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Sommario del 07/10/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI ai vescovi indonesiani: la libertà di annunciare il Vangelo non è scontata, servono dialogo e coraggio
  • Udienze e nomine
  • Il presidente di “Cor Unum”: la comunità internazionale raddoppi gli sforzi contro la fame nel Corno d'Africa
  • Commozione ai funerali delle cinque vittime del crollo di Barletta. Il cordoglio del Papa
  • Beata Vergine del Rosario. Il Papa: riscoprire questa preghiera mariana come via per un incontro personale con Cristo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nobel per la pace 2011 a tre donne. La gioia del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace
  • Si allarga la protesta degli “indignados” negli Stati Uniti
  • Yemen: i bambini, prime vittime delle violenze
  • Rapporto Eurisko: in un periodo di crisi, la famiglia resta il punto di riferimento
  • Congresso internazionale a Roma nel centenario della nascita di padre Cornelio Fabro
  • Chiesa e Società

  • Pakistan: cristiano ucciso per un terreno conteso nel Punjab
  • Kenya: ucciso un sacerdote, fratello dell’arcivescovo di Kisumu
  • Nuovo appello dell’arcivescovo di Conakry al dialogo e alla riconciliazione in Guinea
  • Myanmar. Il vescovo di Banmaw indice una giornata di solidarietà con i profughi Kachin
  • Nota dell'episcopato in vista delle prossime consultazioni presidenziali
  • Rapporto trimestrale della Fao: luci e ombre sulla sicurezza alimentare mondiale
  • India. La Chiesa cattolica in prima linea nella lotta al lavoro minorile
  • Le Acli propongono una certificazione europea per contrastare il lavoro nero
  • Gioco d’azzardo. Mons. D’Urso: “urgentissimi” provvedimenti
  • Si è spento mons. Fernando Charrier, vescovo emerito di Alessandria
  • La Polonia presenta a Palermo il semestre di presidenza del Consiglio dell’Ue
  • Incontro mondiale delle famiglie 2012: il comitato organizzativo cerca volontari
  • Concluso a Kolkata, in India, il seminario sulle comunicazioni sociali per gli studenti di teologia
  • Inaugurata la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell’Università Europea di Roma
  • 24 Ore nel Mondo

  • Libia: violenti combattimenti a Sirte
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI ai vescovi indonesiani: la libertà di annunciare il Vangelo non è scontata, servono dialogo e coraggio

    ◊   Un rispetto senza barriere per una religione che è universale per sua natura, quella cattolica. Lo ha invocato Benedetto XVI nel discorso rivolto questa mattina in Vaticano ai vescovi dell’Indonesia, ricevuti in visita ad Limina. Il Papa ha incoraggiato la Chiesa locale ad alimentare un costante clima di dialogo perché i rapporti interreligiosi siano improntati alla pace. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Crescere in un Paese come l'Indonesia di circa 230 milioni di persone, al 90% musulmano – e quindi con il maggior numero al mondo di seguaci dell’islam – formato da un mosaico di dozzine di etnie e centinaia di idiomi, non può avvenire senza una massiccia dose di perseveranza e una grande capacità di intessere rapporti in modo disteso e amichevole. Per questo, Benedetto XVI ha indicato il “perdono, la misericordia e l’amore nella verità” come gli strumenti per “rispondere – ha detto – a tutte le situazioni”, specie per “superare l’incomprensione o la sfiducia”. E tuttavia, l’esordio dell’intervento del Papa è stato altrettanto netto nel richiedere analogo trattamento nei confronti della Chiesa cattolica, dal momento che – ha rilevato – “opportunamente, la Costituzione indonesiana garantisce il diritto umano fondamentale della libertà di praticare la propria religione”:

    “The freedom to live and preach the Gospel…
    La libertà di vivere e predicare il Vangelo non può mai essere data per scontata e deve sempre essere giustamente e pazientemente accolta. Né la libertà religiosa è semplicemente il diritto di essere liberi da vincoli esterni. È anche il diritto di essere autenticamente e pienamente cattolica, per professare la fede, costruire la Chiesa e contribuire al bene comune”.

    L’Indonesia, ha rimarcato Benedetto XVI, conosce “da secoli” il “messaggio salvifico di Cristo” e conosce ciò che, in termini di “carità cristiana” questo messaggio è in grado di produrre. A questo riguardo, il Papa ha detto di apprezzare con enorme gratitudine “lo sforzo intenso” compiuto da schiere di sacerdoti, religiosi, suore e laici per mostrare agli indonesiani la “bontà misericordiosa di Dio” tradotta in termini di assistenza ai poveri, di impegno educativo e sociale. Una testimonianza “umile ma coraggiosa”, ha soggiunto, in grado di “rafforzare” la stessa società indonesiana, “promuovendo quei valori che i vostri concittadini hanno cari: la tolleranza, l'unità e la giustizia per tutti”.

    “I can only encourage you in your continuing efforts…
    Io posso solo incoraggiarvi nei vostri continui sforzi tesi a promuovere e sostenere il dialogo interreligioso nella vostra nazione. Il vostro Paese, così ricco nella sua diversità culturale e caratterizzato da una grande popolazione, è dimora di un significativo numero di seguaci di varie tradizioni religiose. Dunque, il popolo indonesiano è bene in grado di dare un contributo importante alla ricerca della pace e della comprensione tra i popoli del mondo”.

    Benedetto XVI ha quindi espresso premura perché la formazione dei cristiani indonesiani, specie quella dei seminaristi e dei religiosi, sia “sempre adeguata alla missione loro affidata”. “Ho fiducia - ha è stato il suo auspicio finale – che voi e i sacerdoti, i religiosi e i laici delle vostre diocesi continuerete a testimoniare l’immagine e la somiglianza di Dio in ogni uomo, donna e bambino, a prescindere dalla loro fede, incoraggiando tutti ad essere aperti al dialogo, al servizio della pace e dell'armonia:

    “Your country is composed of thousands…
    Il vostro Paese è composto da migliaia di isole; così anche la Chiesa in Indonesia è costituita da migliaia di comunità cristiane, ‘isole della presenza di Cristo’. Siate sempre uniti nella fede, nella speranza e nell’amore fra voi e con il Successore di Pietro”.

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    Udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina mons. Alberto Bottari de Castello, nunzio apostolico in Ungheria; i vertici del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM): il presidente, mons. Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Tlalnepantla (Messico), il primo vice-presidente mons. Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotá (Colombia), il secondo vice-presidente, mons. Dimas Lara Barbosa, arcivescovo di Campo Grande (Brasile), il presidente del Comitato Economico, mons. Carlos María Collazzi Irazábal, vescovo di Mercedes (Uruguay), il segretario generale, mons. Santiago Jaime Silva Retamales, vescovo tit. di Bela, ausiliare di Valparaíso (Cile), il segretario generale aggiunto, padre Leonidas Ortíz Losada; il Papa ha poi ricevuto il sig. Walter Jürgen Schmid, ambasciatore della Repubblica Federale della Germania, con la consorte, in visita di congedo. Questo pomeriggio riceverà il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

    Benedetto XVI ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare della diocesi di Porto (Portogallo), presentata da mons. João Miranda Teixeira, per raggiunti limiti di età.

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    Il presidente di “Cor Unum”: la comunità internazionale raddoppi gli sforzi contro la fame nel Corno d'Africa

    ◊   Si è tenuta stamani, presso la Sala Stampa della Santa Sede, una conferenza stampa sull’emergenza umanitaria nel Corno d’Africa, al termine di una riunione promossa dal Pontificio Consiglio “Cor Unum”. Sono intervenuti, tra gli altri, il cardinale Robert Sarah, presidente di Cor Unum; mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, e Michel Roy, segretario generale di Caritas Internationalis. Erano presenti inoltre rappresentanti di alcuni organismi caritativi cattolici operanti nella zona e un delegato dell’arcivescovo di Canterbury. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Unire e raddoppiare gli sforzi per il Corno d’Africa colpito dalla carestia: è l’appello pressante levato dal cardinale Robert Sarah, presidente di “Cor Unum”, che ha innanzitutto sottolineato quanto Benedetto XVI sia vicino alle sofferenze della popolazione della regione:

    “La questione è molto cara al Santo Padre. Ne ha parlato tra i primi in ambito internazionale lo scorso 17 luglio. Ha ripetuto due giorni fa nell’Udienza generale di mercoledì la sua preoccupazione e il suo appello alla comunità internazionale”.

    Sono 13 milioni, è stato ricordato, le persone che combattono ogni giorno contro la morte. E ciò, ha detto il cardinale Sarah, perché anche nella politica internazionale, prevalgono spesso gli interessi ed egoismi particolari delle singole nazioni:

    “Dobbiamo lasciarci ispirare a svolgere una politica che abbia a cuore veramente il bene comune. Solo la ricerca del bene comune permette che non ci siano vincitori e vinti, carnefici e vittime, sfruttatori e affamati”.

    Il presidente di “Cor Unum” ha quindi sottolineato che dopo l’emergenza si dovrà investire nell’educazione, perché “solo dove c’è una scuola c’è davvero un futuro”:

    “Fin da ora faccio un appello: una scuola in ogni villaggio! Lo dico da africano: uniamoci nello sforzo di aiutare il Corno d’Africa a dare educazione, istruzione, cultura ai propri figli!”.

    Alla conferenza, è stato letto un messaggio dell’arcivescovo di Canterbury per l’occasione, a rimarcare l’importanza della sinergia degli sforzi delle diverse realtà cristiane impegnate nel Corno d’Africa. Alla riunione promossa da “Cor Unum” ha inoltre partecipato un delegato della Chiesa anglicana. Particolarmente toccante la testimonianza di mons. Giorgio Bertin, amministratore apostolico a Mogadiscio:

    “E’ necessario che noi andiamo al di là della risposta emotiva, perché vediamo qualche immagine di qualche bambino e che ci domandiamo perché si è arrivati a questa situazione. Certamente c’è bisogno di rispondere all’urgenza: dobbiamo rispondere anche immediatamente, ma dobbiamo tenere gli occhi aperti anche al futuro per evitare quello che si può evitare”.

    Il presule ha quindi rilevato che la situazione è particolarmente grave in Somalia non solo a causa della carestia ma anche per la mancanza di pace e di uno Stato:

    “Faccio appello perché la comunità internazionale s’impegni di più per trovare una soluzione al problema della Somalia, perché se le immagini più drammatiche vengono dalla Somalia non è solo a causa della siccità, ma è anche perché manca un’autorità, manca lo Stato”.

    Da parte degli esponenti degli organi caritativi cattolici è stato invece sottolineata l’urgenza di uno stanziamento fondi per affrontare l’emergenza. Al momento, è stato spiegato, la priorità è l’acqua, fondamentale per la sopravvivenza delle persone e per l’agricoltura locale. Al termine della conferenza, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha messo l’accento sul ruolo dei media, specie in un periodo in cui tutta l’attenzione sembra rivolta alla crisi economica nei Paesi industrializzati:

    “Ci sembra di sentire le grandi conseguenze della crisi e poi ci guardiamo attorno e vediamo che c’è gente che sta veramente morendo. Quindi, cerchiamo di impegnarci anche noi come comunicatori nel dare la reale dimensione dei problemi ed aiutare per la soluzione”.

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    Commozione ai funerali delle cinque vittime del crollo di Barletta. Il cordoglio del Papa

    ◊   Barletta in lutto nel giorno dei funerali delle cinque donne morte in seguito al crollo di una vecchia palazzina, lunedì scorso, nel centro della città. A presiedere il rito, ieri pomeriggio, l’arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, mons. Giovan Battista Pichierri, che al termine dell’omelia ha letto un messaggio di cordoglio inviato da Benedetto XVI. Presenti tante autorità civili e istituzionali; in prima fila anche i leader dei sindacati. Il servizio di Cecilia Seppia.

    Prego per le vittime e ai loro familiari esprimo la mia profonda solidarietà: nel giorno dei funerali di Giovanna, Matilde, Tina, Antonella e della piccola Maria in piazza Aldo Moro a Barletta, stracolma di gente, risuonano le parole del Papa che si fa vicino al dolore di tutta la città. “Fino all’ultimo abbiamo sperato di estrarre vive dalle macerie queste nostre cinque sorelle”, ha detto nell’omelia mons. Pichierri, che di fronte alla tristezza ed alla rabbia ha invocato giustizia e verità:

    “Non ci sono parole umane efficaci di consolazione, ma solo di esigente, legittima richiesta di verità. Di chi è la responsabilità del drammatico accaduto? A questa domanda saprà dare risposta solo un’indagine seria della magistratura, che già si è mossa in tal senso”.

    Tra le corone di fiori, deposte davanti alle bare anche quella del presidente della Repubblica, Napolitano, che ha rimarcato come al Sud spesso la gente sia costretta a lavorare “in condizioni bestiali”; quindi il monito all’unità alla coesione di fronte a quell’Italia che fatica ogni giorno. E mentre procede l’inchiesta della Procura di Trani per disastro e omicidio colposo plurimo, i sindacati alzano la voce. “Dolore e indignazione”, dice Angeletti della Uil ma anche la vergogna per tutti quelli che fanno finta di non vedere.

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    Beata Vergine del Rosario. Il Papa: riscoprire questa preghiera mariana come via per un incontro personale con Cristo

    ◊   La Chiesa celebra oggi la memoria della Beata Vergine Maria del Rosario. Una ricorrenza istituita da San Pio V per commemorare la vittoria dei cristiani nel 1571 a Lepanto contro la flotta ottomana; un’occasione per riproporre a tutti i fedeli la pratica di questa preghiera. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Il Rosario “non è una pratica relegata al passato”, anzi sta conoscendo “una nuova primavera”: lo afferma il Papa che, mercoledì scorso all’udienza generale, ha invitato a riscoprire il valore di questa preghiera mariana “come via per un incontro personale con Cristo”. Si tratta di una preghiera semplice ma profonda, una preghiera per tutti:

    “Il Rosario è preghiera contemplativa accessibile a tutti: grandi e piccoli, laici e chierici, colti e poco istruiti. E’ vincolo spirituale con Maria per rimanere uniti a Gesù, per conformarsi a Lui, assimilarne i sentimenti e comportarsi come Lui si è comportato. Il Rosario è ‘arma’ spirituale nella lotta contro il male, contro ogni violenza, per la pace nei cuori, nelle famiglie, nella società e nel mondo”. (Omelia della Messa a Pompei, 19 ottobre 2008)

    Questa preghiera nasce nel 1200 con San Domenico di Guzmán: il fondatore dell’Ordine dei Predicatori, per aiutare i fedeli a vivere la fede, insegna a meditare sui misteri dell’Incarnazione. E’ il primo nucleo dell’Ave Maria che si svilupperà in modo completo solo più tardi. Benedetto XVI esorta a fare del Rosario una “preghiera d'ogni giorno” in un “fiducioso abbandono nelle mani di Dio”, capace di guarire i cuori più feriti:

    “Il Rosario, quando è pregato in modo autentico, non meccanico e superficiale ma profondo, reca infatti pace e riconciliazione. Contiene in sé la potenza risanatrice del Nome santissimo di Gesù, invocato con fede e con amore al centro di ogni Ave Maria”. (Riflessione a conclusione del Rosario a Santa Maria Maggiore, 3 maggio 2008)

    Il saluto dell’Angelo a Nazaret, "Ave Maria", più correttamente – spiega il Papa – andrebbe tradotto dal greco “Rallegrati Maria”. Le prime parole del Nuovo Testamento sono parole di gioia, perché il Vangelo è Buona Notizia per chi crede. Il Papa spiega quindi perché Maria sia Beata:

    "E' Beata perché ha creduto: per la fede, infatti, ha accolto la Parola del Signore e ha concepito il Verbo incarnato. La sua fede Le ha fatto vedere che i troni dei potenti di questo mondo sono tutti provvisori, mentre il trono di Dio è l’unica roccia che non muta e non cade”. (Riflessione a conclusione del Rosario in Piazza San Pietro, 31 maggio 2008)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, l’appello a intensificare il dialogo con le religioni lanciato dal Papa in occasione della visita ad limina dei vescovi dell’Indonesia, seguito da un approfondimento sulla crisi umanitaria in Yemen e da un articolo dedicato al conferimento del premio Nobel per la Pace 2011 a tre donne.

    Ancora Nobel (stavolta il Premio per la letteratura) nelle pagine culturali: Claudio Toscani ripercorre l’opera del poeta svedese Tomas Tranströmer (“Vegliando nel buio tra lo scalpitare delle costellazioni”) mentre Oddone Camerana cita il classico studio di Erwin Panofsky dedicato alla scultura e all’arte arte funeraria dall’antico, recentemente tradotto in italiano.
    Nella stessa pagina, “James Dean, il pollo e la crisi di Cuba” di Ernesto D’Avanzo, in cui la teoria dei giochi suggerisce alcune possibili risposte ai problemi di convivenza e cooperazione tra Paesi.

    A pagina 5, ampio spazio è dedicato a “Il Concilio è vivo. Giovanni XXIII e il Vaticano II nel ricordo del vescovo Loris Capovilla”, un articolo firmato da mons. Agostino Marchetto.

    A fondo pagina, la Libreria Editrice Vaticana lancia la sua settimana di incontri, letture, musica e approfondimenti a Pordenone, in programma dal 10 al 15 ottobre: venerdì si ricorderanno gli ottant’anni di Radio Vaticana, con l’intervento, tra gli altri, del direttore, padre Federico Lombardi. Sabato 15 ottobre, omaggio ai centocinquant’anni dell'Osservatore Romano; ne parleranno l’ambasciatore italiano a Mosca, Antonio Zanardi Landi, il giornalista della “Frankfurter Allgemeine Zeitung” Joerg Bremen, il direttore del “Gazzettino” Roberto Papetti, don Giuseppe Costa e il direttore, Giovanni Maria Vian.

    A pagina 8, Nicola Gori intervista padre Jacques Dupont, priore della certosa di Serra San Bruno, che il Papa visiterà domenica.

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    Oggi in Primo Piano



    Nobel per la pace 2011 a tre donne. La gioia del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace

    ◊   Assegnato stamani a Oslo il premio Nobel per la Pace 2011. Il prestigioso riconoscimento è andato a tre donne: la presidente della Liberia, Ellen Johnson-Sirleaf, le attiviste per la democrazia Leymah Gbowee, anche lei liberiana, e la yemenita Tawakkul Karman, che ha dedicato il riconoscimento alla “primavera araba”. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Parla al femminile il Nobel per la pace 2011 e del ruolo fondamentale che queste tre donne hanno avuto e stanno avendo nella lotta per la democrazia. Ma quello assegnato stamani ad Oslo è un premio conferito soprattutto - dice la motivazione - "per la loro battaglia non violenta per la sicurezza delle donne e per il diritto delle donne di partecipare pienamente al lavoro di costruzione della pace". Ellen Johnson-Sirleaf, prima donna presidente in Africa, 72 anni, eletta nel 2005, martedì prossimo attende il responso delle urne per un eventuale secondo mandato. A lei si riconosce il merito di aver portato stabilità sociale e politica in un Paese martoriato da sanguinose guerre civili. Nel suo curriculum politico, terminato con l’assunzione della più alta responsabilità, anche l’esilio e la prigione. Stessi meriti per Leymah Gbowee, e leader di un movimento che collaborò alla conclusione della guaerra civile nel 2003. Si è battuta strenuamente perché venisse riconosciuto alle donne il diritto di voto. E il Nobel per la pace 2011 ha voluto dare un riconoscimento esplicito anche alla cosiddetta “primavera araba”, in particolare nello Yemen, Paese nel quale Tawakkul Karman ha pagato sulla sua pelle con il carcere e la discriminazione l’essersi battuta per i diritti delle donne nel Paese, chiedendo pace e democrazia al regime del presidente Saleh. Lo scorso gennaio era stata arrestata dalle forze di Sanaa con l’accusa di propaganda contro il governo. E' stata liberata dopo due settimane. Celebre la sua intervista alla Cnn, nella quale ha confermato l’impegno contro il regime yemenita, dando in qualche modo ufficialità alla trasversalità del movimento della “primavera araba”, attraverso la conferma che quanto stava accadendo nello Yemen era stato ispirato dalla rivolta già scoppiata in Tunisia.

    Gioia per l’assegnazione del premio Nobel per la pace a tre donne è stata espressa dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Questa la sua dichiarazione al microfono di Sergio Centofanti:

    R. – E’ certamente una cosa molto nobile e incoraggiante per le donne, se le loro iniziative vengono riconosciute a livello mondiale; è una cosa molto positiva e un buon segno anche per le altre donne e un buon incoraggiamento per tutte le altre loro iniziative. Conosco la presidente liberiana e posso testimoniare che la sua leadership, la sua iniziativa a livello politico, è molto apprezzata da noi, in tutta la zona dell’Africa Occidentale. Dirigere il Paese dopo la guerra civile è stata una cosa molto, molto difficile, e lei ha dovuto guidare un Paese con fazioni e membri del governo opposti. E’ una cosa da apprezzare. Per quanto riguarda l’altra attivista liberiana, bisogna dire che ha condotto una grande campagna a favore delle donne in una situazione di guerra civile, come in Liberia, dove tantissime donne hanno sofferto - c’è chi è stata rapita, chi è stata violentata - e nel periodo dopo la guerra la riabilitazione di queste donne, con tutte le loro storie di abusi, è stata una cosa molto triste. E’ stata una persona che ha incoraggiato le donne a tenere sempre alta la testa ed è una cosa da apprezzare. Sono contento che il mondo apprezzi tali iniziative e abbia voluto premiarle in maniera così clamorosa. Do anche il mio appoggio all’attivista yemenita per quello che ha fatto. Apprezzo, dunque, che la comunità internazionale riconosca le iniziative di queste donne. (ap)

    Ma cosa rappresenta questo premio per le tante donne che partecipano alla vita civile dei Paesi in via di sviluppo? Marco Guerra lo ha chiesto a suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, molto attiva contro la tratta delle donne, in particolare in Africa:

    R. – Siamo felicissime di questo Premio, perché ultimamente noi avevamo lavorato molto, anche attraverso una campagna, perché fosse riconosciuto il ruolo svolto da tutte le donne africane, perché in modi diversi sono veramente loro che portano avanti il peso maggiore di questo grande continente. Questo riconoscimento non è stato possibile. Però, siamo felici che almeno tre donne abbiano avuto la possibilità di essere riconosciute a livello internazionale.

    D. – Le donne premiate oggi rappresentano un’eccezione o c’è una presa di coscienza diffusa in questi Paesi?

    R. – Non direi che queste donne rappresentano soltanto l’élite. Loro rappresentano questo mondo di donne che giorno per giorno, come le formichine, stanno costruendo la vita di questo grande continente e stanno dando veramente visibilità, credibilità, tenacia, una visione nuova che un mondo diverso è possibile nonostante le molte difficoltà che esse incontrano. Quindi, questo premio dato a queste donne sarà certamente un grande incentivo, un premio che sarà dedicato anche a tutte le donne per il forte impegno che stanno dando in questo periodo per l’edificazione e per l’emancipazione di un’Africa con un volto nuovo.

    D. – La partecipazione delle donne alla vita civile può essere considerata la chiave di volta per lo sviluppo di intere aree del mondo?

    R. – Lo è certamente, e lo dimostrano chiaramente il lavoro, la fatica, la tenacia che moltissime donne del continente africano, ma anche di altre parti del mondo, stanno mettendo proprio per un cambiamento: un cambiamento di mentalità, un cambiamento di politiche – anche – di economia. Lavorando insieme, perché la forza delle donne è proprio questa: sapersi mettere insieme. Ricordo molto bene la famosa frase che si diceva in Kenya, dove io sono stata per tanti anni: "arambé" – lavorare insieme per costruire un mondo diverso.

    D. – Da questi Paesi può nascere anche un modello diverso di impegno femminile che riesce a coniugare anche il diritto naturale alla maternità e alla famiglia, che invece è venuto meno in Occidente …

    R. – Ma certamente! Le donne africane hanno un grande esempio da dare a noi. Per loro, infatti, il dono della maternità è il dono più grande che una donna possa vivere. Per loro, è impossibile pensare il ruolo di una donna senza il ruolo della maternità: loro coniugano molto bene, la famiglia con il dono della maternità, con il ruolo sociale, con il ruolo nel villaggio, il ruolo nella scuola … Se il nostro mondo occidentale può offrire loro un certo qual benessere, loro offrono a noi dei valori che noi abbiamo perso ma che abbiamo bisogno di riacquistare: come donne che vivono nella famiglia, nella società, nella politica, nella Chiesa. Perché davvero, solo la donna ha questa capacità di vita e quando la dona, la dona pienamente. (gf)

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    Si allarga la protesta degli “indignados” negli Stati Uniti

    ◊   Il presidente statunitense Barack Obama torna a parlare di economia in crisi e lo fa anche puntando il dito su Europa e Cina. La prima individuata come ''il maggiore ostacolo'' per la già fragile crescita americana, la seconda accusata di ''non fare abbastanza'' sul fronte della volatilità dei cambi. Negli Stati Uniti intanto continua la protesta degli ‘indignados’. Il servizio di Giada Aquilino:

    La marcia degli 'indignados' si allarga e, da Wall Street a New York, arriva a Washington, a due passi dalla Casa Bianca. Tutto ciò nel giorno in cui il presidente Obama scende in campo riconoscendo le ragioni della protesta:

    "I think it expresses the frustrations of American people..."
    “Penso che esprima - ha detto il presidente Obama - le frustrazioni che il popolo americano prova” e i manifestanti, ha aggiunto, “danno voce” a tale frustrazione, per una crisi economica e occupazionale frutto dello stallo finanziario: ha quindi lanciato un appello ai contestatori: ''Il nostro obiettivo è quello di avere le banche e le istituzioni finanziarie in ordine''. Obama ha poi chiesto al Congresso di approvare velocemente il piano per la crescita e l’occupazione. “E' vero - ha ammesso - la crescita dell'economia Usa è più lenta del previsto”, ma le cause vanno ricercate anche nell'incertezza provocata sui mercati mondiali dalla crisi del debito sovrano in Europa e nel “gioco molto aggressivo” di Pechino che - ha concluso - “arreca svantaggi agli altri Paesi'' sul fronte degli scambi commerciali.

    E gli “Indignados” statunitensi hanno annunciato nuove manifestazioni. Dell’importanza di questo movimento, Salvatore Sabatino ha parlato con la collega Anna Maria Mori, autrice del libro “Esclusi”, dedicato alla disoccupazione in Italia:

    R. - La cosa importante è il risveglio delle coscienze dal basso, perché tutta questa - vorrei dire - “porcheria” che sta andando avanti da 25, 30 anni è passata nell’inconsapevolezza, nel silenzio, forse nella non conoscenza dei meccanismi. Quindi, è importante che ci siano dei giovani che abbiano capito che il cuore del problema è lì, è la Borsa, i meccanismi della Borsa, della finanza, che stanno distruggendo il lavoro di tutto l’Occidente e che rischiano di mettere alla fame milioni di persone.

    D. - Quello che impressiona di più, evidentemente, è il pragmatismo, il non voler dare una connotazione politica a questo movimento…

    R. - Non c’è dubbio, perché non è più un problema politico o partitico. Il cuore del problema è l’economia e l’economia ormai è dominata dalla finanza, quindi dalla Borsa. Io ero in Francia poco tempo fa e ho seguito attentamente una trasmissione di economia, in cui si raccontava come il prezzo del grano fosse determinato dalla Borsa. Il pane che mangiamo, se aumenta di prezzo non è perché c’è stata la siccità oppure qualcosa del genere,, ma è perchè la Borsa ha deciso di puntare in un modo piuttosto che in un altro sul grano. Non si può andare avanti in questo modo.

    D. - Un fenomeno, quello degli “Indignados”, che è partito, lo ricordiamo, dalla Spagna. Si possono vedere delle differenze tra i due movimenti: quello europeo e quello americano?

    R. - Secondo me, c’è un sentire comune: c’è la protesta contro chi sta negando il futuro alle nuove generazioni. (ap)

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    Yemen: i bambini, prime vittime delle violenze

    ◊   I bambini sono le prime vittime innocenti della crisi umanitaria nello Yemen in seguito alle proteste anti-regime degli ultimi mesi. La denuncia giunge da Unicef Italia secondo cui gli scontri a fuoco hanno provocato finora la morte di 94 bambini, mentre i tassi di malnutrizione salgono drammaticamente. Ad illustrarci la situazione il direttore generale di Unicef Italia, Roberto Salvan al microfono di Andrea Antonelli.

    R. - La situazione è fortemente instabile, sia dal punto di vista politico che dal punto di vista della violenza, perché vengono usate in continuazione le armi. E’ proprio di pochi giorni fa l’uccisione - il 2 e il 4 ottobre - di due bambini, a causa di una granata: una bambina di 7 e un ragazzo di 13 anni. La nostra impressione è che girino troppe armi e che la gente sia immediatamente pronta ad uccidere, a colpire. Di fronte a questa situazione certamente le scuole non si possono aprire, vengono costantemente distrutte e ci sono troppi ordigni inesplosi o situazioni di violenza, che rendono la vita dei bambini, in particolare, molto pericolosa.

    D. - Di cosa soffrono maggiormente questi bambini?

    R. - Il 43 per cento dei bambini sono sottopeso e il 58 per cento ha gravi ritardi nella crescita. Quindi, l’aspetto nutrizionale è un aspetto fondamentale che va affrontato in modo molto più serio e con risorse economiche, perché, a causa dell’aumento del costo dei cereali, le famiglie non riescono più ad approvvigionarsi del cibo e alla fine chi ne paga le conseguenze più gravi sono proprio i bambini.

    D. - Qual è il vostro appello per salvare vite umane e a chi dovrebbe essere indirizzato?

    R. - Prima di tutto alla comunità internazionale, ma anche alle parti in lotta, all’interno del Paese, perché c’è ormai un conflitto che dura da diversi mesi e che non vede in qualche modo ridurre l’impatto sulla popolazione civile. Qui si tratta di chiamare intorno ad un tavolo anche la comunità araba, le forze arabe che influiscono in modo più consistente in un Paese come lo Yemen: dovrebbero chiamare il governo e le parti in lotta a negoziare e a trovare una soluzione. Certamente serve più democrazia, più partecipazione da parte della popolazione civile, più attenzione a quelle che sono le vere esigenze da parte dei bambini e delle donne, che rappresentano il futuro di qualsiasi comunità. (ap)

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    Rapporto Eurisko: in un periodo di crisi, la famiglia resta il punto di riferimento

    ◊   La crisi è percepita dalle famiglie italiane non come passeggera, ma come un dato strutturale. E’ quanto emerge dallo studio realizzato da Gfk Eurisko per "Famiglia Cristiana". 81 nuclei familiari su 100 ritengono che in Italia non si stiano gettando le basi per il futuro. Dalla ricerca inoltre la famiglia emerge quale istituzione di riferimento supplendo alle carenze politiche e sociali. Le famiglie con figli – rileva l’indagine – si rapportano diversamente alla crisi rispetto a quelle senza. Un dato significativo sul quale si sofferma al microfono di Paolo Ondarza, Giuseppe Minoia, presidente di Gfk Eurisko:

    R. - Le famiglie che hanno figli piccoli hanno un’idea della realtà e soprattutto un impegno verso la realtà che è molto differente rispetto alle famiglie che non hanno figli. Quindi, avere dei figli oggi significa, secondo i nostri dati, essere una famiglia che si impegna in maniera molto forte per il futuro. La famiglia si rende sempre più conto che nessuno riesce a dare certezze, sicurezze e risposte per quanto riguarda il mercato del lavoro e, con grandi sforzi, nel nucleo familiare si cerca di trovare le risposte per i propri figli.

    D. - Tradotto in altre parole, la presenza di figli aiuta ad essere più progettuali…

    R. - Assolutamente sì. Questo mi sembra il dato che ci sfugge, purtroppo. Non sono gli individui che progettano il futuro, sono le famiglie.

    D. - Ma come si rapportano le famiglie italiane alla crisi, come la percepiscono?

    R. - La percepiscono come una realtà che non finisce. Avrebbero tanta voglia di sentirsi dire da qualche ente, istituzione seria, credibile, che la crisi avrà un termine, ma purtroppo questo termine non c’è.

    D. - La crisi è diventata, quindi, un dato strutturale…

    R. - Sta diventando un dato strutturale, un dato con il quale si comincia a pensare che si debba convivere per tempi piuttosto lunghi.

    D. - E inoltre si pensa di vivere peggio in Italia che in altri Paesi dell’Europa…

    R. - Assolutamente sì. Si è convinti che l’Italia sia il Paese che dà meno risposte sul futuro rispetto agli altri Paesi europei. Si ha la sensazione, la certezza, la convinzione che si stia vivendo in un Paese che non dà le risposte progettuali che un Paese con una gestione politica seria dovrebbe dare.

    D. - Le famiglie come spendono i loro soldi?

    R. - Prima di tutto tendono a rimandare gli acquisti importanti e vengono acquistati i prodotti necessari della settimana. Quindi, la famiglia, soprattutto la famiglia con i figli, diventa anche quell’ambito, una sorta di network, in cui si dibattono questi temi: se acquistare o no, cosa acquistare, cosa sia più conveniente.

    D. - Infine, dalla vostra ricerca emerge un dato che suscita anche qualche preoccupazione: il ricorso al credito, che sta assumendo un carattere abbastanza rilevante…

    R. - Sì, perché il sistema dei risparmi si è eroso. Le famiglie italiane risparmiano sempre meno e quindi ricorreranno sempre di più al sistema del credito. (ap)

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    Congresso internazionale a Roma nel centenario della nascita di padre Cornelio Fabro

    ◊   Si è aperto stamani a Roma un congresso internazionale in occasione del centenario della nascita del padre stimmatino Cornelio Fabro, filosofo e teologo nato in Friuli ma vissuto e morto a Roma nel 1995. Ma perché questo congresso? Federico Chiapolino lo ha chiesto a padre Elvio Fontana, direttore del Progetto Culturale Cornelio Fabro.

    R. - Padre Cornelio Fabro è una figura importantissima del secolo XX non solo in Italia ma in tutto il mondo, anzi è più conosciuto all’estero grazie al suo lavoro a Lovanio e negli Stati Uniti, all’Università di Notre Dame, nei convegni e congressi internazionali. E’ una figura di spicco nel mondo filosofico, nell’ambiente della filosofia realista, tomista, cristiana, ma soprattutto nel dialogo con la filosofia moderna. Da tempo si è ripresa l’attività della riedizione delle opere di Cornelio Fabro e nella vicinanza del centenario della nascita è iniziato tutto un movimento di recupero della filosofia del pensiero di padre Fabro.

    D. – Quali sono i capisaldi del pensiero di padre Fabro che vengono affrontati nei lavori del congresso?

    R. – Padre Fabro negli anni ’40 si è misurato con la filosofia dell’esistenza perché pensava che questa filosofia, l’esistenzialismo, portava una nuova domanda, cioè il perché, il senso dell’esistenza. Questo lo portò al senso della libertà a cui dedicò tanti corsi nell’Università statale di Perugia negli anni tra il ’67 e il ’69 per rispondere alla domanda: che senso ha la libertà se c’è Dio? Se c’è Dio non è possibile la libertà? E invece lui ha risposto che il fondamento della libertà si trova in un Assoluto.

    D. - In poche parole, che eredità, non solo intellettuale, ma anche umana e spirituale, lascia padre Fabro?

    R - Oltre al lavoro intellettuale e filosofico, padre Cornelio Fabro è stato sempre molto vicino al servizio della Chiesa. E’ stato all’inizio consultore del Santo Uffizio e poi della Congregazione per la Dottrina della Fede; ha lavorato per la Congregazione delle Cause dei Santi e principalmente è da ricordare che è stato perito al Concilio Vaticano II per la Congregazione degli studi e dei seminari, adesso Educazione cattolica. (bf)

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    Chiesa e Società



    Pakistan: cristiano ucciso per un terreno conteso nel Punjab

    ◊   Rabbia e sconcerto nella comunità cristiana di Khanewal, nella regione pakistana del Punjab, per l’uccisione di uno dei suoi membri in seguito a una disputa per la proprietà di un terreno. Fonti locali citate da AsiaNews riferiscono che una parrocchia aveva acquistato l’appezzamento per costruire un orfanotrofio; tuttavia, un ricco e influente musulmano della zona, chiamato Muhammad Ali Durrani, aveva rivendicato la proprietà dei terreni comprati dalla chiesa, pretendendone la restituzione. Gli abitanti dell’area affermano che il ricco proprietario terriero musulmano è affiliato alla mafia locale, che da tempo cerca di sottrarre alla chiesa i terreni acquistati regolarmente. Il 3 ottobre scorso un gruppo di residenti ha depositato una petizione negli uffici della polizia nei confronti di Durrani; tuttavia, gli agenti hanno cercato di esercitare pressioni sui querelanti, ingiungendoli di ritirare la denuncia. Nella serata di mercoledì, uomini armati a bordo di diversi veicoli hanno attaccato i membri della comunità cristiana, colpevoli di aver presentato l’esposto alla polizia. Nel raid è stato assassinato Safdar Masih e altre 12 persone sono rimaste ferite, tra cui alcuni bambini presenti sul luogo dell’attacco. Nel frattempo gli assalitori si sono impossessati del terreno al centro della contesa. La polizia non ha voluto aprire un fascicolo di indagine – il First Information Report, Fir – sull’attacco contro i cristiani. La Chiesa cattolica di Khanewal ha condannato l’ennesimo episodio di violenza e ha invocato un’azione rapida delle forze dell’ordine perché sia fatta giustizia. Padre Ilyas John, sacerdote locale, spiega ad AsiaNews che “non si tratta del primo caso di esproprio forzato di terreni nel distretto”. Egli aggiunge che “i ricchi proprietari terrieri prendono di mira persone deboli e vulnerabili”. La comunità locale è composta da un gruppo ristretto di fedeli, che hanno però voluto acquistare un terreno per realizzare un orfanotrofio. Tuttavia, avrebbero dovuto valutare con maggiore attenzione “la fattibilità del progetto”, prosegue padre Ilyas John, perché “la mafia dei terreni è molto forte in questa regione” e controlla con particolare attenzione “questo tipo di progetti, perché sono un facile obiettivo”. (M.G.)

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    Kenya: ucciso un sacerdote, fratello dell’arcivescovo di Kisumu

    ◊   Ucciso un sacerdote cattolico nella capitale del Kenya, Nairobi. Secondo le informazioni raccolte dall’agenzia Fides, don Awuor Kisero, che da pochi giorni era tornato in Kenya dall’Italia, è stato aggredito da 4 uomini la sera del 3 ottobre nel quartiere di Dandora alla periferia della capitale keniana. Padre James, prosegue l’agenzia Fides, è stato colpito al petto da colpi inferti con un arma da taglio. Soccorso e trasportato nella clinica di Kayole, su consiglio dei medici è stato trasferito al "Kenyatta National Hospital". Durante il trasporto nella struttura ospedaliera padre James è però deceduto. Il sacerdote era il fratello minore di mons. Zacchaeus Okoth, arcivescovo di Kisumu.

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    Nuovo appello dell’arcivescovo di Conakry al dialogo e alla riconciliazione in Guinea

    ◊   Un appello al dialogo “senza condizioni, nel nome di Dio e di tutti i guineani”. A lanciarlo è stato nuovamente mons. Vincent Coulibaly, arcivescovo di Conakry, in occasione della giornata nazionale di preghiera e di perdono indetta dalla Commissione per la riconciliazione nazionale (Ncr) di cui è presidente. L’iniziativa è stata organizzata per ricordare il secondo anniversario del massacro di 130 civili perpetrato il 28 settembre 2009 dalla passata giunta militare del capitano Moussa Dadis Camara, e in un contesto di una crescente tensione tra le forze politiche del Paese con l’avvicinarsi delle prossime elezioni legislative il 29 dicembre. Nel suo appello – riferisce l’agenzia Cisa - mons. ha Coulibaly invitato i guineani a ricordare con la preghiera tutte le vittime delle cicliche repressioni militari che hanno segnato la recente storia della Guinea Conakry e a vivere “uniti” e “in armonia” per potere “godere le ricchezze di cui Dio ha dotato il Paese”. Concetti già espressi alcuni giorni addietro in un appello congiunto con l’Imam della grande moschea Fayçal, Elhadj Mamadou Saliou Camara, co-presidente della stessa Commissione per la riconciliazione nazionale. I due leader religiosi avevano chiesto alla classe politica di “rispettare un periodo di tregua sociale per evitare ogni parola e comportamento provocatorio, ogni iniziativa come meeting e proteste che potrebbero acuire le frustrazioni e alimentare ideologie dannose”. A soli nove mesi dall’investitura del presidente Alpha Condé, il primo eletto democraticamente dall’indipendenza, il clima politico in Guinea Conakry si è incrinato soprattutto dopo il fallito attacco dello scorso luglio contro la sua residenza. Ad alimentare le tensioni ci sarebbe il presunto rifiuto del partito al potere di dialogare con l’opposizione e le sue decisioni bollate come “unilaterali” in vista dell’appuntamento elettorale di dicembre. Le tensioni sono sfociate il 27 settembre in nuovi scontri tra polizia e manifestanti a una manifestazione non autorizzata nella capitale. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Myanmar. Il vescovo di Banmaw indice una giornata di solidarietà con i profughi Kachin

    ◊   Una giornata di preghiera e di solidarietà con i profughi Kachin costretti a fuggire dalla guerra civile nel Nord del Myanmar, dove dal mese di giugno si affrontano l’esercito regolare birmano e i guerrieri del 'Kachin Independent Army' (Kia). Ad indirla per sabato 9 ottobre è stato mons. Raymond Sumlut Gam, vescovo Banmaw, una delle due diocesi interessate dal conflitto insieme alla vicina Myitkyina. “Siamo molto preoccupati per la sorte di questa gente e questa giornata di preghiera è un modo per dimostrare la nostra solidarietà”, ha detto il presule all’agenzia Ucan precisando che tutte le parrocchie della diocesi raccoglieranno offerte per i profughi. Secondo le organizzazioni per i diritti umani, gli sfollati Kachin hanno raggiunto ormai la cifra di 20.000 e vivono in condizioni sempre più precarie. La Chiesa birmana si è da subito mossa per venire in loro soccorso attraverso la Karua Banmau Social Service (Kbsc), la Caritas locale, che ha allestito campi profughi e fornito generi di prima necessità. Inoltre sacerdoti religiose e volontari della diocesi di Banmaw, si stanno mobilitando per garantire servizi sanitari ed educativi. Come ha riferito il direttore dell’organizzazione padre Laphal Aung Dang, più di un migliaio di bambini sono stati sistemati in collegi e conventi e si stanno arruolando insegnanti così che i ragazzi possano continuare i loro studi. Lo Stato autonomo del Kachin conta un milione di persone in larga maggioranza cristiana. Il Kia è il braccio armato della “Kachin Independent Organization”, uno fra i gruppi delle minoranze etniche che da anni lottano contro il governo centrale birmano per una maggiore autonomia. La tregua fra esercito regolare e Kia è stata rotta lo scorso anno, quando i leader ribelli hanno rifiutato di essere integrati nell’esercito nazionale. Agli inizi di giugno 2011 l’esercito birmano ha intimato ai guerriglieri Kachin di abbandonare una zona da loro presidiata. Al diniego, sono iniziate le ostilità: l’esercito birmano ha avviato un massiccio dispiegamento di mezzi pesanti, iniziando il bombardamento con i mortai. (L.Z.)

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    Nota dell'episcopato in vista delle prossime consultazioni presidenziali

    ◊   I cattolici “hanno gli stessi diritti e doveri degli altri di partecipare alla vita pubblica” e la Chiesa, attraverso le sue istituzioni, “deve essere libera di svolgere la sua missione e di contribuire al bene comune, senza essere spinta a sacrificare insegnamenti fondamentali e principi morali”. Sono nette le indicazioni dei vescovi degli Stati Uniti contenute in una recente nota introduttiva che accompagna la riproposizione — in vista delle elezioni presidenziali del 2012 — dei contenuti di un documento pubblicato già in passato dall’Episcopato, con il quale si esortano i cittadini a un sano impegno sociale, avendo come guida nelle proprie scelte politiche i principi della fede e i valori morali fondamentali. Il documento, dal titolo “Forming Consciences for Faithful Citizenship. A Call to Political Responsibility from the Catholic Bishops of the United States” era stato approvato nel 2007 e poi ristampato negli anni successivi. La nota - riferisce l’Osservatore Romano - è stata inserita con l’intento di chiarire il pensiero dei vescovi per evitare ogni strumentalizzazione in vista appunto delle elezioni del 2012. In essa si elencano una serie di temi che “sollevano serie questioni morali”. Tra questi quelli legati alla difesa della vita e della libertà di coscienza degli operatori sanitari in materia di contraccettivi e aborti. Inoltre, si citano i tentativi sempre più insistenti di introdurre misure legislative contro il matrimonio autentico, quello tra un uomo e una donna. La nota ribadisce poi l’urgenza, in un tempo di grave crisi economica, di approntare misure adeguate per tutelare i poveri e di promuovere interventi che promuovano il rispetto della dignità degli immigrati e rifugiati. Per quanto concerne invece la situazione internazionale, si fa riferimento, in particolare, alla pace in Terra Santa e in Medio Oriente. Il documento puntualizza che “i vescovi non intendono dire ai fedeli per chi o contro chi votare”, ma “aiutare i cattolici a formare la propria coscienza conformemente alla verità di Dio”. “La responsabilità di compiere scelte nella vita politica – affermano - spetta a ogni individuo alla luce di una coscienza adeguatamente formata”. E tuttavia i presuli americani rivendicano il legittimo diritto di intervenire nella vita pubblica: “L’obbligo di fornire insegnamenti sui valori morali che dovrebbero modellare la nostra vita, compresa quella pubblica, è fondamentale per la missione” e, concludono, la tradizione pluralistica della nostra nazione è valorizzata, non minacciata quando i gruppi religiosi e i credenti portano le loro convinzioni e preoccupazioni nella vita pubblica”. (L.Z.)

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    Rapporto trimestrale della Fao: luci e ombre sulla sicurezza alimentare mondiale

    ◊   Nonostante produzioni cerealicole in crescita, tra il 2011 e il 2012 rimarrà incerto l’andamento dei mercati mondiali a causa del rallentamento globale dell’economia e del rischio di recessione, che potrebbero avere ripercussioni negative sulla sicurezza alimentare, soprattutto nei paesi del Sud del mondo. È la previsione contenuta nel rapporto trimestrale pubblicato dall’Agenzia Onu per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao) che evidenzia per lo più dati positivi. Il documento, ripreso dalla Misna, pone l’accento, in primis, sull’atteso aumento della produzione cerealicola mondiale, che dovrebbe raggiungere 2310 milioni di tonnellate, del tre per cento superiore rispetto alla campagna di commercializzazione 2010-2011. In secondo luogo rivela una tendenza alla diminuzione dei prezzi di vendita di quasi tutti i tipi di cereali, tranne il riso, già registrata a settembre con una contrazione del costo di acquisto del due per cento rispetto al mese di agosto. La Fao sottolinea che si è ormai molto lontani dal picco dei prezzi raggiunto nel febbraio 2011 ma sempre sopra il basso livello dei prezzi del settembre 2010. La contrazione dei prezzi viene attribuita a una elevata produzione di cereali, in particolare nei grandi Paesi produttori del Mar Nero, unita a una diminuzione della richiesta. In prospettiva, alla luce della crescita produttiva anche le riserve di cereali dovrebbero lievemente aumentare, rimanendo tuttavia ai livelli più bassi dal 2007. Nel suo rapporto la Fao, tuttavia, ricorda la grave crisi alimentare che colpisce il Corno d’Africa, dove 13 milioni di persone patiscono la fame in particolare nel sud della Somalia con quattro milioni di soggetti malnutriti. Anche il rallentamento dell’economia mondiale rischia di ridurre il potere di acquisto delle famiglie, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. L’altra incognita in grado di ipotecare abbondanti produzioni cerealicole è il quadro meteorologico: piogge irregolari e insufficienti nel Sahel potrebbero portare a una diminuzione del raccolto mentre in Asia i monsoni hanno distrutto ettari di colture nella provincia pachistana di Sindh e in Bangladesh, India, Tailandia e Filippine. In tutto nel mondo, secondo la Fao, ben 32 paesi necessitano di aiuti esterni per fronteggiare cattivi raccolti a causa di conflitti, insicurezza e catastrofi ambientali. Tra questi ci sono le due regioni del Nilo Blu e Sud Kordofan, a rischio crisi alimentare, nel contesto di scontri armati al confine tra Sudan e Sud Sudan. (M.G.)

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    India. La Chiesa cattolica in prima linea nella lotta al lavoro minorile

    ◊   Con oltre 45 milioni di bambini–lavoratori, l’India è il Paese con tasso più elevato di lavoro minorile al mondo. È quanto denunciano diverse Ong nazionali e internazionali sebbene la Costituzione indiana sancisce che nessun bambino sotto i 14 anni può essere impiegato in fabbriche, miniere, o qualunque lavoro pericoloso. Commentando con AsiaNews questi dati, il cardinale Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale indiana, afferma: “Ogni bambino ha il diritto di crescere in un ambiente sicuro e familiare e merita di avere un’infanzia libera dallo sfruttamento e dall’abuso”. Secondo l’arcivescovo di Mumbai, l’educazione rappresenta l’unica arma per combattere la piaga del lavoro minorile. Per questo il Right to Education Act (Rce) – la legge che prevede la scuola obbligatoria e gratuita per tutti i bambini tra i 6 e i 14 anni di età – gioca “un ruolo cruciale, dato che i bambini che non possono andare a scuola sono sempre impegnati in qualche forma di lavoro”. Da centinaia di anni “la missione educativa della Chiesa cattolica – racconta il porporato – punta a dare uguali opportunità ai figli di dalit, tribali, lavoratori migranti, braccianti…, per un domani migliore”. Rappresentando non più del 2% della popolazione indiana, la Chiesa cattolica è responsabile per più di un quinto di tutta l’assistenza sanitaria fornita nel Paese. “Abbiamo assunto – spiega il cardinale Gracias – un ruolo guida nello sviluppo integrale dell’essere umano in India. Oltre il 60% delle nostre scuole si trovano nelle zone rurali, con un’attenzione speciale agli studenti poveri ed emarginati che non possono permettersi un’istruzione”. “La missione sociale della Chiesa cattolica – sottolinea il porporato – prevede programmi educativi ed economici specifici per i bambini emarginati e diseredati”. La povertà, infatti, non è l’unico fattore determinante: “Scuole inadeguate o del tutto assenti, insieme a spese economiche alte, impediscono ai bambini di fare qualcosa di diverso dal lavorare”. Il cardinale Gracias conclude rinnovando l’intenzione della Chiesa a contribuire allo sviluppo dell’India, attraverso l’eliminazione del lavoro minorale con l’educazione. (M.G.)

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    Le Acli propongono una certificazione europea per contrastare il lavoro nero

    ◊   “Una certificazione europea di qualità dei prodotti connessa alla filiera di produzione”. È quanto propone il presidente delle Acli, Andrea Olivero, per contrastare in maniera radicale il fenomeno del lavoro nero. Davanti alla platea del seminario internazionale dedicato al tema del lavoro e dei diritti, che si tiene in questi giorni a Londra, Olivero ha respinto l’alibi della crisi per giustificare la presenza diffusa del lavoro nero: “La crisi economica non può mai essere una giustificazione per tollerare il lavoro nero. Perché se accettiamo che la crisi riduca le garanzie sociali fondamentali del nostro continente – ha spiegato il presidente delle Acli citato dal Sir - noi perdiamo contestualmente anche il nostro maggiore fattore competitivo, quel contesto di regole e civiltà che sono alle spalle dei nostri migliori prodotti”. “Il lavoro nero non è il prodotto della crisi – ha sottolineato - ma molto spesso ne è la causa, in termini di mancato sviluppo e cattiva occupazione”. “L’Europa – ha proseguito Olivero – è stata finora determinata ed efficace nel garantire la certificazione dei prodotti europei sotto il profilo igienico-sanitario. Ora deve esserlo altrettanto nella certificazione sociale dei prodotti”. “Dobbiamo arrivare a garantire che sia trasparente e ‘sana’ anche la filiera di produzione dei beni commercializzati, pena l’esclusione dal mercato”, ha concluso Andrea Olivero. (M.G.)

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    Gioco d’azzardo. Mons. D’Urso: “urgentissimi” provvedimenti

    ◊   “Provvedimenti per contrastare il fenomeno” del gioco d’azzardo “sono urgentissimi”. Lo afferma, in una nota diffusa oggi, mons. Alberto D’Urso, segretario della Consulta nazionale antiusura, dopo “l’approvazione unanime del Senato, nella sessione di mercoledì 5 ottobre, della relazione della Commissione antimafia – il più importante atto parlamentare, dal dopoguerra, in materia di gioco d’azzardo - sull’espansione abnorme del mercato dell’alea e sui suoi riflessi per la questione della criminalità organizzata”. Intervenire, spiega mons. D’Urso citato dal Sir, è urgente “per le persone che soffrono di dipendenza da gioco d’azzardo patologico, per i loro congiunti che devono sopportare la devastazione delle condizioni morali e materiali della famiglia, talvolta ricorrendo all’usura, per la sicurezza dei cittadini minacciata nelle strade dal dilagare della criminalità attorno alle sale da gioco, per l’economia che soffre della perdita di domanda di beni e servizi perché dirottata verso lo spreco del gioco d’azzardo, per la fiscalità pubblica che da 73 miliardi di spreco per l’azzardo vede incrementare le sue perdite”. “Nelle prossime settimane – assicura D’Urso - le Fondazioni riunite nella Consulta nazionale antiusura torneranno a sensibilizzare le autorità, le istituzioni locali, i rappresentanti delle categorie sociali ed economiche, le amministrazioni e gli enti educativi”.

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    Si è spento mons. Fernando Charrier, vescovo emerito di Alessandria

    ◊   È morto questa mattina, all’età di 80 anni, mons. Fernando Charrier, vescovo emerito della diocesi di Alessandria e a lungo presidente della Commissione dei vescovi italiani per i problemi sociali e del lavoro. Il presule, che si è spento dopo una lunga malattia, era nato a Roure, comune della Valle del Chisone, in provincia di Torino, il 12 settembre 1931. Nel 1989 era stato nominato vescovo di Alessandria. Nel maggio 1990 divenne segretario della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro. Il 4 aprile 2007 Benedetto XVI ha accettato la sua rinuncia alla diocesi del capoluogo piemontese per raggiunti limiti di età nominando a suo successore mons. Giuseppe Versaldi. I funerali saranno celebrati lunedì 10 ottobre, alle ore 10, nella cattedrale di Alessandria. Domani e domenica, alle ore 21, in cattedrale si terranno delle veglie di preghiera. (M.G.)

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    La Polonia presenta a Palermo il semestre di presidenza del Consiglio dell’Ue

    ◊   “Europa aperta. Polonia e Sicilia al crocevia delle culture: opportunità e sfide”. E’ il titolo di una serie di incontri e dibattiti in corso a Palermo da oggi a domenica promossi dall’ambasciata della Polonia di Roma, in occasione del turno di Presidenza nel Consiglio dell’Unione Europea. Polonia come Paese con una grande tradizione multiculturale, sul cui territorio hanno convissuto religioni diverse, un Paese molto attento alle questioni del rispetto, della libertà e alle differenze culturali, volge lo sguardo verso il Mediterraneo e la sua ricca cultura, in particolare verso la Sicilia. La multiculturalità dell’Isola diventa filo conduttore con la storia della Polonia e uno spunto per future iniziative. “Consapevoli del ruolo dell’influenza del mondo arabo in Sicilia – ha detto l’ambasciatore della Repubblica di Polonia in Roma, Wojciech Ponikiewski, parlando del contributo culturale apportato dai musulmani polacchi – volevamo mostrare qui a Palermo questa componente poco nota della nostra cultura e delle tradizioni. Così il patrimonio culturale dei musulmani polacchi diventa una chiave che introduce un tema più ampio: quello della multiculturalità, della coesistenza di civiltà diverse, della loro mutua apertura e interazione”. “Per la Polonia che per secoli è stata un organismo multietnico e multiculturale, la visione dell’Europa Aperta rimane quindi sempre valida. L’Europa – ha proseguito l’ambasciatore della Polonia – non può essere definita diversamente che come un insieme o una comunità di valori. Valori come la libertà, la democrazia, la dignità e i diritti dell’uomo. Questi valori di per sé implicano anche un atteggiamento di apertura verso gli altri. L’Europa in questo senso non può che essere aperta”. L’ambasciatore Ponikiewski si è espresso anche sugli sbarchi di extracomunitari registrati nell’isola: “Ovviamente sarebbe ingenuo e fuorviante parlare dell’Europa aperta senza far cenno anche alle sfide che il nostro continente affronta nei rapporti con il vicinato. Siamo stati tutti testimoni delle massicce ondate di immigrazione dall’Africa del Nord che, negli ultimi mesi sono approdate principalmente in Italia ed, in primo luogo, a Lampedusa e in Sicilia. Le conseguenze sociali ed economiche della primavera araba e della crisi libica hanno svelato molte lacune nella gestione dei fenomeni migratori a livello comunitario. Condividiamo con l’Italia – ha concluso - l’idea che la politica migratoria necessita di un approccio comunitario. Ci stiamo adoperando non solo a favore della riforma del sistema Schengen ma anche al fine di ultimare i lavori sul sistema di asilo entro il 2012”. (Da Palermo, Alessandra Zaffiro)

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    Incontro mondiale delle famiglie 2012: il comitato organizzativo cerca volontari

    ◊   Il comitato dell’Incontro mondiale delle famiglie ha lanciato un appello ai giovani di ogni nazionalità, inteso a cercare volontari per l’organizzazione dell’evento che la Chiesa cattolica promuove dal 30 maggio al 3 giugno 2012 a Milano e che culminerà con l’incontro con Benedetto XVI. L’invito – si legge nel sito - è rivolto a maggiorenni “disponibili a dedicare del tempo alla realizzazione” dell’appuntamento mondiale. Il volontario dev’essere fortemente motivato rispetto all’evento e all’esperienza del servizio. I ruoli che saranno richiesti sono di vario genere: dalle informazioni ai pellegrini all’assistenza a categorie particolari (disabili, bambini, anziani), dall’allestimento delle strutture all’ufficio stampa, fino alla presenza nei luoghi delle celebrazioni nei giorni stessi dell’incontro. Per informazioni e iscrizioni (ai volontari sarà assicurato, in caso di necessità, l’alloggio) è riservato un apposito spazio nel sito ufficiale dell’evento, comprendente la modulistica da compilare per avanzare la propria candidatura. (M.G.)

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    Concluso a Kolkata, in India, il seminario sulle comunicazioni sociali per gli studenti di teologia

    ◊   “La comunicazione con i ‘nuovi media’ – internet, blogging, rete sociale – è parte integrante della missione pastorale.” Lo ha sottolineato mons. Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali durante il seminario nazionale per studenti di teologia che si è svolto a Kolkata, in India, dal 2 al 5 ottobre. Nel suo discorso, mons. Tighe ha detto che la comunicazione digitale e la rete sociale dominano le attività dei giovani di oggi, che è indispensabile che i pastori del futuro devono essere esperti di tecnologia e che l’uso multimediale è importante per una evangelizzazione efficace. Il segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, riferisce il portale della Conferenza Episcopale Cattolica dell’India http://ccbi.in, ha detto, inoltre, che i nuovi media possono aiutare i pastori a comunicare specialmente nelle comunità isolate ed ha auspicato che quanti sono impegnati nelle comunità possano creare una rete per la comunicazione. Il padre salesiano George Plathottam, segretario della Commissione per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Cattolica dell’India (CCBI), ha affermato che la comunicazione non è più uno studio facoltativo ma essenziale e centrale per la Chiesa evangelizzatrice. La segreteria dell’Ovest Bengala della Commissione per le Comunicazioni, Mini Joseph, ha invece rimarcato che “i giovani sono totalmente su facebook” e che si deve “parlare con il mezzo”. Avallando la sua tesi, Sunil Lucas, presidente di SIGNIS (World Catholic Association for Communication), ha aggiunto che, sebbene il messaggio sia importante, è ancora più essenziale il modo in cui questo deve essere diffuso. Gli studenti che hanno preso parte al seminario hanno avuto poi modo di confrontarsi tra loro sulle argomentazioni trattate dai relatori e di approfondirle. Provenienti da Pune, Allahabad, Delhi, Bangalore e Kolkata, si sono impegnati ad iniziare “club di media”, ad aggiornare i siti web dei loro collegi, a diffondere notizie sulle loro attività e a condividere quanto hanno appreso durante il corso. Mons. Tighe ha infine lanciato il 5 ottobre online il diploma postlaurea in Comunicazione Pastorale dell’Università Don Bosco di Assam, a Guwahati, in India. (H.T.B.)

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    Inaugurata la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell’Università Europea di Roma

    ◊   "E' urgente ridare significato al ruolo del giurista, che non è solo un operatore di diritto, ma deve riscoprire la funzione di promuovere, perseguire e applicare la giustizia". Con queste parole il prof. Alberto Gambino, direttore della Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università Europea di Roma ha esordito in occasione dell’inaugurazione di questa Scuola, che formerà nei prossimi anni aspiranti magistrati, notai ed avvocati. "Tanti fatti di cronaca, spesso rilanciati dai media, lasciano intravedere una supremazia degli interessi economici sulle ragioni della giustizia, come i tanti reati prescritti che riguardano fatti corruttivi o le truffe impunite ai danni dei più deboli - ha proseguito il prof. Gambino - ma proprio di qui occorre ripartire riaffermando lo stretto legame che esiste tra il ruolo di chi opera nel diritto e l’etica pubblica". "Questa è l’unica bussola in grado di segnare la rotta a chi forma giuristi che aspirano un giorno ad essere magistrati dell’equità, avvocati scrupolosi e notai custodi della legalità", ha concluso Gambino. La Scuola di Specializzazione per le Professionali Legali dell’Università Europea di Roma, attivata a partire dall’anno accademico 2011/12, si pone, per tutti i laureati del territorio nazionale, quale strumento di crescita professionale, in armonia con i principi che animano l’attività di questa università. Lo scopo è quello di favorire lo sviluppo dell’insieme delle attitudini e delle competenze necessarie per poter svolgere l’attività di magistrato, avvocato e notaio, secondo le peculiari inclinazioni di ciascuno. L’Università Europea di Roma vuole formare professionisti che siano non solo preparati, ma anche consapevoli dell’importante rilievo sociale del ruolo che andranno a ricoprire. Infatti il progetto formativo dell’Università Europea di Roma è orientato alla formazione integrale della persona. Oltre all’acquisizione di competenze professionali, lo studente ha la possibilità di crescere moralmente e nello spirito di servizio per gli altri.

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    24 Ore nel Mondo



    Libia: violenti combattimenti a Sirte

    ◊   Violenti combattimenti sono in corso tra le forze del nuovo potere e i partigiani del colonnello Muammar Gheddafi nei pressi dell'Università di Sirte, circa 360 chilometri a est della Libia. Lo afferma un giornalista dell'agenzia Afp. Il centro per le conferenze "Ouagadugou", piazzaforte dei fedeli di Gheddafi, è anch'esso bersaglio di pesanti tiri e bombardamenti. Si combatte anche nel quartiere dei Mauritani, sempre nel centro di Sirte. Le forze del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) stanno tentando di raggiungere il centro, feudo dell'ex "rais" della Libia, dalla zona sud della città. Intanto, il primo ministro libico, Mahmud Jibril, in una visita a Baghdad, ha affermato che il deposto leader libico, Muammar Gheddafi, si nasconde ancora nel sud della Libia sotto la protezione delle tribù che occasionalmente attraversano il confine con il Niger, anche se entro breve tempo le forze del governo di transizione libico saranno in grado di localizzarlo.

    Preoccupazione di Italia e Francia per la situazione in Siria
    L'Italia esprime “estrema preoccupazione per la situazione umanitaria in Siria, in cui secondo dati Onu si registrano finora 2.900 vittime civili, con forti ripercussioni sulla stabilità regionale”. Lo ha sottolineato il portavoce della Farnesina Maurizio Massari.” E' necessario rafforzare la pressione internazionale sul regime ed accelerare il processo di transizione politica che sia endogeno e non imposto dall'esterno”. Da parte sua, il premier francese Fillon definisce scioccante il veto della Russia e della Cina al progetto di risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu sulla Siria. Fillon aggiunge che in ogni caso l’Europa non deve desistere dal fare pressione sul regime. Intanto, il viceministro degli Esteri siriano, Mekdad, in un intervento al Consiglio Onu sui diritti umani, in occasione dell'esame periodico della Siria, assicura che Damasco fornirà all'Alto commissario Onu per i diritti umani una lista di 1.100 membri delle forze dell'ordine, considerati ''martiri" assassinati da ''terroristi armati da Paesi vicini". Dalla Siria giunge poi notizia di un vasto dispiegamento di forze fedeli al presidente al Assad, intorno a numerose moschee nei diversi epicentri della rivolta siriana, nel 32.mo venerdì consecutivo di proteste anti-regime, in corso da metà marzo.

    Grande preoccupazione per le azioni dei pirati somali
    Nel Corno d’Africa, continuano a destare preoccupazione i sequestri di navi operati dai pirati somali: nelle loro mani c’è anche la petroliera, Savina Caylyn, con a bordo cinque cittadini italiani. Quali sono le proporzioni di questo fenomeno e cosa si sta facendo per contrastarlo? Davide Maggiore lo ha chiesto a Massimo Alberizzi, corrispondente dall’Africa per il Corriere della Sera:

    R. - Le proporzioni del fenomeno sono amplissime e si sta facendo molto poco, dichiarazioni di principio in cui si dice di mandare navi a fermare la pirateria. Ma ormai dovrebbero pattugliare un tratto di mare molto ampio: i sequestri vanno dalle coste indiane, verso le Maldive, alle coste del Madagascar, a sud, quindi il braccio di mare è enorme e impossibile da pattugliare materialmente. Invece, si dovrebbe intervenire a terra dove ci sono i "santuari" dei pirati somali.

    D. – Che matrice hanno i rapimenti effettuati dai pirati?

    R. – La criminalità. La Somalia è una giungla, non c’è legge, non ci sono autorità, non ci sono forze dell’ordine, quindi i pirati sanno perfettamente di farla franca. Ci si vuole allora sostituire in qualche modo a queste autorità? La criminalità comune non è politica e allora potremmo avere anche delle remore a intervenire: la comunità internazionale deve poter intervenire in una modalità di polizia internazionale. Questo non si vuole fare. Ci sono solo grandi spese, ma con risultati pari a zero: sono pochissimi gli interventi che hanno permesso di bloccare una presa di navi.

    D. - Anche nel resto del continente i rapimenti di occidentali sono diffusi. Alcuni di questi riguardano cittadini italiani, come Francesco Azzarà, sequestrato in Darfur, o Maria Sandra Mariani, prigioniera del gruppo Al Qaeda nel Maghreb islamico…

    R. – I cittadini italiani o europei, bianchi, che vengono considerati come stereotipo “ricchi” sono walking dollars, cioè sono "dollari che camminano": è facile che in zone dove l’impunità è assicurata dall’ambiente, dalle altre gang, oppure dalle tribù nomadi possa esserci un’azione di criminalità molto più forte e intensa. Questi criminali, poi, sono diventati sempre più arroganti, perché potendo godere di un’impunità di fatto fanno quello che vogliono. (bf)

    Duro avvertimento del Pakistan all’Afghanistan sulle frontiere
    L'esercito pakistano ha lanciato un duro avvertimento all'Afghanistan perché fermi gli attacchi e l'infiltrazione di militanti estremisti islamici lungo la frontiera che divide i due Paesi. E' quanto riferiscono oggi i media locali. Parlando ai giornalisti da una base militare del Kashmir, durante una cerimonia in occasione di esercitazioni congiunte con l'Arabia Saudita, il capo delle forze armate, il generale Ashfaq Parvez Kayani, ha detto che “queste attività non saranno più tollerate” e ha ricordato che “il Pakistan possiede le capacità per rispondere a questi attacchi”. In seguito a lanci di artiglieria dalle province afghane di Kunar e Nuristan contro posti di blocco, lo scorso mese il governo di Islamabad aveva rivolto una protesta ufficiale a Kabul. Il presidente della Commissione Esteri del Senato pakistano, Salim Saifullah, ha affermato che l'avvertimento del presidente americano Obama al Pakistan sui sospetti legami con i terroristi ostacolerà gli sforzi per la stabilizzazione dell'Afghanistan e aumenterà l'antiamericanismo nel Paese. Ieri, il capo della Casa Bianca aveva detto che di non aver “alcun dubbio” sui legami tra i Servizi segreti pakistani e gruppi terroristici.

    Israele annuncia blocco totale in Cisgiordania per la festa di Yom Kippur
    L'esercito israeliano ha annunciato il blocco totale della Cisgiordania a partire da questa sera, in occasione delle celebrazioni dello Yom Kippur, la festa più importante dell'ebraismo. Tutti i punti di passaggio tra la Cisgiordania verso Israele, si legge in un comunicato dell'esercito israeliano, sono stati chiusi dalla mezzanotte di giovedì a causa della festività che comincia venerdì sera e si conclude sabato sera. Deroghe sono previste solo in caso di urgenze mediche. La chiusura dei punti di passaggio tra Cisgiordania e Israele è una misura presa abitualmente dall'esercito in occasioni delle feste principali, per timore di attentati.

    Morto ultimo leader comunista dell'Albania
    E' morto questa mattina in un ospedale di Tirana, Ramiz Alia, il successore del dittatore Enver Hoxha e ultimo leader comunista dell'Albania. Alia, 86 anni, era stato colpito da una “tromboembolia polmonare”, secondo quanto riferito dai medici.

    In Kosovo l’inviato Ue Cooper per mediare tra Belgrado e Pristina
    La crisi nel nord del Kosovo e le prospettive di ripresa del dialogo fra Belgrado e Pristina sono al centro dei colloqui che il mediatore europeo, Robert Cooper, ha in programma oggi nella capitale serba. Giunto ieri sera a Belgrado, Cooper incontra il capo negoziatore serbo, Borislav Stefanovic, e il ministro per le Questioni del Kosovo, Goran Bogdanovic. La popolazione serba nel nord del Kosovo protesta contro la presa di controllo dei due posti di frontiera con la Serbia a Jarinje e Brnjak da parte di poliziotti e doganieri kosovari albanesi. In corrispondenza delle due postazioni, sono state erette barricate. Dopo scontri fra manifestanti e serbi e militari della Kfor (Forza Nato in Kossovo), il 27 settembre scorso a Jarinje, il dialogo fra Belgrado e Pristina è stato interrotto.

    Ucraina: grave incendio nella Riserva naturale del Danubio
    Un incendio di vaste proporzioni sta divampando nella Riserva naturale del Danubio, vicino all'isola di Belgorodski, in Ucraina. Le fiamme si estendono per circa sei chilometri e il fumo, oltre che nei villaggi vicini, è arrivato fino ad Odessa, che dista 180 chilometri. Nella zona non piove da più di un mese e il fuoco sta divorando rapidamente le canne e il resto della vegetazione già da ieri. Sul posto, fa sapere il ministero delle Emergenze ucraino, sono presenti gli operai della riserva naturale e i Vigili del fuoco, che però non possono avvicinarsi alle fiamme con i loro mezzi perchè la zona è paludosa. Lungo le strade sono stati posizionati degli sbarramenti per evitare che il fuoco raggiunga i villaggi locali, ai cui abitanti è stato raccomandato di stare in casa con le finestre chiuse per non essere intossicati dal fumo. Nella Riserva naturale del Danubio, che è la più vasta zona paludosa d'Europa e luogo di riproduzione per molte specie di pesci e uccelli, quest'anno sono divampati più di 20 incendi, e la maggior parte di questi era di natura dolosa.

    Morti e feriti in un attentato contro dei bus nelle Filippine
    Uomini armati hanno assaltato due autobus nel sud delle Filippine, uccidendo due persone e ferendone altre 22. Lo ha detto la polizia secondo la quale la sparatoria è avvenuta nella provincia di Maguindanao, sull'isola di Mindanao, teatro nel novembre di due anni fa di un massacro di 57 civili, durante una campagna elettorale. Gli assalitori, che indossavano uniformi militari, hanno fatto segno al convoglio di fermarsi in un punto deserto di un'autostrada, quasi certamente per rapinare e rapire gli occupanti dei mezzi. I conducenti hanno fiutato la trappola e hanno sfondato il falso posto di blocco, circostanza che ha indotto gli aggressori a sparare contro i due mezzi.

    Tre soldati uccisi da mina nello Stato orientale del Chhattisgar
    Tre soldati indiani sono stati uccisi oggi da una mina nello Stato orientale del Chhattisgar, dove è attiva la guerriglia maoista. Lo riferiscono i media locali. Gli uomini, appartenenti a un gruppo paramilitare, viaggiavano a bordo di un convoglio nel distretto di Dantewada, dove ci sono le roccaforti dei guerriglieri comunisti. “Il loro veicolo è saltato su ordigno piazzato dai maoisti”, ha detto una fonte militare ai giornalisti. La pattuglia era stata dispiegata per proteggere dei campi di addestramento di milizie tribali anti maoiste.

    Sei km di marea nera per la nave container arenata da due giorni
    Ha già causato una marea nera di oltre 6 km la nave container di 236 metri che si è arenata due giorni fa in una barriera corallina rinomata per la sua fauna marina, al largo del maggior porto di esportazione della Nuova Zelanda. Non è ancora noto da dove provenga la perdita, ma le autorità neozelandesi e gli ambientalisti si dichiarano molto preoccupati e temono un disastro ambientale. La Rena, registrata in Liberia, del gruppo armatoriale greco Costamare Inc., è carica per tre quarti con 2.100 container e 1.700 tonnellate di carburante pesante ed era a 22 km dal porto di Tauranga, nell'isola del nord. Nessuno è rimasto ferito fra i 25 membri di equipaggio, tuttavia si è aperta una falla nello scafo e la nave è inclinata di 12 gradi. L'area della barriera corallina detta Astrolabe, ricoperta di anemoni di mare e spugne multicolori, ospita una ricca fauna di pesci oltre a pinguini blu, foche e procellarie. Almeno quattro uccelli marini sono stati trovati morti nelle vicinanze della nave, mentre altri sono stati visti ricoperti di petrolio. Non è ancora chiaro quanto del carburante pesante nel carico a bordo si sia disperso in mare, ha detto il funzionario di Maritime New Zealand, Rob Service. “Non sembra vi siano falle nei serbatoi, ma i danni sono estesi ed è ancora difficile determinarli accuratamente e decidere come disincagliarla, un'operazione che comunque richiederà del tempo”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 280

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