scientifico di università europee sui temi del dialogo tra culture, civiltà e religioni, in accompagnamento al pellegrinaggio ad Assisi del Santo Padre e dei leader religiosi del mondo. “Un mondo, molte culture. Il dialogo tra le culture, le civiltà e le religioni nei tempi della globalizzazione”: questo il titolo dell’evento, promosso dall’Università di Kujawy e Pomorze, in collaborazione con la “Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, che si è aperta con un’intervista al cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato Scientifico della Fondazione citata. E' seguita la relazione introduttiva del padre cistercense Maximilian Heim, cancelliere della Facoltà di Teologia di Heilingenkreuz, in Austria, cui è stato assegnato il “Premio Ratzinger” lo scorso mese di giugno. La prima giornata dei lavori si concluderà con la diretta televisiva del Ctv che proporrà il discorso di Benedetto XVI ai rappresentanti religiosi convenuti ad Assisi. Nella due giorni polacca si susseguiranno gli apporti di teologi, politologi, giuristi, storici, economisti ed esperti dei media, in rappresentanza di 32 università ed istituzioni culturali europee. (M.V.)

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    Croazia. Conclusa la quinta Settimana sociale: appello a lavoro etico e difesa della famiglia

    ◊   “Il lavoro è una categoria innanzitutto etica, morale e spirituale, e non meramente economica”: partono da questa affermazione le conclusioni della quinta Settimana Sociale croata, svoltasi a Zagabria dal 21 al 23 ottobre. Voluto dalla Conferenza episcopale del Paese ed organizzato dal Centro locale per la promozione della Dottrina sociale della Chiesa, l’evento ha visto la presenza di circa 300 partecipanti, che hanno discusso sul tema de “La cultura del lavoro in Croazia”. Al termine dei lavori, è stato pubblicato un lungo documento finale contente alcune raccomandazioni. Al primo punto, si ricorda la necessità di sviluppare “la spiritualità del lavoro”, poiché “lavorando, una persona risponde alla chiamata di Dio ad essere suo collaboratore nel mondo”. In questo senso, l’aspetto spirituale del lavoro “è un invito a non permettere a se stessi o agli altri di essere ridotti a semplici strumenti”. Altro punto centrale del documento è la tutela della famiglia, definita “un’istituzione funzionale” che dona alla società “un contributo insostituibile”. In questo senso, permettere alle famiglie di organizzare il proprio tempo libero, di stare insieme la domenica, di assistere ed educare i propri figli è anche un modo di trasmettere ai giovani la giusta formazione ed educazione al lavoro. Largo spazio, poi, deve essere dato al volontariato, perché esso crea “nuovi rapporti di fiducia tra le persone e quindi accresce sia il capitale sociale che la possibilità di nuovi posti di lavoro”. Inoltre, “il volontariato dà testimonianza di un altro modello di società che non si basa esclusivamente su principi utilitaristici” e promuove “la partecipazione attiva dei cittadini alla vita pubblica, alla quale possono contribuire anche i pensionati”. Per questo, raccomanda il documento finale, “la formazione per il volontariato dovrebbe diventare parte integrante del sistema educativo globale”. La quinta Settimana sociale entra poi nello specifico del mondo lavorativo contemporaneo: per il settore imprenditoriale, auspica uno sviluppo basato sull’equità del profitto per gli imprenditori, del salario per gli operai e delle tasse per lo Stato; per la piaga della disoccupazione, chiede più incentivi per la formazione dei lavoratori, maggiori finanziamenti per una politica dell’occupazione e l’eliminazione della disoccupazione di lunga durata, “dannosa per l’individuo e per la società”. Attenzione, poi, deve essere posta alla questione immigrazione, per arrivare a politiche chiare nel settore. Altro tema centrale è quello relativo alla legislazione del lavoro: in quest’ambito, i partecipanti alla Settimana sociale croata insistono sulla necessità di “leggi che proteggano efficacemente i lavoratori”, garantendo “il rispetto effettivo dei loro diritti”. Sì, quindi, alla riduzione al minimo della precarietà, alla sicurezza sul lavoro e al pagamento regolare di stipendi giusti, poiché “il mancato pagamento è teologicamente un peccato e socialmente un furto”. Ribadita, inoltre, l’importanza dell’agricoltura, per la quale si auspica la ripresa dello sviluppo di cooperative, interrotto dopo la seconda guerra mondiale. È fondamentale, inoltre, che lo Stato “cominci ad agire socialmente in modo da ottenere la fiducia dei cittadini e facilitare lo sviluppo della società”. Ed è quindi necessario, si legge sempre nel documento, “smantellare il sistema di governance del regime totalitario, progettato per monitorare i cittadini e non per servirli. Si tratta di un sistema inadeguato alla democrazia. E con un capitale sociale così basso, è difficile aspettarsi qualsiasi tipo di sviluppo, compreso quello economico”. Infine, l’ultima riflessione della Settimana sociale croata è dedicata ai credenti, ai quali è richiesta la promozione di “realtà umanizzanti” per la politica, la cultura, l’economia, la società e la sfera personale. “Questo impegno – conclude il documento – va oltre la tradizionale attività di carità nella Chiesa, perché comprende l’educazione e la prevenzione. Dai credenti ci si aspetta solidarietà e volontariato non solo nelle parrocchie, ma anche nel praticare la dimensione sociale della fede”. (A cura di Isabella Piro)

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    Austria: funerali solenni del metropolita Staikos, presenti tutte le Chiese cristiane

    ◊   Funerali solenni all’insegna dell’ecumenismo e dell’unità fra i cristiani in Austria per il metropolita ortodosso, Michael Staikos, scomparso il 18 ottobre. Secondo quanto riferisce il Sir, alla celebrazione funebre, che si è svolta martedì scorso a Vienna, sono infatti intervenuti numerosi i rappresentanti delle diverse Chiese ortodosse, della Chiesa cattolica e per la Chiesa evangelica era presente il vescovo Michael Bünker. Al rito svoltosi presso la Chiesa greco-ortodossa della Trinità hanno preso parte anche il presidente della Conferenza episcopale austriaca, cardinale Christoph Schonborn, e il presidente austriaco, Heinz Fischer. Il cardinale Schönborn è intervenuto brevemente per ricordare “l’atteggiamento ecumenico e fraterno di Staikos” e il forte legame con il santuario mariano di Mariazell, dove era stato pochi giorni prima di morire “per accomiatarsi”. Nicolae Dura, vicario episcopale rumeno-ortodosso e presidente del Consiglio ecumenico delle Chiese austriache (Örkö), ha attribuito a Staikos “il fatto che la cooperazione e la vicinanza delle Chiese in Austria sia così esemplare” ed ha assicurato che l’opera dello scomparso verrà proseguita “con riconoscenza e decisione”. Il rito funebre è stato presieduto dall’arcivescovo Kyrillos Kogerakis, metropolita di Rodi. Il metropolita Apostolos Daniilidis (Derkon) è giunto a Vienna come rappresentante ufficiale del Patriarca ecumenico Bartolomeo I. (M.G.)

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    Il cardinale Vallini benedice la statua della Madonna che sostituisce quella profanata il 15 ottobre

    ◊   “Bisogna condannare l’atto e provare pietà per coloro che lo hanno compiuto. Non hanno capito quello che facevano”, ha usato parole di riconciliazione e perdono il cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, ieri in occasione del rito di benedizione della nuova statua della Madonna Immacolata e del Crocifisso, che l’associazione Famiglie del Centro italiano di solidarietà don Mario Picchi hanno donato alla chiesa parrocchiale dei Santi Marcellino e Pietro a via Merulana, bersaglio dei disordini scoppiati sabato 15 ottobre. Durante il corteo, infatti, un gruppo di giovani ha fatto irruzione nella sala parrocchiale e dopo aver distrutto un crocifisso ha asportato la statua della Madonna, l’ha gettata sull’asfalto e l’ha distrutta a calci. Dinanzi alle immagini di “quella violenza – ha proseguito Vallini ripreso dal portale diocesano RomaSette.it - ho provato sofferenza per quei giovani e mi sono chiesto il perché di questi gesti”. Questi ragazzi, ha evidenziato il porporato, “hanno bisogno di noi, del nostro impegno perché possano scoprire la bellezza della vita e della fede. Li affidiamo nella preghiera a Gesù e a Maria”. Al termine il vicario di Roma, prendendo il crocifisso e porgendolo alla devozione dei presenti, ha detto: “All’offesa della profanazione rispondiamo con il nostro amore”. (M.G.)

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    Sarà l'Ucraina a donare al Papa l'albero di Natale da innalzare in Piazza San Pietro

    ◊   Per la prima volta sarà installato in Piazza San Pietro un albero di Natale proveniente dall’Ucraina, che sarà consegnato in dono a Benedetto XVI dalla Transcarpazia, mentre gli alberi per il Palazzo Apostolico proverranno dalla regione di Leopoli. Non soltanto i vescovi cattolici dell’Ucraina di rito latino e bizantino ma anche i rappresentanti della Chiesa ortodossa ucraina (Uoc) parteciperanno all’inaugurazione dell’albero di Natale in Piazza San Pietro. L’accordo - riferisce l'agenzia Sir - è stato raggiunto durante un incontro tra Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica dell’Ucraina (Ugcc), e un rappresentante del metropolita Volodymyr Sabodan, l’arcivescovo Alexander Drabynko, capo del Dipartimento per le relazioni esterne della Uoc. “Si tratta di un evento estremamente importante, perché tanti Paesi aspettano da anni questa occasione. Per l’Ucraina - ha detto Sviatoslav Shevchuk -, si tratta di un’ulteriore testimonianza delle sue radici europee e della sua appartenenza alla famiglia delle nazioni Europee”. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Somalia: droni Usa uccidono 25 civili, scontri a Mogadiscio, colera in crescita

    ◊   Dalla Somalia notizie tragiche: la tv kenyota ha riferito che droni americani avrebbero ucciso stamane almeno 25 civili e ferito altre decine di persone in un attacco nel sud del Paese. In crescita le vittime degli scontri tra l'Esercito governativo somalo, sostenuto dalla Forza di pace – composta da Ua, Amadifin, Kenya, Usa e Francia – e i milizani di Al Shabab. Secondo i media locali 28 i civili sono stati uccisi solo ieri e un centinaio sono rimasti feriti a Mogadiscio, dove in queste ore infuriano i combattimenti tra Forze dell'Unione Africana e milizie somale. Da rilevare anche l’opposizione del presidente somalo, Sheikh Sharif Sheikh Ahmed, alla presenza delle truppe kenyote, richieste solo di addestrare le forze governative e di dare supporto logistico e che invece che violerebbero la sovranità della Somalia. Ad aggravare la situazione, le pessime condizioni igienico-sanitarie avrebbero provocato 119 morti per colera nelle ultime 24 ore, la maggior parte donne e bambini, mentre oltre 500 persone, affette da colera e malattie trasmesse dall'acqua, sono ricoverate negli ospedali della capitale. Numerosi casi di colera sono segnalati anche nelle regioni di Banadir, Bay, Mudug e Shabelle.

    Libia: voto all’Onu su fine missione Nato. Piano Gheddafi-Baath contro l'Iraq
    Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu si riunirà oggi per votare la fine della missione della Nato in Libia. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Se, come previsto, il documento sarà approvato, la missione dell'Alleanza atlantica si concluderà il 31 ottobre, nonostante le richieste del Consiglio nazionale di transizione libica (Cnt) di prolungarla fino a fine anno. Una nuova coalizione guidata dal Qatar potrebbe sostituirla, secondo quanto ipotizzato ieri al vertice di Doha tra i capi di Stato maggiore dei Paesi intervenuti in Libia e il Cnt. Si apprende inoltre dal New York Times che Muammar Gheddafi aveva preso contatti con ex membri dell'esercito di Saddam Hussein e del partito Baath per rovesciare il governo dell'Iraq, che in risposta ha arrestato questa settimana oltre 200 sospettati del colpo di Stato. Intanto, Forze speciali britanniche insieme con gli insorti libici sono impegnate per catturare Saif Al Islam, secondogenito di Gheddafi. Saif, secondo fonti del Consiglio nazionale di transizione, è in fuga al confine con il Niger: sarebbe pronto ad arrendersi e a consegnarsi alla Corte penale internazionale.

    Siria: pressioni su Assad per una conferenza di riconciliazione nazionale
    Su forti pressioni iraniane, russe e cinesi, il presidente siriano, Bashar al Assad, ha deciso di organizzare entro la prima metà di novembre una Conferenza di riconciliazione nazionale, "in linea con quanto richiesto dalla Lega araba". Lo riferisce oggi il quotidiano di Beirut as Safir, notoriamente vicino al governo siriano. La Lega araba ha chiesto ieri a Damasco di mettere fine alla repressione e di avviare il dialogo con le opposizioni. Intanto, 37 siriani sono rimasti uccisi in soli due giorni negli scontri tra le forze fedeli al presidente e i disertori dell'Esercito unitisi ai manifestanti antigovernativi. Oggi, migliaia di siriani sostenitori di Assad sono scesi in piazza nella città di Latakia, per esprimere il loro appoggio alle "riforme" e ringraziare Russia e Cina per essersi schierate a fianco del governo.

    Pakistan: offensiva Nato nel nord del Paese
    Offensiva della Nato contro i ribelli islamici nel nord del Pakistan. Un aereo americano senza pilota (drone) ha ucciso oggi almeno sei talebani nel distretto tribale del Sud Waziristan. Tra le vittime c'è il comandante, Hazrat Omar, fratello del leader talebano, Mullah Nazir. Ieri, due elicotteri della Nato avevano violato lo spazio aereo pakistano nel Nord Waziristan, dove sorgono le basi dei talebani. Decine di feriti a Peshawar nelle ultime 24 ore in due attentati esplosivi.

    Colloqui israelo-palestinesi: emissari del Quartetto a Gerusalemme
    Medio Oriente, avviati ieri a Gerusalemme colloqui separati tra emissari del Quartetto (Usa, Onu, Russia e Ue) israeliani e palestinesi, nel tentativo di rilanciare trattative dirette di pace. Secondo la radio militare, il loro obiettivo immediato sarebbe di organizzare un incontro fra il presidente palestinese, Abu Mazen, ed il premier israeliano, Benyamin Netanyahu.

    Nel pomeriggio a Taba, scambio di prigionieri tra Egitto ed Israele
    E' tutto pronto a Taba, in Egitto sul Golfo di Aqaba, per lo scambio fra 25 prigionieri egiziani detenuti in Israele e Ilan Grapel, il giovane con doppia nazionalità Usa-israeliana, accusato dal Cairo di spionaggio durante la rivoluzione di gennaio. Il valico, dove si stanno radunando decine di familiari dei prigionieri, rimarrà chiuso fino a stasera. I 25 detenuti, tre minorenni, appartenenti alle tribù beduine del Sinai, sono stati condannati per traffico di armi e droga e ingresso illegale in Israele. Saranno portati nel pomeriggio a Taba, mentre Grapel dovrebbe fare rientro in patria in aereo dal Cairo.

    Tunisia elezioni: vittoria netta del partito islamico Ennahdha
    In Tunisia, è ormai certa la netta vittoria del partito islamico Ennahdha alla consultazione di domenica scorsa per eleggere l’Assemblea costituente. Non è ancora ultimato lo scrutinio delle 27 circoscrizioni, ma il dato provvisorio assegna 85 seggi al partito del premier già designato, Hammadi Djebali. Con ogni probabilità, i risultati saranno ufficializzati oggi dall'Alta istanza per le elezioni. Nell’attesa, Djebali ha anticipato una rosa di tre nomi per la presidenza, indipendenti rispetto al suo partito. Entro una dozzina di giorni, l’Assemblea costituente si riunirà per avviare la redazione della Carta, per poi entro un anno passare la mano al primo parlamento veramente democratico del Paese, che nel dopo elezione tira un sospiro di sollievo rispetto alla grande paura di una nuova ondata di cieca violenza e saccheggi, come era accaduto nella rivolta popolare all’inizio dell’anno.

    Maltempo in Italia: sette morti e una decina di dispersi
    In Italia, sei le vittime tra Liguria e Toscana, una decina i dispersi e centinaia gli sfollati. L’ultimo bilancio del maltempo che ha devastato ieri le due regioni. La situazione è in miglioramento ma continua la ricerca dei dispersi. A Vernazza, in Liguria, è emergenza totale: mancano viveri, acqua, energia elettrica, gas. Alcune zone colpite dall’alluvione rimangono ancora isolate. La procura di Massa Carrara ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo in seguito all'esondazione che ha causato due morti ad Aulla, per capire se interventi nell'area del Magra possano aver avuto un ruolo nello straripamento del fiume. In generale, sotto accusa il dissesto idrogeologico.

    Terremoto in Turchia: arrivati primi aiuti di Israele
    Israele ha inviato i primi aiuti alle popolazioni turche colpite dal terremoto. Si tratta di cinque prefabbricati completi di mobili. Fra due giorni, dovrebbero arrivare altri tre aerei carichi di aiuti umanitari. Il ministro degli Esteri turco ha comunque confermato che l'aiuto logistico di Israele non attenua l'attrito “politico”, che oppone Ankara allo Stato ebraico sulla questione di Gaza e sull’arrembaggio israeliano alla flottiglia filo palestinese, dove persero la vita nove attivisti turchi. La Protezione civile turca conferma che al momento il numero dei morti è di 523. I feriti sono 1.650.

    Presidenziali in Bulgaria: al primo turno vince Plevneliev del partito Gerb
    Presidenziali in Bulgaria, per la prima volta abbinate alle comunali. Vincitore al primo turno è Rossen Plenveliev, appoggiato dal partito conservatore Gerb (Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria) al potere. Secondo i dati definitivi, Plevneliev che ha raccolto il 37,55% dei consensi e andrà al ballottaggio domenica prossima con il candidato del partito socialista bulgaro (Bsp), Ivaylo Kalfin, che ha raccolto il 27,11% dei voti. Molti osservatori danno per scontata la vittoria di Plevneliev, ma secondo altri la sostanziale differenza di 10,44% tra i due potrebbe essere recuperata da Kalfin, grazie all’appoggio già annunciato dal partito della minoranza turca (Dps). Alle amministrative il partito Gerb ha ottenuto la maggioranza in 20 su 27 capoluoghi.

    Argentina: 12 ergastoli ai militari imputati di crimini sotto l’ultima dittatura
    Esemplari condanne la Giustizia argentina ha inflitto contro 17 militari imputati di gravi crimini nell'ultima dittatura militare (1976-1983). Delitti commessi nella Escuela Mecanica de la Armada (Esma), il più grande centro di tortura e detenzione di Buenos Aires, dove si stima siano state uccise almeno cinquemila persone. Dodici le condanne all’ergastolo, tra cui quelle comminate all'ex ufficiale della Marina Jorge Acosta detto "el Tigre" e all'ex tenente Alfredo Astiz, soprannominato "l'Angelo biondo": simboli delle torture commesse nella Esma. Tra le vittime dei militari la fondatrice delle "Madres de Plaza de Mayo" Azucena Villaflor, lo scrittore e giornalista Rodolfo Walsh e le suore francesi Leonie Duquet e Alice Domon. La lettura della sentenza è stata salutata con urla di gioia, applausi e commozione da parte del pubblico dentro e fuori il tribunale, fra cui molti familiari dei desaparecidos. Nel processo, iniziato quasi due anni fa, sono sfilati 160 testimoni, 79 dei quali sopravvissuti dell'Esma.

    Sud Sudan: inglese al posto dell’arabo nelle scuole
    Le scuole del Sud Sudan adotteranno l'insegnamento della lingua inglese al posto dell'arabo, usato finora come strumento per diffondere la legge islamica e che sarà gradualmente eliminato. La decisione è una mossa simbolica che guarda alle relazioni con i Paesi dell’Africa orientale, dove l'inglese è diffuso. Nelle scuole primarie si insegneranno anche le diverse lingue locali, introducendo l’inglese per materie come matematica e scienze. Prima della nascita del Sud Sudan, lo scorso luglio, l'arabo era la lingua ufficiale adottata in tutto il Paese. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Gisotti)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 300

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.