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Sommario del 11/10/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • I vescovi australiani in visita "ad Limina". L’arcivescovo di Adelaide, mons. Wilson: gli immigrati, ricchezza della nostra Chiesa
  • Il 15 e 16 ottobre grande incontro in Vaticano sulla Nuova Evangelizzazione
  • Il cardinale Ravasi a Bucarest per un nuovo incontro del "Cortile dei Gentili", dialogo con intellettuali non credenti
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • In Egitto, celebrati i funerali di alcuni dei cristiani morti negli scontri con l'esercito
  • Tunisia, parla uno dei candidati alla Costituente: la nostra è la rivoluzione della dignità
  • Combattere la malnutrizione, l'impegno di "Medici senza frontiere"
  • A Roma, un convegno sulla protezione degli anziani vulnerabili
  • Chiesa e Società

  • Medio Oriente: oggi in Vaticano la riunione annuale dei vescovi latini delle Regioni arabe
  • Libano: si riunisce oggi il Sinodo della Chiesa armeno cattolica
  • Prima Lettera pastorale del cardinale Scola all’arcidiocesi di Milano
  • Pakistan: il dramma delle ragazze delle minoranze rapite, violentate e convertite all'islam
  • Nicaragua. Il vescovo di Matagalpa: “le minacce non possono intimidire la Chiesa"
  • El Salvador: una scuola per i più poveri dei poveri
  • Perù: Giornata Missionaria con le reliquie di Santa Teresa
  • Brasile: la “Casa do Menor” di padre Renato Chiera celebra 25 anni
  • Maldive: arrestato un cattolico indiano perché in casa aveva Bibbia e Rosario
  • Appello dei vescovi canadesi per il pastore cristiano iraniano condannato a morte per apostasia
  • In Pakistan ancora niente scuola per i bambini delle zone terremotate nel 2005
  • Vietnam: nel mese del Rosario i cattolici pregano per la pace nel Paese e nel mondo
  • Russia: presentato a Mosca il Catechismo della Chiesa greco-cattolica di Ucraina
  • Papua Nuova Guinea: "la santità della famiglia” sull’esempio del Beato Peter To Rot
  • Canada: i vescovi contro la decisione del governo di finanziare un'organizzazione pro-aborto
  • Regno Unito: celebrata la solennità del Beato Newman. Ricordati i suoi insegnamenti
  • Italia: due ricerche denunciano gravi violazioni dei diritti di bambini e donne rom
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ucraina: Iulia Timoshenko condannata a 7 anni per “abuso di potere”
  • Il Papa e la Santa Sede



    I vescovi australiani in visita "ad Limina". L’arcivescovo di Adelaide, mons. Wilson: gli immigrati, ricchezza della nostra Chiesa

    ◊   E’ in corso, in questi giorni, in Vaticano la visita ad Limina dei vescovi dell’Australia. Un Paese immenso, il sesto al mondo per estensione, ma scarsamente popolato. Dei 22 milioni di abitanti, molti dei quali immigrati, il 25% è di religione cattolica. La Chiesa australiana comprende sette province ecclesiastiche con in tutto 31 tra arcidiocesi, diocesi ed eparchie. Benedetto XVI ha visitato il Paese nel 2008, in occasione della Gmg di Sydney. Philippa Hitchen ha chiesto all’arcivescovo di Adelaide e presidente dell’episcopato australiano, mons. Philip E. Wilson, di soffermarsi sulla realtà della comunità cattolica australiana:

    R. - One of the great...
    Uno dei grandi punti di forza della comunità cattolica in Australia è la sua composizione internazionale: la Chiesa australiana ha una forte componente di persone immigrate dall’Europa e dall’Asia negli ultimi 50 anni, inserite oggi a pieno titolo nella nostra vita ecclesiale che hanno contribuito ad arricchire con le loro esperienze di fede. Questo è quindi un fattore di forza, nel senso che c’è un grande impegno di fede tra i cattolici australiani.

    D.- Una parte importante dell’attività pastorale è rivolta agli aborigeni australiani. Una sua riflessione…

    R. - The aboriginal people are a very significant...
    Gli aborigeni sono un gruppo molto importante e la Chiesa ha una grande attenzione nei loro confronti. Si tratta di comunità che devono affrontare diversi problemi e difficoltà e tutte le nostre diocesi hanno avviato iniziative pastorali per aiutarle ed inserirle a pieno titolo nella vita della Chiesa. La Conferenza episcopale ha una speciale Commissione che dialoga con gli aborigeni, si occupa della loro situazione e collabora con loro per aiutarli a vivere una vita dignitosa nella fede. I loro problemi derivano essenzialmente dalla mancanza di opportunità, di assistenza sanitaria, di istruzione e di assistenza sociale e la Chiesa è in prima linea non solo per dare una risposta a questi problemi, ma anche per ricordare a tutta la società australiana e ai nostri governi la grande responsabilità che abbiamo verso questa gente.

    D. – Sono passati tre anni dalla Gmg di Sydney: che cosa ha lasciato questo evento alla Chiesa australiana?

    R. - Well, Youth Day has had a really phenomenal effect...
    La Gmg ha prodotto risultati importanti per la vita della Chiesa in Australia. Per noi è stato un momento straordinario, che ci ha permesso non solo di focalizzare l’attenzione sul rinnovamento della nostra pastorale giovanile, ma anche di guardare ai valori importanti della nostra fede che si riflettono nella vita di ciascuno di noi. Come raccontano i nostri vescovi, molti di quei giovani sono oggi attivamente impegnati nella vita della Chiesa. Alcuni hanno intrapreso il sacerdozio o la vita religiosa e molti lavorano nelle loro diocesi nell’apostolato giovanile. Le Gmg hanno aiutato molte persone a consolidare il loro rapporto con Dio e con la Chiesa.

    R. - Cosa ci può dire sull’impegno della Chiesa locale nel dialogo interreligioso e sui rapporti ecumenici?

    R. - The Australian catholic bishops individually...
    I vescovi australiani, individualmente e come Conferenza episcopale, sono molto impegnati nel dialogo ecumenico e nella promozione dei rapporti interreligiosi. Consideriamo i rapporti ecumenici molto importanti e cerchiamo di dialogare e collaborare con gli altri cristiani nel Paese. Negli ultimi dieci anni, con l’aumento di immigrati non cristiani, è inoltre cresciuta anche la nostra attenzione per le questioni interreligiose. Sentiamo il dovere di stabilire un dialogo con queste persone di altre fedi e facciamo il possibile per promuovere l’armonia religiosa e la comprensione reciproca nella nostra società.

    D. - La Chiesa australiana è particolarmente attiva sul tema dell’immigrazione e a volte ha criticato le severe politiche migratorie adottate dal governo. Qual è la sua opinione?

    R. - The Catholic Church in Australia...
    La Chiesa australiana fa sentire la sua voce in difesa di tutti. Siamo quindi impegnati ad affrontare le sfide poste dalla società sulle questioni morali della vita umana, dell’aborto e dell’eutanasia e cerchiamo di influenzare la nostra comunità perché i nostri valori si riflettano sul modo in cui vengono trattate le persone. Il nostro grande compito è di aiutare tutte le persone che si trovano in Australia, quindi anche gli immigrati e soprattutto i rifugiati. Come vescovi abbiamo detto a chiare lettere che tutti quelli che approdano sulla nostra terra devono essere trattati con rispetto e umanità e abbiamo levato la nostra voce contro gli ingiusti tentativi del governo di rendere difficile la vita di questa gente. Ci sono poi singoli vescovi impegnati attivamente nell’assistenza ai rifugiati senza documenti.

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    Il 15 e 16 ottobre grande incontro in Vaticano sulla Nuova Evangelizzazione

    ◊   Si tiene sabato prossimo in Vaticano, l’incontro “Nuovi evangelizzatori per la Nuova Evangelizzazione - La Parola di Dio cresce e si diffonde“ promosso dal Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione. L’incontro si aprirà nell’Aula Nuova del Sinodo con un ampio spazio di confronto tra i responsabili delle realtà ecclesiali per la Nuova Evangelizzazione. Alla ripresa pomeridiana dei lavori, nell’Aula Paolo VI, prenderanno la parola una serie di relatori e al termine degli interventi, il tenore Andrea Bocelli darà vita ad un concerto, un momento di spiritualità e di arte che precederà l’ingresso del Santo Padre nell’Aula, previsto alle ore 18.30. Per tutti i partecipanti all’incontro, domenica mattina, il Papa celebrerà una Santa Messa nella Basilica vaticana alle 9.30. Roberto Piermarini ha chiesto al presidente del dicastero organizzatore mons. Rino Fisichella, quali gli scopi di questo importante incontro in Vaticano.

    R. – Il primo è quello di presentare al Santo Padre almeno i rappresentanti di tutte le realtà ecclesiali che, da diverso tempo, fanno nuova evangelizzazione. Però, non dimentichiamo che è anche il mese missionario – ottobre – quello in cui noi viviamo questo evento. Ci saranno migliaia di persone … Certo, saranno tante, ma sono sempre poche in riferimento a quelli che nel mondo, soprattutto in Occidente, in questo periodo, operano come nuovi evangelizzatori. Quello che è importante è il tema, che è stato anche affidato a questo incontro. E’ un’espressione degli Atti degli Apostoli: “La Parola di Dio cresce e si diffonde”. Ecco, di fatto, visibilmente vogliamo presentare alla Chiesa i nuovi evangelizzatori, perché in questo modo si fa conoscere la Parola di Dio e aumentano i discepoli del Signore.

    D. – Mons. Fisichella, come si svilupperà l’incontro di sabato prossimo?

    R. – Sabato noi avremo due-tre momenti particolari. Il primo sarà un incontro soltanto con i responsabili delle realtà ecclesiali. Devo dire che ad oggi abbiamo presenze veramente significative, perché abbiamo più di 30 Conferenze episcopali presenti, abbiamo rappresentanti di movimenti storici e di movimenti nuovi che sono nati in questi decenni. Quindi, avremo una presenza di riflessione e di conoscenza riguardo ai responsabili, individuando poi gli ambiti di nuova evangelizzazione peculiari per ognuno. Poi, ci sarà il momento della festa, il momento della gioia e il momento anche della preghiera e della riflessione con tutti, nell’Aula Paolo VI. E lì, ovviamente la cosa più bella per noi sarà la presenza del Santo Padre che verrà a darci il suo saluto e a condividere con noi un momento di questa giornata. Poi la sera diversi gruppi, diverse realtà andranno nelle piazze di Roma, le piazze storiche, andranno nelle chiese di Roma per fare opera di nuova evangelizzazione. Molti di queste realtà ecclesiali hanno già un’esperienza e daranno alla città di Roma il segno di una nuova evangelizzazione. E speriamo che la loro fatica possa però portare frutti.

    D. – Quale contributo può portare questo importante incontro in vista del prossimo Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione?

    R. – A mio parere, mi sembra un contributo molto importante, perché diamo ai vescovi sparsi per il mondo, soprattutto a quelli che il prossimo ottobre del 2012 si incontreranno nel Sinodo, il segno evidente che la nuova evangelizzazione si sta già facendo da molto tempo. La nuova evangelizzazione non nasce perché è sorto ed è stato istituito un nuovo dicastero nella Santa Sede; il beato Giovanni Paolo II per 27 anni “ha provocato” la Chiesa in tutti i modi a riconoscere l’urgenza e la necessità della nuova evangelizzazione. Papa Benedetto XVI, con un atto veramente profetico, istituendo questo Pontificio Consiglio, ha voluto che le diverse realtà – quelle che già ci sono e quelle che nasceranno in futuro – possano però trovare un loro punto di riferimento, possano cioè trovare un’espressione concreta del servizio stesso del Papa per la Chiesa a favore della nuova evangelizzazione. Quindi, direi che il Sinodo vivrà già di esperienze estremamente positive: pensi che migliaia di questi sono giovani, quindi c’è l’entusiasmo anche di tantissimi giovani che vivono questa esperienza!

    D. – Nei “Lineamenta” del prossimo Sinodo si dice che “la nuova evangelizzazione è un’attitudine, uno stile audace”. In questo contesto, quali saranno gli ambiti che esplorerà questo importante convegno?

    R. – Ci sono alcuni ambiti che verranno esplicitati proprio a partire anche dall’“Insrumentum laboris” che noi avremo. Certamente, un ambito importante sarà quello della famiglia, perché dev’essere ovviamente al primo posto. Poi ci sarà l’ambito della liturgia, ci sarà l’ambito dell’azione e dell’impegno politico, ci sarà l’ambito della pastorale unitaria nella nuova evangelizzazione, c’è quello della cultura – ovviamente – e dei mezzi di comunicazione, senza dimenticare anche l’ambito ormai sempre più in prima linea, che è quello dell’immigrazione. Per la nuova evangelizzazione, questo è certamente un elemento da tenere in seria considerazione, perché noi abbiamo milioni di cristiani in movimento nei diversi Paesi, che portano con loro non soltanto la ricchezza della loro esperienza cristiana, ma vengono anche ad incontrarsi con le sfide che l’Europa in modo particolare o gli Stati Uniti forniscono da questa prospettiva di secolarizzazione.

    D. – C’è un legame tra questo incontro e la “Missione metropoli” che il suo dicastero ha promosso per la prossima Quaresima?

    R. – Sono dei segni. Questo del 15 e del 16 ottobre, come anche “Missione metropoli” per la Quaresima 2012, sono dei segni; segni che vogliono rimandare a tappe che il Pontificio Consiglio si è dato da dover realizzare, ma soprattutto segni per il prossimo Sinodo e anche per la Chiesa; segni attraverso i quali si vuole far conoscere da una parte l’esperienza della nuova evangelizzazione, dall’altra parte però anche la provocazione a quanti ancora ritengono che o si debba vivere di romanticismo, pensando che tutto andava bene soltanto nel passato, o quanti si illudono che tutto andrà bene soltanto nel futuro per l’invenzione di qualche formula più o meno efficace, noi vogliamo ricordare, con questi segni, che l’evangelizzazione è la missione stessa della Chiesa, che continua da duemila anni, che deve trovare però un nuovo linguaggio, deve avere nuovi stili di vita fatti anche di profonda identità ma anche di rispetto; fatti di un profondo senso di appartenenza alla Chiesa e alla comunità cristiana ma nello stesso tempo aperti ad incontrare tutti come evangelizzatori. E anche con una grande dose di entusiasmo e di gioia, che non stona mai. (gf)

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    Il cardinale Ravasi a Bucarest per un nuovo incontro del "Cortile dei Gentili", dialogo con intellettuali non credenti

    ◊   “Umanesimo e spiritualità. E’ possibile un dialogo sulla trascendenza?”. La domanda fa da leit-motiv alla nuova tappa dell’iniziativa lanciata nel marzo scorso dal Pontificio Consiglio della Cultura, denominata “Cortile dei Gentili”. Oggi e domani a Bucarest, in Romania, il cardinale presidente del dicastero, Gianfranco Ravasi, partecipa al forum di dialogo tra credenti e non credenti con un intervento presso l’Ateneo Romeno. Di fronte a lui il fisico e filosofo, Horia-Roman Patapievici, presidente dell’Istituto Culturale Romeno. Domani pomeriggio, la Biblioteca Universitaria di Bucarest sarà teatro dell’incontro tra il cardinale Ravasi e un gruppo di noti intellettuali, con i quali il porporato parlerà della diffusione del “Cortile” nel mondo culturale romeno.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   E a pagare sono le donne più deboli: in prima pagina, Emanuele Rizzardi sui contraccettivi ormonali che aumentano il rischio di contagio da Hiv.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la condanna internazionale per la strage dei copti in Egitto.

    Cioran e Ionesco nel cortile dei Gentili: in cultura, la lectio magistralis del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, cui l'università di Bucarest ha conferito la laurea honoris causa.

    La dignità e le sue sorelle: anticipazione della prolusione di Giovanni Maria Flick per l'inaugurazione dell'anno accademico 2011-2012 alla Pontificia Università Salesiana.

    Il falco annegato e l'angelo del rosario: Raffaele Alessandrini su una rilettura di "Moby Dick".

    Nell'informazione vaticana, stralci dell'omelia dell'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, in occasione della memoria liturgica di san Daniele Comboni, morto 130 anni fa, e un testo inedito (sullo sviluppo del popolo africano attraverso l'educazione) del vescovo Cesare Mazzolari, morto il 16 luglio scorso, pochi giorni dopo la proclamazione d'indipendenza (9 luglio) del Sud Sudan.

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    Oggi in Primo Piano



    In Egitto, celebrati i funerali di alcuni dei cristiani morti negli scontri con l'esercito

    ◊   Si temono nuove violenze in Egitto dopo gli scontri, domenica scorsa tra esercito e cristiani copti, che hanno provocato la morte di almeno 36 persone. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha rivolto un appello al popolo egiziano affinché rimanga unito in questa delicata fase di transizione dopo la caduta del regime di Mubarak. Ma perché il Paese continua ad essere scosso da forti tensioni? Fabio Colagrande lo ha chiesto ad Enrico Casale, africanista della Rivista dei Gesuiti Popoli:

    R. – Non so a chi interessi, ma so chi, in questo momento, ne trae vantaggio, e probabilmente è la giunta militare al potere, perché dal “divide et impera” riesce a trovare una giustificazione per la sua permanenza al potere: mettendo contro la comunità cristiana e la comunità musulmana più integralista si pone come arbitro, e quindi giustifica il suo essere al potere.

    D. – Ma possiamo parlare di rischi di uno scontro interreligioso?

    R. – Gli scontri che sono avvenuti l’altro ieri al Cairo non hanno visto contrapposti i cristiani ai musulmani, perché all’interno delle file dei cristiani esisteva anche un grosso gruppo di esponenti di un islam moderato, che si sente, anch’esso, schiacciato dal sorgere di questo islamismo più radicale, più integralista, che sta tentando di affermarsi anche in parte con la complicità del governo egiziano.

    D. – Esiste un vero pericolo islamista in Egitto?

    R. – Esiste, nel senso che se il governo continuerà a lasciare mano libera a queste frange estremiste, queste potrebbero prendere il sopravvento e schiacciare le altre componenti della società. La palla in questo momento è in mano al governo. Si vedrà che cosa vorrà fare il governo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi: se vorrà continuare a soffiare sul fuoco oppure stemperare le tensioni attualmente in atto. (ap)

    Restiamo in Egitto, dove ieri sera oltre 20 mila persone hanno partecipato, nella cattedrale copta del Cairo, ai funerali di alcune delle vittime della dura repressione, da parte dell’esercito, della pacifica protesta di cristiani contro l’ennesimo attacco di una chiesa copta nel sud del Paese. Le violenze sono espressione della divisione e dell’odio presenti nella società. E’ quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco il missionario comboniano padre Luciano Verdoscia, da oltre 20 anni al Cairo:

    R. - L’odio è stato sempre presente, anche se in passato spesso veniva camuffato: ufficialmente si diceva che tutto andava bene e che c’erano degli ottimi rapporti. Forse a livello politico c’erano degli ottimi rapporti tra la Chiesa e il governo, ma le divisioni sono lì: la gente, non avendo istruzione necessaria e essendo povera, l’unica identità che si ritrova è quella religiosa. Se questa identità religiosa viene strumentalizzata dalle ideologie presenti in Medio Oriente, è chiaro che poi gli effetti sono devastanti.

    D. - Tra le cause ha indicato questa strategia dell’odio e anche la strumentalizzazione della religione. Il premier egiziano ha detto che nel Paese non si sta verificando solo uno scontro tra musulmani e cristiani ma, piuttosto, un tentativo di provocare il caos…

    R. - Può darsi. Io non voglio escludere che ci sia un tentativo di destabilizzare il Paese. Forse un tentativo del vecchio regime, forse per dire: “Ecco, voi avete distrutto un regime e questo è ciò che vi ritrovate”. Forse, però, è anche vero che c’è una cultura all’interno delle masse incitata da gruppi ideologici, religiosi, una cultura che deve essere combattuta. Democrazia non significa dare la possibilità a tutti di dire quello che vogliono quando “quello che vogliono” significa incitare alla violenza, incitare alla discriminazione, incitare all’odio, questo rappresenta un reato.

    D. – Bisogna dunque agire a livello culturale. C’è un appello che vuole lanciare agli imam in questo momento così difficile per l’Egitto, affinché prevalga sempre il rispetto delle minoranze…

    R. - Posso solamente augurare che si costruisca un clima di tolleranza e di pace. Questo viene fatto, però, col rispetto dell’altro. L’appello lo fare piuttosto ai politici dell’Occidente, che sono chiamati a prendere una posizione e, nello stesso tempo, invitare anche gli altri a creare un clima di pace. Però questo noi lo possiamo fare se abbiamo un’etica. Ma se l’etica non l’abbiamo con quale autorità parliamo?

    D. - L’insicurezza, dopo la caduta del regime di Mubarak, e anche il rafforzamento di posizioni sempre più integraliste, alla vigilia delle elezioni di novembre, hanno spinto molti cristiani a lasciare il Paese. Come si ferma questa emorragia?

    R. - Secondo me, bisogna lavorare nel Paese. Se noi sappiamo che dobbiamo vivere una nostra missione nel mondo, naturalmente bisogna molto lavorare. Uno dei modi che ho scelto per essere presente è quello di lavorare per l’istruzione: all’interno dei quartieri poveri con i bambini provenienti da famiglie molto bisognose. E questo proprio perché, attraverso l’istruzione, pian piano si può creare una coscienza critica per affrontare la vita. (mg)

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    Tunisia, parla uno dei candidati alla Costituente: la nostra è la rivoluzione della dignità

    ◊   In Tunisia, il prossimo 23 ottobre si svolgeranno le elezioni che dovranno designare i membri dell'Assemblea costituente. Si tratta della prima tornata elettorale nel Paese dalla caduta del regime del presidente Ben Ali, avvenuta il 14 gennaio scorso in seguito alla cosiddetta "rivoluzione dei gelsomini", dalla quale è scoccata la scintilla della cosiddetta "primavera araba". Uno dei candidati alle elezioni è Osama Al Saghir, tunisino residente in Italia e membro dell’Associazione Giovani musulmani d’Italia. Fabio Colagrande lo ha intervistato:

    R. – E’ evidente che queste elezioni sono importanti per ogni singolo cittadino tunisino: è infatti la prima volta che avrà il diritto e la libertà di votare il partito che vuole. Ma che si voti è interesse di tutta la regione, per non dire di tutto il mondo, perché questo piccolo Paese è stato così importante che sta cambiando il volto di una regione intera – e parliamo del Mediterraneo – e sta influenzando le sorti di Paesi molto importanti, come l’Egitto, la Siria, lo Yemen, e sta influenzando anche i rapporti con tutta l’Europa. La maggior parte delle persone che pensano un futuro davvero libero e democratico per la Tunisia devono sostenere queste elezioni, altrimenti non ci sarà un ritorno ad una dittatura, ma ci sarà una specie di “somalizzazione” del Paese. E questo non è possibile, nessuno può permetterlo. Sono convinto che tutti dovrebbero appoggiare la le elezioni democratiche in Tunisia.

    D. – Perché ha fatto questa scelta di candidarsi in una delle liste elettorali?

    R. – Dopo tanti anni di lavoro nella società civile italiana, credo che un contributo in questo senso da parte dei tunisini residenti all’estero sia importante. E l’altro elemento importante è che quando sono tornato in Tunisia – sono tornato ormai tante volte, recuperando il tempo perduto negli anni passati quando non mi era permesso farlo – ho incontrato giovani in tutto il Paese: giovani tunisini con tanta voglia di fare. E con loro ho capito e abbiamo capito che elemento fondante per la garanzia del futuro democratico del Paese è costruire una società civile attiva, partecipe, presente. I giovani vogliono essere una parte importante in questo. Non ci sarà più un ritorno, nessuna oppressione, nessuna dittatura finché siamo attivi, vigili e presenti e socialmente attivi positivamente.

    D. – Quali sono, invece, i suoi timori in vista di questo appuntamento elettorale? Ci sono dei rischi?

    R. – Avevamo timori su eventuali ulteriori slittamenti delle elezioni. Ma è evidente che il tunisino ha bisogno di libertà, ha bisogno di democrazia. Tutta la regione ne ha bisogno. Ciò che è successo in Libia, la caduta di Gheddafi, ha migliorato le speranze in questo senso. Adesso siamo quasi certi; speriamo che tutto vada nel migliore dei modi, sicuri che queste elezioni avverranno. Qualsiasi sarà il risultato, sarà un successo per tutto il Paese. Quindi, che l’Italia e l’Europa appoggino ora queste elezioni, è davvero fondamentale.

    D. – Cosa risponde a chi teme che la "primavera araba" possa portare ad una islamizzazione del Maghreb?

    R. – Questo non è assolutamente vero. Nella "primavera araba" tutto il mondo occidentale ha avuto la grande occasione di conoscere davvero la cultura di queste popolazioni: non è arretrata, non è come la immaginavano e cioè chiusa e fondamentalista. A Tunisi, chi di voi ci è stato lo sa, nella via principale della città dove c’è il Ministero degli interni - simbolo dell’oppressione - ci sono altri due simboli importanti: l’ambasciata francese e, a 15 metri di distanza, sul lato opposto, una chiesa. L’ambasciata, simbolo di appoggio alla vecchia dittatura, è tuttora circondata da carri armati e filo spinato, esercito e polizia. Dall’altra parte c’è la cattedrale, stupenda: sia durante i momenti più "caldi" della rivoluzione, sia adesso, non c’è nessuna protezione. Le sue porte sono aperte, non c’è stato un filo spinato messo davanti. Questo è segno di grande maturità, di grande accettazione delle diversità in questo Paese. Non c’è stato nessun tipo di estremismo: tutti hanno partecipato positivamente.

    D. – Quindi, lei crede anche nell’importanza del dialogo interreligioso, per portare la democrazia?

    R. – Con questa rivoluzione abbiamo un grande modello, una grande scuola che ha insegnato a tutti che qui ne va dei diritti dei cittadini, della dignità di ogni persona; la rivoluzione è stata chiamata in diversi modi: la rivoluzione del pane, la rivoluzione dei poveri, la rivoluzione del gelsomino. Tutto questo è falso. In realtà, è la rivoluzione della dignità. Non è la rivoluzione di persone affamate, bensì la rivoluzione di persone che vogliono vedere riconosciuti i propri diritti, come cittadini. Di conseguenza, tra i loro diritti ci sono anche le libertà religiose, che siano cristiani o musulmani. (gf)

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    Combattere la malnutrizione, l'impegno di "Medici senza frontiere"

    ◊   Cosa è la malnutrizione e quali sono le strategie per combatterla? Da ieri e fino al 17 ottobre sarà possibile informarsi su questo grave e attuale problema visitando il Centro nutrizione allestito dall’organizzazione "Medici senza frontiere" nel pieno centro di Roma. La struttura mira a sensibilizzare i cittadini in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Quando il cibo non basta rischiano la vita 195 milioni di bambini, perché tanti sono i piccoli che ogni anno vengono colpiti dalla malnutrizione. In prossimità della Giornata mondiale dell’alimentazione, domenica 16 ottobre, gli operatori di "Medici Senza Frontiere" si mettono gratuitamente a disposizione dei visitatori per mostrare da vicino cosa significa oggi la malnutrizione infantile e quali sono le soluzioni a disposizione per curarla. La struttura di novanta metri quadri, che sorge nei giardini di piazza Vittorio, nel cuore di Roma, prevede un percorso multimediale con documentari video-fotografici e un secondo itinerario che illustra le fasi di intervento. Sergio Cecchini, responsabile della comunicazione di Medici senza frontiere.

    R. – In questo percorso portiamo i visitatori nelle varie fasi del centro nutrizione, dalla diagnosi dello stato di malnutrizione del bambino al ricovero ospedaliero e poi alla parte di cura; alla fine, presentiamo questi nuovi cibi terapeutici pronti all’uso: sacchetti termoresistenti che contengono una sorta di pasta di burro di arachidi, una sostanza cremosa molto dolce che contiene tutti gli elementi nutrienti di cui hanno bisogno i bambini per crescere in maniera corretta. Oggi la malnutrizione può essere sconfitta se su scala internazionale gli aiuti alimentari tradizionali – i sacchi di farine arricchite – vengono sostituiti con questi cibi terapeutici pronti all’uso.

    D. – Ad oggi, nelle gravi crisi alimentari come quella attuale del Corno d’Africa, come vengono utilizzati questi alimenti?

    R. – Vengono utilizzati fortunatamente sempre di più. E’ necessario, però – soprattutto là dove la malnutrizione è endemica, dove può essere prevista, come è il caso del Corno d’Africa, a seguito di una grave siccità – che questi cibi pronti all’uso vengano distribuiti in maniera massiccia, non solo per la cura della malnutrizione grave ma anche come forma di prevenzione: cioè, dare a quei bambini che non sono gravemente malnutriti ma anche solo moderatamente malnutriti questi cibi terapeutici pronti all’uso per evitare che cadano in uno stato di malnutrizione grave.

    D. – Come è organizzato il Centro nutrizione di Piazza Vittorio?

    R. – E’ strutturato in tre sale. Al primo ingresso vi sono tre video che mostrano i problemi della malnutrizione in un contesto abbastanza simbolico, come la Repubblica democratica del Congo, ma anche come vengono gestiti i programmi di aiuti alimentari, come è il caso degli Stati Uniti. Poi si entra nelle varie fasi, come quelle che si hanno in un centro nutrizione, per esempio in Somalia, con tutti gli strumenti che vengono utilizzati sul campo: quindi con le bilance pesapersone, gli strumenti di misurazione del peso e dell’altezza, tutti i registri; e si passa nelle varie fasi che caratterizzano un centro nutrizione. Fino ad arrivare ad assaggiare questi prodotti: noi speriamo che le persone si rendano conto che oggi una soluzione esiste, è pratica, costa poco per cui non ci sono più scuse per non combattere efficacemente la malnutrizione. (gf)

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    A Roma, un convegno sulla protezione degli anziani vulnerabili

    ◊   Minacce, furti e abusi sono il triste destino che accomuna 37 milioni di anziani in Europa. Di essi 29 milioni sono vittime di abusi fisici, 6 di abusi finanziari, un milione di maltrattamenti sessuali e 2500 muoiono per mano dei familiari. Questo sarà al centro del convegno internazionale dal titolo “Protezione degli anziani vulnerabili: aspetti economici e giuridici della fragilità”, in programma a Roma il 27 e 28 ottobre. Oggi la presentazione nella sede della nostra emittente. Al microfono di Andrea Antonelli, Vincenzo Marigliano ordinario di Gerontologia e Geriatria all’Università “La Sapienza”:

    R. – L’Italia è una delle nazioni più vecchie del mondo, se non la più vecchia tranne forse il Giappone. Il problema è la situazione degli anziani, perché arrivati a questa età non hanno fatto prevenzione sulle malattie e il loro stato di salute non è come ci auguriamo. Quindi, oggi noi ci troviamo di fronte a tante disabilità e a tante fragilità sia dal punto di vista sanitario, ovviamente, ma anche economico e sociale: l’emarginazione, il rifiuto di considerare un anziano che ha qualche handicap una persona "normale". C’è troppa considerazione dell’efficienza fisica, per cui in qualsiasi pubblicità, comprese quelle con persone anziane, si mostrano sempre persone pimpanti e non persone, con la testa a posto. che camminano più lentamente. Quindi, il problema è anzitutto di mentalità e poi di organizzazione sociale e sanitaria. Oggi si possono recuperare tutti.

    D. – Cosa si intende per abusi finanziari?

    R. – Quando agli anziani vengono sottratti i soldi con artifici oppure quando vengono ricoverati in ospedale e i parenti spariscono, lasciando l’anziano in una struttura a lunga degenza, così da togliergli l’appartamento, la pensione o l’accompagno.

    D. – Quali obiettivi si intende raggiungere attraverso il Convegno?

    R. – Noi affronteremo il problema e poi faremo una Carta com’è stato fatto in Francia. Ci siamo rivolti al governo affinché prenda visione del fatto che ci sono delle cose da fare: fra l’altro, l’assegno per la disabilità, come in Germania e in Olanda. Ci sono dei problemi da affrontare e sono urgenti, perché la nostra nazione si è mossa meno su certe cose.

    D. – C’è una qualche differenza nelle condizioni in cui vivono i nostri anziani, rispetto magari ad altre nazioni d’Europa?

    R. – Noi abbiamo un grosso vantaggio, che è legato alla mentalità e alla tradizione italiana, che però più passa il tempo e più si dissolve, perché la famiglia che rappresenta l’ammortizzatore sociale, da una parte, è anche l’ammortizzatore sanitario dall’altra. Oggi il 10 per cento dei nonni aiuta i nipoti economicamente, il 36 per cento li aiuta a fare le piccole pratiche e il 40 per cento bada ai nipoti. D’altro canto, però, la famiglia, quando il nonno non ce la fa più, si assume la responsabilità di assisterlo nella malattia, come nel caso dell’alzheimer, visto che il 60 per cento è a carico delle famiglie. (ap)

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    Chiesa e Società



    Medio Oriente: oggi in Vaticano la riunione annuale dei vescovi latini delle Regioni arabe

    ◊   Si è aperta questa mattina, in Vaticano, la riunione annuale della Celra (Conferenza dei vescovi latini nelle Regioni arabe) che si concluderà giovedì prossimo. Diversi i temi all’ordine del giorno, alcuni dei quali - riporta l'agenzia Sir - sono riflesso dell’attuale situazione in Medio Oriente: la Primavera araba, la domanda di adesione di uno Stato della Palestina alle Nazioni Unite, le violenze in Egitto, Iraq e Siria. I presuli, sotto la presidenza del patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, provvederanno, inoltre, all’elezione del nuovo segretario della Conferenza e sceglieranno il vescovo che parteciperà, insieme al Patriarca, al Sinodo su "La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana", che si terrà dal 7 al 28 Ottobre 2012 in Vaticano. Tra gli argomenti anche la presenza della Chiesa mediorientale al Congresso eucaristico internazionale che si terrà in Irlanda, a Dublino, dal 10 al 17 Giugno 2012, sul tema "L'Eucaristia, comunione con Cristo e tra noi". (R.P.)

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    Libano: si riunisce oggi il Sinodo della Chiesa armeno cattolica

    ◊   Il Sinodo della Chiesa armeno cattolica si riunisce oggi presso il convento Nostra Madre di Bzommar in Libano, fino al 21 ottobre, sotto la presidenza di S.B. Nerses Bedros XIX, Patriarca di Cilicia degli Armeni. Prendono parte all’incontro i presuli di diocesi ed eparchie armene di tutti i continenti che dedicheranno gran parte dei lavori ai contenuti del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, da tenersi in Vaticano nell’ottobre 2012. I Padri Sinodali ascolteranno inoltre i rapporti di attività delle diverse Commissioni Patriarcali: liturgica, ecumenica, pastorale, vocazionale, canonica ed esamineranno il lavoro e l’utilizzazione dei mezzi di comunicazione sociale del Patriarcato, con riferimento anche alla Sezione Armena di Radio Vaticana e della Rubrica Telepace Armenia. Alcuni avvenimenti e ricorrenze sono stati inseriti nell’agenda dell’incontro, tra i quali la proclamazione di San Gregorio di Narek a Dottore della Chiesa e il primo centenario del genocidio armeno (2015). Nelle sessioni “a porte chiuse”, i vescovi si soffermeranno sulla situazione generale del Patriarcato armeno cattolico e delle diverse eparchie del mondo, al fine di poter efficacemente rispondere alle loro esigenze spirituali e materiali. (M.V.)

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    Prima Lettera pastorale del cardinale Scola all’arcidiocesi di Milano

    ◊   Occorre riscoprire più profondamente la bellezza, la bontà e la verità della famiglia. È questo l'invito con cui si apre la prima Lettera pastorale all’arcidiocesi di Milano dell’arcivescovo cardinale Angelo Scola. Il testo è incentrato sull'Incontro Mondiale delle famiglie che si terrà a Milano nel 2012: “La famiglia – scrive il porporato - è la via maestra e la prima, insostituibile ‘scuola’ di comunione, la cui legge è il dono totale di sé”. I cristiani, proponendola in tutta la sua bellezza, al di là delle loro fragilità, intendono testimoniare agli uomini e donne del nostro tempo, qualunque sia la loro visione della vita, che l’oggettivo desiderio di infinito che sta al cuore di ogni esperienza di amore si può realizzare. La famiglia così concepita è un patrimonio prezioso per l’intera società”. L'Incontro Mondiale delle famiglie – ricorda l'agenzia Sir - culminerà con la visita del Papa. L'invito del cardinale Scola, dunque, è quello di cogliere l’occasione della presenza di Benedetto XVI nella diocesi di Milano per riscoprire nelle tante iniziative sparse sul territorio, l'importanza della sua figura perché “spesso non siamo consapevoli dell’importanza del ministero del Papa” e “in una società complessa come la nostra è molto facile ridurre il suo autorevole Magistero ad una opinione tra le altre”. L'arcivescovo chiede poi di organizzare dei momenti di conoscenza, nei gruppi come nelle parrocchie degli insegnamenti del Papa in particolare in materia di famiglia, festa e lavoro. Tre, invece, le sollecitazioni: la prima è il lavoro sulle dieci catechesi appositamente predisposte per l'Incontro Mondiale; segue l’invito concreto a “sostenere le famiglie in difficoltà” favorendo “iniziative tese a generare lavoro”, anche sulla scia di quanto chiesto negli anni scorsi con il Fondo famiglia lavoro promosso dal cardinale Tettamanzi; ultima sollecitazione è la richiesta di vivere questa esperienza dell'Incontro Mondiale in una logica di ospitalità e volontariato: “Viverle in prima persona è la strada maestra e alla portata di tutti per imparare un po’ di più quel dono di sé che compie la vita. Chi tra di noi sarà disponibile ad accogliere altre famiglie, provenienti da tutto il mondo, e a prestare il proprio tempo per collaborare, come volontario, potrà sperimentarlo di persona. Per questo – conclude il cardinale Scola - rivolgo il mio invito forte e accorato alle comunità ed in particolare a tutte le famiglie dell’arcidiocesi perché siano disponibili all’accoglienza e alla collaborazione: non importa la quantità di tempo, di spazio o di disponibilità che ciascuno potrà dare. Ognuno offra quello che può, senza pensare che è troppo poco perché possa essere significativo: ciò che conta è il sì di ciascuno”. (A.L.)

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    Pakistan: il dramma delle ragazze delle minoranze rapite, violentate e convertite all'islam

    ◊   Ogni anno in Pakistan circa 1.000 ragazze cristiane e indù vengono rapite e stuprate da musulmani radicali, costrette alle nozze islamiche, a volte uccise: è un bilancio a tinte fosche quello tracciato all'agenzia Fides da fonti nella Chiesa cattolica e della società civile del Pakistan, come la “Commissione per i Diritti umani del Pakistan”. Alle minoranze religiose, “non viene garantita la giustizia dai tribunali: è una gravissima lacuna nello stato di diritto, e questa è una delle principali cause di sofferenza e di persecuzione”. Inoltre le donne in Pakistan vivono in condizione di inferiorità: solo l’8% delle donne riceve un’istruzione e i feti di sesso femminile vengono spesso abortiti. Le donne cristiane portano, in più, lo stigma di appartenere a una minoranza religiosa: sono le più deboli e vulnerabili. Subiscono abusi ma devono restare in silenzio, pena altre violenze contro la loro famiglia. Fra gli ultimi casi segnalati alla Fides, tutti avvenuti in Punjab, quello di Farah Hatim, ragazza cattolica rapita, islamizzata e costretta a sposare un uomo musulmano nella città di Rahim Yar Khan, nel sud Punjab per cui alcune Ong cristiane hanno chiesto l'intervento della Commissione Onu per i Diritti umani. A maggio 2011, Rebbecca Masih e Saima Masih, due ragazze cristiane, sono state rapite da un gruppo di musulmani e costrette a convertirsi all’islam, nel distretto di Jhung, area di Faisalabad. Sidra Bibi, 14enne cristiana del distretto di Sheikhupura, abusata fisicamente e psicologicamente, è rimasta incinta. Riuscita a fuggire al suo aguzzino, è tornata, in uno stato di prostrazione, dalla sua famiglia. La polizia ha rifiutato di accogliere la sua denuncia. Altre due ragazze cristiane, Uzma Bibi, 15 anni, di Gulberg, e Saira Bibi, 20 anni, infermiere di Lahore, sono state prese con la forza da vicini di casa musulmani, convertite all’islam e costrette a sposarsi con rito islamico. Nel 2010 Fides ha raccontato la storia di Kiran Nayyaz, bambina cattolica 13enne di Faisalabad: rimasta incinta dopo le violenze sessuali, ha dato alla luce un bambino malformato. Shazia Bashir, ragazza cristiana di 12 anni, è stata stuprata e uccisa nel gennaio 2010. Chaudhry Naeem, il ricco avvocato musulmano, responsabile del delitto, è stato assolto. (R.P.)

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    Nicaragua. Il vescovo di Matagalpa: “le minacce non possono intimidire la Chiesa"

    ◊   Mons. Rolando José Álvarez Lagos, vescovo di Matagalpa, in Nicaragua, ha denunciato alla stampa locale di aver ricevuto delle minacce per telefono. Così anche il presule - precisa l'agenzia Fides - entra nella lista dei religiosi minacciati perchè insistono nell’invitare la popolazione a votare “dopo aver riflettuto” il 6 novembre prossimo, quando eleggeranno presidente, vicepresidente, 90 deputati all’Assemblea nazionale e 20 deputati al Parlamento Centroamericano. Mons. Álvarez Lagos ha detto in una conferenza stampa che non farà intervenire la Polizia nazionale: "questa è una minaccia alla mia vita, che naturalmente considero rivolta allo svolgimento della mia missione profetica che realizzo come vescovo della Conferenza episcopale e come vescovo di Matagalpa, al fine di illuminare la coscienza del nostro popolo con la luce del Vangelo". Alla fine del suo intervento davanti alla stampa, il Vescovo di Matagalpa ha detto che continuerà nella sua lotta per denunciare ciò che non è giusto: "continuerò a condividere la parola del Signore, perché non sono queste minacce che possono intimidire la Chiesa nicaraguese. Questo è dimostrato con le diverse intimidazioni che sono state fatte anche ad altri sacerdoti dell'arcidiocesi di Managua" ha concluso il vescovo.

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    El Salvador: una scuola per i più poveri dei poveri

    ◊   Oltre 500 ragazzi e ragazze, provenienti prevalentemente da famiglie povere e indigenti, frequentano la scuola Santa Luisa a El Salvador. Si tratta di un’oasi di pace lontana dalla città soffocata da droga, violenza e ribellione. Per molti è la migliore opportunità per uscire dal circolo di povertà che li circonda quotidianamente. Fondata nel 1935 dalle Suore della Carità di San Vincenzo de Paoli, - riferisce l'agenzia Fides - la scuola conta attualmente su uno staff di 23 insegnanti laici e 4 suore della Carità. La preghiera è parte fondamentale della vita quotidiana all’interno della scuola dove gli studenti vengono formati a 360 gradi. La scuola Santa Luisa non avrebbe raggiunto il suo traguardo senza il valido supporto di alcuni ex alunni dell’Università di Scranton in Pennsylvania, guidati dal gesuita padre Brendan Lally, attualmente direttore spirituale presso la St. Joseph University di Philadelphia, che con la Fondazione no-profit ‘Salvadoran Children of the Poor Education Foundation’ (Scope) negli ultimi dieci anni ha aiutato la scuola a coprire le necessità basilari. Scope è il risultato di due programmi gestiti da padre Lally per due decenni presso l’Università di Scranton. Il primo, l’International Service Program, partito nel 1987 per i ragazzi di strada di Città del Messico e il secondo a El Salvador scaturito dal successo del primo. Ogni anno la scuola ha un deficit di migliaia di dollari coperto grazie ai volontari indicati dalla Scope. Le suore contribuiscono gestendo un negozio che produce ostie per le parrocchie locali. Anche se i genitori degli alunni della Santa Luisa devono pagare una retta, un anno intero costa circa 50 dollari a studente, le suore non mandano mai indietro nessuno. Per questo motivo la Scope è impegnata ad aiutare lo staff ad istituire un fondo per coprire eventuali mancanze. Padre Lally definisce Santa Luisa “una città della gioia in mezzo alla povertà e allo scoraggiamento che ne deriva. E’ una scuola per i più poveri dei poveri, la cui missione è quella di puntare al cuore del problema nella società.” Inoltre, aggiunge il gesuita “se la vita di un bambino innocente è salvata dalla sporcizia e dalla morte delle strade, ne sarà valsa la pena. (R.P.)

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    Perù: Giornata Missionaria con le reliquie di Santa Teresa

    ◊   Le Pontificie Opere Missionarie (Pom) del Perù celebrano sempre con grande impegno il mese di ottobre e la Giornata Missionaria Mondiale. Quest'anno in particolare c’è un motivo di gioia in più: la presenza a Lima delle reliquie della Patrona delle missioni, Santa Teresa di Lisieux. Le reliquie di Santa Teresa (1873-1897), che è stata dichiarata Patrona delle missioni insieme a San Francesco Saverio nel 1927, dal 21 al 23 ottobre saranno infatti custodite nella cappella della sede nazionale delle Pom a Lima. Dalla nota inviata all’agenzia Fides dal direttore nazionale delle Pom in Perù, padre Victor Livori, si apprende che la presenza delle reliquie sarà accompagnata da veglie di preghiera, liturgie con i malati, i bambini, i giovani e le famiglie missionarie. Sabato 22 ottobre nella mattinata sono in programma dei momenti di preghiera con i diversi gruppi della pastorale di Lima, e alla sera avrà luogo una "marcia missionaria" con le reliquie di Santa Teresa che partirà dalla sede delle Pom verso la parrocchia di Santa Rosa da Lima, dove verrà celebrata la Santa Messa per l'Evangelizzazione dei Popoli. La giornata si concluderà con un festival del Canto Missionario rivolto ai giovani. Quest'anno si registra anche una novità per la Giornata Missionaria: le Pom del Perù lanciano la prima campagna Domund (Domenica Missionaria) virtuale. Attraverso Facebook, all'indirizzo Domundperu si può trovare una pagina che descrive il significato della Giornata Missionaria e tutto ciò che si fa con il denaro raccolto attraverso la colletta del Domund. C’è anche l’invito a collaborare con un contributo, secondo le possibilità di ognuno: La Chiesa cattolica non chiede la decima parte dei guadagni. Chiede solo, una volta l'anno, di collaborare con il Santo Padre nella colletta della Giornata Missionaria (Domund) per aiutare i missionari nei loro progetti di sviluppo umano che accompagnano l'evangelizzazione nei luoghi poveri ed emarginati. (R.P.)

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    Brasile: la “Casa do Menor” di padre Renato Chiera celebra 25 anni

    ◊   Venticinque anni di impegno instancabile al fianco dei bambini di strada: il 12 ottobre del 1986, padre Renato Chiera, sacerdote piemontese fidei donum, fondava la “Casa do Menor” di Rio de Janeiro. In questi anni, padre Chiera e la sua comunità hanno salvato dalla strada migliaia di ragazzi trasformando il loro presente di paura in un futuro di speranza. Oggi “Casa do Menor” è una realtà consolidata e presente in diverse periferie delle grandi città brasiliane. Si prende cura di bambini e adolescenti, vittime di maltrattamenti, minacciati di morte, coinvolti nel traffico di droga o prostituzione, con lo scopo di reinserirli nella società. “La Casa do menor – sottolinea padre Renato in questa felice ricorrenza – non è opera mia, ma del Signore”. E ribadisce che oggi più che mai, i giovani brasiliani hanno bisogno di una “presenza di amore”. (A.G.)

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    Maldive: arrestato un cattolico indiano perché in casa aveva Bibbia e Rosario

    ◊   Aveva in casa una Bibbia e un Rosario. Per questo, nelle Maldive, un cattolico indiano di 30 anni, Shijo Kokkattu, è stato arrestato. L’uomo è originario del Kerala, in India, e insegna da due anni nella scuola di Raafainu a Rea Attol. Era in classe quando, durante l’operazione di registrazione di alcuni dati sul computer scolastico, ha trasferito accidentalmente anche alcune canzoni mariane. Gli altri professori si sono accorti della presenza dei file e hanno avvisato la polizia. Gli agenti hanno quindi fatto irruzione nella casa di Shijo Kokkattu e lo hanno arrestato dopo aver trovato una Bibbia e un Rosario. Da oltre una settimana – riferisce l’agenzia Zenit – l’uomo è rinchiuso in prigione. Questo caso – sottolinea Sajan K. George, presidente del Global Council of indian christians – mostra il grande paradosso dello Stato delle Maldive: “si vanta di essere una delle mete turistiche più ambite” ma impone “restrizioni alla libertà di coscienza e di fede”. I musulmani che vivono in Paesi non islamici – ricorda Sajan K. George - chiedono che sia assicurata la libertà religiosa. “Lo spirito di reciprocità” – aggiunge - dovrebbe riguardare anche Paesi come Maldive e Arabia Saudita. Ma la Costituzione di questi Paesi non prevede libertà di culto. Nelle Maldive, in particolare, la religione di Stato è l’islam e non c’è libertà religiosa. Nel 2008 un emendamento costituzionale ha anche negato ai non musulmani la possibilità di ottenere la cittadinanza maldiviana. (A.L.)

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    Appello dei vescovi canadesi per il pastore cristiano iraniano condannato a morte per apostasia

    ◊   Anche i vescovi del Canada si uniscono alla mobilitazione internazionale per salvare la vita a Yousef Nadarkhani, il pastore cristiano condannato a morte, in Iran, per apostasia. In una lettera indirizzata all’ambasciata iraniana a Ottawa, il presidente del Comitato per i diritti umani della Conferenza episcopale (Cecc), mons. Brendan O’Brien, chiede al governo di Teheran di rispettare i suoi impegni internazionali in materia di diritti umani. In particolare ricorda che nel 1948 l’Iran ha aderito alla Dichiarazione universale dei diritti umani che, all’articolo 18 stabilisce che “ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione” e che “questo diritto comprende anche la libertà di cambiare religione o convinzione”. Citando inoltre il recente intervento di mons. Dominique Mamberti, Segretario della Santa Sede per i Rapporti con gli Stati, all’Assemblea generale dell’Onu, la missiva afferma che “la mancanza di rispetto per la libertà religiosa è una minaccia per la sicurezza e la pace e impedisce la realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale". Di qui la richiesta che il pastore Nadarkhani, e “tutte le persone che si trovano in situazioni analoghe sia trattato conformemente all’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani”. Nadarkhani, 34 anni, padre di due bambini, si è convertito al cristianesimo all’età di 19 anni. Per questo motivo, e per avere convertito altri musulmani, era stato condannato a morte nel settembre del 2010 da una corte della sua città, Rasht, nel nord dell'Iran. Contro la sentenza hanno protestato i governi di diversi Paesi, in particolare Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia e Polonia, presidente di turno dell'Unione europea. Oggi intanto il tribunale della provincia di Ghilan che avrebbe dovuto avere l'ultima parola sulla sua vicenda giudiziaria ha stabilito che sarà la Guida Suprema Khamenei a decidere la sorte del pastore cristiano iraniano. (L.Z.)

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    In Pakistan ancora niente scuola per i bambini delle zone terremotate nel 2005

    ◊   Secondo le stime registrate dall’Earthquake Relief and Rehabilitation Authority (Erra) dopo il terremoto che ha devastato il Pakistan nel 2005, nel distretto di Shangla sono andate distrutte 204 scuole e danneggiate altre 319, circa 13 mila i bambini colpiti. Fonti locali dichiarano che sono state ricostruite 60 scuole, già operative, mentre a causa dei ritardi nella concessione dei fondi la costruzione delle altre scuole verrà completata nei prossimi due anni. Secondo l’Erra, nella zona del terremoto, 5.751 istituti scolastici necessitano di essere ricostruiti, il 73% sono stati completati all’inizio di settembre, costringendo molti bambini a non andare a scuola per tanto tempo. Molti insegnanti del distretto continuano ad insegnare e cercano di fare del loro meglio in edifici fatiscenti e pericolanti. Le organizzazioni internazionali come l’Oxfam hanno mostrato disappunto sulle mancate promesse fatte nel 2005, subito dopo il terremoto. L’organizzazione ritiene essenziale una migliore preparazione alle catastrofi per mitigare quelle future. “Sono morti così tanti bambini nel distretto di Shangla, e in altre aree del Paese, sotto le macerie di scuole mal costruite. Speriamo che le autorità locali abbiano preso misure di sicurezza per garantire che non si ripeta più una simile catastrofe”, ha detto un rappresentanto dell’Oxfam. Secondo l’Unicef, a causa del terremoto sono morti circa 17 mila bambini, e per molti di quelli sopravvissuti il futuro rimane incerto. (R.P.)

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    Vietnam: nel mese del Rosario i cattolici pregano per la pace nel Paese e nel mondo

    ◊   Nel mese dedicato al Rosario, i cattolici vietnamiti pregano la Madonna per la pace nel Paese e nel mondo. Le intenzioni dei fedeli seguono le indicazioni espresse da Benedetto XVI – in un messaggio in lingua vietnamita – letto di recente in tutte le parrocchie dell’arcidiocesi di Ho Chi Minh City e dedicato alla Giornata mondiale di preghiera per la pace di Assisi, in programma il prossimo 27 ottobre. All’insegna dello spirito di comunione, la comunità locale ha avviato attività caritative e sociali, promosso incontri dedicati al dialogo interreligioso e organizzato attività comuni fra cattolici, funzionari di governo e cittadini atei o appartenenti ad altre religioni. Quest’anno ricorre il 25mo della Giornata mondiale di preghiera, celebrata per la prima volta nel 1986 da Giovanni Paolo II. In occasione della ricorrenza, Benedetto XVI terrà uno speciale incontro a cui parteciperanno alcuni esponenti delle principali religioni del mondo. Per rispondere alle aspettative del Papa, anche i cattolici vietnamiti – sacerdoti e laici – recitano il Rosario con una speciale intenzione per la pace e la giustizia sociale, nel Paese e nel resto del mondo. Interpellato dall'agenzia AsiaNews padre Vincent Phạm Trung Thành, superiore provinciale dei redentoristi di Ho Chi Minh City, sottolinea che “la preghiera è il mezzo per contribuire alla pace e per condurci sul sentiero della giustizia. Grazie alla preghiera, continua il sacerdote, è possibile “rafforzare la fede” e “portare la pace nel mondo”. “L’amore di Dio – commenta – è sostegno per la nostra forza spirituale. La preghiera sarà di aiuto nel dialogo con i nostri fratelli e sorelle”. E conclude: “possiamo far sentire il nostro appello per la pace e la giustizia in molti modi”, fra cui “mettendoci al servizio degli altri, in particolare i poveri”. (R.P.)

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    Russia: presentato a Mosca il Catechismo della Chiesa greco-cattolica di Ucraina

    ◊   Il catechismo della Chiesa greco-cattolica dell’Ucraina (Ugcc) intitolato “Cristo è la nostra Pasqua” è stato ufficialmente presentato a Mosca dall’amministratore della parrocchia di Sant’Ignazio di Antiochia, padre Sergii Nikolenko, e dal curatore del sito ufficiale della residenza per i cattolici di rito bizantino in Russia www.rkcvo.ru, Oleksandr Shvedov. Secondo Shvedov, che ha presentato la struttura generale del libro, il catechismo è realizzato sulla base del principio “legge della preghiera – legge della fede”. Due “pilastri” principali del testo sono il Credo e la Liturgia di Basilio Magno, le epigrafi riportate in ogni parte del Catechismo sono frammenti di queste due parti. Padre Nikolenko, parlando dei cattolici in Russia come pubblico destinatario del Catechismo della Chiesa greco-cattolica dell’Ucraina, li descrive come persone con un retaggio di cultura rurale dove le tradizioni della famiglia patriarcale non sono state completamente distrutte e possono essere rinnovate e profondamente radicate. Secondo alcuni dati statistici, 5,5 milioni di persone sostengono di essere membri della Chiesa greco-cattolica dell’Ucraina rendendo la Chiesa cattolica di rito orientale più grande del mondo. Esiste una tradizione nazionale di fede profondamente radicata, soprattutto nella parte occidentale del Paese; tuttavia, nei decenni trascorsi, questa si è diffusa anche in Nord e Sud America, in Australia e in vari Paesi europei. Nell’area europea della Russia, i membri della Chiesa greco-cattolica dell’Ucraina si concentrano soprattutto a Mosca, a San Pietroburgo, a Obninsk e a Kaliningrad. (R.P.)

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    Papua Nuova Guinea: "la santità della famiglia” sull’esempio del Beato Peter To Rot

    ◊   La famiglia è chiamata ad essere “Chiesa domestica”, luogo dove si respira e si vive la santità: è l’invito dell’arcivescovo di Rabaul, mons. Francesco Panfilo, rivolto ai fedeli in occasione del mese missionario, che nelle comunità cattoliche locali si focalizza sul tema della vita cristiana e della preghiera in famiglia. L’esempio luminoso per le famiglie della diocesi, rimarca l’arcivescovo, è il Beato Peter To Rot, di cui la Chiesa locale celebra nel 2011 il centenario della nascita. Peter To Rot – il primo nativo della Papua Nuova Guinea iscritto nell’albo dei Beati della Chiesa cattolica nel 1995 – subì il martirio nel 1945 con un’iniezione letale durante l'occupazione giapponese di Rabaul, per “difendere la santità della vita matrimoniale e del sacramento del matrimonio”, ricorda mons. Panfilo in una nota inviata all’agenzia Fides. Il tema generale dell’Anno giubilare è “Amatevi come io vi ho amato” (Gv 15,12) e “l’obiettivo principale del Centenario (che durerà fino al 30 dicembre 2012), è il rinnovamento della vita familiare”. Ciò avverrà, spiega l’arcivescovo, “attraverso l'approfondimento dei valori evangelici come fondamento della vita familiare, per conoscere e apprezzare di più il sacramento del matrimonio”. In tal modo l'arcidiocesi attua il suo piano pastorale, che intende riscoprire “la visione della famiglia come Chiesa domestica, luogo in cui genitori e figli riflettono l'immagine della Santissima Trinità, e dove le relazioni amorose testimoniano l’amore cristiano” dice il presule. L’arcivescovo ha inviato ai fedeli, in occasione dell’Ottobre missionario, la sua prima Lettera Pastorale in cui ricorda che “l’Eucarestia è il centro e il culmine della vita di ogni sacerdote”, che essa è un “diritto per i cristiani”. “Nella maggior parte delle culture in Papua Nuova Guinea e Isole Salomone, la danza di gruppi in costume tradizionale è usata nelle celebrazioni più importanti della vita del popolo. Queste danze possono anche esprimere la gioia, la felicità e l'unità del popolo durante la Messa” scrive l’arcivescovo, ricordando ai fedeli che “non c'è modo migliore per costruire comunità cristiane che attraverso la Santa Eucaristia, centro della vita della Chiesa”. Lo stesso entusiasmo, rimarca mons. Panfilo, citando le parole di Benedetto XVI, va espresso nella Giornata Missionaria Mondiale, che si celebra il 23 ottobre. “La missione universale coinvolge tutto e tutti. Il Vangelo non è un possesso esclusivo di coloro che lo hanno ricevuto, ma è un dono da condividere e una buona notizia per gli altri”, conclude l’arcivescovo, invitando tutti i fedeli a riscoprire lo spirito missionario. (R.P.)

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    Canada: i vescovi contro la decisione del governo di finanziare un'organizzazione pro-aborto

    ◊   In una lettera indirizzata al premier conservatore Stephen Harper, il presidente dell’Organismo cattolico per la vita e la famiglia (Ocvf) della Conferenza episcopale canadese ha espresso profonda costernazione per la decisione del governo di finanziare l’”International Planned Parenthood Federation” (Ippf), la nota Organizzazione non governativa dedita alle politiche di pianificazione familiare. “L’Ippf - scrive nella lettera mons. Gerald Wiesner - lavora con determinazione per eliminare tutte le leggi che in vari Paesi vietano l’aborto e per farlo riconoscere come un ‘diritto’ umano universale. Sarebbe dunque ingenuo pensare che il denaro dei contribuenti canadesi non sarà utilizzato per promuovere in Afghanistan, in Bangladesh, in Mali, in Sudan e in Tanzania. Con il pretesto dell’educazione – rileva il presule - questo denaro servirà a propagare la tesi fallace dell’Ippf secondo la quale l’accesso all’aborto è necessario per la prevenzione della morte materna e per promuovere la salute delle donne”. La lettera ricorda che “l’aborto distrugge vite umane” e che oggi migliaia di donne che hanno abortito “levano oggi la loro voce sperando di risparmiare le sofferenze psichiche, psicologiche e affettive che esse hanno dovuto soffrire”. Non essendo dunque l’Ippf “all’altezza” dei criteri fissati dal G-8 del 2010 con la cosiddetta Muskoka Initiative per la salute delle madri, dei neonati e dei bambini, la lettera invita in conclusione il governo canadese ad assegnare i sei milioni di dollari ad essa destinati “ad altre organizzazioni che rispettino veramente la vita e la dignità delle donne e dei bambini in tutte le fasi”. (L.Z.)

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    Regno Unito: celebrata la solennità del Beato Newman. Ricordati i suoi insegnamenti

    ◊   Gli insegnamenti del Beato John Henry Newman possono aiutare i cattolici a comprendere meglio la crisi ideologica del loro tempo e dare loro la certezza che un giorno sarà superata. È quanto ha detto il vescovo di Shrewsbury Mark Davies, alla messa celebrata sabato per la deposizione nella chiesa dell’Oratorio di Birmingham delle reliquie del Beato per la solennità a lui dedicata, il 9 ottobre scorso. A presiedere la solenne celebrazione, a cui hanno partecipato anche numerosi pellegrini dal Canada e dal Giappone è stato padre Ignatius Harrison, Prevosto dell’Oratorio di Birmingham e promotore della causa di canonizzazione del Beato. Citando le parole di Benedetto XVI alla cerimonia di congedo dal Regno Unito il 19 settembre 2010 dopo la sua beatificazione, mons. Davies ha ricordato “l’eccezionale chiarezza profetica” con cui il cardinale Newman seppe prevedere le sfide con cui deve oggi confrontarsi le società britannica e il mondo occidentale, individuando i sintomi di quel relativismo morale che indicò come “la malattia del nostro tempo”. Anche se aveva anticipato “i secoli di confusione” che ne sarebbero seguiti, ha sottolineato il presule, aveva assicurato che se la Chiesa fosse rimasta ferma nella fede queste difficoltà sarebbero state superate. "Gli studiosi – ha proseguito – analizzeranno a lungo gli scritti profetici del cardinale Newman, ma quel che è certo è che egli vorrebbe che la sua memoria e il suo santuario esprimessero con delicatezza e insistenza che la verità può essere veramente conosciuta”. “Le sue reliquie in questa chiesa – ha concluso il vescovo di Shrewsbury permetteranno al suo cuore di continuare a trasmettere silenziosamente questo incoraggiamento a molti cuori, assicurandoci la vittoria in questa battaglia che stiamo combattendo”. Tra le reliquie esposte alla venerazione dei fedeli nella chiesa di Birmingham c’è un piccolo frammento osseo della lunghezza di un centimetro recuperato dopo il tentativo di riesumarne il corpo nel 2008. La reliquia è contenuta in una teca d’argento incassata in una scatola di legno fatta in parte con le maniglie della bara in cui fu sepolto. (L.Z.)

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    Italia: due ricerche denunciano gravi violazioni dei diritti di bambini e donne rom

    ◊   E’ in atto una “sistematica violazione dei diritti della comunità rom e sinte in Italia”. E’ quanto emerge da due rapporti sui diritti dell’infanzia e delle donne rom presentati ieri a Roma dal Centro europeo per i diritti dei rom (Errc) e dall’Associazione 21 luglio. Nelle ricerche si sottolinea che i bambini non hanno garanzia dell’accesso all’istruzione e standard di vita accettabili. Le donne sono costrette a subire discriminazioni, violenze domestiche, matrimoni precoci prima di 16 e 18 anni. I due rapporti erano già stati inviati, nel mese di settembre, alle apposite Commissioni delle Nazioni Unite. Il Comitato delle Nazioni Unite per la difesa dei diritti dei minori – riferisce l'agenzia Sir - ha subito espresso “serie preoccupazioni” per quanto riguarda in particolare lo stato di apolidia di molti bambini rom e per le loro precarie condizioni di salute che “si manifestano nei tassi di mortalità infantile più alti e nella più elevata incidenza di malattie croniche e infettive”. Il Comitato ha espresso inoltre “profonda preoccupazione per le notizie di bambini stranieri collocati in istituti di correzione minorile e centri di accoglienza solo a causa della mancanza di documenti”. Nella conclusione il Comitato, “notando la deplorevole situazione economica e di esclusione sociale della comunità rom” ha auspicato “un piano nazionale di azione per una vera integrazione sociale dei Rom nella società italiana”. L’Associazione 21 luglio ha effettuato, recentemente, anche un monitoraggio sulle azioni promosse dal Piano nomadi del Comune di Roma, verificando circa 430 sgomberi, che hanno portato alla nascita di 256 insediamenti informali. “Sgomberi che hanno comportato una spesa stimata di circa 4 milioni di euro – ricorda Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio - e che hanno prodotto, in primo luogo, la violazione sistematica dei fondamentali diritti dell’infanzia sanciti dalle convenzioni internazionali”. L’Associazione 21 luglio chiede quindi alle autorità locali “l’immediata sospensione degli sgomberi illegali e dei trasferimenti forzati che riguardano le comunità rom e sinte presenti nel territorio della capitale”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Ucraina: Iulia Timoshenko condannata a 7 anni per “abuso di potere”

    ◊   La leader dell'opposizione ucraina, Iulia Timoshenko, è stata condannata a sette anni di carcere e al pagamento di 137 milioni di euro per abuso di potere "a fini criminali", quando era premier. Lo ha affermato il giudice, Rodion Kireiev, leggendo il dispositivo della sentenza a carico dell'"eroina" della Rivoluzione arancione. La portavoce dell'Alto rappresentante della politica estera dell'Unione Europea fa sapere che la condanna può avere “conseguenze importanti” nelle relazioni tra la Ue e l'Ucraina. Il servizio di Fausta Speranza:

    Iulia Timoshenko dice che "nessuno riuscirà a diffamare" il suo "buon nome". Nessuno, aggiunge, in Ucraina o in qualunque altro luogo del mondo, crede nei crimini che sono stati enunciati. L'ex lady di ferro afferma che "continuerà a lavorare per il bene dell'Ucraina". E c’è poi un’accusa: definisce la sentenza contro di lei “una sentenza fabbricata" da Ianukovich, cioè l’attuale presidente. Ma per capire i fatti incriminati, bisogna tornare al 2009, quando la Timoshenko era capo del governo. Kiev e Mosca sottoscrivono un’intesa che mette fine alla guerra del gas di due settimane che aveva lasciato al freddo mezza Europa: il dissidio tra Ucraina e Russia infatti bloccava su territorio ucraino anche i consueti rifornimenti per altri Paesi. In ogni caso, secondo l'accusa, quell’intesa fu imposta alla società energetica statale Naftogaz dall'ex premier senza il consenso del governo da lei guidato. Inoltre, il prezzo concordato, 450 dollari ogni mille metri cubi, sarebbe stato svantaggioso per il Paese. A questo proposito: oltre che a sette anni di reclusione, l'ex premier ucraina, Iulia Timoshenko, è stata condannata a risarcire alla compagnia energetica statale Naftogaz circa 137 milioni di euro, cioè l'ammontare del presunto danno che l'azienda avrebbe subito a causa dei contratti per le forniture di gas russo siglati nel 2009 dalla ex leader senza il consenso del suo governo. Migliaia di persone stanno manifestando intanto davanti al Tribunale distrettuale di Pechersk, a Kiev, contro la condanna e a sostegno della Timoshenko, che ora è capo dell’opposizione. E che mai ha smesso gli abiti tradizionali con la caratteristica pettinatura con le lunghe trecce raccolte.

    Il Cnt controlla il quartier generale della polizia a Sirte
    Le forze del Consiglio nazionale transitorio libico (Cnt) hanno preso il quartier generale della polizia nel centro di Sirte, uno degli ultimi bastioni dei lealisti di Muammar Gheddafi. Lo rende noto l'Afp.

    Trichet avverte: la crisi è sistemica
    Campanello d’allarme sull’emergenza economica in Europa. A lanciarlo è stato oggi Jean Claude Trichet, presidente della Banca centrale europea (Bce), parlando al parlamento di Bruxelles. Secondo Trichet, la crisi è sistemica e i singoli governi devono affrontarla con maggior decisione. La situazione è in progressivo peggioramento, ha detto ancora Trichet. Parole che rappresentano una vera doccia fredda per i partner continentali. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Jean Claude Trichet affronta senza mezzi termini la situazione economica continentale, dipingendo un quadro ben più grave di quello trapelato sinora, di fronte al quale sembrava sufficiente una politica di sacrificio e l’aiuto monetario di Bruxelles nei confronti degli Stati vicini alla bancarotta. “Il tempo è limitato – ha sottolineato il presidente della Bce – ed è necessario che sulla crisi del debito e sulla ricapitalizzazione delle banche ci siano decisioni chiare”, ha detto ancora, commentando il rinvio del vertice europeo al 23 ottobre prossimo. Questo rinvio – ha messo in evidenza – è utile solo se l’Unione Europea sarà finalmente in grado di trovare risposte chiare. Trichet ha evidenziato ancora come sia ormai l’Europa l’epicentro della crisi, con un inevitabile contagio a Stati Uniti e Giappone. Più che un’analisi, dunque, un’esortazione ai 27 a non perdere tempo di fronte una situazione che si è deteriorata in poche settimane. Tutto questo, mentre oggi la "troika" economica formata da Unione Europea, Fondo monetario internazionale e Banca centrale è a Dublino, per controllare gli effetti del recente piano di salvataggio per l’Irlanda. Mentre la Slovacchia potrebbe mandare a monte l’intero piano salva-Stati, per il quale occorre l’unanimità dei Paesi membri, se oggi il parlamento di Bratislava dovesse esprimere un voto contrario. Il governo ha chiesto in merito il voto di fiducia.

    Anche Malta ratifica il nuovo fondo salva-Stati
    Il parlamento maltese ha ratificato gli accordi per il potenziamento del Fondo salva-Stati. Al termine di un dibattito durato quattro ore, il parlamento ha votato unanimemente a favore. Il ministro delle Finanze maltese, Tonio Fenech, in una dichiarazione all'Ansa ha detto che Malta rimane leale verso i suoi obblighi europei. “Il voto di questa sera è un segnale chiaro che anche il più piccolo stato nell'Eurozona è stato leale verso i suoi obblighi”, ha affermato, auspicando che si raggiunga in Europa la stabilità economica e finanziaria.

    Persiste la crisi nel nord del Kosovo: media l’Unione europea
    La persistente crisi nel nord del Kosovo e le prospettive di ripresa del dialogo fra Belgrado e Pristina sono stati i temi al centro dei colloqui che il mediatore europeo, Robert Cooper, ha avuto oggi a Pristina con la dirigenza kosovara. Il responsabile Ue ha incontrato il capo negoziatore kosovaro, Edita Tahiri, e il premier, Hashim Thaci, ma nulla è trapelato sul contenuto dei colloqui, che proseguiranno domani. La situazione è bloccata per le posizioni diametralmente opposte delle due parti: Belgrado sostiene che il dialogo potrà riprendere solo dopo la soluzione della crisi nel nord, legata ai due posti di frontiera con la Serbia di Jarinje e Brnjak. Crisi che va affrontata in colloqui fra le parti. Pristina, al contrario, afferma che tale questione è un affare interno del Kosovo e non può essere oggetto di negoziato. Nel dialogo, si sottolinea a Pristina, non si possono affrontare tematiche politiche ma solo problemi tecnici e concreti per la vita quotidiana della popolazione. Dal 16 settembre scorso, le due postazioni di frontiera sono bloccate e chiuse al transito per la protesta dei serbi, maggioritari al nord, che contestano la presa di controllo di Jarinje e Brnjak da parte di poliziotti e doganieri kosovari albanesi, appoggiati da Eulex (missione europea) e Kfor (Forza Nato in Kosovo). Da settimane decine di manifestanti presidiano barricate e posti di blocco in corrispondenza delle due postazioni. I serbi del nord, che al pari di Belgrado non riconoscono l'indipendenza del Kosovo, non accettano l'estensione dell'autorità di Pristina a una regione in cui loro costituiscono la grande maggioranza.

    Elezioni in Liberia: in lizza anche la presidente neo Premio Nobel per la pace
    Oggi la Liberia alle urne per eleggere il proprio presidente della Repubblica. A contendersi la carica sono la presidente uscente, Ellen Johnson-Sirleaf, che ha ottenuto quest’anno il Nobel per la pace, e altri 15 candidati, tra i quali Winston Tubman, considerato uno dei favoriti, oltre all’ex calciatore, George Weah. Si tratta del secondo voto presidenziale della Liberia dopo un conflitto durato 14 anni e conclusosi solo nel 2003. Nel Paese, che ancora lavora al consolidamento di una fragile pace, si trovano anche 9.200 caschi blu della missione Unmil. Sulle imminenti elezioni e il loro significato per il Paese, Stefano Leszczynski ha intervistato Vittorio Scelzo, esperto di questioni liberiane:

    R. – In questi giorni, il nome della Liberia è associato alla parola “pace”, al Nobel che è stato dato a due donne liberiane. È una buona notizia, dopo anni in cui al nome Liberia si associava la guerra, la guerra per i diamanti di sangue, lo sfruttamento dei bambini soldato. Oggi, effettivamente, per la Liberia si apre un capitolo nuovo, che si è iniziato con la fine della guerra civile, con le prime elezioni che ha vinto Ellen Johnson-Sirleaf. E oggi questo Nobel per la pace, queste nuove elezioni, segnano il consolidamento di una stagione nuova.

    D. – Tuttavia, resta un Paese con forti tensioni. Anche le Nazioni Unite hanno prolungato il mandato della propria missione nel Paese. Quali sono i pericoli?

    R. – Il Paese è segnato da 14 anni di una guerra civile molto dura: tanta gente, tanti giovani sono cresciuti nella cultura della guerra e tante armi hanno girato e girano nel Paese. Quindi, è importante che si continui a tenere sotto stretto controllo il problema della riconciliazione. La Commissione Verità e Giustizia, purtroppo, non ha funzionato come in altri Paesi africani. Quindi, c’è un problema serio di riconciliazione nel Paese. Ma credo che queste elezioni siano anche il segnale di qualcosa che cambia, qualcosa che si muove e di una pace che si consolida.

    D. – Una pace che si consolida e che ha bisogno, tuttavia, anche di una forte politica di sviluppo per migliorare le condizioni di vita nel Paese. Cos’è che manca, praticamente, in Liberia?

    R. – Mancano tante cose, anche se il Paese ha visto uno sviluppo molto positivo in questi ultimi anni. Io insisterei, però, sul fatto che c’è bisogno di dare una speranza di pace soprattutto alle giovani generazioni. Io ricordo che, quando noi della Comunità di Sant’Egidio abbiamo lavorato per la fine del conflitto, durante le ultime fasi della Seconda Guerra Civile liberiana, il problema era che si incontravano giovani che non avevano una visione per il futuro. Anche le nostre comunità presenti lì ci dicono che c’è il problema di nutrire una speranza per il futuro, di avere una visione pacifica per il futuro. Credo che in questo senso gli accadimenti di questi giorni siano un segnale sicuramente positivo e che ci sia uno spazio per costruire un futuro più pacifico per questo Paese. (ap)

    Nuovo blocco parlamentare in Bahrein
    Un nuovo blocco parlamentare entra nella scena politica del Bahrein, ed è, per la prima volta, trasversale: nove deputati islamici di religione sunnita e sciita hanno dato vita al "Bahrein Bloc". L'intento è di "favorire l'unità nazionale", profondamente scossa dalla sollevazione popolare di febbraio-marzo e dalle successive settimane di repressione. Del blocco, il secondo più largo all'interno del'Assemblea Nazionale composta da 40 membri, fanno parte anche due delle donne neo-elette, Sumaya Al Jowdar e Sawsan Al Taqawi. Elezioni parziali per sostituire i 18 deputati di Al Wafaq (il maggiore partito dell'opposizione), che si erano dimessi in blocco per i metodi di repressione delle proteste di primavera, si sono svolte il 24 settembre e l'1 ottobre. Nel programma del gruppo, si parla di allentamento delle tensioni settarie, seguito dallo sviluppo economico dell'isola petrolifera.

    Diecimila manifestanti in Cile per i popoli indigeni
    Circa 10 mila persone, secondo le autorità, hanno manifestato a Santiago del Cile a sostegno dei popoli indigeni del Paese, in particolare i Mapuche, in una marcia pacifica sfociata però in qualche isolato scontro, a seguito di quali 18 persone sono state arrestate. I disordini sono avvenuti in vari punti del centro città, quando, al termine della manifestazione, 150-200 giovani hanno affrontato la polizia, che ha risposto con idranti e gas lacrimogeni. Il prefetto di Santiago, Cecilia Perez, ha tuttavia ottolineato il carattere pacifico della marcia, e in particolare il comportamento dei manifestanti, che hanno tentato i creare una “catena umana” tra i facinorosi e la polizia. La manifestazione era stata indetta per commemorare il Giorno della razza’come viene definita dagli indigeni la data nefastà della scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo, il 12 ottobre del 1492. A promuoverla, soprattutto le organizzazioni mapuche, principale minoranza india, che rappresenta il 6 per cento della popolazione cilena, pari a circa 17 milioni di persone. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 284

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