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Sommario del 26/10/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla vigilia dell’incontro di Assisi: il regno di pace di Cristo non si estende con la forza, i cristiani non diventino lupi tra i lupi
  • Incontro di Assisi: le riflessioni del prof. Bodei, del cardinale Tauran e di mons. Paglia
  • Giornata di preghiera per la pace di Assisi: la quarta volta di un Papa
  • Appello del Papa per le popolazioni colpite dal sisma in Turchia. Almeno 461 le vittime
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Maltempo in Thailandia, oltre 360 le vittime, Centroamerica e Italia: 9 morti in Liguria e Toscana
  • Libia: il Cnt chiede alla Nato di prolungare la sua missione
  • Mostra a Roma su Audrey Hepburn contro la fame in Ciad
  • Chiesa e Società

  • Thailandia. Emergenza alluvioni: gli interventi della Chiesa per gli sfollati
  • Padre Tentorio, apostolo dei tribali, ricordato con una Messa a Roma
  • Pakistan: Paul Bhatti chiede il “silenzio-stampa per la salvezza di Asia Bibi”
  • Ogni anno in Pakistan almeno 700 ragazze cristiane sono vittime di violenza
  • Caritas Internationalis: scarsa la risposta internazionale alle inondazioni in Pakistan
  • Rapporto Caritas Somalia: la siccità sta aggravando la situazione umanitaria
  • Africa: i bambini le vittime più a rischio di una delle peggiori epidemie di colera
  • In Africa cresce l’allarme per il processo di desertificazione
  • Yemen: un bambino su 3 è malnutrito, ospedali sovraffollati o chiusi, difficile l’accesso all’acqua
  • Messaggio dei vescovi congolesi in vista delle elezioni
  • Il cardinale Bagnasco ribadisce la responsabilità dei cattolici nella società
  • Messico. Il vescovo di Nuevo Laredo: in aumento il numero di espulsi dagli Usa
  • Messaggio del cardinale Ravasi al convegno di Bangalore sull'etica nell'economia globale
  • Arabia Saudita: operaio filippino arrestato per blasfemia
  • Filippine: grande successo del primo raduno vocazionale della diocesi di Borongan
  • Cina: una scuola per bambini orfani a causa dell’Aids, grazie alla Caritas locale
  • Brasile: da 50 anni i Cappuccini ad Aracaju, capitale dello Stato di Sergipe
  • Seminario sul disagio giovanile all’Università Pontificia Salesiana
  • Il prof. Fara e mons. dal Covolo inaugurano l’Anno accademico dell’Auxilium
  • 24 Ore nel Mondo

  • Vertice di Bruxelles: l'Europa aspetta le misure dell'Italia contro la crisi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla vigilia dell’incontro di Assisi: il regno di pace di Cristo non si estende con la forza, i cristiani non diventino lupi tra i lupi

    ◊   I cristiani non cedano mai alla tentazione “di diventare lupi tra i lupi”: è il monito di Benedetto XVI, alla Liturgia della Parola svoltasi stamani in Aula Paolo VI, in preparazione all’incontro interreligioso per la pace di domani ad Assisi. All’evento, che è stato introdotto dal cardinale vicario Agostino Vallini, hanno partecipato i fedeli della diocesi di Roma, oltre a gruppi di pellegrini di tutto il mondo. Il Papa ha auspicato che i cristiani siano strumenti di pace in un mondo lacerato dalle guerre e dagli egoismi. Prima del momento di preghiera, il Pontefice si era recato nella Basilica di San Pietro, dove ha salutato le migliaia di fedeli che non avevano trovato posto in Aula Paolo VI. Il maltempo ha, infatti, costretto a spostare l’udienza generale inizialmente programmata in Piazza San Pietro, come avviene tradizionalmente il mercoledì. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Tu es Petrus”

    “Concedi all’umanità inquieta il dono della vera pace”: alla vigilia della Giornata di Assisi, il Papa prega per la pace e la giustizia nel mondo. E sottolinea che “chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace” e chi “costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio”. Ecco perché nell’incontro di Assisi, spiega, vi saranno non solo membri di diverse religione ma anche uomini non credenti. Nell’omelia, il Papa si è soffermato in particolare sulla prima lettura, tratta dal libro di Zaccaria, che annuncia l’avvento di un re umile, un re che spezzerà gli archi di battaglia e annuncerà la pace alle nazioni:

    “Gesù è re povero tra i poveri, mite tra coloro che vogliono essere miti. In questo modo egli è re di pace, grazie alla potenza di Dio, che è la potenza del bene, la potenza dell’amore”.

    E’ un re, soggiunge il Papa, che “realizza la pace sulla Croce, congiungendo la terra e il cielo e gettando un ponte fraterno fra tutti gli uomini”:

    “La Croce è il nuovo arco di pace, segno e strumento di riconciliazione, di perdono, di comprensione, segno che l’amore è più forte di ogni violenza e di ogni oppressione, più forte della morte: il male si vince con il bene, con l’amore”.

    L’orizzonte di questo re, osserva ancora il Papa, “non è quello di un territorio, di uno Stato, ma sono i confini del mondo”. E sottolinea che vediamo compiere questa comunione, questa unità nell’Eucaristia. E’ lì, afferma, che il Signore ci toglie dai nostri individualismi “per formare di noi un solo corpo, un solo regno di pace in un mondo diviso”:

    “Dappertutto, in ogni realtà, in ogni cultura, dalle grandi città con i loro palazzi, fino ai piccoli villaggi con le umili dimore, dalle possenti cattedrali alla piccole cappelle, Egli viene, si rende presente; e nell’entrare in comunione con Lui anche gli uomini sono uniti tra di loro in un unico corpo, superando divisioni, rivalità, rancori”.

    Ecco allora che chi vuole essere “discepolo del Signore”, deve essere pronto “anche alla passione e al martirio, a perdere la propria vita per Lui, perché nel mondo trionfino il bene, l’amore, la pace”:

    “I cristiani non devono mai cedere alla tentazione di diventare lupi tra i lupi; non è con il potere, con la forza, con la violenza che il regno di pace di Cristo si estende, ma con il dono di sé, con l’amore portato all’estremo, anche verso i nemici. Gesù non vince il mondo con la forza delle armi, ma con la forza della Croce, che è la vera garanzia della vittoria”.

    Come San Paolo, osserva il Papa, “dobbiamo essere disposti a pagare di persona, a soffrire in prima persona l’incomprensione, il rifiuto, la persecuzione”. E avverte che “non è la spada del conquistatore che costruisce la pace, ma la spada del sofferente di chi sa donare la propria vita”. Di qui l’invocazione affinché i cristiani diventino “strumenti” di pace “in un mondo ancora lacerato da odio, da divisioni, da egoismi, da guerre”:

    “Vogliamo chiedergli che l’incontro di domani ad Assisi, favorisca il dialogo tra persone di diversa appartenenza religiosa e porti un raggio di luce capace di illuminare la mente e il cuore di tutti gli uomini, perché il rancore ceda il posto al perdono, la divisione alla riconciliazione, l’odio all’amore, la violenza alla mitezza e nel mondo regni la pace”.

    Nella sua introduzione, il cardinale Agostino Vallini ha lanciato un appello affinché il nome di Dio non sia “più strumentalizzato per giustificare le guerre e le violenze, ma al contrario sia la sorgente che favorisce il reciproco riconoscimento e il rispetto fra i popoli e le nazioni”. In più lingue, le intenzioni di preghiera, dall’arabo al cinese. In spagnolo si è pregato affinché i cristiani “riscoprano la via dell’unità e diventino un segno della pace, per la quale Cristo ha dato la sua vita”.

    Canti

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    Incontro di Assisi: le riflessioni del prof. Bodei, del cardinale Tauran e di mons. Paglia

    ◊   Domani, dunque, Benedetto XVI e circa 300 esponenti delle varie fedi mondiali si riuniranno ad Assisi per una giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo. Il Papa e le delegazioni partiranno in treno alla volta della città di San Francesco che nel 1986 vide il primo grande Incontro delle religioni per la pace voluto da Giovanni Paolo II. Il servizio della nostra inviata ad Assisi Francesca Sabatinelli:

    Come 25 anni fa le religioni ancora insieme per pregare, questa volta con in più la forte dimensione del pellegrinaggio. Ritrovarsi nel 2011 di nuovo ad Assisi significa per le religioni affrontare un itinerario verso la giustizia e la pace connotato dalla ricerca della verità. Da quando il primo gennaio scorso Benedetto XVI annunciò la Giornata del 27 ottobre, i protagonisti tutti, a cominciare dai Pontifici Consigli coinvolti nell’organizzazione, hanno ripetuto in questi mesi l’importanza di questo cammino, necessario a dimostrare al mondo che gli uomini di religione assieme – altra novità – agli uomini di cultura, anche non credenti, possono dare il proprio contributo alla costruzione di una casa comune migliore. Cristiani, musulmani, ebrei, indù, buddisti, esponenti di altre fedi, si ritrovano per un’esperienza di fraternità, come già fu nel 1986, e per rilanciare il loro impegno di fronte alle sfide di questo tempo. 25 anni fa il mondo era ancora diviso in due grandi blocchi. Di lì a tre anni sarebbe caduto il muro di Berlino, qualcuno ne aveva già intravvisto i segnali ma Giovanni Paolo II volle dare il suo messaggio di portata storica: le religioni, senza fare politica, possono essere portavoce del senso della pace. Oggi, gli uomini di fede ci dicono che di fronte alle minacce moderne del laicismo, del fondamentalismo, del terrorismo, di fronte ai rischi trainati dalla grave crisi economica, e quindi povertà, diseguaglianze sociali, discriminazioni, anche religiose, occorre la ricerca della verità a presupposto della ricerca della pace. Assisi 2011 a differenza dell’86, non sarà un momento pubblico di preghiera delle diverse religioni, ma di silenzio e dialogo che coinvolgerà anche i non credenti perché “il pellegrinaggio della verità, vissuto autenticamente, apre al dialogo con l’altro, non esclude nessuno e impegna tutti ad essere costruttori di fraternità e di pace”.

    A differenza della giornata del 1986, ad Assisi quest’anno saranno presenti anche esponenti del mondo della cultura e della scienza, non credenti, che oggi pomeriggio si ritroveranno all’Università di Roma Tre per una tavola rotonda sul tema “Credenti e non credenti di fronte alle sfide della modernità”, alla presenza del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il prof. Remo Bodei, filosofo, docente presso la University of California, è tra questi. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

    R. – Io parto dalla convinzione che siamo tutti ospiti della vita, tutti migranti nel tempo e che in realtà nessuno possiede la verità in se stesso. Quindi il confronto con la fede è un confronto libero, tra uomini di buona volontà e di buon intelletto che sono disposti a cercare la verità in un periodo in cui la verità è diventata un optional, è degradata ad opinione. Per questo il confronto mi sembra sempre più utile.

    D. – Prof. Bodei, quindi lei si allinea a quanto detto dal cardinale Ravasi, cioè che questa presenza dei non credenti è un modo per ribadire il rilievo del rapporto tra “fides et ratio”?

    R. - Se ricordo bene, anche nella “Caritas in veritate” Benedetto XVI ha messo in evidenza che un cristianesimo senza verità diventa soltanto una raccolta di buoni sentimenti, ma questi sono marginali. L’idea che io ho è che il confronto debba essere anche una forma di ascolto e di “disarmo bilaterale”. Ciascuno rinuncia ai suoi dogmi: il laico all’idea che parlare con i religiosi sia un sacrificio dell’intelletto, dall’altra parte i religiosi non restano attaccati agli scogli del dogma e quindi si mettono in gioco.

    D. – Questa giornata del 27 è all’insegna del pellegrinaggio verso la pace che deve raccordarsi con un pellegrinaggio verso la verità. In che modo si può lavorare insieme?

    R. – Intanto, riconoscendo che esistono valori comuni e condivisi che ci riguardano in quanto uomini. La ricerca della pace, la ricerca dei diritti, l’aiuto dei più deboli e dei più poveri, sono valori su cui si può benissimo lavorare insieme, ciascuno per le proprie motivazioni.

    D. – Giovanni Paolo II chiese alle religioni di essere testimoni della pace e del dialogo. In questi 25 anni, secondo lei, si è assistito a un cambiamento del ruolo delle religioni nel mondo?

    R. – Certamente. Soprattutto dopo la crisi dei regimi comunisti, dell’ateismo di Stato, le Chiese hanno allargato le loro ali e hanno accolto milioni di persone che prima erano legate a queste forme di fedi laiche. Questo, però, unito alla radicalizzazione di certe religioni, ha fatto delle religioni un terreno di lotta più che di unità. Dal punto di vista della convivenza, probabilmente, certe forme di retaggio teologico andrebbero ridiscusse.

    D. – Secondo lei, quali potrebbero essere gli eventuali frutti di questa giornata assisana?

    R. – Non credo che ci saranno subito frutti maturi. Penso però che, se da una parte il processo che la Chiesa cattolica sta facendo dal Concilio Vaticano II in poi è un modo per la Chiesa di rispondere alle sfide del mondo moderno, dall’altra i laici stanno perdendo alcune scaglie della loro corazza - che è diventata praticamente inutile, per certi aspetti - e mantengono le loro posizioni in maniera dialogante, senza arroganza e con volontà di capire, sperando che questa sia reciproca. (bf)

    Sul significato di questo incontro di Assisi, Thomas Chabolle ha raccolto la riflessione del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso:

    R. – Viviamo - lo vediamo ogni giorno leggendo i nostri giornali - in un mondo precario dove non sono garantiti a tutti la giustizia e la pace. Le armi, purtroppo, si fanno sentire con più forza del diritto. Ecco perché Benedetto XVI ha voluto questo terzo incontro ad Assisi. Gli incontri di Assisi vogliono dimostrare che per rivendicare i propri diritti esiste un’altra dimensione, diversa dalla lotta armata: la preghiera. Oltrepassando la diversità delle religioni, la preghiera esprime una relazione con una Potenza suprema, una relazione che supera le nostre capacità umane. Allora, praticando quello che hanno in comune tutte le famiglie spirituali – preghiera, digiuno e pellegrinaggio – si tratterà di dimostrare che le religioni sono un fattore di pace, non di guerra, che la pace presuppone la verità. Camminiamo tutti verso la sorgente della luce. La ricerca della verità non riguarda solamente i cristiani. Infine, penso che ci sono alcune caratteristiche specifiche di questo incontro di Assisi: questa volta più tempo sarà dato alla riflessione e al silenzio, che diverrà preghiera. Inoltre, gli agnostici faranno sentire la loro voce.(bf)

    Lo “spirito di Assisi” fu ereditato dalla Comunità di Sant’Egidio che dal 1987, ogni anno, ripropone l’evento in diverse città italiane ed europee. Francesca Sabatinelli ha intervistato mons. Vincenzo Paglia, presidente della Conferenza episcopale umbra e guida spirituale della Comunità di Sant’Egidio.

    R. - Io ricordo l’emozione di tutti i partecipanti in quel giorno, perché era la prima volta nella storia che credenti di diverse fedi si ritrovavano assieme, “non più - come poi disse Giovanni Paolo II - gli uni contro gli altri, ma gli uni accanto all’altri” per chiedere a Dio quella pace che gli uomini non sanno darsi. Avevano in comune, se così si può dire, la preoccupazione per la guerra e l’ansia per la pace.

    D. - In questi 25 anni, a suo giudizio, non si è forse assistito ad una radicalizzazione delle religioni? Questo 27 ottobre che rapporti trova tra le religioni?

    R. - Io credo che il filo rosso che si è acceso in quel lontano 1986 non si sia mai interrotto. Certo, purtroppo, poteri non certo religiosi, convinzioni non certo di amore e di pace, ma poteri economici, politici, etnici o occulti hanno cercato - e talvolta purtroppo con successo - di strumentalizzare il credo religioso per scopi che religiosi non sono, magari anche legato al terrorismo. Ecco perché l’incontro pacifico tra le religioni resta un tesoro preziosissimo. Sono passati 25 anni, il mondo si è trasformato molte volte, ma lo spirito di Assisi, quest’incontro di Assisi, oggi acquista un suo valore straordinario.

    D. - “Pellegrini della verità, pellegrini della pace” è il titolo di questa giornata: lei che caratteristiche vi individua e quali possibilità vede nel dopo 27 ottobre 2011?

    R. - Vedo - diciamo - un arricchimento che si deve in particolare a Benedetto XVI. Papa Benedetto ha fatto emergere una dimensione che ad Assisi era come nascosta, ma che oggi, invece, si esprime in maniera molto evidente: nel pellegrinaggio verso la pace deve raccordarsi anche il pellegrinaggio verso la verità. Ed ecco allora che le religioni non possono fare a meno dell’incontro con la cultura o con gli uomini di cultura nell’attenzione verso la verità; che pellegrini non credenti si uniscano a pellegrini credenti è, forse, un’immagine ancor più ricca di quella del primo Assisi e a me pare straordinariamente importante poterlo sottolineare. Potremmo dire che il discorso di Ratisbona - che poi suscitò reazioni soprattutto in chi non lo aveva letto o non lo aveva ascoltato - in verità trova tutta la sua dignità: dobbiamo evitare che le religioni cadano nella tentazione o dello spiritualismo o del fondamentalismo… Questo può avvenire solo attraverso una ricerca della verità e quindi anche una presenza della ragione per aiutare - diciamo - a criticare le derive patologiche anche degli uomini e delle donne di religione. (mg)

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    Giornata di preghiera per la pace di Assisi: la quarta volta di un Papa

    ◊   Quello di domani sarà il quarto viaggio di un Pontefice ad Assisi per incontrare delegazioni delle altre chiese e comunità ecclesiali cristiane e delle altre religioni mondiali. Un ricordo dei viaggi precedenti in questo servizio di Fabio Colagrande:

    Il 24 gennaio 2002 il cardinale Joseph Ratzinger partiva dalla Stazione vaticana con destinazione la città di San Francesco per partecipare alla Giornata di preghiera per la pace nel mondo voluta da Giovanni Paolo II dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre. L’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede raccontava così ai nostri microfoni le sue sensazioni al momento della partenza:

    “Io trovo incoraggiante che rappresentanti di diverse religioni si uniscano ed insieme si mettano in cammino; proprio anche questo ‘cammino’ in treno mi piace molto: attraversare questa terra, vivere la condizione di pellegrinaggio, perché siamo in cammino, in cammino insieme e cerchiamo la meta della pace. Diciamo che non aspettiamo effetti immediati; l’effetto maggiore è che tutti noi vogliamo conoscere l’unico Dio, vogliamo servire la pace, convinti che la religione non deve essere occasione di guerra, di opposizione ma deve sempre essere una forza di pace”.

    Quasi dieci anni dopo Benedetto XVI si prepara a percorrere lo stesso itinerario ferroviario, in continuità con il suo predecessore, per una Giornata per la quale, oggi come allora, sono convocati rappresentanti delle diverse confessioni cristiane e delle principali tradizioni religiose del mondo. Ma come Pontefice, Joseph Ratzinger caratterizza l’avvenimento come un ‘pellegrinaggio verso la verità’ e invita anche una delegazione di non-credenti, accentuando l’aspetto del dialogo tra fede e ragione così centrale nel suo Magistero.

    Giovanni Paolo II, prima del 2002, andò altre due volte ad Assisi per invocare il dono della pace. Il 9 gennaio 1993, per pregare per i Balcani, poco dopo l’inizio della guerra in Bosnia-Erzegovina, e il 27 ottobre 1986 per la prima, storica convocazione che testimoniò davanti al mondo la ‘qualità trascendente della pace’. Domani la giornata del Papa ad Assisi commemora quell’evento di 25 anni fa che l’allora Custode del Sacro Convento di Assisi, padre Vincenzo Coli, ricorda ancora con emozione anche per un curioso aneddoto. Al momento del pranzo nel Sacro Convento i rappresentanti di un’altra delegazione occuparono infatti il tavolo destinato dai frati a Giovanni Paolo II. Ecco come padre Coli risolse l’equivoco:

    “Feci occupare un tavolo. Pensavo che il Papa sarebbe sceso leggermente in ritardo, rispetto agli altri, e che avrebbe rischiato di non trovare posto insieme ai principali capi che erano lì. Per cui, quando scendemmo, mi si sollevò il cuore di gioia quando vidi che il tavolo messo da parte c’era ancora. Lo prendemmo e lo sistemammo in pochi minuti … Così il Papa si poté sedere insieme agli altri principali invitati. Per questa cena frugale sarebbero dovute entrare circa 150 persone, non di più; invece ne entrarono tra le 300 e le 350 e non avevamo preparato qualcosa per tutti… Ma era una giornata molto fredda e tutti chiedevano solo qualcosa di caldo: tè e zucchero ... e il Signore ci salvò! (gf)

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    Appello del Papa per le popolazioni colpite dal sisma in Turchia. Almeno 461 le vittime

    ◊   In Turchia si aggrava il bilancio delle vittime del terremoto di domenica scorsa. Secondo gli ultimi dati, le vittime sarebbero almeno 461, i feriti oltre 1350 e centinaia i dispersi. Prosegue, intanto, l’opera dei soccorritori: dopo il salvataggio di una neonata e di un bambino di dieci anni, l’ultima persona ad essere estratta viva dalle macerie, anche se in condizioni critiche, è stata un’insegnante di 27 anni. Al termine dell’incontro nell’Aula Paolo VI in Vaticano, Benedetto XVI ha lanciato, stamani, un accorato appello in favore delle popolazioni colpite dal sisma. Ascoltiamo le parole del Santo Padre nel servizio di Amedeo Lomonaco:

    “In questo momento, il pensiero va alle popolazioni della Turchia duramente colpite dal terremoto, che ha causato gravi perdite di vite umane, numerosi dispersi e ingenti danni. Vi invito ad unirvi a me nella preghiera per coloro che hanno perso la vita e ad essere spiritualmente vicini a tante persone così duramente provate. L’Altissimo dia sostegno a tutti coloro che sono impegnati nell’opera di soccorso”.

    E’ una corsa contro il tempo. Col passare delle ore si riducono le probabilità di trovare superstiti. Il Papa, oltre a ricordare quanti sono impegnati nei soccorsi, esorta ad essere uniti nella preghiera. Padre Domenico Bertogli da 45 anni in Turchia e parroco ad Antiochia:

    “Si incontra Dio nella preghiera e nel silenzio, ma specialmente nella preghiera, perché è proprio il momento in cui l’uomo si mette di fronte a Dio. E così, nella preghiera, le divisioni tra il cristianesimo e le altre religioni diminuiscono, perché in definitiva Dio è unico. Mettersi dinanzi a Lui, nella nostra povertà, con le nostre debolezze e problemi, è un momento molto importante sia per un cristiano sia per un non cristiano".

    In momenti così drammatici la solidarietà supera ogni divisione. La Turchia, in particolare, ha accettato ufficialmente gli aiuti offerti da diversi Paesi, tra cui anche Israele. Si tratta di un importante segnale di distensione fra Tel Aviv e Ankara. Ancora padre Bertogli:

    “E’ un momento che ci fa sentire più solidali, ci fa sentire tutti creature di Dio. Davanti alla sofferenza, alla morte e alla distruzione, la prima cosa che dobbiamo abbattere sono proprio queste barriere ideologiche dei problemi esistenti tra le varie nazioni. Si devono superare queste barriere ideologiche e politiche. Si deve guardare veramente all’uomo, che è la cosa principale ed è anche la più bella, che ci fa sentire più vicini gli uni agli altri”.

    Il premier turco, Tayyip Erdogan, ha ammesso che inizialmente ci sono stati problemi di coordinamento nella gestione degli aiuti ai terremotati, ma che ora la situazione è sotto controllo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il mosaico della pace: Benedetto XVI presiede la celebrazione della Parola in preparazione alla Giornata di Assisi. Sull'avvenimento di domani, nell'informazione vaticana, interviste di Mario Ponzi ai cardinali Jean-Louis Tauran e Roger Etchegaray.

    Nell'informazione internazionale, un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo "L'Iraq attende l'alba del 2012".

    Quel dissidente che studiava le religioni: in cultura, Gianpaolo Romanato ricorda lo storico romeno Ioan Petru Culianu, ucciso vent'anni fa.

    L'inquadratura mutevole di un finestrino: Isabella Farinelli sul fascino "cinematografico" di un viaggio in treno.

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    Oggi in Primo Piano



    Maltempo in Thailandia, oltre 360 le vittime, Centroamerica e Italia: 9 morti in Liguria e Toscana

    ◊   Il maltempo sta colpendo numerose regioni nel mondo: pesanti alluvioni stanno investendo la Thailandia, oltre 360 i morti finora e più di centomila sfollati, e il Centroamerica dove si registrano decine di vittime. Maltempo anche in Italia, con nove morti, cinque dispersi e ingenti danni materiali, in particolare in Liguria e Toscana. Il servizio di Eugenio Bonanata:

    Bangkok rischia di essere completamente inondata, mentre l’Onu ha chiesto un intervento urgente in Paesi centroamericani come Salvador, Honduras e Nicaragua. Forti piogge che mettono in ginocchio intere comunità seminando morte e distruzione. E’ quello che sta accadendo anche nel nord dell’Italia. Decine i Paesi coinvolti tra lo Spezzino e la Lunigiana: vittime a Borghetto Vara e Monterosso, in provincia di La Spezia e ad Aulla, in provincia di Massa Carrara. Si cercano i dispersi ed è lotta contro il tempo. Fango e detriti hanno invaso diversi centri, che risultano ancora isolati. La speranza, adesso, è che il miglioramento delle condizioni meteo possa consentire l’impiego degli elicotteri della protezione civile. Le squadre di soccorso, comunque, lavorano senza sosta nel tentativo di aprire varchi, tra strade interrotte, frane e smottamenti. Sentiamo Angelo Betta, il sindaco di Monterosso, uno dei Paesi più colpiti:

    R. – C’è stata una grande colata d’acqua, tanti millimetri che non cadono neanche in un anno; e contestualmente ci sono state frane a monte e la mareggiata forza 5, che ha fatto da tampone e non ha fatto uscire l’acqua. Di conseguenza, l’acqua è volata indietro e le frane a monte hanno fatto smottare le solette dei canali delle vie che ci passano sopra. Quindi, hanno portato via auto, i fondi del piano terra e dei palazzi, che sono allagati e pieni di detriti. La parte bassa del Paese, sia nella parte vecchia sia nella parte nuova, è completamente ricoperta di sassi e detriti ed è praticamente inservibile.

    Mons. Francesco Moraglia, vescovo della diocesi di La Spezia-Sarzana- Brugnato, è stato in contatto con la nostra emittente fin da stamattina e ci ha raccontato di queste ore drammatiche per la popolazione locale in cui si è temuto anche per la sorte del parroco di Sarzana:

    R. – Poi siamo riusciti attraverso i collegamenti di emergenza della Prefettura a metterci in contatto con alcune persone di Vernazza, che ci hanno detto che il parroco sta bene e che sta lavorando: ha ospitato anche delle persone in canonica, come il parroco di Corniglia, che ha ospitato una ventina di persone, questa notte, nel santuario di San Bernardino, nelle alture di Corniglia.

    E son incalcolabili i danni, che riguardano tra l’altro anche tratti ferroviari e dell’autostrada A12 e A15. Il presidente della regione Liguria, Claudio Burlando, ha chiesto lo stato di emergenza. Intanto è polemica sull’incuria del territorio: si parla di dissesto idro-geologico, un fenomeno che interessa in modo allarmante molti comuni italiani soprattutto in Calabria e Sicilia. Ancora mons. Moraglia:

    R. – Mi viene in mente adesso anche l’ultima enciclica del Papa in cui ritorna oltre al tema del bene comune, quello ecologico: la questione del rapporto dell’uomo con il suo territorio. Noi abbiamo uno dei territori più belli in assoluto dell’Italia: pensi alle Cinque Terre, pensi a Lerici. Sono anche fonti di reddito notevoli per il turismo. Indubbiamente, però, ci sono da fare parecchie riflessioni sul modo in cui l’uomo si rapporta a questo bene inestimabile del territorio.

    Le condizioni meteo in Liguria e Toscana sono in miglioramento, tuttavia, la protezione civile ha diramato lo stato d’allerta per Veneto e Friuli. Nessun danno significativo a Roma, dove si temeva una replica di quanto avvenuto la settimana scorsa. Sulla situazione è intervenuto anche il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, che in un’intervista ha parlato di “tributi molto dolorosi” legati al cambiamento climatico. Ma come spiegare l’intensità di queste precipitazioni? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Giampiero Maracchi, docente di climatologia:

    R. – Non sarebbero stati normali nel periodo precedente agli anni ’90; purtroppo ormai bisogna dire che lo sono diventati. Con il riscaldamento del pianeta, si riscaldano gli oceani, aumenta l’acqua precipitabile contenuta nelle nubi, aumenta anche l’energia e, quindi, gli eventi diventano molto simili a quelli dei Tropici: piogge di breve durata ma molto intense.

    D. – Quindi è giusto chiamare in causa la questione dei cambiamenti climatici?

    R. – Assolutamente sì. Infatti, questo è un processo che vediamo a partire dalla metà degli anni ’90: basti ricordare che anche l’anno scorso, esattamente in questo periodo, a Carrara, purtroppo, ci furono tre morti in un evento come quello avvenuto tra ieri ed oggi, e lo stesso in Liguria; basti ricordare l’inondazione del Bacchiglione, che ha fatto all’inizio di quest’anno 500 milioni di danni.

    D. – Il fenomeno, però, riguarda anche altri Paesi e altre zone del mondo, come per esempio la Thailandia. Che tipo di correlazione c’è tra queste due situazioni?

    R. – Naturalmente bisogna vedere la posizione geografica del Paese. L’aumento dell’energia e dell’acqua condensabile determina questi cicloni extra tropicali - questo è il termine tecnico – che si hanno appunto sul Mediterraneo, ma anche in altre aree sempre della zona temperata. Quando poi si va nelle zone già di carattere tropicale non fanno altro che aumentare le aree in cui avvengono inondazioni importanti e lo abbiamo visto appunto negli ultimi anni non solo in Thailandia, ma anche in Bangladesh e in tante altre aree, dove nel passato c’erano questo tipo di fenomeni, ma che si sono intensificati.

    D. – Cosa ci dobbiamo aspettare per le prossime settimane, per i prossimi mesi?

    R. – Andando in là con i mesi è un po’ difficile a dirsi, perché le previsioni stagionali o climatiche sono ad un grado di approssimazione abbastanza modesto: sono ancora molto sperimentali. Nelle prossime settimane, da quello che si vede – a parte una pausa che avremo da domani in poi – sembrerebbe che il mese di novembre possa essere abbastanza piovoso, perché la traiettoria delle perturbazioni, che in termini tecnici si chiama “storm track”, si è abbassata: fino a qualche giorno fa era sull’Europa e ora invece è sul Mediterraneo, e questo porta le perturbazioni dall’Atlantico con le conseguenze che abbiamo visto. Naturalmente, andando in là con la stagione, si raffredda anche il mare, la temperatura di superficie degli oceani diminuisce e quindi il rischio di esondazioni o di piogge molto intense dovrebbe diminuire. Ciò non toglie che a novembre si possano avere ancora fenomeni di questo tipo.

    D. – Alla luce di queste considerazioni, cosa si può fare? Qual è la via d’uscita?

    R. – Dove il fenomeno avviene e con che intensità lo si può dire soltanto pochissime ore prima. Quindi, ai fini della Protezione Civile diventa assai difficile. Naturalmente bisogna fare un’opera di formazione della cittadinanza, dei cittadini: quando sanno che c’è una criticità su una regione, bisogna che siano più attenti, bisogna che stiano più attenti a mettersi in viaggio con le macchine se devono passare vicino a corsi d’acqua e tutta una serie di cose che la gente deve imparare ad adottare.

    D. – Da un altro punto di vista, bisognerebbe consumare meno energia...

    R. – Quello è l’elemento di base di carattere più generale. Il modello che abbiamo usato fino ad oggi, negli ultimi cento anni, è un modello che dimostra limiti importanti: ha portato senz’altro benessere, ha portato la diminuzione della fatica e di tante altre cose – una maggiore lunghezza della vita – e quindi senz’altro ha avuto dei risultati benefici, ma insieme a questi ci sono poi aspetti negativi, fra cui i cambiamenti del clima ed anche le crisi economiche che stiamo vivendo, che sono poi il risultato estremo di un modello troppo basato sul mercato.

    D. – Puntare alle rinnovabili, alle energie pulite: questo può aiutare?

    R. – Assolutamente sì! Direi che il futuro non può essere altro che quello. E’ chiaro che se vogliamo ridurre l’inquinamento atmosferico da parte di gas effetto-serra bisogna puntare su processi e fenomeni che siano ad effetto-serra zero. (ap)

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    Libia: il Cnt chiede alla Nato di prolungare la sua missione

    ◊   Dopo l’uccisione di Gheddafi, la situazione in Libia appare ancora molto tesa e incerta. Un movimento vicino al colonnello ha rivendicato l’attentato di alcuni giorni fa ad un deposito di carburante a Sirte che ha causato decine di vittime. Intanto, il Cnt, il Consiglio Nazionale di Transizione, ha chiesto alla Nato di prolungare la missione in territorio libico sino alla fine dell’anno. Venerdì prossimo, riunione dei vertici dell’Alleanza sul da farsi. Sui motivi di questa richiesta, Giancarlo La Vella ha intervistato Enrico Casale, esperto di Africa della rivista dei Gesuiti “Popoli”:

    R. - Il Consiglio Nazionale di Transizione probabilmente ha capito che anche con la morte di Gheddafi la situazione in Libia non è ancora del tutto pacificata. Nel corso degli anni il rais ha di certo avuto il sostegno di gran parte della popolazione, un sostegno guadagnato anche grazie ad una politica di condivisione dei proventi petroliferi ed anche perché la Libia è una società molto frazionata in clan e sotto-clan. Molti di questi clan hanno sempre sostenuto Gheddafi e continuano a farlo tutt’ora. Questo rende la situazione particolarmente instabile.

    D. - Il timore che ora possa scoppiare una guerra civile è qualcosa di concreto o è un’eventualità che è possibile evitare?

    R. - E’ possibile che le forze che hanno sostenuto Gheddafi fino alla fine possano ricompattarsi e attaccare le truppe del Consiglio Nazionale di Transizione. In che forma possa scoppiare questa guerra civile, se con un confronto diretto o sotto forma di guerriglia con sabotaggi, attentati ed uccisioni mirate, questo non si sa ancora. Il rischio, però, è che la situazione rimanga instabile ancora per parecchi mesi.

    D. - Il problema si potrebbe risolvere con un programma d’inserimento, nelle nuove istituzioni, rappresentanti di quelle fasce della popolazione che erano fedeli a Gheddafi, un po’ come è stato fatto in Iraq?

    R. - Questo certamente sì, nel senso che non ci può essere una pacificazione che passi “sopra la testa” dei sostenitori di Gheddafi. E’ chiaro che, in qualche modo, andranno coinvolti nella gestione del potere, probabilmente escludendo dal potere quelle persone che erano più compromesse con il regime ed includendo invece quelle che, pur avendo sostenuto Gheddafi, non erano così compromesse con lui. Il problema è che la Libia è una società molto divisa tra Tripolitania e Cirenaica, tra sostenitori ed avversari di Gheddafi. La vera sfida per il futuro, più che il sostegno dei bombardieri della Nato, sarà, quindi, riuscire a trovare un sistema istituzionale che possa tenere insieme tutte queste complessità, tenendo anche presente che c’è un grande confronto tra fondamentalisti e laici all’interno del Paese. (vv)

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    Mostra a Roma su Audrey Hepburn contro la fame in Ciad

    ◊   Si apre oggi presso il Museo dell'Ara Pacis, e sarà visitabile fino al prossimo 4 dicembre, la mostra "Audrey a Roma", promossa dall'Associazione "Amici di Audrey" per l'Unicef, di cui la Hepburn fu ambasciatrice negli ultimi anni della sua vita. I proventi della mostra andranno alla lotta contro la malnutrizione in Ciad. Rosario Tronnolone ha intervistato Luca Dotti, figlio di Audrey Hepburn.

    R. – E' una mostra legata alla sua carriera, a quella più conosciuta del cinema, ma anche all’esperienza con l’Unicef e ai tanti viaggi. Volevo ricordare che gli introiti di questa mostra andranno direttamente al progetto Unicef, supportato da “Amici di Audrey” e devoluto alle loro missioni in Ciad.

    D. – Lei ricorda com’era stata contattata sua madre, come aveva conosciuto questa realtà?

    R. – Sì, dunque, mia madre viveva sempre a cavallo tra Roma e la Svizzera ed in Svizzera era molto amica di Peter Ustinov ed Ustinov, ambasciatore Unicef, la contattò e le chiese un suo contributo. Quasi immediatamente mamma si scoprì importante in quel ruolo, perché poteva usare finalmente questa fama, che un po’ le pesava, per l’Unicef, per un fine più importante per lei.

    D. – In particolare, il viaggio che sua madre compì in Somalia fu doloroso per lei e particolarmente significativo poi anche per la campagna di cui lei stessa si è fatta paladina. Ricorda quel momento?

    R. – Lo ricordo perfettamente, perché con tutta onestà, e forse all’epoca con un poco di egoismo, sia io che mio fratello lottammo contro questo viaggio, perché oltre che un Paese con grossi problemi di alimentazione, malattie e così via, era anche un Paese in guerra e si sparava ed oltre alla preoccupazione del cuore, c’era un rischio pratico e immediato. Insistette però, ci andò comunque e tornò molto, molto provata da quell’esperienza. Mamma non amava per niente usare parole forti, ma in quell’occasione le usò.

    D. – Parlò, allora, non di colpa collettiva ma di responsabilità collettiva ...

    R. – Esatto. Prima di tutto pensava fortemente, e ce l’ha sempre detto, che noi due eravamo i suoi figli prediletti, ma che anche tutti gli altri bambini erano per qualsiasi mamma "figli", e vederli morire, in così grande numero e con quello sguardo negli occhi, fu uno spettacolo insopportabile. (ap)

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    Chiesa e Società



    Thailandia. Emergenza alluvioni: gli interventi della Chiesa per gli sfollati

    ◊   La Chiesa cattolica thai – attraverso la Caritas e la Commissione per le emergenze e i rifugiati – ha avviato un piano di interventi per le vittime delle alluvioni che hanno colpito diverse province del Paese e la capitale Bangkok. Vescovi, sacerdoti, suore, giovani e anziani hanno aderito alle diverse iniziative raccogliendo beni di prima necessità, cibo, disinfettanti per l’acqua e materiale da campo messo a disposizione degli sfollati. Intanto fra la popolazione serpeggia un clima di tensione e nervosismo, acuito dalla mancanza di notizie certe sugli sviluppi dei prossimi giorni. Tuttavia, in mezzo alle inondazioni non mancano esempi di solidarietà e collaborazione, come sottolinea un esperto in crisi umanitarie: “Sono felice di vedere – afferma ad AsiaNews Komas Chungsathiansap – persone di comunità, professione e religioni differenti fra loro, uniti nel portare aiuto”. Il presidente di Caritas Thailandia, mons. Joseph Phibun Visitnonthachai della diocesi di Nakhon Sawan, ha inviato squadre di soccorso nelle aree segnate dalle inondazioni, le “peggiori degli ultimi 50 anni”. Lunedì scorso nella zona era giunto anche mons. Giovanni D’Aniello, nunzio apostolico in Thailandia, per distribuire aiuti, visitare bambini e anziani, portando il conforto del Papa e una donazione di 50mila dollari stanziata da Benedetto XVI attraverso il Pontificio Consiglio “Cor Unum”. Dieci camion carichi di aiuti e un gruppo di volontari di Caritas Thailandia hanno visitato diverse aree colpite dalle alluvioni, per predisporre gli interventi di emergenza. In una parrocchia di sole 15 famiglie cattoliche, sono stati distribuiti beni di prima necessità a tutta la popolazione. Padre Rangsipol Pleanphan, sacerdote e attivista nella diocesi di Nakhon Sawan, nel nord del Paese, invita i fedeli ad aiutare 250 famiglie della zona, segnate dalle inondazioni e bisognose di assistenza e riparo. Volontari cattolici e membri di organizzazioni umanitarie sottolineano a più riprese il clima di solidarietà e aiuto che si è creato nella popolazione, anche se restano situazioni di “forte stress”e timori per il futuro. Il desiderio comune, raccontato da molte vittime delle alluvioni, è di “sopportare con pazienza e tornare il prima possibile a condurre una vita normale”. La speranza è alimentata dalla collaborazione reciproca fra cittadini, senza distinzioni di ceto sociale, religione o professione svolta. Il Dipartimento della Protezione civile – Flood Relief Operations Centre (Froc) – conferma l’allerta in sei distretti della capitale e aggiorna il bilancio ufficiale delle vittime e dei danni. Le alluvioni nel nord, nord-est e centro della Thailandia hanno causato sinora 366 morti e sconvolto la vita di oltre nove milioni di persone; circa 120mila cittadini hanno trovato riparo nei centri di accoglienza, 720mila necessitano di cure mediche. La premier Yingluck Shinawatra avverte che l’emergenza potrebbe durare fino a un mese e non esclude il pericolo – parla di “una possibilità su due” – che il centro di Bangkok, metropoli di 12 milioni di persone, possa essere inondato da acqua alta fino a un metro. Intanto si fa sempre più pesante il bilancio dei danni nel settore agricolo e industriale. Le alluvioni hanno causato la chiusura di sette complessi industriali ad Ayutthaya, Nonthaburi e Pathum Thani, province confinanti con la capitale. L’interruzione del lavoro ha interessato la catena produttiva e i commerci internazionali, provocando perdite per un valore di miliardi di dollari e la cassa integrazione di oltre 650mila fra operai e impiegati. Preoccupazione anche nel comparto agricolo, dove è andato distrutto circa il 14% del raccolto annuale di riso. Le forti piogge monsoniche hanno inondato 62 province (su 77) della Thailandia, distruggendo 1,4 milioni di ettari di campi coltivati. (R.P.)

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    Padre Tentorio, apostolo dei tribali, ricordato con una Messa a Roma

    ◊   Padre Fausto Tentorio, il missionario del Pime ucciso lo scorso 17 ottobre nelle Filippine, è anzitutto “un testimone di Gesù Cristo”. Egli ha donato la vita per i tribali dell’Arakan Valley, a Mindanao, ma proprio per essere come Gesù, “beneficando e sanando” situazioni di conflitto e di umiliazioni dei diritti umani. È quanto ha affermato don Gianni Cesena, presidente delle Pontificie Opere Missionarie in Italia, nella messa celebrata ieri sera nella basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma. La celebrazione - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stata proposta dal Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) per ricordare il missionario ucciso, nello stesso giorno in cui avvenivano i suoi funerali a Kidapawan. Alla cerimonia hanno partecipato circa 300 persone e centinaia di sacerdoti, italiani e filippini, con la presenza degli ambasciatori di questo Paese. All’inizio della messa, padre Luciano Benedetti, del Pime, già collaboratore e amico di padre Fausto, ha tratteggiato a lungo e in dettaglio la figura e l’impegno del sacerdote per sostenere le comunità tribali, minacciate di estinzione a causa degli espropri di terre da parte di compagnie agricole e minerarie che si diffondono nella zona. Padre Benedetti ha sottolineato che il lavoro di padre Tentorio – alfabetizzazione per gli adulti, scuole per i giovani, acquedotti, lavoro, economia – era in sintonia con l’impegno della diocesi di Kidapawan. “Il killer – ha ricordato padre Benedetti – ha colpito padre Fausto con due diversi proiettili. Alcuni hanno colpito la spina dorsale; altri il volto”. Padre Fausto viveva vicino a una montagna che i tribali chiamano “la spina dorsale di Dio”. Il killer, ha detto padre Benedetti, “ha voluto colpire la spina dorsale di Fausto, la (vera) spina dorsale di Dio”. Sparando alla bocca e al viso, l’uccisore ha voluto “mettere a tacere” colui che predica e che annuncia il Regno di Dio. È soprattutto nell’omelia di don Gianni Cesena che è emersa la cattolicità della testimonianza del missionario ucciso. Nelle Filippine e in Italia, molti parlano di padre Fausto come di un attivista politico, un gandhiano non violento, un ecologista in difesa delle foreste, un lavoratore sociale. In realtà – ha affermato don Cesena - nella sua morte e nella sua esistenza, p. Fausto “è stato la rivelazione di una vita donata alla missione e ai poveri in nome di Gesù”. Riferendosi poi al vangelo di Giovanni della liturgia, in cui Gesù ricorda che “dove sono io, là sarà anche il mio servo”, ha sottolineato che nella condivisione della vita fra Gesù e il servo vi è anche la speranza per il futuro: “la Buona notizia soffre catene e uccisioni, ma non ne ha paura, e il Regno continua il suo cammino”. Alla celebrazione era presente anche mons. Orlando Quevedo, attuale arcivescovo di Cotabato (Mindanao), che ha accolto padre Tentorio nei suoi primi anni di missione. Mons. Quevedo, ha definito l’isola di Mindanao “una terra di conflitti” fra poveri tribali e ricchi possidenti, comunisti del New People’s Army e militari dell’esercito. Tutti – egli ha affermato – si sono detti estranei alla morte del sacerdote”. Per questo egli ha domandato al governo filippino di fare piena luce sull’assassinio del sacerdote. A conclusione, un rappresentante della direzione generale del Pime, padre Mark Tardiff, ha ringraziato gli intervenuti e tutti coloro che hanno espresso la loro solidarietà e le condoglianze all’istituto. Egli ha chiesto preghiere perché dal sacrificio di padre Tentorio, sempre più cristiani divengano “testimoni di Cristo nostra pace”. (R.P.)

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    Pakistan: Paul Bhatti chiede il “silenzio-stampa per la salvezza di Asia Bibi”

    ◊   “Faccio appello ai mass-media perché, d’ora in poi, adottino un silenzio-stampa sul caso di Asia Bibi. E’ necessario non per voler nascondere la verità o tacitare i mezzi di informazione, ma per poter agire realmente per la salvezza della donna, lontano dai riflettori e dalle attenzioni dei gruppi fondamentalisti. Mi rivolgo alla coscienza e alla responsabilità di tutti”: è l’appello lanciato, tramite l’agenzia Fides, da Paul Bhatti, fratello del ministro ucciso, Shabhaz Bhatti, e Consigliere speciale del Primo Ministro per gli affari delle Minoranze religiose. “Il caso di Asia Bibi – spiega Bhatti – è un caso tragico, ma non è il solo: vi sono centinaia di altre persone che soffrono per gli abusi delle legge sulla blasfemia. Come governo siamo convinti che la legge debba essere emendata o abolita. Ma occorre trovare la strada e il momento giusto”. Nella fase attuale, c’è una ripresa delle proteste dei gruppi estremisti islamici in favore di Mumtaz Qadri, l’assassino di Salman Taseer, ex governatore del Punjab, che aveva difeso Asia Bibi e chiesto una modifica della legge sulla blasfemia. Qadri è stato condannato a morte e ora è in corso il processo di appello presso l’Alta Corte di Islamabad. Bhatti afferma: “Che Mumtaz Qadri, un criminale, possa essere proclamato eroe nazionale dai movimenti islamici estremisti è incettabile, per un elementare senso di giustizia e umanità, prima che per i principi di fede”. Intanto il giudice Pervez Ali Shah, che ha condannato a morte Qadri in primo grado, è stato costretto a lasciare il Paese, per le minacce ricevute dai gruppi estremisti. Secondo il Consigliere, “per migliorare le condizioni delle minoranze religiose in Pakistan, occorre lavorare per un cambio di mentalità e di cultura nel Paese, operando su due direttrici: l’istruzione e il dialogo interreligioso, perchè si possono promuovere valori comuni a tutti come il rispetto della vita umana, la tolleranza, la costruzione di una nazione pacifica”. “Di recente ho incontrato oltre 50 imam (capi di preghiera islamica) con cui abbiamo discusso di questi temi”, racconta Bhatti a Fides. Anche all’estero, prosegue Bhatti, “ho incontrato i rappresentanti religiosi islamici di Turchia e Indonesia, confrontandomi sui mezzi e le modalità per ridurre l’intolleranza. Urge un’istruzione di livello universitario per tutti gli imam, per arginare le scuole di pensiero fondamentaliste”. (R.P.)

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    Ogni anno in Pakistan almeno 700 ragazze cristiane sono vittime di violenza

    ◊   Sidra, Tina, Samina, Shazia... La lista è spaventosamente lunga. Ogni anno si aggiungono 700 nuove caselle in cui si susseguono i nomi, i luoghi, le date. Episodi diversi, intrecciati dallo stesso orrore. Queste donne – si legge nell'articolo pubblicato dal quotidiano “Avvenire” - hanno in comune un’esperienza tremenda: il rapimento, lo stupro selvaggio, l’intento di “normalizzare l’abuso” con un matrimonio forzato. E chi evita quest’ultimo sopruso, deve affrontare la tragedia di vivere nello stesso villaggio col suo aggressore: quasi mai il responsabile viene arrestato e condannato. In Pakistan, gli abusi contro i cristiani – specie se donne – da parte dei musulmani sono un crimine “invisibile”. Anzi, gli stupri sistematici di ragazzine cristiane sono una strategia pianificata degli integralisti per costringerle a sposare un islamico e, dunque, convertirsi alla fede musulmana. A denunciarlo, in un lungo e dettagliato rapporto, è l’Asian Human Rights Commission (Ahrc), organizzazione indipendente con sede a Hong Kong che raggruppa giuristi e attivisti per i diritti umani. Le cifre contenute nello studio sono allarmanti: sono 700 i casi rilevati ogni anno. Molti di più quelli di cui non si hanno notizie. L’ultimo dramma è avvenuto appena due settimane fa, il 12 ottobre. Zubaida Bibi, un’inserviente cristiana impiegata nella fabbrica di un islamico, è stata aggredita dal suo principale. Zubaida ha cercato di opporsi, per questo l’uomo l’ha sgozzata e lasciata a morire in un bagno di sangue. L’impunità, oltre a favorire il perpetuarsi dei crimini, produce un effetto ulteriore. Secondo l’Ahrc, le violenze “compromettono la convivenza tra fedi diverse a causa della totale assenza dello Stato di diritto” e diventano alla fine un ulteriore elemento di discriminazione verso le minoranze. La situazione – si legge nel rapporto - è aggravata “dall’atteggiamento della polizia che si schiera sempre dalla parte dei gruppi islamici e tratta le minoranze come forme inferiori di vita”. (A.L.)

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    Caritas Internationalis: scarsa la risposta internazionale alle inondazioni in Pakistan

    ◊   La scarsa risposta della comunità internazionale alle inondazioni che hanno flagellato il Pakistan quest'anno sta mettendo in pericolo la vita di molte persone. E’ quanto sottolinea Caritas Internationalis aggiungendo che la rete di aiuto cattolica esorta i donatori ad offrire più risorse per fornire cibo, alloggi e acqua pulita a milioni di persone in stato di necessità. Le grandi piogge monsoniche – ricorda l’agenzia Zenit - hanno iniziato ad inondare ampie aree del Pakistan del sud alla fine di luglio. Con il passare del tempo, le inondazioni hanno sommerso i villaggi nella provincia di Sindh. Secondo le Nazioni Unite, le persone colpite sono più di cinque milioni. A settembre, l'Onu ha chiesto alla comunità internazionale di donare 357 milioni di dollari statunitensi (258 milioni di euro) per far fronte alla crisi. Ma sono stati assicurati solo il 20% dei fondi richiesti. Il segretario generale di Caritas Internationalis, Michel Roy, ha affermato che “la situazione disperata in Pakistan deve essere affrontata rapidamente dalla comunità internazionale, altrimenti ci troveremo a dover far fronte ad una crisi umanitaria ancor maggiore. Abbiamo visto una serie di emergenze in Africa Orientale, America Centrale e Sud-Est asiatico nelle ultime settimane e nei mesi recenti. Ognuna – ha spiegato - merita la nostra attenzione”. La Caritas sta fornendo cibo, alloggi, assistenza medica e altri tipi di aiuti alle famiglie del Pakistan attraverso Caritas Pakistan, i Catholic Relief Services (membro della Caritas degli Stati Uniti) e Trócaire (Caritas Irlanda). (A.L.)

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    Rapporto Caritas Somalia: la siccità sta aggravando la situazione umanitaria

    ◊   Circa 4 milioni di persone sono ancora a rischio fame in Somalia, di queste 3 milioni si trovano nella Somalia meridionale. Lo afferma il quarto “Situation Report” di Caritas Somalia, inviato all’agenzia Fides. “Un milione e 800.000 persone si trovano in stato di emergenza umanitaria e 830.000 in stato di crisi alimentare acuta sia in aree urbane che rurali. 750.000 persone continuano a vivere in condizioni di carestia, inclusi 260.000 sfollati interni e 450.000 residenti in aree rurali” afferma il rapporto. “La tanto necessaria pioggia ha cominciato a rovesciarsi in gran parte della Somalia ma il rendimento del raccolto della stagione non sarà sufficiente a sostenere tutta la popolazione del Paese” prosegue il documento. Le piogge inoltre stanno paradossalmente aggravando la grave situazione umanitaria. “Le forti piogge hanno distrutto circa 100 abitazioni nella regione di Gedo, costringendo centinaia di persone alla fuga. Le inondazioni minacciano diverse zone pianeggianti, specie a Juba, a Shabelles e a Mogadiscio”. Di conseguenza si è creata una forte preoccupazione per la possibile esplosione di epidemie di malattie associate con l'inizio della stagione delle piogge. Sono in aumento i casi di diarrea acuta, malaria, dengue e di polmonite causati da ipotermia. L'Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha lanciato l’allarme per una possibile epidemia di colera a Mogadiscio provocata dalle piogge, dalla mancanza di fognature e dalle pessime condizioni igieniche riscontrate nei campi di sfollati. Nel sud della Somalia, l’avanzata delle truppe keniane in una fascia di confine tra i due Paesi ha provocato nuovi spostamenti della popolazione, ma al momento non è chiaro se si vi sarà un aumento degli arrivi nei campi per rifugiati di Dadaab (in Kenya). Caritas Somalia, Caritas Svizzera e Lussemburgo e Catholic Relief Services (Crs) continuano le loro attività, sia in Somalia sia nei Paesi limitrofi per assistere le popolazioni in difficoltà. Il 9 novembre Caritas Somalia e Caritas Internationalis hanno convocato a Nairobi una riunione di tutte le Caritas che lavorano in Somalia per aggiornare la situazione dei diversi programmi di assistenza, effettuare un brainstorm per trovare soluzioni a medio–lungo termine per il Paese e discutere possibili iniziative di patrocinio delle Caritas. (R.P.)

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    Africa: i bambini le vittime più a rischio di una delle peggiori epidemie di colera

    ◊   Quest’anno nell’Africa occidentale e in quella Centrale sono stati registrati più di 85 mila casi di colera che hanno provocato la morte di 2.466 persone. Per le dimensioni e la pericolosità dei focolai - riporta l'agenzia Fides - la regione si trova ad affrontare una delle più grandi epidemie della sua storia. Il tasso di mortalità, compreso tra il 2,3% e il 4,7%, è elevato e può raggiungere picchi molto alti in alcuni distretti (in Camerun va dall’1% al 22%). I bambini sono più vulnerabili alla malattia poiché si disidratano più velocemente e quelli malnutriti sono particolarmente a rischio. Per quanto concerne le epidemie di colera, gli aumenti più significativi nel 2011 sono stati registrati in Ciad, Camerun e nella Repubblica Democratica del Congo. Sono tre le aree transfrontaliere dell’Africa occidentale e centrale in cui è scoppiata l’epidemia: il bacino del lago Ciad (tra Ciad, Camerun, Nigeria e Niger), il bacino occidente del fiume Congo (tra Repubblica Democratica del Congo, Congo e Repubblica Centrafricana) e il lago Tanganica (tra Repubblica Democratica del Congo e Burundi). Piccole epidemie di colera in Benin, Costa d’Avorio, Ghana, Guinea, Liberia, Togo sono sotto controllo. (R.P.)

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    In Africa cresce l’allarme per il processo di desertificazione

    ◊   Il fenomeno della desertificazione colpisce il 43% delle terre produttive, il 70% delle attività economiche e il 40% della popolazione del continente: i numeri diffusi ad Addis Abeba rispecchiano la gravità della situazione in Africa e l’urgenza di un’azione comune. E’ quanto ha dichiarato il presidente della Commissione dell’Unione africana (Ua), Jean Ping, intervenendo ad una conferenza ministeriale regionale che si è tenuta nella capitale etiopica. Jean Ping - rende noto l'agenzia Misna - ha anche ricordato la necessità di far parlare l’Africa con una sola voce a “Rio + 20”, la Conferenza dell’Onu sullo sviluppo sostenibile che si terrà nella città brasiliana dal 4 al 6 giugno 2012. A rappresentare le istanze dell’Africa sarà il presidente della Repubblica del Congo, Denis Sassou Nguesso, che a nome di tutti i Paesi del continente chiederà maggiore impegno della comunità internazionale a tutela delle foreste del Bacino del Congo. Il Comitato per la sicurezza alimentare e lo sviluppo sostenibile, in corso sempre ad Addis Abeba, lancia l’allarme sullo stato di salute ambientale del continente: entro il 2080 aumenterà dal 5 all’8% l’estensione delle terre aride e semi-aride in Africa e sono destinati a scomparire tra il 25 e il 40% dei mammiferi dei parchi nazionali del continente. Secondo gli esperti intervenuti ai lavori, gli effetti del riscaldamento globale si manifestano più velocemente del previsto, soprattutto nei Paesi dell’Africa australe anche se il Continente è la regione al mondo che emette meno gas inquinanti. L’Africa sub sahariana, dove vive l’11% della popolazione mondiale, incide soltanto per il 3,6% nel volume globale delle emissioni di diossido di carbonio. In vista della prossima conferenza sul clima, che si terrà dal 28 novembre al 9 dicembre a Durban (Sudafrica) a far sentire la propria voce sono anche i Sindacati agricoli dell’Africa australe (Sacau) che chiedono di semplificare i meccanismi di finanziamento dei cosiddetti progetti di “sviluppo pulito” (Mdp). Secondo fonti dell’Onu, in Africa solo il 4% dei progetti ‘verdi’ sono finanziati dai ‘Mdp’ mentre dal 2005 la maggioranza dei fondi sbloccati sono andati a Cina, India e Brasile. A due anni dalla sua creazione, il Fondo di adattamento al cambiamento climatico’ ha finanziato solo due progetti africani. Secondo i Sindacati agricoli dell’Africa australe il mancato accesso ai finanziamenti ‘verdi’ è dovuto alle complesse procedure burocratiche. (A.L.)

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    Yemen: un bambino su 3 è malnutrito, ospedali sovraffollati o chiusi, difficile l’accesso all’acqua

    ◊   Lo Yemen è sull’orlo di un reale e grave disastro umanitario. In alcune aree del Paese le vaccinazioni di routine ai bambini sono diminuite del 40%, alimentando la rapida diffusione di epidemie di polio e morbillo oltre al crescente collasso dei servizi pubblici. Il monito arriva dai funzionari dell’Unicef in Yemen. Ogni giorno centinaia di migliaia di persone rischiano l’insicurezza alimentare. La situazione è tragica anche secondo il Programma Alimentare Mondiale (Pam) che ha definito il Paese ‘cronicamente sottosviluppato’. Nello Yemen - riferisce l'agenzia Fides - si registra il secondo tasso di malnutrizione cronica più elevata del mondo, dopo l’Afghanistan, e circa la metà della popolazione vive in uno stato di profonda povertà. Oltre la metà dei bambini con meno di cinque anni di età soffre di malnutrizione cronica. Secondo l’Unicef, dai risultati preliminari emersi da uno studio effettuato nel mese di settembre nel Governatorato di Abyan, che dal 28 maggio scorso è campo di battaglia tra le truppe governative e i militanti islamici, si stima un tasso di malnutrizione globale acuta (Gam) del 18.6%, cifra che supera la soglia dello stato di emergenza, di cui il 3.9% sono casi di malnutrizione acuta e il 14.7% sono casi moderati. Anche a Sa'dah continuano ad essere identificati alti tassi di malnutrizione e i bambini sono le vittime più vulnerabili. I conflitti, la povertà, la siccità, l’aumento dei prezzi dei generi alimentari e il crollo dei servizi statali continuano a causare seri problemi per la sopravvivenza di milioni di persone, compresi 100 mila sfollati a causa dei recenti combattimenti nel sud, migliaia di sfollati dal Corno d’Africa, e 300 mila sfollati dai precedenti conflitti nel nord. In alcune parti del paese 1 bambino su 3 è malnutrito, gli ospedali e le cliniche sono sovraffollati oppure chiusi, e l’accesso all’acqua potabile diventa sempre più difficile. Decine di migliaia di bambini hanno smesso di andare a scuola perchè le scuole sono state chiuse. Sia il Pam che l’Unicef ritengono che la strada per la ripresa di questa martoriata popolazione sarà molto lenta e travagliata. (R.P.)

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    Messaggio dei vescovi congolesi in vista delle elezioni

    ◊   La trasparenza del voto, la sicurezza nel Paese, la salvaguardia delle risorse naturali, l’assistenza alle vittime di violenze sessuali: sono le quattro raccomandazioni contenute nel documento intitolato “Arringa per il consolidamento della pace e della democrazia attraverso un processo elettorale sereno”, pubblicato dalla Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo, in collaborazione con l’Agenzia cattolica per lo sviluppo oltremare, in vista delle elezioni presidenziali e parlamentari del 28 novembre. Il processo di democratizzazione – ricorda l’Osservatore Romano - ha conosciuto un momento determinante con le elezioni del 2006 che hanno dotato la nazione africana di organismi repubblicani credibili, ponendo fine ad una lunga crisi di legittimità istituzionale caratterizzata da numerosi episodi di corruzione e da molteplici conflitti armati. Cinque anni dopo, la Repubblica Democratica del Congo si trova ad affrontare un nuovo processo elettorale, chiamato stavolta a consolidare la pace e la democrazia. In questo momento – sottolineano i vescovi – è positivo l’avanzamento delle operazioni tecniche organizzate dalla Commissione elettorale nazionale indipendente. Ma la campagna elettorale – aggiungono - sembra svolgersi in un clima di tensione e di violenza che rischia di produrre nel Paese nuovi conflitti armati. Nelle province orientali operano anche alcune milizie locali, oltre ai due gruppi stranieri delle cosiddette Forze democratiche per la liberazione del Ruanda, che fanno leva sullo sfruttamento illegale delle risorse minerarie naturali, e del sedicente Esercito di Resistenza del Signore. “Le multinazionali occidentali che comprano questi minerali bagnati di sangue — affermano i presuli — sono colpevoli tanto quanto coloro che uccidono con le armi”. La militarizzazione dello sfruttamento delle risorse naturali costituisce la principale causa di insicurezza nell’est della Repubblica Democratica del Congo. La Chiesa cattolica è da tempo fortemente impegnata per il ritorno della pace portando un aiuto umanitario d’urgenza, agendo nei settori della sanità e della scuola, là dove lo Stato non è in grado di intervenire. A conclusione del loro documento — presentato nei giorni scorsi a Bruxelles dove delegazioni della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo e dell’Agenzia cattolica per lo sviluppo oltremare hanno partecipato a un dibattito sul tema — i vescovi ribadiscono che la posta in gioco consiste essenzialmente nella “costruzione di un Congo realmente democratico, sereno e portatore, grazie a una politica di buon governo, di nuove possibilità di sviluppo per il nostro popolo”. (A.L.)

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    Il cardinale Bagnasco ribadisce la responsabilità dei cattolici nella società

    ◊   “I cattolici hanno una grande responsabilità verso il corpo sociale in tutte le sue espressioni”. Così il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che è intervenuto ieri a Rimini al Convegno nazionale dei direttori della Pastorale sociale sul tema “Educare al lavoro dignitoso: 40 anni di pastorale sociale in Italia”. Il criterio per valutare la dignità del lavoro è se è conforme alla dignità dell’uomo. Un lavoro non è dignitoso se chiede al lavoratore di rinunciare ai valori che rendono la vita degna di essere vissuta. “Guadagnare la vita ma perdere le ragioni del vivere è indegno dell’uomo, perché non lo realizza nella sua umanità”: sono le parole del cardinale Bagnasco che fa un discorso a tutto campo sui temi economici e del lavoro, partendo dal Magistero della Chiesa, in particolare dalla “Rerum Novarum” di Leone XIII fino alla “Caritas in veritate” di Benedetto XVI. La cultura, che è un fatto spirituale, e l’economia, hanno un rapporto di reciprocità ma, dice il porporato, bisogna riconoscere il primato della cultura “se non si vuole entrare in una giungla di un mercato senza regole perché senza valori”. E l’errore fondamentale del socialismo non è stato tanto economico quanto antropologico e la causa della sua fine è stata “la negazione della verità sull’uomo”. “Se la persona non è riducibile a molecola della società e dello Stato, il bene del singolo non può essere del tutto subordinato al meccanismo economico-sociale” né si può prescindere dalla responsabilità individuale, altrimenti scomparirebbe “la persona come soggetto autonomo di decisione morale”. Ma è proprio grazie all’agire libero e responsabile dell’uomo che la persona costruisce la giustizia e quindi l’ordine sociale. Questo errore genetico del socialismo è proprio anche del consumismo e quindi della nostra civiltà “che – dice - sembra essere malata di questo morbo che, se non corretto, la porta alla decadenza”. Il cardinale poi non dimentica il problema della mancanza di lavoro: nelle zone d’ombra del non-lavoro la fiducia di sé è profondamente minacciata. Per questo lo Stato deve “provvedere alle opportunità di accesso al lavoro nei vari ambiti” tenendo però conto delle circostanze inedite che il mondo sta vivendo e che impongono un cambio di mentalità. E’ dunque necessaria “una grande opera educativa”. E la Chiesa porta il suo contributo più specifico poiché il più importante lavoro si compie nel cuore dell’uomo. Quindi il presidente della Cei sottolinea la grande responsabilità dei cattolici verso il corpo sociale: “hanno un debito di servizio – dice - per il dono della fede ricevuta, che li abilita ad essere umilmente ‘luce e sale della terra e luce del mondo’ e anche per quel patrimonio di storia cristiana che è un tesoro e come un giacimento inesauribile per il bene degli uomini e della civitas”. (A cura di Debora Donnini)

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    Messico. Il vescovo di Nuevo Laredo: in aumento il numero di espulsi dagli Usa

    ◊   “Per il Messico è una grande sfida ricevere le migliaia di messicani che vengono espulsi dagli Stati Uniti, dopo che il governo di questo Paese ha stabilito come priorità l'arresto indiscriminato d’immigrati clandestini”. Lo ha affermato mons. Gustavo Rodríguez Vega, vescovo di Nuevo Laredo, nella regione di Tamaulipas in Messico. La denuncia di mons. Rodríguez Vega giunge all’indomani della pubblicazione del Messaggio del Santo Padre nel quale si chiede di accrescere l’accoglienza dei migranti e di evitare discriminazioni nei loro confronti. Il vescovo di Nuevo Laredo giudica l’espulsione di migliaia di messicani un provvedimento assurdo perché lascerà migliaia di bambini messicani nell'abbandono negli Stati Uniti, quando i loro genitori saranno costretti al rimpatrio. Mons. Rodríguez Vega critica inoltre, il fatto che negli Stati Uniti migliaia di messicani siano considerati come criminali, invece di capire che sono fuggiti dal Messico a causa dell’estrema povertà. In una nota inviata all’agenzia Fides, si afferma che Mons. Rodríguez ha esaminato un rapporto del Dipartimento per la Sicurezza Interna degli Usa (Dhs), in cui si afferma che grazie all'utilizzo di nuove tecnologie e un rafforzamento dell’applicazione della legge, l'immigrazione clandestina in negli Usa è calata del 30%. Questo significa oltre 100mila messicani sono stati deportati l'anno scorso al confine di Tamaulipas, di cui almeno 80.000 sono passati da Nuevo Laredo, secondo i dati forniti dal governo e dall’Istituto Nazionale di Migrazione (Inm). Mons. Rodríguez Vega ha lamentato che queste persone una volta fermate sono abbandonate al loro destino al confine con il Messico, senza aiuti e senza denaro. Tra loro vi sono pure feriti e malati. Queste persone si trovano lontane dalle famiglie che non conoscono le loro condizioni e non possono aiutarli. La Casa del Migrante di Nuevo Laredo ha riferito che l'anno scorso ha accolto circa 10 mila migranti, metà dei quali erano messicani deportati, mentre nel corso del 2011 il governo municipale ha inviato nei luoghi d'origine circa 650 persone. Ma un gran numero di migranti, deportati e non, rimane in questa città per provare o riprovare ad attraversare il confine. (R.P.)

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    Messaggio del cardinale Ravasi al convegno di Bangalore sull'etica nell'economia globale

    ◊   È in corso a Bangalore il convegno “Verso un forte sistema economico globale: rivelare la logica della gratuità nel mercato economico”, organizzato dal Pontificio consiglio della cultura, il Dharmaram Vidya Kshetram e la Christ University di Bangalore. Scopo del congresso - che si concluderà venerdì prossimo - è offrire alla Chiesa indiana, già coinvolta nel campo socio-culturale, un’opportunità di riflessione sullo sviluppo mondiale, nel rispetto della dignità della persona. Nell’invito - riporta l'agenzia AsiaNews - il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della cultura, scrive: “In tutto il mondo è in atto un vasto sviluppo economico. Paesi asiatici come l’India e la Cina stanno assumendo la guida di questo grande boom economico. Il progresso ha portato sviluppo e migliorato le condizioni di vita di molte persone, ma ha anche appoggiato nuove sfide: globalizzazione, ingiustizia sociale, sfruttamento e materialismo disumanizzante. La Chiesa in India deve affrontare le sfide culturali dello scenario economico in rapido cambiamento”. Il Pontificio consiglio della cultura “guarda all’economia e al commercio – prosegue il cardinale Ravasi – non solo come scienza delle forze di mercato e delle imprese finanziarie, ma come scienza della gestione etica della grande famiglia umana”. Tra le personalità presenti al convegno: il nunzio apostolico in India mons. Salvatore Pennacchio; il cardinale Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale indiana; il cardinale Telesphore Toppo, rappresentante dei dalit; padre Theodore Mascarenhas, capo del Dipartimento per le culture in Asia, Africa e Oceania (Pcc), che interverrà sul tema “Logica della gratuità ed economia globale: una panoramica sul colloquio”. (R.P.)

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    Arabia Saudita: operaio filippino arrestato per blasfemia

    ◊   Un operaio cattolico filippino è stato arrestato in Arabia Saudita con l’accusa di blasfemia. È quanto ha riferito all'agenzia Fides l’organizzazione “Fratellanza in Medio Oriente”, che si occupa dei migranti filippini nei Paesi a maggioranza islamica. L’uomo è stato arrestato il 14 ottobre dalla polizia religiosa di Ryad per un presunto disegno offensivo verso Maometto. L’arresto è avvenuto in seguito alla denuncia del suo supervisore. Secondo l’organizzazione, l’accusa potrebbe essere falsa e strumentale, perché “l’uomo e il suo superiore avevano avuto una discussione nel corso di un incarico di lavoro”. “Come vescovi chiediamo il perdono e la liberazione dell’uomo. Prima di tutto bisogna accertare i fatti. Non sarà facile sapere e comprendere cosa l’uomo ha veramente fatto”. “I filippini in Arabia hanno una fede e una cultura completamente diversa rispetto al Paese in cui si trovano e potrebbe esserci un fraintendimento alla base del caso”, ha detto mons. Precioso D. Cantillas, presidente della Commissione per i migranti e gli itineranti, nella Conferenza episcopale delle Filippine. Il nostro appello - ha concluso il presule - è per la libertà religiosa e per il rispetto fondamentale verso tutti gli esseri umani. (G.C)

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    Filippine: grande successo del primo raduno vocazionale della diocesi di Borongan

    ◊   Circa mille persone hanno preso parte la scorsa settimana al primo raduno vocazionale della diocesi di Borongan, nelle Filippine, al Seminario De Jesus Nazareno. Tema dell’incontro è stato: “Vocazione: una chiamata a servire la vita e l’ambiente”. “Vocazione non significa il sacerdozio o la vita religiosa – ha detto padre Jan Michael Gadicho, direttore del servizio vocazioni della diocesi di Borongan, - vocazione è la chiamata di Dio ad una vita di servizio e di amore. Si può essere a servizio di Dio purché quello che si fa sia centrato su di Lui.” Quanti hanno preso parte al raduno, si legge sul sito web della Conferenza episcopale filippina www.cbcpnews.com sono giunti da diverse diocesi, parrocchie e scuole, hanno avuto modo si ascoltare alcune testimonianze ed hanno vissuto svariati momenti di animazione con danze e canti ideati da sacerdoti, seminaristi e suore. “È stata una bella esperienza - ha detto Cresty Tomenio, dei Single per Cristo - volta a risvegliare i cuori e le menti dei giovani. È stato un modo particolare per conoscere di più Dio”. Il primo raduno vocazionale della diocesi di Borongan si è concluso con una Messa presieduta da mons. Crispino Varquez, vescovo di Borongan, che ha lodato gli organizzatori per la loro iniziativa ed ha consigliato di dar vita ad un raduno vocazionale ogni anno. (H.T.B.)

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    Cina: una scuola per bambini orfani a causa dell’Aids, grazie alla Caritas locale

    ◊   Tornano sui banchi di scuola 18 bambini che hanno perso i genitori i a causa dell’Aids, grazie alla borsa di studio dell’Ufficio della Prevenzione dell’Aids di “Jinde Charities”, il più grande ente caritativo cattolico della Cina continentale. L’organizzazione, per il secondo anno consecutivo, ha consegnato una somma di 22.700 yuan (circa 2.600 euro) ai 18 bambini e ragazzi orfani a causa dell’Aids (7 in una scuola elementare e 11 in scuola media e professionale). Secondo il progetto annuale - riferisce l'agenzia Fides - l’ufficio offre inoltre una borsa di studio di 48.200 yuan per altri 47 orfani, che vanno dalle scuole elementari fino all’università. L’anno scorso tre fra gli orfani finanziati dall’Ufficio sono stati i migliori allievi delle rispettive scuole. Secondo il responsabile dell’ufficio, i fondi sono stati raccolti durante il “Jinde Christmas Charitable Party” del 2010 che ha garantito il lavoro d’assistenza ai malati di Aids e ai loro familiari. Nelle scorse settimane, i volontari hanno compiuto anche la consueta visita alle famiglia di Aids, soprattutto una trentina di orfani di Aids della provincia di He Nan. Secondo informazioni diffuse da un recente vertice fra la “China National Committee for the Wellbeing of the Youth” e l’Unicef, gli orfani a causa dell’Aids nella Cina continentale, secondo i dati del 2010, sono oltre 260mila. (R.P.)

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    Brasile: da 50 anni i Cappuccini ad Aracaju, capitale dello Stato di Sergipe

    ◊   I Frati Minori Cappuccini della Provincia brasiliana di Bahia-Sergipe celebrano venerdi prossimo il 50.mo anniversario della loro presenza ad Aracaju, la capitale dello Stato di Sergipe, il più piccolo tra i 26 che compongono l´immenso Paese sudamericano, nel quale antecedentemnte si recavano per le missioni al popolo. Vi arrivarono, infatti, il 7 marzo 1961, con i Religiosi marchigiani, impegnandosi subito nell´evangelizzazione nella periferia della capitale dove, nel tempo, hanno costruito il santuario di san Giuda Taddeo, verso il quale i brasiliani nutrono una particolare devozione. Insieme all´attività apostolica diedero vita a importanti opere sociali per il recupero dei bambini, l´assistenza sanitaria e la scuola, riunendovi circa 1.500 bambini. Dalla loro attività evangelizzatrice (hanno costruito oltre 12 nuove chiese) sono sorte varie parrocchie ed é nata una seconda loro residenza in uno dei quartieri piú poveri della cittá, nella quale sono presenti con 8 religiosi, piú tre studenti di teologia e 6 aspiranti. La Provincia cappuccina di Bahia-Sergipe ha 14 conventi con 106 Religiosi, tutti locali, eccetto 6 italiani, uno dei quali il 30 ottobre compirá 103 anni. Notevole il loro impegno nei mezzi della comunicazione sociale con 4 emittenti radiofoniche (una e la radio cattolica piú grande del Nord Est), nell´educazione, con due Collegi frequentati da oltre duemila ragazzi, e due grossi Centri sociali. (A cura di padre Egidio Picucci)

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    Seminario sul disagio giovanile all’Università Pontificia Salesiana

    ◊   Suicidio e adolescenza. Sono questi i temi del seminario “Il disagio giovanile” tenutosi ieri a Roma all’Università Pontificia Salesiana. L’appuntamento, organizzato dall’Istituto di Psicologia dell’Educazione, aveva come obiettivo quello di definire un modello di prevenzione per quella forma di disagio giovanile che spesso sfocia nel suicidio, drammatico fenomeno sociale a volte alimentato da solitudini. Il suicidio è la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, per i giovani tra i 15 e i 24 anni. A differenza di questi, è un tema che trova poco spazio in giornali e tv. Nulla si dice sulle cause del disagio psicologico che si nasconde dietro quel gesto. Tanto meno si approfondiscono i fattori di rischio e si studiano nuove forme di prevenzione. Dal seminario è emerso che per prevenire il suicidio bisogna parlarne. Per questo è stato possibile trattare il tema con rigore scientifico anche in un ateneo ispirato a valori cristiani ed educativi che si coniugano nella figura di Don Bosco. Al centro dell’evento è stato presentato il libro “Il suicidio in adolescenza: quando una vita deraglia” a cura di Zbigniew Formella, direttore dell’Istituto di Psicologia dell’Università Pontificia Salesiana e Antonio de Filippo, presidente de “La Maieutica Ricerca e Formazione”. (G.C.)

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    Il prof. Fara e mons. dal Covolo inaugurano l’Anno accademico dell’Auxilium

    ◊   “Dobbiamo cambiare rotta, e dobbiamo farlo in fretta, perché dallo spreco al furto di futuro il passo è breve”. Il monito di Gian Maria Fara, presidente dell’Istituto di ricerche Eurispes, nella Prolusione accademica intitolata “Lo spreco di futuro: i giovani tra ricerca di senso e abbandono”, proferita ieri ad inaugurare l’Anno accademico della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” di Roma. Dopo attenta analisi delle ideologie del “pensiero unico dell’estremismo liberista”, il prof. Fara ha constatato che il loro crollo ha prodotto “una complessiva caduta di senso”, di cui le prime vittime sono i giovani. È a loro, purtroppo, che viene richiesto il prezzo più alto, anzi un doppio prezzo, ha sottolineato il sociologo: “quello da pagare nel presente con la precarietà e l’insicurezza e quello della impossibilità di immaginare un futuro migliore del presente”. Da qui l’urgenza di dare loro prospettive, ascoltarli e interpretare i segnali che essi inviano. Ma soprattutto l’urgenza di “restituire un ruolo centrale al nostro sistema educativo e formativo”, soprattutto “restituire alla scuola e all’Università la centralità che è stata loro sottratta mettendo in campo un’accorta e lungimirante politica di investimenti certi e programmati e rendere il sistema funzionante, flessibile, efficiente e moderno”. Si tratta per il presidente dell’Eurispes di ripartire “dalla centralità di alcune questioni di fondo e dai tanti problemi non risolti del Paese e soprattutto dalla riscoperta della centralità dell’uomo, con i suoi bisogni, con le sue ansie, con le sue attese”. “In questi ultimi anni ci siamo impegnati sino allo spasimo - ha biasimato il prof. Fara - nel consumo, nella dissipazione, nello spreco. E abbiamo sprecato risorse, intelligenze, opportunità ed insieme una buon parte del futuro delle giovani generazioni”. L’intervento del presidente dell’Eurispes ha fatto eco a quanto sostenuto da mons. Enrico dal Covolo, rettore magnifico della Pontificia Università Lateranense, che ha presieduto la celebrazione eucaristica in apertura della giornata. “Dobbiamo riconoscere - ha sollecitato il presule nell’omelia - che la cosiddetta “emergenza educativa” interpella sempre di più la nostra società e la nostra cultura. È un’emergenza che caratterizza in modo speciale i giovani, che rischiano oggi di rimanere senza ideali e senza lavoro”. A seguire la prof.ssa Pina Del Core, preside dell’Auxilium, ha evidenziato nella Relazione annuale i tratti che distinguono la missione e l’offerta formativa della Facoltà nello scenario contemporaneo: “L’internazionalità e l’interculturalità, come esperienza consolidata e vissuta, ma anche obiettivo della formazione universitaria per la costruzione di identità forti, in una società sempre più multietnica e multiculturale; la formazione di professionalità educative nell’attenzione costante alle trasformazioni della società contemporanea e che coinvolgono tutte le professioni, dalle più tradizionali a quelle più innovative e recenti”. Sfide che l’intera comunità accademica della Facoltà s’impegna ad affrontare, sposando la missione culturale affidatale dalla Chiesa e dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, che da oltre 50 anni reggono l’Ateneo pontificio. (A cura di Roberta Gisotti)

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    24 Ore nel Mondo



    Vertice di Bruxelles: l'Europa aspetta le misure dell'Italia contro la crisi

    ◊   Mercati mondiali e Stati europei con il fiato sospeso in attesa del summit di oggi pomeriggio a Bruxelles, dove i capi di Stato e di governo dei Ventisette dovranno elaborare una risposta convincente ed esaustiva alla crisi del debito nel Vecchio Continente. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Sale l’attesa nelle ore che precedono il Vertice decisivo per l'Europa: riflettori puntati sull'Italia. Il presidente della Commissione Ue José Barroso e quello dell'Unione europea Herman van Rompuy aspettano ancora la lettera d’impegni che hanno chiesto tre giorni fa al governo di Roma per tranquillizzare le istituzioni europee e gli altri partner dell'Eurozona. Due le riunioni oggi pomeriggio a Bruxelles, a partire dalle ore 17 i leader europei si riuniranno al completo, ovvero a 27, e a seguire si confronteranno solo i 17 dell'Eurozona. I nodi da sciogliere, sono ancora tutti sul tappeto: dalla ricapitalizzazione delle banche alle perdite degli istituti esposti con il debito di Atene, al fondo salva-Stati (Efsf) da alzare ad almeno mille miliardi di euro rispetto ai 440 attuali. I leader devono chiudere la partita su tutto, perché è quello che si aspettano i partner internazionali e i mercati. Riguardo l’Italia il governo ha raggiunto solo nella notte l’accordo per la lettera che il presidente del Consiglio Berlusconi porterà a Bruxelles. Divergenze sono insorte in tema di pensioni di anzianità con il leader della Lega Bossi. Il documento di 15 pagine inviato anche al capo dello Stato Napolitano, riporta gli sforzi compiuti finora dall'Italia e il calendario dei prossimi interventi in tema di grandi opere, infrastrutture, liberalizzazioni, lotta all'evasione, pensioni a 67 anni nel 2026.

    La Cina spera che l'Ue prenda misure 'efficaci' per la crisi del debito
    Anche la Cina ''spera'' che l'Unione Europea prenda misure ''efficaci'' per risolvere la crisi del debito. Lo ha affermato oggi la portavoce del ministero degli Esteri Jiang Yu in una conferenza stampa a Pechino, spiegando che chiedere un aumento del valore dello yuan ''non è ragionevole'' e che sarebbe ''dannoso'' per l'economia mondiale.

    Oro: vola sopra i 1.700 dollari l'oncia
    In attesa del Vertice di Bruxelles sulla crisi dell'Eurozona, in forte rialzo l’oro sui mercati, dove si registra oggi la quotazione più alta del mese, sopra i 1.700 dollari l'oncia. Sul mercato asiatico il metallo giallo tocca i 1.717,32 dollari, il livello più alto del 23 settembre.

    Afghanistan: 10 morti e 40 ustionati per un attentato ad un’autocisterna
    In Afghanistan, una decina di vittime e 40 ustionati, 15 in pericolo di vita, per un attentato contro un'autocisterna in viaggio lungo la "Bagram Road", non lontano dalla principale base aerea statunitense nella provincia di Parwan nel nord del Paese. Il mezzo trasportava benzina per le forze Nato. Colpito da una prima esplosione e bloccato il mezzo pesante è stato circondato da una piccola folla, fra cui giovani e bambini, accorsi per accaparrarsi la benzina che fuoriusciva. A quel punto vi è stato il secondo scoppio che ha causato la maggior parte dei morti e feriti. Il governatore di Parwan, Basir Salangi, non ha esitato ad addossare la responsabilità dell'accaduto ai talebani. Il governo di Kabul ha intanto stilato un nuovo elenco di zone la cui sicurezza a breve passerà nelle mani dell’Esercito locale, nel quadro del ritiro delle Forze internazionali, che dovrà essere ultimato nel 2014.

    Pakistan: coppia di svizzeri sequestrata appare su YouTube
    Una coppia di turisti svizzeri rapita dai talebani quattro mesi fa in Pakistan è apparsa in un video su YouTube: i due ostaggi sono sotto la minaccia armata di uomini mascherati. Olivier David Och e la compagna Daniela Widmer, con in mano un giornale del 15 settembre, appaiono in buona salute e parlando in tedesco lanciano un appello al governo elvetico perché accetti le condizioni dei sequestratori per la loro liberazione. La coppia è stata catturata il primo luglio scorso mentre viaggiavano a bordo di un furgone nella provincia sud occidentale del Baluchistan.

    Siria: lealisti in piazza ed attivisti in sciopero generale
    Decine di migliaia di siriani stamane nella piazza degli Omayyadi a Damasco per sostenere il presidente al Assad, mentre è attesa nel pomeriggio la delegazione della Lega Araba, per valutare la proposta di avviare al Cairo un dialogo tra regime e opposizioni. Intanto gli attivisti anti-regime hanno indetto per oggi una giornata di sciopero generale, espressione di una "disobbedienza civile" su scala nazionale e ad oltranza fino alla fine della repressione (oltre 3 mila le vittime da marzo ad oggi secondo l'Onu) e al rilascio di tutti i prigionieri politici (circa 20 mila secondo le opposizioni).

    Tunisia: elezioni, attesi per oggi risultati ufficiali
    Attesa in Tunisia per i dati definitivi della consultazione svoltasi domenica scorsa per eleggere l'Assemblea costituente. I risultati provvisori confermano la vittoria con il 40 per cento dei voti del partito islamista Ennhada, il cui leader, Rached Gannouchi - intervistato da radio Express – si è detto favorevole ad “una grande alleanza nazionale” con “tutti coloro che hanno militato contro Ben Alì”, che porti ad un "governo democratico'' da formare entro un mese, aggiungendo che primo ministro potrebbe essere Hammadi Djebali, numero due del partito. L’esito ufficiale del voto era previsto per ieri e il ritardo viene imputato ad inconvenienti nelle operazioni di spoglio e verbalizzazione soprattutto nella ''Grand Tunis'', la zona che riunisce la capitale e le sue vaste periferie, dove resta allertato il massiccio dispositivo di sicurezza approntato dai Ministeri della Difesa e dell'Interno.

    Cina: ancora un monaco s’immola per il Tibet. 10 le vittime dall’inizio anno
    Ancora un monaco tibetano si è dato fuoco ieri nella provincia cinese del Sichuan, dinanzi ad una grande folla di persone. Dawa Tsering, 31 anni, si è immolato durante una funzione presso il monastero di Kardze, invocando il ritorno del Dalai Lama e l'indipendenza del Tibet. Soccorso immediatamente, il monaco è stato portato in ospedale. Sono dieci, dall'inizio dell'anno, i tibetani che hanno cercato la morte per la causa dell'indipendenza, di cui 5 sono morti, ultima la scorsa settimana, una suora che si è data fuoco nella prefettura di Ngaba.

    India: crolla palazzina a Mumbai, morte sei donne
    Sei donne sono morte nel crollo di un palazzina di quattro piani avvenuto nella nottata a Mumbai. I soccorritori sono riusciti a salvare una ventina di persone finora, ma si teme che ci possano essere altre vittime tra le macerie. Lo stabile, costruito appena quattro anni fa, sorgeva nell'area di Bhiwandi Town e, secondo la polizia, gli ultimi due piani erano abusivi.

    Francia: donna tenta di darsi fuoco davanti all’Eliseo
    Questa mattina, una donna ha tentato di darsi fuoco davanti al palazzo dell'Eliseo di Parigi, dove è in corso la riunione settimanale del Consiglio dei ministri. Sul posto sono subito intervenuti i pompieri, che hanno prestato i primi soccorsi alla donna. S’ignorano le motivazioni del gesto.

    Russia: incendio domato nella Metro di Mosca, 100 evacuati
    Fiamme e fumo stamane nella metropolitana di Mosca. L'incendio, domato, si è sviluppato in una stanza di servizio in mezzo al tunnel dove corre la linea verde. Un centinaio di passeggeri sono stati evacuati da tre stazioni periferiche a sud est della capitale. La linea, temporaneamente bloccata, ha poi ripreso a funzionare. Ancora ignote le cause del rogo. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Gisotti)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 299



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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.