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Sommario del 17/10/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Pubblicata la Lettera apostolica di Benedetto XVI per l'indizione dell'Anno della fede: credere in Gesù è la via per giungere alla salvezza
  • Necessaria un'equa distribuzione delle risorse: così, il Papa nel messaggio per la 30.ma Giornata mondiale dell’Alimentazione
  • Il Papa incoraggia la Chiesa siro-malabarese in India a mantenere i legami con altri riti e religioni per il bene di tutti
  • Il Papa riceve il presidente della Mongolia, ribadita l’importanza del dialogo interreligioso per la promozione della pace
  • Il “Cortile dei gentili” approda a Firenze. Il cardinale Ravasi: siamo chiamati a confrontarci con ogni forma di ateismo
  • Udienze e nomina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ucciso nelle Filippine un missionario italiano del Pime impegnato nell'apostolato tra i tribali
  • A Todi, il forum dei movimenti cattolici. Il cardinale Bagnasco: i cristiani non siano assenti dalla società
  • Il governatore della Bce, Trichet: l'Unione europea intervenga sul sistema finanziario
  • Rapporto Caritas-Fondazione Zancan: in Italia aumenta la povertà
  • “Giornata Mondiale del rifiuto della miseria”: con la crisi, poveri più emarginati
  • In Brasile, il meeting dei giovani del Movimento dei Focolari
  • Iniziativa dell'università Lateranense per gli studenti fuori sede
  • Chiesa e Società

  • Padre Pizzaballa sullo scambio di prigionieri tra Israeliani e Hamas: "un accordo necessario"
  • Egitto: Messe celebrate per le vittime del Cairo. Appello del cardinale Naguib
  • Libia: mons. Martinelli denuncia la situazione drammatica degli ospedali di Tripoli
  • Libia: don Zerai lancia un appello al Consiglio transitorio per i profughi del Corno d’Africa
  • Presuli statunitensi in visita in Iraq: la situazione dei cristiani è molto difficile
  • Guatemala: “marcia della pace” dei cattolici contro la violenza
  • El Salvador: la Chiesa assiste centinaia di persone colpite dalle piogge torrenziali
  • L’arcivescovo di Haiti chiede maggiore impegno del governo nella ricostruzione
  • Kenya: la Chiesa condanna l'uccisione di sette persone a Isiolo, tra cui due bambini
  • India: nel Kerala arrestato pastore evangelico Usa. Partecipava a un festival di preghiera
  • Pakistan: a Rawalpindi l'ospedale San Giuseppe accoglie cristiani e musulmani
  • Cina: 52 suore, 4 sacerdoti e 2 seminaristi hanno partecipato alla maratona di Pechino
  • Inaugurata a Mosca una statua dedicata a Giovanni Paolo II
  • Custodia di Terra Santa: convegno a Roma per i 90 anni della rivista "Terrasanta"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Domani la liberazione del soldato israeliano Shalit, in cambio del rilascio di oltre mille detenuti palestinesi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Pubblicata la Lettera apostolica di Benedetto XVI per l'indizione dell'Anno della fede: credere in Gesù è la via per giungere alla salvezza

    ◊   E’ stata pubblicata stamani la Lettera apostolica di Benedetto XVI “Porta fidei”, in forma di “Motu proprio”, con cui viene indetto l’Anno della fede, che avrà inizio l’11 ottobre del 2012, nel 50.mo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, e terminerà il 24 novembre del 2013, nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. “E’ un invito - spiega il Papa nella lettera – ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Nella Lettera apostolica, il Santo Padre indica l’esigenza di “riscoprire il cammino della fede” per ritrovare “il gusto di nutrirci della Parola di Dio”. La “porta della fede” è sempre aperta: “E’ possibile oltrepassare quella soglia – scrive il Papa - quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma”. Nella società di oggi, segnata da una profonda crisi di fede, “non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta”. Ricordando l’insegnamento di Gesù, “Datevi da fare non per il cibo che non dura ma per il cibo che rimane per la vita eterna” (Gv 6,27), il Papa indica la meta di questo “mettersi in cammino”: “Credere in Gesù Cristo è la via per poter giungere in modo definitivo alla salvezza”.

    Benedetto XVI rileva, anche, che l’inizio dell’Anno della Fede, ad ottobre del 2012, coinciderà con l’apertura dell’Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, incentrata sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. Un’occasione propizia - spiega - “per un tempo di particolare riflessione e riscoperta della fede”. Non è la prima volta che la Chiesa è chiamata a celebrare un Anno della Fede. “Paolo VI – ricorda il Papa – ne indisse uno simile nel 1967 per fare memoria del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo nel diciannovesimo centenario della loro testimonianza suprema”. Pensava che in tal modo la Chiesa intera potesse prendere “esatta coscienza della sua fede, per ravvivarla, per purificarla, per confermarla, per confessarla”. I grandi sconvolgimenti che si verificarono in quell’Anno, resero ancora più evidente la necessità di una simile celebrazione. Tutti i credenti - sottolinea il Pontefice - hanno bisogno di essere confermati e compresi in maniera sempre nuova “al fine di dare testimonianza coerente in condizioni storiche diverse dal passato”.

    Far iniziare l’Anno della Fede in coincidenza con il 50.mo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II è anche un’occasione propizia – scrive il Papa – per comprendere che i testi lasciati in eredità dai Padri conciliari, come affermava il Beato Giovanni Paolo II, “non perdono il loro valore né il loro smalto”. Il Concilio – ricorda Benedetto XVI – è la grande grazia di cui ha beneficiato la Chiesa nel XX secolo: “In esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre”. Il Concilio può essere e diventare, sempre di più, “una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa”.

    “Il rinnovamento della Chiesa – sottolinea il Pontefice – passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti”, chiamati a far risplendere “la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato”. Alimentata da questa Parola, la Chiesa “prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio”. “Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori”. Con il suo amore, Gesù Cristo attira a sé gli uomini di ogni generazione, con “un mandato che è sempre nuovo”. Per questo – spiega il Pontefice – anche oggi è necessario “un più convinto impegno ecclesiale a favore di una nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede”. La fede rende fecondi “perché allarga il cuore nella speranza e consente di offrire una testimonianza capace di generare”: “Apre, infatti, il cuore e la mente di quanti ascoltano ad accogliere l’invito del Signore di aderire alla sua Parola”. Solo credendo – aggiunge il Papa – la fede cresce e si rafforza: “Non c’è altra possibilità per possedere certezza sulla propria vita se non abbandonarsi, in un crescendo continuo, nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più grande perché ha la sua origine in Dio”.

    Il Pontefice sottolinea anche “l’unità profonda” tra l’atto con cui si crede e i contenuti della fede: “San Luca insegna che la conoscenza dei contenuti da credere non è sufficiente se poi il cuore, autentico sacrario della persona, non è aperto dalla grazia che consente di avere occhi per guardare in profondità e comprendere che quanto è stato annunciato è la Parola di Dio”. Il cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto privato: “La fede è decidere di stare con il Signore per vivere con Lui” ed implica “una testimonianza ed un impegno pubblici”. La conoscenza dei contenuti della fede è essenziale per aderire con “l’intelligenza e la volontà” a quanto viene proposto dalla Chiesa. D’altra parte – aggiunge il Papa – non possiamo dimenticare che tante persone, pur non riconoscendo in sé il dono della fede, “sono comunque in una sincera ricerca del senso ultimo”. E questa ricerca è un autentico “preambolo” alla fede, perché “muove le persone sulla strada che conduce al mistero di Dio”.

    Per accedere ad una conoscenza sistematica dei contenuti della fede, il Pontefice ricorda che tutti possono trovare un sussidio prezioso ed indispensabile nel “Catechismo della Chiesa cattolica” pubblicato l’11 ottobre del 1992, esattamente 20 anni prima dell’apertura dell’Anno della fede indetto da Benedetto XVI. L’insegnamento del Catechismo sulla vita morale – spiega il Papa - acquista tutto il suo significato se posto in relazione con la fede, la liturgia e la preghiera. Il Catechismo della Chiesa Cattolica in questo Anno potrà essere un “vero strumento a sostegno della fede”. A tale scopo, il Santo Padre invita la Congregazione per la Dottrina della Fede, in accordo con i competenti dicasteri della Santa Sede, “a redigere prossimamente una ‘Nota’, con cui offrire alla Chiesa ed ai credenti alcune indicazioni per vivere quest’anno della Fede nei modi più efficaci ed appropriati, al servizio del credere e dell’evangelizzare”.

    Il Papa ricorda anche alcuni altissimi esempi di fede che hanno segnato questi duemila anni: per fede Maria credette all’annuncio dell’Angelo che sarebbe divenuta Madre di Dio; per fede gli Apostoli lasciarono ogni cosa per seguire il Maestro; per fede i discepoli formarono la prima comunità raccolta intorno agli insegnamenti degli Apostoli; per fede i martiri donarono la loro vita; per fede uomini e donne hanno consacrato la loro vita a Cristo. “Per fede viviamo anche noi: per il riconoscimento vivo del Signore Gesù, presente nella nostra esistenza e nella storia”.

    L’Anno della fede - aggiunge il Papa - sarà anche un’occasione propizia “per intensificare la testimonianza della carità”: “La fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio”. “E’ la fede che permette di riconoscere Cristo ed è il suo stesso amore che spinge a soccorrerlo ogni volta che si fa nostro prossimo nel cammino della vita”, un percorso che “conosce l’esperienza della gioia e della sofferenza: “Le prove della vita, mentre consentono di comprendere il mistero della Croce e di partecipare alle sofferenze di Cristo (cfr Col 1,24), sono preludio alla gioia e alla speranza cui la fede conduce”. Ciò di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno “è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha fine”. “Noi crediamo con ferma certezza – conclude il Santo Padre - che il Signore Gesù ha sconfitto il male e la morte”. “Con questa sicura fiducia ci affidiamo a Lui”.

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    Necessaria un'equa distribuzione delle risorse: così, il Papa nel messaggio per la 30.ma Giornata mondiale dell’Alimentazione

    ◊   Il dramma del Corno d’Africa e della troppa differenza tra chi non ha cibo e chi ha ingenti risorse è al centro del messaggio del Papa al direttore generale della Fao, in occasione della 30.ma Giornata mondiale dell’Alimentazione. Il Papa chiede aiuto immediato e interventi a lungo termine. La Giornata è stata celebrata, ieri, sul tema “Prezzi degli alimenti: dalla crisi alla stabilità”, ma la cerimonia presso la sede dell’Organizzazione a Roma si è tenuta oggi. Stamani, l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso la Fao, mons. Luigi Travaglino, ha consegnato il messaggio di Benedetto XVI. Il servizio di Fausta Speranza:

    “La libertà dal giogo della fame è la prima e concreta manifestazione di quel diritto alla vita che, pur solennemente proclamato, resta spesso lontano da una effettiva attuazione”. Lo afferma Benedetto XVI ricordando che “la disponibilità di cibo è sempre più condizionata dalla volatilità dei prezzi e da repentini cambiamenti climatici, mentre si registra un continuo abbandono delle aree rurali con una diminuzione complessiva della produzione agricola e quindi delle scorte alimentari”. Di fronte a tutto questo - sottolinea - ci sono anche le “manovre speculative”. E il Papa afferma: “Nonostante la dimensione globale che stiamo vivendo, sono evidenti i segni della profonda divisione tra quanti mancano del quotidiano sostentamento e coloro che dispongono di ingenti risorse, usandole spesso per fini non alimentari o addirittura distruggendole, a conferma che la globalizzazione ci fa sentire vicini, ma non fratelli”. E il Papa parla di umanità, solidarietà, giustizia.

    Il Papa chiede aiuto immediato per tutti quelli che muoiono di fame e fuggono da terreni aridi, ma chiede anche che “l’attività internazionale non sia ridotta a dare risposte solo alle emergenze”. Chiede che “ogni persona, oggi e non domani, abbia accesso alle risorse alimentari necessarie”, ma anche che “il settore agricolo disponga di un sufficiente livello di investimenti e di risorse tali da dare stabilità alla produzione e quindi al mercato”. Il Papa spiega: “Si tratta, dunque, di assumere un atteggiamento interiore responsabile, capace di ispirare un diverso stile di vita, una necessaria sobrietà di comportamenti e di consumi così da favorire il bene anche delle generazioni future in termini di sostenibilità, di tutela dei beni della creazione, di distribuzione delle risorse e, soprattutto, di impegni concreti per lo sviluppo di interi popoli e Nazioni”. Poi una parola anche per i beneficiari della cooperazione internazionale: “Sono chiamati a utilizzare responsabilmente ogni solidale contributo in infrastrutture rurali, in sistemi di irrigazione, in trasporti, in organizzazione dei mercati, in formazione e diffusione di tecniche agricole appropriate, capaci cioè di utilizzare al meglio le risorse umane, naturali e socio-economiche maggiormente accessibili a livello locale".

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    Il Papa incoraggia la Chiesa siro-malabarese in India a mantenere i legami con altri riti e religioni per il bene di tutti

    ◊   Elogi ed incoraggiamenti il Papa ha rivolto all’arcivescovo maggiore dei Siro-Malabaresi, Sua Beatitudine George Alencherry, ai membri del Sinodo permanente della Chiesa che ha sede nello Stato indiano del Kerala. L’incontro è avvenuto stamani, nella Sala Clementina in Vaticano. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Circa 3 milioni e mezzo i fedeli della Chiesa Siro Malabarese, uno dei tre riti insieme a quelli latino e siro-malankarese, seguiti dai cattolici indiani, le cui origini si fanno risalire alla predicazione nel Paese asiatico dell’Apostolo Tommaso nel primo secolo dopo Cristo. Una visita quella dell’arcivescovo maggiore dei Siro-Malabaresi, George Alencherry che arriva a breve dalla sua elezione, “segno eloquente” - ha osservato il Papa - della “comunione gerarchica” espressa nella recente lettera inviata al Santo Padre per chiedere conferma della sua nomina. Richiamando l’eredità del suo predecessore, il cardinale Varkey Vithayathil, Benedetto XVI ha ricordato anche l’esempio dei due patroni della Chiesa Siro Malabarese Santa Alphonsa Muttathupadathu, da lui canonizzata nel 2008 e il Beato Kuriakose Elias Chavara, beatificato da Giovanni Paolo II 25 anni fa.

    Ha elogiato il Papa la Chiesa siro-malabarese che oggi “continua a godere del rispetto della comunità locale per il suo lavoro nell’educazione e nelle istituzioni caritatevoli a servizio dell’intera comunità”.

    “I know that life for Christians has been complicated..."
    Io so – ha sottolineato Benedetto XVI – che la vita per i cristiani è stata complicata dalla diffidenza settaria e anche dalla violenza”. Da qui l’urgenza “di continuare a lavorare con le persone di buona volontà di tutte le religioni presenti nell’area, per mantenere la pace e l’armonia nella regione, per il bene della Chiesa e di tutti i cittadini”. Rilevando poi “i segni incoraggianti di vocazioni” il Papa ha sollecitato a tenere a mente le sfide emergenti per la formazione del clero e dei religiosi:

    “I commend you for your efforts to maintain...”
    Quindi gli elogi per gli sforzi profusi per mantenere salde le strutture familiari, la qualità dell’educazione cattolica e della catechesi ad ogni livello, e il lavoro pastorale con la gioventù e per promuovere vocazioni tra i giovani, uomini e donne. E per l’impegno verso i fedeli siro-malabaresi che sono fuori dall’India.

    “I ask you to do so always mindful...”
    In ultimo, la raccomandazione di avere ben presente “la necessità fondamentale di cooperare con i vescovi cattolici e i pastori di altri riti”.

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    Il Papa riceve il presidente della Mongolia, ribadita l’importanza del dialogo interreligioso per la promozione della pace

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza il presidente della Repubblica di Mongolia, Tsakhiagiin Elbegdorj. Nel corso dei cordiali colloqui, informa la Sala Stampa della Santa Sede, sono stati sottolineati “i buoni rapporti esistenti tra la Mongolia e la Santa Sede, nonché l’intesa e la cooperazione tra la Chiesa e lo Stato in campo educativo e sociale”. Inoltre, prosegue la nota, “si è passata in rassegna la situazione politica nel Continente asiatico, con particolare riferimento all’importanza del dialogo interculturale e interreligioso per la promozione della pace e della giustizia”. Dopo l’incontro con il Papa, il presidente della Mongolia ha incontrato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, accompagnato da mons. Dominique Mamberti, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati.

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    Il “Cortile dei gentili” approda a Firenze. Il cardinale Ravasi: siamo chiamati a confrontarci con ogni forma di ateismo

    ◊   Nuova iniziativa del “Cortile dei gentili”, la struttura di dialogo tra credenti e non, avviata dal Pontificio Consiglio della Cultura. Oggi pomeriggio, a Palazzo Vecchio a Firenze, si riuniranno intellettuali di diversa estrazione culturale per parlare di arte e religione. Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero vaticano, terrà la prolusione. Proprio il porporato traccia un bilancio dei primi incontri del “Cortile dei gentili”, nell’intervista di Fabio Colagrande:

    R. – Se vogliamo fare un bilancio, potremmo dire che da quella radice iniziale, da quella sorgente a Parigi, abbiamo avuto una sorta di crescita, che noi stessi non riusciamo più a controllare, perché ininterrottamente siamo sollecitati da istituzioni diverse, ed è significativo che la maggior parte siano istituzioni cosiddette laiche, non direttamente ecclesiali. Siamo ininterrottamente sollecitati ad intervenire, a ricreare questo evento, anche in forme diverse. Ci si propone cioè di intervenire, secondo temi che ininterrottamente mutano, come per esempio l’arte, da una parte, e la scienza dall’altra, il diritto, la società, l’economia, persino la bioetica, la medicina e la spiritualità. Quindi, abbiamo un vero e proprio spettro colorato, arcobaleno tematico, che viene proposto da questi vari centri e da queste varie istituzioni. Dall’altra parte, i nomi stessi di queste istituzioni ci dimostrano che l’articolazione è in ambiti diversi, nazioni diverse, che abbracciano sostanzialmente tutta l’Europa, perché siamo stati la scorsa settimana in Romania, a Bucarest, andremo a Barcellona, andremo a Stoccolma, a Tirana, a Palermo e a Marsiglia. E poi, una volta coperti questi orizzonti europei, crescerà progressivamente questo albero ed andrà a finire anche certamente negli Stati Uniti, nel Canada e nell’America Latina.

    D. – Cardinale Ravasi, come avviene l’organizzazione degli incontri del Cortile dei Gentili, e tra queste prossime tappe ce n’è qualcuna su cui vuole soffermarsi?

    R. – Direi che avviene prima di tutto con l’organizzazione di una Giornata da parte dell’istituzione – l’Università, l’Accademia, qualche volta anche la Chiesa stessa locale – e in un secondo momento noi entriamo, ed entriamo con la nostra conoscenza, con questioni, con le nostre proposte, con la selezione e il suggerimento di candidati, e tendenzialmente tutti chiedono, esigono – e questo purtroppo rappresenta per me una certa difficoltà, perché non vorrei incidere eccessivamente con la mia presenza – che ci sia una sorta di prolusione iniziale da parte mia, anche negli ambienti laici, completamente laici. Questo è un po’ il meccanismo. Poi si procede successivamente alla pubblicazione degli atti. Per quanto riguarda l’Italia, c’è già una collana che ha due volumi, una collana edita da Donzelli Editore. Secondo me, sarà anche significativa Firenze, perché è l’arte, il luogo dell’estetica e uno dei luoghi in cui il confronto tra credenti e non credenti può essere particolarmente facile e per certi versi anche fruttuoso, in un mondo che invece è contrassegnato soprattutto da bruttezza e anche da bruttura morale. Quindi, ritornare alla dignità, alla nobiltà dell’alta riflessione e anche della ricerca nell’orizzonte dell’arte. Vorrei anche citare, perché mi incuriosisce un poco, l’esperienza di Tirana, che forse vedrà la presenza all’interno di uno Stato che aveva nella sua costituzione, in passato, l’ateismo - l’unico Stato al mondo – di colui che è stato uno dei maggiori organizzatori, colui che tiene ancora oggi la cattedra di ateismo all’Università di Tirana, il quale però a sua volta è un cattolico ed è professore anche di materie quasi teologiche. Dall’altra parte, mi soffermo su Barcellona, perché la diocesi di Barcellona si è impegnata in maniera sontuosa direi, mobilitando non soltanto tutte le sue energie, ma anche tutte le università, la rete delle sei università di Barcellona: tutte saranno coinvolte in eventi, momenti diversi, con le varie accademie.

    D. – Non temete che, procedendo in questa maniera, il dibattito, il confronto tra credenti e non credenti resti in un ambito d’elite?

    R. – Rispondo a questa obiezione secondo due traiettorie. Da una parte, sicuramente, devo considerare, con tutti i miei collaboratori, che dovremo fare proprio una riflessione sistematica e metodologica per riuscire a pensare a quell’ateismo nazionalpopolare che è fatto, qualche volta, non soltanto di ironia, di sarcasmo, alla maniera di Odifreddi, di Humphrey in Francia, di Hitchens, Dawkins e così via, che sbeffeggia un po’ il credo - come credo cristiano soprattutto – come espressione quasi di un reperto di un paleolitico intellettuale. Quindi, dovremo tenere conto anche di questo... ma dovremo tener conto anche di quella sorta di ateismo pratico che è fatto di indifferenza, di superficialità, di banalità, di volgarità, che intride un po’ tutta la nostra società. Detto ciò, questa sarà la fatica maggiore e questo sarà anche l’impegno principale, per cui raccolgo l’obiezione e per cui stiamo già ora lavorando. La seconda risposta che do a questa obiezione fondata è che non dobbiamo dimenticare però che i grandi mutamenti culturali e sociali avvengono sempre ad opera dell’elite. (ap)

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    Udienze e nomina

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani in successive udienze Sua Beatitudine George Alencherry, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi e l’arcivescovo Joseph Chennoth, nunzio apostolico in Giappone.

    In Croazia, il Papa ha nominato vescovo coadiutore della diocesi di Poreč i Pula, mons. Dražen Kutleša, finora officiale della Congregazione per i Vescovi.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un cammino che dura tutta la vita: in prima pagina, un editoriale del direttore sul motu proprio con il quale Benedetto XVI ha indetto l'Anno che si aprirà l'11 ottobre 2012, cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II.

    Egoismi e interessi affamano il mondo: messaggio del Papa per la Giornata mondiale dell'alimentazione.

    Roma e i nuovi vandali: le violenze e le profanazioni di immagini sacre perpetrate durante la manifestazione antifinanza.

    Perché i cattolici non possono tacere: Marco Bellizi sulla giornata di riflessione a Todi aperta dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana.

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    Oggi in Primo Piano



    Ucciso nelle Filippine un missionario italiano del Pime impegnato nell'apostolato tra i tribali

    ◊   La Chiesa è in lutto per l’uccisione, stamani, nell’isola di Mindanao, nelle Filippine, di un missionario italiano del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime). Padre Fausto Tentorio, 59 anni, da oltre 30 nel Paese asiatico, è stato assassinato da uno sconosciuto, mentre si preparava a partire - dalla parrocchia di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, ad Arakan - per un incontro con i sacerdoti della diocesi di Kidapawan. “Chiediamo di far luce su questo crimine e di portare i responsabili di fronte alla giustizia”, ha fatto sapere mons. Romulo T. de la Cruz, vescovo di Kidapawan. Stasera a Santa Maria di Rovagnate, in provincia di Como, di cui padre Tentorio era originario, si svolgerà una Messa di suffragio. Padre Fausto è il terzo missionario del Pime assassinato nelle Filippine e nell’isola di Mindanao, a cui si aggiungono altri missionari rapiti negli anni scorsi. Su quanto accaduto nelle ultime ore, Giada Aquilino ha intervistato padre Gianni Re, superiore del Pime nelle Filippine:

    R. – Questa mattina tutti i sacerdoti della diocesi avrebbero dovuto tenere il loro incontro mensile. Da quello che mi è stato riferito, padre Fausto è uscito di casa e stava salendo in macchina, quando - sembra - è stato avvicinato da una persona, che gli ha sparato. Questa persona si è poi allontanata ed è salita su una motocicletta con un altro uomo a bordo, che lo stava aspettando. E sono andati via, sono scappati.

    D. – Come il tributo di padre Tentorio può, in qualche modo, essere anche di aiuto alla missione della Chiesa nelle Filippine?

    R. – Sicuramente può essere un momento di riflessione un po’ per tutti, anche per la Chiesa nelle Filippine e in particolare per la Chiesa di Kidapawan, perché ancora una volta c’è stato un sacrificio. Speriamo che ciò possa contribuire a risvegliare coloro che si sono un po’ ‘addormentati’ sulla quotidianità, sulle situazioni di tutti i giorni, cercando anche di evitare conflitti, e possa essere uno stimolo per tutti noi, perché questo è certamente un richiamo chiaro alle difficoltà di essere evangelizzatori veri. (mg)

    Per un ricordo di padre Tentorio, la testimonianza ora di padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pime, dal ’77 nelle Filippine, fondatore del movimento per il dialogo interreligioso ‘Silsilah’. L’intervista è di Giada Aquilino:

    R. – Padre Fausto si trovava nella zona di Arakan Valley, sui monti nella diocesi di Kidapawan. Posso dire che lui si è occupato per tanto tempo dei gruppi tribali. Ci sono gruppi tribali - le cosiddette minoranze etniche - che sono sempre i più oppressi. Lui lavorava proprio per questo problema. Ultimamente era stato nominato rappresentante della diocesi per tale apostolato particolare dei gruppi tribali. Lui ha lavorato tantissimo e purtroppo nel suo lavoro ha avuto difficoltà e minacce: nel 2002 era stato minacciato ed era riuscito a scampare a un altro attentato. I motivi del suo assassinio sono ancora da chiarire, suppongo siano legati al suo impegno nella zona sul monte Apo, il monte più alto di Mindanao, dove ci sono diversi interessi per le miniere, ci sono anche conflitti tra gruppi diversi per i terreni e per altre questioni. Immagino siano questi i motivi di quello che è successo. Era una persona scomoda per quelli che volevano ‘abusare’ dei tribali nel senso un po’ più ampio della parola: ci sono compagnie minerarie che vorrebbero entrare nella zona, ci sono altri problemi legati alle terre. Questa è la situazione: probabilmente lui è stato vittima del suo impegno, del suo stare accanto alla gente e difendere i diritti dei più poveri.

    D. – Come avveniva il suo lavoro, di cosa si occupava?

    R. – Per anni ha lavorato molto. So che per esempio ha fondato una sessantina di scuole per l’educazione dei gruppi tribali sui monti, con insegnanti del posto, e poi aveva progetti per aiutare i contadini a comprare i semi e quindi per poter coltivare. Poi, negli ultimi anni, era anche diventato responsabile di una scuola di una parrocchia. Ultimamente, come responsabile diocesano dei gruppi tribali, visitava anche altre parrocchie dove c’è lo stesso tipo di apostolato.

    D. – Nel ricordo e secondo anche gli insegnamenti di padre Tentorio, qual è ora la speranza della Chiesa nelle Filippine?

    R. – Io sono nelle Filippine dal ’77 e nonostante queste difficoltà vedo che c’è una presa di coscienza dell’importanza dei gruppi tribali, che per molti motivi negli anni sono stati emarginati. Direi che è il tempo in cui la Chiesa e la società devono dare più attenzione a questi gruppi tribali. (bf)

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    A Todi, il forum dei movimenti cattolici. Il cardinale Bagnasco: i cristiani non siano assenti dalla società

    ◊   Per i cristiani “l’assenteismo sociale è un peccato di omissione”. E’ uno dei punti principali dell’intervento del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, al seminario del Forum del mondo del lavoro d’ispirazione cristiana, in corso oggi a Todi. Il porporato ha anche espresso “esecrazione” per le violenze di sabato a Roma. Alessandro Guarasci.

    A Todi ci sono centinaia di persone: imprenditori, economisti, sindacalisti, vertici di associazioni e movimenti che hanno come riferimento la Dottrina sociale della Chiesa. A loro il cardinale Angelo Bagnasco rinnova l’invito a un impegno nel mondo del lavoro, nella vita di tutti i giorni, perché i cristiani non possono essere assenti dalla società. E poi ribadisce il valore della religione, perché “i cristiani da sempre sono presenza viva nella storia”, auspicando “il riconoscimento della rilevanza pubblica delle fedi religiose”. Ne consegue che “la dimensione religiosa è storicamente innegabile, e si rivela anche ai nostri giorni una dimensione incoercibile dell’essere e dell’agire dell’uomo: negarla o non riconoscerne la dimensione pubblica, significa creare una società violenta, chiusa e squilibrata a tutti i livelli, personale, interpersonale, civile”.

    L'arcivescovo di Genova, poi, torna a parlare di laicità positiva, e ribadisce che “è opportuno ripetere che non c’è motivo di temere per la laicità dello Stato, infatti, il principio di laicità inteso come autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa ed ecclesiastica, ma non da quella morale, è un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di civiltà che è stato raggiunto’”. Ed ancora: difesa dei valori “non negoziali”. “Sono in gioco – spiega il cardinale Bagnasco - le sorgenti stesse dell'uomo: l'inizio e la fine della vita umana, il suo grembo naturale che è l'uomo e la donna nel matrimonio, la libertà religiosa ed educativa che è condizione indispensabile per porsi davanti al tempo e al destino”. Il presidente della Cei fa notare che non si tratta di valori divisivi, come invece vorrebbero far credere alcuni, perché “il bene è possibile solo nella verità intera”.

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    Il governatore della Bce, Trichet: l'Unione europea intervenga sul sistema finanziario

    ◊   L'Euro non è “minacciato” dalla crisi del debito, ma l'Unione europea deve modificare il proprio trattato per evitare che un Paese in difficoltà metta in pericolo l'intera area. L’avvertimento arriva dal presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet che, all'indomani del G20 finanziario di Parigi, sostiene che il sistema finanziario è fragile e che c'è ancora molto lavoro da fare. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Gianfranco Viesti, docente di Economia applicata presso l’Università di Bari:

    R. - Preoccupazione perché Trichet continua a dirci “attenti alle banche, attenti al settore finanziario”. La crisi potrebbe assumere un nuovo volto e passare da crisi del debito dei Paesi a crisi del settore bancario europeo. Secondo commento, bisogna guardare lontano a ragione e quindi modificare i trattati europei, le competenze del Consiglio e della Commissione in questa materia e, naturalmente, bisogna capire in che direzione, perché è evidente a molti che bisogna andare più avanti nell’integrazione europea, ma le resistenze non sono poche. Ultimo commento: per cambiare i trattati ci vuole molto tempo, ci vuole l’unanimità dei 27 Stati membri e processi di approvazione complessi. Quindi, bisogna comunque avere una strategia di risposta alla crisi che sia a trattati vigenti, non possiamo aspettare di cambiarli, perché chissà cosa succederà...

    D. - Secondo indiscrezioni di stampa, la Cina avrebbe presentato un’offerta per salvare l’Euro. Quali rischi e quali benefici comporterebbe?

    R. - Al momento si possono vedere soltanto, prevalentemente, benefici, nel senso che la Cina dispone di riserve straordinarie di capitali, che sono il frutto di tutti i suoi surplus di bilancio commerciale degli ultimi dieci anni e cerca investimenti a basso rischio per titoli da comprare con il suo capitale. Tradizionalmente ha sempre investito in dollari e in titoli di Stato americano, principalmente. Potrebbe investire in Europa di più, soprattutto se ci fossero titoli denominati in Euro, ma garantiti dall’intera Unione Europea, perché questi avrebbero un rischio minore. Nel mondo non mancano i soldi. La disponibilità di questi prestiti, di questi investimenti in titoli europei, è un fenomeno positivo. Siamo noi che dobbiamo mettere a disposizione di questi investitori dei titoli sui quali il rischio sia più basso e quindi il rendimento sia più contenuto, perché altrimenti comprare i titoli di Stato italiano, che purtroppo rendono moltissimo in questo periodo, diventa sin troppo facile.

    D. - E intanto Francia e Germania sono sulla strada per raggiungere un accordo per ridurre il debito della Grecia e fermare il contagio. Si conferma, dunque, il primato dell’asse franco-tedesco in Europa. Gli altri Paesi restano a guardare?

    R. - Questa non è una buona notizia, perché è vero che nella storia dell’Europa c’è sempre stata una leadership informale della Francia e della Germania, ma in questo momento indebolire troppo le istituzioni europee non è una buona notizia. Certamente, questo dipende dal fatto che francesi e tedeschi preferiscano parlare molto di più fra di loro, piuttosto che con gli altri, ma anche dalla debolezza degli altri partner europei. Con la debolezza degli altri, la leadership franco-tedesca sta diventando da capo un fatto. Ripeto, non è però una circostanza particolarmente positiva.(ap)

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    Rapporto Caritas-Fondazione Zancan: in Italia aumenta la povertà

    ◊   Aumenta la povertà in Italia. Nel 2010, si calcola che i poveri siano arrivati ad essere 8 milioni 272 mila, mentre nell’anno precedente erano 7 milioni 810 mila. E dal 2007 al 2010 i nuovi poveri sono cresciuti del 13,8%. Si tratta di persone che pur avendo casa e lavoro soffrono disagi economici. Fra questi, sempre più famiglie e giovani. A fotografare la situazione in Italia è il Rapporto su povertà ed esclusione sociale di Caritas italiana e Fondazione Zancan presentato oggi a Roma. Il servizio di Debora Donnini.

    La povertà cambia volto: sono sempre più colpite persone con casa e lavoro e un nucleo familiare. Il fenomeno dei “nuovi poveri”, dunque, aumenta. E, rileva mons. Mariano Crociata segretario generale della Conferenza episcopale italiana, “un aspetto molto preoccupante di tale tendenza è che le nuove situazioni di povertà che si affacciano ai Centri di Ascolto delle Caritas diocesane sono sempre meno legate a storie di persone sole e sempre più caratterizzate da un coinvolgimento complessivo dell’intero nucleo familiare”. Tanto che nel periodo 2007-2010 la presenza di povertà familiare nei Centri di ascolto è cresciuta del 44,8%. Molto colpiti anche i giovani. Secondo il rapporto intitolato “Poveri di diritti”, il 20% delle persone che vi si rivolgono ha meno di 35 anni. La povertà fondamentale dei giovani si configura come “mancanza o perdita di futuro”, afferma mons. Crociata soprattutto in relazione a scuola e lavoro. Preoccupazione in tal senso è stata espressa anche da mons. Vittorio Nozza, direttore di Caritas italiana, in particolare per quei due milioni di giovani che non studiano, non lavoro e non cercano nemmeno un impiego, soprattutto al sud. Ma sono molte le realtà problematiche. Sentiamo Walter Nanni, responsabile dell’ufficio studi della Caritas:

    “Abbiamo calcolato che in Italia esistono 35 misure di sussidi ed indennità per il sostegno economico erogati da tanti attori pubblici istituzionali. Ognuna di queste misure è rivolta a soggetti molto diversi, con bambini o senza, con anziani, con il lavoro o senza. E’ chiaro, quindi, che c’è una veramente molta confusione. E’ perciò interessante il fatto che l’80 per cento delle persone che si rivolgono alla Caritas non chiede soltanto un sussidio economico o un 'pacco viveri', ma chiede orientamento ed informazioni. Chiede com’è possibile accedere ad un diritto che non viene conosciuto, come non vengono conosciute le opportunità. In questo senso, le Caritas stanno svolgendo, di fatto, un lavoro di segretariato sociale ed intermediazione molto utile, che tuttavia andrebbe progettato insieme agli enti locali ed anche ad altri soggetti del territorio”.

    Il Rapporto rileva anche che la povertà non è relativa solo a insufficienti risorse economiche ma “esiste tutta una serie di altre privazioni che peggiorano lo stato di precarietà”. Basti pensare alla casa, al lavoro, alla famiglia, all’alimentazione, alla salute, all’educazione, alla giustizia. “Serve un cambiamento di rotta”, è il monito del Rapporto. Pesa la crisi economica ma si deve investire meglio: bisogna “professionalizzare l’aiuto”.

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    “Giornata Mondiale del rifiuto della miseria”: con la crisi, poveri più emarginati

    ◊   Oggi, 17 ottobre, si celebra la “Giornata Mondiale del rifiuto della miseria”, nata nel 1987 a Parigi per iniziativa di padre Joseph Wresinski. La giornata, riconosciuta dall’Onu nel 1992, è ricordata con manifestazioni coordinate dall’associazione Atd Quart Monde. Davide Maggiore ha chiesto al presidente della sezione italiana, Claudio Calvaruso, qual è l’impatto della crisi economica attuale sui più poveri:

    R. – Al di là dei problemi materiali di sopravvivenza, al di là dei tagli della spesa sociale e della scarsa presenza delle istituzioni di supporto e di aiuto ai poveri, non si riflette abbastanza sul sentimento che provano queste persone povere nel sentirsi sole ed abbandonate. Questo è un aspetto della crisi molto grave, forse il più grave degli stessi aspetti economici, perché per i poveri sentirsi parte di una comunità è un elemento di supporto indispensabile di forza.

    D. – Come Atd Quarto Mondo porta avanti l’ideale di padre Wresinski?

    R. – L’aspetto qualificante e particolare è proprio quello della condivisione e della prossimità. I volontari permanenti del movimento condividono le stesse condizioni di vita dei più poveri, sono vicini a loro ed aiutano soprattutto i poveri a riconquistare una loro dignità di persone per portare avanti autonomamente le proprie battaglie e il rispetto dei propri diritti.

    D. – La Giornata mondiale mobilita cittadini ed autorità contro la miseria, che è considerata una violazione dei diritti umani. Perché è importante guardarla in quest’ottica?

    R. – Padre Joseph mi diceva: “ma perché ci sono dei monumenti, delle strade che vengono dedicate a personaggi importanti nella storia? Io voglio invece riflettere su cosa hanno lasciato i poveri…”. I poveri hanno qualcosa da dirci, ma non solo: i poveri sono dei potentissimi costruttori di welfare con la loro semplice esistenza, affrontano problemi difficilissimi e – per esempio – curandosi in maniera esemplare dei propri figli, danno un contributo alla qualità complessiva della nostra vita sociale e quindi del nostro benessere. In questo senso la vecchia immagine del povero inutile che rappresenta un peso per la società viene completamente capovolta. (mg)

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    In Brasile, il meeting dei giovani del Movimento dei Focolari

    ◊   “Rendi visibile il cambiamento”: è il titolo del Meeting annuale dei giovani per un mondo unito dei Focolari, della regione a nord di San Paolo del Brasile. Non solo uno slogan. Ieri, al Centro Congressi della cittadella dei focolari di Vargem Grande Paulista, i giovani lo hanno mostrato con i fatti, col linguaggio e la creatività loro tipica: canzoni impegnate, coreografie, tante testimonianze, in un dialogo vivo tra palco e sala. Da Vargem Grande Paulista, il servizio di Carla Cotignoli:

    Sin dalle prime battute si è respirato un clima di festa. Immediato il coinvolgimento dei giovani che affollavano l’auditorium. E’ questo che vogliono: il cambiamento. Ed è possibile. Lo ha dimostrato un ragazzo che da anni lavora con i giovani di Jardin Margarida, un barrio di periferia. Lo sport può essere il campo di allenamento per crescere. Le regole del gioco, improntate alla fraternità. Si prepara una nuova generazione di politici con la scuola "Civitas" promossa dal Movimento politico per l’unità. Ne parla Pedro. E racconta di una campagna elettorale dove tutto è trasparenza e dialogo aperto con i cittadini. Si può stare nel campo dell’arte e tener fede ai propri valori? Luis Felipe ha rischiato. Un pezzo teatrale importante è da lui modificato per non tradire le sue scelte. Lo sorprende l’entusiasmo del direttore. Anche se soli si può cambiare una scuola fatiscente. Narjara coinvolge compagni e professori. Protagonisti non sono solo i "Giovani per un mondo unito", ma anche i coetanei delle molte opere sociali fiorite dalla spiritualità dei Focolari. E’ così che un giovane padre di famiglia racconta il suo riscatto dal baratro della droga. E’ uno dei molti giovani della "Fazenda de Esperanca". A sorpresa sul palco appaiono figuranti da circo. Sono i giovani di padre Renato Chiera che così attirano i ragazzi di strada per offrire loro una casa. L’elenco potrebbe essere ancora lungo…. Dove la forza del cambiamento? Il Vangelo fatto vita, la forza dell’unità. Lo ha rilanciato un video con Chiara Lubich. Hanno fatto eco i canti: “E’ una corrente di unità che cambia questa umanità per la presenza di Dio tra noi”. Da lui promessa a chi è unito nel suo nome, nel suo amore. E’ un nuovo segnale di speranza. Segnali imprevedibili erano venuti da San Paolo dove in 100 mila giovani, per primi avevano accolto la croce della GMG. E altre migliaia nelle tappe sinora percorse. E’ una corrente nuova che si respira qui in Brasile dove si prepara sin da ora il grande appuntamento del 2013.

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    Iniziativa dell'università Lateranense per gli studenti fuori sede

    ◊   Aiutare i ragazzi che arrivano per la prima volta a Roma per studiare, a sentirsi accolti e non estranei. Questo è tra gli obiettivi della Settimana dell’accoglienza degli universitari fuori sede, che si aprirà domani, sul tema “Nessuno a Roma è fuori sede: l’accoglienza dell’ intelligenza”, promossa dall’Ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma. Tra gli appuntamenti, il 20 ottobre, un seminario di studio sull’accoglienza, in collaborazione con Roma Capitale e la Festa degli universitari fuori sede al Teatro Argentina. Marina Tomarro ha intervistato mons. Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense, tra i promotori dell’ iniziativa:

    R. – La pastorale universitaria deve puntare a un’educazione integrale delle persone che frequentano le università romane. Roma è una città universitaria nella quale c’è la concentrazione più numerosa al mondo di istituzioni universitarie e ci sono numerosi studenti fuori sede. Questo crea problemi dal punto di vista logistico di appartamenti, di luoghi dove stare, di sopravvivenza economica, e crea problemi anche dal punto di vista della formazione spirituale che non solo non deve interrompersi ma anzi deve andare avanti.

    D. – In che modo la pastorale universitaria può aiutare concretamente questi ragazzi ad ambientarsi a Roma?

    R. - Innanzitutto la pastorale universitaria dovrebbe aggregare questi giovani, cioè fare in modo che non si sentano soli ma tra loro si conoscano e facciano gruppo. Da questo punto di vista è molto interessante la grande riunione che ci sarà la sera del giorno 20 nel teatro Argentina: sarà un primo momento di aggregazione per questi giovani fuori sede. Naturalmente non basta che si conoscano tra di loro ma occorre fare proposte molto concrete. Per quanto riguarda noi pastori, quest’anno, in modo particolare, vorremmo insistere sulla sacramentalizzazione, cioè sui sacramenti dell’iniziazione cristiana. E’ impressionante vedere quanti di questi giovani non hanno ricevuto il Sacramento della Confermazione e allora si tratta proprio di organizzare un cammino pastorale in questa direzione.

    D. - Molti di questi ragazzi dopo il primo anno abbandonano l’università. In che modo si può cercare di arginare questo fenomeno?

    R. – Dal punto di vista pastorale si tratta di far sì che comunque vada, cioè anche fosse un anno solo non sia un’esperienza negativa dal punto di vista spirituale. Come si fa? Ricostruendo un cammino spirituale di accompagnamento centrato proprio sui Sacramenti. Dal sud, per esempio, parecchi giovani fuorisede vengono a Roma e hanno molte volte un cammino parrocchiale molto intenso, di grande accompagnamento: vengono a Roma e non trovano nulla, tutto crolla. Questo potrebbe far diventare l’esperienza romana un’esperienza gravemente negativa. L’intento che ci proponiamo è di sostenere i cammini già iniziati, fare in modo che essi non si frantumino, non si arrestino, e d’altra parte proporre anche cammini nuovi di impegno nella Chiesa. (bf)

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    Chiesa e Società



    Padre Pizzaballa sullo scambio di prigionieri tra Israeliani e Hamas: "un accordo necessario"

    ◊   “Un accordo necessario”: così il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, commenta all'agenzia Sir l’accordo Israele-Hamas, per la liberazione del caporale Gilad Shalit, in cambio del quale verranno rilasciati 1027 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. I primi 477 saranno liberati domani, giorno fissato del rilascio del militare. “Accordo necessario anche se accompagnato dalle polemiche – spiega il Custode – specie per i palestinesi che hanno, come dicono gli israeliani, ‘sangue sulle mani’, ovvero che si sono macchiati di gravi fatti di sangue. Tuttavia la politica è chiamata a trovare un compromesso. Era necessario, dal mio punto di vista, dopo così tanto tempo, trovare un accordo che sbloccasse la situazione e potesse contribuire a creare fiducia per ricreare un filo di dialogo, al di là delle posizioni della comunità internazionale. Questo accordo potrebbe, e sottolineo il condizionale, contribuire a rimuovere qualche ostacolo alla ripresa del dialogo. Qui non si parla certamente di perdono” chiarisce padre Pizzaballa, riferendosi al presidente Shimon Peres che firmerà i condoni con in calce la frase ‘non perdono e non dimentico’. “La decisione è dolorosa ma necessaria e non credo ci sia un atteggiamento psicologico ed umano di perdono. Lo testimoniano anche le prese di posizione dei parenti delle vittime di attentati terroristici in Israele che hanno presentato quattro petizioni all’Alta corte di Giustizia volte a ritardare o bloccare lo scambio. Posizioni legittime che rientrano nel dibattito interno”, conclude il Custode che afferma di “non credere a blocchi dell’ultimo momento”. (R.P.)

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    Egitto: Messe celebrate per le vittime del Cairo. Appello del cardinale Naguib

    ◊   Messe e preghiere sono state celebrate ieri in tutte le chiese cattoliche egiziane “per il riposo delle anime dei defunti, per la veloce guarigione dei feriti, e per la consolazione delle loro famiglie” come chiesto dal cardinale Antonios Naguib, patriarca cardinale di Alessandria dei copti cattolici e presidente dell’Assemblea dei patriarchi e dei vescovi cattolici d’Egitto, in un appello diffuso sabato dopo gli scontri del Cairo dei giorni scorsi. Nell’appello il patriarca - riferisce l'agenzia Sir - manifesta “profondo dolore, davanti agli eventi sanguinanti subiti da figli e figlie sinceri della nazione, che hanno voluto contribuire al cammino democratico del Paese, con manifestazioni pacifiche, come centinaia altri gruppi di cittadini” terminate con la morte violenta di circa 25 persone, in maggioranza copti, e con 329 feriti. Forti anche la condanna di “ogni atto di violenza e tutti i suoi attori”, e la richiesta “ai responsabili di prendere le misure necessarie e ferme, per garantire la sicurezza, stabilire le soluzioni chiare e stabili per i problemi che causano tensioni e conflitti, rispettare la supremazia della legge nel trattare gli scontri ed i crimini, e garantire l’obiettività dei media”. “Abbiamo piena fiducia – scrive il cardinale - che il Consiglio Superiore delle Forze Armate, il Governo e la Magistratura, sono in grado di guidare il Paese alla stabilità e la sicurezza, nella garanzia del bene e dell’onore di tutti i cittadini”. Non manca un appello ai cristiani “a dedicarsi con tutte le loro forze a vivere con spirito di cittadinanza sincera, e di fratellanza benevola, con tutti i fratelli e le sorelle della Patria, e di lavorare con assiduità in tutti i campi e tutte le posizioni. Li chiamiamo anche a partecipare, in Egitto e all’estero, all’azione politica e elettorale in corso - questo è un dovere sacro, a cui non è permesso di rinunciare - per costruire uno Stato democratico moderno, fondato sulla legge e la cittadinanza completa, e basato sull’uguaglianza, la giustizia e la garanzia della libertà. Questo, per garantire per l’Egitto un futuro migliore, splendente di speranza e di lavoro”. (R.P.)

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    Libia: mons. Martinelli denuncia la situazione drammatica degli ospedali di Tripoli

    ◊   In Libia, i combattimenti a Sirte e Beni Walid, roccaforti di Gheddafi, stanno provocando numerosi feriti, e il vicario apostolico di Tripoli denuncia la situazione drammatica degli ospedali, “nei quali purtroppo la situazione rimane drammatica” – ha detto all’agenzia Fides mons. Giovanni Innocenzo Martinelli - “Sto lanciando appelli perché oltre all’invio di materiali medicali, si facciano ulteriori sforzi per ricoverare i casi più gravi in strutture specializzate. E’ in atto uno sforzo di solidarietà tra i libici per aiutare i feriti, ma non basta, occorre fare di più da parte della comunità internazionale!” ha concluso mons. Martinelli. Gli scontri scoppiati il 14 ottobre nella capitale libica tra le forze del Consiglio Nazionale di Transizione e gli uomini rimasti fedeli al Rais hanno provocato tre morti e una trentina di feriti, ha riferito il Cnt. Per il vicario apostolico “sono disordini limitati, anche se non si può negare che siano presenti persone legate al vecchio regime, complessivamente comunque la situazione appare sotto controllo”. (G.C.)

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    Libia: don Zerai lancia un appello al Consiglio transitorio per i profughi del Corno d’Africa

    ◊   Circa 400 profughi etiopi, eritrei e somali sono scomparsi in Libia da oltre sei mesi. “Le notizie iniziali – spiega don Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia, attiva in favore di rifugiati e richiedenti asilo – li davano partenti dal porto di Zarzis o Tripoli, poi il nulla”. In un comunicato rivolto ai vertici del Consiglio Nazionale Transitorio (Cnt) che governa la Libia, il religioso afferma che dopo due settimane dalla scomparsa si sono avute “altre notizie” sul “ritrovamento di cadaveri crivellati di colpi”. Da allora, tuttavia, non si sono più avute informazioni sul gruppo, che comprendeva 335 adulti e un numero imprecisato di bambini. “Vogliamo sapere cosa è realmente successo – spiega padre Zerai nel documento - a quelle persone, che sono state le prime a tentare di lasciare la Libia in rivolta contro il regime”. “Le autorità libiche ci aiutino a fare piena luce su questa tragedia, che ha molti punti oscuri, i responsabili di quel viaggio in mezzo ai fuochi incrociati sono ancora in Libia liberi”, è l’appello lanciato dal presidente di Habeshia “a nome di tutti i famigliari” degli scomparsi. Il comunicato, inoltre, si rivolge “a tutti coloro che possono aiutare a chiarire questa vicenda”, ai media presenti nel Paese africano perché aiutino “a raccogliere testimonianze”, e anche “agli operatori umanitari presenti in territorio libico”. (D.M.)

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    Presuli statunitensi in visita in Iraq: la situazione dei cristiani è molto difficile

    ◊   La situazione dei cristiani in Iraq resta ancora molto difficile ed è essenziale che il ritiro delle ultime truppe americane nei prossimi mesi sia accompagnato da un piano che garantisca una transizione pacifica senza nuove violenze. È quanto hanno affermato mons. George Murry, segretario della Conferenza episcopale statunitense (Usccb) , e mons. Gerald Kicanas, presidente dei Catholic Relief Services (Crs) al rientro da una recente visita di quattro giorni a Baghdad su invito dei vescovi iracheni. Durante la visita, i due presuli americani hanno incontrato le quattro comunità cattoliche della capitale irachena: la caldea, la latina, l’armena e la siro-cattolica. Un’occasione per toccare con mano le difficoltà e le aspirazioni dei cristiani e di tutti i cittadini iracheni. Tra i momenti più toccanti la preghiera sulle tombe dei due sacerdoti uccisi nella strage del 31 ottobre dell’anno scorso nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso. I vescovi americani hanno inoltre concelebrato una messa nella Chiesa dell’Assunzione con mons. Shlemon Warduni e mons. Benjamin Sleiman insieme ai fedeli caldei e latini e hanno incontrato la piccola comunità armena guidata dall’arcivescovo Emmanuel Dabbaghian. L’impressione che hanno ricevuto è quella di una comunità ancora molto provata: "A causa delle tensioni religiose, i cristiani in Iraq non si sentono sicuri nelle loro chiese e nelle loro case", ha detto mons. Murry. "Molti sono emigrati al nord del Paese o hanno abbandonato definitivamente l’Iraq, cosa che preoccupa molto i vescovi iracheni”. Di “situazione disperata” per i cristiani ha parlato anche mons. Kikanas: “Se non avranno opportunità di lavoro, una maggiore stabilità e la pace continueranno ad emigrare”, ha detto il vescovo di Tucson. Mons. Murry e mons. Kicanas hanno anche avuto modo di visitare i progetti realizzati dalla Caritas locale a favore della popolazione cristiana e musulmana. “Siamo stati molto colpiti dal gran bene che viene fatto dal personale e dai volontari della Caritas”, ha detto mons. Murry. “Questi aiuti offrono anche un’opportunità di dialogo tra persone di fede diversa aiutandole a una migliore comprensione reciproca”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Guatemala: “marcia della pace” dei cattolici contro la violenza

    ◊   Contro la violenza che continua a colpire la società, la Chiesa del Guatemala invita i cristiani a partecipare alla “Marcia della Pace” e all’Eucarestia che si terranno il 22 ottobre. Come riferisce l'agenzia Fides, l’arcivescovo dell’arcidiocesi di Guatemala, mons. Oscar Julio Vian Morales, ha chiamato i fedeli e “tutti gli uomini di buona volontà” a manifestare “per difendere la vita e costruire la pace e rifiutare la cultura della violenza e della morte”. Nel Paese centro-americano, secondo le statistiche, si registrano circa 18 morti violente ogni giorno. Tra gli Stati dell’America Latina, inoltre, è quello con il maggior numero di omicidi (42 ogni 100 mila abitanti), come conferma un recente studio delle Nazioni Unite. “Per questi ed altri problemi quali il traffico di droga, la malnutrizione, l’estorsione – ha detto l’arcivescovo durante una conferenza stampa – la chiesa cattolica in Guatemala lancia un appello alla riflessione ed invita alla preghiera e all’impegno di tutti, in modo da privilegiare la dignità degli esseri umani come figli di Dio”. Gli organizzatori della marcia prevedono che circa 40 mila persone parteciperanno all’iniziativa. La data del 22 ottobre, ha specificato mons. Vian Morales, è stata scelta perché in quel giorno si celebra la memoria liturgica del Beato Giovanni Paolo II, che “sempre ci ha invitato a superare la violenza”. (D.M.)

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    El Salvador: la Chiesa assiste centinaia di persone colpite dalle piogge torrenziali

    ◊   Sono 8 giorni che piove ininterrottamente e sono ormai 32 i morti causati da questo fenomeno che ha messo in ginocchio El Salvador. Il pericolo è costituito adesso dalle frane nelle zone di bassa montagna e dall’allagamento delle città a causa dello straripamento dei fiumi. Un altro pericolo imminente è dato dalla distruzione delle vie principali che vanno verso l'interno del Paese, il che potrebbe lasciare isolati molti piccoli paesini. Il Presidente Mauricio Funes ha parlato alla nazione per chiedere la solidarietà interna in attesa di qualche aiuto dall'estero. L'arcivescovo di San Salvador, mons. José Luis Escobar Alas, ha espresso la sua solidarietà e quella della Chiesa in un messaggio di conforto alle vittime delle piogge torrenziali, esprimendo l'impegno di continuare ad assisterle in questo momento di emergenza. Secondo l'arcivescovo è positivo che il governo abbia chiesto l'aiuto internazionale, e già venerdì prossimo è prevista la consegna della prima parte di un prestito di 25 milioni da parte della Banca Mondiale. "E' un grande dolore perdere dalla notte al giorno tutta una coltura (una semina) ed è poi necessario trovare i fondi e, con il supporto della sensibilità sociale, aiutare le vittime" afferma mons. Escobar Alas. Da quando sono iniziate le piogge, l'arcidiocesi ha seguito la situazione e ha già assicurato qualche aiuto in cibo e vestiti. "Finora abbiamo direttamente assistito più di 3.500 persone in 150 rifugi ufficiali della protezione civile, e anche nei locali parrocchiali di El Paisnal, Aguilares Sacacoyo, Guazapa, Ciudad Delgado, Cojutepeque, San Martin" ha detto l'Arcivescovo. Secondo le statistiche fornite dalla Chiesa locale, sono state consegnate 40 tonnellate di riso, 20 tonnellate di vestiario, 20.000 tubetti di dentifricio, 100.000 dollari in materiale farmaceutico, 10 mila chili di latte in polvere, 2.500 brocche di olio e 7 mila paia di scarpe. (R.P.)

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    L’arcivescovo di Haiti chiede maggiore impegno del governo nella ricostruzione

    ◊   “Se Haiti fosse bene organizzato in dieci anni sarebbe ricostruito”. A dichiararlo è l’arcivescovo di Port au Prince, mons. Guire Poulard, durante un incontro con dei responsabili dei gruppi di volontariato internazionale. Il Paese – ha aggiunto – andrà comunque avanti perché il popolo haitiano è formato da gente “che lavora e non ha paura della povertà”. Nel corso della storia – ha detto mons. Guire Poulard – il popolo di Haiti “è in grado di emergere con forza dinanzi alle difficoltà”. Il presule ricorda anche l’impegno della Chiesa nell’educare “coloro che sono chiamati a ricostruire il Paese”. Dopo il terremoto del 12 gennaio del 2010, la comunità cattolica vive “un’esperienza dura, ma molto ricca”. La Chiesa – ha concluso l’arcivescovo le cui parole sono state riprese da Fides - non è l’insieme di edifici ma il “il popolo di Dio”. (A.L.)

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    Kenya: la Chiesa condanna l'uccisione di sette persone a Isiolo, tra cui due bambini

    ◊   Almeno sette persone sono state brutalmente assassinate venerdì scorso durante un assalto a Ngaremara, nella contea di Isiolo, nel nord-est del Kenya . Tra i morti vi sono due bambini. Durante il raid non è stato rubato nulla alle vittime. Il massacro è stato condannato con forza, secondo quanto riferisce l’agenzia Cisa ripresa dalla Fides, da mons. Anthony Ireri Mukobo, vicario apostolico di Isiolo. Mons. Mukobo ha affermato che il governo deve fornire un'adeguata protezione ai suoi fedeli ed ha lamentato le carenze delle forze dell’ordine. “Abbiamo perso persone innocenti, compresi bambini che andavano a scuola ancora nelle loro uniformi. A causa dell’insicurezza, molte famiglie che vivono a Daaba hanno abbandonato le loro case e si sono rifugiate altrove. Tutte le scuole a Ngaremara, Daaba, Arimet, Chumviele e Atan sono state chiuse" ha denunciato il vicario apostolico. Mons. Mukobo ha invitato i dirigenti politici della zona ad evitare di alimentare i contrasti tribali a fini politici e di preservare le vite umane. Il vescovo ha esortato il governo a convocare una riunione di pace delle tribù coinvolte nelle violenze in un campo neutro. "Lasciamoci guidare dalle parole del nostro inno nazionale. Facciamo sì che la giustizia sia il nostro scudo e il nostro difensore, che possiamo vivere insieme in unità, nella pace e nella libertà" ha concluso mons. Mukobo. La Chiesa cattolica si è mobilitata per aiutare i superstiti del massacro. (R.P.)

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    India: nel Kerala arrestato pastore evangelico Usa. Partecipava a un festival di preghiera

    ◊   “La polizia morale, la violenza etnica e l’arresto selettivo dei cristiani evangelici testimoniano con chiarezza il fallimento delle istituzioni secolari in India”. Lo afferma all'agenzia AsiaNews, Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), in merito all’arresto del pastore evangelico americano William Lee, colpevole di aver partecipato a un evento religioso, violando così le norme del visto turistico. Dopo una caccia all’uomo durata 48 ore, la polizia del Kerala ha prelevato Lee nel suo albergo, la notte del 14 ottobre scorso. William Lee era in India con un visto turistico per partecipare al Musical Splash 2011, un festival musicale di preghiera tenutosi nello stadio internazionale di Jawaharlal a Kaloor (Kochi). L’evangelico rischia l’espulsione, ma per il suo avvocato egli non ha violato alcuna legge indiana. “Da sempre – afferma Sajan K George – centinaia di turisti in India partecipano a vari eventi religiosi e pubblici. Nessuno di loro è mai stato toccato e possono andare dove vogliono, senza alcuna restrizione. Lee aveva solo partecipato a un festival musicale organizzato dalla Faith Leaders Church of Lord, di Tiruvalla”. Secondo il presidente del Gcic, diverse fonti “indicano che la polizia ha dato la caccia a Lee come se fosse un terrorista, per compiacere le forze ultranazionaliste del Paese. Chi entra con visto turistico – spiega Sajan George – ha il divieto di condurre qualunque pratica religiosa. Ma, allora, queste norme si applicano solo alle preghiere cristiane? I Baha’i e altre forme di religiosità pubbliche sono esenti dall’applicazione di tale normativa?”. (R.P.)

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    Pakistan: a Rawalpindi l'ospedale San Giuseppe accoglie cristiani e musulmani

    ◊   “La compagnia quotidiana e l’affetto reciproco che ci legano agli altri, sono la misura del nostro amore a Dio”. È la scritta che accoglie pazienti e familiari all’ingresso dell’ospedale cattolico di San Giuseppe a Rawalpindi, in Pakistan. Una struttura - riporta l'agenzia AsiaNews - che ospita malati di ogni sorta, giovani e anziani, senza guardare alla fede religiosa professata o all’etnia di appartenenza; essa offre cure mediche gratuite e la possibilità, per i casi meno gravi, di imparare piccoli lavori manuali. Un servizio di eccellenza gestito da 30 anni dalle Suore francescane di Maria, che nel 2006, ha ottenuto un riconoscimento ufficiale del governo di Islamabad, consegnato dalle mani del presidente. L’ospedale di San Giuseppe dispone di 60 posti letto per il ricovero ed è dotato di un ambulatorio medico che tratta fino a 300 pazienti al giorno. Neonati e bambini affollano il reparto di maternità e pediatria, fra cui la “famiglia di San Giuseppe”. Nessuno viene respinto, in una realtà caratterizzata da un ambiente familiare e accogliente. I pazienti possono anche imparare lavori manuali, fra cui ricamo, cucito e capi di abbigliamento di piccola fattura. Alcuni riescono a riprendersi e, tornati a casa, continuano il lavoro guadagnando somme di denaro sufficienti per contribuire al mantenimento della famiglia. Da oltre 30 anni a guidare la struttura sono le suore francescane di Maria, provenienti da diverse aree del mondo fra cui Argentina, Canada, Polonia e Spagna, oltre al Pakistan. Il personale interno è formato da 50 persone fra medici, infermieri, volontari e personale addetto alla sicurezza. Molti sono originari delle aree urbane, addestrati dalle suore e ora impiegati nella struttura. L’Hospice accoglie anche malati cronici o terminali, disabili, colpiti da tubercolosi, meningite polio o tifo. Il centro dà alloggio e riparo a bambini orfani o disabili, abbandonati dai loro genitori. La struttura è considerata un “raggio di speranza” per molti in Pakistan, tanto che arrivano malati da ogni parte del Paese. Essa dispone di un laboratorio analisi, una sala per la fisioterapia e medicinali propri. Tutte le cure mediche e i servizi sanitari offerti sono gratuiti, a prescindere dal costo e dalla durata del trattamento. Dai primi anni ’80 accoglie pure i profughi afghani, in fuga dalla guerra. Dalla viva voce dei malati emerge il senso profondo della missione che caratterizza l’ospedale cattolico. “Mi chiamo Salma Akbar – racconta una paziente ad AsiaNews – e ho sofferto a lungo di meningite. Sono arrivata un anno fa, dopo essere stata cacciata da tre cliniche. Le suore mi hanno trattato con gentilezza, mi hanno dato le cure migliori”. Mi hanno dato la possibilità, aggiunge, di “continuare a sperare”. Aggiunge Gul Khan, di 48 anni: “Ero paralizzato – afferma – e negli altri ospedali non sapevano come curarmi”. Ha trascorso gli ultimi sei mesi nel centro e ora “posso di nuovo camminare: questo luogo – afferma – è fonte di miracoli. Non potrò mai ringraziali abbastanza per avermi cambiato la vita”. Negli ultimi anni l’ospedale di San Giuseppe ha curato migliaia di pazienti, testimoni silenziosi del lavoro infaticabile delle suore francescane di Maria. Il loro servizio per la collettività ha ottenuto il riconoscimento ufficiale del governo pakistano: il Premio eccellenza 2006, consegnato direttamente dalle mani dell’allora presidente Pervez Musharraf. (R.P.)

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    Cina: 52 suore, 4 sacerdoti e 2 seminaristi hanno partecipato alla maratona di Pechino

    ◊   “Corriamo per gli anziani, i poveri, i bambini disabili, gli orfani e per tutte le opere caritative che la Chiesa ha affidato a noi”. Con questo obiettivo 52 suore, 4 sacerdoti e 2 seminaristi delle comunità cattoliche continentali cinesi hanno partecipato ieri alla Maratona caritativa di Pechino “Correre per la Carità”. Alla manifestazione hanno preso parte circa 30 mila persone. E’ la prima volta nel mondo che un gruppo così numeroso di suore partecipa a una maratona e che un sacerdote cinese percorre tutta la corsa. I fedeli di Pechino sono stati loro vicino come tifosi e assistenti lungo tutto il percorso. Secondo quanto riportato dall’agenzia Fides, le suore, i sacerdoti e i seminaristi hanno raccolto 550 mila Yuan, circa 60 mila euro. Altri 18,3 mila yuan sono stati raccolti dalle suore dopo la messa celebrata la mattina del 15 ottobre, terminata con la benedizione dei maratoneti. I soldi saranno destinati alle opere caritative di cui si occupa la loro congregazione, come la cura di anziani, orfani e la riabilitazione dei disabili minorenni. Per la terza volta, l’ente caritativo cattolico cinese Jinde Charities è fra gli organizzatori della maratona. (G.C.)

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    Inaugurata a Mosca una statua dedicata a Giovanni Paolo II

    ◊   “Il significato di questa iniziativa davvero unica - non esiste altra statua di un Papa sull’intero territorio della Fedrazione russa – va ben al di là della presenza molto discreta dell’opera degli scultori Vasjakin e Felkin. E’ piuttosto un nuovo passo culturale e morale”. E’ quanto ha detto Ekaterina Genieva, direttrice a Mosca della Biblioteca di letterature straniere in occasione dell’inaugurazione, venerdì scorso nella capitale russa, della statua di Giovanni Paolo II. Si tratta di una scultura, dono dell’ambasciata di Polonia. “Solo qualche anno fa – ha detto Ekaterina Genieva – un monumento a Papa Giovanni Paolo II a Mosca sarebbe stato semplicemente impensabile. Oggi - ha aggiunto - sembra un fatto del tutto naturale”. “Il cammino compiuto dalla Russia in questo anni per uscire dall’isolamento sovietico – sottolinea l’Osservatore Romano – ha messo in moto le forze profonde che erano al suo interno, e sta portando la sua più autentica tradizione culturale ad entrare in dialogo con tutto ciò che vi è di vivo nel resto del mondo”. Durante la cerimonia di inaugurazione, l’arcivescovo Ivan Jurkovic, nunzio apostolico a Mosca, ha poi affermato che Giovanni Paolo II ha saputo parlare di Dio all’uomo contemporaneo con le sue domande irrisolte. Papa Karol Józef Wojtyła Ha ricordato che Dio è presente nelle vicende umane. La statua di Giovanni Paolo II è statua inaugurata nel cortile della Biblioteca di letterature straniere, dove si trovano monumenti a Charles Dickens, Heinrich Heine, Raoul Wallenberg e ad altre personalità soprattutto europee. “Solo in questo contesto – ha detto mons. Ivan Jurkovic – si giustifica la presenza della statua del Papa tra i monumenti a tanti esponenti della cultura che in vari modi hanno segnato le sorti del mondo contemporaneo. E’ un simbolo che ci sostiene e rafforza nella ricerca della verità e della bellezza, cui la Chiesa di Cristo partecipa totalmente”. (A.L.)

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    Custodia di Terra Santa: convegno a Roma per i 90 anni della rivista "Terrasanta"

    ◊   “Dalla Notizia alle notizie. Informazione, archeologia, dialogo tra le fedi”: è questo il tema del convegno promosso, il 21 ottobre a Roma, all'Auditorium Antonianum, dalla Custodia di Terra Santa, in occasione dei 90 anni della sua rivista “Terrasanta” (1921-2011). All’incontro - riporta l'agenzia Sir - verranno illustrate le scoperte archeologiche, le ricerche degli archeologi della Custodia nel corso degli ultimi decenni, l’attualità della questione israelo-palestinese e i rapporti diplomatici tra Santa Sede e Israele. Il programma prevede un primo momento, dal titolo “Terra Santa e archeologia. La rivista Terrasanta come voce dell’archeologia biblica”, che ripercorre l’impegno della Custodia di Terra Santa nel campo dell’archeologia biblica. La seconda parte, “Informare sui Luoghi Santi: diplomazia e comunicazione nel contesto israelo-palestinese” riguarda l’informazione sui Luoghi Santi, gli Accordi fondamentali tra Santa Sede, Israele e Palestina, il ruolo della rivista Terrasanta e della comunicazione sulla situazione dei Luoghi Santi. Tra i partecipanti il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, già delegato apostolico e primo nunzio in Israele e Territori palestinesi, padre Claudio Bottini, dello Studium biblicum Franciscanum di Gerusalemme e mons. David Maria Jaeger, prelato uditore del tribunale della Rota Romana. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Domani la liberazione del soldato israeliano Shalit, in cambio del rilascio di oltre mille detenuti palestinesi

    ◊   Si avvicina la data del rilascio del soldato israeliano, Gilad Shalit, da parte dei palestinesi di Hamas. Domani il militare, sequestrato nel 2006, sarà rimesso in libertà in cambio della scarcerazione di oltre mille detenuti palestinesi. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha definito l’accordo “un movimento positivo per la pace”. Ma come questo episodio potrà cambiare il clima dei rapporti tra israeliani e palestinesi? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università di Firenze:

    R. – Non credo più di tanto, perché la vera questione sul tappeto è quello che accadrà all’Onu se Abu Mazen e, quindi l’Autorità Palestinese, riuscirà o non riuscirà ad avere riconosciuto lo status di Stato oppure di osservatore. L’episodio di Shalit è molto importante dal punto di vista interno, dal punto di vista di una ferita aperta sia politica, sia umana, ma una volta chiusa la trattativa e, soprattutto, se Israele restituirà anche la seconda tranche dei prigioni, sul cui calendario non c’è nulla di certo, una volta fatto questo si tornerà a parlare di cose ben più importanti.

    D. – C’è il timore che questi mille detenuti palestinesi rilasciati possano rientrare nel giro della lotta armata anti israeliana?

    R. – Alcuni non torneranno a casa, ma andranno da qualche altra parte e mi riferisco soprattutto ai nomi del primo gruppo, che sono nomi scelti da Hamas; i nomi del secondo gruppo sono scelti da Israele e, chiaramente, con un suo criterio. Può darsi che ci sia un ritorno di fiamma dovuto eventualmente all’entusiasmo di altri appartenenti alla lotta armata, però credo che sia un problema marginale, anche perché l’Autorità Palestinese nei territori di sua competenza, e cioè nel West Bank ,mantiene – e questo gli israeliani lo ammettono – un forte controllo.

    D. – Questo accordo che c’è stato tra Hamas e israeliani rischia, in qualche modo, di mettere da parte Fatah?

    R. – Assolutamente no sia perché il territorio del West Bank è molto più importante di Gaza, sia perché il peso politico di Abu Mazen è ancora più importante, sia perché i veri problemi oggi sono quelli relativi al West Bank, con o senza Gerusalemme. Hamas è entrata in scena sull’unico palcoscenico che, in qualche modo, poteva controllare a parte l’eventuale uso di razzi contro Israele. Finita questa fase, bisognerà parlare di cose ancora più importanti.

    D. – La liberazione di Gilad Shalit come si inserisce, poi, nei rapporti politici interni israeliani?

    R. – In questo momento è una vittoria di Netanyahu, ma è una vittoria carissima sia perché alcuni ministri – in particolare Lieberman, ministro degli Esteri, che sta alla sua destra – hanno polemizzato, sia perché dentro Israele ci sono forze dell’opinione pubblica che si oppongono con varie motivazioni: c’è anche chi si oppone, perché vorrebbe che a questo punto fossero liberati i terroristi detenuti in Israele. E’ un prezzo politico che pagherà, perché finita questa fase anche per Netanyahu tutti gli altri problemi torneranno immediatamente a galla. (mg)

    Yemen
    Nuove violenze nello Yemen. Almeno otto morti per gli scontri avvenuti la notte scorsa tra esercito regolare e miliziani tribali vicino all’opposizione. E’ successo nella capitale Sanaa, dove prosegue il presidio degli antigovernativi che chiedono le dimissioni del presidente Saleh. Solo ieri, le forze dell’ordine hanno aperto il fuoco contro un corteo provocando una decina di vittime.

    Afghanistan
    In Afghanistan un bimbo è morto in un attacco suicida contro il responsabile dei servizi di intelligence a Maymanah, nella provincia settentrionale di Faryab. Il kamikaze, che era a piedi, si è fatto saltare in aria al passaggio dell’automobile del funzionario rimasto ferito. L’esplosione ha investito alcuni passanti, provocando la morte del bambino.

    Siria
    Ennesimo appello dell’Onu alla Siria. Le uccisioni devono cessare immediatamente, ha detto il segretario generale del Palazzo di Vetro, Ban Ki-moon. Intanto la Lega Araba ha chiesto a Damasco di convocare entro 15 giorni al Cairo una conferenza per il dialogo nazionale con le opposizioni al fine di porre fine alla sanguinosa repressione delle proteste antigovernative. L’organismo, riunitosi ieri, ha inoltre deciso di non sospendere Damasco come chiedeva invece l’opposizione siriana.

    Libia
    In Libia si attende una conferma indipendente circa la conquista della città meridionale di Bani Walid – una roccaforte dei lealisti - annunciata in queste ore dai ribelli. Intanto, la televisione siriana al Rai ha comunicato la morte di Khamis uno dei figli di Gheddafi che era a capo di una brigata militare d’elite. Secondo l’emittente - considerata vicina al regime libico - l’uomo avrebbe perso la vita durante combattimenti avvenuti lo scorso 29 agosto nei pressi di Tripoli. Infine, nella capitale è iniziata la demolizione dei simboli della passata leadership: le ruspe hanno avviato la demolizione del quartier generale del colonnello.

    Tunisia
    Human Rights Watch ha chiesto al governo tunisino di abolire dal codice penale il delitto di vilipendio alla religione, dopo l’accusa formalizzata al presidente di Nessma Tv per la trasmissione di un film ritenuto blasfemo da una parte della popolazione. Ieri nella capitale Tunisi ci sono state massicce manifestazioni in nome della libertà di espressione. Oggi le forze dell’ordine presidiano le sedi dell’emittente nel timore di nuovi atti di violenza da parte di estremisti islamici dopo l’incendio dell’abitazione del presidente della Tv.

    Italia, indagini
    In Italia maxi operazione, in diverse città, di Carabinieri e Polizia in ambienti anarco-insurrezionalisti sulla scia degli incidenti avvenuti sabato scorso a Roma durante il corteo degli indignati. Fermate sei persone a Firenze. Oggi, inoltre, la convalida del fermo per i 12 arrestati subito dopo gli scontri. Domani il ministro degli Interni Maroni riferirà in Senato sulle nuove misure al vaglio del Viminale.

    Italia, decreto sviluppo
    Il governo italiano è al lavoro per il varo del decreto sviluppo annunciato in questi giorni per il rilancio dell’economia del Paese. Tuttavia, non c’è ancora nessun dettaglio circa le misure e le risorse da mettere in campo. Intanto, crescono i malumori all’interno della maggioranza in seguito ai tagli previsti dalla legge di stabilità e in relazione ai rapporti con il ministro dell’Economia Tremonti.

    Grecia
    Al via, in Grecia, una settimana di mobilitazione contro le drastiche misure anti-crisi al vaglio del governo di Atene. Giovedì il Parlamento voterà il cosiddetto multi-disegno di legge che prevede, tra l’altro, la sospensione dal lavoro di 30 mila dipendenti pubblici entro al fine dell’anno. Fitto il calendario delle proteste che culminerà proprio tra mercoledì e giovedì con lo sciopero generale proclamato dalle maggiori sigle sindacali.

    Francia
    In Francia l’avversario di Nicolas Sarkozy alle presidenziali dell’anno prossimo sarà Francois Hollande, che alle primarie del Partito Socialista francese ha battuto Martine Aubry ottenendo il 57% delle preferenze. Riconoscendo la sconfitta, la Aubry ha invitato tutti i militanti ad unirsi attorno al candidato che tenterà di strappare l’Eliseo alla destra dopo 17 anni.

    Nigeria, rilascio sacerdote rapito
    Liberato in Nigeria un sacerdote cattolico rapito il 4 ottobre scorso nella citta' di Benin, capitale dello Stato di Edo. Il religioso “sta bene” ha fatto sapere la polizia locale precisando di aver arrestato due persone accusate di complicità nel rapimento. Lo Stato in questione si trova nella regione petrolifera del Delta del Niger, dove sono molto frequenti i sequestri organizzati per ottenere riscatti in somme di denaro.

    Kenya
    L’esercito del Kenya ha lanciato ieri un’offensiva sul territorio somalo contro i guerriglieri Shebaab, legati ad al Qaeda, responsabili di diversi sequestri di persona. L’azione, concordata con il governo di Mogadiscio, ha suscitato la reazione dei ribelli, che hanno assicurato di rispondere colpo su colpo.

    Pirateria marittima
    Otto morti, 37 feriti, 1.181 persone prese in ostaggio e 445 navi attaccate. Questo il bilancio della pirateria nel marittima nel 2010 a cui sarà dedicata la Conferenza internazionale ''Piracy at Sea'' Icopas 2011 organizzata dalla World Maritime University che si apre oggi a Malmo, in Svezia. Al centro dei lavori la situazione in Somalia: nelle acque del Paese africano l’anno scorso sono stati segnalati 219 attacchi, con la maggior parte dei dirottamenti risolti con milioni di dollari di riscatto. Al 31 dicembre 2010, sono ancora 28 le navi, con 638 membri dell'equipaggio, ancora in ostaggio dei pirati. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 290

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.