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Sommario del 29/11/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • A dicembre, il Papa chiede di pregare per la salvaguardia della dignità dei bambini, veri annunciatori del Vangelo
  • L'Avvento tra i “meninos de rua”. Padre Chiera: sognano una visita del Papa durante la Gmg di Rio
  • Il dolore del Papa per l’uccisione, in Burundi, della suora croata e del volontario italiano
  • Il cardinale Antonelli: la famiglia cristiana manifesti la presenza e l’amore di Cristo
  • Nuova Carta degli operatori sanitari: tra i referenti anche i politici chiamati a gestire le risorse finanziarie
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Clima, Vertice a Durban. L'esperto: Stati bloccati, sensibilizzare i cittadini
  • Giornata Onu per il popolo palestinese. Padre Abushalia: aiutateci ad avere pace
  • Lussemburgo: chiuso l'incontro del Consiglio d'Europa su religioni, dialogo e culture
  • Sbarchi di immigrati nel Salento. Don Tarantino: servono leggi strutturali non di emergenza
  • "Cities for Life": la Comunità di Sant'Egidio rinnova l'impegno contro la pena di morte
  • Il Rapporto di Amnesty sulle violazioni dei diritti umani dei rom a Milano, Roma e Napoli
  • Chiesa e Società

  • Vescovi dell'America Centrale denunciano “violenza allarmante”
  • Rapporto Fao su risorse idriche e suolo: il degrado pone a rischio la sicurezza alimentare del pianeta
  • Regno Unito: iniziativa della Conferenza episcopale per riavvicinare i non praticanti
  • Usa: finanziamenti alla Commissione sulla libertà religiosa prorogati fino al 16 dicembre
  • Sud Sudan: il presidente Kiir chiede alla Chiesa collaborazione per pace e stabilità nel Paese
  • Convegno al Gemelli di Roma delle donne cattoliche operatrici sanitarie
  • Missionaria irlandese premiata per l’impegno verso i malati di Aids
  • 24 Ore nel Mondo

  • L'Onu accusa il governo siriano di atrocità contro la popolazione
  • Il Papa e la Santa Sede



    A dicembre, il Papa chiede di pregare per la salvaguardia della dignità dei bambini, veri annunciatori del Vangelo

    ◊   “Perché i bambini e i giovani siano messaggeri del Vangelo e perché la loro dignità sia sempre rispettata e preservata da ogni violenza e sfruttamento”. E’ questa l’intenzione missionaria di preghiera di Benedetto XVI per il mese di dicembre. Nel tempo forte che ci avvicina al Natale del Signore, il Papa rinnova dunque l’esortazione a pregare per i bambini, la cui dignità è purtroppo spesso violata dagli adulti. Su questa intenzione, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di padre Giulio Albanese, direttore delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie, tra cui “Il Ponte d’oro”, mensile dell’Opera Infanzia Missionaria:

    R. – Annuncio e testimonianza del Vangelo, in fondo, a pensarci bene, è stato il tema della Giornata missionaria mondiale che abbiamo celebrato ad ottobre: “Testimoni di Dio”. Ai ragazzi questa proposta viene formulata nuovamente dal Santo Padre, non foss’altro perché in ogni caso loro rappresentano il futuro. E' inutile nascondercelo: se vogliamo un mondo migliore, un mondo decisamente diverso da quello attuale, bisogna investire energia su di loro, ed è per questo che soprattutto la loro dignità va rispettata innanzitutto attraverso un impegno da parte delle agenzie educative. Quando parliamo di agenzie educative, inevitabilmente facciamo riferimento alla famiglia, alla scuola, ma anche alla comunità cristiana nelle sue molteplici articolazioni.

    D. – A sostegno di quanto chiede il Papa in questa intenzione di preghiera, c’è in particolare la Pontificia Opera dell’Infanzia missionaria. In qualche modo, questa realtà dimostra che non è mai troppo presto per essere testimoni dell’amore cristiano…

    R. – La Pontificia Opera dell'Infanzia è nata proprio con un intento di tipo educativo: aiutare i ragazzi a sperimentare la passione per la missione, per l’impegno. Questo significa anche prendere coscienza del fatto che hanno bisogno di stimoli, bisogno di modelli di riferimento a cui guardare, hanno bisogno di essere accompagnati. In fondo, chi si propone come educatore nei loro confronti non deve guardarli come "oggetti", quanto piuttosto come "soggetti", veri e propri protagonisti.

    D. – Cosa le hanno insegnato i bambini dell’Africa?

    R. – Il sorriso è quello che colpisce maggiormente. Si tratta di ragazzi che spesso nascono in contesti davvero difficili e non sono certamente ragazzi viziati, non sono ragazzi che hanno sperimentato la contaminazione del consumismo... In questo senso, io credo che la loro testimonianza di vita, e soprattutto l’affiatamento che hanno nel contesto familiare, sia davvero motivo di edificazione quando si guarda al cosiddetto “primo mondo”, mondo industrializzato che sappiamo bene, in questo frangente della storia, sembra in crisi sistemica, sembra davvero in grande difficoltà. Credo che, in fondo, la testimonianza che ci viene da questi ragazzi sia l’affermazione della semplicità. (gf)

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    L'Avvento tra i “meninos de rua”. Padre Chiera: sognano una visita del Papa durante la Gmg di Rio

    ◊   “Santo Padre venga a trovarci”: è l’invito dei ragazzi di strada di Rio de Janeiro, lanciato nei giorni scorsi sui social network. I meninos de rua accolti da padre Renato Chiera, fondatore della “Casa do Menor”, sperano che il Papa possa incontrarli durante la visita nella città brasiliana, in occasione della Gmg del 2013. In questa intervista di Alessandro Gisotti, padre Renato Chiera parla dell’iniziativa e di come i suoi ragazzi vivano il periodo forte dell’Avvento:

    R. – Guardo all’Avvento e dico “Venuta di chi?”. Guardo al Natale e dico “Natale vuol dire nascita: nascita di chi?” Mi guardo attorno e vedo luci, vedo Babbo Natale, vedo panettoni, vedo supermercati affollati di gente affannata, perché deve comprare qualcosa, ma non trovo Gesù. Io soffro e mi domando: “Ma cosa facciamo del Natale?”. Io cerco Gesù, cerco un Dio bambino che viene tra noi, per dirci che siamo amati, ma non lo trovo in nessun negozio. Adesso lo incontro e lo amo in ogni uomo e in ogni bambino. Questa scoperta ha cambiato la mia vita e mi ha buttato a cercare Gesù nelle strade delle grandi periferie del Brasile, un Gesù “menino de rua”, rigettato da tutti, povero, abbandonato, non c’era posto per Lui. Come Gesù entriamo nelle piaghe dei più piccoli, dei più abbandonati, per dire loro: “Ecco il Natale” - il loro Natale, così come lo vivono - e anche per dire: “Non sei solo, noi siamo con te”. E’ questo il Natale di cui i nostri ragazzi hanno bisogno: sentire la presenza di qualcuno che li ama come sono.

    D. – In che modo vengono accompagnati i ragazzi di Casa do Menor in questo periodo che avvicina il Natale?

    R. – Abbiamo aperto adesso un centro per accogliere i cracudos, i dipendenti dal crac. Il crac diventa la grande epidemia nazionale, un’epidemia, una tragedia di un popolo. Sono già oltre due milioni le persone che usano il crac. E allora noi vogliamo essere una risposta con questa grande iniziativa. Abbiamo scelto adesso di dedicarci a bambini e adolescenti caduti nella droga, ma soprattutto nel crac, coloro che nessuno vuole e che molte volte le mamme affidano alla polizia dicendo: “Fanne quel che vuoi”. Si arriva a questo punto di disperazione. Così questa è la risposta che Dio vuole che diamo in questo momento: di speranza.

    D. – C’è un regalo particolare che i “meninos de rua” si aspettano, magari non proprio per questo Natale, ma in vista della Gmg di Rio?

    R. – Oh sì! io vorrei qui parlare al Papa. I bambini hanno scritto tante lettere al Papa. “Papa, vienici a trovare, perché ci hanno detto che tu ami i bambini, ami i ragazzi che soffrono, e allora vienici a trovare alla Casa do Menor”. Ecco il grande regalo che noi osiamo sperare. Il Papa verrà nel 2013, alla Giornata Mondiale della Gioventù. Rio de Janeiro ha il "marchio" un po’ duro e terribile dei bambini di strada, ma noi vorremmo anche mettere un segno di speranza. La Casa do Menor vorrebbe essere nella grande periferia di Rio un segno di speranza e di risposta a questo marchio che sta segnando Rio de Janeiro. Quindi, il nostro appello, il nostro grande regalo sarebbe proprio quello di avere il Papa fra di noi. I nostri bambini hanno bisogno di sentire che Dio li ama, attraverso la Chiesa, attraverso persone che hanno il cuore grande come il Papa. (ap)

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    Il dolore del Papa per l’uccisione, in Burundi, della suora croata e del volontario italiano

    ◊   Cordoglio di Benedetto XVI per l’uccisione in Burundi di suor Lukrecija Mamic e del volontario Francesco Bazzani, durante una rapina nella missione di Kiremba, nella diocesi di Ngozi, avvenuta domenica scorsa. In un telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, il Papa chiede a Dio di “accogliere nel suo regno” queste persone “che hanno consacrato la loro vita al servizio dei malati e dei poveri”. Prega inoltre il Signore affinché dia “coraggio e speranza” a suor Carla Lucia Brienza, la religiosa rimasta ferita nell’attacco armato alla missione. Il Papa impartisce, infine, la sua benedizione apostolica alle suore della Congregazione delle Ancelle della Carità, a cui è affidata la missione di Kiremba, ai familiari del volontario Bazzani e a quanti, in Burundi, “sono stati colpiti da queste brutali uccisioni”.

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    Il cardinale Antonelli: la famiglia cristiana manifesti la presenza e l’amore di Cristo

    ◊   Con la concelebrazione eucaristica presieduta nella Basilica di San Pietro, all’altare del Beato Giovanni Paolo II, da mons. Giovanni Angelo Becciu, sostituto per gli Affari generali della segreteria di Stato, si è aperta stamani la XX Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Si tratta di una tappa preparatoria in vista del VII Incontro mondiale delle Famiglie, in programma a Milano dal 30 maggio al 3 giugno del 2012. I lavori della Plenaria, che si concluderà il prossimo primo dicembre, sono incentrati sul 30.mo anniversario del dicastero e dell’Esortazione apostolica "Familiaris Consortio", ambedue frutto della sollecitudine per la famiglia di Papa Karol Wojtyla. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Intervenendo stamani sul tema “A 30 anni dalla Familiaris Consortio: memoria, attualità e profezia” il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, cardinale Ennio Antonelli, ha ricordato che “oggi la Chiesa è contestata soprattutto a motivo del suo insegnamento in ambito sessuale”. Si ritiene anche che la Chiesa non arrivi in tempo a capire “la rivoluzione sessuale e la questione antropologica”. La risposta a queste osservazioni - ha spiegato il cardinale Antonelli - va ricercata in una “rinnovata pedagogia”. Giovanni Paolo II, ha detto il porporato, ci ha insegnato, senza negare la morale sessuale, “a mettere in primo piano i significati, i valori e la spiritualità”, a proporre le esigenze della santità e, nello stesso tempo, a tener conto della debolezza umana secondo la ‘legge della gradualità’: “l’uomo conosce, ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita”. “L’amore, in cui il desiderio di felicità, l’attrazione sessuale, il dono di sé all’altro, la comunione interpersonale si integrano e si armonizzano – ha aggiunto il cardinale Antonelli - costituisce un riflesso di Dio”. Proprio per questo – ha affermato il porporato ricordando le parole di Benedetto XVI nella ‘Deus Caritas Est’ – dà una gioia più vera e più grande “non il piacere di un istante, ma un certo pregustamento del vertice dell’esistenza di quella Beatitudine a cui tutto tende”, cioè “un anticipo dell’unione con Dio nell’eternità”. La famiglia cristiana, ha detto il cardinale Antonelli, ha una precisa vocazione missionaria: “Il primo compito è vivere, irradiare e manifestare la presenza e l’amore di Cristo e di Dio”.

    Soffermandosi sull’insegnamento della Chiesa sulla famiglia dalla “Familiars Consortio” ad oggi, il segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia, mons. Jean Lafitte, ha poi osservato che l’Esortazione apostolica del 1981 di Giovanni Paolo II risponde alla necessità di riscoprire “i valori autentici” dell’istituto familiare in un tempo di crisi morale, offuscato da diverse ombre come il numero crescente di divorzi e la piaga dell’aborto. Anche Benedetto XVI ha dedicato vari interventi alla famiglia. Nell’Enciclica “Deus Caritas Est” – ha ricordato mons. Lafitte – il Papa sottolinea che il matrimonio fondato su un amore esclusivo e definitivo diventa “l’icona della relazione di Dio con il suo popolo” e, reciprocamente, il modo con cui Dio ama, “diventa la misura dell’amore umano”.

    Il sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia, mons. Carlos Simón Vasquez, si è quindi soffermato sui trent’anni di attività di questo dicastero che, sostenendo la promozione del progetto di Dio su matrimonio e vita umana, è divenuto anche “un osservatorio privilegiato” capace di “offrire aiuto e servizio agli episcopati del mondo”. Un campo di recente portata, che costituisce parte considerevole del lavoro del Pontificio Consiglio – ha aggiunto mons. Carlos Simón Vasquez – è “l’osservazione dello sviluppo delle biotecnologie e della bioetica, in relazione con l’istituto matrimoniale e familiare”. “Oggi – ha detto – sono in gioco le fonti della vita, le relazioni intra ed extra familiari, la salute della società e soprattutto la giustizia nei confronti dell’uomo”.

    Sempre questa mattina l’arcivescovo emerito di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, è intervenuto sul tema “La famiglia comunità salvata e comunità salvante per la nuova evangelizzazione”. L’evangelizzazione da parte della famiglia cristiana – ha affermato il porporato - ha un’essenziale dimensione ecclesiale: “Chiama in causa e rende in qualche modo presente la stessa Chiesa”, ma questo si realizza sempre e solo in forza del matrimonio cristiano. La stessa celebrazione di questo Sacramento – ha concluso il cardinale Dionigi Tettamanzi – è Vangelo, una proclamazione della Parola di Dio, una professione di fede fatta nella e con la Chiesa.

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    Nuova Carta degli operatori sanitari: tra i referenti anche i politici chiamati a gestire le risorse finanziarie

    ◊   La Carta degli operatori sanitari, elaborata dalla Santa Sede, sarà rinnovata alla luce dei progressi delle scienze mediche e dei pronunciamenti magisteriali. Il testo pubblicato nel 1994 dal Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, delinea le direttive della Chiesa incentrate sul valore fondamentale della vita di ogni essere umano dal concepimento fino al suo termine naturale. Roberta Gisotti ha intervistato padre Augusto Chendi, sottosegretario del dicastero vaticano:

    R. – Si è ritenuto opportuno integrare questi contenuti che già erano offerti in modo sistematico nella Carta del 1994, con una nuova redazione che è in fase di avanzati lavori, e quindi riteniamo che entro un anno riusciremo – dopo tutte le autorizzazioni previste per questi documenti ufficiali della Santa Sede – a pubblicarla e a tradurla in tutte le lingue, come è l’attuale Carta del 1994.

    D. – Si può avere qualche anticipazione, quantomeno sui punti che sono oggetto di revisione o di integrazione?

    R. – Basti pensare, a questo proposito, che non era stato previsto, nella Carta del ’94, il Magistero di Giovanni paolo II in merito all’“Evangelium Vitae”, con tutto il problema dell’impegno dei cattolici in politica. Noi sappiamo, infatti, che oggi tra i problemi più urgenti c’è anche la giustizia nell’allocazione delle risorse finanziarie in ossequio del bene comune e della giustizia sociale, secondo i due principi della solidarietà e della sussidiarietà. Pensiamo ai problemi del fine vita e alle risposte che nel 2007 la Congregazione per la Dottrina della fede ha dato in merito all’alimentazione e all’idratazione. Pensiamo, da ultimo, all’Istruzione “Dignitas Personae” che tratta di alcune questioni fondamentali, soprattutto nell’applicazione delle biotecnologie all’inizio della vita: cellule staminali, riduzione embrionale … ecco, questi grandi problemi non erano presenti nella Carta del ’94 e quindi è opportuna, anzi necessaria un’integrazione in questa nuova Carta.

    D. – Chi sta lavorando a questa revisione?

    R. – Il Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, in accordo con medici e specialisti di diversi settori e moralisti, teologi … E’ un lavoro di comune accordo e di sintonia reciproca tra i vari Dicasteri competenti, non ultima anche la Congregazione per la Dottrina della fede.

    D. – Chi sono i referenti di questa Carta? A chi è rivolta? Ci sono nuovi soggetti?

    R. – Al di là degli operatori sanitari, i nuovi referenti sono – a mio avviso – i politici. Appunto perché – come abbiamo sentito anche recentemente, nel viaggio di Benedetto XVI in Africa – la giustizia sociale, l’allocazione secondo giustizia delle risorse finanziarie è un problema emergente, soprattutto laddove nel Vecchio Continente i problemi finanziari incominciano ad incidere anche sulla gestione del bene comune nei servizi essenziali nei Paesi chiamati ‘più ricchi’. (gf)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La pastorale del matrimonio deve fondarsi sulla verità: un testo del 1998, pubblicato con nuove note, scritto dall'allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale Joseph Ratzinger, a proposito di alcune obiezioni contro la dottrina della Chiesa circa la ricezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati.

    Paolino: in prima pagina, Ferdinando Cancelli su una storia di Avvento.

    Mondo affamato: in rilievo, nell'informazione internazionale, un rapporto della Fao, secondo cui entro il 2050 sarà sempre più difficile garantire cibo per tutti.

    L'Europa sfida i mercati: giorni cruciali per il futuro della moneta unica.

    Dimensione missionaria di un viaggio apostolico: nell'informazione vaticana, intervista di Mario Ponzi all'arcivescovo Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, sulla visita pastorale del Papa in Benin nell’ottica dell'evangelizzazione.

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    Oggi in Primo Piano



    Clima, Vertice a Durban. L'esperto: Stati bloccati, sensibilizzare i cittadini

    ◊   Secondo giorno di lavori a Durban, in Sudafrica, per le oltre 200 delegazioni presenti al 17.mo Congresso Onu sui cambiamenti climatici. Un appuntamento che rischia il fallimento, a causa delle contrapposizioni internazionali soprattutto sul prolungamento del Protocollo di Kyoto. Intanto, fanno impressione i primi dati emersi dalla conferenza: secondo l’Organizzazione Meteorologica delle Nazioni Unite, il 2011 ha chiuso un decennio che passerà alla storia come il più caldo dal 1850 ad oggi. A margine della conferenza, inoltre, l’organizzazione non governativa tedesca “Germanwatch” ha diffuso un rapporto da cui emerge che, negli ultimi 10 anni, 710 mila persone sono morte in conseguenza dei 14 mila disastri climatici che hanno afflitto il pianeta. Di sicuro c’è da correre ai ripari, attraverso nuovi modelli energetici. Ne è convinto Livio De Santoli, delegato per l’Energia dell’Università La Sapienza di Roma. L’intervista è di Salvatore Sabatino:

    R. - Devo dire che il paradigma del modello energetico esistente è assolutamente da cambiare. Si può cambiare, perché le tecnologie esistenti lo possono permettere. Ci sono anche degli strumenti capaci di farlo: per esempio, il cosiddetto “Patto dei sindaci” della Comunità europea che assegna alle entità locali, ai comuni, la possibilità di preparare dei piani di azione, in un coinvolgimento vero con i cittadini. Permette il ribaltamento del sistema, che è attualmente centralizzato, regolato totalmente dai combustibili tradizionali fossili. E il passaggio prevede invece un adeguamento ad una energia pulita, con un uso coerente anche delle rinnovabili.

    D. - Secondo lei, è più un problema politico o culturale? Perché molti parlano addirittura di una rivoluzione culturale di cui abbiamo bisogno, per cambiare le cose …

    R. - Il problema è solamente culturale, perché nel momento in cui, parlando di energia, noi ci rivolgiamo al singolo cittadino che individualmente deve pensare non solo a consumare, ma anche a produrre energia, deve sapere come si produce l’energia. Quindi, è davvero un problema di informazione e di formazione. Di poter allineare la società al paradigma di Lisbona 2, per esempio: la società della conoscenza. La società della conoscenza, in campo energetico, in realtà non esiste.

    D. - Nel 2009 c’è stato Copenhagen, nel 2010 Cancun, nel 2011, proprio in questi giorni, si sta svolgendo il summit di Durban in Sud Africa. Tutti e due i consessi precedenti sono falliti e anche Durban, se non si agisce presto e se non si cambiano le cose velocemente, potrebbe fallire. L’Italia, in particolare, come si presenta a quest’appuntamento?

    R. - Diciamo che l’Italia si presenta non bene, nel senso che effettivamente gli strumenti che possono essere adoperati adesso, e di diverso segno rispetto al passato, ci sono ma vengono poco utilizzati. E se pensiamo di voler trovare un accordo internazionale che metta insieme Cina, Brasile, India con Stati Uniti, Canada e l’Europa, è impensabile. Allora, cosa bisogna fare? Bisogna "by-passare" gli Stati membri, i debiti sovrani, e rivolgersi ai singoli individui, alla società civile. Naturalmente, in una forma organizzata e consapevole. Per esempio: un Comune, soprattutto se di una grande città, può avere grande peso nella risoluzione di questo problema. Individuando in campo energetico delle azioni da qui a tre, quattro, cinque anni – perché questo è l’arco temporale – sulla scia di un modello di "generazione distribuita", che è un vero piano regolatore energetico di una città del futuro, già questa potrebbe risultare una risposta seria. Significa "stake-holders", significa cittadini, significa fare investimenti. Se poi, come dicevamo oggi, fosse possibile anche allargare un po’ le maglie di questi “patti di stabilità” che imbrigliano la libertà di azione, e fare degli investimenti nella “green economy”, questo potrebbe essere un altro aiuto. È da qui che bisogna ripartire. Ed è comunque un problema culturale. (fd)

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    Giornata Onu per il popolo palestinese. Padre Abushalia: aiutateci ad avere pace

    ◊   Si celebra oggi in tutto il mondo la Giornata Onu di solidarietà col popolo palestinese. Il 29 novembre 1947, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò la risoluzione 181, che prevedeva la creazione di uno Stato ebraico e uno Stato arabo e attribuiva a Gerusalemme un regime internazionale speciale. Oggi, ad oltre 60 anni, il Medio Oriente ancora non conosce pace: i colloqui israelo-palestinesi sono infatti in fase di stallo. Intanto, il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha chiesto il riconoscimento della Palestina all’Onu: al riguardo, nella comunità internazionale è aperto il dibattito, mentre l’Unesco ha già approvato l’ingresso palestinese nell’organizzazione. Nei giorni scorsi, Pax Christi ha tenuto a Bulciago – paese dell’attivista italiano Vittorio Arrigoni, ucciso in aprile a Gaza – un Convegno dedicato al conflitto israelo-palestinese, alle diverse realtà impegnate in Medio Oriente e in particolare alla questione dell’acqua nella Valle del Giordano e nella Striscia di Gaza. Sulla situazione dei cristiani in Terra Santa, Giada Aquilino ha intervistato padre Raed Abushalia, parroco a Taybeh, villaggio cristiano tra Gerusalemme e Ramallah:

    R. – Niente è cambiato per il meglio: non c’è negoziato, non c’è processo di pace. Allo stesso tempo, si continuano a costruire insediamenti Gerusalemme è chiusa a tutti i palestinesi, cristiani e musulmani: ci sono posti di blocco, c’è disoccupazione, la gente non può entrare in Israele o a Gerusalemme per lavorare. Questa è la situazione attuale. I cristiani sono una parte del popolo palestinese e perciò sono sotto occupazione e quindi soffrono di questa situazione.

    D. – Padre, lei è parroco a Taybeh, che è un villaggio tra Gerusalemme e Ramallah. Come può essere descritta la situazione in quella zona?

    R. – Taybeh è l’unico e l’ultimo villaggio interamente cristiano in Terra Santa. Siamo 30 km a nord di Gerusalemme, a nordest di Ramallah, nei Territori palestinesi. Anche se la popolazione è piccola – 1.300 abitanti, tutti cristiani – la situazione è uguale a quella degli altri villaggi vicini. Ma noi abbiamo la fortuna di avere quasi tutto: la chiesa, la scuola, un centro medico, una casa di riposo per gli anziani e due case di accoglienza per i pellegrini. Grazie a Dio, poi, da alcuni anni i pellegrini che vengono in Terra Santa passano da noi, perché vogliono essere a contatto con la comunità locale, con i cristiani della Terra Santa. Assistono alla Messa domenicale o quotidiana, parliamo con loro, possono visitare il villaggio e possono mangiare e dormire qui. Tengo molto a lanciare l’appello al ritorno dei pellegrini: venite, non abbiate paura di venire, non lasciateci da soli, perché questo è un segno di solidarietà con le popolazioni della Terra Santa e soprattutto con la comunità cristiana.

    D. – Possiamo dire che Taybeh è un po’ il simbolo dei cristiani di Terra Santa. Qual è la speranza che spinge quei cristiani a rimanere?

    R. – Taybeh può essere definita come la roccaforte del cristianesimo in Terra Santa, anche se questo villaggio ha molto sofferto per l’emigrazione: oggi, come ho detto, gli abitanti sono 1.300, ma negli anni Sessanta erano 3.400. Dunque, abbiamo dovuto impegnarci anche nel campo dello sviluppo economico per incoraggiarli a rimanere, per dare lavoro alla gente, per aiutarli a non emigrare. La Chiesa, qui, dà lavoro a 86 persone e questo significa 86 famiglie che possono lavorare e quindi restare.

    D. – A ottobre 2010, l’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi ha voluto confermare e rafforzare i cristiani nella loro identità mediante la Parola di Dio. Com’è vissuta tale missione in Terra Santa?

    R. – Questo incontro del Sinodo l’ho inteso come risposta, come frutto della visita nel 2009 del Santo Padre in Terra Santa, quando lui ha vissuto e ha compreso molto bene la situazione che si vive in queste zone. Credo che la prima cosa di cui i cristiani e le popolazioni della Terra Santa hanno bisogno sia il grande dono della pace.

    D. – In occasione della Giornata Onu per i diritti del popolo palestinese, per cui anche Pax Christi è mobilitata, quale appello si può levare dalla Terra Santa?

    R. – Lancio un appello alla pace in Terra Santa, perché possa essere risolto il conflitto israelo-palestinese. (gf)

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    Lussemburgo: chiuso l'incontro del Consiglio d'Europa su religioni, dialogo e culture

    ◊   Prosegue la conferenza sulla “dimensione religiosa del dialogo interculturale” voluta dal Consiglio d'Europa, che ha riunito ieri e oggi a Lussemburgo esponenti di diverse religioni insieme con esperti di scambi culturali e rappresentanti di media. La nostra inviata, Fausta Speranza, ha parlato con padre Laurent Mazas, delegato del Pontificio Consiglio per la Cultura alla cConferenza, circa il cammino che ha portato a una consapevolezza nuova dell'importanza delle religioni per il dialogo:

    R. – Sì, questo è un lungo processo. Mi ricordo quando ho cominciato ad andare al Consiglio d’Europa, al Comitato del Direttivo della cultura, per la Santa Sede, e si parlava dell’urgenza del dialogo interculturale, interreligioso, della pace a rischio e così via. Dopo, abbiamo seguito un cammino per far capire che i religiosi possono nella società dialogare tra di loro, proprio per aiutare la società stessa a essere più giusta, nella pace e nella fratellanza. Un lungo processo, dunque, e adesso questo tipo di tavola rotonda manifesta la presa di coscienza che la religione non è una cosa a parte nella società, ma aiuta a sviluppare la coscienza del diritto, dei diritti umani e così via.

    D. – In particolare, in questo momento, il dicastero per la cultura è impegnato con il cardinale Gianfranco Ravasi nel Cortile dei Gentili. Come si può inserire o, comunque, come possiamo riflettere su questa esperienza, alla luce della dimensione religiosa del dialogo interculturale?

    R. – Noi vogliamo nel Cortile dei Gentili – contrariamente per esempio a quello che succede nei Paesi laici come la Francia, dove ognuno tace le sue convinzioni – che l’ateo sia veramente un ateo quando discute con un credente, che deve invece esserlo molto, e che il confronto fra questi due discorsi sia concepito in modo che tutti si incontrino, si prendano per la mano per affrontare le grandi sfide di oggi.

    D. – C’è stato un momento in cui, in Europa, abbiamo sentito parlare molto di questo sforzo alla neutralità, sembrava anzi si potesse parlare solo mettendo da parte le questioni religiose. Invece, se non si ha identità, non si può parlare davvero con l’altro. Questo sta maturando anche nella coscienza generale?

    R. – Sicuramente, oggi c’è la presa di coscienza che quando si incontra l’altro, si scopre l’altro nella sua ricchezza e se non siamo capaci di riconoscere una ricchezza non c’è un incontro con l’altro. Se noi cerchiamo soltanto il simile nell’altro, questo non fa crescere la pace.

    D. – Uno slogan del Consiglio d’Europa è "Vivere insieme nella diversità“. Dal punto di vista della Chiesa cattolica, come proporremmo questo slogan?

    R. – Nella creazione ci sono Adamo ed Eva: fin dall’inizio, quindi, esiste la diversità. Poi, subentra l’amore, che è capace di unire la gente nella diversità.

    D. – E’ questo dunque, l'amore, il di più che la religione cattolica porta in questo discorso di vivere insieme nella diversità?

    R. – L’amore e, profondamente, la questione del rispetto. Per esempio in questa tavola rotonda si parla del lavoro dei media ed è vero che si parla sempre della libertà di espressione. Se non c’è il rispetto dell’altro, dove andiamo? Si pensa non possa essere una cosa assoluta, invece lo è, perchè nell’altro c’è qualcosa che ci supera, una dimensione trascendente. Qualcuno qui ha parlato della presa di coscienza della responsabilità del giornalista. (ap)

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    Sbarchi di immigrati nel Salento. Don Tarantino: servono leggi strutturali non di emergenza

    ◊   Nuovo sbarco nella notte in Puglia, dopo il tragico naufragio avvenuto tra sabato e domenica davanti alle coste brindisine e costato la vita a tre immigrati asiatici. I nuovi arrivi invece, 200 circa, sono nella provincia di Lecce, tra Porto Badisco e Santa Cesarea Terme. Erano a bordo di un’imbarcazione a motore, lunga una ventina di metri, che si è infranta ad alta velocità contro gli scogli. Una donna con i suoi due bambini è stata trasferita nell'ospedale di Scorrano, mentre gli altri immigrati, tra cui una decina di minori, sono ora nel Centro di prima accoglienza “Don Tonino Bello” di Otranto. La struttura, gestita dal Comune, è stata riaperta da un anno ed è il primo luogo che gli immigrati vedono dopo ore di viaggio. Ad assisterli nel Centro c’è la Caritas diretta da don Maurizio Tarantino. Gabriella Ceraso lo ha intervistato:

    R. – Il Centro “Don Tonino Bello” serve davvero come luogo di primissima accoglienza: le persone rimangono meno di 24 ore, perché poi sono smistate negli altri centri di accoglienza d’Italia. Rimane misterioso il luogo di partenza: se la Grecia o la Turchia. Queste persone sono afghani, iracheni, iraniani, palestinesi e il loro sogno è quello, comunque, di lasciare l’Italia per altri Paesi europei. Questo non sempre, purtroppo, può accadere... Rimane ancora molto farraginosa, per esempio, la richiesta del permesso di soggiorno per motivi umanitari e il diritto di asilo. Le Commissioni si pronunciano con tempi veramente biblici.

    D. – La situazione nel Salento sembra tornata in primo piano da quando non si parla più di Lampedusa: voi come la vivete? Siamo a un peggioramento della situazione o è sempre la stessa, solo che non se ne parla...

    R. – Il problema è sempre un problema d’informazione: di fatto, gli sbarchi nel Salento non sono mai terminati, forse quantitativamente non sono stati eccessivi. Purtroppo, anche da un punto di vista legislativo, il problema viene affrontato sempre e soltanto come fosse un'emergenza, mentre invece andrebbe vissuto e pensato come un fenomeno strutturale. Anche rispetto al territorio, credo che la gente si stia rendendo conto che non si tratta più di dare un aiuto alla persona sbarcata, quanto piuttosto organizzare un territorio che preveda la presenza di immigrati.

    D. – "Migrantes" ha ipotizzato che potrebbe essere utile creare canali protetti per le barche: in Salento questo potrebbe funzionare?

    R. – Penso di sì, ma sulla base di accordi con la Turchia, con la Grecia e anche con l’Albania.

    D. – Riguardo invece alla discussione che in questi giorni si sta facendo viva, secondo il Ministero degli interni probabilmente ci sarà addirittura per l’anno prossimo un blocco del decreto flussi. Questo contrasta con chi, invece, chiede di aumentare le quote soprattutto per i Paesi in difficoltà, come quelli del Mediterraneo. Secondo lei, il problema è che poi gli immigrati non possono trovare lavoro in Italia?

    R. – Pensare che noi possiamo bloccare il fenomeno immigratorio, credo sia davvero una visione antistorica: in Italia, gli immigrati il lavoro lo trovano. Queste persone un lavoro già lo fanno... Dobbiamo veramente uscire dalla logica che gli immigrati tolgano il lavoro: i dati dicono che questo non è assolutamente vero. (mg)

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    "Cities for Life": la Comunità di Sant'Egidio rinnova l'impegno contro la pena di morte

    ◊   Domani si celebra la giornata internazionale delle “Cities for Life”, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, durante la quale centri grandi e piccoli si coalizzeranno per dire "no" alla pena di morte. Per l’occasione, si sono riuniti a Roma più di 20 ministri della Giustizia, i cui Paesi hanno bandito le esecuzioni capitali. Il Guardasigilli, Paola Saverino, ha ribadito l’impegno dell’Italia in questo senso. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Più di 1.400 città in tutto il mondo, 500 in Italia, mobilitate per fermare la pena di morte. Un impegno che passa attraverso la Giornata internazionale di "Cities for Life", in 87 Paesi, che si celebra ogni 30 novembre in ricordo dell'anniversario della prima abolizione della pena capitale ad opera di uno Stato europeo, il Granducato di Toscana, avvenuta nel 1786. E come ogni anno a Roma si ripeterà l’illuminazione del Colosseo, emblema di questa battaglia. Questo percorso sta dando frutti, visto che negli ultimi dieci anni, 31 Paesi nel mondo hanno abolito nella legge e nella prassi la pena di morte. Per il Guardasigilli, Paola Severino, bisogna continuare su questa strada:

    “Lavoriamo insieme - Stati, organizzazioni internazionali, organizzazioni della società civile, ong - e tutti in questa direzione. Desidero confermare che l’Italia non farà certamente mancare il proprio contributo, proseguendo in tutte le sedi competenti nell’impegno contro la pena di morte”.

    L’abolizione delle esecuzioni capitali è fondamentale per dare dignità agli Stati, dice il ministro alla Cooperazione, Andrea Riccardi:

    "Si scopre il valore della vita nei momenti di sofferenza, quando la vita è più fragile. Questi ministri della Giustizia stanno affrontando anche il tema delle carceri, che è un tema così vitale: in Africa soprattutto, dove la vita carceraria è una vita durissima”.

    Il Niger ha abolito, nei fatti, la pena di morte nel 1976. Non è stato facile, dice il ministro della Giustizia Amadou Marou:

    “Anche quando non riuscirete ad arrivare all’abolizione totale della pena di morte, non abbassate mai la guardia! Ricordate sempre - agli uni e agli altri - che la scelta di abolire la pena di morte s’impone alle democrazie, s’impone ai Paesi rispettosi dello Stato di diritto e dei diritti umani… Noi vogliamo affrontare questo discorso mentre le forze conservatrici la vogliono legittimare”.

    La speranza è che tanti altri Paesi abbiano lo stesso coraggio del Niger.

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    Il Rapporto di Amnesty sulle violazioni dei diritti umani dei rom a Milano, Roma e Napoli

    ◊   Un Rapporto che descrive le violazioni dei diritti umani subite dalle comunità rom in tre metropoli italiane. E’ quello presentato questa mattina, nel capoluogo lombardo, da Amnesty International. Tra le denunce anche quella degli sgomberi forzati, eseguiti a centinaia a Milano negli ultimi anni, anche in vista dell’Expo 2015. Il servizio di Fabio Brenna:

    “Per i rom è tempo di diritti e non più di discriminazioni”: lo chiede Amnesty International, che ha studiato gli effetti della proclamata emergenza nomadi nelle tre aree urbane di Milano, Roma e Napoli. Il Consiglio di Stato italiano ha da poco dichiarato illegittimo il provvedimento preso nel maggio 2008 dal governo italiano, che ha sottoposto donne, uomini e bambini, per la sola appartenenza ad una differente etnia, a gravi violazioni del diritto internazionale, riconosciuto anche dall’Italia in tema di istruzione per i minori, di salute e di avere un alloggio dignitoso. Valentina Vitali, che ha curato il Rapporto “Tolleranza Zero per i Rom”:

    “L’Italia ha firmato e ratificato dei Trattati che le prevedono. Quindi noi chiediamo che ci sia una consultazione preventiva, che ci sia una notifica che lo ricordi e - chiaramente - che ci sia la predisposizione di soluzioni abitative alternative. E’ inaccettabile che le autorità consapevolmente rendano di fatto le persone senza tetto e parliamo anche di persone anziane, parliamo di bambini, parliamo di gente come noi che da un giorno all’altro non ha più la casa”.

    A Milano, la passata amministrazione comunale si era vantata di aver effettuato più di 500 sgombri, pratica che Amnesty chiede all’attuale giunta di fermare, perché teme altre campagne persecutorie in nome di Expo 2015. Amnesty, infine, chiede al governo italiano di riparare alle gravi violazioni del diritto, mettendo a disposizione i fondi anche europei per politiche di integrazione e minaccia il ricorso agli organi di giustizia europei:

    “Noi quello che vogliamo fare è presentare il nostro Rapporto alla Commissione europea perché lo utilizzi come base per far partire una procedura di infrazione per violazione del diritto comunitario, perché riteniamo che l’Italia abbia violato la direttiva europea sulla discriminazione”.

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    Chiesa e Società



    Vescovi dell'America Centrale denunciano “violenza allarmante”

    ◊   Corruzione e violenza preoccupano i vescovi del Centroamerica. “Tra popoli che amano la verità e l’onestà e che hanno lottato per l’uguaglianza e la libertà, paradossalmente persistono situazioni avverse come l’esclusione sociale delle maggioranze povere”. Così i vescovi del Segretariato episcopale dell’America Centrale (Sedac), al termine della loro Assemblea annuale tenuta a Valle de Angeles, nel sudovest dell’Honduras. I religiosi, riporta l'agenzia Misna, hanno anche denunciato “la corruzione nella società e nello Stato, la violazione delle leggi e delle istituzioni democratiche” e la “violenza allarmante” che colpisce la regione. Nella nota letta da mons. José Luís Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador, i presuli rilevano che la violenza e le violazioni dei diritti umani “rompono l’armonia sociale, contribuiscono alla crescita della povertà e provocano la dolorosa migrazione forzata di molti centroamericani”. Anche la famiglia, aggiungono, “è minacciata da ideologie, leggi e situazioni d’insicurezza economica che non la favoriscono”. Secondo il IV Rapporto sullo stato della regione, il 47% dei centroamericani vive sotto la soglia di povertà e il 18,6% in condizioni di povertà estrema; un bambino su tre soffre di malnutrizione cronica. Il Centroamerica è una delle regioni più violente del mondo e più legate al narcotraffico: negli ultimi 11 anni, gli omicidi accertati sono stati 145 mila, 34 morti violente ogni 100 mila abitanti, un tasso tra i più alti del pianeta. (G.C.)

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    Rapporto Fao su risorse idriche e suolo: il degrado pone a rischio la sicurezza alimentare del pianeta

    ◊   Nuovo allarme della Fao nel Rapporto, presentato ieri a Roma, sullo stato mondiale delle risorse idriche e fondiarie (Solaw). Degrado diffuso e crescente scarsità delle terre pongono a rischio la produzione alimentare, minacciando la possibilità di sfamare una popolazione mondiale che entro il 2050 – secondo le stime – raggiungerà il tetto dei 9 miliardi. Popolazione e redditi in crescita costante, spiega la Fao, richiederanno un aumento del 70 per cento della produzione mondiale alimentare: vale a dire un miliardo di tonnellate di cereali e 200 milioni di tonnellate di prodotti d'allevamento in più ogni anno. Spiega la Fao che, negli ultimi 50 anni, si è registrato un notevole aumento della produzione alimentare mondiale del 150 per cento, a fronte di una crescita del 12 per cento di superficie coltivata. "In troppe occasioni – si legge nel Rapporto – tali miglioramenti sono stati accompagnati da pratiche di gestione delle risorse che hanno degradato gli ecosistemi terrestri e idrici dai quali dipende la produzione alimentare". Cosicché, la produzione agricola ha rallentato in molte aree e i terreni che hanno quasi raggiunto i limiti della loro capacità produttiva sono aumentati rapidamente. La Fao ammonisce che il 25 per cento della superficie agricola mondiale è oggi degradata, per il 40 per cento lo è in zone con alti tassi di povertà. “Le conseguenze in termini di fame e povertà sono inaccettabili, per questo concrete azioni risolutive devono essere prese ora", ha dichiarato il firettore generale della Fao, Jacques Diouf. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Regno Unito: iniziativa della Conferenza episcopale per riavvicinare i non praticanti

    ◊   Si intitola “Come Home for Christmas” (“Torna a casa per Natale”) la nuova iniziativa di sensibilizzazione della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles (Cbcew) rivolta ai cattolici non praticanti. In concomitanza con l’inizio del periodo di Avvento, il Dipartimento dei vescovi per l’evangelizzazione e la catechesi ha messo in rete una speciale pagina web per invitare i cattolici che non praticano più la loro fede, o lo fanno saltuariamente, a riavvicinarsi alla Chiesa. La pagina http://www.comehomeforchristmas.co.uk/ riporta diverse sezioni: tra queste, una con i messaggi di benvenuto di diversi vescovi e la sezione “Your Stories”, in cui diverse persone raccontano le loro storie di riavvicinamento alla pratica religiosa. Per chi è interessato ad andare oltre, c’è poi la sezione “What Next?” che indica i passi da compiere per riprendere a frequentare la chiesa. “Come Home for Christmas” segue di pochi giorni il lancio del ciclo d’incontri “Crossing the Threshold” (“Varcare la soglia”), l’iniziativa promossa dallo stesso Dipartimento per l’evangelizzazione e la catechesi per sostenere le parrocchie inglesi e gallesi nella pastorale con i cattolici non praticanti. Il primo appuntamento si è tenuto il 12 novembre scorso a York, presso la English Martyrs Church, e ha visto la partecipazione di 140 persone che hanno condiviso momenti di preghiera e riflessione. I prossimi appuntamenti sono previsti il 4 febbraio a Birmingham, il 3 marzo a Crawley, il 28 aprile a Westminster e il 23 giugno a Cardiff. L’iniziativa rientra in un più ampio progetto triennale dei vescovi pensato per sviluppare la pastorale e la sensibilizzazione sull’argomento. Il progetto culminerà nel 2013 con la pubblicazione di un rapporto dettagliato. Da rilevare, inoltre, che il ciclo d’incontri guarda anche al prossimo Sinodo dei vescovi sulla Nuova evangelizzazione, in programma nell’ottobre 2012. Nei Lineamenta dell’Assemblea, infatti, si legge che “è tempo di nuova evangelizzazione anche per l’Occidente, dove molti che hanno ricevuto il battesimo vivono completamente al di fuori della vita cristiana e sempre più persone conservano, sì, qualche legame con la fede, ma ne conoscono poco e male i fondamenti”. (L.Z.)

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    Usa: finanziamenti alla Commissione sulla libertà religiosa prorogati fino al 16 dicembre

    ◊   I membri della Commissione degli Stati Uniti sulla libertà religiosa nel mondo (Uscirf) proseguiranno le attività fino al 16 dicembre. Potranno farlo con un fondo provvisorio incluso nel decreto per sovvenzioni urgenti approvato dal Congresso la settimana scorsa. Il provvedimento – riferisce l’agenzia cattolica Cna – è stato preso in attesa che venga sbloccato l’iter della legge per la copertura delle spese della Commissione per il prossimo biennio. I vescovi degli Stati Uniti sono intervenuti più volte per chiedere di rinnovare i finanziamenti all’organismo governativo, che pubblica ogni anno un rapporto sulle condizioni di discriminazione delle comunità religiose nel mondo. All’inizio del mese, il presidente del Comitato episcopale sulla giustizia e la pace internazionale, mons. Howard James Hubbard, aveva affermato che il blocco delle attività della Commissione sarebbe stato un segnale di disimpegno degli Stati Uniti su questo delicato fronte. L’Uscirf è stata istituita nell’ambito dell’International Religious Freedom Act (Irfa), adottato dal Congresso e firmato dall’allora presidente, Bill Clinton, nel 1998. Oltre a proclamare che il rispetto della libertà religiosa ovunque nel mondo costituisce uno degli obbiettivi della politica estera americana, prevede anche la creazione di una serie di organismi che hanno lo scopo di monitorare il rispetto di tale libertà nei vari ordinamenti. (L.Z)

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    Sud Sudan: il presidente Kiir chiede alla Chiesa collaborazione per pace e stabilità nel Paese

    ◊   Una più stretta collaborazione tra il governo e la Chiesa in Sud Sudan per gettare solide basi di pace e stabilità nel nuovo Stato, indipendente dallo scorso 9 luglio. È l’auspicio espresso domenica dal presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, durante una cerimonia per il giubileo d’argento della diocesi di Yei, nella regione dell’Equatoria centrale. Alla celebrazione hanno partecipato tutti i vescovi del Paese. Secondo un comunicato del governo, ripreso dall’agenzia Apic, Kiir ha elogiato il vescovo della diocesi, mons. Erkolano Lodu Tombe, per il suo impegno a favore dell’unità, della pace e della riconciliazione nella provincia, mettendo in guardia tutte le forze che vogliono destabilizzare il Sud Sudan. Intervenendo alla cerimonia, mons. Paulino Lukudu Loro, arcivescovo di Juba e presidente dei vescovi sud sudanesi, ha presentato la ricorrenza dell’anniversario della diocesi di Yei come un miracolo nella storia della Chiesa nel nuovo Stato. Ha inoltre annunciato che i vescovi chiederanno al Santo Padre la creazione di altre diocesi nel Paese. Attualmente, il Sud Sudan conta una arcidiocesi e sei diocesi suffraganee, mentre il Nord Sudan, in maggioranza musulmano, conta un'arcidiocesi e una diocesi. Dopo l’indipendenza, i vescovi hanno deciso di mantenere un’unica Conferenza episcopale con due segreterie indipendenti a Khartoum e a Juba. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Convegno al Gemelli di Roma delle donne cattoliche operatrici sanitarie

    ◊   Docenti dell'Università Cattolica del Sacro Cuore (Uscs), dottoresse, giovani specializzande, studentesse, infermiere professionali e volontarie della Croce rossa italiana si confronteranno nel convegno “Medicina ed etica in rosa. Protagoniste femminili delle professioni sanitarie del mondo cattolico a confronto”. Un incontro al femminile aperto a tutti che si terrà il primo dicembre alle 15 nell'aula Brasca del Policlinico universitario Gemelli di Roma. Il seminario, patrocinato dell'Associazione medici cattolici italiani, sarà uno scambio di esperienze, conoscenze, energie e valori tra chi sui principi etici e morali cattolici fonda la propria professione e la propria vita. I lavori del convegno, ideato da Leda Galiuto, cardiologa e docente dell’Università Cattolica del Sacro cuore, avranno come segno distintivo la naturale capacità delle donne di “prendersi cura”. L'obiettivo del seminario, curato da Barbara Piazzini e da Alessia Rabini, entrambe fisiatre e docenti Ucsc, è creare un osservatorio permanente ed una raccolta di progetti per facilitare le donne nella professione. (G.C.)

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    Missionaria irlandese premiata per l’impegno verso i malati di Aids

    ◊   Suor Miriam Duggan, della contea di Limerick in Irlanda, è stata premiata dallo University College di Cork per la sua dedizione ai malati di Aids/Hiv e per l’impegno nella lotta alla pandemia in Africa. Laureata in medicina e missionaria francescana delle Sisters for Africa, la religiosa ha lavorato in Uganda come responsabile medico del St. Francis' Hospital, Nsambya, a Kampala. Nel 1987, ha lanciato il programma di prevenzione Youth Alive, per affrontare le cause principali della diffusione dell’HIV e aiutare i giovani a fare scelte responsabili per non contrarre l’AIDS. Grazie a questo programma, il numero dei contagi in Uganda è diminuito. Il progetto, riferisce l'agenzia Fides, è stato promosso anche in altri 21 Paesi africani. In Uganda, nel 2002 il tasso di prevalenza di Aids ha fatto registrare un calo dal 28,9% al 9,8%. (G.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    L'Onu accusa il governo siriano di atrocità contro la popolazione

    ◊   La pubblicazione del rapporto Onu sui crimini del governo siriano accentua le divisioni nella comunità internazionale circa l’atteggiamento da tenere nei confronti di Damasco. Stati Uniti, Unione Europea e Turchia hanno chiesto nuovamente la fine delle violenze. Mosca, invece, ha ribadito la sua contrarietà ad ogni ultimatum alla Siria. Il servizio di Marco Guerra:

    “Crimini di guerra, inclusi uccisione, tortura, stupro o altre forme di violenza sessuale. E ancora prigionia, sparizioni forzate e altri atti inumani", avvenuti “in diversi luoghi del Paese dal marzo 2011”. Accuse come queste vengono diffuse ogni giorno su internet dai comitati d’opposizione siriani, ma questa volta sono state messe nero su bianco dalla commissione internazionale d'inchiesta sulla Siria istituita dalle Nazioni Unite. Nel documento di 40 pagine, basato sulle testimonianze dirette di 223 persone tra vittime, testimoni e disertori delle forze di sicurezza, si accerta anche l’assassinio di 256 bambini. L’organismo punta il dito contro i vertici del governo e dell’esercito che avrebbero dato l'ordine di “sparare e di maltrattare i civili”. E anche ieri le cronache dei dissidenti hanno riferito di 15 vittime in diverse parti del Paese. Sul terreno non sembra dunque cambiare la situazione, nonostante le sanzioni della Lega Araba varate domenica e il pressing di Usa e Ue che ieri sono tornate ad invocare la fine immediata delle violenze. Da Bruxelles fanno inoltre sapere che è stata raggiunta un'intesa per un inasprimento delle misure restrittive contro Damasco. Fortemente critica, ma contraria ad un’azione militare, resta la Turchia. Tuttavia, la Siria gode ancora dell’appoggio incondizionato di Mosca. Il ministro degli esteri russo Lavarov ha espresso, infatti, la netta contrarietà ad ogni ipotesi di nuove sanzioni ed ha invitato a mettere fine agli ultimatum rivolti al governo di Damasco.

    Iran, assalto all’ambasciata britannica
    Decine di manifestanti hanno fatto irruzione nell'ambasciata britannica a Teheran nel corso di una protesta contro le nuove sanzioni imposte da Londra contro il programma nucleare iraniano. I giovani hanno scavalcato il cancello d'ingresso e, dopo aver lanciato sassi contro le finestre, hanno dato fuoco alla bandiera britannica, issando al suo posto quella della Repubblica Islamica. Solo domenica il Parlamento iraniano, aveva approvato una legge per il declassamento delle relazioni diplomatiche con Londra e ieri il Consiglio della Rivoluzione ha dichiarato lecita l'espulsione dell'ambasciatore britannico, Dominick Chilcott.

    Egitto
    Si sono riaperti, stamani, i seggi per la seconda giornata di voto del primo turno delle legislative in Egitto. Ieri le operazioni elettorali - che hanno fatto segnare un’affluenza record, con code chilometriche ai seggi - si sono svolte nella calma, nonostante le tensioni di piazza dei giorni scorsi. Il complesso sistema elettorale proseguirà nelle diverse regioni del Paese fino ai primi mesi del 2012. Il nuovo Parlamento - che secondo alcuni componenti del Consiglio militare non avrà il potere di sfiduciare il prossimo governo o i singoli ministri - sarà però chiamato a scegliere i cento componenti dell'Assemblea che riscriverà la Costituzione egiziana. Stamani, comunque, le contrattazioni finanziarie alla borsa del Cairo sono state sospese per circa mezz'ora, per eccesso di rialzo. In queste consultazioni, definite le prime vere elezioni libere del dopo Mubarak, si sfidano militari, islamici, rivoluzionari di piazza Tahrir, ex fedelissimi di Mubarak che ora si presentano come “indipendenti”. Sul panorama politico egiziano, Giada Aquilino ha intervistato Massimo Campanini, docente di Storia dei Paesi islamici all’università di Trento:

    R. – In ognuna di queste forze vi sono ulteriori frastagliamenti. Per esempio, il fronte islamico è tutt’altro che unito ed esistono almeno due coalizioni al suo interno: l’una egemonizzata dai Fratelli Musulmani e l’altra egemonizzata dai partiti salafiti. E come vi sono delle moltiplicazioni all’interno del fronte islamico, così anche l’opposizione laica e secolare, che deriva in parte da quelli che erano i partiti di opposizione all’epoca di Mubarak e in parte da nuove formazioni politiche sorte dalle lotte sociali e civili degli ultimi anni, è composta da una polifonia di orientamenti politici. Questo è da una parte molto interessante ed è un bene, perché indubbiamente esprime la pluralità della stessa società egiziana, ma dall’altra parte potrebbe essere un male, perché manca la sintesi, manca un organismo partitico che possa porsi veramente alla guida delle trasformazioni in Egitto. A meno che questo ruolo non venga svolto nel caso vincessero con una buona maggioranza - maggioranza relativa e non credo assoluta – i Fratelli Musulmani nel prossimo futuro.

    D. – Giustizia e Libertà dei Fratelli Musulmani è il partito dato come favorito. Si è detto che sono stati distribuiti sacchetti di zucchero tra la popolazione con il simbolo dello schieramento. Che segnale è?

    R. – E’ un segnale che va ricondotto alla classica politica dei Fratelli Musulmani, fin dalla loro fondazione nel 1928, cioè lavorare profondamente nel sociale. L’aspetto fondamentale anche del consenso che i Fratelli Musulmani hanno riscosso in questi anni, a livello popolare, è proprio per il fatto che hanno garantito un welfare e un aiuto sociale, sanitario, educativo laddove lo Stato non arrivava. C’è un aspetto che mi viene in mente di quando si parlava anche in Italia di coloro che compravano i voti regalando chili di pasta. E’ una cosa che potrebbe sembrare simile perché, indubbiamente, ci sono degli elementi di paternalismo, degli elementi di “corruzione” all’interno di questo sistema; però è anche un modo caratteristico di comportarsi e di rapportarsi da parte dei Fratelli Musulmani nei confronti delle necessità della gente.

    D. – Sul fronte islamico in questi mesi si è parlato del pericolo di una deriva. Ci sono rischi?

    R. – Esiste, di fatto, un pericolo o comunque la possibilità di una frantumazione e di una deflagrazione interna dei Fratelli Musulmani, proprio perché c’è una molteplicità di voci, di correnti, di giovani, di gente della vecchia guardia, di esponenti più progressisti, di esponenti più conservatori all’interno del movimento islamista, che possono cercare di trarlo dalla loro parte. La deriva potrebbe essere, d’altra parte, intesa nel senso che una volta che i Fratelli Musulmani fossero andati al potere, non saprebbero o non vorrebbero in realtà conservare le regole del gioco democratico, ma cercare di imporre uno Stato islamico. Io credo che la strategia che i Fratelli Musulmani hanno condotto in tutti questi anni – una strategia di legittimazione all’interno del quadro politico egiziano – li condurrà comunque a scegliere, almeno dal punto di vista procedurale, le regole della democrazia. E’ chiaro, comunque, che i Fratelli Musulmani sono un movimento conservatore. (ap)

    Il Pakistan boicotta la conferenza sull’Afghanistan
    Il governo del Pakistan ha deciso ufficialmente di boicottare la Conferenza internazionale di Bonn sull'Afghanistan in segno di protesta per l'attacco Nato di sabato sul suo territorio che ha causato la morte di 25 soldati pachistani. Secondo il primo ministro pachistano Yousuf Raza Gilani, il boicottaggio del vertice è "una questione di onore nazionale''. Un responsabile dell'ufficio stampa militare a Rawalpindi ha rincarato la dose affermando l'attacco della Nato alle due postazioni pachistane “è stato voluto”.

    Congo elezioni
    Ieri la Repubblica Democratica del Congo si è recata alle urne per rinnovare il parlamento e la carica del capo dello Stato. Le operazioni di voto sono state segnate da alcune violenze scaturite dall’intolleranza per le lunghissime attese e gli attacchi fra schieramenti opposti. Due poliziotti e una donna sono stati uccisi nella città di Lubumbashi, mentre a Kananga i cittadini per protesta hanno dato fuoco ai seggi. I primi risultati provvisori verranno resi noti soltanto il 6 dicembre.

    Economia Europa
    Ennesimo appuntamento oggi a Bruxelles per i ministri economici dell’Eurogruppo, chiamati a definire i dettagli per rendere operativo il piano di incremento del Fondo salvastati. Sul Vecchio Continente la pressione degli Stati Uniti, che lunedì sono tornati ancora a chiedere di stringere i tempi temendo le ripercussioni sulla propria economia della crisi europea. Anche l’atteggiamento delle società di rating è un invito a fare in fretta. Standard & Poor’s è pronta a mutare l’outlook sulla Francia in negativo. Un primo passo verso la perdita della tripla A. Intanto in Italia c’è preoccupazione per le previsioni negative dell’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, sulla crescita nel 2012. Per il Paese dovrebbe essere un anno di recessione con il Prodotto Interno Lordo in calo di mezzo punto percentuale.

    Strage di Oslo, Breivik considerato incapace di intendere e di volere
    Anders Breivik non può essere considerato legalmente responsabile della strage di Oslo del 22 luglio scorso, perché al momento dell'attacco, che provocò la morte di 77 persone, era incapace di intendere e di volere. Secondo quanto riferiscono i media norvegesi, è quanto hanno stabilito gli psichiatri incaricati di effettuare una perizia sul pluriomicida 32.enne. La perizia deve ancora essere esaminata da una commissione medica legale e spetterà comunque al giudice decidere se Breivik sconterà la pena in un istituto di cure psichiatriche. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 333

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.