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Sommario del 14/10/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai prefetti d'Italia: la funzione pubblica va esercitata con dignità e nell'attenzione ai più deboli
  • Benedetto XVI riceve don Carrón. Il presidente di Cl: il Papa ci incoraggia a far risplendere la bellezza della fede
  • Incontro per la Nuova evangelizzazione. Chiara Amirante: testimoniare la gioia che solo il Risorto può portare
  • Altre udienze
  • Cortile dei Gentili per il dialogo tra credenti e non credenti: il bilancio del cardinale Ravasi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Gli "indignados" in piazza in tutti i continenti. Riccardo Moro: non solo per la crisi
  • Rapite in Kenya due volontarie spagnole di Medici senza Frontiere
  • Convegno sulla Centesimus Annus: i valori della famiglia nell'impresa per superare la crisi
  • 40 anni di attività della Caritas. Mons. Nozza: dare risposte alle famiglie più povere
  • Corso di studi sulla Sindone al Regina Apostolorum
  • Presentato il Festival internazionale del Film di Roma
  • Chiesa e Società

  • Pakistan: estremisti islamici a sostegno dell'assassino del difensore di Asia Bibi
  • Rapporto denuncia: nelle carceri del Pakistan sono frequenti i casi di tortura
  • Msf denuncia l’invio di aiuti scadenti a milioni di bambini malnutriti
  • Egitto: il primo ministro in visita al capo della Chiesa copta Shenouda III
  • Libia: Amnesty denuncia “torture e abusi sui detenuti”
  • Malawi: sospetti di incendio doloso negli uffici della Conferenza episcopale
  • Sempre più drammatica la situazione degli ostaggi africani nel Sinai
  • Benedetta da mons. Filoni la cripta del Pontificio collegio missionario San Pietro
  • Hong Kong: una nuova legge mette a rischio l’autonomia degli istituti scolastici
  • Bolivia: i vescovi ribadiscono che “il dialogo è la via per risolvere i problemi” del Paese
  • Cile: domani la “marcia della gioia” dei cattolici impegnati
  • Domani la “Giornata mondiale per la pulizia delle mani”
  • India: il pellegrinaggio anticorruzione del Bjp rischia di colpire i dalit cristiani
  • Ogni anno sprecati in Italia 12 miliardi di metri cubi di acqua per l’ortofrutta
  • Austria: a Vienna la sede del centro “Re Abdullah” per il dialogo interreligioso
  • Paraguay: primo Congresso continentale dei giovani ex-allievi/e salesiani
  • 24 Ore nel Mondo

  • Siria, dissidenti in piazza per il 33.mo venerdì consecutivo di proteste
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai prefetti d'Italia: la funzione pubblica va esercitata con dignità e nell'attenzione ai più deboli

    ◊   Grande dignità e vivo senso di responsabilità: questo richiede l’esercizio della funzione pubblica secondo le parole del Papa nell’incontro con i prefetti d’Italia guidati dal ministro degli Interni Roberto Maroni. Benedetto XVI chiede che la pubblica amministrazione sia sempre “al servizio dei cittadini” e che in questa fase di incertezza economica prevalgano “senso del dovere e prudenza” con una particolare attenzione alle categorie più deboli. Il servizio di Fausta Speranza.

    “Delicato ruolo istituzionale”: così il Papa definisce l’impegno delle Prefetture. Con riferimento alle “presenti circostanze di incertezza sociale ed economica” riconosce che l’impegno si fa “ancora più complesso e più gravoso”. Da qui parole forti di incoraggiamento:

    “Non scoraggiatevi di fronte alle difficoltà e alle incomprensioni, ma siate sempre pronti a trattare le questioni a voi affidate con grande senso del dovere e con prudenza, non venendo mai meno all’ossequio alla verità e al coraggio della difesa dei beni supremi”.

    Cita Sant’Ambrogio, chiamato all’Episcopato dopo “una brillante carriera di funzionario pubblico”: era solito sottolineare che “l’istituzione del potere civile deriva così bene da Dio che colui che lo esercita è pure ministro di Dio”. Dunque – dice Benedetto XVI – la funzione civile assume “un carattere quasi ‘sacro’”. Pertanto – afferma il Papa - “essa richiede di venire esercitata con grande dignità e con vivo senso di responsabilità”. Il Papa chiede ai prefetti di “unire autorevolezza e professionalità soprattutto – aggiunge - nei momenti di tensione e di contrasti”. E poi Benedetto XVI sottolinea l’obiettivo ultimo di tutti i discorsi intorno a funzione pubblica e amministrazione: essere – dice - “al servizio della giustizia, della pace, della libertà e del bene comune”:

    “Al riguardo, non dimenticate che la pubblica amministrazione, a qualsiasi livello, quale strumento dello Stato, ha come finalità quella di servire i cittadini….”

    Parla più volte in modo esplicito di cittadini e di servizio:

    “Il ruolo di chi lavora nella pubblica amministrazione non va concepito come qualcosa di impersonale o burocratico, bensì come un aiuto premuroso per i cittadini, esercitato con spirito di servizio”.

    Per quanto riguarda l’impegno dei prefetti lo definisce anche “un presidio per le categorie più deboli”. Dunque disponibilità al servizio è espressione chiave. Anche nell’immaginario dell’opinione pubblica, sembra dire il Papa quando afferma che “la figura del prefetto è sempre più percepita dall’opinione pubblica come punto di riferimento territoriale per la soluzione dei problemi sociali e come istanza di mediazione e di garanzia dei servizi pubblici essenziali”. Si parla dei bisogni profondi della popolazione e questo è uno dei punti di incontro tra prefetture e Chiesa, tra istituzioni locali e diocesi. Un incontro fatto – spiega il Papa – da rapporti di stretta vicinanza e di proficua cooperazione”, da una “mutua intesa” che il Papa incoraggia “nell’interesse dei cittadini e del bene comune”. Benedetto XVI ricorda quanto la Chiesa sia “ben radicata ed operante, in modo capillare, nel territorio italiano”. E ricorda che ricorrono i 150 anni dell’unità d’Italia. Un territorio dove – dice – sono innumerevoli le testimonianze della presenza del Cristianesimo”:

    “Ovunque, infatti, si possono osservare le tracce che la fede cristiana ha impresso nel costume del popolo italiano, dando vita a nobili e radicate tradizioni religiose e culturali e a un patrimonio artistico unico al mondo".

    “Rispettosa delle legittime autonomie e competenze la comunità ecclesiale considera suo preciso mandato rivolgersi all’uomo in ogni contesto”.

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    Benedetto XVI riceve don Carrón. Il presidente di Cl: il Papa ci incoraggia a far risplendere la bellezza della fede

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza, al Palazzo Apostolico, don Julián Carrón, presidente della Fraternità di “Comunione e Liberazione”. L’udienza è avvenuta alla vigilia dell’incontro in Vaticano sul tema “Nuovi evangelizzatori per la Nuova Evangelizzazione”. L’evento di due giorni culminerà nella Messa presieduta dal Papa, domenica alle 9.30 in San Pietro. Sull’incontro di stamani e la sfida della nuova evangelizzazione, Alessandro Gisotti ha intervistato don Julián Carrón:

    R. – La prima cosa che mi viene da esprimere è tutta la gratitudine, la commozione per questa possibilità che il Santo Padre mi ha donato di poter stare con lui in questo incontro, perché mi ha dato la possibilità di poter riflettere con lui su questo momento di travaglio in cui ci troviamo, per la situazione sociale, culturale ed economica che stiamo vivendo, anche come verifica della fede in queste circostanze della vita. Poter condividere con lui tutto questo nella fede è stata una vera consolazione.

    D. – Quanto è importante la sfida lanciata dal Papa della nuova evangelizzazione?

    R. – E' una sfida storica, perché è la sfida che ha il cristianesimo moderno di fronte alla situazione storica in cui siamo chiamati a vivere la fede. Noi siamo chiamati a testimoniare la fede, la bellezza della fede in una situazione in cui tanti pensano di sapere che cosa sia il cristianesimo e hanno già deciso che non sia interessante per la vita. La vera sfida della nuova evangelizzazione è, secondo me, mostrare come non sia per niente così, e non perché noi rimproveriamo agli altri di non capire, ma perché dobbiamo, noi, trovare la modalità di far risplendere la bellezza della fede nella vita quotidiana.

    D. – Fondamentale per la nuova evangelizzazione è il rapporto tra Vangelo e cultura. Questo è un tema molto caro a don Giussani...

    R. – Certo, come era molto caro a Giovanni Paolo II. Una cosa che ci segnerà per il resto della vita è che una fede che non diventa cultura non è una fede veramente accolta e matura. La grande sfida che il cristianesimo moderno ha davanti, per usare un’espressione che aveva usato tanti anni fa l’allora cardinale Ratzinger, è superare questa frattura tra il sapere e il credere. Questa, secondo me, è la grande sfida che abbiamo tutti davanti. (ap)

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    Incontro per la Nuova evangelizzazione. Chiara Amirante: testimoniare la gioia che solo il Risorto può portare

    ◊   Grande attesa per l’incontro “Nuovi evangelizzatori per la Nuova Evangelizzazione”, promosso dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. L’evento che prenderà il via domani mattina, si terrà nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano, ed avrà come momento introduttivo la relazione del presidente del dicastero organizzatore, mons. Rino Fisichella, e proseguirà con un confronto tra i responsabili delle realtà ecclesiali per la Nuova Evangelizzazione. Domani sera, poi, alle 18.30 è in programma l’incontro con il Papa. Sull’importanza di questo incontro, Alessandro Gisotti ha intervistato Chiara Amirante, fondatrice della comunità “Nuovi Orizzonti” e consultore del dicastero per la nuova evangelizzazione:

    R. - Credo che, come non mai in questo tempo, sia assolutamente un’urgenza: è un tempo in cui l’uomo contemporaneo credo abbia fatto il grande errore di aver fatto della felicità il proprio Dio e di aver dimenticato che Dio è la felicità. I giovani d’oggi, cercando la felicità nelle vie del mondo che il mondo propone e che troppo spesso sono vie di morte, restano imprigionati in quei paradisi artificiali che lentamente uccidono l’anima. Quindi credo che ci sia assolutamente urgenza che noi cristiani facciamo nostra la parola d’ordine di San Paolo: “Guai a me, se non testimoniassi il Vangelo!”. E proprio cercando di essere testimoni di quella gioia che solo Cristo Risorto ci può portare.

    D. - Benedetto XVI, come il Beato Giovanni Paolo II, danno grande importanza, attenzione e incoraggiamento ai movimenti ecclesiali, alle realtà laicali: ma quale può essere il loro contributo per la nuova evangelizzazione?

    R. - C’è stato un fiorire di movimenti, in questo nostro tempo, veramente meraviglioso. Se crediamo che i movimenti sono suscitati dallo Spirito Santo, non possiamo non credere che ogni movimento abbia un carisma, dono dello Spirito Santo, proprio per il bene comune. I movimenti possono portare quell’abbondanza di frutti per cui sono stati donati e soprattutto quel vivere in comunione la radicalità del messaggio evangelico, perché il mondo possa riscoprire la rivoluzione dell’amore, la rivoluzione del Vangelo e i cristiani possano essere di più in comunione a Cristo, vivere la radicalità del Vangelo e vivere con la radicalità la Parola, una Parola che è Parola di Dio e che ci dischiude sempre questi nuovi e meravigliosi orizzonti di pace, di gioia, di libertà.

    D. - Quale ruolo può avere e quale contributo può dare il genio femminile alla nuova evangelizzazione?

    R. - Credo che una caratteristica proprio della donna sia la maternità, questa capacità di accoglienza, di amore: contributo specifico che la donna, per quelle che possono essere le sue caratteristiche, può portare a questa nuova evangelizzazione, è quello descritto così bene da Santa Teresina, quando diceva di voler aspirare un po’ a tutti i carismi e di aver scoperto poi la via migliore di tutte, quella espressa così bene da San Paolo, quando diceva: “Se parlassi tutte le lingue della terra, ma non avessi l’amore, niente mi giova”. E Santa Teresina, dicendo appunto che voleva aspirare ai carismi più grandi, diceva: “Finalmente ho trovato qual è il mio posto nella Chiesa, sarà l’amore!”. (mg)

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina alcuni presuli della Conferenza episcopale australiana in visita “ad Limina”. Questo pomeriggio riceverà il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

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    Cortile dei Gentili per il dialogo tra credenti e non credenti: il bilancio del cardinale Ravasi

    ◊   Appena rientrato da Bucarest, dove ha presieduto un nuovo appuntamento nell’ambito de “Il Cortile dei Gentili”, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha incontrato stamane i giornalisti in Vaticano. Un’occasione per tracciare un bilancio dei primi otto mesi di lavoro di questa struttura vaticana di dialogo fra credenti e non credenti e indicarne le prospettive. Il porporato ha inoltre annunciato il lancio del nuovo sito interattivo "www.cortiledeigentili.com" e fornito dettagli sulla partecipazione di un gruppo di non-credenti alla Giornata di riflessione, preghiera e dialogo per la pace in programma il 27 ottobre ad Assisi. Il servizio di Fabio Colagrande:

    Invitare dei non-credenti alla commemorazione del grande incontro interreligioso per la pace, voluto da Giovanni Paolo II 25 anni fa ad Assisi, è un modo per ribadire il rilievo del rapporto tra fede e ragione, così centrale nel Magistero di Benedetto XVI. Lo ha spiegato il cardinale Ravasi annunciando i nomi dei cinque intellettuali che saranno presenti il 27 ottobre ad Assisi. Si tratta della filosofa e psicanalista francese Julia Kristeva – che prenderà la parola davanti al Papa - di Remo Bodei, italiano docente di filosofia alla Ucla di Los Angeles; del filosofo britannico Anthony Grayling, del suo collega messicano Guillermo Hurtado e dell’economista austriaco Walter Baier. Un gruppo emblematico che alla vigilia, il 26 ottobre, sarà presente a una Tavola Rotonda nell’Aula Magna del Rettorato dell’Università degli Studi Roma Tre, nella Capitale, dal titolo ‘Credenti e non credenti di fronte alle sfide della modernità’. ‘La partecipazione dei non credenti all’incontro di Assisi – ha commentato Ravasi – è stata voluta personalmente dallo stesso Benedetto XVI che, nel corso di una riunione preparatoria della Giornata, l’ha annunciata e motivata’.

    Il presidente del dicastero della cultura ha inoltre riferito dell’alto livello intellettuale e della sorprendente partecipazione di pubblico che ha avuto l’incontro del ‘Cortile dei Gentili’ da lui presieduto a Bucarest l’11 e il 12 ottobre scorsi sul tema ‘Umanesimo e Spiritualità’. Il porporato ha poi lanciato il prossimo incontro italiano del ‘Cortile’ in programma il 17 ottobre a Firenze, sul tema ‘Umanesimo e bellezza, ieri e oggi’ e quello del 14 e 15 novembre previsto a Tirana sul tema ‘In cosa crede chi non crede?’. ‘Gli incontri – ha spiegato poi traendo un bilancio dei primi mesi di lavoro – sono e saranno sempre a un livello medio-alto e qualificato di dialogo e dedicati alle più profonde urgenze dell’umanesimo’. ‘Ma noi non ci dimentichiamo – ha aggiunto - che la situazione culturalmente più drammatica è quella di uno pseudo-atesimo che è in realtà indifferenza verso la religione’. ‘E’ una vera malattia delle nostre società – ha spiegato Ravasi – che preoccupa anche gli intellettuali non credenti’. E proprio anche per iniziare un percorso formativo educativo più incisivo in questo senso il presidente del dicastero della cultura ha spiegato che è da oggi in rete il portale interattivo e in più lingue "www.cortiledeigentili.com" che vuole favorire il dialogo e lo scambio reciproco fra credenti e non credenti anche nella rete.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale di Luca M. Possati dal titolo "L'epicentro della crisi": passa per Washington il rischio di recessione globale.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, i tesi rapporti fra Stati Uniti e Iran: Obama non esclude alcuna opzione.

    Un frutto del Vaticano II: in cultura, stralci del nuovo libro dell'arcivescovo Rino Fisichella dal titolo "La nuova evangelizzazione. Una sfida per uscire dall'indifferenza".


    La Sistina non è un pezzo da museo: Massimo Palombella rilascia a Marcello Filotei la sua prima intervista a un anno dalla nomina a maestro della Cappella Musicale Pontificia.


    La sete di Cioran: Franco Perazzolo sul "Cortile dei Gentili" a Bucarest.

    Diario di un profeta di campagna: Arturo Colombo ricorda don Primo Mazzolari.

    Nell'interesse dei cittadini e del bene comune: nell'informazione vaticana, l'udienza di Benedetto XVI ai prefetti d'Italia, ai quali ha ricordato che la funzione civile va esercitata con dignità e responsabilità.

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    Oggi in Primo Piano



    Gli "indignados" in piazza in tutti i continenti. Riccardo Moro: non solo per la crisi

    ◊   "Popolo del mondo in piazza il 15 ottobre per il cambiamento globale". Con questo slogan domani si svolgeranno manifestazioni degli 'indignados' in 791 città di 71 Paesi in tutti i Continenti e, su internet, si terrà anche un’assemblea globale virtuale sul tema. Dopo le dimostrazioni dei giorni scorsi, da New York a Madrid, da Atene a Roma, dove nelle prossime ore sono attese 200mila persone, ma già stamani un gruppo di indignados si è mobilitato in occasione del voto di fiducia in Parlamento, milioni di persone manifesteranno contemporaneamente per rivendicare "diritti e politiche sociali a sostegno dei giovani, dell'occupazione, del welfare". Si tratta dunque di una mobilitazione contro la crisi economica in atto - e quindi contro ciò che l’ha provocata - o c’è qualcosa in più? Giada Aquilino ha intervistato l’economista Riccardo Moro, portavoce della GCAP, Global call to action against poverty:

    R. – Credo che la crisi conti moltissimo: è certamente l’occasione che scatena questa indignazione. Penso che ci sia, però, anche qualcosa di più, nel senso che non è solo la crisi di questi ultimi due o tre anni, ma è anche un’insoddisfazione generale di fronte ad un mondo che fa un po’ fatica a trovare la sua identità in questa esigenza di cambiamento, di sviluppo, di estensione del benessere, sistematicamente delusa se vediamo quello che capita nel sud del mondo, dove i diritti fondamentali sono disattesi. All’illusione che attraverso uno sviluppo economico, quello che noi nel nord del mondo abbiamo vissuto per diversi decenni di seguito, si potesse trovare anche una sorta di – chissà – felicità, è seguito il fatto che forse nel benessere non si trova così automaticamente tale felicità: ciò crea anche una voglia di cambiamento, di un qualcosa di nuovo.

    D. – Precari, studenti, attivisti, ma anche gente comune si ritrovano in piazza contro quella che hanno definito una “dittatura finanziaria delle banche e della speculazione globale”. Quali effetti si pagano in questi anni di crisi ma - come lei ha detto - anche di squilibri mondiali?

    R. – Stiamo andando verso un mondo sistematicamente “finanziarizzato”, in cui gli operatori bancari hanno un ruolo sempre più grande, con un mercato che, di fatto, è senza regole e che, dunque, non impedisce la concentrazione del potere. Il fatto che i più grandi sopravvivano e diventino sempre meno numerosi e sempre più consistenti di dimensioni, con – tra l’altro – anche un processo di deregolamentazione, cioè di riduzione delle regole, dei controlli che prima esistevano, porta ad una situazione di vulnerabilità. La vulnerabilità si è determinata in modo clamoroso tra il 2007 e il 2008, con la caduta della Lehman Brothers. Il problema è che non basta solo governare il mercato finanziario, bisogna anche creare degli strumenti perché le popolazioni del sud del mondo vengano incluse nei nostri livelli di benessere. In sostanza abbiamo bisogno di politica, abbiamo bisogno di una nuova centralità degli Stati, ma in modo particolare delle istituzioni internazionali. Certamente, il fatto grave è che la politica in tutti questi anni è stata per lo più afona e io credo che appunto l’indignazione, in qualche modo, sia legittima, non solo perché c’è la crisi, ma anche di fronte a tutti questi anni di silenzio, di timidezza della politica.

    D. – Quanto sono importanti nel quadro dei movimenti di protesta i social network, internet?

    R. – Sono fondamentali. I social network facilitano la partecipazione diretta, la trasmissione delle informazioni, la costruzione di eventi, anche in tempi molto rapidi. Va detto, però, che il rischio che abbiamo “domani” è che movimenti popolari di questo tipo possano trasformarsi in movimenti un po’ populisti, che vanno dietro a quello che è più fascinoso e che grida un po’ di più e che non è necessariamente l’espressione democratica della base, ma potrebbe essere ancora una volta l’espressione di un’elite più o meno autocostruita. Questo è un rischio che obiettivamente esiste. (ap)

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    Rapite in Kenya due volontarie spagnole di Medici senza Frontiere

    ◊   Rapite in Kenya due donne spagnole di “Medici senza Frontiere”. E’ successo ieri a Dadaad, verso il confine con la Somalia, nel più grande complesso di campi profughi al mondo che ospita migliaia di rifugiati. Salgono così a quattro le donne sequestrate nell’area nell’ultimo mese. I sospetti si concentrano sui ribelli integralisti somali degli Shabaab. Stefano Leszczynski ha intervistato il portavoce di Msf Italia, Sergio Cecchini:

    R. – Ieri mattina una macchina di “Medici senza frontiere” è stata attaccata; è stato ferito l’autista e due operatrici spagnole sono state prelevate con la forza dalla vettura e purtroppo, al momento, non abbiamo ulteriori informazioni rispetto a questo incidente che ha coinvolto “Medici senza frontiere”. E' l’ennesima conferma di quanto sia rischioso e difficile poter operare in quelle zone, in particolare in Somalia e nei Paesi confinanti.

    D. – La sensazione è che ci sia una vera e propria strategia contro le organizzazioni non governative in queste aree di conflitto. Chi ha interesse a colpire le ong?

    R. – Gli interessi possono essere di varia natura e, ogni volta, si scoprono realtà diverse. Ciò che è evidente è che, appunto, colpire le organizzazioni umanitarie non significa solo arrecare un danno alle persone direttamente coinvolte o al progetto dell’organizzazione umanitaria, ma significa poi avere un impatto sulle popolazioni che le organizzazioni umanitarie assistono.

    D. – Uno dei più grandi campi profughi si trova in Kenya. Qual è la situazione in questo campo? E soprattutto, continuano ad arrivare persone in cerca di aiuto?

    R. – Dadaab è per così dire un “girone infernale”: per certi aspetti possiamo chiamarlo così. E’ il più grande campo rifugiati al mondo: più di 400 mila persone, fuggite da oltre 20 anni di guerra in Somalia, si sono rifugiate in questa area al confine tra il Kenya e la Somalia, dove sono sorti numerosi campi, di cui Dadaab è il più grande. A Dadaab si sono radunate anche persone con ripari di fortuna, per cui è una situazione estremamente complessa da gestire. All’interno del campo sono frequenti anche episodi di violenza legati alla disperazione, ed è estremamente difficile operare. I numeri sono impressioanti e le priorità sono quelle di garantire assistenza medica di base, ambulatori, per evitare – appunto – la propagazione di epidemie, per evitare il deterioramento delle condizioni di salute delle persone che hanno trovato salvezza in questo campo. (gf)

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    Convegno sulla Centesimus Annus: i valori della famiglia nell'impresa per superare la crisi

    ◊   I valori della famiglia nel mondo imprenditoriale per superare la crisi economica. Questo il tema del convegno organizzato a Roma dalla “Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice”, per celebrare i venti anni dalla grande enciclica sociale di Giovanni Paolo II. Due giorni di dibattiti su famiglia, economia e solidarietà che culmineranno sabato prossimo con i membri della fondazione che saranno ricevuti in Vaticano da Benedetto XVI. Il servizio di Michele Raviart.

    La famiglia è una comunità solidale che vive e lavora per il bene comune. Un concetto più volte richiamato dai Pontefici, e che quando si manifesta nelle imprese a conduzione famigliare genera un fenomeno sociale prezioso e da tutelare. E sono proprio queste imprese, nate per durare attraverso le generazioni e fortemente coese al loro interno, ad essere le protagoniste del convegno organizzato per commemorare i venti anni dell’enciclica Centesimus Annus, come ci spiega Alberto Quadrio Curzio, professore emerito di economia politica all’Università cattolica del Sacro Cuore.

    “Questo convegno vuole mettere in evidenza la grande importanza della famiglia, anche sotto il profilo dell’attività imprenditoriale. Spesso si ritiene che la famiglia in economia altro non sia che una forma protettiva dei membri della famiglia stessa. Certamente la famiglia ha anche questa funzione di solidarietà intra familiare, che è molto importante, ma come è dimostrato le famiglie che controllano imprese sono state capaci di resistere nel tempo, continuando a crescere, attuando la solidarietà anche con tutti i membri della comunità d’impresa: è ben altro che essere retrograde e non innovative”.

    Una solidarietà, quindi, che non è una protezione acritica dei membri della famiglia, ma una fonte di innovazione dinamica e creativa che genera “valore”. Stefano Zamagni, docente di economia all’università di Bologna.

    “La famiglia è il più potente generatore di “esternalità” positive nelle nostre società. Pensiamo alla produzione di capitale umano. Secondo: la famiglia è un ammortizzatore sociale. Terzo: la famiglia è un generatore di capitale sociale, perché abitua le persone ad interagire, a rispettarsi e quindi ad alimentare quel senso di tolleranza, che trasferito nella società, diventa il presupposto della democrazia: non ci può essere democrazia autentica dove l’istituzione familiare non regge”.

    Per questo la famiglia, quella basata sul matrimonio e in Italia tutelata dalla costituzione, deve essere sostenuta da politiche che la promuovano come un soggetto unico e non come la somma dei suoi membri. “La famiglia si qualifica come comunità di lavoro e di solidarietà”, si legge nella “Centesimus Annus”, ed è il punto di partenza “per superare la mentalità individualista”, oggi come vent’anni fa. Mons. Domenico Calcagno, presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica.

    “La ‘Centesimus Annus’ invita a guardare alla realtà della famiglia, per desumere da questa realtà alcune linee guida che possono essere poi applicate al mondo del lavoro, al mondo dell’imprenditoria, al mondo della società. Questi valori, ai quali siamo invitati a guardare, sono quelli della collaborazione reciproca, del sostegno reciproco, dell’aiuto non soltanto quando le cose vanno bene, ma anche quando – come in questo momento – siamo in difficoltà. La solidarietà che può nascere dal mettere in comune le risorse, dallo studiare forme di collaborazione anche tra imprese - non semplicemente concorrenza, ma anche collaborazione - può essere una via attraverso la quale superare alcune delle difficoltà presenti in questo momento”. (ap)

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    40 anni di attività della Caritas. Mons. Nozza: dare risposte alle famiglie più povere

    ◊   A 40 anni dalla sua fondazione la Caritas ripercorre il suo rapporto con la politica. L’occasione è stato un convegno oggi alla Camera dal titolo “Memoria e futuro. Le prospettive sociali del Paese”. Per mons. Vittorio Nozza, direttore generale di Caritas Italiana, uno dei problemi più urgenti del momento è dare risposte alle famiglie che vivono al di sotto di determinate soglie di reddito. Alessandro Guarasci:

    Un rapporto fecondo tra Caritas e politica. Anche perche spesso l’associazionismo cattolico, con in testa l’organizzazione caritativa della Chiesa, si è integrata con lo stato sociale. Insomma questi 40 anni sono stati un vero esempio di sussidiarietà. Certo, i buchi rimangono, come l’assistenza alle fasce più povere della popolazione, che ancora mancano di adeguati sostegni al reddito. Per mons. Vittorio Nozza, direttore generale della Caritas Italiana, le garanzie da alcuni anni a questa parte sono diminuite:

    “Tutta una serie di contrazioni al riguardo dell’investimento nel sociale. Questo contrarre l’impegno nell’ambito sociale, di per sé, è più datato ad anni precedenti, in cui si è andati decrescendo da un punto di vista di investimento e di arricchimento del territorio di quelle opportune attenzioni e risposte di cui la popolazione nel suo insieme e in modo particolare le persone più in difficoltà hanno bisogno”.

    Un’Italia che si è anche sempre più chiusa in se stessa, e per questo, secondo mons. Nozza, bisogna rivedere le attuali leggi sull’immigrazione che non riescono a rispondere alle esigenze di mobilità dei popoli. Sul fronte internazionale, la Caritas ripropone la cancellazione del debito estero dei Paesi impoveriti. Il presidente dell’associazione ex parlamentari, Gerardo Bianco, è convinto che l’unità su questi valori tra i cattolici presenti in Parlamento non basti:

    “L’unità sui valori è un’invocazione che poi non produce nessun effetto, perché se uno milita in posizioni e in formazioni diverse, l’attrazione di queste formazioni finisce per diventare perfino più forte della convergenza su determinati valori. Peraltro, poi, i valori non si difendono con una proposta di legge, ma si difendono con politiche complessive, che solo forze che abbiano una coerenza di comportamenti e di visione generale possono portare avanti”.

    La Caritas comunque dialoga con tutti, nella consapevolezza che la tutela dei più deboli non abbia colore politico. (mg)

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    Corso di studi sulla Sindone al Regina Apostolorum

    ◊   Da quando è riemersa stabilmente dai meandri della storia, attorno al 1350, la Sindone non ha mai smesso di affascinare il mondo, interrogare la coscienza dei cristiani e stimolare la curiosità dei ricercatori. All’approfondimento di tutto ciò che riguarda il Telo sindonico, l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum ha deciso di dedicare un corso di studi che inizierà il prossimo 19 ottobre e culminerà con il conseguimento del Diploma di specializzazione. Docenti e conferenzieri di fama internazionale si alterneranno per fare il punto della situazione dal punto di vista storico, scientifico e teologico. Alessandro De Carolis ne ha parlato con padre Rafael Pascual, direttore dell’Istituto Scienza e Fede che curerà il corso di studi:

    R. - Abbiamo visto che la Sindone è una realtà che va studiata ed approfondita. Possiamo dire che è un dono che il Signore ci ha lasciato, quasi come un tesoro nascosto e noi vogliamo, in qualche modo, riscoprirlo e rivalutarlo. Ma per fare questo è necessario affrontare anche l’aspetto accademico e quindi con una prospettiva scientifica. Ma è necessario studiarla anche come reliquia e vedere se questo termine è appropriato o piuttosto come icona o se è tutte e due le cose. E’ necessario poi affrontarla anche dal punto di vista teologico, perchè la Sindone, in qualche modo, è un testimone non soltanto della Passione - che è forse la cosa più evidente - ma anche della Resurrezione, partendo proprio da quanto Giovanni, entrando al sepolcro, ha visto e ha creduto.

    D. - All’ultima ostensione, nel maggio del 2010, Benedetto XVI ha avuto parole di altissima intensità spirituale sulla Sindone: l’ha definita “un’icona del Sabato Santo, scritta con il sangue, che è possibile ascoltare nel silenzio”. In che modo queste parole del Papa si rifletteranno nel programma accademico?

    R. - Sicuramente noi prenderemo atto di quello che hanno detto i Sommi Pontefici al riguardo, e quindi Benedetto XVI, ma anche Giovanni Paolo II. Tornando, però, alle parole di Benedetto XVI, lì c’è la teologia del Sabato Santo: la Sindone è testimone di quel silenzio di Dio. C’è una bellissima omelia di un autore antico - non si sa con certezza chi sia il compositore - in cui Gesù Cristo scende agli inferi, si trova con Adamo e con i defunti per portare - anche a loro - la grande notizia: il Vangelo. In qualche modo la Sindone ci parla di tutto questo.

    D. - Sono state fatte ulteriori scoperte dal punto di vista storico sul telo sindonico?

    R. - Ci sono ancora tanti punti interrogativi e, dunque, c’è ancora tanto da scoprire. Una recente pubblicazione, ad esempio, mette in discussione se i templari hanno avuto a che vedere con la Sindone oppure no; se la Sindone differisce o si può mettere in rapporto con il volto, il Mandylion
    di
    Edessa, oppure no… Bisognerà mettere nero su bianco quelle che sono le certezze, ma anche mettere in evidenza i punti ancora oscuri, che bisognerà chiarire prima o dopo.

    D. - A che punto è la ricerca scientifica sulla Sindone?

    R. - La ricerca scientifica si trova in un momento di stallo, purtroppo. C’è stato un periodo molto bello, in cui sono stati fatti studi a 360 gradi dal punto di vista scientifico: mi riferisco all’anno 1978, anno in cui si è realizzato il Progetto Sturp, in cui gli scienziati hanno avuto la possibilità di lavorare direttamente davanti alla Sindone: non sono, però, ancora in grado di rispondere come si sia formata questa immagine. C’è stata poi una battuta d’arresto per quanto successo nel 1988, col famoso esame del radiocarbonio: ma anche in questa occasione non si è potuta dire l’ultima parola. Si auspica ora che con l’utilizzo della nuova tecnologia, oggi molto avanzata, si possano fare nuovi esperimenti che portino ad un risultato che sia molto più affidabile. Abbiamo ancora tantissimo cammino da fare, sicuramente. (mg)

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    Presentato il Festival internazionale del Film di Roma

    ◊   E’ stato presentato il Festival Internazionale del Film di Roma che si svolgerà dal 27 ottobre al 4 novembre all’Auditorium Parco della Musica della Capitale: un concorso, eventi, incontri, mostre, omaggi e alcuni quartieri della città coinvolti, con il pubblico sempre protagonista. Presidente della Giuria sarà Ennio Morricone. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Festa o Festival, sempre molto cinema: la kermesse romana giunge al sesto anno con un programma denso e creato da una “collettività” di esperti che sono riusciti a far convergere film da molti Paesi e di molti autori. Un festival per la città e nella città, tanto è vero che protagonista è soprattutto il pubblico. Quindici film in concorso, eventi e molti incontri con le star americane e italiane, che sono una nota distintiva. Un Focus sul tema “Ribelle e patriota”, ossia il cinema britannico che guarda alla tradizione e alla sovversione e la sezione Extra di Mario Sesti, che si dimostra sempre curiosa, con molti documentari legati all’attualità del mondo. Insomma, un Festival che potrebbe sorprendere, come anticipa Piera Detassis, direttore artistico, che ha cercato e ottenuto molti film capaci di intercettare, anche con una modalità spericolata, tutti i segnali della crisi internazionale, ma con un tono leggero e femminile:

    “Ma, insomma … una modalità spericolata, perché normalmente i festival sono considerati quel luogo dove solo l’opera un po’ seriosa ha ospitalità. Quest’anno ci siamo trovati di fronte ad una serie di commedie molto interessanti; ci è sembrato che, accoglierle nel festival fosse anche una bella reazione a tempi piuttosto difficili e duri; molto spesso sono commedie con protagonisti femminili. E quindi ci sembrava che fosse giusto avere chi racconta il male delle banche, il male della finanza internazionale – come fa Montaldo, come fa sicuramente Curtis Hanson in “Too Big to Fail” – ma anche fosse importante far ridere un po’ lo spettatore. Questi sono veramente tempi difficili ed io credo nel bene che può fare un approccio leggero, proprio perché abbiamo tante protagoniste femminili. Un po’ è venuto per caso, un po’ per un’attitudine mia … Bè, insomma, forse siamo anche un festival che risponde a un certo avvilimento delle figure femminili, oggi. E quindi, a questo tengo molto”.

    La sezione “Alice nella città”, dedicata ai ragazzi e che presenterà anche l’atteso “Tintin” di Spielberg, è caratterizzata da un numero di film che, a detta del suo curatore Gianluca Giannelli, “hanno voglia di togliere la pelle al reale”. Che cosa significa esattamente?

    “Io credo che i registi di questi film abbiano sentito di voler raccontare storie vere, autentiche, partendo da cose della quotidianità che in qualche modo appartengono alla vita di tutti i giorni. Raccontano temi forti, raccontano temi sull’identità sessuale, sull’idea del rapporto di amicizia, del rapporto familiare, l’identità intesa come voglia di voler rappresentare qualcosa di diverso … Sono temi che, obiettivamente, non sempre appartengono ad un sentire, non dei ragazzi, perché i ragazzi oggi vivono questo tipo di problematica: una società che li respinge, che non li ascolta, una difficoltà ad inserirsi in una società che chiede loro di avere dei cliché che probabilmente non sentono … Questo credo che emerga dai film in selezione”. (gf)

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    Chiesa e Società



    Pakistan: estremisti islamici a sostegno dell'assassino del difensore di Asia Bibi

    ◊   La frangia fondamentalista islamica, l’associazione che riunisce gli avvocati di Rawalpindi, un famoso giudice del tribunale di Lahore e migliaia di pakistani nelle piazze: una fetta consistente del Paese ha lanciato la sfida al sistema giudiziario e al governo, colpevoli di aver condannato a morte Mumtaz Qadri, la guardia del corpo e assassino reo-confesso del governatore del Punjab Salman Taseer, ucciso il 2 gennaio per aver difeso la cristiana Asia Bibi e chiesto modifiche alle leggi sulla blasfemia. Leader cattolici confermano all'agenzia AsiaNews la “reazione massiccia” dei partiti religiosi contro la sentenza e osservano “con dolore” una nazione che “rischia di precipitare nel caos e nell’anarchia”. Sahibzada Fazle Karim, presidente del movimento sunnita Ittehad Council, ha annunciato per il prossimo 21 novembre una catena umana dallo slogan: “Cacciamo il governo”. Secondo i propositi del leader estremista, una lunga fila di persone che da Rawalpindi – dove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza a carico di Qadri – arriverà fino a Karachi, nel sud del Pakistan, chiederà le dimissioni dell’esecutivo. “Non lasceremo che il governo – afferma Sahibzada Fazle Karim – tenga in pugno l’eroe dell’islam, che ha ucciso un blasfemo infedele”. Egli lancia infine un appello a tutti i musulmani, perché combattano uniti contro “il governo, gli ahmadi e l’Occidente” accusati di “cospirazione contro l’islam”. Con una decisione che ha destato sorpresa, l’ex capo dell’Alta corte di Lahore ha deciso di assumere la tutela legale di Qadri nel processo di appello a Islamabad. Come appurato dall’agenzia Fides, si tratta dell'ex giudice che, nel novembre 2010, negò la possibilità del perdono presidenziale ad Asia Bibi, nel momento in cui il Presidente Ali Zardari – dopo aver ricevuto una relazione proprio da Salman Taseer e dall’allora Ministro per le minoranze Shahbaz Bhatti – era sul punto di concedere la grazia. L'ex giudice – giurista noto per la sua affiliazione a partiti religiosi islamici – emise un’ordinanza che frenò il presidente, affermando che, finchè il caso era oggetto di un processo giudiziario, il presidente non aveva il potere di intervenire. I membri dell’Associazione degli avvocati di Rawalpindi ha avanzato un ultimatum al governo: se entro cinque giorni non verrà trasferito il giudice Syed Pervez Ali Shah – autore della sentenza di condanna a morte – verrà indetto lo sciopero nazionale dei legali. Intanto la procura della capitale ha sospeso l’esecutività della condanna a morte, in attesa dell’appello. Intanto fra i leader cattolici pakistani resta il timore di una deriva violenta della protesta: per mons. Lawrence Saldanha, arcivescovo emerito di Lahore, si è registrata una “reazione massiccia” dei partiti religiosi islamici, che finora “le autorità hanno saputo controllare”. Per mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad-Rawalpindi, che un prestigioso giudice decida di assumere la difesa di un criminale non è “un bel segnale” per il sistema giudiziario pakistano. Non solo per il gesto in sé di uccidere, chiarisce il prelato, ma per “la giustificazione ad ammazzare chiunque non la pensi come te”. Il vescovo della capitale lancia l’allarme: il Paese rischia di precipitare nel caos e nell’anarchia, un luogo in cui “gli assassini sono considerati eroi”. E nota una contraddizione: se l’omicidio di Taseer era giustificato, perché il movimento islamico Tehreek offre una somma di denaro “per lavare col denaro il sangue versato”. (R.P.)

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    Rapporto denuncia: nelle carceri del Pakistan sono frequenti i casi di tortura

    ◊   La tragica vicenda di Asia Bibi, donna cristiana condannata a morte ingiustamente per blasfemia e rinchiusa nel carcere di Shiekupura (in Punjab), riporta l’attenzione sull’annosa questione del degrado in cui versano le carceri pakistane. I detenuti in Pakistan sono oltre 78 mila, più di 33 mila in eccesso rispetto alla disponibilità delle strutture. Almeno 50 mila detenuti – ricorda l’agenzia Fides - sono in attesa di processo. Nelle carceri imperano tortura, violenza, droga e impunità. In un rapporto pubblicato mercoledì scorso, dal titolo "Riforma del sistema carcerario del Pakistan”, l'International crisis group afferma che il sistema carcerario è “corrotto e mal funzionante”. Una sua riforma è centrale per frenare l'aumento della criminalità e il deterioramento della giustizia penale. Il sistema carcerario – si legge nel rapporto - “non riesce a prevenire o perseguire i reati, protegge i potenti, mentre vittimizza poveri e deboli”, proprio come Asia Bibi. Le carceri, “fortemente sovrappopolate e mal gestite, diventano terreno fertile per la criminalità e la militanza: i prigionieri hanno più probabilità di tornare al crimine piuttosto che abbandonarlo”. “Grazie a leggi e procedure obsolete, il sistema di giustizia penale è caratterizzato da lunghe detenzioni senza processo”. Inoltre, dati gli scarsi meccanismi di controllo, “la tortura e altri abusi dilagano” e la vita in prigione è “un focolaio di abuso di droghe, violenza e criminalità”. Il fenomeno delle detenzioni illegali e arbitrarie, disposte dai militari, aumenta il malcontento delle popolazioni locali, creando anche in carcere un terreno fertile per il reclutamento militante. “Il trattamento e le condizioni dei prigionieri – si conclude nel rapporto - sono un criterio chiave per mostrare la volontà dello Stato di sostenere lo stato di diritto, migliorare l'accesso alla giustizia e proteggere i cittadini”. Si chiede al governo, pertanto, una urgente riforma del sistema della giustizia penale in Pakistan, per dare reali garanzie costituzionali a tutti i cittadini e far rispettare lo Stato di diritto. (A.L.)

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    Msf denuncia l’invio di aiuti scadenti a milioni di bambini malnutriti

    ◊   Gli aiuti forniti oggi ai bambini malnutriti sono di qualità scadente. Serve invece cibo “terapeutico” ad alto valore proteico, oggi disponibile, da distribuire nei primi due anni di età per evitare pesanti conseguenze fisiche e psicologiche su intere popolazioni. E’ la denuncia lanciata da Medici Senza Frontiere (Msf), che ieri ha organizzato a Roma, nell’aula della Commissione Difesa al Senato, insieme alla Comunità di S.Egidio e alla Commissione diritti umani del Senato, un incontro intitolato “Fame di denuncia: perché il cibo non basta”. Durante il convegno, organizzato a pochi giorni dalla Giornata Mondiale dell'alimentazione del 16 ottobre, si è ricordato che la malnutrizione, nel mondo, riguarda 195 milioni di bambini sotto i 5 anni. E’ la causa nascosta, inoltre, di almeno un terzo degli otto milioni di decessi di bambini al di sotto dei 5 anni, la maggior parte nell’Africa sub-sahariana e in Asia. A loro vengono inviati aiuti alimentari inadeguati e cibo scadente. “Il sistema globale degli aiuti alimentari – ha affermato Unni Karunakara, presidente internazionale di Msf - non è ancora al passo con i progressi fatti dalla scienza della nutrizione”. Alcune organizzazioni internazionali, come il Programma Alimentare Mondiale (Pam), stanno adeguando le forniture, come nel caso delle crisi nutrizionali in Niger, Somalia, Kenya, per le inondazioni in Pakistan e il terremoto a Haiti. Ma “i bambini che vivono fuori da queste grandi emergenze – ha sottolineato Karunakara - continuano a ricevere prodotti che non soddisfano i loro specifici bisogni nutrizionali”. Al convegno è intervenuto anche Amir Mahmoud Abdulla, vicedirettore esecutivo del Programma Alimentare Mondiale dell’Onu. “Occorre mettere a punto - ha detto - programmi specifici e non basta riempire la pancia dei bambini, è necessario nutrirli con un’alimentazione corretta”. A nome della Comunità di Sant’Egidio, ha preso la parola Michelangelo Bartolo, coordinatore del progetto “Dream” della Comunità. Dream, acronimo di “Drug Resource Enhancement against Aids and Malnutrition”, è un programma avviato nel 2002 con un approccio globale per curare l’Aids in Africa. Sono oltre 160.000 le persone assistite nel corso degli anni, di cui 27.000 minori e 14.000 bambini sani nati da madre affetta da Hiv (il 98% del totale). Sono state più di un milione – ricorda l'agenzia Sir - le visite mediche effettuate e circa 4000 i professionisti e 1.500 gli attivisti sociali locali, formati con i corsi organizzati dalla Comunità. Tuttavia, ha concluso Michelangelo Bartolo, “c’è bisogno ancora di attenzione verso l’Africa: bisogna dire ad una sola voce che l’Africa ha bisogno dell’Europa”. (A.L.)

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    Egitto: il primo ministro in visita al capo della Chiesa copta Shenouda III

    ◊   Il primo ministro Essam Sharaf ha visitato ieri Shenouda III, il capo della chiesa copta egiziana portando le condoglianze del governo per la morte di un numero ancora imprecisato di cristiani copti uccisi dall’esercito la scorsa domenica a Il Cairo. Lo riferisce il quotidiano ‘Al Masry Al Youm’ aggiungendo che i fatti di domenica hanno gettato ombra sulla gestione del Paese da parte del Supremo consiglio delle forze armate. Nel loro incontro - riporta l'agenzia Misna - Sharaf e Shenouda III hanno discusso delle conseguenze dei fatti di Maspero – come è anche nota la sede delle televisione pubblica dove sono avvenuti i fatti di domenica – e delle possibili iniziative da adottare perché non si ripetano. Shenouda ha sottolineato come la protesta di domenica era pacifica e animata da dimostranti disarmati. I fatti di Maspero stanno alimentando reazioni ma anche preoccupazioni in vista della prima tornata elettorale delle legislative che si terrà alla fine di novembre. Proprio ieri l’Alta commissione elettorale dell’Egitto ha riferito che 1325 persone hanno presentato le rispettive candidature per l’Assemblea del popolo e il Consiglio della Shura nel primo giorno di apertura delle registrazioni. (R.P.)

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    Libia: Amnesty denuncia “torture e abusi sui detenuti”

    ◊   Un nuovo rapporto diffuso da Amnesty International, dal titolo “Sulla nuova Libia, la macchia degli abusi sui detenuti”, ha rivelato un quadro di percosse e maltrattamenti nei confronti di soldati dell’esercito di Gheddafi, presunti lealisti e sospetti mercenari nella Libia occidentale. In alcuni casi, sono state riscontrate evidenti prove dell’uso della tortura per estorcere confessioni o per punire i detenuti. Amnesty ha sollecitato le nuove autorità libiche “a porre fine alle detenzioni arbitrarie e ai diffusi abusi ai danni dei detenuti”. “Il rischio è che, senza un’azione ferma e immediata, il passato possa ripetersi. Gli arresti arbitrari e la tortura erano una costante del regime del colonnello Gheddafi", ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice per l’Africa del Nord e il Medio Oriente di Amnesty International. "Siamo consapevoli delle molte sfide che le autorità di transizione stanno affrontando, ma se non si spezzano i legami col passato in questo momento, daranno il segnale che nella nuova Libia trattare i detenuti in questo modo sarà tollerato”. Dalla fine di agosto, le milizie armate hanno arrestato e imprigionato circa 2500 persone a Tripoli e al-Zawiya. Secondo Amnesty International, questi provvedimenti sono stati eseguiti quasi sempre in assenza di un mandato di cattura e del coinvolgimento della Procura generale. Amnesty ha intervistato circa 300 detenuti tra agosto e settembre in 11 centri di detenzione di Tripoli e al-Zawiya. L’organizzazione per i diritti umani ha anche scoperto la presenza di minorenni insieme con i detenuti adulti. Amnesty – rende noto l'agenzia Sir - ha chiesto al Consiglio nazionale di transizione (Cnt) di garantire che “non vi siano detenzioni in assenza di un ordine di custodia del procuratore generale, che tutti i centri di detenzione siano posti sotto il controllo del ministero della Giustizia e che ogni detenuto possa presentare ricorso contro la legittimità della sua detenzione”. (A.L.)

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    Malawi: sospetti di incendio doloso negli uffici della Conferenza episcopale

    ◊   In Malawi le fiamme hanno distrutto i locali riservati agli uffici dei vescovi della Conferenza episcopale e gli alloggi di alcuni sacerdoti. Secondo fonti vicine all'associazione caritativa cattolica internazionale ‘Aiuto alla Chiesa che Soffre’, si tratta di un incendio doloso che rientrerebbe in una campagna di attacchi contro coloro che criticano l’azione di governo dello Stato africano. Padre George Buleya, segretario generale della Conferenza episcopale del Malawi, ha riferito di non essere in grado di confermare le voci sul dolo, ma ha aggiunto che questa ipotesi non può essere esclusa. L’incendio nei locali della Conferenza episcopale segue il rogo avvenuto all'inizio di settembre negli uffici dell'Istituto per l'interazione politica. Sono stati diversi anche gli attacchi dolosi contro le abitazioni dissidenti che criticano l’operato del governo, tra cui il politico dell'opposizione, Salim Bagus, e l’attivista per i diritti umani, Macdonald Sembereka. In questo ultimo anno, la Chiesa cattolica – rende noto l’agenzia Zenit - ha più volte denunciato che l’esecutivo del Malawi ha messo a tacere la società civile, i media e la comunità di fedeli. Lo scorso mese di luglio mons. Joseph Mukasa Zuza, vescovo di Mzuzu, aveva anche condannato le violenze compiute da giovani del Partito progressista democratico - attualmente al potere - a Blantyre, seconda città del Malawi. Nel Paese africano gli abitanti sono oltre 15 milioni. Quasi 4,6 milioni sono cattolici. L'80% della popolazione è cristiano, il 13% musulmano. (A.L.)

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    Sempre più drammatica la situazione degli ostaggi africani nel Sinai

    ◊   “La gravissima situazione dei profughi nel Sinai non conosce fine. Nel mese scorso, sono state torturati a morte quattro persone. Sono a rischio 41 persone tra cui sette donne. Una di queste ultime è in stato di gravidanza. In un altro gruppo ci sono altri 44 persone tra cui 11 donne e 32 maschi, di cui tre minorenni”. Lo denuncia don Mussie Zerai, presidente dell'Agenzia Habeshia, che ricorda ancora una volta la disperazione degli eritrei, etiopi e somali ostaggio dei trafficanti in Egitto. Lo chiamano in continuazione al telefono, chiedono aiuto, raccontano la loro drammatica esperienza. Alcuni sono vittime di torture con scariche elettriche. Frequenti i casi di abusi sessuali sulle donne. “Sono centinaia – afferma don Zerai le cui parole sono state riprese dall'agenzia Sir - gli altri profughi in condizioni simili nel Sinai. Non sappiamo quante persone hanno perso la vita per mano dei trafficanti, perché non hanno i soldi per pagare il riscatto preteso dai predoni”. “Molti mi hanno riferito che hanno già pagato fino a 15 mila dollari, circa 17 persone hanno già versato una media di 25 mila dollari, sono stati rilasciati in territorio israeliano”. Don Zerai denuncia “l'inerzia degli Stati”, che permette a “criminali di arricchirsi, un giro di affari milionario. Perché l'Onu e l’Ue non si impegnano a fondo per stroncare questo traffico di esseri umani? Esistono Convenzioni per la lotta contro la tratta di esseri umani. Non mancano gli strumenti, ma la volontà politica”. (A.L.)

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    Benedetta da mons. Filoni la cripta del Pontificio collegio missionario San Pietro

    ◊   Con grande gioia il Pontificio collegio missionario San Pietro ha accolto il nuovo prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, mons. Fernando Filoni, per l'inaugurazione ieri dell'anno accademico 2011-2012. E’ stata anche la sua prima visita al Collegio dopo aver assunto l’incarico di prefetto. E’ stata l’occasione per la benedizione della cripta rinnovata, che è stata benedetta e dedicata a "Maria Sedes Sapientiae". Quest’anno – ricorda l’agenzia Fides - il Collegio ospita 169 sacerdoti studenti provenienti da 45 Paesi: 101 sono dell’Africa, mentre 65 sono dell'Asia, 2 dell'America Latina e 1 dell'Oceania. Non c'era mai stata un’opera di restauro così importante del Collegio dalla sua nascita, nel 1946. L'anno prossimo inizierà la ristrutturazione dell’ultima ala del Collegio. Di conseguenza, non ci saranno nuovi sacerdoti studenti nel prossimo anno accademico. Dei 169 sacerdoti studenti ospiti del Pontificio collegio San Pietro, 93 sono studenti della Pontificia Università Urbaniana. Di questi 39 frequentano la facoltà di Diritto Canonico. Insieme alla ricerca accademica, sono anche impegnati ad approfondire e ad arricchire la loro visione del mondo e della Chiesa attraverso un salutare, reciproco scambio delle loro esperienze e delle aspirazioni delle loro Chiese locali e delle nazioni. (A.L.)

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    Hong Kong: una nuova legge mette a rischio l’autonomia degli istituti scolastici

    ◊   La Corte d’Appello del Territorio di Hong Kong ha rigettato l’appello presentato dalla diocesi contro l’emendamento all’Ordinanza sull’istruzione del 2004 – approvato nel luglio di quell’anno dal Consiglio legislativo – che richiede alle scuole, in parte sostenute dal governo, di introdurre degli organi di controllo per la gestione amministrativa e didattica. Il vescovo di Hong Kong, mons. John Tong-hon, ha dichiarato: “Abbiamo una responsabilità sociale nel campo dell’educazione, e continueremo a portarla avanti”. Cecilia Wong Yeuk-han, portavoce della diocesi, ha aggiunto: “Le scuole sono parte integrante della nostra missione e tutti devono obbedire alla legge. Continueremo a portarle avanti e a curare gli interessi degli studenti fino a che potremo farlo in accordo con il nostro credo”. La legge – ricorda l'agenzia AsiaNews - offre diversi benefici per le scuole che mettono in atto l’Ordinanza: assicurazione al personale della scuola; elasticità nella gestione dei fondi; un bonus annuale di 350mila dollari di Hong Kong (circa 35mila euro). Secondo il testo, però, ogni scuola sostenuta economicamente dal governo deve approntare un comitato organizzativo interno (School Management Committee, Smc) con valore legale separato da quello delle istituzioni educative (Sponsoring bodies, Sb). Il governo sostiene che questo permette una maggiore trasparenza e una migliore democrazia. Ma per i gestori scolastici è solo una manovra per intromettersi nella gestione interna e minare la libertà di educazione. Le scuole che rifiutano di applicare il decreto, inoltre, vengono penalizzate: diversi rappresentanti cristiani lo hanno definito “discriminante e razzista”. Secondo il giudice Kemal Bokhary “il ricorso è fallito perché la legislazione in oggetto non impedisce alle organizzazioni religiose di nominare all’interno delle loro scuole una maggioranza di persone a loro vicine”. Le 357 scuole - su circa 850 totali - che fino ad oggi avevano ignorato il testo dovranno rivedere la loro posizione. Il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di Hong Kong, ha più volte dichiarato che le scuole rette dalla diocesi “non possono vivere senza libertà: se la legge non cambia, siamo pronti a chiuderle”. (A.L.)

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    Bolivia: i vescovi ribadiscono che “il dialogo è la via per risolvere i problemi” del Paese

    ◊   La Conferenza episcopale della Bolivia ha pubblicato un altro comunicato per contribuire a calmare il clima di tensione che vive il Paese. Nella nota inviata all’agenzia Fides, insieme al comunicato del vescovi, si legge che sono due le preoccupazioni della Chiesa cattolica del Paese in questo momento: la tensione creata con l'arrivo della marcia del Tipnis nella capitale e le elezioni della prossima domenica, 16 ottobre. Il testo dei vescovi ribadisce con tono energico che il dialogo è la via per risolvere i problemi: “Riaffermiamo che l'unica via per una giusta soluzione dei problemi è il dialogo, aperto e onesto, lasciando da parte gli interessi privati e cercando il bene comune, e di bandire una volta per tutte l'atteggiamento intransigente e provocatorio”. I vescovi proseguono: “Il confronto non è il modo di trovare soluzioni reali ai problemi che abbiamo. Prendiamo atto che il Paese è stanco di andare da un conflitto all'altro e di essere manipolato. La Bolivia si trova ad affrontare la sfida della costruzione della pace attraverso il riconoscimento che siamo tutti fratelli, figli dello stesso Padre, Dio, e siamo chiamati a condividere con equità e giustizia i beni che Egli ha messo a nostra disposizione”. Alla vigilia delle elezioni, i vescovi della Bolivia ricordano: “invitiamo tutti i cittadini a partecipare a questo evento con responsabilità, serenità e pensiero critico, illuminati da una retta coscienza e senza essere influenzati da altri interessi”. (R.P.)

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    Cile: domani la “marcia della gioia” dei cattolici impegnati

    ◊   Nel cuore di Santiago del Cile, a Plaza Italia, domani migliaia di cattolici laici, impegnati attivamente in numerose iniziative di solidarietà, educazione, formazione e assistenza, si incontreranno a mezzogiorno per esprimere pubblicamente la propria fede, facendolo “con spirito di festa, gioia e speranza”. La manifestazione, promossa da un gruppo di laici impegnati di Santiago del Cile, ha ricevuto il sostegno dell'arcivescovo della capitale, mons. Ricardo Ezzati Andrello, ed è stata chiamata “La gioia di essere cattolici”: dopo un primo incontro in Plaza Italia, l’iniziativa proseguirà con un marcia nelle strade della città. Gli organizzatori – rende noto l'agenzia Sir - hanno annunciato che sarà realizzato uno speciale servizio fotografico dell'evento, che poi sarà inviato a Benedetto XVI come “espressione di affetto e devozione”. Infatti, l’evento, al quale si chiede di partecipare con una maglietta bianca, desidera “manifestare pubblicamente la fede, dando testimonianza dell'adesione alla Chiesa cilena, a suoi vescovi e sacerdoti e al Santo Padre”. “Sono i tempi che viviamo – affermano gli organizzatori – che c’incoraggiano ad uscire per strada, come membri della Chiesa, per proclamare la nostra fede in Cristo e per rendere testimonianza del nostro impegno per il Vangelo, di solidarietà con i più deboli e di azione concreta nella nostra società”. (A.L.)

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    Domani la “Giornata mondiale per la pulizia delle mani”

    ◊   “L'Unicef si unisce a centinaia di milioni di persone per celebrare domani, 15 ottobre, la quarta “Giornata mondiale per la pulizia delle mani”, sottolineando come lavarsi le mani con il sapone sia un modo efficace, semplice e poco costoso per prevenire le malattie, più di ogni singolo vaccino. Secondo l’Unicef, la diarrea uccide ogni anno 1,1 milioni di bambini, la polmonite (e le malattie legate ad essa) uccide altri 1,2 milioni. Domani verrà diffuso un messaggio semplice ma importante: le mani pulite salvano vite umane”, ha detto il presidente dell’Unicef Italia Vincenzo Spadafora. Molte le iniziative che verranno promosse in occasione di questa Giornata, con il coinvolgimento di insegnanti, genitori, celebrità e funzionari del governo. In Afghanistan, 1,7 milioni di bambini di 1.700 scuole si laveranno le mani; in Eritrea saranno coinvolti 326.809 bambini di 1.272 scuole; in Perù, il governo ha proclamato la “settimana per la pulizia delle mani” e verranno promossi eventi che coinvolgeranno 3,5 milioni di studenti in 20.000 scuole. In India, nel Rajasthan, verranno coinvolti otto milioni di bambini, in Pakistan oltre 1 milione. Queste e altre iniziative promettono di superare le celebrazioni nel 2010, che hanno visto il coinvolgimento di 200 milioni di persone e di 700.000 scuole in oltre 70 Paesi. “Lavarsi le mani con acqua e sapone specialmente in alcuni momenti critici - dopo aver usato i servizi igienici e prima di toccare gli alimenti - contribuisce a ridurre l'incidenza delle malattie diarroiche tra i bambini sotto i 5 anni di quasi il 50% e le infezioni respiratorie acute del 25%; eppure questo semplice comportamento - ha ricordato il presidente dell’Unicef Italia Vincenzo Spadafora - non viene praticato regolarmente”. Il sapone non scarseggia, anche nei Paesi in via di sviluppo", ha affermato Therese Dooley, Senior Adviser dell'Unicef per igiene e sanità. "La stragrande maggioranza delle famiglie povere hanno il sapone in casa. Il problema è che viene utilizzato per lavare i vestiti o per il bagno, ma raramente per lavarsi le mani ". Dooley ha aggiunto che l'Unicef vuole far sì che lavarsi le mani con acqua e sapone diventi una norma sociale in tutti i Paesi. I governi di tutto il mondo hanno ora adottato la Giornata mondiale per la pulizia delle mani come festa nazionale e hanno la necessità che l'evento duri più di un giorno, per assicurare che questo comportamento venga promosso tutto l’anno. (A.L.)

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    India: il pellegrinaggio anticorruzione del Bjp rischia di colpire i dalit cristiani

    ◊   “La minaccia della corruzione ha superato ogni limite”, ma “temo che il pellegrinaggio anticorruzione di L.K. Advani incoraggerà gli estremisti indù a perpetrare violenze contro i dalit, soprattutto cristiani”. È il commento di Vincent Manoharan, attivista dalit e fondatore della National Campaign for Dalit Human Rights (Ncdhr), sullo yatra (pellegrinaggio) anticorruzione organizzato dal vecchio leader del Bharatiya Janata Party (Bjp, partito ultranazionalista indù) Advani. Lo scorso 9 ottobre, il politico ha lanciato la sua personale campagna contro la corruzione, in linea con la presa di posizione del Bjp sul tema. Molti hanno criticato il gesto di Advani, accusandolo di volersi ricandidare come primo ministro alle elezioni del 2014, nonostante abbia 84 anni. Altri credono che il Bjp stia usando il carisma del vecchio leader per riconquistare consensi. Il Bjp sostiene gruppi e movimenti di estremisti indù appartenenti al Sangh Parivar, come il Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss), il Vishwa Hindu Parishad (Vhp) o il Bajrang Dal, spesso responsabili delle violenze contro dalit e cristiani. Lo stesso L.K. Advani – considerato oggi un moderato – ha iniziato la sua carriera politica nel Rss. “La nostra percezione della corruzione – spiega Manoharan – ha connotati più ampi. Non si tratta solo di scambio illegale di denaro e favori. Per noi, il rifiuto intenzionale delle nostre preoccupazioni, del nostro spazio e dei diritti sociali, economici e politici sono corruzione. È questa corruzione in nome della casta, della classe o del patriarcato che danneggia la nostra dignità e le nostre vite”. Secondo il fondatore e presidente del Ncdhr, lo yatra di Advani “mira a una ripresa politica del Bjp e del suo futuro potere”. “Yatra, comizi o altre forme di propaganda – nota Manoharan – aiutano le forze fondamentaliste indù a rafforzare i loro piani di violenza contro i dalit. Ogni volta che i quadri riacquistano potere, vogliono mostrare la loro forza e il loro valore solo attaccando i dalit cristiani. Nessun’altra casta subisce violenze simili”. (R.P.)

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    Ogni anno sprecati in Italia 12 miliardi di metri cubi di acqua per l’ortofrutta

    ◊   Le Giornate europee contro lo spreco del 2011 sono dedicate, quest’anno, al settore idrico. Nell’ambito di queste Giornate verrà presentato domani a Bologna, a Palazzo D’Accursio, il “Libro Blu” (Edizioni Ambiente) sugli sprechi dell’acqua in Italia. Sarà l’occasione per fare il punto della situazione con i due curatori del volume, il preside della facoltà di Agraria dell’Alma Mater, Andrea Segrè, ed il ricercatore Luca Falasconi. Nel libro si ricorda, ad esempio, che in Italia dodici miliardi di metri cubi di acqua sono dispersi ogni anno per l’ortofrutta. Si tratta di una quantità equivalente ad un decimo del mare Adriatico. Nello scenario mondiale il settore idrico fa leva su equilibri delicati. Pur essendo una risorsa rinnovabile, l’acqua è comunque scarsa. Solo circa lo 0,001%, sugli oltre 1,4 miliardi di chilometri cubi d’acqua presenti sul pianeta, è effettivamente a disposizione del consumo umano. L’acqua si può contenere, incanalare, raccogliere, purificare, confezionare, trasportare e trasformare ma non si può produrre. Gran parte degli sprechi – si sottolinea nel libro - proviene proprio dal settore che più dipende dall’acqua, l’agricoltura. Il 70% dei consumi di acqua dolce è imputabile ai campi coltivati e agli allevamenti. Secondo lo studio, anche in Italia perdite e sprechi minacciano la futura disponibilità idrica. Le reti di distribuzione attualmente presenti sono di scarsa qualità e la gestione della risorsa è inefficiente. A questo si aggiunge un uso non razionale dell’acqua, soprattutto in ambito agricolo e domestico. (A.L.)

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    Austria: a Vienna la sede del centro “Re Abdullah” per il dialogo interreligioso

    ◊   I ministri degli Esteri di Austria, Spagna e Arabia Saudita hanno siglato a Vienna il trattato istitutivo del “Centro internazionale Re Abdullah per il dialogo interreligioso e interculturale”, nuova organizzazione per favorire il dialogo tra le religioni mondiali. Per l’agenzia cattolica austriaca Kathpress, il Centro istituito su iniziativa del re saudita Abdullah avrà sede a Vienna. È prevista la collaborazione del Vaticano quale osservatore, con un proprio rappresentante nel comitato direttivo. Ieri. nel corso della cerimonia istitutiva, i ministri Spindelegger (Austria), Jimenez (Spagna) e Al-Faisa (Arabia Saudita) hanno sottolineato il valore del dialogo interreligioso per superare i conflitti e assicurare la pace nel mondo. All’evento – rende noto il Sir - hanno preso parte anche il cardinale Jean-Luis Tauran e l’arcivescovo mons. Pier Luigi Celata del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Erano inoltre presenti il metropolita ortodosso Michael Staikos e il sovrintendente del culto evangelico riformato Thomas Hennefeld, nonché il nuovo presidente della comunità di fede islamica Fuat Sanac. (A.L.)

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    Paraguay: primo Congresso continentale dei giovani ex-allievi/e salesiani

    ◊   In un clima familiare, di gioia e d’impegno, è stato realizzato il primo Congresso continentale dei giovani ex-allievi ed ex-allieve salesiani, con la partecipazione di ragazze e ragazzi provenienti da Argentina, Bolivia, Brasile, Colombia, Cile, Ecuador, Uruguay e Paraguay. L’incontro si è svolto dal 7 al 10 ottobre presso Ypacarai, in Paraguay. Alla riunione hanno partecipato 80 membri, motivati dalla qualità dei temi e giunti con l’intenzione di promuovere un maggiore impegno come discepoli e missionari di Cristo. Gli argomenti proposti per la riunione sono stati “Venite e vedrete”, sviluppato da sr Maritza Ortiz, delegata confederale delle ex-allieve salesiane; “Progetto personale di vita”, guidato da don Pablino González, vicario ispettoriale dei Salesiani del Paraguay; “Identità e missione dell’ex-alllievo/a nella realtà americana”, a carico dell’ex-allieva María Gabriela Pérez Martignano e “I giovani in America alla luce del Documento di Aparecida”, presentato da Ligia Inés Mejía, anche lei exallieva. Ogni riflessione è stata accompagnata da lavori di gruppo sul tema, condivisione e proposte di impegni concreti. Ogni tematica, inoltre, ha portato anche ad un’attività liturgica attinente, secondo la creatività dei gruppi organizzatori e il dinamismo e la devozione di ciascuno dei partecipanti. Grande emozione ha suscitato in tutti i ragazzi il pellegrinaggio a Caacupé. I giovani si sono recati dalla “Virgencita Serrana”, offrendo ciascuno il lavoro svolto durante l’incontro, presentando le esigenze dei Paesi di origine e riprendendo il motto auto-assegnatosi: “Gioventù Salesiana, sentinelle del mattino”. Nel corso dell’Eucaristia conclusiva, don Natale Vitali, Consigliere regionale per l’America Cono sud, ha invitato i giovani a rispondere alla chiamata di Cristo e ad impegnarsi nella società e nella Chiesa, guardando sempre con speranza al futuro. (L.Z.)

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    24 Ore nel Mondo



    Siria, dissidenti in piazza per il 33.mo venerdì consecutivo di proteste

    ◊   Migliaia di siriani sono tornati a manifestare nel 33.mo venerdì consecutivo di proteste anti governative. Dimostrazioni che arrivano all’indomani di una dura giornata di violenze che ha lasciato sul terreno oltre 30 morti. Il servizio di Marco Guerra:

    Il tema di questo venerdì di proteste è stato dedicato dagli attivisti ai ''Liberi dell'esercito'', in riferimento ai soldati disertori. Sulle tv panarabe al Arabiya e al Jazira si susseguono infatti immagini di piazze piene di manifestanti a Damasco e Homs. Secondo il Comitato locale di Qadam le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro i manifestanti. Solo ieri l’ennesima strage denunciata dall'osservatorio siriano dei diritti dell'uomo, secondo cui sono state uccise almeno 36 persone in diverse parti del Paese, tra queste 25 erano militari disertori. L'agenzia ufficiale Sana parla invece di 10 soldati governativi uccisi da terroristi. Una tragedia che assume dimensioni sempre più drammatiche anche secondo l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, secondo la quale dall’inizio delle violenze nel marzo scorso hanno perso la vita oltre 3 mila persone, fra le quali 187 bambini. E alla luce del deterioramento della situazione, le monarchie del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg) hanno chiesto una riunione urgente dei ministri degli Esteri dei Paesi arabi da dedicare alla repressione della contestazione in Siria. In un comunicato, il Ccg precisa che la riunione dovrebbe “studiare i mezzi e le misure capaci di fermare la macchina della violenza”.

    Libia, prosegue l’assedio a Sirte
    In Libia, la battaglia si concentra ancora attorno alla città di Sirte, dove le forze fedeli a Gheddafi hanno costretto i ribelli ad arretrare diversi chilometri, mentre proseguono i raid della Nato sui covi dei miliziani vicini al vecchio regime. Intanto, in Tunisia c’è grande preoccupazione per il fenomeno del traffico di armi proveniente dalla Libia. Sono sempre più frequenti, infatti, i sequestri di materiale bellico proveniente dagli arsenali dell’esercito libico. Infine, l’Eni e la compagnia libica Noc hanno riattivato il gasdotto GreenStream verso l’Italia.

    Medio Oriente, liberazione Shalit
    Il militare israeliano Gilad Shalit tornerà in Israele, martedì prossimo, contemporaneamente alla liberazione di un primo gruppo di prigionieri palestinesi, circa 450. Questo l'accordo raggiunto tra le autorità israeliane ed Hamas annunciato da una fonte ufficiale vicina al presidente israeliano, Benjamin Nethanyau. Gilad Shalit è stato catturato nel 2006 da guerriglieri palestinesi e rimasto prigioniero per più di cinque anni nella Striscia di Gaza.

    Iraq - violenze
    Ancora violenze in Iraq. Un doppio attentato dinamitardo ha colpito ieri sera il cuore del grande sobborgo sciita di Sadr City, alle porte di Baghdad, uccidendo almeno 18 persone e ferendone altre 43. Poche ore prima la polizia irachena aveva effettuato oltre 300 arresti nell'ambito di una serie di perquisizioni nei confronti di persone sospettate di essere legate alle cellule terroristiche. La violenza è in crescita in Iraq e si sta intensificando con l'avvicinarsi della dipartita del grosso del contingente Usa, ancora presente nel Paese, entro la fine dell'anno.

    Italia - governo
    La Camera dei Deputati ha confermato la fiducia al governo Berlusconi richiesta dopo la bocciatura della legge di bilancio. I voti a favore sono stati 316, 301 i contrari. La maggioranza richiesta era di 309 voti. I votanti in tutto sono stati 617. L’opposizione parla comunque di esecutivo giunto al termine, mentre la maggioranza guarda all’imminente varo del “decreto sviluppo” per rilanciare l’azione di governo.

    Declassato debito spagnolo
    L’agenzia di rating Standard & Poor's ha deciso di abbassare il giudizio sull’affidabilità del debito spagnolo di un livello (portandolo da “AA” ad “AA-”). L'agenzia motiva il taglio con le "incerte prospettive di crescita", “l'alta disoccupazione” e “l'alto debito privato”, le difficoltà del settore bancario. Il giudizio negativo sulla Spagna non ha tuttavia condizionato l’andamento odierno delle borse europee che in mattinata volgevano tutte in positivo ad eccezione di Madrid.

    Pakistan - terrorismo
    Uno dei comandanti della rete terrorista Haqqani è stato ucciso nel corso di un'operazione militare in Pakistan. Si è trattato di un attacco condotto da aerei senza pilota americani che hanno colpito il suo bunker nella zona tribale del Waziristan del Nord, al confine con l’Afghanistan. Lo hanno riferito i vertici dell’esercito Usa secondo i quali Janbaz “giocava un ruolo negli attacchi della rete Haqqani contro gli Stati Uniti e la coalizione a Kabul e nel sudest dell'Afghanistan”.(Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 287

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.