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Sommario del 24/10/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il grazie di Benedetto XVI ai membri della Fondazione Giovanni Paolo II impegnati a conservare l'eredità di Papa Wojtyla
  • Altre udienze
  • Giustizia e Pace: attuare una riforma finanziaria internazionale nella prospettiva di un'Autorità pubblica mondiale
  • La conferenza stampa di presentazione della Nota del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace
  • Verso l'incontro di preghiera per la pace di Assisi. Mons. Sorrentino: siamo tutti umili cercatori della Verità
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Terremoto in Turchia: centinaia i morti. Mons. Franceschini: in tanti ancora sotto le macerie
  • Tunisia: alle urne oltre il 90 per cento degli aventi diritto, favoriti gli islamici di Ennahdha
  • Libia. Celebrata la liberazione: elezioni entro 8 mesi, sarà rafforzata la "sharia"
  • L'Ue pressa l'Italia: ridurre subito il deficit e promuovere la crescita
  • Stupore e preoccupazione per il rapimento di tre europei in un campo profughi saharawi
  • Incontro a Roma sul ruolo delle donne nel processo di cambiamento in atto nel Mediterraneo
  • Chiesa e Società

  • Asia. Alluvioni simultanee in sei Paesi: 700 morti, 8 milioni i colpiti, l’intervento della Caritas
  • Terra Santa: manifesto “sport e pace” chiude i giochi “JPII Games”
  • Alluvioni in Myanmar: oltre 100 morti, migliaia di sfollati
  • Marcia nelle Filippine per chiedere “giustizia” per padre Tentorio ucciso a Mindanao
  • Spagna: appello dei vescovi baschi alla riconciliazione dopo la rinuncia dell'Eta alla lotta armata
  • Kenya. Stupro e violenza sessuale: dramma delle donne fuggite dalla Somalia
  • Centro America: a causa delle piogge torrenziali, decine di morti e migliaia di senzatetto
  • Il colera continua a fare vittime tra gli haitiani: in un anno morte 6.500 persone
  • Guatemala: più di 20 mila manifestanti dicono “basta alla violenza”
  • Ban Ki-moon nella Giornata dell’Onu: il mondo sia unito in nome del bene comune
  • Malaysia: gruppi radicali musulmani manifestano contro i cristiani
  • A San Pietroburgo la Sacra Cintura della Vergine, una delle reliquie più venerate dagli ortodossi
  • Kenya: leader religiosi vogliono essere parte attiva del processo elettorale per il 2012
  • Santa Sede: Conferenza internazionale sulla vita di Giovanni Paolo II
  • Canada: primo messaggio del nuovo presidente dei vescovi, mons. Smith
  • S’inaugura a Roma l’Anno accademico all’Auxilium. Prolusione sul futuro dei giovani
  • 24 Ore nel Mondo

  • Siria. Prosegue lo sciopero generale, gli Usa ritirano l’ambasciatore
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il grazie di Benedetto XVI ai membri della Fondazione Giovanni Paolo II impegnati a conservare l'eredità di Papa Wojtyla

    ◊   Circa 300 i membri e gli amici della Fondazione Giovanni Paolo II - accompagnati dai cardinali polacchi Stanisław Dziwisz e Stanisław Ryłko - hanno affollato stamani la Sala Clementina in Vaticano per incontrare Benedetto XVI. L'incontro si è svolto in occasione della chiusura del trentesimo anniversario di questa Istituzione, voluta da Karol Wojtyla, con l’obiettivo di offrire supporto materiale, e di altro tipo, ad iniziative di natura religiosa, culturale, pastorale e caritativa, collegate al suo pontificato. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Un grazie per i tanti frutti maturati in 30 anni di attività in tutto il mondo ed un incoraggiamento a proseguire nell’impegno di conservare e sviluppare la preziosa eredità spirituale di Giovanni Paolo II. “Miei cari amici”, ha detto loro Benedetto XVI, ricordando le origini storiche della Fondazione, istituita da Karol Wojtyla il 16 ottobre 1981, proprio su richiesta di alcuni connazionali che si trovavano in patria o erano emigrati. Da qui ‘nero su bianco’ nello statuto l’obiettivo della Fondazione che “consapevole della grandezza del dono che la persona e il lavoro del Papa polacco rappresenta per la Chiesa, per il suo Paese natio e per il mondo, cerca di conservare e sviluppare questa eredità spirituale, che si propone di trasmettere alle generazioni future”.

    “I myself can experience the efficacy of these efforts….”
    “Io stesso - ha detto Benedetto XVI - posso sperimentare l’efficacia di questi sforzi, quando ricevo l’amore e il sostegno spirituale di cosi tante persone in tutto il mondo che mi accolgono con affetto quale Successore di Pietro, chiamato dal Signore a confermarlo nella fede.” Ha evidenziato, quindi il Papa, il prezioso ruolo svolto dal Circolo degli amici della Fondazione, sparsi in ogni continente, migliaia di benefattori che ne sostengono le attività finanziariamente e spiritualmente. Ed ancora il lavoro a Roma del Centro di documentazione Giovanni Paolo II, e della Casa Giovanni Paolo II, che, in collaborazione con l’ospizio di Santo Stanislao, “offre assistenza pratica e spirituale ai pellegrini”. Ed ancora l’opera svolta dalla Fondazione nella formazione del clero e dei laici, specialmente nel centro-est europeo, con oltre 900 laureati.

    “I hope that this work will continue, develop and bear abundant fruits…..”
    “Spero - l’augurio finale del Papa – che questo lavoro sarà continuato, sviluppato e darà abbondanti frutti”.

    “They do not limit themselves to a sentimental memory of the past….”
    Non limitandosi ad una sentimentale memoria del passato ma sapendo discernere le necessità del presente, – i membri della Fondazione - guardano infatti al futuro “con sollecitudine e fiducia, e s’impegnano a permeare il mondo più in profondità con spirito di solidarietà e fraternità”.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina alcuni presuli della Conferenza episcopale dell’Angola che hanno iniziato la visita “ad Limina”: mons. José de Queirós Alves, arcivescovo di Huambo; mons. Damião António Franklin, arcivescovo di Luanda, con il vescovo ausiliare, mons. Anastácio Kahango, e l’arcivescovo emerito, il cardinale Alexandre do Nascimento; mons Gabriel Mbilingi, arcivescovo di Lubango.

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    Giustizia e Pace: attuare una riforma finanziaria internazionale nella prospettiva di un'Autorità pubblica mondiale

    ◊   Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha pubblicato oggi una nota sulla riforma del sistema finanziario internazionale, auspicando la creazione di un’Autorità pubblica a competenza universale al servizio del bene comune. Una sintesi di questo documento nel servizio di Sergio Centofanti.

    La prospettiva di un’Autorità pubblica mondiale al servizio del bene comune
    “La costituzione di un’Autorità pubblica mondiale, al servizio del bene comune” è “l’unico orizzonte compatibile con le nuove realtà del nostro tempo”: è quanto si legge nella nota del dicastero vaticano che vuole offrire “un contributo ai responsabili della terra e a tutti gli uomini di buona volontà” di fronte all’attuale crisi economica e finanziaria mondiale che “ha rivelato comportamenti di egoismo, di cupidigia collettiva e di accaparramento di beni su grande scala”. Il documento sottolinea che “è in gioco il bene comune dell’umanità e il futuro stesso”: oltre un miliardo di persone vivono con poco più di un dollaro al giorno, sono “aumentate enormemente le disuguaglianze” nel mondo, “generando tensioni e imponenti movimenti migratori”. “Nessuno, in coscienza – sottolinea il testo - può accettare lo sviluppo di alcuni Paesi a scapito di altri”, “nessuno può rassegnarsi a vedere l’uomo vivere come ‘un lupo per l’altro uomo’, come diceva Hobbes: “se non si pone un rimedio” alle ingiustizie che affliggono il mondo, “gli effetti negativi che ne deriveranno sul piano sociale, politico ed economico saranno destinati a generare un clima di crescente ostilità e perfino di violenza, sino a minare le stesse basi delle istituzioni democratiche, anche di quelle ritenute più solide”.

    Il liberismo economico senza regole e senza controlli tra le cause dell’attuale crisi
    Si analizzano le cause della crisi, riscontrate “anzitutto” in “un liberismo economico senza regole e senza controlli”. I pericoli del liberismo erano già stati “lucidamente e profeticamente denunciati da Paolo VI” con l’Enciclica Populorum progressio, del 1967; e “dopo il fallimento del collettivismo marxista”, Giovanni Paolo II aveva già messo in guardia dal rischio di “un’idolatria del mercato, che ignora l’esistenza di beni che, per loro natura, non sono né possono essere semplici merci”. La nota denuncia “l’esistenza di mercati monetari e finanziari a carattere prevalentemente speculativo, dannosi per l’economia reale, specie dei Paesi più deboli”. Parla di “un’economia mondiale sempre più dominata dall’utilitarismo e dal materialismo”, caratterizzata da un’espansione eccessiva del credito e da bolle speculative, che hanno generato “crisi di solvibilità e di fiducia”; un fenomeno culminato nel 2008 nel “fallimento di un importante istituto finanziario internazionale” negli Stati Uniti – deciso proprio in seguito ad “un orientamento di stampo liberista, reticente rispetto ad interventi pubblici nei mercati”, con conseguenze nefaste su miliardi di persone.

    Tre ideologie devastanti: utilitarismo, individualismo e tecnocrazia
    La crisi – rileva la nota – è causata anche da altre ideologie che hanno “un effetto devastante”: anzitutto l’utilitarismo e l’individualismo, secondo le quali “l’utile personale conduce al bene della comunità”. Ma non sempre è così. Infatti, nonostante i progressi dell’economia mondiale, “non è aumentata l’equa distribuzione della ricchezza”, anzi, in “in molti casi è peggiorata”: per questo è necessaria la solidarietà. Benedetto XVI denuncia anche “una nuova ideologia, l’ideologia della tecnocrazia”, ossia “di quell’assolutizzazione della tecnica che «tende a produrre un’incapacità di percepire ciò che non si spiega con la semplice materia» ed a minimizzare il valore delle scelte dell’individuo umano concreto che opera nel sistema economico-finanziario, riducendole a mere variabili tecniche” con la conseguenza di impoverire “sempre più, sul piano materiale e morale, le principali vittime della crisi”.

    Un mercato a servizio della persona: primato dell’etica e della politica sulla finanza
    La radice di una crisi – come afferma Benedetto XVI - “non è solamente di natura economica e finanziaria, ma prima di tutto di natura morale”. L’economia “ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento”. “Occorre recuperare il primato dello spirituale e dell’etica e, con essi, il primato della politica – responsabile del bene comune – sull’economia e la finanza”. E’ necessario colmare il divario tra “formazione etica e preparazione tecnica” evidenziando la sinergia tra “praxis” (agire morale) e “poièsis” (agire tecnico e produttivo).

    Tassazione delle transazioni finanziarie e ricapitalizzazione delle banche con fondi pubblici
    In questa prospettiva sono ipotizzabili: “misure di tassazione delle transazioni finanziarie, mediante aliquote eque”, anche per “contribuire alla costituzione di una riserva mondiale, per sostenere le economie dei Paesi colpiti dalle crisi, nonché il risanamento del loro sistema monetario e finanziario”; “forme di ricapitalizzazione delle banche anche con fondi pubblici condizionando il sostegno a comportamenti «virtuosi» e finalizzati a sviluppare l’economia reale”; la “definizione dell’ambito dell’attività di credito ordinario e di Investment Banking. Tale distinzione consentirebbe una disciplina più efficace dei «mercati-ombra» privi di controlli e di limiti”.

    Riforma del sistema monetario internazionale: verso una Banca centrale mondiale
    La nota ipotizza “la riforma del sistema monetario internazionale” per dare vita “a qualche forma di controllo monetario globale” riscoprendo “la logica di fondo, di pace, coordinamento e prosperità comune che portarono agli Accordi di Bretton Woods” nel 1944 (sulla regolamentazione della politica monetaria internazionale, sospesi nel 1971, ndr). Accordi che portarono all’istituzione del Fondo monetario internazionale che oggi ha perso la sua capacità di garantire la stabilità della finanza mondiale. Si tratta di mettere “in discussione i sistemi dei cambi esistenti, per trovare modi efficaci di coordinamento e supervisione” in “un processo che deve coinvolgere anche i Paesi emergenti e in via di sviluppo”. E’ necessario “un corpus minimo condiviso di regole” per gestire il “mercato finanziario globale, cresciuto molto più rapidamente dell’economia reale” grazie all’”abrogazione generalizzata dei controlli sui movimenti di capitali” e alla “deregolamentazione delle attività bancarie e finanziarie”. “Sullo sfondo si delinea, in prospettiva, l’esigenza di un organismo che svolga le funzioni di una sorta di «Banca centrale mondiale» che regoli il flusso e il sistema degli scambi monetari, alla stregua delle Banche centrali nazionali”.

    Le caratteristiche dell’Autorità pubblica mondiale. Benedetto XVI: darsi nuove regole
    Già Papa Roncalli nella Pacem in terris, del 1963, avvertendo che “il mondo si stava avviando verso una sempre maggiore unificazione … auspicava la creazione, un giorno, di «un’Autorità pubblica mondiale »”. Su questa scia, anche Benedetto XVI, sottolineando che la crisi “ci obbliga … a darci nuove regole”, “ha espresso la necessità di costituire un’Autorità politica mondiale” di fronte alla “crescente interdipendenza” tra gli Stati. “Tale Autorità sovranazionale deve …essere messa in atto con gradualità, con l’obiettivo di favorire … mercati liberi e stabili, disciplinati da un adeguato quadro giuridico”. “Si tratta di un’Autorità dall’orizzonte planetario, che non può essere imposta con la forza, ma dovrebbe essere espressione di un accordo libero e condiviso” e “dovrebbe sorgere da un processo di maturazione progressiva delle coscienze e delle libertà”, coinvolgendo “coerentemente tutti i popoli”, nel pieno rispetto delle loro diversità. “L’esercizio di una simile Autorità, posta al servizio del bene di tutti e di ciascuno, sarà necessariamente super partes”. I Governi non dovranno “servire incondizionatamente l’Autorità mondiale. È piuttosto quest’ultima che deve mettersi al servizio dei vari Paesi membri, secondo il principio di sussidiarietà”, offrendo il suo “sussidio” nel rispetto della libertà e delle responsabilità di persone e comunità: si evita così “il pericolo dell’isolamento burocratico” dell’Autorità, creando le condizioni indispensabili “all’esistenza di mercati efficienti ed efficaci, perché non iperprotetti da politiche nazionali paternalistiche” e promuovendo – attraverso l’adozione di “politiche e scelte vincolanti” - “un’equa distribuzione della ricchezza mondiale mediante anche forme inedite di solidarietà fiscale globale”. La nota indica l’Onu come punto di riferimento di questo processo di riforma: “un lungo cammino – si legge nel testo - resta però ancora da percorrere prima di arrivare alla costituzione di una tale Autorità pubblica a competenza universale”. Obiettivo che, tra l’altro, non può essere raggiunto “senza la previa pratica del multilateralismo”. Positivo, in questo senso, è il passaggio dal G7 al G20, con un coinvolgimento di più Paesi nei processi decisionali mondiali.

    La concezione di una nuova società: superare l’ordine internazionale “westphaliano”
    Oggi esistono le condizioni “per il definitivo superamento di un ordine internazionale «westphaliano», nel quale gli Stati sentono l’esigenza della cooperazione, ma non colgono l’opportunità di un’integrazione delle rispettive sovranità per il bene comune dei popoli”. (La pace di Westfalia del 1648, seguita alla Guerra dei 30 anni, segna convenzionalmente la nascita degli Stati moderni, ndr). “È compito delle generazioni presenti riconoscere e accettare consapevolmente questa nuova dinamica mondiale verso la realizzazione di un bene comune universale. Certo, questa trasformazione si farà al prezzo di un trasferimento graduale ed equilibrato di una parte delle attribuzioni nazionali ad un’Autorità mondiale e alle Autorità regionali”. Oggi “appare surreale e anacronistico” che uno stato possa ritenere “di poter conseguire in maniera autarchica il bene dei suoi cittadini”. “La globalizzazione sta unificando maggiormente i popoli, sollecitandoli a muoversi verso un nuovo «stato di diritto» a livello sopranazionale”, verso “un nuovo modello di società internazionale più coesa, poliarchica, rispettosa delle identità di ciascun popolo, entro la molteplice ricchezza di un’unica umanità”.

    Liberare l’immaginazione per dare un futuro alle giovani generazioni
    Si tratta di “costruire soprattutto un futuro di senso per le generazioni a venire. Non bisogna temere di proporre cose nuove, anche se possono destabilizzare equilibri di forze preesistenti che dominano sui più deboli”. Paolo VI ha sottolineato la forza rivoluzionaria dell’«immaginazione prospettica», capace di percepire nel presente le possibilità in esso inscritte, e di orientare gli uomini verso un futuro nuovo. Liberando l’immaginazione, l’uomo libera la sua esistenza. Mediante un impegno di immaginazione comunitaria è possibile trasformare non solo le istituzioni ma anche gli stili di vita, e suscitare un avvenire migliore per tutti i popoli”.

    Dalla Torre di Babele allo Spirito di Pentecoste
    Impegnarsi in questo processo di cambiamento è “una missione al tempo stesso sociale e spirituale”. E’ passare dallo spirito di Babele, dove regna la divisione o l’unità di facciata, allo Spirito di Pentecoste, che è il “disegno di Dio per l’umanità, vale a dire l’unità nella diversità. Solo uno spirito di concordia, che superi divisioni e conflitti, permetterà all’umanità di essere autenticamente un’unica famiglia, fino a concepire un nuovo mondo con la costituzione di un’Autorità pubblica mondiale, al servizio del bene comune”.

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    La conferenza stampa di presentazione della Nota del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace

    ◊   Con il documento presentato oggi dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, si ribadiscono alcuni punti di un magistero pontificio che viene da lontano: il mondo della finanza non può schiacciare i bisogni dell’umanità e ciò che mostra di non essere legittimato o rappresentativo di tutti i popoli deve poter essere riformato. Sono alcuni dei concetti emersi questa mattina nella conferenza stampa di presentazione della Nota del dicastero pontificio. Molte le domande dei giornalisti rivolte ai relatori: il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio, e il segretario, il vescovo Mario Toso, insieme con il prof. Leonardo Becchetti, docente di Economia Politica all'Università di Tor Vergata. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Con questa Nota, la Chiesa non si mette alla testa del movimento degli “indignados”, perché la Chiesa segue il magistero dei Papi. È stato questo uno dei botta e risposta più interessanti di una conferenza stampa incentrata su temi di non facile comprensione per i non addetti ai lavori, ma resi intellegibili dalla chiarezza dei relatori. Anzitutto, il cardinale Turkson ha premesso quale sia il grado di interesse che i vertici vaticani pongono all’attuale crisi finanziaria:

    “Il Santo Padre e la Santa Sede seguono queste questioni con viva e particolare attenzione, esortando ed incoraggiando costantemente non solo un’azione d’insieme ma un’azione basata su una visione chiara di tutti gli aspetti economici, sociali, culturali e spirituali, come si dice nella prefazione della nota”.

    Molta parte della spiegazione fornita ai giornalisti presenti ha ruotato attorno a quella che mons. Toso ha definito la “vera originalità” del documento vaticano, ovvero la proposta di creazione di un’“Autorità pubblica a competenza universale”, che meglio degli organismi sovranazionali esistenti sappia sottrarre politicamente e in chiave etica ai mercati ciò essi compiono seguendo le sole leggi della finanza:

    “Gli Stati che compongono il G20 non possono considerarsi rappresentativi di tutti i popoli. Sebbene allargato, il G20 - che com’è ben noto, non è parte dell’Onu - è sempre un forum informale e limitato che, tra l’altro, mostra di perdere di efficacia più viene ampliato. Allo stato attuale delle cose, il G20 manca di una legittimazione e di un mandato politico da parte della comunità internazionale”.

    Di grande rilievo anche l’intervento del prof. Becchetti, che ha offerto una disamina dell’attuale quadro della crisi economica mondiale con un linguaggio privo di tecnicismi esasperati:

    “Con la globalizzazione non possiamo più disinteressarci di nessuno, come invece accadeva in passato. Faccio alcuni esempi, molto concreti, di quest’interdipendenza: la crisi del tesoro americano, come sappiamo, è un problema per i risparmiatori di tutto il mondo, e soprattutto per la Cina che ha investito gran parte delle proprie riserve in quel Paese. Il fallimento della Grecia è un problema per le banche francesi e tedesche, che hanno investito pesantemente in quel Paese. La povertà mondiale, nel mondo globale, diventa un problema di tutti perché quella massa di poveri disposti a lavorare a salari molto bassi è una minaccia formidabile per il nostro welfare”.

    Ciò che il documento propone a livello pratico, ha detto il prof. Becchetti, è un riequilibrio tra politica e finanza, l’unione dell’Europa dal punto di vista fiscale e una maggiore disciplina delle finanze pubbliche nazionali. Le regole, ha soggiunto, ci sarebbero già ma trovano molta difficoltà ad essere applicate. E con un efficace esempio ha spiegato in quale tunnel siano finite le grandi banche internazionali, per le quali il Vaticano condivide l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie:

    “E’ come se una persona guidasse la macchina a 400 all’ora e gli si dicesse: ‘Ti do una macchina che va a 150 e ti metti le cinture di sicurezza’. Ma quella persona preferisce invece andare a 400 all’ora e rischiare la vita. Con la crisi finanziaria mondiale, le grandi intermediarie finanziarie sono tutte fallite e rischiano continuamente di fallire perché non accettano di rallentare un pochino, di lavorare un po’ di più a servizio della persona e di darsi delle regole che ne garantirebbero anche una maggiore possibilità di sopravvivenza nel tempo”.

    Un giornalista ha chiesto se dietro l’idea di una Autorità a carattere mondiale si celi, in realtà, il desiderio di un governo globale. Mons. Toso ha replicato, ricordando come questa possibilità sia contemplata già nella Pacem in terris di Giovanni XIII, come pure nella Caritas in veritate di Benedetto XVI:

    “Non è che il Pontificio Consiglio, con queste proposte, stia cambiando linea. Tutt’altro: sta semplicemente mettendo in evidenza il fatto che volere la democrazia in tutto il mondo non esclude la necessità di un governo mondiale. Anzi, le democrazie nazionali di tutto il mondo esigono delle istituzioni sovranazionali proprio per essere più democrazia”.

    Le istanze che ormai da settimane stanno unendo sotto una medesima bandiera il cosiddetto popolo degli “indignados” sono simili, ha notato un cronista, alle proposte del documento vaticano. Il prof. Becchetti ha risposto così:

    “La Chiesa non ha mai perso di vista l’attenzione e lo sguardo all’uomo ed ai suoi problemi. Qualcun altro lo ha fatto e sono nati i problemi che sono nati. Poi, esiste il momento della protesta - cioè qualcuno che protesta di fronte a quella inversione di scala dei valori di cui parlavo prima - e c’è il momento della proposta e proposte stanno nascendo da molte parti: questa è una proposta”.


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    Verso l'incontro di preghiera per la pace di Assisi. Mons. Sorrentino: siamo tutti umili cercatori della Verità

    ◊   Sono passati 25 anni, era il 1986, da quando Giovanni Paolo II convocò ad Assisi le religioni mondiali per pregare insieme per la pace. Quel 27 ottobre ritorna quest’anno, tra tre giorni, per volontà di Benedetto XVI, che per questa edizione ha voluto una dimensione nuova: quella del pellegrinaggio verso la verità. “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”, è il titolo di questa giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace che vedrà confluire nella città di San Francesco 176 esponenti delle diverse tradizioni religiose, oltre ai cristiani e agli ebrei. Novità di quest’anno la presenza di invitati non credenti. Della grande attesa parla al microfono di Francesca Sabatinelli l’arcivescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, mons. Domenico Sorrentino.

    R. - Quello che 25 anni fa è stato qui realizzato ha lasciato un’orma indelebile, tutto poi è stato fatto all’ombra di questa grande ispirazione che è stata denominata “lo spirito di Assisi”, legata alla figura di Francesco e al carisma di questa Chiesa. E dunque la nostra comunità sentiva una grande esigenza che il Papa tornasse a rilanciare la profezia di 25 anni fa. Questa comunità, e insieme la grande comunità francescana, era in attesa e desiderosa che quell’evento venisse commemorato e rilanciato. Siamo davvero onorati di essere una comunità che si ritrova ancora una volta al centro dell’attenzione della Chiesa e del mondo, in qualche maniera. Il sussulto del cuore, dell’entusiasmo e della preghiera c’è tutto.

    D. - Mons. Sorrentino, il tema di questa giornata è dedicato al senso del pellegrinaggio, legato anche al senso della ricerca della verità…

    R. - Quando si pensa alla pace si ha la tentazione di pensare che la pace sia favorita da una condizione generale di basso profilo della verità: quasi che meno verità abbiamo, meno verità testimoniamo, e più si riesca a stare insieme. Ma il Papa costantemente ci ricorda che senza verità, anche un altro tipo di violenza, diventa possibile e si autolegittima. C’è bisogno di avere il senso della verità, di ricercarla e dunque di mettersi in cammino verso la verità, sapendo appunto di essere pellegrini: rispetto alla verità siamo tutti umili cercatori.

    D. - Quali sono le aspettative, le sue speranze per dopo il 27 ottobre?

    R. - Riteniamo che Assisi debba fare qualcosa anche successivamente: ci siamo dati come impegno, ad esempio, che il 27 ottobre di ogni anno troveremo una qualche forma di commemorazione, di attualizzazione, di rilancio di questo evento. È un lavoro che intendiamo fare e per il quale stiamo costituendo anche un organismo di coordinamento con il mondo francescano. Io mi auguro - anzitutto per la mia comunità - che si assimili davvero lo spirito di questo evento. Uno spirito che, attraverso Francesco, risale ovviamente al Vangelo, a Gesù, al modo con cui ci poniamo di fronte alla verità che salva e che va testimoniata, senza essere mai brandita come un’arma, ma sempre testimoniata in mitezza ed in umiltà con capacità dialogica verso tutti, per porre premesse di una società universale che, anche e soprattutto dalle religioni, abbia quell’impulso di trascendenza e di comunione che consentono alla vita umana di essere vissuta nella pace. (mg)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Trasformati dalla carità: in piazza San Pietro il Papa proclama Santi Guido Maria Conforti, Luigi Guanella e Bonifacia Rodriguez de Castro.

    Nota del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace: Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, le elezioni in Tunisia, dove si profila la vittoria degli islamici nell’Assemblea costituente.

    Come all’interno di una grande cattedrale: in cultura, il Te Deum e la nona sinfonia di Bruckner nel concerto in onore di Benedetto XVI nell’Aula Paolo VI.

    Marielle Carpinello ricorda il benedettino francese Adalbert de Vogue, storico del monachesimo antico, morto a 87 anni.

    La vera perla di casa Freud: Lucetta Scaraffia sull’affascinante storia della più infelice delle sorelle di Sigmund.

    Un articolo di Christiana Dobner dal titolo “Il giornalista guarda Paolo”: come partire dalle Scritture per pensare positivamente l’esistenza presente in Israele?

    Un articolo di Giulia Galeotti dal titolo “Le donne e i ragazzi del Teatro Novelli”: concluse a Rimini le Giornate internazionali di studio del Centro Pio Manzù edizione 2011.

    “Gesù di Nazaret” di Benedetto XVI in maltese.

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    Oggi in Primo Piano



    Terremoto in Turchia: centinaia i morti. Mons. Franceschini: in tanti ancora sotto le macerie

    ◊   Sale ad oltre 260 morti accertati il bilancio, ancora provvisorio, delle vittime del terremoto che ha colpito ieri l’est della Turchia, nella zona del Lago di Van. Secondo fonti locali, sono centinaia i dispersi. La macchina dei soccorsi si è subito messa in moto ma gli aiuti sono ostacolati anche dal fatto che nella confinante provincia di Hakkari è in corso da quattro giorni l'operazione di terra delle Forze armate turche contro i terroristi curdi del Pkk. Sulla situazione nel Paese, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco l’arcivescovo metropolita di Smirne e presidente della Conferenza episcopale della Turchia, mons. Ruggero Franceschini:

    R. – Ci ha colti di sorpresa perché eravamo presi da altri pensieri. Per esempio, quello della guerra in quella zona. E quindi noi siamo rimasti veramente scossi. Sappiamo che sotto i ruderi di questi palazzi crollati ci sono ancora tante persone e ci auguriamo che siano vive.

    D. – Si è subito messa in moto la macchina dei soccorsi turca e anche la comunità internazionale offre il proprio contributo…

    R. – Sappiamo che si sono mosse già alcune nazioni, tra le quali anche Israele ha chiesto di poter dare il proprio aiuto.

    D. – Molto prezioso è anche l’impegno della Chiesa…

    R. - Da parte nostra come Chiesa abbiamo una presenza piccola, abbiamo una famiglia di Firenze. Una famiglia composta da papà, mamma e figlia: stanno bene, però la loro casa è distrutta. Quello che potremmo fare, cercheremo di farlo tramite questa famiglia fiorentina, secondo le nostre piccolissime possibilità.

    D. – Quello che preoccupa è che gli aiuti devono arrivare in una regione scossa dal terremoto dove sono anche in atto operazioni belliche…

    R. - Tutto è più difficile, ci sono limiti alle nostre possibilità, non solo dovute alla nostra piccola Chiesa ma anche alle restrizioni, all’impossibilità di poterci muovere in quei luoghi senza un dettagliato controllo su tutto quello che passa o si muove in quella zona.

    D. - Ci sono restrizioni e difficoltà però l’impegno della Chiesa non conosce confini, non conosce differenze religiose…

    R. – Per noi è sempre stato così. La nostra Caritas di Smirne è frequentata soprattutto e prima di tutto, dai musulmani i quali volentieri si recano in questo nostro ufficio. Ed è bello che anche da musulmani arrivino contributi a questa Caritas perché hanno riconosciuto proprio la libertà con la quale ci muoviamo, cioè nel rispetto delle persone senza nessuna distinzione di razza o di religione.

    D. – In questo senso la Turchia può essere un po’ un modello per orientare la ‘primavera araba’?

    R. – Io penso di sì. Mi auguro anche che queste difficoltà che esistono con Israele non costringano la Turchia ad isolarsi dal mondo. Mi auguro proprio che ci sia questa comprensione perché credo che la Turchia desideri aprirsi, rimanendo musulmana ovviamente, ma nel confronto e nella collaborazione con altre fedi.

    Sono dunque salvi i componenti della famiglia italiana che vivono a Van, dove offrono una preziosa testimonianza di vita cristiana. Antonella Palermo ha raggiunto telefonicamente Roberto Ugolini:

    R. – Dopo il terremoto, siamo scappati e siamo venuti qui sul lago, proprio sulla riva, perché è l’unico posto “tranquillo”, dove non ci sono costruzioni. Questa notte abbiamo dormito qui. Non abbiamo altro rispetto a quello che indossavamo ieri. Durante il sisma, per noi il tempo non passava mai e la violenza del terremoto era veramente impressionante. Ci siamo abbracciati, ci siamo messi sotto ad un architrave della casa e poi siamo scappati.

    D. – La popolazione locale come affronta queste difficili fasi successive al sisma?

    R. – Le persone hanno uno spirito di adattamento incredibile. Sono abituate ad avere tanti problemi, perché purtroppo la vita lì non è facile: non c’è molto lavoro, non ci sono molte industrie e tanta gente, infatti, ha lasciato i villaggi. Si tratta di gente abituata ad una vita non facile. C’è una vita di relazione che purtroppo noi italiani stiamo un po’ perdendo, mentre qui è davvero molto sentita. Se una persona viene qui, in Turchia, senza portafoglio o lo perde, trova sempre, nelle case dei poveri, un pezzo di pane da mangiare ed un letto in cui poter dormire. E’ difficile che possa avere un rifiuto.

    D. – I soccorsi stanno arrivando?

    R. – Sinceramente non è facile farli arrivare, perché la zona è molto estesa. Non è affatto semplice coordinare tutto. Queste, poi, sono anche zone di montagna, però si sentono passare in continuazione ambulanze che vanno avanti ed indietro. Anche i camion e le ruspe dei soccorsi stanno arrivando.

    D. – Lei e la sua famiglia conoscete diversi profughi afghani in Turchia…

    R. – Sono circa tremila i profughi afghani ed iraniani a Van. Qui vengono gli afghani e gli iraniani perché siamo sulla direttrice principale per chi viene da Afghanistan ed Iran a piedi, attraverso le montagne. Ci sono tutte queste persone che vivono in certe zone della città, quelle più povere, e sono proprio queste le persone che conosciamo di più. Da ieri sera sono tornate a funzionare le linee telefoniche e siamo riusciti a parlare con alcune di loro. Grazie a Dio sono vive, non abbiamo perso nessuno e questa è una grande cosa. (vv)


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    Tunisia: alle urne oltre il 90 per cento degli aventi diritto, favoriti gli islamici di Ennahdha

    ◊   Tunisia, ieri, alle urne per eleggere l’Assemblea Costituente che dovrà scrivere la nuova Carta fondamentale e traghettare il Paese verso la normalizzazione, dopo l’era Ben Alì. Anche se si tratta di dati parziali, si starebbe delineando un’affermazione del partito confessionale islamico Ennahdha, di Rached Gannouchi. I risultati ufficiali saranno resi noti non prima di domani. L’appuntamento elettorale è stato ricordato dal presidente Usa, Barack Obama, che ha parlato di “importante passo avanti nel Paese che ha dato il via alla primavera araba”. Alta la percentuale dei votanti: oltre il 90% degli aventi diritto. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Luciano Ardesi, esperto di Nord Africa:

    R. - Era atteso un tasso di partecipazione così elevato e, senza dubbio, c’è stata un’affluenza massiccia, soprattutto con uno spirito di volontà di cambiamento. La gente ha partecipato con grande entusiasmo. Era una cosa che aspettavano da anni: c’è chi praticamente ha votato per la prima volta o che, per la prima volta, si è sentito libero di votare.

    D. - Ora gli occhi della comunità internazionale sono tutti puntati sui partiti islamici che, se vittoriosi, potrebbero allontanare il Paese da quel laicismo che l’ha sempre contraddistinto …

    R. – Certo: questo è il grande interrogativo. Sicuramente sarà difficile che Ennahda, il principale partito islamico, possa conquistare la maggioranza assoluta nella nuova Costituente. Si dovranno fare delle alleanze, e alcuni partiti hanno già dichiarato di essere disponibili; altri no. Credo che sarà una dialettica sicuramente difficile ma alla quale il Paese si dovrà in qualche modo piegare.

    D. - La Tunisia è stato il primo dei Paesi che hanno vissuto la primavera araba ad andare alle urne, oltre essere il Paese da cui sono partite le rivolte: un esempio per tutto il mondo arabo e una grande responsabilità, anche, per quanto riguarda il voto.

    R. - Anche gli altri Paesi arabi, anche coloro che sono scesi in piazza - non solo in Egitto o in altri Paesi - guarderanno la Tunisia come un modello, anche perché l’organizzazione delle elezioni è stata una novità per il mondo arabo. Sono scese in campo le Nazioni Unite, l’Unione Europea, non solo con gli osservatori ma anche con corsi di formazione per chi dovrà gestire le elezioni e il dopo elezioni. E’ un grande esperimento. Questo resterà in qualche modo un punto fermo, un punto al di sotto del quale non si potrà andare negli altri Paesi, a meno di non ritornare alle vecchie pratiche, quindi alla negazione della democrazia.

    D. - Le elezioni sono state anche esaltate da Obama. Quanto conta questo appoggio della Casa Bianca?

    R. - Con questi Paesi gli Stati Uniti hanno sempre mantenuto una diplomazia meno schierata rispetto a quella di alcuni Paesi dell’Unione Europea. C’è tutto l’interesse per riportare un certo equilibrio, una certa normalità in questa area del mondo. Un polo democratico come quello della Tunisia, anche se è un piccolo Paese e demograficamente non ha un grande peso, può essere un inizio.

    D. - Il voto di ieri è giunto dopo una campagna elettorale lunghissima e durissima. Ma è stata, secondo te, anche corretta?

    R. – Secondo gli osservatori ma anche secondo i giornalisti presenti in Tunisia sostanzialmente si. Ci sono stati – è vero – anche episodi d’intolleranza durante la campagna; perfino nel villaggio simbolo, Sidi Bouzi, da dove era partita la rivolta, ci sono state tensioni, ma se consideriamo che questa è la prima volta che viene esercitato il diritto di voto in maniera completamente libera, credo che si possa accettare qualche sbavatura e qualche difficoltà nel mettere in piedi questa complessa macchina elettorale della democrazia. (ada/gf)

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    Libia. Celebrata la liberazione: elezioni entro 8 mesi, sarà rafforzata la "sharia"

    ◊   Ieri a Bengasi la cerimonia di proclamazione per la liberazione della Libia dal regime di Muhammar Gheddafi. I leader del Consiglio Nazionale di Transizione hanno tracciato le linee di quello che sarà il futuro del Paese: elezioni generali entro otto mesi e maggior spazio alla sharia, la legge islamica. Su questi aspetti, Giancarlo La Vella ha intervistato Federico Cresti, docente di Storia dell’Africa e dei Paesi islamici all’Università di Catania:

    R. – Noi, in Occidente, quando sentiamo la parola “sharia”, pensiamo a norme retrive. Penso che il riferimento alla religione islamica sia un fatto eminentemente politico. In qualche modo, il collante principale all’interno della società libica odierna è sicuramente quello della religione, nella misura in cui ci sono pochissime altre minoranze religiose e, dunque, e nella misura in cui è fallito il modello della “jamahiriya”, della democrazia diretta. Un modo, dunque, per creare un’unione all’interno del Paese può essere proprio questo riferimento. C’è comunque da dire che la "sharia" era già presente con diverse norme.

    D. – Sono state annunciate anche nuove elezioni, tra alcuni mesi. Lo Stato potrà essere, così come pensato dal Consiglio Nazionale di transizione, un superamento delle divisioni tribali che caratterizzano la società libica?

    R. – Secondo me, adesso, il problema fondamentale è ristabilire la pace. In Libia gira una quantità di armi spaventosa. Allora, prima di tutto c’è da fare questo passo della pacificazione. C'è da capire se questo gruppo dirigente riuscirà a ristabilire la pace, ma dovrà effettuare in qualche modo anche il disarmo. Probabilmente, nonostante questo, non risolverà le contraddizioni esistenti, che sono fin troppo antiche e che quindi rimangono. A mio avviso le contraddizioni sono fondamentalmente quelle economiche.

    R. – La Libia è uno dei maggiori produttori di petrolio. L’Occidente riuscirà, secondo lei, a continuare ad avere un dialogo commerciale con Tripoli?

    R. – Sì, certo, perché la Libia non può fare a meno dell’apporto, delle conoscenze, come anche della tecnologia, almeno in questa fase del suo sviluppo, delle società petrolifere occidentali, per poter esportare il suo prodotto. Da sola non ce la può fare, per cui il legame ci deve essere per forza. A cambiare saranno forse le quantità differenziali tra un Paese e l’altro, tra una società e l’altra, ma questo legame fisico tra la Libia e gli altri Paesi che acquistano il suo petrolio rimarrà senza dubbio. La Libia non riuscirà mai a consumare tutto il suo petrolio e quindi dovrà forzatamente legarsi con l’esterno. (vv)

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    L'Ue pressa l'Italia: ridurre subito il deficit e promuovere la crescita

    ◊   L’Ue chiede all’Italia un’agenda di riforme completa e risposte concrete, entro il vertice di mercoledì, per ridurre il deficit e favorire la crescita. A ribadirlo è il portavoce del commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, ad un giorno dal summit dei capi di Stato e governo dell’Unione convocato per salvare l’Euro. Intanto, dopo le polemiche delle ultime ore il governo tedesco precisa: “Francia e Germania considerano l’Italia un partner economicamente molto forte che ha, tuttavia, un alto debito”. Questa sera a Roma, Consiglio dei ministri straordinario: il premier Berlusconi pensa ad un innalzamento a 67 anni dell’età pensionabile, ma la Lega frena. Sulla situazione, Paolo Ondarza ha intervistato Carlo Secchi, docente di politica economica europea all’Università Bocconi di Milano.

    R. – Credo che dal vertice sia emersa la volontà di trovare comunque una soluzione per il debito sovrano europeo, che è la causa dei timori che circondano soprattutto l’andamento futuro della zona euro, ed è anche emerso chiaramente ciò che resta da fare da parte di alcuni degli Stati, peraltro tra i più importanti, e questo riguarda in primo luogo l’Italia.

    D. – Ma l’Italia rischia di diventare una nuova Grecia?

    R. – Questa mi sembra un’ipotesi un po’ estrema. Il problema dell’Italia è che se da un lato, dal punto di vista del riordino dei conti pubblici, grazie anche all’azione svolta dal ministro dell’Economia, credo che il nostro Paese si presenti con le carte in regola, ma dal punto di vista della crescita non si sono viste ancora misure convincenti. E a cavallo tra le già rare risorse per la crescita e migliorare lo stato dei conti pubblici, si pone ovviamente la questione della riforma ulteriore delle pensioni. Credo sia del tutto ovvio immaginare che gli altri Stati – i più importanti, la Germania in primis – che devono farsi carico anche dei nostri problemi, chiedano uno sforzo nella direzione di adeguarci agli standard europei, quindi i famosi 67 anni di cui si parla. D’altro canto, a prescindere da tutto ciò, è un problema di equità nei confronti dei più giovani e delle nuove generazioni.

    D. – Ma l’Italia è all’altezza delle richieste europee? Perché l’impressione è che stia perdendo di credibilità …

    R. – Occorre una sorta di colpo di reni da parte del governo, nel senso che le cose da fare sono abbastanza evidenti; gli osservatori, coloro che guardano alle principali questioni – liberalizzazioni, privatizzazioni, riforma delle pensioni e così via – sono sostanzialmente d’accordo sul da farsi, e concordano sulle indicazioni che provengono dai vari enti internazionali e dall’Europa in primis. Naturalmente, io auspico che ciò si verifichi nell’interesse del nostro Paese e nei tempi brevissimi che ci sono stati assegnati. (gf)

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    Stupore e preoccupazione per il rapimento di tre europei in un campo profughi saharawi

    ◊   L’unità di crisi della Farnesina è al lavoro per fare luce sul rapimento di Rossella Urru, la cooperante del Cisp, il Comitato per lo sviluppo dei popoli, sequestrata ieri nel sud dell’Algeria insieme a due volontari spagnoli. I tre si trovavano in un campo di rifugiati dell’autoproclamata repubblica del Saharawi, dove svolgevano attività di carattere umanitario. E sulla preoccupazione con cui si attendono notizie su quanto avvenuto sentiamo Debora Rezzoagli, responsabile dei progetti per l’Africa del Cisp, intervistata da Stefano Leszczynski:

    R. – Riguardo a quanto è successo noi non abbiamo alcuna informazione attendibile su quanto è successo, se non che un commando di circa 10 persone, probabilmente armato, con un’incursione probabilmente armata, ha rapito Rossella Urro e altri due colleghi spagnoli di altre due organizzazioni non governative che lavorano nei campi. Circa l’identità e le motivazioni dei rapitori non sappiamo nulla.

    D. – E’ qualcosa che non era mai successo prima d’ora in un campo rifugiati Saharawi, un rapimento di volontari…

    R. – No, assolutamente non è mai successo niente del genere. Noi lavoriamo nei campi dal 1985 e non c’è mai stata nessuna sensazione di insicurezza. Si lavora in piena collaborazione con le istituzioni e le associazioni Saharawi e tra noi Ong è lo stesso. E’ una cosa che nessuno di noi si aspettava.

    D. - Qual è l’attività dei volontari nei campi dei rifugiati Sarawi nel sud dell’Algeria?

    R. – E’ chiaro ed evidente che il Cisp si concentri sull’aiuto alle famiglie Saharawi che vivono negli accampamenti nel sud dell’Algeria, vicino alla città di Tindouf. I progetti sono stati tanti in questi anni ed in particolare si concentrano su un supporto alle istituzioni e le associazioni Saharawi nell’ambito della gestione degli aiuti umanitari. In particolare noi ci occupiamo di monitorare e di seguire tutto quello che riguarda la distribuzione degli aiuti alimentari. Poi abbiamo progetti anche di prevenzione nell’ambito sanitario rispetto a malattie come l’epatite. Attualmente siamo impegnati a fare studi proprio riguardo allo stato di salute e rispetto all’impatto degli aiuti sulla situazione che regna nei campi Saharawi. Di conseguenza lavoriamo con l’Unhcr così come con l’Echo e in strettissima collaborazione con le istituzioni Sarawi e in particolare con la mezzaluna rossa Saharawi.

    D. – Come si può spiegare, se c’è una spiegazione, il fatto che qualcuno abbia voluto colpire le organizzazioni non governative rapendo questi volontari?

    R. – Io sono rientrata dai campi sabato pomeriggio. Regna l’assoluta sicurezza e tranquillità nel lavoro e nelle relazioni con i Saharawi e tra noi Ong. La cosa è stata assolutamente inattesa, imprevedibile, e siamo tutti scioccati da quello che è successo. Non sappiamo nulla. Mi sembra evidente che gli stranieri siano un obiettivo.(bf)

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    Incontro a Roma sul ruolo delle donne nel processo di cambiamento in atto nel Mediterraneo

    ◊   “Le donne come agenti di cambiamento nel Mediterraneo”: questo il tema del dibattito organizzato oggi e domani a Roma dal Consiglio d’Europa, su iniziativa della parlamentare italiana Deborah Bergamini, che siede anche nell’Assemblea parlamentare di Strasburgo che riunisce 47 Paesi. A seguire il dibattito presso la camera dei Deputati, c’è per noi Fausta Speranza:

    La consapevolezza di una fase nuova in tutto il Mediterraneo emerge insieme con la convinzione, sottolineata dal vice segretario generale del Consiglio d’Europa, Maud de Boer Buquicchio: o sarà una società nuova che riconosce il ruolo delle donne, o non sarà democrazia:

    “Il rispetto dei diritti della donna è rispetto dei diritti umani. Dunque, questa è la premessa. A partire da questo, quello che secondo me dobbiamo fare, è di accompagnare queste donne che emergono adesso e che hanno la potenzialità di esprimersi e di fare capire l’importanza della loro partecipazione e del rispetto dei loro diritti; dobbiamo accompagnarle perché loro purtroppo non sono abituate …”.

    Dell’impegno concreto, la vice segretario generale dice:

    “Il nostro compito è di capire, ma anche di dare a queste donne gli strumenti per proteggere le donne nei Paesi che non sono tutti uguali: la situazione è molto diversa dal punto di vista legislativo. Per esempio, in Tunisia i diritti delle donne sono ben rispettati. C’è anche, evidentemente, come in Europa, differenza tra ‘de iure’ e ‘de facto’, però – per esempio – come dicevo, la Tunisia è molto avanzata; in Marocco l’uguaglianza di genere è stata introdotta nella Costituzione e quindi anche là c’è molto progresso …”.

    Ma c’è anche la rovente situazione in Libia. E per parlare di donne e diritti è venuta qui a Roma, proprio dalla Libia, l’attivista politica Huda el AbdelAziz Muhamed:

    “We should be honest with ourselves …”.
    “Dobbiamo essere oneste”, dice; riconoscere che ci sono motivi di preoccupazione. Ma sottolinea anche che il primo obiettivo è stato raggiunto:

    “You know, we really achieved our biggest hope, which is freedom: …”
    “Abbiamo ottenuto quello che per noi era la speranza più grande: la libertà”, afferma Huda, spiegando che “ora c’è molto da costruire”: innanzitutto “demilitarizzare il territorio, formare un esercito in grado di tutelare la sicurezza a livello nazionale. E poi, costruire un parlamento ed eleggere un presidente”.

    Nelle parole di una attivista politica donna, c’è il percorso di speranza della Libia dalla dittatura alla democrazia. (gf)


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    Chiesa e Società



    Asia. Alluvioni simultanee in sei Paesi: 700 morti, 8 milioni i colpiti, l’intervento della Caritas

    ◊   “E’ la prima volta che sei Paesi del Sudest asiatico sono colpiti simultaneamente da potenti alluvioni. E’ una forte emergenza, la peggiore in 50 anni, e le Caritas delle diverse nazioni si sono attivate per i soccorsi. La confederazione della Caritas Internationalis è pronta per lanciare un appello globale”: lo dice all’agenzia Fides padre Cesario Sixto Sanedrin, responsabile dell’Ufficio Asia e Oceania nella Caritas Internationalis, commentando il disastro di notevoli proporzioni che ha colpito la penisola indocinese e il Sudest. Secondo i primi dati complessivi forniti a Fides, oltre 700 persone – un quarto dei quali bambini – sono state uccise e oltre 8 milioni di persone sono state colpite dalle inondazioni verificatesi in Thailandia, Myanmar, Cambogia, Vietnam, Laos e Filippine. I monsoni si sono abbattuti con violenza: piogge torrenziali e tifoni hanno devastato la regione, distruggendo case, mezzi di sussistenza e infrastrutture, mentre la situazione meteorologica potrebbe ulteriormente peggiorare nel corso della prossima settimana. In Myanmar – informa “Karuna”, la Caritas locale – nella provincia Chin, a maggioranza cristiana, la gente ha disperato bisogno di cibo e ripari, dopo le forti piogge che hanno danneggiato ponti e strade. In Thailandia un terzo delle province sono inondate dalle acque, e centinaia di migliaia di persone sono state costrette a trovare rifugi di fortuna negli ultimi due mesi. Mancano acqua, cibo e servizi igienici, afferma la Caritas Thailandia, mentre i servizi sanitari danneggiati sollevano preoccupazioni per i focolai di malattie trasmesse dall'acqua. Anche in Cambogia vi è un urgente bisogno di cibo, acqua potabile e assistenza medica per oltre 300.000 persone. Le popolazioni di Laos e Vietnam hanno subito alluvioni e disagi, molti villaggi si sono trovati del tutto isolati, mentre la popolazione ha visto le terre inondante e inservibili per l’agricoltura. Le comunità cristiane nel Sudest asiatico, informa una fonte locale di Fides “si stanno impegnando come volontari per gli aiuti di emergenza e hanno lanciato un movimento di preghiera, perchè cessi il diluvio, perché tutti coloro che hanno perso i propri cari siano consolati nel loro dolore, e perché tutti i bisognosi ricevano aiuto, chiedendo sostegno ai cristiani di tutto il mondo”. (R.P.)

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    Terra Santa: manifesto “sport e pace” chiude i giochi “JPII Games”

    ◊   “Promuovere uno sport orientato ad affermare i valori e i diritti umani primari; essere testimoni e protagonisti di uno sport che sia fattore di pace; promuovere eventi di sport che facilitino l’armonia e il dialogo tra le culture tramite anche gesti di solidarietà; continuare la nostra attività sportiva nel mondo come ‘Pellegrinaggio della Pace’ testimoniando la voglia e il diritto di tante persone che desiderano una Terra Santa in pace”. E’ l’impegno sottoscritto dagli sportivi e dai pellegrini dei “JPII Games - Pilgrims of Peace 2011”, iniziativa del Centro sportivo italiano e dell’Opera Romana Pellegrinaggi, al termine della 'Corsa della Pace' da Betlemme a Gerusalemme. Trecento partecipanti tra italiani, palestinesi, israeliani e haitiani – riferisce l’agenzia Sir- hanno corso questa mattina lungo i 12 km che separano Betlemme da Gerusalemme, passando attraverso il check point che divide i due territori. Alla gara ha preso parte anche la campionessa paralimpica Giusy Versace, “madrina” della corsa. La maratona è stata affiancata da un quadrangolare di calcio a 5 nella spianata del check point. La rappresentanza dell’Associazione italiana calciatori formata da Damiano Tommasi, Gigi Di Biagio, Angelo Peruzzi, Fabio Pecchia ha sfidato un team organizzato dalla Lega Pro e altre due squadre di israeliani e palestinesi. Lo sport, “linguaggio universale, compreso e condiviso soprattutto dalle giovani generazioni” è per i promotori del manifesto, “un fattore di mediazione tra le culture più diverse”. Significativa la presenza di una delegazione di 80 haitiani giunti a Gerusalemme per far sentire la loro richiesta di solidarietà. (G.C.)

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    Alluvioni in Myanmar: oltre 100 morti, migliaia di sfollati

    ◊   È di oltre 100 morti il bilancio aggiornato delle vittime delle inondazioni che, negli ultimi giorni, hanno colpito il Myanmar centrale. I forti rovesci monsonici della scorsa settimana hanno causato frane, smottamenti e lo straripamento di fiumi; i danni maggiori si sono verificati nella città di Pakokku, situata nella divisione di Magwe, circa 30 km a nord-ovest di Bagan. Un funzionario governativo, in condizioni di anonimato, ha confermato all’Afp il ritrovamento “di 35 cadaveri, su un totale di 106 persone che risultano disperse. Le altre 71 – precisa – è ragionevole supporre che siano state uccise dalle alluvioni”. I corpi non sono stati ancora ritrovati e le ricerche continuano. Al momento sono oltre 2mila le case spazzate via dalla massa di acqua, che ha investito almeno quattro città della regione di Magwe; a queste si aggiungono le 6mila abitazioni ancora inondate. Secondo le prime stime, i danni complessivi del disastro ammontano a 1,64 milioni di dollari. Fonti locali riferiscono che più di 1.500 persone hanno trovato rifugio nei due Centri di accoglienza allestiti dal governo nella città di Pakokku, dove si è recato in visita ufficiale il secondo vice-presidente birmano Sai Mauk Kham. In molte zone del Myanmar centrale si registrano danni a strade, ponti, vie di collegamento ed edifici a causa del forte vento e delle intense piogge monsoniche. Diversi abitanti delle aree colpite denunciano la mancanza di informazioni e allerta da parte dei funzionari di governo; un cittadino di Seikphyu, a sud di Pakokku, ha dichiarato a Dvb che il livello del torrente è cresciuto fino a sommergere edifici alti due piani. Stime delle Nazioni Unite riferiscono che sono almeno 700 le persone morte in tutto il Sud-est asiatico: i monsoni si sono abbattuti con eccezionale intensità su Thailandia, Myanmar, Cambogia, Laos, Filippine e hanno coinvolto oltre 8 milioni di abitanti. (R.P.)

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    Marcia nelle Filippine per chiedere “giustizia” per padre Tentorio ucciso a Mindanao

    ◊   La popolazione di Mindanao si mobilita per chiedere “giustizia per padre Tentorio”, il missionario del Pime ucciso sette giorni fa ad Arakan, sull’isola di Mindanao, nelle Filippine Sud. Oltre 20mila persone si sono radunate oggi in tre città di Mindanao: Davao, Makilala e Kidapawan, mettendosi in marcia in cortei all’insegna di slogan come “giustizia e trasparenza”. Suore, preti, tribali, indigeni, contadini, anche tre vescovi di diverse confessioni hanno marciato, hanno manifestato e pregato davanti al Quartiere generale dell’esercito a Kidapawan, chiedendo la fine dell’impunità per gli omicidi extragiudiziali. I dimostranti sono poi giunti nella cattedrale di Kidapawan, dove si trova la salma di padre Fausto, e si sono raccolti in silenzio e preghiera, celebrando una Santa Messa. La veglia continuerà ininterrotta, per tutta la notte, fino a domani mattina, quando mons. Romulo De La Cruz, vescovo di Kidapawan, celebrerà il funerale di padre Fausto Tentorio. La mobilitazione è stata organizzata dal Forum “Giustizia per padre Pops”, come padre Tentorio era soprannominato, a cui hanno aderito oltre 50 fra associazioni, organizzazioni della società civile, congregazioni religiose, gruppi di “Giustizia e pace” delle diocesi. Una delle organizzazioni promotrici del forum è quella dei “Ruraal Missionaries of the Philippines”, un movimento lanciato dall’Associazione dei Superiori Maggiori nelle Filippine, di cui padre Fausto era membro. Dal canto suo padre D’Ambra - anch’egli nelle Filippine da oltre 30 anni, e fondatore del movimento per il dialogo islamo-cristiano “Silsilah” a Zamboanga city - sempre all’agenzia Fides ricorda padre Fausto come “persona semplice, umile e gentile, che ha dedicato la sua vita alla gente, con particolare attenzione e amore per il popolo tribale di Arakan Valley”. Padre D'Ambra si rivolge poi ai sicari dicendo: “Perché avete ucciso un padre dei popoli tribali? Per fare loro paura? No, il movimento dei popoli tribali - afferma il missionario - diventerà più forte e tutti noi saremo con loro, a fianco di quanti soffrono di più nella nostra società. E’ il momento di andare avanti, indigeni, cristiani e musulmani”. (R.P.)

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    Spagna: appello dei vescovi baschi alla riconciliazione dopo la rinuncia dell'Eta alla lotta armata

    ◊   I vescovi dei Paesi Baschi, in Spagna, hanno salutato con espressioni di sollievo e speranza la nuova situazione che si è creata con l’annuncio da parte del gruppo armato indipendentista Eta di rinunciare definitivamente alla lotta armata. Mons. Mario Iceta Gavicagogeascoa vescovo di Bilbao afferma che questa decisione rappresenta “un passo molto positivo” aggiungendo poi che “condividiamo la gioia della societá”. Mons. Jose Ignacio Munilla Aguirre, vescovo di San Sebastián si augura che a partire fin da ora “potremo vedere più vicino l’urgente e improrogabile dissoluzione dell’Eta”. Tutti e due, nelle rispettive dichiarazioni ricordano le vittime ed esprimono la loro solidarietà con i loro familiari. Ringraziano poi a quanti, a titolo individuale o collettivo, si sono adoperati in favore della fine della violenza. Guardando ora verso il futuro mettono in risalto il lungo camino da percorrere lungo il quale la Chiesa intende promuovere in particolare la riconciliazione. Mons. Munilla Aguirre afferma specificamente: “Ci offriamo a Dio e alla società come strumenti di riconciliazione, affinché le ferite aperte possano sanare facendo nostra la preghiera di san Francesco d’ Assisi “O Signore, fa' di me uno strumento della Tua Pace”. Da parte sua mons. Iceta afferma: “La pace è il risultato della verità e la giustizia, della capacità di riconoscere e riparare il male causato, dell’umiltà e del coraggio necessario per chiedere perdono e della generosità e ampiezza di cuore che porta a dare ed accogliere il perdono. Il cammino della riconciliazione, impegno prioritario della Chiesa per il nostro tempo, va oltre la cessazione di ogni violenza”. Intanto, in contrasto con alcune prese di posizione radicali sono molte le voci tra i leader politici che invitano ad assumere un atteggiamento costruttivo. Da parte sua il presidente della regione basca, Patxi Lopez, socialista, inizia oggi i suoi contatti con i rappresentanti di tutti i partiti politici dei paesi Baschi, allo scopo di creare un ampio consenso per un futuro di pacifica convivenza. (Dai Paesi Baschi, padre Ignacio Arregui)

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    Kenya. Stupro e violenza sessuale: dramma delle donne fuggite dalla Somalia

    ◊   “Secondo una breve analisi realizzata per il Programma sulla violenza di genere (Gbv) a Dadaab, stupro e violenza sessuale sono i problemi più sentiti dalle donne e dalle ragazze fuggite dalla Somalia, e continuano ad esserlo, anche se in misura minore, nei campi”. E’ quanto si legge in una nota del responsabile del Gbv del Comitato internazionale di soccorso (Irc) a Dadaab, pervenuta all’agenzia Fides. Finora sono stati registrati solo 30 casi di stupro tra gennaio e luglio 2011, segnala l'Unhcr a Dadaab. Non tutte denunciano le violenze per paura di subirne nuove e peggiori. Per molte di loro, che ogni giorno percorrono il cammino verso Dadaab insieme a centinaia di persone stanche, deboli e malnutrite in fuga dalla carestia, è un viaggio straziante. La maggior parte porta i propri figli legati sulla schiena. Le più fortunate, oltre ai propri figli, dalle loro case in Somalia riescono a salvare pochi averi che trasportano sui carri trainati dagli asini. Una volta arrivate a Dadaab, quasi tutte si dichiarano rifugiate e si sottopongono ai controlli medici con i loro figli. Viene loro assegnata una tenda, senza porta, finestre, mobili e perfino letti, e un kit di base per la casa. Nonostante tutto, è comunque un posto che possono chiamare casa. Alcuni sono nati qui nel 1991, quando il campo fu allestito per la prima volta, e non hanno mai avuto nessun altro riparo. Anche dopo essersi ambientate, le donne non parlano delle violenze subite durante il viaggio. Inoltre, se gli episodi di violenza sembra siano meno frequenti all'interno dei campi, alcune donne confessano di non sentirsi sicure e di aver paura anche di notte, mentre dormono nei loro rifugi improvvisati. Alcune continuano a subire violenza da parte dei loro partner. Il rischio maggiore nel campo è quando sono costrette ad allontanarsi in cerca di legna per il fuoco. (R.P.)

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    Centro America: a causa delle piogge torrenziali, decine di morti e migliaia di senzatetto

    ◊   Dall’11 ottobre le piogge torrenziali flagellano il Centro America. Caritas Guatemala ha inviato un comunicato all'agenzia Fides sulla situazione nel Paese dopo le intense piogge degli ultimi giorni. Tale calamità naturale, secondo il rapporto della Caritas, ha colpito fino ad ora, in tutto il territorio nazionale, oltre 524mila persone, oltre a 78mila vittime di altri fenomeni naturali collegati. Dai primi rapporti si apprende che, secondo le autorità, hanno dovuto abbandonare le loro case circa 30mila persone, delle quali 15mila sono state accolte in ripari provvisori dopo che le loro case sono diventate inagibili a causa delle inondazioni. Purtroppo si registrano anche 38 persone decedute, 18 feriti e 5 dispersi. Oltre 22mila risultano le case distrutte. La situazione avversa non sembra essersi conclusa, secondo il rapporto del servizio meteorologico, e diversi fiumi rischiano di straripare. Oltre al Guatemala, anche i Paesi vicini sono nella stessa situazione di emergenza, come El Salvador, che conta ormai più di 32 morti e più di 50 mila sfollati che hanno dovuto abbandonare le loro case. I rapporti dei danni nel Centro America citano anche Nicaragua, Messico, Honduras e Costa Rica tra i Paesi che hanno riportato numerosi danni per le piogge. (R.P.)

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    Il colera continua a fare vittime tra gli haitiani: in un anno morte 6.500 persone

    ◊   Un anno dopo lo scoppio dell’epidemia di colera ad Haiti, la popolazione è ancora minacciata dalla malattia mortale. Fin dal manifestarsi dei primi casi, nell’ottobre 2010, più di 450 mila haitiani si sono ammalati e più di 6.500 sono deceduti, secondo i dati del Ministero della Salute haitiano. La stagione delle piogge facilita il diffondersi della malattia. Secondo l’organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere (Msf), i servizi sanitari e le misure per prevenirne la diffusione sono ancora inadeguati. “I malati di colera continuano a morire di disidratazione nelle aree remote del Paese solo perché non ci sono punti per la reidratazione orale, centri per il trattamento o per la mancanza di personale sanitario adeguatamente formato e di assistenti alla comunità” si legge in una nota di Romain Gitenet, capo missione di Msf ad Haiti, ricevuta dall’agenzia Fides. C’è urgente bisogno di migliorare le cure mediche, fornire accesso all’acqua pulita e assicurare un’igiene adeguata. Acqua potabile e igiene sono essenziali per fermare la diffusione della malattia. Nonostante la comunità internazionale abbia impegnato un’enorme quantità di denaro per assistere Haiti, migliaia di persone continuano ad ammalarsi ogni settimana e alcune muoiono ancora. Purtroppo mentre molte organizzazioni internazionali stanno abbandonando la lotta al colera, si stima che la malattia sarà presente ad Haiti ancora per diversi anni. Il colera può uccidere rapidamente, ma è facile da curare attraverso cure e servizi sanitari adeguati, e facile da prevenire, con l’accesso a fonti d’acqua pulita, il lavaggio regolare delle mani e la conservazione adeguata del cibo. Purtroppo la maggior parte degli haitiani vive in zone rurali e in baraccopoli senza accesso all’acqua potabile o a strutture igieniche adeguate. Fin dall’insorgere dell’epidemia di colera nell’ottobre del 2010, Msf ha curato più di 160 mila pazienti contagiati da questa malattia. A fine agosto ne ha curati 281 a Port-au-Prince; alla fine di settembre i casi sono saliti a 840 a settimana. Attualmente l’organizzazione è impegnata nei quartieri di Martissant, Carrefour, Delmas, Cité Soleil e Drouillard nella capitale, oltre che nei dipartimenti dell’ovest, del nord e dell’Artibonite. (R.P.)

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    Guatemala: più di 20 mila manifestanti dicono “basta alla violenza”

    ◊   Migliaia di cattolici hanno partecipato alla marcia pacifica per le vie del centro della capitale, sabato scorso, per esprimere la loro condanna alla violenza che ogni giorno provoca circa 17 morti nel Paese. Da quattro punti diversi della città - riporta l'agenzia Fides - sono partiti altrettanti gruppi di manifestanti, per convergere nella piazza centrale, Plaza de la Constitucion, davanti alla cattedrale metropolitana dove l'arcivescovo di Città del Guatemala, mons. Oscar Julio Vian Morales, ha celebrato l’Eucaristia per la pace. Era stato lo stesso mons. Vian Morales a indire la marcia che ha radunato più di 20 mila cattolici. Nel suo messaggio, l'arcivescovo ha detto che tutti i cittadini del Guatemala, e non solo il governo, devono lottare per diminuire l'insicurezza e la malnutrizione. "Garantire i diritti della salute e la casa, avere migliori offerte di lavoro, sono un altro modo di lottare per la pace" ha ribadito. La gente che ha partecipato alla marcia portava dei cartelli con scritte contro la violenza che affligge il Paese. A questa manifestazione pacifica ha partecipato anche il Vicepresidente del Guatemala, Rafael Espada, e il Presidente del Congresso, Roberto Alejos. (R.P.)

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    Ban Ki-moon nella Giornata dell’Onu: il mondo sia unito in nome del bene comune

    ◊   “Il mondo ha fatto progressi inimmaginabili dalla nascita delle Nazioni Unite, che oggi compiono 66 anni. Viviamo più a lungo. Un numero sempre maggiore di nostri figli sopravvive. Ogni giorno cresce il numero di quanti vivono in uno Stato di diritto democratico”. E’ quanto scrive il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, nel messaggio in occasione dell’odierna Giornata delle Nazioni Unite. “Le persone di tutto il mondo – aggiunge – si stanno mobilitando per difendere i propri diritti umani e le proprie libertà. Eppure tanti di questi progressi sono adesso in pericolo”. Sono a rischio – spiega il segretario generale dell’Onu - a causa della crisi economica, dell’aumento del tasso di disoccupazione, del cambiamento climatico. “Troppe persone – si legge ancora nel messaggio – vivono in uno stato di paura. Troppe credono che i governi e l’economia mondiale non potranno esaudire le loro aspettative. In questo momento di crisi, esiste solo una soluzione possibile: l’unità dei nostri propositi. Occorre obbligare tutte le nazioni – sottolinea Ban Ki-moon - ad agire in maniera unitaria attraverso un programma a favore della popolazione mondiale”. La vera missione delle Nazioni Unite – ricorda – è costruire un mondo migliore, non abbandonare nessuno, lottare per i più poveri e i più vulnerabili in nome della pace e della giustizia sociale. “Tutti – conclude Ban Ki-moon – abbiamo qualcosa da dare e qualcosa da guadagnare se lavoriamo insieme. Uniamoci, con la forza di essere sette miliardi di persone, in nome del bene comune mondiale”. (A.L.)

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    Malaysia: gruppi radicali musulmani manifestano contro i cristiani

    ◊   Una manifestazione inutile, con motivazioni puramente politiche che servirà solo a minare l’unità del Paese. Così i leader cristiani malesi hanno commentato l’”Himpunan Sejuta Umat”, il mega-raduno di un milione di fedeli musulmani organizzato sabato a Kuala Lumpur da gruppi islamisti contro il presunto proselitismo dei cristiani nel Paese. La manifestazione ha voluto essere una protesta contro la decisione del Sultano dello Stato malese di Selangor di non procedere contro una chiesa metodista accusata lo scorso agosto di avere accolto fedeli musulmani con l’intenzione di convertirli. “La manifestazione è stata pretestuosa, perché con la decisione del Sultano e del governo del Selangor il caso è ormai chiuso”, ha dichiarato il reverendo Eu Hong Seng, presidente del National Evangelical Christian Fellowship. Secondo il pastore evangelico, si è trattato di una “manovra politica in cui tutti i partiti al governo e dell’opposizione cercano di dimostrare chi è più musulmano”. Il leader cristiano ha quindi avvertito che queste manovre rischiano “di accrescere le incomprensioni e le tensioni”, ribadendo che i cristiani, da parte loro, “restano impegnati per la pace e l’armonia”. Anche per padre Clarence Devadass, membro del comitato direttivo della Federazione cristiana della Malaysia, lo spirito che ha animato l’iniziativa è stato puramente settario. All’agenzia Ucan il sacerdote ha definito come totalmente prive di fondamento le accuse rivolte ai cristiani di volere sfidare la sovranità della maggioranza islamica. “Questi gruppi - ha detto - stanno cercando solo di dividere i malesi e usano la religione per incitare l’odio tra persone di diverse fedi”. I cristiani in Malaysia sono il 9% della popolazione, per i due terzi musulmana sunnita (religione ufficiale del Paese), mentre il 19% pratica il buddismo; e il 6% induismo. La presenza di correnti integraliste di pensiero e di giurisprudenza islamica sta riducendo progressivamente gli spazi alle minoranze per praticare e professare pubblicamente la loro fede. Ne è un esempio emblematico l’annosa battaglia legale sull’uso del termine “Allah” per i non musulmani. (A cura di Lisa Zengarini)

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    A San Pietroburgo la Sacra Cintura della Vergine, una delle reliquie più venerate dagli ortodossi

    ◊   Una delle reliquie più venerate del mondo cristiano ortodosso è arrivata a San Pietroburgo: la Santa Cintura della Vergine è uscita per la prima volta dal monastero di Vatopedi sul monte Athos per un tour della Russia, che terminerà a Mosca. A ottenere il raro ‘prestito’ - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stata la Fondazione “Sant'Andrea il Primo chiamato”, guidata dal capo delle Ferrovie statali, Vladimir Yakunin. “Una delle ragioni per cui abbiamo chiesto al monastero Vatopedi di portare la Santa Cintura in Russia è la situazione demografica del nostro Paese – ha spiegato Yakunin alla stampa – Pensiamo così di suscitare interesse nella rinascita spirituale della nostra società e nei valori della famiglia”. La reliquia - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha così lasciato per la prima volta la Grecia, da quando è conservata nel monastero athonita. Circa 20 monaci l’accompagneranno per il suo viaggio nella Federazione. Il padre superiore di Vatopedi, l’archimandrita Yefrem, ha raccontato che per la Russia è stata fatta un’“eccezione”: il monastero aveva già rifiutato le richieste di altri Paese come Stati Uniti e Romania. La Santa Cintura farà ritorno in Grecia il 23 novembre. Situato al centro della penisola athonita e dedicato all'Annunciazione della Vergine, il monastero Vatopedi occupa il secondo posto, dopo quello della Grande Lavra, nella gerarchia dei monasteri athoniti. Possiede un ricco corredo di immagini e di reliquie, fra le quali proprio la Santa Cintura della Vergine. La cintura sarebbe stata tessuta da Maria stessa in pelo di cammello. La leggenda tramanda che, prima della sua Assunzione, Maria l’abbia donata all'apostolo Tommaso. In seguito venne conservata nel Palazzo imperiale di Costantinopoli fino a quando, nel XIV secolo, un re di Bulgaria non se ne impadronì. In seguito, il principe Lazzaro I di Serbia ne fece dono al Vatopedi. Per anni i monaci hanno donato ai fedeli piccole cinture benedette e modellate su quella della Vergine. Riposte dentro sacchetti di plastica contenevano preghiere e istruzioni su come osservare il digiuno. Gli ortodossi credono che grazie all’intercessione della Vergine queste cinture aiutino a curare l’infertilità femminile. Visto che la Santa Cintura è conservata sul monte Athos dove l’accesso è consentito solo a uomini, per le donne russe si tratta di una rara occasione per venerare la reliquia. (R.P.)

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    Kenya: leader religiosi vogliono essere parte attiva del processo elettorale per il 2012

    ◊   Il 2012 sarà un anno cruciale per il Kenya, chiamato alle elezioni generali per la prima volta dopo l’approvazione della nuova Costituzione. In vista di questo importante appuntamento, i leader religiosi del Paese hanno incontrato, a porte chiuse, Kofi Annan, presidente dell’Africa Progress Panel. All’incontro hanno partecipato esponenti cristiani, indù e musulmani; sul tavolo, l’appello dei religiosi al governo affinché permetta anche agli attori non statali e alle comunità religiose di portare avanti la formazione degli elettori, il processo di costruzione della pace e la creazione di un ambiente favorevole a consultazioni pacifiche, libere e giuste. In una dichiarazione rilasciata al termine dell’incontro, i religiosi ribadiscono che la riconciliazione deve essere affrontata nell’arco dei prossimi dodici mesi ed esprimono la loro preoccupazione per i traumi che ancora esistono nel Paese, causati dalle violenze post-elettorali del 2007-2008. “Le profonde divisioni all’interno della popolazione – si legge nel testo – sono il risultato della campagna politica di quattro anni fa e non si sono ancora concluse. Molti kenioti sono ancora feriti. Tener conto questo, è quindi fondamentale porre fine a quegli scontri civili che il Kenya ha vissuto”. Per questo, i leader religiosi chiedono al Paese e alla comunità internazionale di continuare ad insistere affinché si istituisca un meccanismo credibile per cercare candidati che siano coinvolti il meno possibile nelle violenze post-elettorali degli anni scorsi. Dal loro canto, gli esponenti cristiani, indù e musulmani promettono di combinare le loro energie ed i loro sforzi per predicare la pace, favorire l’unità e riconciliare il Paese. Centrale anche l’appello lanciato al Panel affinché esorti i politici ad astenersi da una campagna elettorale basata sull’appartenenza etnica: “I processi politici in Kenya appaiono incentrati sul fulcro dei gruppi tribali. E ciò, oltre a rendere le elezioni delle mere maratone etniche, trasforma anche la sconfitta dei candidati che non verranno eletti in una questione interna alla comunità, piuttosto che in un affare politico”. I partecipanti all’incontro esortano infine la classe dirigenziale ad avere fiducia nella Commissione elettorale e a rafforzare i cittadini, affinché siano in grado di produrre essi stessi ricchezza, in modo da porre fine all’inattività dei giovani, che è stata tra le cause delle violenze del 2007. (A cura di Isabella Piro)

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    Santa Sede: Conferenza internazionale sulla vita di Giovanni Paolo II

    ◊   Sarà dedicata a Giovanni Paolo II la XXVI Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, che si terrà in Vaticano dal 24 al 26 novembre prossimi. "Memori del ricco e fecondo magistero di Karol Józef Wojtyła sulla vita, abbiamo ritenuto giusto ed opportuno dedicargli l’edizione 2011 della Conferenza Internazionale del dicastero, che lui stesso fondò nel 1985”, ha affermato l'arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio. All'appuntamento - riporta l'agenzia Sir - parteciperanno una quarantina di relatori tra pastoralisti, scienziati, medici, studiosi vari provenienti da ogni parte del mondo. Mons. Zimowski prosegue affermando che “nei tre giorni d’impegno sono previsti contributi a carattere teologico-pastorale. Si tratterà d’interventi ispirati all’insegnamento del Beato che, riguardanti il valore cristiano della sofferenza e il Vangelo della Vita, verranno affrontati in un’ottica interdisciplinare”. Per ricordare Giovanni Paolo II, sarà organizzato un atto solenne. Interverranno anche il cardinale Fiorenzo Angelini, presidente emerito del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari e il cardinale Stanislaw Dziwisz, per molti anni segretario di Papa Wojtyła ed oggi arcivescovo di Cracovia. (G.C.)

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    Canada: primo messaggio del nuovo presidente dei vescovi, mons. Smith

    ◊   Lavorare all’unità e alla collegialità della Conferenza episcopale canadese (Cecc), a servizio della Chiesa locale e della Chiesa universale: questo il compito che il nuovo presidente della Cecc, mons. Richard Smith, vuole perseguire nel corso del suo mandato, che terminerà nel 2013. Eletto nell’ambito della Plenaria svoltasi dal 17 al 21 ottobre, mons. Smith ha diffuso il suo primo messaggio come capo dei vescovi canadesi. Nel testo, il presule ha ringraziato il suo predecessore, mons. Pierre Morissette, esprimendo particolare apprezzamento “per la serenità, la calma e la saggezza con cui ha guidato la Cecc”, dimostrando di essere “un presidente disposto all’ascolto e un vescovo che ama profondamente la Chiesa”. Dal suo canto, nel suo discorso finale come presidente uscente, mons. Morissette ha sottolineato che tale esperienza è stata per lui un arricchimento sia nell’ambito del ministero episcopale, sia nel servizio ai confratelli e alla Chiesa locale. “La grande estensione del territorio della Cecc - ha detto – testimonia la ricchezza della Chiesa cattolica nel Paese”. Da segnalare che l’alternanza tra un presidente francofono ed uno anglofono rientra nella tradizione della Chiesa canadese. Infine, una novità tecnologica: per la prima volta nella storia della Conferenza episcopale locale, la televisione cattolica del Paese, “Sale e luce”, ha trasmesso in diretta tv e in streaming su web gli avvenimenti principali della Plenaria. In totale, sono andate in onda 12 ore di programmazione, seguite in media da 3mila utenti, collegati on line per circa 12 minuti ciascuno. Inoltre, quasi mille visitatori hanno consultato la pagina web dedicata alla Plenaria della Cecc sul sito Internet di “Sale e luce”. Il materiale visionato resterà ora a disposizione sull’archivio on line dell’emittente. (I.P.)

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    S’inaugura a Roma l’Anno accademico all’Auxilium. Prolusione sul futuro dei giovani

    ◊   Sarà il prof. Gian Maria Fara, presidente dell’Istituto di ricerche sociali Eurispes, a tenere domani la prolusione per l’inaugurazione dell’Anno accademico della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”, retta dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. Un tema di scottante attualità quello scelto dal sociologo per la sua lezione: “Lo spreco di futuro: i giovani tra ricerca di senso e abbandono”. La cerimonia inaugurale, nella sede di via Cremolino 141, avrà inizio alle 9 con la Santa Messa presieduta dal rettore magnifico della Pontificia Università Lateranense, il vescovo Enrico Dal Covolo; seguirà la relazione annuale della preside dell’Auxilum, Pina Del Core; quindi l’intermezzo musicale del Duo Goya, Francesca Timperi e Claudio Capuano; in chiusura, dopo la prolusione accademica, l’intervento della vice gran cancelliere della Facoltà e superiora generale dell’Istituto, madre Yvonne Reungoat. La Facoltà ecclesiastica Auxilium, eretta nel 1970, con sede a Roma dal 1978, trae la sua origine dall’Istituto Internazionale Superiore di Pedagogia e Scienze Religiose fondato a Torino nel 1954 dalle Figlie di Maria Ausdiliatrice, poi incorporato nel 1966 all’Istituto Superiore di Pedagogia del Pontificio Ateneo Salesiano di Roma. Ispirata ai principi dell'umanesimo pedagogico di S. Giovanni Bosco, la Facoltà Auxilum è dedicata in particolare ad approfondire i problemi educativi dell’infanzia e dell'adolescenza, con speciale attenzione a quelli della donna. Per attuare i suoi fini di ricerca e di insegnamento la Facoltà dispone di quattro Istituti: Metodologia pedagogica, Metodologia catechetica, Ricerca psicologica in campo educativo, Ricerca sociologica in campo educativo. (A cura di Roberta Gisotti)

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    24 Ore nel Mondo



    Siria. Prosegue lo sciopero generale, gli Usa ritirano l’ambasciatore

    ◊   Continua nella regione di Daraa, nella Siria meridionale, lo sciopero generale indetto dagli attivisti antigovernativi in corso da una settimana: i manifestanti minacciano di proseguire a oltranza, “fino alla disobbedienza civile”. Intanto, gli Stati Uniti ritirano da Damasco il loro ambasciatore, Robert Ford, per motivi di sicurezza: il Dipartimento di Stato americano al momento non è in grado di dire quando potrà fare ritorno. Secondo il governo siriano, infatti, il diplomatico è colpevole di fomentare le rivolte. Roberta Barbi:

    Non si arresta lo sciopero generale dei manifestanti antigovernativi in Siria in corso da una settimana: epicentro della protesta la regione meridionale di Daraa, dove gli attivisti annunciano di voler andare avanti fino “al ritiro dell’esercito e al rilascio di tutti i prigionieri”. E mentre gli Stati Uniti ritirano da Damasco il loro ambasciatore, Robert Ford, preoccupati per la sua sicurezza, il presidente siriano, al Assad, sostituisce altri due governatori di altrettante regioni. Yasser al Shawfi è, dunque, il nuovo governatore di Idlib, al confine con la Turchia, e Hussein Makhluf, che appartiene alla famiglia presidenziale, è nominato a capo dei sobborghi della capitale Damasco. Entrambe sono considerate province “calde”, scenario di massicce manifestazioni antigovernative. Con questi due, raggiunge quota sette il numero dei governatori sostituiti dal governo dall’inizio delle proteste, il 15 marzo. Ieri, inoltre, da Bruxelles il Consiglio europeo ha minacciato nuove sanzioni contro la Siria se non cesseranno le brutali repressioni delle rivolte: il bilancio delle proteste nelle ultime 24 ore, infatti, è di 23 civili uccisi in diverse località, secondo le stime dei comitati di coordinamento locali degli attivisti. Sale, così, a oltre 3600 il numero totale delle vittime in Siria dall’inizio della rivolta.

    Iraq: 170 arresti per sospetti legami col partito di Saddam Hussein
    Ben 170 iracheni sono stati arrestati ieri con l’accusa di essere legati al partito Baath di Saddam Hussein, ormai fuorilegge. Fonti della sicurezza locale riferiscono che la maggior parte degli arresti è avvenuta a Kut, ma anche a Tikrit e Bakuba.

    Pakistan, morta Nusrat Bhutto
    Si svolgeranno oggi i funerali di Nusrat Bhutto, la vedova dell’ex primo ministro Zulfiqar, impiccato nel 1979 dopo il golpe militare, morta ieri a Dubai all’età di 82 anni. L’ex first lady, che in seguito all’uccisione del marito aveva preso le redini del Partito popolare pakistano, sarà sepolta a Larkana accanto al marito e ai figli.

    India: crolla ponte, 34 morti
    Almeno 34 persone, tra cui sei bambini, sono morti nella notte tra sabato e domenica scorsi a causa del crollo di un ponte pedonale di legno nel villaggio di Bijonbari, nei pressi di Darjeeling, la città indiana famosa per la coltivazione del the. Il ponte, già danneggiato dal terremoto del mese scorso, ha ceduto sotto il peso della folla che stava assistendo a un comizio.

    Thailandia: attentati nel sud a maggioranza musulmana, sette vittime
    Sette persone sono morte ieri sera in una serie di attentati nella città thailandese di Narathiwat, nel sud al confine con la Malaysia. Un gruppo di uomini armati travestiti da donna ha aperto il fuoco contro un posto di blocco. Successivamente, due ordigni sono esplosi a breve distanza l’uno dall’altro. Nell’area, a prevalenza islamica - pur in un Paese in cui il 95% della popolazione è buddista - è in corso una guerriglia che dal 2004 ha causato cinquemila vittime.

    Elezioni presidenziali in Argentina: confermata la Kirchner
    Una vittoria al primo turno senza precedenti quella di Cristina Kirchner, riconfermata presidente dell’Argentina con oltre il 53% delle preferenze, e un distacco dal rivale Binner di ben 36 punti. Appena ricevuta la notizia, la presidente si è concessa un bagno di folla in cui ha ringraziato gli elettori, soprattutto i giovani, e ha lanciato un appello in direzione dell’unità. Il servizio di Francesca Ambrogetti:

    Con questo risultato il fronte per la vittoria ha ottenuto anche una comoda maggioranza in parlamento. Cristina Kirchner ha promesso che non solo manterrà, ma approfondirà l’inclusione sociale: uno dei punti centrali di un programma di governo che ha dimezzato l’indice di disoccupazione e ridotto sostanzialmente quello della povertà e diminuito il debito estero in un contesto di crescita economica sostenuta. Forte del risultato di ieri, la prima donna non solo eletta ma, ora, rieletta presidente in Argentina, si prepara ad affrontare i tanti problemi in sospeso, tra questi il più pressante quello dell’inflazione - la più alta in America Latina - e anche le possibili ripercussioni per l’economia argentina della crisi globale: in particolare, il temuto raffreddamento dell’economia cinese e di quella brasiliana, i due principali sbocchi commerciali del Paese.

    Allarme in Honduras per l’arrivo dela tempesta tropicale "Rina"
    L’allerta lanciato dal "National Hurricane Center" degli Stati Uniti sulla possibilità che "Rina" si trasformi in tempesta tropicale, ha spinto le autorità dell’Honduras a procedere con l’ordine di evacuazione preventiva in otto dipartimenti del Paese per le prossime 72 ore. Rina, che è la 18.ma depressione tropicale formatasi nell’Atlantico quest’anno, ha ucciso finora 29 persone, ne ha lasciate 70 mila senzatetto e ha distrutto i raccolti di cinquemila ettari di terreni agricoli.

    Usa, arrestati centinaia di “indignati”
    Fine settimana di protesta, negli Stati Uniti, con manifestazioni degli “indignati” in varie città. A Chicago, un corteo pacifico si è concluso con il fermo di almeno 130 persone da parte della polizia, il cui ordine di sgombero è stato ignorato dai manifestanti. Una quindicina di persone fermate anche a Philadelphia, 19 a Orlando, una decina a Cincinnati e quattro a Santa Ana, in California. Senza incidenti, invece, le manifestazioni svoltesi a Miami e ad Albany.

    Kenya: bomba in discoteca, 14 feriti
    È di almeno 14 feriti, dei quali sei in gravi condizioni, il bilancio di un attentato avvenuto questa notte nell’affollata discoteca Mwauras di Nairobi. Secondo le ricostruzioni della polizia, un uomo sarebbe entrato verso le tre del mattino e avrebbe lanciato una bomba a mano sulla pista da ballo, dandosi poi alla fuga. Stando agli inquirenti, l’attentato sarebbe da ricollegare al lancio, da parte del governo, di un’operazione trasfrontaliera contro i miliziani somali di Shabaab, legati ad al Qaeda e accusati di una serie di rapimenti in territorio kenyano.

    Elezioni in Camerun: sesto mandato per Biya
    Nonostante le numerose inadempienze e irregolarità riscontrate nelle elezioni del 9 ottobre scorso, il presidente uscente del Camerun, Paul Biya, è stato riconfermato in carica per il suo sesto mandato consecutivo. Secondo i dati diffusi dalla Corte suprema, Biya avrebbe ottenuto il 77,98% dei voti, contro il 10,71 del suo storico rivale, John Fru Ndi. La scorsa settimana, Fru Ndi e altri oppositori hanno firmato la “dichiarazione di Yaoundé” in cui rifiutano i risultati elettorali.

    Presidenziali in Bulgaria: si va al ballottaggio, Plevneliev in testa
    Il nuovo presidente della Bulgaria sarà eletto al secondo turno delle presidenziali nel Paese, fissato per domenica 30 ottobre. La conferma arriva al 52,7% dei voti scrutinati, che vedono in testa con il 39,6% dei voti l’imprenditore, Rossen Plevneliev, sostenuto dal governo conservatore del premier, Boyko Borissov. Non avendo ottenuto il 50% dei voti, Plevneliev andrà al ballottaggio contro il candidato socialista, l’eurodeputato Ivaylo Kalfin, che ha ottenuto il 29,7% delle preferenze. Bassa l’affluenza alle urne, intorno al 42%. Il primo turno delle elezioni, ieri, si è svolto sotto stretta osservazione per pericolo di brogli.

    Elezioni politiche in Svizzera: destra nazionalista in calo
    Calo dei consensi alle urne per il partito nazionalista elvetico (Udc/Svp) alle politiche di ieri in Svizzera. La formazione è nota per le sue campagne anti-immigrazione e antieuropee. Secondo i dati parziali, l’Udc/Svp rimane il primo partito del Paese con il 26% dei voti, mentre il Partito socialista si conferma al secondo posto con il 18% dei voti, anch’esso in lieve calo. Netta crescita, invece, per le due giovani formazioni di centro: i Verdi liberali e il Partito borghese democratico.

    Grecia: prosegue l’ondata di scioperi, sindacati sul piede di guerra
    Continuerà anche questa settimana l’ondata di scioperi in corso in Grecia indetta dai sindacati nonostante il varo dell’ultimo provvedimento anti-austerity. A incrociare le braccia i settori del trasporto pubblico, della scuola e dei beni di consumo. Proseguirà fino a domattina, inoltre, la protesta dei lavoratori marittimi, mentre gli avvocati annunciano due nuovi sciopero di 48 ore. Nel frattempo, i dipendenti della nettezza urbana di Atene hanno interrotto la loro protesta e hanno ripreso la raccolta di rifiuti nella capitale.

    Australia: la visita di Elisabetta II agli alluvionati del Queensland
    La regina Elisabetta, tuttora capo di Stato dell’Australia, durante la sua seconda visita nel Paese (la prima risaliva a poco dopo la sua elezione, quasi 60 anni fa) ha voluto rendere omaggio alla popolazione di Brisbane, nel Queensland, piegata dalle alluvioni dell’inizio dell’anno. Il suo viaggio si concluderà a Melbourne con la riunione dei capi di governo dei 54 Paesi del Commonwealth. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Barbi e Giovanni Cossu)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 297

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.