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Sommario del 08/10/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa in Calabria con il motto “Nel nome di Gesù Cristo, cammina!". Il vescovo e il sindaco di Lamezia: messaggio di speranza per questa terra
  • Rinunce e nomine
  • Beatificata la religiosa catalana Ana María Janer Anglarill. Il Papa: donna forte e umile, misericordiosa verso tutti
  • Padre Lombardi: la Santa Sede da sempre all'Onu per ricordare al mondo il dovere di essere una "famiglia di nazioni"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Prima visita di Stato del presidente del Sud Sudan a Khartoum
  • Due giorni d'incontri a Torino sulle infiltrazioni mafiose nel Nord d'Italia. Intervista con don Ciotti
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Elezioni in Nicaragua. I vescovi: prevalga il bene comune
  • I vescovi del Camerun sulle presidenziali: l’avvenire del Paese è nelle nostre mani
  • Burkina Faso. Seminario di formazione dell’Azione cattolica per i lavoratori del turismo
  • Costa d’Avorio. I Padri Domenicani festeggiano i 50 anni di presenza nel Paese
  • Sarà costruita ad Istanbul la prima chiesa siriaca
  • Madrid: costruzione della prima Chiesa ortodossa tutta in pietra
  • Amnesty: non c'è adeguata protezione per i giornalisti in Russia
  • Messico, nuove violenze a Veracruz. Appello di mons. Patiño Leal

  • 24 Ore nel Mondo

  • Libia: continua l’offensiva contro Sirte, ultima roccaforte di Gheddafi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa in Calabria con il motto “Nel nome di Gesù Cristo, cammina!". Il vescovo e il sindaco di Lamezia: messaggio di speranza per questa terra

    ◊   “Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno: cammina!”. Questo il motto scelto per la visita pastorale che il Papa compirà domani a Lamezia Terme e Serra San Bruno. L'intera Calabria attende con trepidazione l'arrivo del Pontefice, previsto per le 9.15 all'aeroporto internazionale di Lamezia. Poi il trasferimento nella periferia della città, dove verrà celebrata la Santa Messa. Nel pomeriggio, Benedetto XVI sarà a Serra San Bruno: dopo il saluto alla popolazione locale, la visita alla Certosa per la celebrazione dei Vespri con i monaci. Afflitta dalla più alta percentuale italiana di giovani disoccupati - siamo intorno al 65% - la Calabria crede fortemente in un sussulto spirituale capace di cambiare le proprie sorti. Dalla nostra inviata Emanuela Campanile, la cronaca di queste ultime ore di attesa:

    La Calabria non si rassegna ad essere la terra della 'ndrangheta, del più basso reddito e del più alto indice di disoccupazione giovanile: il peggior dato d'Italia. La Calabria vuole vivere e vivere con dignità. Per questo l'atteso arrivo di Benedetto XVI a Lamezia Terme e Serra San Bruno è profondamente sentito come momento di fede e di speranza: la fede in quel Dio Padre che non abbandona i suoi figli e la speranza di un risveglio delle coscienze per la ricostruzione di un tessuto sociale fatto di legalità, bene comune e solidarietà. La Calabria, dunque, è pronta ad accogliere il Papa e lo fa in festa. Lamezia Terme è ricoperta dai colori bianco e giallo delle bandiere dello Stato Vaticano, transennate le strade che il corteo papale attraverserà per raggiungere la zona industriale dove verrà celebrata la Santa Messa e dove verrà recitato l'Angelus. Ad assistere alla celebrazione un numero di fedeli superiore alle aspettative: a Lamezia Terme, tra questa notte e domani all'alba si prevede arriveranno da tutta la regione oltre mille pullman. E anche nella calma e verde Serra San Bruno, culla dell'antica Certosa a cui nel pomeriggio farà visita Benedetto XVI, le cifre sono quasi le stesse. Mancano poche ore perché il Papa chiami a raccolta la Calabria intera. A 27 anni dalla storica visita di Giovanni Paolo II in questa terra bella e difficile, è di nuovo tempo di speranza.

    Benedetto XVI sarà il primo Papa dopo 890 anni a compiere una visita pastorale a Lamezia Terme. Prima di lui venne in questi luoghi Calisto II: era il 1121. Giovanni Paolo II, durante la sua visita in Calabria 27 anni fa, fece un semplice scalo nell'aeroporto di Lamezia ma non entrò nella città. In vista del viaggio di Benedetto XVI, il vescovo di Lamezia, mons. Luigi Antonio Cantafora, ha scritto varie lettere: una di queste è stata indirizzata ai bambini e ai giovani invitandoli a non essere solo spettatori ma protagonisti di questa visita. Ascoltiamo mons. Cantafora:

    R. - Sì, certamente, la visita del Papa per noi è una grazia. Questo evento ha messo in moto tante cose nella nostra diocesi, tra cui anche i bambini e i giovani, rendendoli realmente partecipi attraverso dei concorsi, delle gare, in modo che la visita del Santo Padre è diventata, per questi stessi ragazzi, un argomento di riflessione. Hanno prodotto anche dei lavori che dicono la grande sensibilità, il grande amore che i giovani hanno per il Santo Padre.

    D. - Nella lettera ai giovani, in particolare, lei fa riferimento al loro amore per la vostra terra, bellissima ma anche difficile. La Chiesa, allora, quale segno deve essere in una realtà come quella specifica di Lamezia Terme?

    R. - La Chiesa, a mio avviso, deve organizzare questo amore che hanno i nostri giovani per la nostra terra, dando ai giovani la certezza di essere accanto a loro, perché restando in questa terra possano farla germogliare. Speriamo che la visita del Santo Padre diventi realmente una primavera, quella primavera che questi giovani attendono, affinché possano rimanere in questa terra. Perché essere sradicati da questa terra è sempre uno strappo. Noi vediamo che quando questi giovani ritornano, tornano anche con il desiderio di restare, ma il lavoro che manca tante volte crea un ostacolo.

    D. - Che valore ha l’appartenere alla Calabria?

    R. - Appartenere alla Calabria significa innanzitutto conservare quel patrimonio che c’è nella nostra terra: il patrimonio della famiglia, il patrimonio della speranza, il patrimonio della solidarietà che spesso e volentieri qui si vede con molta facilità ed ha molta visibilità. Ma anche la speranza che, attraverso l’impegno, possa essere messa da parte l’illegalità e la mafiosità che tante volte impera in certi ambienti. Io credo che in Calabria debba avvenire quello che avviene nel Vangelo di Marco: Gesù viene presentato come un grande “miles”, un grande soldato, un grande lottatore che, man mano che avanza, spazza via la negatività. Così, più noi stiamo con speranza dentro la nostra terra, più tutta la negatività lentamente va via.

    D. - Dal punto di vista della tradizione cattolica, la Calabria ha molto da insegnare. E questo è uno dei tesori della vostra terra.

    R. - La nostra terra è una terra di Santi, una terra di uomini che sono stati accanto al popolo, per cui la nostra terra certamente ha dei valori, delle risorse che, se noi le riprendiamo in mano – e credo che il Santo Padre ci indirizzerà su questa strada – se noi riprendiamo queste tradizioni come la famiglia, la pietà popolare, l’accoglienza, vediamo che sono tutti valori che fanno parte del patrimonio stesso della nostra terra. Lamezia ha 80mila abitanti; un quarto sono stranieri integrati da due generazioni, ormai ci sono i nipoti dei primi venuti in questa terra e vivono con i nostri figli con tanta disinvoltura. Frequentano gli stessi banchi di scuola, gli stessi luoghi, gli stessi spazi ricreativi, anche se ognuno poi vive la sua identità, anche religiosa. (mg)

    Lamezia Terme è una città che sta cambiando: ma quali sono le tappe di questo cambiamento? Emanuela Campanile lo ha chiesto al sindaco della città, Gianni Speranza:

    R. - Le tappe sono tante. Sono il formarsi di un’associazione d’imprenditori contro il racket, per cui non si sono trovati più da soli; la crescita di una cultura giovanile fondata sulla solidarietà e sull’amore per la propria città. Le tappe sono che c’era una caserma dei carabinieri pericolante, al centro della città, che è stata abbattuta ed ora se ne sta costruendo una nuova. Le tappe sono il viaggio del presidente della Repubblica nel 40.mo anniversario della città ed il suo bagno di folla tra i giovani. E adesso c’è questa straordinaria visita, anche se si tratta di più che una semplice visita, perché quella del Santo Padre non è soltanto una visita ma è un dono che la città di Lamezia ha avuto. In questa città - che naturalmente è sempre una città a rischio - ci sono quindi molti fatti di giustizia sociale ed anche molti fatti di spiritualità nuova.

    D. - Lei dice che sono particolarmente i giovani che, nella società, stanno cambiando…

    R. - Sicuramente sì. I nostri giovani hanno solo una sventura: per tanti di loro non c’è la possibilità di rimanere qui dopo aver terminato gli studi fuori. Almeno il 70 per cento dei giovani di Lamezia è costretto a restare fuori. Se tutti i giovani di questa città rimanessero qui una volta finiti gli studi, Lamezia non avrebbe nulla da invidiare alle migliori città italiane.

    D. - Pensa stia rinascendo un po’ l’orgoglio di appartenere alla Calabria, a Lamezia Terme?

    R. - Se dicessi questo sarei troppo presuntuoso, e quindi non posso dirlo. So però - ed è una delle cose più belle che sento - che oggi, almeno, un ragazzo di Lamezia non si vergogna di dire, nella propria università o anche in altri posti d’Italia, che è originario di questa città. Ripeto: non vorrei dare la sensazione di un cammino già compiuto e di un processo irreversibile. Sono convinto che se le migliori energie di questa città potessero restare, non ci sarebbe più nulla da fare per la mafia o la cattiva politica.

    D. - Che cosa spera possa nascere dalla visita del Santo Padre?

    R. - Mi auguro che la visita del Santo Padre a Lamezia sia come la visita del suo predecessore in Sicilia, che possa cioè avere nel tempo lo stesso effetto. (vv)

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    Rinunce e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Sonsonate (El Salvador), presentata da mons. José Adolfo Mojica Morales, per raggiunti limiti di età ed ha nominato amministratore apostolico ad nutum Sanctae Sedis della medesima diocesi mons. Fabio Reynaldo Colindres Abarca, ordinario militare per El Salvador.

    Il Papa ha nominato vescovo ausiliare della diocesi di Warszawa-Praga (Polonia) il rev. canonico Marek Solarczyk, del clero della medesima diocesi, finora parroco della Cattedrale, assegnandogli la sede titolare di Hólar.

    Il Santo Padre ha nominato il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Suo Inviato Speciale alla celebrazione per il centenario della Cattedrale di Yangon (Myanmar), prevista per l’8 dicembre 2011.

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    Beatificata la religiosa catalana Ana María Janer Anglarill. Il Papa: donna forte e umile, misericordiosa verso tutti

    ◊   Una donna che fu un esempio di “carità creativa”. È questa una delle definizioni che il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha riservato ad Ana María Janer Anglarill, religiosa catalana elevata questa mattina agli onori degli altari. La cerimonia di Beatificazione, presieduta dal porporato a nome del Papa, si è svolta questa mattina a La Seu d’Urgell, nella comunità autonoma spagnola della Catalogna. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Ci sono donne e uomini il cui destino è quello di lasciare dietro di sé, come luminose “comete” del bene, una scia destinata a non dissolversi mai. Persone che invece della passione per sé hanno quella per gli altri, bruciante e assoluta. Altrimenti non si potrebbe dire per Ana María Janer Anglarill, una catalana che attraversa l’Ottocento disseminando la sua terra di ospedali, collegi, case di accoglienza, perché chiunque – povero o ammalato che fosse, appena nato o vicino alla morte – aveva diritto a un pezzo del suo cuore e di quello di chi aveva deciso di affiancarla in questa avventura della carità. Nel tracciarne all’omelia della Messa di Beatificazione un profilo biografico, il cardinale Angelo Amato ha sottolineato come agli occhi di quelle che diverranno suore della Sacra Famiglia di Urgell, fondate nel 1859, Janer Anglarill ha già dato fin lì prova in prima persona di essere un’inesausta consacrata alla solidarietà:

    “Benedetto XVI afferma che Madre Janer fu una ‘donna forte, umile, ricca di misericordia verso tutti, soprattutto verso i bisognosi e ammalati’. Si può aggiungere che in lei, ‘figlia del popolo catalano’, le virtù proprie della sua terra - come l’infaticabile capacità di lavoro, le eccellenti doti organizzative e di governo, la grande affabilità con tutti - vengono esaltata dalla sua grande carità verso Dio e verso il prossimo”.

    Madre Janer non è risparmiata dalla persecuzione. Le guerre carliste e civili che guadagnano alla Spagna del 19.mo secolo morte, fame e peste colpiscono anche la Chiesa, spogliata nel 1836 degli Ordini religiosi. La futura Beata finisce all’esilio in Francia, ma non va in esilio da lei l’amore per quel Gesù che ha promesso di amare e che ora vede soffrire negli orfani di guerra, nei giovani disabili che affollano gli ospedali. “La grande virtù della carità – ha detto il cardinale Amato – era accompagnata dall’umiltà, virtù piccola, ma indispensabile per l’autentica pratica della carità”. Per le sue suore – oggi presenti anche in Centro e Sud America e in Guinea Equatoriale, oltre che in Spagna, Italia e Andorra – Madre Janer Anglarill fu di sprone continuo a essere “benevole” e “pacifiche”, “trattabili” e “dolci”. Ovvero, a portare dal di dentro all’esterno il meglio di un essere umano, il meglio di un cristiano:

    “Le suore della Sacra Famiglia di Urgell oggi vanno incontro con coraggio e creatività alle nuove povertà, presenti, nella nostra Europa, nelle famiglie destrutturate, nell’immigrazione crescente, nella mancanza del senso trascendente della vita, nel pessimismo sterile che toglie entusiasmo di futuro ai giovani”.

    Eletta nel superiora del proprio Istituto all’età di ottant’anni, allo scadere del mandato, nel 1883, Madre Janer Anglarill torna a essere una semplice suora, che pulisce il refettorio e si occupa dei servizi del convento, con quella stessa dedizione che ha fatto scuola:

    “La Beata Janer è anche una bussola che ci orienta verso i bisognosi, che ancora oggi sono tanti, perché ancora oggi ci sono affamati, assetati, ammalati, emigranti e carcerati. La Chiesa è amica dei bisognosi e le sue braccia sono sempre aperte ad accoglierli”.

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    Padre Lombardi: la Santa Sede da sempre all'Onu per ricordare al mondo il dovere di essere una "famiglia di nazioni"

    ◊   Il mondo come una “famiglia di nazioni”: perché si sviluppi a livello internazionale, questo concetto deve basarsi “non sulla supremazia del più forte, ma sull’attenzione al più debole”. È questa una delle convinzioni basilari – che in più circostanze e in discorsi di vario genere – la Santa Sede ha ribadito dal suo seggio all’Assemblea delle Nazioni Unite. Nel suo editoriale per “Octava dies”, il settimanale del Centro Televisivo Vaticano, il nostro direttore, padre Federico Lombardi, torna sul significato della presenza vaticana all’Onu:

    A volte ci si domanda perché un’autorità religiosa come la Santa Sede partecipi alle attività di un consesso mondiale come l’Assemblea delle Nazioni Unite, spesso teatro di duri scontri politici. Premesso che lo status della Santa Sede è quello di Osservatore - e quindi non partecipa alle votazioni - per capire basta leggere il discorso di mons. Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, nella sessione in corso. E’ facile riconoscerne la continuità con gli ultimi grandi interventi dei Papi a New York. Giovanni Paolo II aveva insistito con forza sul fatto che le Nazioni Unite devono essere il luogo in cui le nazioni si riconoscono come membri di una “famiglia”, animata dalla solidarietà vicendevole e dalla preoccupazione per il bene comune dell’umanità intera. Alla luce di questa visione, Benedetto XVI aveva sviluppato il concetto della “responsabilità di proteggere”, come espressione concreta dell’attenzione per i più deboli.

    Mons. Mamberti riparte proprio da qui, applicando questa responsabilità alle crisi umanitarie in corso - a partire da quella del Corno d’Africa - e alla tutela della pace, della sicurezza e dei diritti dell’uomo. Insiste poi sulla libertà religiosa, oggi troppo spesso palesemente violata o sottilmente limitata emarginando la religione dalla vita della società. Ritorna poi a battere sul rapporto fra etica ed economia, che si trova alla base della crisi globale odierna. Parla dello sviluppo sostenibile a cui l’ONU dedicherà presto una conferenza internazionale, ricordando appunto che la coscienza di essere “famiglia di nazioni” guida e sostiene il senso di responsabilità e la tutela dell’ambiente, come pure la lotta contro il commercio delle armi. “La famiglia è una comunità fondata sull’interdipendenza, sulla mutua fiducia, sull’aiuto vicendevole e il rispetto sincero”, conclude Mamberti. Ricordarlo nell’interesse di ogni persona umana, perché diventi realtà viva nel mondo. Per questo soprattutto la Santa Sede è a New York.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Formazione delle coscienze per ricostruire la società: nell’informazione vaticana, intervista di Nicola Gori a monsignor Luigi Antonio Cantafora, vescovo di Lamezia Terme, alla vigilia della visita di Benedetto XVI.

    Nell'informazione internazionale, Francesco Citterich sulle elezioni legislative di domani in Polonia.

    Eugenio Pacelli e l'amico ritrovato: in cultura, il vescovo Sergio Pagano, prefetto dell'Archivio Segreto Vaticano, sul cordiale e solido rapporto tra l'ebreo Guido Mendes e il futuro Pontefice, con l’articolo di Antoine Wenger, apparso sul quotidiano cattolico francese “La Croix” il giorno dopo la morte di Pio XII, avvenuta il 9 ottobre 1958, mentre dall’Archivio Segreto Vaticano emerge una lettera del 21 gennaio 1939 in cui il segretario di Stato chiede aiuto per il medico fascista colpito dalle leggi razziali.

    Fiducia in Dio di un geniale giacobino: Antonio Paolucci sullo scultore Lorenzo Bartolini alla Galleria dell'Accademia di Firenze.

    Nell’informazione religiosa, un articolo sul Pakistan diviso dalla legge sulla blasfemia.

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    Oggi in Primo Piano



    Prima visita di Stato del presidente del Sud Sudan a Khartoum

    ◊   L'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha aperto un nuovo campo in Etiopia occidentale per ospitare profughi provenienti dalla regione del Nilo Azzurro in Sudan. Negli ultimi mesi più di 27.500 persone sono fuggite verso l'Etiopia e il Sudan meridionale, per sottrarsi alla tensione poi sfociata in violenti scontri tra l'esercito sudanese e i ribelli del Sudan Liberation Army-Nord. Intanto oggi è in visita a Khartoum, capitale del Sudan, il presidente dello Stato del Sud Sudan, Salva Kiir. Si tratta della prima visita di Stato dalla dichiarazione di indipendenza del Sud, il 9 luglio scorso. Fausta Speranza ha parlato degli sviluppi politici in atto con Maurizio Simoncelli, del Consiglio Direttivo dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo:

    R. - Mi sembra importante, perché certamente i due Paesi devono trovare un’intesa. Questo è fondamentale: non si può immaginare che il Sud Sudan possa sviluppare una vita nazionale indipendentemente dal Nord Sudan. E’ un Paese nuovo, che sta sorgendo e che ha bisogno certamente di creare una serie di relazioni, in particolare anche con quello che era prima parte di uno stesso territorio.

    D. - Prof. Simoncelli, ci sono delle questioni politiche aperte...

    R. - Ci sono grossi problemi relativi a parti del territorio, alle ricchezze energetiche, problemi relativi alle risorse idriche, alle risorse petrolifere in particolare. Per questo i due Paesi devono trovare un’intesa. Sono problemi che sono stati all’origine - possiamo dire - degli scontri che ci sono stati tra le due parti del Sudan. Per fortuna, dopo una tragedia incredibile come è stata quella del Sud Sudan con persecuzioni e circa 2 milioni di profughi, oggi si è arrivati ad una istituzionalizzazione di due realtà separate, che però sono “condannate” comunque a collaborare.

    D. - Intanto in due Stati del Sudan - Nilo Azzuro e Sud Kordofan - si combatte: sono Stati che si trovano immediatamente al Nord della nuova frontiera tra Sudan e Sud Sudan. Perché lì si combatte?

    R. - Si combatte perché sono zone in cui - appunto - ancora non si sono risolte dispute di interesse economico. E l'interesse economico è importantissimo: legato alle risorse energetiche, che in generale sono concentrate per lo più nel Sud Sudan.

    D. - C’è il rischio che la comunità internazionale dimentichi quest’area, dopo vent’anni di guerra civile e dopo la difficile secessione del Sud?

    R. - Sì, potrebbe accadere. C’è però un’importanza fondamentale del Sud Sudan: è ricco di petrolio e pertanto - potremmo dire cinicamente - quando c’è un interesse legato al petrolio è difficile che la comunità internazionale se ne possa disinteressare e dimenticare. Le aree che sono geopoliticamente importanti non vengono dimenticate, soprattutto dalle grandi potenze. Quindi, da questo punto di vista, io spero che ci sia un interesse vivo e che questi conflitti non possano degenerare in una guerra permanente, che potrebbe solamente destabilizzare ed impoverire tutti e due i Paesi. (mg)

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    Due giorni d'incontri a Torino sulle infiltrazioni mafiose nel Nord d'Italia. Intervista con don Ciotti

    ◊   Si è aperta ieri nella sede del Gruppo Abele a Torino una due giorni d’incontro e approfondimento sul problema delle infiltrazioni mafiose nel Nord d’Italia, promossa dall’associazione per la legalità “Libera”. Obiettivo dell'evento è capire quale possa essere la strada giusta per contrastare la rete criminosa in un momento in cui i suoi volumi d’affari crescono. Al microfono di Andrea Antonelli, don Luigi Ciotti, presidente di “Libera”:

    R. – La mafia al Nord c’è da oltre 50 anni. Non a caso a Torino fu ucciso, anni fa, il procuratore capo della Repubblica, Bruno Caccia; Bardonecchia fu commissariata per infiltrazione mafiosa; penso alla mafia nel Nordest, la mafia del Brenta, penso alle centinaia di beni confiscati a Milano e in Lombardia … quindi, una presenza criminale nel Nord che oggi torna alla ribalta. Ma c’è sempre stata, come ci sono sempre stati gli anticorpi da parte delle istituzioni, della magistratura, delle forze di polizia per respingere tutto questo.

    D. – Cosa permette alle mafie di essere tanto forti, oggi?

    R. – Oggi le mafie sono forti perché la politica è molto debole, autoreferenziale, perché si è abbassata quell’attenzione che bisognava mettere in un certo modo per affrontare, per leggere, per conoscere, per fare di più la propria parte. Viviamo un momento molto difficile, da questo punto di vista …

    D. – Quali sono le speranze?

    R. – La democrazia si fonda su due doni: la giustizia e la dignità. Sono doni impegnativi perché toccano la vita di tutti. Ma la democrazia non potrà mai stare in piedi senza l’impegno e la responsabilità di ciascuno di noi. Certo, noi chiediamo allo Stato, alle istituzioni che facciano la loro parte, ma noi siamo chiamati a fare la nostra. I ragazzi hanno voglia di trovare dei punti di riferimento veri, coerenti, credibili; hanno bisogno di concretezza, di vedere dei segnali di speranza. La speranza che chiede a ciascuno di noi di mettersi in gioco, perché la speranza o è di tutti o non è speranza. Senza una responsabilità condivisa, la democrazia rischia di diventare una scatola vuota. Dobbiamo ridare speranza facendo veramente cose che diano questo senso della partecipazione, di responsabilità e di corresponsabilità, di protagonismo dei giovani ...(gf)

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 28.ma Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù paragona il regno dei cieli a un re che fa una festa di nozze per suo figlio, ma gli invitati si rifiutano di andare. Allora ne invita altri, buoni e cattivi, e la sala delle nozze si riempie di commensali. Ma un uomo non indossa l’abito nuziale. Il re ordina ai servi:

    “’Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti’. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Siamo nel contesto del Tempio di Gerusalemme, e attorno a Gesù si trama per ingannarlo e accusarlo. Egli non teme gli intrighi, e anzi reagisce, mostrando, con la serie di parabole che ascoltiamo in queste domeniche, che chi lo ostacola e lo disprezza sta giocando contro se stesso. La convivialità alla quale i primi invitati si rifiutano, anche con violenza, segnala l’incapacità di accettare un’amicizia, di far festa con Dio. La venuta del suo Figlio sulla terra non significa che è venuto a comandare e giudicare, a vietare e imporre: ma a far festa con l’umanità, a condividere le nostre speranze e le nostre fatiche. Dio ci vuole suoi commensali: e non si scoraggia se quelli che erano i primi poi si rifiutano. La sala deve essere piena, e se qualcuno si chiude e si rifiuta, questa è l’occasione di rompere schemi ed emarginazioni. Attorno al suo Figlio prenderanno posto altri, buoni e cattivi, vicini e lontani; l’unica condizione richiesta è la conversione del cuore (rappresentata dall’abito nuziale del Battesimo). Anche oggi molti sembrano non aver voglia di esserci al banchetto della grande festa: o perché rinchiusi in cenacoli per pochi privilegiati, o perché non hanno voglia di mettersi la veste bella, cioè di riconoscere il dono dell’invito e adeguarsi con stile pulito. Non basta essere invitati: occorre essere convertiti e costantemente vigilanti.

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    Chiesa e Società



    Elezioni in Nicaragua. I vescovi: prevalga il bene comune

    ◊   Parole umili, da amici, padri e pastori. È quanto vogliono offrire, come servizio della Chiesa, i vescovi del Nicaragua in un messaggio pubblicato a poco meno di un mese dalle elezioni nazionali del 6 novembre. L’obiettivo è “richiamare il senso di responsabilità dei laici ad essere presenti nella vita pubblica, e più specificamente nella formazione del consenso necessario e nell’opposizione contro le ingiustizie”. I presuli invitano anzitutto a non disertare le urne e ad esprimere il voto con serenità ed intelligenza confidando nella forza della verità, ma esprimono rammarico per il mancato accreditamento di taluni organismi, esteri e nazionali, nel sistema di monitoraggio delle elezioni e criticano la manipolazione dell’opinione pubblica da parte di alcuni leader politici attraverso i media. I vescovi evidenziano poi la mancanza di fiducia, da parte di ampie fasce sociali, nei confronti dei partiti politici, che non sempre perseguirebbero interessi collettivi; criticano gli episodi di violenza che si sono verificati durante la campagna elettorale, le anomalie registrate nel rilascio delle cedole elettorali; sottolineano lo scarso interesse, soprattutto dei giovani, verso la politica, dovuto anche a progetti politici poco realisti o tendenti a privilegiare interessi personali. Da ciò la sfiducia di parte della popolazione nelle elezioni. A fronte di tale realtà i vescovi auspicano un Nicaragua in cui prevalgano i grandi valori del rispetto e della difesa della vita, e ancora giustizia, verità, onestà, trasparenza, dialogo e solidarietà, un governo che difenda e promuova il bene comune ed offra opportunità alle famiglie. Per il loro Paese i presuli si aspettano inoltre un sistema sanitario di alta qualità e accessibile a tutti e poi una buona previdenza, richiamano inoltre all’attenzione verso gli immigrati e chiedono il rispetto della libertà di culto, con la possibilità di una collaborazione tra governo e Chiesa che non manipoli o ignori i valori cristiani. Infine la Conferenza episcopale esorta a recarsi alle urne dopo un’attenta valutazione delle proposte dei partiti e dei candidati, perché le scelte ricadano su proposte basate sul rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali e invita i cristiani a non appoggiare programmi che favoriscono l’aborto e l’eutanasia e non privilegiano la famiglia fondata tra persone di sesso opposto. (A cura di Tiziana Campisi)

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    I vescovi del Camerun sulle presidenziali: l’avvenire del Paese è nelle nostre mani

    ◊   Più di 7 milioni di elettori sono chiamati alle urne, domani, per eleggere il capo dello Stato del Camerun. Su 23 candidati il favorito è il presidente uscente, Paul Biya, al potere da 29 anni. Per contribuire a un sereno e corretto svolgimento della consultazione, i vescovi del Camerun hanno deciso di dispiegare sul territorio nazionale degli osservatori elettorali indipendenti. Il 30 maggio inoltre la Conferenza Episcopale ha pubblicato una Lettera pastorale nella quale vengono espresse le sue considerazioni sulle elezioni. “L’avvenire del Camerun è nelle nostre mani” scrivono i vescovi richiamando la responsabilità di ciascun cittadino del Paese ad operare per la pace e la costruzione del bene comune. La Lettera – ripresa da Fides - sottolinea i valori fondamentali che “fanno la grandezza di una nazione e che si impongono a noi”. Tra questi vi sono la dignità di ciascun essere umano (che comporta, tra l’altro, il rispetto dei diritti dell’uomo, della donna e del bambino e della vita umana dal concepimento alla morte naturale); il rispetto del bene comune con una giusta ripartizione delle risorse della nazione “affinché nessun cittadino si senta escluso degli effetti della crescita”; la salvaguardia dei beni pubblici “che dovrà concretizzarsi nel nostro caso con la restituzione dei fondi pubblici da parte di coloro che sono stati riconosciuti colpevoli del loro storno”; l’unità nazionale nella diversità di tribù ed etnie “per costruire la nuova famiglia che è la nazione”; un sistema di sicurezza sociale e un sistema sanitario a costi accessibili a tutti. Nella Lettera pastorale si invitano tutti gli elettori a recarsi alle urne e a rifiutare ogni forma di violenza e di provocazione. Parimenti le autorità, i candidati e i partiti politici, così come le forze dell’ordine e gli operatori dei media, sono invitati a operare per la pace e per il corretto svolgimento dello scrutinio, evitando ogni forma di manipolazione. I vescovi infine chiedono alla comunità internazione di rispettare la sovranità del Paese e di osservare “una totale neutralità nel corso del processo elettorale”.

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    Burkina Faso. Seminario di formazione dell’Azione cattolica per i lavoratori del turismo

    ◊   Sensibilizzare i lavoratori sui loro diritti e doveri, aiutandone la formazione: con questo obiettivo si è svolto il 4 e 5 ottobre, in Burkina Faso, un seminario organizzato dall’Azione cattolica dei lavoratori (ACT). Il corso tenutosi a Ouagadougou, è il risultato di uno studio svolto dall’ACT nei mesi scorsi, sulle condizioni di vita dei lavoratori e sul grado di conoscenza dei loro diritti. All’evento hanno partecipato 25 persone, tutte operanti nel settore turistico, vale a dire il personale alberghiero e quello impiegato nei ristoranti e nelle taverne. Le ore di lezione si sono concentrate in particolare sulla legislazione del lavoro, le condizioni di igiene, sicurezza e salute dell’ambiente di lavoro e sulle attività sindacali. “La sfida di ACT – ha detto Jean de Dieu Somé, presidente dell’associazione – è quella di aprire ai lavoratori del turismo un futuro migliore, dando loro l’opportunità di conoscere meglio i propri diritti e doveri, in modo che possano assumersi le proprie responsabilità professionali e, soprattutto, lottare contro lo sfruttamento, contribuendo così a costruire un mondo di giustizia, uguaglianza e pace”. D’altronde, ha continuato Somé, l’ACT è sempre stata un’associazione educativa che ha dato priorità alla formazione dei lavoratori, per consentire a tutti di svolgere i propri impegni professionali con responsabilità, al fine di vivere in modo dignitoso. A conclusione del seminario, l’ACT ha invitato tutte le parti impegnate nel settore turistico e tutte le persone di buona volontà a rispettare i diritti dei lavoratori. (I.P.)

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    Costa d’Avorio. I Padri Domenicani festeggiano i 50 anni di presenza nel Paese

    ◊   Cinquant’anni a servizio della Chiesa in Costa d’Avorio: è il traguardo raggiunto dai Padri Domenicani nel Paese africano che li ha accolti mezzo secolo fa. Fondato nel XIII secolo da San Domenico Guzmán, l’Ordine dei Padri Domenicani si è stabilito in Africa tra la fine degli anni ’50 e l’inizio del decennio successivo. “Nei primi anni ’60 – si legge in un comunicato dell’Ordine – l’allora arcivescovo di Abidjan, mons. Yago, chiese di poter avere dei Padri Domenicani per occuparsi della nascente cappella dell’Università locale”. Nella Pasqua del 1961, padre Michel Nielly si recò ad Abidjan per effettuare un sopralluogo; raggiunto in seguito da altri confratelli, creò la Fondazione domenicana della Costa d’Avorio. Nel corso del tempo, l’Ordine dei predicatori non è fermato alla cappellania universitaria, ma si è dedicato alla predicazione nelle parrocchie, alle conferenze spirituali, agli incontri mensili con altri religiosi. Inoltre, a partire dal 1963, i Domenicani hanno preso in mano la gestione della parrocchia di San Giovanni a Cocody. E dal primo convento di Abidjan è nata la comunità di Yamoussoukro, con il progetto del “Centro domenicano di teologia e sviluppo”. Le celebrazioni per il Giubileo di presenza dei Demenicani in Costa d’Avorio iniziano oggi nella capitale, con un concerto. Domani, invece, sarà celebrata una Messa solenne. I festeggiamenti proseguiranno fino al 22 luglio 2012. (A cura di Isabella Piro)

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    Sarà costruita ad Istanbul la prima chiesa siriaca

    ◊   La comunità cristiana siriaca di Turchia ha ottenuto l’approvazione per la costruzione della sua prima chiesa in territorio turco. Lo riferisce AsiaNews. L’edificio dovrebbe sorgere nel quartiere di Yeşilköy, a Istanbul, e dovrebbe rispondere alle necessità di una comunità di circa 17mila siriaci che vivono nella metropoli. Dopo anni di discussioni, è giunta l’approvazione da parte del Primo ministro e del Presidente turco. Il leader della comunità siriaca, Kenan Altınışık, ha dichiarato che i lavori avranno inizio non appena il terreno sarà stato scelto. “Metà della nostra comunità - ha dichiarato Kenan Altınışık - vive nel quartiere di Yeşilköy, o nei dintorni. Prendiamo in affitto le chiese per la celebrazione della domenica, ma possiamo cominciare a celebrare solo alle 11.30, mentre, in base alla nostra tradizione, il rito dovrebbe finire entro le 10.30”. Il terreno per la costruzione della chiesa sarà assegnato all’antica comunità cristiana dal Municipio metropolitano di Istanbul; le spese di costruzione saranno coperte dai siriaci. Un funzionario del Municipio ha dichiarato che si sta già cercando un terreno disponibile adatto per edificare la nuova chiesa. L’edificio sarà costruito in uno stile che porterà evidenti tracce della millenaria cultura siriaca. Sono in corso contatti fra la comunità e i funzionari per trovare una locazione che sia soddisfacente. Oltre alla chiesa verrà costruito un centro per la comunità; il titolo attribuito al nuovo luogo di culto sarà quello di “Chiesa di Maria Madre”. I siriaci erano presenti soprattutto nel sud est del Paese. Molti di loro sono emigrati a Istanbul e all’estero verso la metà degli anni ’80, a causa della situazione di instabilità politica creatasi nella regione.

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    Madrid: costruzione della prima Chiesa ortodossa tutta in pietra

    ◊   Giornata significativa quella del 5 ottobre 2011 per i fedeli ortodossi russi: il Patriarcato di Mosca ha, infatti, ottenuto il permesso di costruire una Chiesa a Madrid. Si tratterà del secondo edificio di culto ortodosso nella penisola iberica, dopo la Chiesa di Alicante, inaugurata l’11 novembre 2007. Tuttavia, quella di Madrid sarà la prima Chiesa costruita interamente in pietra, dato che il luogo di culto di Alicante è stato realizzato in legno degli Urali, secondo la tipica architettura russa. Come informa un comunicato del Patriarcato di Mosca, la convenzione con la quale le autorità madrilene mettevano a disposizione della Chiesa ortodossa russa un terreno è stata siglata il 9 luglio 2010. Il terreno, della grandezza di 756 mq, è situato nei pressi della stazione della metropolitana “Pinar del Rev”. Il progetto della nuova Chiesa sarà diretto dall’architetto moscovita Vorontsov, in collaborazione con il collega spagnolo Jesus San Vicente. Secondo quanto riferisce padre André Kordotchine, rettore della parrocchia della Natività di Cristo, i lavori dovrebbero iniziare entro un paio di mesi, mentre la cerimonia di benedizione della prima pietra avrà luogo a dicembre, nell’ambito della chiusura de “L’Anno delle due culture”: inaugurato nel febbraio scorso dal capo di Stato russo, Dmitrij Medvedev, e dal re spagnolo, Juan Carlos, l’Anno Russia-Spagna vuole ribadire la collaborazione tra i due Paesi. (I.P.)

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    Amnesty: non c'è adeguata protezione per i giornalisti in Russia

    ◊   La denuncia viene da Amnesty International, secondo cui a cinque anni dall’omicidio della giornalista Anna Politkovskaya, il 7 ottobre del 2006, poco è stato fatto in Russia per proteggere i giornalisti e gli attivisti che osano denunciare le violazioni dei diritti umani nel Paese. Piuttosto essi subiscono ancora minacce e intimidazioni, e vengono “perseguitati e spesso uccisi a causa del loro lavoro”. Una violenza “intollerabile” l’ha definita John Dalhuisen, direttore per l’Europa e l’Asia centrale di Amnesty International, secondo cui gli attacchi “non sono sottoposti a indagini complete e imparziali e i responsabili non vengono portati di fronte alla giustizia”. In questa situazione – avverte Dalhuisen - se “queste voci critiche non riceveranno il riconoscimento e la protezione di cui hanno bisogno e diritto, la Russia non avrà una società civile di cui necessita”. (C.D.L.)

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    Messico, nuove violenze a Veracruz. Appello di mons. Patiño Leal

    ◊   Non c’è pace per la popolazione di Veracruz, in Messico, dove cresce il clima di violenza: sono 36 i corpi senza vita ritrovati negli ultimi due giorni secondo quanto riferito dall’agenzia Fides. Solo domenica scorsa, 2 ottobre, il vescovo di Córdoba, mons. Eduardo Porfirio Patiño Leal, aveva chiesto di ridare fiducia alle forze dell'ordine per poter vivere in pace, e invitato la popolazione della regione a sentirsi al sicuro. Proprio l’urgenza della sicurezza ha spinto due giorni fa il governo dello Stato di Veracruz a siglare un piano con il governo federale chiamato “Veracruz Seguro”, un’operazione combinata per combattere la criminalità organizzata nello Stato, colpito dalla piaga della malavita e del narcotraffico. (C.D.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Libia: continua l’offensiva contro Sirte, ultima roccaforte di Gheddafi

    ◊   Si continua a combattere a Sirte, città natale di Gheddafi e una delle ultime roccaforti fedeli al regime. Per le forze del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), si tratta dell'"offensiva finale", mentre rimane alta l’emergenza umanitaria per i civili. Il servizio di Michele Raviart:

    Colonne di fumo si alzano da Sirte, mentre l’artiglieria continua a sparare sotto gli occhi dei caccia della Nato. Questo lo scenario stamattina nella città di Gheddafi, 360 chilometri ad est di Tripoli ed ultimo fronte della guerra che da mesi sta lacerando la Libia. Le forze del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), giunte a Sirte da Misurata e da Bengasi, combattono strada per strada contro gli ultimi soldati ancora fedeli all’ex rais. Obiettivo principale dell’offensiva, che coinvolge tutta la città è il Centro congressi “Ouagadogou”, un tempo luogo dove Gheddafi riceveva i leader mondiali ed ora postazione di difesa di circa ottocento agguerriti lealisti. Dodici i combattenti del Cnt uccisi finora negli scontri, mentre si contano quasi duecento feriti, tra cui due autisti delle ambulanze che stanno facendo la spola tra Sirte e gli ospedali da campo fuori città. Intanto, sono migliaia i civili che nelle scorse settimane hanno abbandonato Sirte, mentre cresce la preoccupazione per l’incolumità di chi è rimasto, tanto che l’inviato Onu in Libia, Ian Martin, ha invitato entrambe le parti a rispettare i diritti umani ed evitare rappresaglie. E se il governo provvisorio assicura che tutta la Libia sarà presto liberata, non ci sono ancora notizie certe sulla sorte di Gheddafi. Risale a giovedì scorso l’ultimo messaggio audio dell’ex-rais: un appello alla resistenza che difficilmente ormai verrà ascoltato dal popolo libico.

    Siria: l’esercito spara durante i funerali dell’attivista curdo ucciso ieri
    Le Forze di sicurezza siriane hanno aperto il fuoco durante i funerali dell’attivista curdo, Meshal Tammo, ucciso ieri da un commando governativo. A riferirlo è l’Osservatorio siriano per i diritti umani, che parla di una vittima tra le migliaia di curdi siriani che stavano partecipando alle esequie nella città di Qamishli, nel nordest del Paese. L’uccisione di Tammo è stata duramente condannata dalla rappresentante per la politica estera europe, Catherine Ashton, che si è scagliata anche contro “tutti gli atti orientati ad incitare il conflitto interetnico ed interconfessionale. Critiche anche dal portavoce del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che ha invitato il presidente Al-Assad a lasciare “subito” il potere poiché, sostiene, sta conducendo il suo Paese “su un cammino molto pericoloso”. “Queste azioni”, ha aggiunto il portavoce della Casa Bianca, “mettono ancora in evidenza il fatto che le promesse di riforme e di dialogo da parte del regime siriano sono vuote”. Il monito degli Usa arriva a tre giorni dal veto di Russia e Cina a una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che invitava a dispiegare osservatori dei diritti umani in Siria.

    Afghanistan: respinta un’offensiva talebana al confine con il Pakistan
    La forza internazionale Isaf ha reso noto di aver respinto un imponente offensiva talebana nella provincia di Paktika, al confine con il Pakistan. Si tratta del più grande attacco coordinato contro l’alleanza dal 2009. Intanto, a dieci anni dall’intervento militare contro il regime talebano, il presidente Hamid Karzai ha ammesso alla Bbc il fallimento del suo governo e della comunità internazionale nel creare un Afghanistan sicuro per la popolazione. Dure le parole di Karzai anche verso il Pakistan, reo di fornire rifugi sicuri ai talebani nel proprio territorio.

    Pakistan: solidarietà dei partiti islamisti al killer del governatore del Punjub
    Migliaia di dimostranti hanno protestato in Pakistan contro la condanna a morte di Mumtaz Qadri, la guardia del corpo che aveva ucciso lo scorso gennaio il governatore del Punjub, Salman Tesser. Il governatore si era fermamente opposto alla legge contro la blasfemia e aveva difeso la donna cristiana, Asia Bibi. Le manifestazioni di protesta sono state organizzate dai principali partiti islamisti, che chiedono al presidente Asif Ali Zardari di concedere la grazia a Qadri, considerato un “soldato dell’Islam”.

    Iraq: due oleodotti attaccati nel sud
    Due esplosioni hanno danneggiato questa notte un oleodotto nel sud dell’Iraq, causando un incendio e costringendo gli operatori a deviare il flusso di petrolio. Gli incidenti sono avvenuti nella zona del ponte Sawfan, a sudest di Bassora e vicino giacimento di Rumalia, uno dei più grandi del mondo. Gli attentati, che non sono stati rivendicati, non hanno causato danni alla produzione.

    Belgio: trovato l’accordo per uscire dalla crisi istituzionale
    Dopo 18 mesi, si è conclusa la crisi politica in Belgio. Nella notte è stata raggiunta un'intesa globale su un pacchetto di riforme istituzionali che spiana la strada alla nascita di un nuovo governo. L’accordo, tra otto partiti fiamminghi e francofoni, verrà ufficializzato in parlamento martedì prossimo e garantirà la formazione del nuovo governo. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Dopo un anno e mezzo il Belgio può riprendere la strada della piena gestione istituzionale. Il nodo da sciogliere verteva su un profondo contrasto tra partiti francofoni e fiamminghi, che hanno finalmente raggiunto un'intesa sulla riforma di alcune istituzioni: una svolta, secondo molti storica, che prevede maggiori poteri per le regioni. Portata poi da quattro a cinque anni la durata della legislatura federale, la stessa di quelle regionali, ma con elezioni che si svolgeranno non in contemporanea. L'autonomia delle tre regioni – le Fiandre di lingua fiamminga, la Vallonia e Bruxelles di lingua francese – viene rafforzata a livello fiscale e sanitario, ma non riguarderà Protezione civile e Vigili del fuoco, come chiedevano invece i fiamminghi. Nell’immediato futuro politico del Belgio vi sono ora due scogli: i partiti dovranno trovare un ulteriore difficile accordo sul bilancio 2012 e sulla politica socio-economica, poi sulla formazione del nuovo governo con le relative cariche istituzionali; impresa non facile, viste le profonde diversità di vedute tra Vallonia e Fiandre, divise politicamente oltre che linguisticamente: il sud francofono è a maggioranza socialista, mentre il nord fiammingo è conservatore. Saranno necessarie due o tre settimane per dare vita al governo, ma a questo punto la formazione di un esecutivo con pieni poteri è un passo obbligato, anche in chiave europea, per porre fine ad una crisi da record mondiale, sia pure di fronte a posizioni che sembrano inconciliabili.

    Crisi: il direttore generale del Fmi visita il presidente Sarkozy
    Il direttore generale del Fondo monetario internazionale, l’ex ministro francese dell’economia Christine Lagarde, ha incontrato questo pomeriggio all’Eliseo il presidente francese, Nicolas Sarkozy. Tra i temi dell’incontro, la preparazione del vertice del G20 di Cannes e la situazione della zona euro. Il presidente Sarkozy domani incontrerà il cancelliere tedesco, Angela Merkel, per accelerare il rafforzamento della governance europea e il piano di salvataggio dell’euro.

    Polonia domani alla urne per il rinnovo del parlamento
    La Polonia andrà domani alle urne per il rinnovo del parlamento, composto dalla Camera bassa, di 460 deputati, e dal Senato, di 100 senatori. Oltre 30 milioni gli aventi diritto al voto. Al centro della campagna elettorale, il confronto tra europeisti e conservatori. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

    Il premier uscente, Donald Tusk, della liberale “Piattaforma civica” ha parlato a migliaia di ragazzi radunati nel nuovo stadio nazionale di Varsavia. Ha proposto la sua ricetta di stabilità e di controllo del deficit di bilancio. Il suo principale sfidante, Jarosław Kaczynski, del conservatore “Legge e giustizia”, ha attaccato le privatizzazioni e le riforme degli avversari. Poi, in un libro, ha criticato la cancelliera tedesca Merkel e i rapporti con la Russia. I sondaggi forniscono dati contrastanti: secondo alcuni, si assisterà ad un testa a testa, ma molto dipenderà dall’affluenza alle urne. Soltanto cinque formazioni dovrebbero superare la barriera del 5 per cento per avere una rappresentanza parlamentare. Certamente, servirà un accordo di coalizione per formare il governo. Unico Paese Ue non in recessione nel 2009, la Polonia – ora presidente dell’Unione – cresce da anni a ritmo del 3 per cento.

    New York: il sindaco Bloomberg condanna gli “indignados” americaniLa protesta degli “indignados” di New York si ritorcerà contro le persone che lavorano, causerà licenziamenti e penalizzerà l’economia di tutta la città. Così Micheal Bloomberg, sindaco della città americana, ha commentato alla radio le manifestazioni che si stanno svolgendo da giorni in tutti gli Stati Uniti contro la crisi finanziaria. Il sindaco Bloomberg ha inoltre sottolineato come l’amministrazione di New York permetterà ai manifestanti finché questi rispetteranno le leggi. In caso contrario scatteranno gli arresti, com’è già avvenuto sabato scorso a Brooklyn. (Panoramica internazionale a cura di Michele Raviart)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 281

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