Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 06/10/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa domenica nella Certosa di Serra San Bruno: dal silenzio della preghiera nasce il vero senso delle parole
  • Il priore della Certosa: la presenza del Papa è un messaggio di speranza per tutta la Calabria
  • Udienze
  • Pellegrinaggio della diocesi di Roma per il Beato Karol Wojtyla. Il cardinale Vallini ai giovani: partecipate numerosi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Corno d'Africa: la carestia si espande. Domani conferenza stampa di Cor Unum
  • La morte di Steve Jobs. Padre Spadaro: ha reso la tecnologia parte integrante della nostra vita quotidiana
  • Dieci anni fa l'attacco in Afghanistan
  • Il cardinale Bagnasco: nuovo patto tra generazioni e sostegno alla famiglia per rilanciare l'economia
  • Chiesa e Società

  • Somalia: sono quattro milioni le persone colpite dalla siccità
  • Costa d’Avorio: emergenza umanitaria nell’ovest. Le missioni salesiane danno speranza
  • Turchia: al via il processo contro l’assassino di mons. Padovese
  • Sempre più grave l’emergenza alluvioni in Cambogia e Thailandia
  • Filippine. Oltre 600mila sfollati vittime dei tifoni: urgono aiuti umanitari
  • Unicef: dall’inizio degli scontri nello Yemen, almeno 94 i bambini rimasti uccisi
  • Premio Nobel per la letteratura al poeta svedese Tranströmer
  • Russia: negato il permesso alla costruzione della chiesa di Pskov. La reazione di mons. Pezzi
  • Consiglio ecumenico delle Chiese: le armi atomiche attentano al futuro dell’uomo
  • Colombia: incontro per la costruzione della pace promosso dai vescovi
  • Le donne peruviane non denunciano le violenze di coppia per tutelare i propri figli
  • Nigeria: rapito un sacerdote cattolico nello Stato di Edo
  • Zimbabwe: Amnesty International chiede di garantire l’accesso all’istruzione
  • Nepal: musulmani e cristiani insieme per difendere i diritti delle minoranze
  • Desolazione del Patriarcato latino per l’incendio nella moschea in Galilea
  • Il santuario di Fatima si prepara per la Festa di Nostra Signora del Rosario
  • Germania: mons. Trelle nuovo vicepresidente della Conferenza episcopale
  • Svizzera: per i vescovi la diagnosi preimpianto non è compatibile con i principi della dignità umana
  • Repubblica Ceca: sessione autunnale del Comitato europeo per l’educazione cattolica
  • Presentata a Trento la 14.ma edizione di “Religion Today film festival"
  • "Lettera aperta" del vescovo di Rimini al Beato Alberto Marvelli
  • Roma: la Caritas diocesana lancia “Capitale Solidale”
  • 24 Ore nel Mondo

  • L’agenzia Moody’s declassa aziende pubbliche e private italiane
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa domenica nella Certosa di Serra San Bruno: dal silenzio della preghiera nasce il vero senso delle parole

    ◊   Fervono gli ultimi preparativi a Lamezia Terme e Serra San Bruno, in Calabria, dove il Papa si recherà in visita domenica prossima. Si tratta del 25.mo viaggio pastorale di Benedetto XVI in Italia. E a tre giorni dall’arrivo del Santo Padre, la Certosa di Serra San Bruno festeggia il suo fondatore, di cui oggi la Chiesa celebra la memoria liturgica. Un santo di cui il Papa ha già parlato in varie occasioni come ci riferisce in questo servizio Sergio Centofanti.

    Il Papa, domenica prossima, alle 18.00, presiederà i vespri nella Certosa fondata da San Bruno nell’XI secolo. San Bruno è originario di Colonia, professore di teologia e filosofia, chiamato da Papa Urbano II come suo consigliere. Nel periodo caratterizzato dalla lotta delle investiture e da grandi ambizioni, anche in campo ecclesiastico, rifiuta di diventare vescovo. Fonda i Certosini. Preferisce il silenzio e la contemplazione perché l’intimità con Dio trasformi il suo essere:

    “Silenzio e contemplazione - caratteristica di san Bruno - servono per poter trovare nella dispersione di ogni giorno questa profonda, continua, unione con Dio … nella loquacità del nostro tempo, e di altri tempi, nell’inflazione delle parole, rendere presenti le parole essenziali. Nelle parole rendere presente la Parola, la Parola che viene da Dio, la Parola che è Dio. (Omelia, 6 ottobre 2006)

    Nel silenzio - afferma il Papa – le nostre parole vengono purificate, si fanno piccole davanti alla grandezza di Dio, perché sia la sua Parola ad essere ascoltata nel mondo:

    “E così, di nuovo, ci troviamo invitati a questo cammino della rinuncia a parole nostre; a questo cammino della purificazione, perché le nostre parole siano solo strumento mediante il quale Dio possa parlare”. (Omelia, 6 ottobre 2006)

    Il silenzio di san Bruno ci guida verso un parlare “casto”, cioè puro, non pieno di se stessi, in cerca di gratificazioni, ma intriso di verità:

    “In altri termini, parlare per trovare applausi, parlare orientandosi a quanto gli uomini vogliono sentire, parlare in obbedienza alla dittatura delle opinione comuni, è considerato come una specie di prostituzione della parola e dell'anima. La ‘castità’ è non sottomettersi a questi standard, non cercare gli applausi, ma cercare l'obbedienza alla verità”. (Omelia, 6 ottobre 2006)

    San Bruno, in fondo, non fa che indicarci la via di Gesù, le cui parole sono nate nel silenzio della preghiera, sul Monte, nel suo stare col Padre:

    “Da questo silenzio della comunione col Padre, dell'essere immerso nel Padre, nascono le parole …il Signore ci invita … a salire con Lui sul Monte, e nel suo silenzio, imparare così, di nuovo, il vero senso delle parole”. (Omelia, 6 ottobre 2006)

    inizio pagina

    Il priore della Certosa: la presenza del Papa è un messaggio di speranza per tutta la Calabria

    ◊   Il Papa arriverà a Serra San Bruno, nel pomeriggio di domenica prossima, dopo aver passato la mattina a Lamezia Terme. Ad accoglierlo, tra gli altri, sarà anche il priore della Certosa di Serra San Bruno, padre Jacques Dupont. Hélène Destombes lo ha intervistato:

    (musica)

    R. - Que le Pape pense à la Calabre, que le Pape vient ici…
    Il fatto che il Papa pensi alla Calabria, che il Papa venga qui - nel cuore di un contesto molto, molto difficile dove i giovani non trovano lavoro e decidono di andare via perché questa regione ha un futuro molto incerto - spero che riesca ad aprire gli occhi e invitare tutti coloro che hanno delle responsabilità a prendere delle decisioni, ad attuare delle misure che possano dare un futuro a questa regione e, quindi, anzitutto ai giovani.

    D. - Lei accoglierà Benedetto XVI a Serra San Bruno; lei sarà al suo fianco nella celebrazioni dei Vespri, domenica sera: che si attende da questa visita?

    R. - Nous nous sommes surtout très, très reconnaissants…
    Noi siamo, soprattutto, molto, molto riconoscenti, perché è il Papa che è voluto venire da noi: non mi sarei mai permesso di sperare questo … Quindi molto, molto riconoscenti a Dio per averci dato questa grazia, per averci fatto questo regalo immenso; molto riconoscenti al Santo Padre che sia riuscito, nella sua agenda di impegni così intensa, a trovare due ore per vivere e stare con noi, anzitutto per pregare con noi. Noi speriamo ci dia un incoraggiamento a restare fedeli alla nostra vocazione. Il Papa è fortemente legato alla spiritualità monastica e confido che ci confermerà e ci incoraggerà a essere sempre più figli di San Bruno.

    D. - Come si svolge la vita a Serra San Bruno e che legame avete con la popolazione della Regione?

    R. - Il ya un lien surtout spirituel…
    C’è anzitutto un legame spirituale: noi siamo un ordine contemplativo e viviamo in clausura. Questo vuol dire che a Serra San Bruno si vive una situazione particolare, proprio perché questo piccolo paese è nato accanto alla Certosa, anzi è nato dalla Certosa. Posso dire che la gente è molto, molto legata a noi; fa parte della loro stessa identità di vivere accanto alla Certosa. Ci rispettano, rispettano la nostra solitudine: noi siamo molto riconoscenti per il loro aiuto e crediamo che trovino in noi un punto di riferimento spirituale, un sostegno perché la vita qui, in Calabria, non è certo facile. Penso al mondo del lavoro, alla mafia … e credo che il fatto di sapere che i certosini sono presenti con la loro preghiera, dia loro certamente conforto e incoraggiamento.

    D. - In cosa, dunque, la vostra presenza può costituire un segno di speranza per questa terra?

    R. - Je crois que c’est une réponse que l’on peut donner dans la foi…
    Credo che questa sia una risposta da ricercare nella fede: la nostra vita è una vita consacrata alla preghiera. Noi siamo qui per dire che c’è un Dio, un Dio che è al di sopra di tutti gli avvenimenti della terra, ma che è anche molto, molto vicino a noi… Questo è quello che San Bruno ci insegna, perché San Bruno è un uomo totalmente preso da Dio, è un uomo che ha scelto la solitudine per avere Dio solo; ma allo stesso tempo, risponde con la bontà ed è molto vicino alla gente spiritualmente e direi anche col cuore … E’ quello che credo la Certosa, insieme a San Bruno, è chiamata a vivere: essere totalmente consacrati ad una vita contemplativa nel Signore, ma - attraverso la preghiera e attraverso la nostra relazione con il Signore - essere con le persone, quelle vicine e quelle meno vicine, perché noi preghiamo per tutti gli uomini.

    D. - Nella visita a Serra San Bruno, nel 1984, Giovanni Paolo II vi aveva invitato a continuare a mostrare al mondo il vostro stile di vita, uno stile di vita che, nel mondo d’oggi – aveva detto - è una “provocazione”…

    R. - Ce qu'il nous a dit reste très, très présent…
    Quello che ci ha detto Giovanni Paolo II resta molto, molto attuale. E’ un messaggio che ci aiuta a vivere qui. La nostra è una provocazione molto forte, in particolare provoca i giovani a darsi una risposta. La nostra vita è certamente paradossale, a livello umano appare inutile: che cosa facciamo qui, visto che ci sono tanti problemi da affrontare e risolvere concretamente? I giovani sono chiamati a rispondere: non possono certo restare indifferenti davanti alla nostra scelta di vita. Molti non capiscono e non ci comprendono e si domandano cosa realmente facciamo dietro queste mura; ma molti si fermano, riflettono. Devo dire che quando si avvicinano un poco più a noi, attraverso i libri o attraverso qualche incontro, penso che scoprano che noi non siamo poi così lontano dal mondo… al contrario, siamo nel cuore del mondo! (mg)

    (musica)

    inizio pagina

    Udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina il nunzio apostolico in Bielorussia, mons. Claudio Gugerotti, e alcuni presuli della Conferenza episcopale dell’Indonesia, in visita "ad Limina".

    inizio pagina

    Pellegrinaggio della diocesi di Roma per il Beato Karol Wojtyla. Il cardinale Vallini ai giovani: partecipate numerosi

    ◊   Il prossimo 22 ottobre, verrà celebrata per la prima volta la memoria del Beato Karol Wojtyla e per l’occasione si terrà un pellegrinaggio nel centro di Roma, promosso dal Servizio di Pastorale Giovanile del Vicariato e dall’Ufficio Vocazioni. Alle ore 15, in Piazza San Pietro il cardinale Angelo Comastri introdurrà il cammino che si snoderà poi lungo le vie del centro storico della città per concludersi a San Giovanni in Laterano, dove il cardinale vicario Agostino Vallini presiederà la Santa Messa alle ore 19. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Roma cammina con Giovanni Paolo II”. In una lettera indirizzata ai fedeli, il cardinale Agostino Vallini ricorda il “grande affetto” che il Beato Wojtyla “nutriva per i giovani che ha più volte incoraggiato a porsi alla sequela di Cristo e a vivere fino in fondo la gioia della fede”. Proclamandolo Beato, scrive ancora il porporato, Benedetto XVI ha indicato Karol Wojtyla “come esempio di vita cristiana e sacerdotale”, in particolare per la Chiesa di Roma che “tanto amò e servì come vescovo”. Il cardinale vicario invita dunque tutti i fedeli romani e specialmente i giovani “a partecipare numerosi” al pellegrinaggio del 22 ottobre che celebrerà, per la prima volta, la memoria liturgica del Beato Giovanni Paolo II. Confido, scrive il cardinale Vallini, che “dopo la straordinaria esperienza vissuta” alla Gmg di Madrid, “dove la Chiesa ha mostrato il suo volto giovane, anche Roma possa rimanere sorpresa dalla gioia e dall’entusiasmo di tanti giovani che intendono vivere fino in fondo la fede”.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale di Maria Pia Veladiano, scrittrice e preside a Rovereto, dal titolo “La paura è il problema”: riflessioni su un caso di emarginazione dell’handicap.

    Le aspettative di piazza Tahrir: nell’informazione internazionale, Giuseppe M. Petrone sulla transizione del potere in Egitto dai militari ai civili.

    Il talento di Mr. Apple: la morte di Steve Jobs.

    In cultura, un articolo di Alessandro Scafi dal titolo “Dante alpinista”: tra i monti e le valli della “Divina commedia”.

    Se non rincorressi la fede, sarei un mediocre: Pio Cerocchi intervista Carlo Verdone.

    La creatività? Un dono da vivere: Timothy Verdon su arte contemporanea e spiritualità secondo l’esperienza della Church of the Trasfiguration nella Nuova Inghilterra.

    Habemus latinorum: Silvia Guidi su svarioni del linguaggio politico e giornalistico.

    Il premio Nobel per la letteratura al poeta svedese Tranströmer.

    Con Giovanni sulle tracce del Risorto: Carola Vizzaccaro in memoria di don Antonio Persili, parroco ed esegeta.

    Nell’informazione vaticana, sulla catastrofe umanitaria nel Corno d’Africa, intervista di Mario Ponzi al cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Corno d'Africa: la carestia si espande. Domani conferenza stampa di Cor Unum

    ◊   Il nuovo appello del Papa, ieri all’udienza generale, per la soluzione dell’emergenza umanitaria nella regione del Corno d’Africa colpita da siccità e carestia rappresenta uno stimolo ulteriore per la comunità internazionale a moltiplicare gli impegni per salvare tante vite umane. La macchina degli aiuti è già in moto da mesi, ma non è sufficiente a frenare questa catastrofe che sta avvenendo quasi nel silenzio. E domani mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede, sull’intervento umanitario nel Corno d’Africa, si terrà una conferenza stampa promossa dal Pontificio Consiglio Cor Unum. Interverranno, tra gli altri, il presidente del dicastero, cardinale Robert Sarah e mons. Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio. Ma sentiamo la testimonianza di Marco Rotelli, segretario generale dell’ong Intersos, appena rientrato da Mogadiscio, intervistato da Giancarlo La Vella:

    R. - Sostanzialmente, si gira per una vastità di campi di sfollati: ci sono persone che sono arrivate soprattutto dalle aree di maggior crisi e di maggior siccità. Sono oltre mezzo milione di persone e sono lì in condizioni assolutamente precarie e soprattutto - come spesso è accaduto nella storia del caos somalo - sono nella mani di persone con pochissimi scrupoli, che sfruttano il loro stato di vulnerabilità e quindi soggetti a taglieggi in cambio di protezione. E’ molto difficile operare e riuscire a garantire che chi ha più bisogno riceva l’aiuto adeguato.

    D. - Il Papa ha esortato la Comunità internazionale a moltiplicare gli sforzi a favore di questa popolazione così duramente colpita: si ha la sensazione che gli aiuti internazionali siano insufficienti o poco organizzati?

    R. - Oggi, in realtà, non è probabilmente la quantità di aiuto umanitario internazionale che arriva in Somalia, ma è la modalità con cui si riesce ad operare. Teniamo presente che nella zona controllata dalle milizie shabab l’accesso è difficilissimo: il personale internazionale delle Ong e quello delle Nazioni Unite non riesce fisicamente ad entrare nel Paese. Quello che noi esortiamo a fare da tempo, come Intersos, è di aprire un dialogo a gruppi miliziani e anche a shabab per capire quali possano essere le modalità per garantire questo accesso. Non facciamo l’errore che la Comunità internazionale ha fatto nel 2007, di considerare le allora Corti Islamiche come il diavolo in terra e con le quali non si poteva nemmeno dialogare: oggi quelle stesse Corti Islamiche sono alla presidenza del Pese, quella presidenza che la Comunità internazionale supporta… Dobbiamo iniziare a dialogare con tutte le parti in campo e soprattutto con chi detiene l’80 per cento del controllo del Paese!

    D. - Un problema ulteriore potrebbe essere l’allargarsi di questa crisi umanitaria: la carestia sta valicando i confini del Corno d’Africa…

    R. - La carestia purtroppo si sta espandendo. Quello che fa arrabbiare è che le Organizzazioni non governative suonano dalla fine dello scorso anno campanelli di allarme sulla situazione. Oggi il problema è che, chiaramente, dilagando le caratteristiche naturali di una carestia e di una siccità, coinvolgono milioni di persone… Tra l’altro, questa è un’area del mondo dove le condizioni di vita sono in generale difficili: c’è un caos geopolitico abbastanza diffuso e quindi siccità e carestia non fanno altro che aggiungere disperazione a popolazioni che sono da 20 anni in un’area di conflitto e di volatilità. Chi ha 20 anni oggi in Somalia, non ha mai visto un governo centrale; non ha idea di cosa sia un controllo effettivo, democratico, pacifico di un Paese; non riesce nemmeno a figurarsi come potrebbe essere la strada della soluzione del conflitto. (mg)

    inizio pagina

    La morte di Steve Jobs. Padre Spadaro: ha reso la tecnologia parte integrante della nostra vita quotidiana

    ◊   Un genio del nostro tempo: all’età di 56 anni è morto, nella notte, Steve Jobs, alfiere dell’era digitale, fondatore della Apple, inventore del computer Macintosh, dell’Ipad e dell’Iphone. Jobs combatteva da 7 anni contro una rara forma di tumore al pancreas. Milioni di persone in tutto il mondo stanno lasciando messaggi di commiato per ricordare quello che il presidente americano, Barack Obama, ha definito un “visionario che ha trasformato le nostre vite”. Sul contributo più significativo e duraturo che Steve Jobs lascia al nostro tempo, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Antonio Spadaro, direttore di “Civiltà Cattolica” ed esperto di nuove tecnologie della comunicazione:

    R. – Il contributo maggiore che Steve Jobs ha fornito è il fatto che la tecnologia, per lui, è parte della vita. Quindi, direi che è il significato del suo lavoro ciò che colpisce. La tecnologia non è qualcosa riservata a tecnici: la sua passione per l’interfaccia grafica, per il design significa che gli strumenti, le cose, gli oggetti hanno una vocazione a integrarsi con la nostra vita di tutti i giorni. Penso sia questo uno dei maggiori contributi di Steve Jobs alla comprensione della tecnologia nel mondo moderno.

    D. – La “Apple” fondata da Steve Jobs ha oggi un fatturato maggiore del gigante petrolifero ExxonMobil. Si può dire che nell’era della globalizzazione il bit vale più del petrolio?

    R. – Direi certamente di sì, e farei un passo indietro. L’11 febbraio 1929, con i Patti Lateranensi nasce lo Stato della Città del Vaticano: Pio XI da quel momento comprese che l’essenziale per quello Stato erano la Radio e Stazione ferroviaria, cioè la comunicazione. Steve Jobs, in questo senso, aveva qualcosa in comune con Pio XI, cioè ha compreso che la comunicazione è il valore maggiore che noi oggi abbiamo a disposizione e dobbiamo far fruttare. In lui direi che si è unita una capacità innovativa e una grande capacità creativa.

    D. – Steve Jobs che fu adottato da piccolo e non si è mai laureato, dimostra la possibilità del genio umano anche in situazioni difficili, perlomeno di partenza. D’altro canto, il suo ingegno si è alimentato in un sistema come quello americano. Si riuscirà mai a colmare il “digital divide” dei Paesi in via di sviluppo? Insomma, si potrà mai avere uno Steve Jobs in Africa?

    R. – E’ chiaro che il contesto è molto importante. Io direi che il “digital divide” non sarà mai colmato pienamente, cioè rimarranno sempre differenze, anche all’interno di nazioni sviluppate: non tutti godranno delle stesse possibilità. Però, certamente, lo sviluppo servirà parecchio ai Paesi meno industrializzati che a volte già stupiscono. Per esempio, se guardiamo alla capacità tecnica, alle infrastrutture tecniche, per esempio nella velocità delle connessioni Internet, troviamo dei Paesi che sono in via di sviluppo che hanno ed esprimono capacità addirittura più elevate rispetto a Paesi di più ampia industrializzazione.

    D. – Si parla molto, in questi anni, di declino degli Stati Uniti, e tuttavia se pensiamo a coloro che hanno cambiato, recentemente, le nostre abitudini, perfino il nostro linguaggio, il pensiero va appunto a Steve Jobs, a Bill Gates, a Mark Zuckerberg, tutti americani – peraltro, tutti giovani quando hanno inventato le loro prime “creature”. Quale riflessione si può fare, al riguardo?

    R. – Le persone che lei ha nominato sono tutte persone che, in un modo o in un altro, hanno accettato una sfida; il secondo aspetto è la grande capacità di credere in visioni, di vedere la vita non solo in termini di piccolo quotidiano, ma di avere visioni davanti. In fondo, il messaggio più importante di Steve Jobs è proprio questo: “Stay hungry, stay foolish” – rimani affamato, rimani folle, abbi la capacità di vedere la vita in termini nuovi.

    D. – Questo, verrebbe da dire, è molto americano …

    R. – Questo, direi, è molto umano. Chiaramente, anche per motivi economici, storici – lo vediamo anche dalla letteratura – gli Stati Uniti hanno avuto sempre il concetto di frontiera davanti a sé. Il concetto di frontiera e di limite da varcare è sempre stato presente, e questo – evidentemente – li ha portati anche sulla luna. E allora, direi che questa tensione al limite e al superamento di una condizione di staticità, di adeguamento all’esistente, questo è molto importante ed è, per noi, da imparare. (gf)


    inizio pagina

    Dieci anni fa l'attacco in Afghanistan

    ◊   Dieci anni fa, il 7 ottobre 2001, l’allora presidente statunitense George W. Bush impartì l’ordine di attacco in Afghanistan, all’indomani degli attentati dell'11 settembre. Le finalità della Casa Bianca, in quel momento, furono quelle di uccidere Bin Laden, considerato la mente degli attentati sul suolo americano, far cadere il regime talebano e normalizzare il Paese. Oggi, a dieci anni di distanza, alcuni di quegli obiettivi sono stati raggiunti, ma l’Afghanistan resta ancora diviso da conflitti economici, culturali e religiosi, colpito da attentati e raid contro i civili. Decine di migliaia sono stati i morti in questo decennio. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica presso l’Università Cattolica di Milano:

    R. – E’ stata – come dire – una lunga campagna che ha viso fasi diverse. Una prima fase, molto breve, di guerra contro i talebani, con una rapida loro sconfitta – apparente sconfitta, ahimé – e poi una lunga fase, diversi anni, di ricostruzione del Paese condotta malissimo. Ci siamo distratti troppo per altri eventi e abbiamo ripreso seriamente in mano la questione afghana solo a partire dal 2008-2009, quando probabilmente era già troppo tardi e c’erano già chiari segnali di un sostanziale fallimento della nostra missione.

    D. – Lei diceva: siamo stati distratti da altri eventi. Probabilmente siamo stati distratti un po’ troppo dall’Iraq. Quanto ha influito questo sulla brutta condotta in Afghanistan?

    R. – Troppo, perché l’Iraq non è stato soltanto “un’altra” guerra, è stata una guerra che ha assorbito – e enormemente – le forze statunitensi, ma è stata una guerra che ha rotto il fronte della comunità internazionale, ha diviso alleati che combattevano assieme in Afghanistan. In Afghanistan, per anni, troppo pochi uomini, troppo pochi mezzi, troppo pochi soldi, soprattutto una strategia confusa che non ha puntato soprattutto a dare sostegno e risposte agli afghani comuni e ha sostenuto troppo, invece, un’élite politica corrotta e inconcludente come quella attualmente al potere.

    D. – Dobbiamo dire che, in tutto questo, il presidente Karzai appoggiato dagli Stati Uniti, in questi anni ha tentato un colloquio con i talebani, soprattutto nel momento in cui si è accorto che non erano usciti di scena del tutto. Invece, le ultime notizie parlano di una rottura completa dei contatti. A che punto siamo, oggi?

    R. – Siamo ad un punto molto confuso. Karzai ha deluso enormemente le aspettative: non ha dato benessere, non ha contrastato la corruzione, con i talebani ha avuto un atteggiamento troppo duro all’inizio, probabilmente, e poi man mano che diventava chiaro il loro “ritorno”, ha cercato compromessi e trattative. Il fatto è che “taleban” è una parola che dice poco o nulla, ma sotto vi sono tantissimi gruppi diversi. Con alcuni ci si può trattare, perché vogliono soldi, poteri e prebende. Altri sono più fortemente ideologizzati. Ora, con il declino dell’interesse occidentale, la stanchezza dopo dieci anni di guerra, la mia percezione è che sempre più gruppi di insorti puntino alla vittoria totale, dopo che gli occidentali se ne saranno andati.

    D. – In tutto questo, il Paese ancora oggi – a distanza di anni – è lontano dalla normalizzazione, ed è un Paese che svolge tutte le proprie attività amministrative con una base di corruzione altissima. Come riuscirà a risolvere i suoi problemi?

    R. – L’Afghanistan è sempre stato un Paese fragile perché vi sono tantissime etnie in profonda rivalità, perché il centro non ha mai controllato le periferie … E devo dire che 30 anni e più di guerra civile dopo l’invasione sovietica del ’79, hanno distrutto le prospettive di futuro di questo Paese e hanno fatto emergere tutto il peggio. Questo non significa far perdere le speranze: io credo che si debba aiutare non per proporre modelli irrealistici, ma per cercare di far tornare le parti migliori delle popolazioni afghane, riducendo l’arbitrio, riducendo la corruzione, e dando soprattutto prospettive socio-economiche credibili alla popolazione normale. (gf)

    inizio pagina

    Il cardinale Bagnasco: nuovo patto tra generazioni e sostegno alla famiglia per rilanciare l'economia

    ◊   “Non è con più consumo e meno figli che risistemeremo l’economia, quanto con una revisione radicale delle priorità”. Così il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, intervenendo ieri pomeriggio alla presentazione del volume “Il cambiamento demografico. Rapporto-proposta sul futuro dell’Italia”, curato dal Comitato per il progetto culturale della Cei. Il testo, edito da Laterza, vuole far riflettere sulla crisi della natalità in Italia e offrire proposte concrete. Presente all'incontro il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato che ha redatto il Rapporto. Il servizio di Debora Donnini.

    “Se nel breve periodo non scaturiranno le condizioni per un patto intergenerazionale, l’Italia non potrà invertire il proprio declino”. E’ chiaro il messaggio del cardinale Bagnasco che, alla presentazione del Rapporto-proposta dice: “Stiamo andando verso un lento suicidio demografico”. Il testo dipinge la realtà dell’Italia: un Paese dove la media di figli per donna è di 1,4, dove nascono ogni anno fra i 500mila e i 600mila bambini, e cioè 150mila in meno di quanto sarebbe necessario solo per garantire nel tempo l’attuale dimensione demografica; un Paese dove il numero dei meno che ventenni è pressoché uguale a quello degli ultrasessantenni.

    Per il presidente della Cei però la ragione non può essere solo di tipo economico. Il cardinale Bagnasco parla di “una povertà culturale e morale, che ha di molto preceduto lo stato di innegabile crisi che caratterizza la congiuntura presente”, di una cultura che spesso propone false alternative come tra autonomia e legame: quando invece, chi non vuole legami, alla fine resta intrappolato nel gioco delle possibilità, mentre, quanto più una persona ha avuto legami forti, tanto più si sviluppa in modo equilibrato. Una cultura, inoltre, che a volte fa vedere i figli come “una rinuncia”, mentre “sono prima di tutto una risorsa”. C’è quindi “una critica decisa a una cultura nichilista che - ha detto il cardinale Bagnasco - ha lavorato sistematicamente alla decostruzione di uno dei valori che fonda l’umano e lo sostiene, cioè la famiglia e la maternità”:

    “La ricetta dunque non può essere quella che ci ha portato a un presente difficile: non è con più consumo e meno figli che si risistemerà l’economia, quanto con una revisione radicale delle priorità”.

    Bisogna sostenere la famiglia, ribadisce il porporato:

    “Occorre incoraggiare nuovi modelli di solidarietà interfamiliare e intergenerazionale, facendo in modo che i genitori non si sentano abbandonati proprio dalla società che contribuiscono a tenere in vita”.

    E che sia necessaria “un’alleanza per affrontare la crisi demografica” in atto in Italia ormai da alcuni decenni, è convinto anche il cardinale Camillo Ruini. Sono due, spiega, gli ordini di fattori capaci di far risalire il numero delle nascite: gli interventi pubblici e quelli legati alla mentalità. Nel primo campo l’Italia ha un ritardo più che trentennale; riguardo al secondo ordine di fattori, ha due vantaggi potenziali: la solidarietà interna delle famiglie e il desiderio di figli.

    “Il Rapporto-proposta da una parte propone e sollecita una serie di concrete iniziative di politiche pubbliche; dall’altra, chiede all’intera società, in particolare alle molteplici agenzie culturali che vi operano, di invertire – per quanto possibile – un’interpretazione individualistica, come diceva il cardinale Bagnasco, degli affetti e della famiglia, riscoprendo la loro essenziale dimensione relazionale, con le responsabilità e le scelte che ciò comporta”.

    Equità nell’impostazione tributaria e tariffaria, politiche abitative, conciliazione famiglia-lavoro: sono alcune delle proposte da attuare, sottolinea il professore di demografia e membro del Comitato Giancarlo Blangiardo intervenuto alla presentazione. La famiglia, infatti, deve tornare al centro.

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    Somalia: sono quattro milioni le persone colpite dalla siccità

    ◊   Sono quattro milioni le persone colpite dall’emergenza siccità in Somalia: lo calcola l’ultimo rapporto dell’Onu, all’indomani dell’avvio di una campagna per la distribuzione di aiuti che dovrebbe raggiungere diverse zone del Sud sotto il controllo delle gruppo armato degli “Shebab”. Secondo l’Ufficio per il coordinamento dell’assistenza umanitaria (Ocha), negli ultimi mesi ci sono stati “alcuni miglioramenti” ma soprattutto nel Sud quattro milioni di persone restano bisognose di aiuti. La zona più colpita dalla siccità - riporta l'agenzia Misna - continua a coincidere con le regioni di Bakool, Bay, Lower, Middle Shabelle e Afgooye e con i campi sfollati alle porte di Mogadiscio. Proprio in queste zone, per lo più sotto il controllo di amministrazioni legate agli “Shebab”, è stata avviata ieri un’operazione del Comitato internazionale della Croce Rossa. L’obiettivo è consegnare razioni alimentari, acqua e prodotti essenziali a un milione di persone, che si aggiungerebbero ai due milioni già raggiunti dai vari enti delle Nazioni Unite. L’intervento, possibile dopo difficili negoziati con gli “Shebab”, precede di poche settimane il previsto inizio della stagione umida. La distribuzione degli aiuti dovrebbe proseguire per tre mesi, in attesa dei primi raccolti di gennaio. La Somalia è parte di una regione più ampia, estesa dall’Etiopia al Kenya, dove secondo l’Onu la siccità peggiore degli ultimi 60 anni ha colpito in vario modo 12 milioni di persone. (R.P.)

    inizio pagina

    Costa d’Avorio: emergenza umanitaria nell’ovest. Le missioni salesiane danno speranza

    ◊   La situazione umanitaria nelle regioni occidentali della Costa d’Avorio resta drammatica. Gli sfollati sono oltre 60 mila, di cui almeno 27 mila nella sola area di Duékoué. Sono inoltre più di 120 mila i rifugiati ivoriani nella vicina Liberia in attesa di ritornare in patria. Si deve anche aggiungere che dopo la crisi post elettorale, l’emergenza umanitaria in Costa d’Avorio non sembra più ricevere, da parte della comunità internazionale, adeguata attenzione. Finora – sottolinea all'agenzia Misna il direttore per lo sviluppo umano di Caritas Costa d’Avorio, Jean Djoman - solo il 28% dei fondi richiesti sono stati sbloccati. Sono tre, in particolare, le priorità per l’intervento umanitario nell’ovest del Paese. Servono medicinali, cibo e piani di ricostruzione delle abitazioni. “Almeno 35 mila famiglie – ricorda Jean Djoman – sono a rischio carestia”. Nei prossimi mesi la situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi: il periodo di semina è terminato ma molti agricoltori non sono riusciti ad avviare le colture. Per questo – aggiunge – “il prossimo raccolto sarà limitato”. Le riserve di cibo “si stanno esaurendo” e le attività degli operatori umanitari sono anche ostacolate da una situazione di “insicurezza persistente”. Tra le zone più instabili c’è l’area di Duékoué. Ma proprio in questa regione non mancano segnali di ripresa, anche grazie all’insostituibile impegno delle missioni cattoliche. In particolare, dopo un periodo di estrema difficoltà per il sovraffollamento, il Centro salesiano “Santa Teresa di Gesù Bambino” sta finalmente uscendo dalla situazione di emergenza. Le condizioni di vita all’interno del Centro migliorano ed è ora anche possibile far ripartire le attività per aiutare la popolazione locale. Attualmente, nella missione sono ospitate circa 6 mila persone. Anche il Centro salesiano di formazione professionale ha ripreso le proprie attività. Attualmente, sono aperte le iscrizioni per il nuovo anno. Sul fronte politico, infine, è incoraggiante la ripresa del dialogo tra partiti al potere e gruppi dell’opposizione legati all’ex presidente Laurent Gbagbo. “Gli ivoriani – sottolinea Jean Djoman – devono ritrovare la fiducia. Soprattutto – conclude – sperano di poter andare alle urne in un clima pacifico”. (A.L.)

    inizio pagina

    Turchia: al via il processo contro l’assassino di mons. Padovese

    ◊   In modo molto discreto, si è tenuta ieri la prima seduta del processo contro l’assassino di mons. Luigi Padovese. Il presule è stato ucciso il 3 giugno 2010 dal suo autista, il giovane Murat Altun. La seduta di ieri - riferisce l'agenzia AsiaNews - è durata circa 20 minuti ed è stata aggiornata al 30 novembre prossimo. Il procuratore ha letto i capi di accusa e poi ha chiesto a Murat Altun:"Vuoi dire qualcosa?". Murat ha detto di non sentirsi bene e che aveva bisogno del medico. Non è la prima volta che Altun fa mostra della sua malattia. Secondo uno schema applicato anche nel caso di padre Andrea Santoro (ucciso nel 2006 a Trabzon), dopo l’uccisione, alcuni dottori hanno provveduto un certificato di insanità mentale per Altun che rischiava di non essere nemmeno processato e liberato. Ma lo scorso giugno una Commissione di medici di Istanbul, a cui era giunta tutta la documentazione su Altun, ha stabilito che egli è sano di mente e perciò può essere processato. Alla seduta di ieri, il suo avvocato ha chiesto che venga trasferita a Adana, in un ospedale, fino alla prossima seduta, ma il giudice ha rifiutato la richiesta. Secondo testimoni presenti al processo, Murat Altun sembra stare bene ed è leggermente ingrassato. Tutta la sua famiglia era presente al processo. All'inizio quando lui è entrato nella sala uno dei suoi fratelli ha gridato: "Murat non aver paura! Dio è con te!". Il processo vede implicati soltanto il pubblico ministero e l’avvocato difensore. In Turchia né la Chiesa cattolica, né i cappuccini hanno personalità giuridica riconosciuta e per questo non possono intervenire in alcun modo. Anche la famiglia di mons. Padovese, che avrebbe potuto parteciparvi come parte lesa, ha preferito il silenzio. (R.P.)

    inizio pagina

    Sempre più grave l’emergenza alluvioni in Cambogia e Thailandia

    ◊   Prosegue l’emergenza alluvioni in Cambogia. Il governo e alcune organizzazioni umanitarie, tra cui Fao e Oxfam, hanno lanciato un piano di aiuti alla popolazione ma i danni sono ingenti e gran parte del raccolto andrà perduto. La Caritas – riferisce l'agenzia AsiaNews – segue con attenzione gli sviluppi di una realtà che appare “preoccupante” e che, finora, ha provocato 164 vittime. Le autorità hanno pianificato l’invio di aiuti, razioni alimentari e assistenza tecniche nelle aree più colpite. Il ministero degli esteri manifesta preoccupazione sottolineando che resterà poco del surplus alimentare annuale previsto dal governo. I danni sono ingenti: le case distrutte o danneggiate sono oltre 135 mila. Le inondazioni hanno anche compromesso oltre 240 km di strade. La situazione è grave anche in Thailandia, dove i morti sono oltre 200. Molte dighe del Paese sono al collasso e si temono nuovi disastri. Le persone che hanno subito danni a causa delle piogge monsoniche in Thailandia sono oltre due milioni. I timori in queste ore crescono anche perché le previsioni, per le prossime settimane, indicano ancora forti piogge. (A.L.)

    inizio pagina

    Filippine. Oltre 600mila sfollati vittime dei tifoni: urgono aiuti umanitari

    ◊   “Oltre 600mila sfollati lottano per sopravvivere, sono sotto la pioggia battente, trovano riparo nelle chiese, sperano negli aiuti umanitari”, dice all’agenzia Fides padre Socrates Mesiona, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) nelle Filippine, tracciando un quadro della situazione, dopo che due tifoni consecutivi, prima “Pedring” poi “Quiel”, si sono abbattuti sulle Filippine Nord lasciando una scia di distruzione, sfollati, sofferenza. “Nelle Filippine i ‘tifoni in ritardo’ (rispetto alla stagione abituale) sono diventati più frequenti e feroci”, nota padre Mesiona. Il 27 settembre il tifone “Pedring” (nome internazionale: “Nesat”) si è abbattuto sulla parte settentrionale del Paese causando la morte di 55 persone, ingenti danni a proprietà (agricoltura ed infrastrutture) per 9 miliardi di pesos (215 milioni di dollari). “Molti villaggi sono stati sommersi dalle acque. La gente doveva salire sui tetti per sfuggire all'acqua, le persone abili hanno aiutato anziani e bambini. Gli agricoltori, in attesa del raccolto entro un paio di settimane, sono disperati nel vedere le loro fattorie distrutte dal tifone” racconta padre Socrates. Proprio mentre si stava cercando di fare un bilancio dei danni, quattro giorni dopo il disastro, un altro tifone chiamato “Quiel” (nome internazionale: “Nalgae”) ha colpito la stessa area. Centri di assistenza sono stati istituiti dal governo e da organizzazioni governative, mentre urgono cibo, medicine, vestiti e altri generi di soccorso. “Molte chiese sono state trasformate in centri per accogliere i profughi, e i volontari cattolici sono profondamente coinvolti nelle operazioni di soccorso e di assistenza”, racconta il direttore delle Pom. “Gli sfollati, nel complesso, sono circa 600.000, perlopiù donne e bambini. Molti villaggi sono ancora sotto l'acqua e scarseggiano cibo, alloggi e servizi igienici. Secondo i meteorologi, fra l’altro, è possibile che la serie di tifoni non sia terminata” afferma preoccupato padre Mesiona. Fra le note positive, in tale devastazione, vi è “la grande prova di sostegno e solidarietà che proviene da persone generose e di buon cuore. Il danno è talmente grande che aiuto e assistenza sono sempre benvenuti e apprezzati” conclude padre Mesiona. (R.P.)

    inizio pagina

    Unicef: dall’inizio degli scontri nello Yemen, almeno 94 i bambini rimasti uccisi

    ◊   “E’ deplorevole che i bambini siano vittime del fuoco incrociato nello Yemen”. E’ quanto sottolinea l’Unicef esortando tutte le parti in conflitto a fare il possibile per risparmiare i civili, soprattutto le donne e i bambini. Quest’anno nel paese, dall’inizio dei disordini, almeno 94 bambini sono stati uccisi e 240 sono stati feriti da arma da fuoco o da granate. Secondo notizie confermate dai partner locali di Unicef, almeno due bambini sono rimasti uccisi, questa settimana, a causa di granate. Si tratta di una bambina di sette anni colpita nella capitale, a Sana'a, lo scorso 2 ottobre e di un ragazzo di 13 anni rimasto ucciso lo scorso 4 ottobre. In questo periodo dell'anno – si legge nel comunicato dell’Unicef - i bambini dello Yemen dovrebbe essere impegnati a tornare a scuola. “Invece, si trovano ad affrontare uomini armati invece di insegnanti, proiettili al posto dei libri. Il Paese sta sprofondando in una crisi umanitaria”. Nel Paese i tassi di malnutrizione erano allarmanti ancora prima dello scoppio delle violenze. La situazione si è aggravata con l’aumento dei prezzi dei generi alimentari e il collasso dei servizi sanitari di base. Dei 3,6 milioni di bambini sotto i cinque anni in Yemen almeno il 43% è sottopeso e il 58% ha ritardi nella crescita. La combinazione tra diffusa povertà e malnutrizione, soprattutto tra i bambini, sta investendo molte fasce della popolazione. In alcune parti del Paese, i tassi di malnutrizione infantile sono già ben al di sopra dei livelli di emergenza e sono paragonabili a quelli degli Stati più colpiti al mondo. Per maggiori informazioni si può consultare il sito www.unicef.it (A.L.)

    inizio pagina

    Premio Nobel per la letteratura al poeta svedese Tranströmer

    ◊   Il Nobel per la Letteratura 2011 è stato assegnato all'ottantenne poeta svedese Tomas Tranströmer. Lo ha reso noto l'Accademia Svedese a Stoccolma precisando nella motivazione che Tranströmer è stato premiato “perché attraverso le sue immagini condensate e translucide ha offerto un nuovo accesso alla realtà. La maggior parte delle sue raccolte di poesia – si legge ancora nella motivazione - sono pregne di economia, di una qualità concreta e di metafore espressive. Nelle ultime, Tranströmer tende a un formato ancora più stringato e a un grado ancora maggiore di concentrazione”. Nato a Stoccolma il 15 aprile del 1931, Tranströmer si è laureato in psicologia nel 1956. Già all'età di 13 anni ha cominciato a scrivere. Ha pubblicato la prima raccolta di poesie nel 1954. Nel 1990 è stato colpito da un ictus che non gli ha tolto la capacità di creare e scrivere. La sua opera si colloca tra modernismo, espressionismo e surrealismo. Era già stato inserito, negli anni scorsi, nella lista dei candidati al Nobel. (A.L.)

    inizio pagina

    Russia: negato il permesso alla costruzione della chiesa di Pskov. La reazione di mons. Pezzi

    ◊   L’arcivescovo dell’arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca, mons. Paolo Pezzi, in una dichiarazione divulgata dall’arcidiocesi martedì scorso, esprime la propria preoccupazione per la situazione a Pskov dove l’amministrazione cittadina ha negato alla parrocchia della SS.ma Trinità il rinnovo del permesso per la costruzione della chiesa. Tale decisione suscita meraviglia in quanto le autorità di Pskov citano come motivo “il mancato inizio dei lavori di costruzione prima della scadenza del permesso precedente”. Il motivo citato non corrisponde a verità: la costruzione della chiesa è iniziata più di dieci anni fa e una parte del complesso architettonico, ovvero la casa della parrocchia, è già terminata. “Tale evento - scrive mons. Pezzi riguardo alla decisione delle autorità - fa pensare ad una discriminazione intenzionale della comunità cattolica di Pskov”. La costruzione della chiesa è stata iniziata nel 2000 proprio perchè la cattedrale storica non è mai stata restituita ai cattolici. I lavori per la costruzione della nuova chiesa sono finanziati dai parrocchiani e grazie alle donazioni. Nel 2005 mons. Kondrusevich, all’epoca presidente della Conferenza episcopale russa, ha consacrato la parte inferiore della chiesa in costruzione. Si tratta dell’unica chiesa cattolica a Pskov. La comunità cattolica locale è molto attiva: tutti i giorni i parrocchiani preparano pasti per i poveri e per bambini disabili, realizzano un progetto educativo per i bambini di strada, aiutano le famiglie con figli disabili. L’aiuto viene offerto a tutti i cittadini indipendentemente dal credo. (A cura di Olga Sakun)

    inizio pagina

    Consiglio ecumenico delle Chiese: le armi atomiche attentano al futuro dell’uomo

    ◊   Le armi nucleari costituiscono un attentato al futuro dell’uomo, un crimine contro l’umanità, esse “vanno eliminate dalla faccia della terra”. Il Consiglio Ecumenico delle Chiese rilancia l’impegno internazionale a favore della pace e della cooperazione, esortando i governi del mondo “a creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari”. Durante un recente incontro organizzato a Ginevra sono state esaminate le prospettive internazionali per il disarmo nucleare. Appare più che mai urgente la necessità di programmare la progressiva eliminazione delle testate nucleari nel continente europeo e di implementare la cooperazione con le grandi potenze del mondo al fine di contribuire attivamente al controllo degli armamenti, alla non proliferazione e al disarmo. Il Consiglio Ecumenico delle Chiese sostiene la totale eliminazione delle armi nucleari e persegue passi concreti verso tale difficile obiettivo in sei continenti. Secondo Jonathan Frerichs, responsabile esecutivo del programma del Consiglio Ecumenico delle Chiese per la costruzione della pace e del disarmo, e membro della “Chiesa evangelica luterana” in America, trascorsi oltre sessantacinque anni dalla tragedia di Hiroshima e Nagasaki, “le bombe nucleari ancora atterriscono l’umanità e impediscono una pace duratura”. C’è ancora l’eredità, fin dal 1945, della divisione del mondo in due campi: pochi grandi Stati che asseriscono il loro diritto di possedere armi di distruzione di massa e la maggior parte degli altri che ne sono sprovvisti. Tale ineguaglianza “non è, non può essere parte del patrimonio dell’umanità”. Tuttavia, questa attuale disuguaglianza mondiale può essere corretta grazie all’azione di quanti, con buona volontà, fanno “una scelta contro la morte e per la vita”. Un dato fa sperare per il futuro. In diverse nazioni - è stato confermato dai partecipanti all’incontro del Consiglio Ecumenico delle Chiese - molti uomini politici, ormai anziani ed ex generali, hanno rinnegato le loro precedenti convinzioni e ora si dichiarano favorevoli al disarmo atomico. In diversi continenti, parlamentari professionisti e scienziati - ricorda l'Osservatore Romano - partecipano a manifestazioni per chiedere l’abolizione delle armi nucleari. “Chiediamo a Dio di benedire i governanti e i cittadini che, con forte convinzione, rinnovano la decisione di proteggere l’inviolabilità della vita”. (A.L.)

    inizio pagina

    Colombia: incontro per la costruzione della pace promosso dai vescovi

    ◊   Evidenziare il ruolo delle donne per la riconciliazione. E’ l’obiettivo del terzo Incontro nazionale per la costruzione della pace, in programma oggi e domani a Bogotà, in Colombia, presso la sede della Conferenza episcopale. L’iniziativa, dal titolo "Dialoghi differenti per la costruzione della pace" mira anche a promuovere un incontro dei diversi protagonisti in Colombia della società civile, dello Stato e della comunità internazionale, al fine di analizzare i diversi conflitti che oggi interessano il territorio e le esperienze di dialogo regionale nel contesto del processo di un "dialogo differente" rispetto al passato. Nella nota, inviata all’agenzia Fides dalla Conferenza episcopale colombiana, si precisa che diversi esperti interverranno sui temi della costruzione della pace. Verranno anche presentate testimonianze ed esperienze delle persone direttamente colpite da conflitti. L'incontro si rivolge a movimenti sociali ed ecclesiali che lavorano per la pace, alle organizzazioni della società civile in Colombia, alle organizzazioni delle vittime, alle istituzioni educative, ai delegati degli enti amministrativi pubblici e privati, alla comunità internazionale e ai sindacati. (A.L.)

    inizio pagina

    Le donne peruviane non denunciano le violenze di coppia per tutelare i propri figli

    ◊   Il 56% degli abitanti con più di 18 anni di quattro città del Perú ritiene che le donne non denuncino gli episodi di violenza subita per evitare ritorsioni nei confronti dei propri figli. Da un recente sondaggio effettuato a Lima, Piura, Ayacucho y Pucallpa, che ha coinvolto 1407 uomini e donne, è emerso che sempre più donne in Perù tollerano le violenze dei loro mariti e compagni per difendere i figli. Il timore di denunciare gli aggressori - riferisce l'agenzia Fides - dipende dal loro stato di dipendenza economica, che impedirebbe di proteggere i figli dai padri aggressivi. Secondo quanto riferito dalla responsabile del movimento ‘Manuela Ramos’ “molte delle donne che presentano denuncia finiscono per essere uccise. Bisogna quindi prima assicurarsi che non rimangano vittime dei mariti”. In una conferenza stampa ha anche aggiunto che i Centri statali di accoglienza per le vittime della violenza sono ancora insufficienti per riuscire a tutelare tutte le donne che denunciano gli aggressori senza timori di rivendicazioni future. Nonostante a Huamanga (il 62%) e Pucallpa (il 63%) la maggioranza ritenga che la tutela dei figli sia il fattore determinante che ostacola le denunce di aggressioni, dipendenza economica (56%), scarsa autostima (56%) e la speranza che prima o poi i mariti cambino carattere (31%), costituiscono altri gravi deterrenti. (R.P.)

    inizio pagina

    Nigeria: rapito un sacerdote cattolico nello Stato di Edo

    ◊   E’ stato rapito nelle prime ore di lunedì, ma la notizia sta trapelando solo da ieri, il parroco della chiesa cattolica di San Bernardo, a Eguaholo, nello Stato di Edo, nel sud della Nigeria. La notizia - riferisce l'agenzia Misna - è stata riferita ai media locali da due assistenti del parroco secondo cui una decina di uomini armati ha fatto irruzione nella casa del sacerdote conducendolo via. “Gli aggressori hanno fatto irruzione attraverso la porta principale e il loro obiettivo era proprio il parroco che ha urlato e chiesto aiuto prima di essere portato via” ha detto il catechista della chiesa, Pullen Iserhienrhin, al Daily Trust. Eguaholo si trova alla periferia di Benin city, la capitale dello Stato di Edo. Secondo informazioni diffuse dai media internazionali i rapitori hanno contattato la famiglia del sacerdote, ma non è chiaro se abbiano chiesto il pagamento di un riscatto. (R.P.)

    inizio pagina

    Zimbabwe: Amnesty International chiede di garantire l’accesso all’istruzione

    ◊   “Dimenticati. L’impatto degli sgomberi di massa sul diritto all’istruzione nello Zimbabwe”. E’ il tema del rapporto diffuso ieri da Amnesty International che ha chiesto al governo dello Zimbabwe di garantire l’accesso all’istruzione alle bambine e ai bambini che vivono in nuovi insediamenti creati per ospitare le vittime di uno sgombero di massa avvenuto nel 2005. “Gli insediamenti creati dal governo avrebbero dovuto dare una vita migliore alle vittime di quello sgombero, che al contrario sono state affossate ancora di più nella povertà. Negare loro l’istruzione significa negare ogni reale prospettiva di tirarsi fuori da questa situazione di miseria”, ha dichiarato Michelle Kagari, vicedirettrice di Amnesty International per l’Africa. “L’espulsione di persone da luoghi in cui avevano accesso all’istruzione e il successivo diniego dello stesso ha avuto un impatto devastante sulla vita e sui sogni di migliaia di bambine e bambini”. Nel 2005, il governo giustificò lo sgombero di 700.000 persone nell’ambito della cosiddetta “Operazione Murambatsvina”, affermando che quelle comunità vivevano in condizioni deplorevoli. Molti giovani – rende noto l'agenzia Sir - hanno raccontato ad Amnesty International di essere stati costretti, dopo lo sgombero, a cercare un lavoro per mantenere la famiglia. In un insediamento, chiamato Hatcliffe Extension, i bambini di 13 anni vanno a cercare lavoro nell’edilizia. È sconvolgente, per Amnesty International, “che un governo possa impunemente rendere ancora più dura la vita alle persone più povere e vulnerabili. Le autorità dello Zimbabwe devono immediatamente usare tutti i fondi disponibili per adottate e attuare una strategia nazionale che garantisca l’accesso gratuito per tutte le bambine e tutti i bambini alla scuola primaria”. (A.L.)

    inizio pagina

    Nepal: musulmani e cristiani insieme per difendere i diritti delle minoranze

    ◊   Cristiani e musulmani siano uniti per difendere i diritti delle minoranze e per garantire la laicità dello Stato. E’ l’appello lanciato in Nepal da Najrul Hasan Falahi, presidente della Federazione islamica nepalese, che chiede anche indagini per far luce sull’assassinio del leader musulmano Faizan Ahmad. L’omicidio, legato secondo fonti locali al fondamentalismo indù, è avvenuto lo scorso 26 settembre. Due uomini, non ancora identificati, hanno ucciso a colpi di pistola Faizan Ahmad all’uscita dalla moschea. La comunità cattolica – riferisce l'agenzia AsiaNews - ha subito espresso piena solidarietà e chiesto di garantire i diritti delle minoranze. E’ stato anche chiesto di modificare o abolire le disposizioni del nuovo codice civile e penale. Il Parlamento deve ancora approvare il disegno di legge che se approvato – sottolineano fonti locali – imporrebbe pene severe per impedire attività evangeliche nel Paese. (A.L.)

    inizio pagina

    Desolazione del Patriarcato latino per l’incendio nella moschea in Galilea

    ◊   “Un crimine contro un luogo di culto e un autentico attacco ai valori del rispetto per le religioni”. Con queste parole il Patriarcato latino di Gerusalemme Fouad Twal esprime “desolazione” e condanna, in una nota ripresa dall'agenzia Sir, per l’incendio nella moschea del villaggio beduino di Touba Zangaria, in Galilea. Sul luogo del rogo sono state rinvenute varie scritte. Tra queste, alcune incitavano alla vendetta. Altre ricordavano Palmer Asher, il colono israeliano morto lo scorso 23 settembre con il figlio di 18 mesi in seguito ad un incidente stradale causato da una sassaiola da parte di giovani palestinesi. Al momento, sono in corso indagini per individuare i responsabili dell’incendio nel luogo di culto islamico. Le fiamme hanno gravemente danneggiato la moschea e distrutto molti libri. Una ferma condanna è arrivata anche dal premier israeliano, Benjamin Netanyahu. “Un atto – ha detto – che va contro i valori di Israele che attribuisce suprema importanza alla libertà di religione e di culto”. (A.L.)

    inizio pagina

    Il santuario di Fatima si prepara per la Festa di Nostra Signora del Rosario

    ◊   Nel Santuario di Fatima si vive nella preghiera l’attesa per la festa, domani, di Nostra Signora del Rosario. Il 12 settembre scorso, il cardinale Dionigi Tettamanzi si è soffermato sul segreto di Fatima: “Questa sera con Maria – aveva detto - possiamo rinnovare la nostra fede nello Spirito del Risorto che guida la storia: il segreto di Fatima è una visione consolatrice”. “Questa storia di sangue e lacrime si apre, nella comunicazione della Vergine ai tre pastorelli, a una visione di speranza: sulla montagna c'è la croce, meta e punto di orientamento della storia. Sulla croce la distruzione si trasforma in salvezza, si leva come un segno sulla miseria della storia e come promessa di questa”. Nell'omelia del 13 settembre, l’arcivescovo emerito di Milano aveva anche ricordato che “una delle eredità spirituali più preziose che ci hanno lasciato le apparizioni mariane a Fatima è la devozione al Cuore Immacolato di Maria”. Questa devozione, aveva sottolineato, “può indicarci il cammino perché anche noi possiamo diventare tempio del Signore”. Il Pellegrinaggio internazionale anniversario e commemorativo della sesta e ultima apparizione sarà presieduto dall'arcivescovo di Mosca Paolo Pezzi, il 12 e il 13 ottobre prossimi. Il Santuario mariano – rende noto l’agenzia Zenit - ha predisposto un itinerario per la celebrazione del centenario delle apparizioni (nel 2017), l'“Itinerario del Pellegrino”. Questo primo anno di percorso si concentra sul messaggio dell'Angelo, sull'atteggiamento di adorazione e sui luoghi da visitare come pellegrini. (A.L.)

    inizio pagina

    Germania: mons. Trelle nuovo vicepresidente della Conferenza episcopale

    ◊   L’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale tedesca ha eletto ieri a Fulda, il vescovo di Hildesheim, mons. Norbert Trelle, quale nuovo vicepresidente della Conferenza episcopale. Subentra al vescovo di Aquisgrana, mons. Heinrich Mussinghoff. Il vescovo Trelle è dal 2008 presidente del Consiglio amministrativo dell’associazione delle diocesi della Germania. Il nuovo vicepresidente rimarrà nell’incarico per sei anni. Nel corso dell'Assemblea plenaria i vescovi tedeschi, oltre a rivolgere la loro attenzione al viaggio apostolico in Germania di Benedetto XVI, stanno prendendo in esame la preparazione del Sinodo dei vescovi sulla Nuova Evangelizzazione e l’ulteriore sviluppo del lavoro dei media cattolici diocesani. Nel corso della Celebrazione Eucaristica inaugurale nel Duomo di Fulda è stata eseguita per la prima volta la composizione per coro e organo che i vescovi tedeschi hanno donato al Santo Padre in occasione del viaggio apostolico. La Conferenza stampa di chiusura con il presidente dell’episcopato tedesco è prevista domani alle 14.00 presso il seminario di Fulda, sede dell’Assemblea. (M.V.)

    inizio pagina

    Svizzera: per i vescovi la diagnosi preimpianto non è compatibile con i principi della dignità umana

    ◊   Curare l’embrione sì, eliminarlo no. È quanto chiede la Conferenza episcopale svizzera (Ces) in una dichiarazione indirizzata al Consiglio federale del Paese e riguardante la proposta di modifica della Costituzione federale e in particolare della legge sulla procreazione medicalmente assistita. Nello specifico, la Ces si oppone all’ipotesi di autorizzare la diagnosi preimpianto (Dpi), volta ad eliminare gli embrioni potenzialmente portatori di malattie genetiche. Ma ciò, secondo i vescovi, “non è compatibile con i principi della dignità umana sanciti dalla Costituzione”. Certo, i presuli esprimono comprensione per “la sofferenza e l’angoscia delle coppie che sanno di poter trasmettere una malattia genetica”. Per questo, “la società deve loro una risposta di solidarietà e di progresso tecnologico”, volte però a “migliorare le condizioni della diagnostica e del trattamento delle patologie, ma non l’eliminazione degli embrioni. La Dpi – spiegano i vescovi – è una falsa soluzione nella misura in cui intacca il principio della dignità umana, poiché induce ad una selezione che elimina gli embrioni giudicati potenzialmente portatori di una malattia grave”. D’altronde, sottolinea la Ces, il Consiglio federale ammette onestamente che l’approvazione della Dpi non è certamente compatibile con il dato secondo il quale “gli embrioni possiedono, in modo illimitato, dignità umana”. È necessario, quindi, che i sostenitori della Dpi “forniscano la prova che l’embrione non è una persona, cosa che nessuno ha stabilito”. E in caso di dubbio, ricorda la Ces, “il principio di precauzione deve essere assolutamente applicato”. Inoltre, la proposta del Consiglio federale mira ad eliminare il divieto di congelamento degli embrioni non solo per la Dpi, ma anche per tutto l’insieme della fecondazione in vitro. Il che significa, ribadiscono i vescovi svizzeri, che “ancora una volta l’embrione non è più rispettato di per sé, ma è trasformato in un oggetto, riposto in un congelatore fino a quando non si ha bisogno di lui”. Poi, la Ces mette in guardia dalla deriva etica che comporterebbe la Dpi, la cui autorizzazione “porterebbe la Svizzera su un crinale inclinato senza ritorno”: i presuli, infatti, notano che quei Paesi che hanno ammesso la diagnosi preimpianto “solo in casi eccezionali”, prima o poi ne hanno ampliato i limiti “fino ad arrivare, alcune volte, alla selezione di qualità specifiche del bambino”. Infine, la Conferenza episcopale svizzera riafferma la propria convinzione che “la salute e lo sviluppo della persona non dipendono unicamente dall’integrità del suo bagaglio biologico, determinante le caratteristiche del suo funzionamento fisico”, ma anche dalla dimensione “psicologica, sociale e spirituale della vita umana”. Dimensione che, concludono i vescovi, la Dpi ostacolerebbe, impedendo lo sviluppo integrale della persona, il quale è possibile, invece, “anche in caso di gravi disabilità fisiche”. (I.P.)

    inizio pagina

    Repubblica Ceca: sessione autunnale del Comitato europeo per l’educazione cattolica

    ◊   Praga ospita quest’anno la sessione autunnale del Comitato europeo per l’educazione cattolica (Ceec). Il Congresso, che si apre oggi, si terrà fino al 9 ottobre. Secondo i rappresentanti del dipartimento delle scuole cattoliche della Conferenza episcopale ceca, “sarà una buona opportunità per presentare la scuola cattolica nella Repubblica Ceca e per uno scambio di esperienze a livello europeo”. Il Congresso, oltre ad un programma tematico speciale, prevede che i delegati vengano ricevuti dal presidente della Conferenza episcopale ceca, mons. Dominik Duka. E’ in programma sabato prossimo anche una visita al monastero di Strahov, che fa parte del patrimonio culturale e religioso ceco. Il segretario generale del Ceec, Etienne Verhack, ha visitato Praga nel giugno 2009 e ha dedicato una speciale attenzione alla formazione spirituale dei direttori e degli insegnanti delle scuole cattoliche della Repubblica Ceca. Il Comitato europeo per l’Educazione cattolica – ricorda l'agenzia Sir - è stato fondato nel 1974 e rappresenta attualmente circa 30.500 scuole per un totale di 7,5 milioni di alunni. Si tratta di un’associazione internazionale non a scopo di lucro con sede centrale a Bruxelles. E’ uno strumento di cooperazione per 25 reti dell’istruzione cattolica europea. Si occupa anche di promuovere l’educazione cattolica gratuita presso vari organismi europei. (A.L.)

    inizio pagina

    Presentata a Trento la 14.ma edizione di “Religion Today film festival"

    ◊   Presentata a Trento la 14.ma edizione di "Religion Today film festival", il primo festival internazionale nato a Trento nel 1997, dedicato al cinema delle religioni, per una conoscenza reciproca tra persone, popoli, fedi e culture diverse. 290 le opere iscritte quest’anno, provenienti da 26 nazioni di tutti i continenti. 50 i film proposti in prima visione. Tra le nuove partnership internazionali figura anche la Tony Blair Faith Foundation con 2 cortometraggi per i giovanissimi. Le proiezioni verranno ospitate dal 14 al 26 ottobre oltre che a Trento e provincia, anche a Roma, Milano, Bolzano e Nomadelfia, con anteprime in altre località quali Teggiano, Bassano e Merano. Prosegue all’insegna del dialogo e dell’attenzione per le nuove generazioni, il “viaggio nelle differenze” del festival Religion Today, organizzato dall’associazione Bianconero di Trento. Dal 14 al 26 ottobre prossimi, 12 giornate ininterrotte di proiezioni ed incontri pubblici, di attività per le scuole, di laboratori e seminari, con registi ed esperti di fedi e nazionalità diverse, nell’ambito di un ampio progetto di educazione all’immagine ed ai temi del dialogo interreligioso e della pace. “Povertà. Problema o occasione”: è il tema scelto per l’edizione 2011, come occasione di dialogo tra i popoli, attraverso un approccio al contempo sociale, culturale, etico e teologico. Particolarmente vasto il panorama delle religioni rappresentate: animismo, buddismo, cristianesimo cattolico, ortodosso, protestante, ebraismo, induismo e islam. Dai film in concorso affiorano, da un lato, i temi dell'impegno etico contro l'ingiustizia e la sperequazione, sullo sfondo delle incertezze e della sfiducia, generate dalla crisi economica, in una società che predica l'individualismo, la competizione, il guadagno e il successo ad ogni costo. Dall’altro lato, emerge la diversità di atteggiamenti delle diverse esperienze religiose verso la povertà: sventura e maledizione celeste per alcune, esigenza di verità ed assoluto per altre, fino alla povertà come forma radicale di spossessamento di sé dei "santi folli”. Il successo in crescendo delle varie edizioni del festival dimostra tutt’oggi un interesse sempre vivo per il sacro e per Dio. (Da Trento, Mariangela Brunet)

    inizio pagina

    "Lettera aperta" del vescovo di Rimini al Beato Alberto Marvelli

    ◊   “Caro Alberto, io non so bene come funzionino le cose lassù da voi, ma mi piace immaginare che ci debba pur essere da qualche parte nella Gerusalemme celeste un ampio, comodo balcone dal quale - non saprei dire se a turno o tutti insieme - voi, beati, angeli e santi, vi potete affacciare per scrutare dall'alto l'intero panorama del nostro minuscolo globo terrestre”. E’ quanto scrive il vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, nella "Lettera aperta" al beato Alberto Marvelli. Il testo, letto ieri nella chiesa di Sant'Agostino durante la Santa Messa in occasione della festa del beato, è incentrato sul tema della terza beatitudine, quella della mitezza. Mons. Lambiasi ricorda gli orrori del periodo vissuto dal beato Alberto Marvelli: “Tu – scrive il presule - hai conosciuto gli orrori della Seconda Guerra mondiale, sei rimasto agghiacciato per l'ecatombe dell'Olocausto, per le bombe atomiche sul Giappone”. Ma anche il mondo di oggi è scosso da terribili piaghe: “Ogni giorno – aggiunge il vescovo di Rimini - muoiono per fame e malattie infettive ben 26mila bambini, 1 ogni tre secondi, e nella sola Rimini si contano ogni anno oltre 800 aborti, in media più di 2 al giorno”. Il vescovo quindi si domanda: Che cosa significa per noi cristiani del Terzo millennio far risuonare il Vangelo della terza beatitudine: “Beati i miti, perché avranno in eredità la terra?” Gesù – ricorda mons. Lambiasi - è il prototipo dei miti. “Alla violenza non oppose violenza; contrappose il martirio, cioè la testimonianza: Sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità (Gv 18,37)”. “Caro Alberto – scrive mons. Lambiasi nella lettera - aiutami ora a leggere questa beatitudine della mitezza con qualche brano di quel quinto vangelo, rappresentato dalla tua vita”. La lettera si conclude con una “raccomandazione”: “Caro Alberto abbi un occhio di riguardo per i nostri giovani cristiani. Aiutali a crescere vigorosi senza mai diventare violenti, benevoli senza mai diventare arrendevoli, pazienti senza mai diventare né indignati né rassegnati. Chiedi al tuo e nostro onnipotente, amabilissimo Gesù, di ottenere per tutti e ognuno di loro la grazia di una mite fortezza e di una forte mitezza”. Il Beato Alberto Marvelli, nato a Ferrara il 21 marzo del 1918, durante la Seconda Guerra mondiale si prodigò nell'opera dei soccorsi. Rimini fu il centro della sua vita e della sua opera. Al termine del conflitto si impegnò, in particolare, nella ricostruzione e nel 1945 entrò a far parte della "Società Operai di Cristo". Si dedicò generosamente nell’Italia del dopoguerra, all’attività politica ispirata ai principi cristiani. Morì il 5 ottobre 1946, a 28 anni, investito da un autoveicolo militare delle truppe di occupazione. Papa Giovanni Paolo II, il 29 agosto 1982, lo indicò a migliaia di giovani, convenuti a Rimini per il “Meeting dell’amicizia”, come modello da seguire per la gioventù cattolica. E' stato beatificato da Giovanni Paolo II il 5 settembre del 2004 a Loreto. (A.L.)

    inizio pagina

    Roma: la Caritas diocesana lancia “Capitale Solidale”

    ◊   Una rassegna di eventi per descrivere l’anima di Roma. E’ l’obiettivo di “Capitale Solidale. Volti e racconti di una città solidale”, organizzata dalla Caritas diocesana e presentata stamani nella sede del vicariato. Presenti, tra gli altri, il cardinale vicario Agostino Vallini, il presidente della Provincia di Roma, Zingaretti, e il vicesindaco Belviso. La Caritas di Roma vuole raccontare il cuore di questa città attraverso tavole rotonde, presentazioni di libri, concerti, mostre. I luoghi saranno le mense e i centri di accoglienza nella settimana dal 10 al 16 ottobre. L’obiettivo è anche diffondere nella città una cultura della solidarietà attraverso il lavoro di migliaia di persone, dell’associazionismo e degli operatori che spendono il proprio tempo per aiutare chi è in difficoltà, un lavoro che spesso passa inosservato. Per il cardinale Agostino Vallini il titolo potrebbe essere declinato in “Roma, conosci te stessa” perché la capitale ha nel suo dna proprio l’accoglienza. Secondo il direttore della Caritas, mons. Enrico Feroci, la carità si fa cultura, patrimonio e ricchezza della città per testimoniare con nuovi linguaggi l’opera di solidarietà che ha caratterizzato l’impegno della Caritas. Il presidente della provincia di Roma Nicola Zingaretti fa notare che questa serie di eventi è anche una risposta all’impoverimento della città. Si inizia lunedì 10 ottobre alle 11 con un evento dedicato ai sacerdoti, ai religiosi e agli operatori sociali. All’Università lateranense si svolgerà, infatti, un confronto-dibattito sul tema “La fatica della carità” tra il teologo Severino Dianich e Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità di Milano. La settimana si concluderà domenica 16 ottobre alle ore 16 un incontro presso la Cittadella della Carità-Santa Giacinta a Ponte Casilino. Stand e laboratori tematici sul tema “Raccontare è resistere, il territorio questo sconosciuto” vedranno protagonisti gli operatori delle caritas parrocchiali e di altre esperienze di solidarietà a Roma. (A cura di Alessandro Guarasci)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    L’agenzia Moody’s declassa aziende pubbliche e private italiane

    ◊   Le Borse europee si confermano vivaci a metà seduta e segnano aumenti nell'ordine del 2%. Dal punto di vista dell’economia, la giornata si è aperta con la notizia che subito dopo aver declassato il debito sovrano dell'Italia, l'agenzia Moody's ha tagliato anche il rating di alcune aziende pubbliche e private italiane. Il servizio di Fausta Speranza:

    Probabilmente ad aiutare il rialzo sui mercati sono state le parole del presidente della Commissione Ue, Jose' Barroso, che ha confermato l'idea di un'azione coordinata per ricapitalizzare le banche, e le attese per le decisioni che dovrebbero venire dalla Bce. Per quanto riguarda Wall Street, i futures sono positivi anche in vista dei dati sull'occupazione Usa. Intanto, in Italia si prende atto del declassamento di Eni, Enel, Finmeccanica, Poste italiane e Terna, ma anche delle due principali banche, Unicredit e Intesa Sanpaolo, da parte dell’agenzia di rating Moody’s, che peraltro era atteso. Si salvano solo Generali e Allianz Italy. L’annuncio di Moody’s, secondo il Wall Street Journal, rappresenta un avvertimento non solo per Roma, ma per tutta l'Europa. Il quotidiano Usa spiega che la decisione rispecchia il “fallimento dell'Europa nel ripristinare la fiducia nel mercato del debito pubblico” oltre ai problemi fiscali dell'Italia. Resta da dire che in Germania l'Istituto tedesco per la ricerca economica (Diw) ha rivisto al ribasso le stime sulla crescita del Pil tedesco per quest'anno e per il 2012.

    Nuova marcia a New York contro Wall Street
    Sono scesi in 30 mila ieri in strada a New York per una nuova marcia sul distretto finanziario, la prima dopo le tensioni della scorsa fine settimana, quando la polizia ha arrestato 700 persone che protestavano contro Wall Street. Il servizio di Elena Molinari:

    Il popolo degli “indignados” a stelle e strisce si riunisce di nuovo. Ieri in piazza sono scese almeno 30 mila persone a New York per una marcia sul distretto finanziario, la prima dopo che la polizia aveva arrestato 700 persone lo scorso fine settimana. E si è trattato della manifestazione più grande da quando tre settimane fa è iniziato il presidio davanti al "tempio della finanza mondiale". Alle fila di giovani studenti, artisti e disoccupati, si sono questa volta uniti i sindacati e molte associazioni compresa quella della categoria degli infermieri. Alcune di queste persone sono arrivate da molto lontano e sono tutte determinate ad andare avanti ad oltranza per ottenere riforme del sistema finanziario e fiscale che favoriscano più il cittadino e meno le grandi banche ed aziende. Tutto intorno ai manifestanti la polizia era in assetto antisommossa. Le autorità hanno infatti dato agli agenti ordine di intervenire per evitare disordini o che i manifestanti blocchino il traffico. Intanto, la protesta si è propagata in tutto il territorio americano con dimostrazioni ieri anche a Los Angeles, Boston e in Florida.

    2900 persone uccise in Siria dall'inizio delle proteste antigovernative
    E' salito a oltre 2900 il numero delle persone uccise in Siria nella repressione delle manifestazioni contro il regime del presidente Bashar al Assad, cominciate lo scorso marzo. Lo ha reso noto oggi a Ginevra l'ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani. ''Basandoci sulla lista di nomi che abbiamo stilato, il numero totale di persone uccise in Siria dall'inizio delle proteste e' ora di oltre 2900'', ha dichiarato Rupert Colville, portavoce dell'Alto commissario Navi Pillay.

    Continua l’esodo di libici in Tunisia: solo in settembre 400 persone
    Nonostante il miglioramento della situazione della sicurezza in vaste aree della Libia, continua incessante l'arrivo in Tunisia di rifugiati libici: secondo i dati riferiti dalla Tap, nel solo mese di settembre oltre 400 mila sono passati per il posto di frontiera di Ras Jedir, con una media giornaliera di oltre diecimila arrivi. Talvolta, riferisce sempre l'agenzia tunisina, ci sono stati anche ''alterchi'', così vengono definiti, tra i libici che controllano il posto di frontiera sul loro versante e tunisini. Scontri che hanno costretto le forze di sicurezza tunisine a esplodere colpi d'arma da fuoco in aria a scopo intimidatorio. Questi episodi hanno anche imposto in qualche circostanza la chiusura del posto di frontiera sul versante tunisino. A Camp Choucha il numero dei rifugiati stranieri sta progressivamente scendendo ed ora è attestato sulle 3400 unità, in maggioranza somali, eritrei ed iracheni. Il loro rimpatrio va avanti al ritmo di 10-15 al mese.

    Kosovo: perquisizioni di agenti della missione europea in sedi Ministero interno
    Gli agenti di Eulex, la missione europea in Kosovo, hanno effettuato oggi a Pristina numerose perquisizioni nelle sedi del Ministero dell'interno e della polizia kosovara arrestando sei persone, tre delle quali funzionari, accusate di corruzione. Come ha reso noto Eulex in un comunicato, l'operazione è stata decisa per smantellare una rete criminale attiva negli appalti ad aziende fornitrici di armi e munizioni alle forze di polizia in Kosovo. Le perquisizioni, è stato precisato, hanno riguardato complessivamente 12 luoghi differenti fra uffici, abitazioni private, sedi di società private. Il danno al bilancio del Ministero dell'interno sarebbe superiore al milione di Euro. Nell'ambito della stessa inchiesta, ha riferito Eulex, perquisizioni sono state effettuate anche in Germania in un ufficio e in un’abitazione privata.

    Sara Palin non si candida alle presidenziali 2012
    “La mia famiglia viene prima”. Questa la spiegazione contenuta in una lettera inviata ai suoi sostenitori e diffusa dai media, con la quale Sarah Palin, ex governatore dell'Alaska ha annunciato la decisione di non correre per le presidenziali del 2012. “Dopo aver pregato molto e dopo una lunga riflessione, ho deciso che non mi candiderò alle presidenziali del 2012”, sono le parole della Palin, ex candidata repubblicana alla vicepresidenza degli Stati Uniti nel 2008, nella lettera inviata ai suoi sostenitori e diffusa dai media, con la quale l’ex governatore dell'Alaska ha annunciato la decisione di non correre per le presidenziali del 2012.

    Nave container con petrolio arenata in Nuova Zelanda
    Una nave container di una compagnia di navigazione italiana si è arenata nelle prime ore di ieri in una barriera corallina al largo del maggior porto di esportazione della Nuova Zelanda e ha cominciato a perdere petrolio, ma la fuga è stata per ora bloccata. La Rena, di 236 metri, registrata in Liberia, della "Mediterranean Shipping Company" di proprietà della famiglia dell'armatore italiano, Gianluigi Aponte, è carica per tre quarti con 2100 container e 1700 tonnellate di carburante pesante ed era a 22 km dal porto di Tauranga nell'isola del nord, dove era diretta per caricare altro cargo. Nessuno è rimasto ferito fra i 25 membri di equipaggio ma si è aperta una falla nello scafo, la nave è inclinata di 12 gradi, due delle stive sono allagate e l'acqua viene pompata via. “Siamo pronti a lanciare qualsiasi livello di risposta all'inquinamento che la situazione richieda”, ha detto il portavoce di "Maritime New Zealand", Rob Service. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 279

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.