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Sommario del 26/11/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai vescovi Usa: la Chiesa prosegua nell’impegno contro gli abusi sessuali e faccia sentire la sua voce nella società
  • Il Papa agli operatori della salute: Giovanni Paolo II modello della sofferenza vissuta per amore di Dio e del mondo
  • Nominati i nuovi nunzi in Irlanda e Georgia
  • Il Papa nomina i nuovi vescovi di Breda e Teggiano-Policastro
  • Concerto in Vaticano offerto al Papa dal Principato delle Asturie
  • Visita degli esperti di Moneyval in Vaticano
  • Il cardinale Erdö: tra le cause della crisi economica, la questione antropologica; l'uomo non è una cifra
  • Il cardinale Simonis compie 80 anni
  • Le due porte dell’Africa: l’editoriale di padre Federico Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Filippine. Pellegrinaggio in ricordo di padre Tentorio, forse identificato il mandante del suo assassinio
  • Giornata Onu di solidarietà al popolo palestinese, iniziativa di "Pax Christi" a Lecco
  • Giornata nazionale del morbo di Parkinson, in Italia 300 mila i malati
  • La Croce della Gmg nel carcere di Civitavecchia. Mons. Marrucci: i detenuti si aprano alla speranza del Crocifisso risorto
  • Giornata Nazionale per la Colletta Alimentare in Italia
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Regno Unito. Mons. Nichols: il piano di austerità del governo inglese colpisce i più deboli
  • La speculazione finanziaria si abbatte sull’Africa
  • India. Il cardinale Gracias: la Chiesa sostiene l’emancipazione degli oppressi
  • Elezioni in Slovenia. I vescovi: partecipare in vista del bene comune e la promozione dei valori cristiani
  • I vescovi dell'America Centrale: il Vangelo vince povertà, violenza e corruzione
  • Vienna, al cardinale Tumi il premio per l’integrità nella lotta alla corruzione
  • Corea del Nord: Acs lancia un’offensiva spirituale per far rinascere la fede nel Paese
  • Aperta a Parigi l’86ª edizione della Settimana Sociale di Francia
  • Paesi anglofoni: entra in vigore la nuova traduzione inglese del Messale Romano
  • Università Lateranense: nasce l’Area di ricerca e studi interdisciplinari per lo sviluppo della cultura africana
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Egitto ancora violenza: proteste contro il nuovo premier indicato dai militari
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai vescovi Usa: la Chiesa prosegua nell’impegno contro gli abusi sessuali e faccia sentire la sua voce nella società

    ◊   L’impegno della Chiesa per sanare la ferita degli abusi sessuali e la sfida della nuova evangelizzazione: questi i temi forti del discorso di Benedetto XVI ad un gruppo di vescovi degli Stati Uniti, ricevuti stamani in udienza in occasione della visita “ad Limina”. Si tratta del primo gruppo di presuli statunitensi ai quali il Papa rivolge un discorso, dopo il viaggio apostolico in America nel 2008. Il Papa ha incoraggiato i vescovi a difendere la verità e ad offrire una parola di speranza agli americani in un tempo di radicali cambiamenti sociali. L’indirizzo d’omaggio è stato rivolto dall’arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale Usa, mons. Timothy Dolan. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Benedetto XVI ha iniziato il suo intervento tornando al contesto del suo viaggio apostolico negli Stati Uniti del 2008. Il Papa ha ricordato che quella visita aveva l’intento di “incoraggiare” i cattolici americani, “dopo lo scandalo e il disorientamento causato dalla crisi degli abusi sessuali”:

    “I wished to acknowledge personally…”
    “Ho voluto – ha detto il Papa – rendermi conto personalmente delle sofferenze inflitte alle vittime e degli sforzi sinceri compiuti sia per assicurare la sicurezza dei nostri bambini sia per affrontare in modo trasparente e adeguato” le accuse di abusi. “E’ mia speranza – ha soggiunto – che gli sforzi coscienziosi della Chiesa nell’affrontare questa realtà aiutino” tutti “a riconoscere le cause e le conseguenze devastanti degli abusi sessuali e a rispondere efficacemente a questo flagello che colpisce ogni livello della società”:

    “By the same token, just as…”
    Allo stesso modo, ha osservato il Pontefice, così come dalla Chiesa si pretende giustamente che vengano rispettate delle norme di comportamento al riguardo, “tutte le altre istituzioni, senza alcuna eccezione, dovrebbero essere tenute” a rispettare le stesse misure. Ha così rivolto il pensiero ad un altro tema forte del viaggio apostolico negli Stati Uniti: la sfida della nuova evangelizzazione, “alla luce di un cambiamento radicale dello scenario sociale e religioso”. Il Papa si è soffermato sulla sfida della “crescente secolarizzazione della società”:

    “I consider it significant, however…”
    “Considero significativo – ha confidato – che ci sia un’accresciuta attenzione, sul futuro delle nostre società democratiche, da parte di tanti uomini e donne, a prescindere dalle loro visioni politiche e religiose”. Si riconosce, ha soggiunto, “una preoccupante rottura nelle fondamenta intellettuali, culturali e morali della vita sociale”, specialmente tra i giovani alle prese con “vasti cambiamenti sociali”:

    “Despite attempts to still the Church’s…”
    “Nonostante i tentavi di far tacere la voce della Chiesa nello spazio pubblico – ha ammonito – molte persone di buona volontà continuano a guardare alla sua saggezza, al suo discernimento e alla sua valida guida nel confrontarsi con questa crisi di ampia portata”. Per questo, il momento presente, ha detto, può essere visto “in termini positivi” come un’occasione per “esercitare la dimensione profetica” del ministero episcopale. Ha quindi incoraggiato i vescovi a parlare, “con umiltà ma anche con perseveranza, in difesa della verità morale”, offrendo “una parola di speranza capace di aprire i cuori e le menti alla verità che ci rende liberi”:

    “The obstacles to Christian faith and practice…”
    “Gli ostacoli alla fede e alla pratica cristiana posti da una cultura secolarizzata – ha poi constatato – incidono anche sulla vita dei credenti, portando a volte ad un ‘velato attrito’ nei confronti della Chiesa”. Immersi nella cultura secolarizzata – ha proseguito – i credenti sono “assediati quotidianamente dalle obiezioni, dalle questioni problematiche e dal cinismo di una società che pare aver perso le sue radici”. Ancora sono assediati da “un mondo nel quale l’amore verso Dio si è raffreddato in molti cuori”. Ecco allora, ha detto il Papa, che l’evangelizzazione non è “solo un compito da portare all’esterno”. Noi stessi, ha riconosciuto, “siamo i primi ad aver bisogno” di essere re-evangelizzati.

    Nella parte conclusiva del suo discorso, Benedetto XVI ha elogiato i vescovi americani per i progressi fatti individualmente e come Conferenza episcopale nell’affrontare queste sfide. Frutti, ha aggiunto, che si sono visti nei recenti documenti sull’impegno dei fedeli nella società e sull’istituzione del matrimonio. Ed ha ribadito che “l’importanza di queste espressioni autorevoli” devono “essere evidenti a tutti”. Infine, ha messo l’accento sull’implementazione della traduzione del Messale Romano e sul ruolo delle università cattoliche, dove i giovani possono ascoltare chiaramente l’insegnamento della Chiesa e trovare ispirazione dalla bellezza del messaggio cristiano.

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    Il Papa agli operatori della salute: Giovanni Paolo II modello della sofferenza vissuta per amore di Dio e del mondo

    ◊   Il Beato Giovanni Paolo II è stato un testimone assoluto di cosa significhi vivere con “fede ferma” la sofferenza fisica “per amore di Dio, della Chiesa e del mondo”. Lo ha affermato Benedetto XVI, che ha ricevuto stamattina in Vaticano i circa 500 partecipanti alla 26.ma Conferenza internazionale organizzata dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, ispirata al magistero di Papa Wojtyla. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La forza della debolezza. È questo che ha testimoniato Giovanni Paolo II negli ultimi anni della vita, quando la lenta consunzione del suo fisico ha fatto gradualmente affiorare la fibra potente del suo spirito. Quando il graduale smorzarsi della parola ha reso comprensibile oltre ogni eloquenza il magistero della sofferenza vissuta in piena identità alla fede cristiana. È questo “Vangelo della Vita” – come lo ha definito Benedetto XVI – l’ultima, “preziosa eredità” lasciata da Giovanni Paolo II. E alla sapienza di questo insegnamento il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari ha deciso di dedicare quest’anno la propria Conferenza internazionale, che ha visto per la prima volta riuniti a Roma tutti i vescovi incaricati della pastorale della salute. Il Papa ha rimarcato la novità, per poi accostarsi al delicato tema della cura e dell’assistenza ai malati secondo la visione del Vangelo, che è quella che scaturisce dalla sofferenza di Gesù sul Calvario:

    “Il Volto del Salvatore morente sulla croce, del Figlio consostanziale al Padre che soffre come uomo per noi, ci insegna a custodire e a promuovere la vita, in qualunque stadio e in qualsiasi condizione si trovi, riconoscendo la dignità e il valore di ogni singolo essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio e chiamato alla vita eterna”.

    “Questa visione del dolore e della sofferenza illuminata dalla morte e risurrezione di Cristo ci è stata testimoniata – ha osservato il Papa – dal lento calvario, che ha segnato gli ultimi anni di vita del Beato Giovanni Paolo II”:

    “La fede ferma e sicura ha pervaso la sua debolezza fisica, rendendo la sua malattia, vissuta per amore di Dio, della Chiesa e del mondo, una concreta partecipazione al cammino di Cristo fin sul Calvario. La sequela Christi non ha risparmiato al Beato Giovanni Paolo II di prendere la propria croce ogni giorno fino alla fine, per essere come il suo unico Maestro e Signore, che dalla Croce è diventato punto di attrazione e di salvezza per l’umanità e ha manifestato la sua gloria”.

    Ma non fu solo una sensibilità maturata negli anni della malattia quella di Giovanni Paolo II verso gli infermi. Prova ne è l’istituzione, avvenuta agli inizi del Pontificato, del dicastero vaticano per la Salute, creato nel 1985, seguita più avanti dalla nascita della Fondazione “Il Buon Samaritano”, destinata ai malati dei Paesi più poveri. Benedetto XVI ha ricordato tutto ciò è ha aggiunto una riflessione ispirata alla Salvifici Doloris pubblicata da Papa Wojtyla nel 1984, nelle cui parole brilla per intero la ragione cristiana di fronte all’irragionevolezza dell’infermità e della sofferenza:

    “Il mistero del dolore sembra offuscare il volto di Dio, rendendolo quasi un estraneo o, addirittura, additandolo quale responsabile del soffrire umano, ma gli occhi della fede sono capaci di guardare in profondità questo mistero. Dio si è incarnato, si è fatto vicino all’uomo, anche nelle sue situazioni più difficili; non ha eliminato la sofferenza, ma nel Crocifisso risorto, nel Figlio di Dio che ha patito fino alla morte e alla morte di croce, Egli rivela che il suo amore scende anche nell’abisso più profondo dell’uomo per dargli speranza”.

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    Nominati i nuovi nunzi in Irlanda e Georgia

    ◊   È il 52.enne mons. Charles John Brown il nuovo nunzio apostolico in Irlanda. Benedetto XVI lo ha nominato, elevandolo allo stesso tempo alla sede titolare di Aquileia, con dignità di arcivescovo. Il presule, originario di New York, era stato finora officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, incarico ricoperto fin dal 1994. L’approdo in Vaticano è maturato dopo i primi anni di ministero parrocchiale vissuti nel Bronx. Nel 2000, Giovanni Paolo II lo aveva nominato Cappellano di Sua Santità, mentre nel 2009 era giunta la nomina a segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale.

    Il Papa ha quindi nominato nunzio apostolico in Georgia mons. Marek Solczyński, consigliere di Nunziatura, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Cesarea di Mauritania, con dignità di arcivescovo. Mons. Solczyński è nato a Stawiszyn (Polonia) il 7 aprile 1961 ed è stato ordinato sacerdote il 28 maggio 1987. Laureato in Diritto Canonico è entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il 1° aprile 1993, prestando successivamente la propria opera nelle Rappresentanze Pontificie in Paraguay, Russia, presso l'Onu a New York, Stati Uniti d'America, Turchia, Repubblica Ceca e Spagna.

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    Il Papa nomina i nuovi vescovi di Breda e Teggiano-Policastro

    ◊   Il Papa ha nominato mons. Johannes Wilhelmus Maria Liesen, finora vescovo titolare di Tunnuna ed ausiliare di ‘s-Hertogenbosch, vescovo della Diocesi di Breda, nei Paesi Bassi. Mons. Liesen è nato a Oosterhout (diocesi di Breda) il 17 settembre 1960. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso il Seminario Maggiore della diocesi di Roermond a Rolduc. E’ stato ordinato sacerdote il 16 giugno 1984 per la diocesi di Roermond. Dal 1984 al 1985 ha ricoperto l’incarico di vice-parroco a Eygelshoven. Dal 1985 al 1990 ha proseguito gli studi in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico conseguendo il dottorato in Teologia Biblica. Dal 1990 al 2010 è stato professore di Esegesi, Teologia Biblica ed Ebraico e, dal 1996 al 2010, anche bibliotecario presso il Seminario Maggiore di Roermond. Dal 2000 al 2003 ha insegnato pure nel Seminario Maggiore della diocesi di Haarlem-Amsterdam e dal 2001 al 2006 in quello della diocesi di ‘s-Hertogenbosch. Dal 2004 Mons. Liesen è membro della Commissione Teologica Internazionale. Il 15 luglio 2010 è stato eletto vescovo titolare di Tunnuna ed ausiliare del Vescovo di ‘s-Hertogenbosch. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 18 settembre 2010.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo della diocesi di Teggiano-Policastro (Italia) il padre redentorista Antonio De Luca, finora pro-vicario episcopale per la Vita Consacrata nell’arcidiocesi di Napoli. Mons. De Luca è nato a Torre del Greco (arcidiocesi e provincia di Napoli) il 1° luglio 1956. Emessi i primi voti nella Congregazione del Santissimo Redentore il 29 settembre 1973, ha frequentato i corsi filosofici e teologici prima presso i Salesiani di Castellammare di Stabia e poi alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Posillipo, conseguendo la Licenza in Teologia con la specializzazione in Morale. È stato ordinato presbitero a Colle Sant’Alfonso (Torre del Greco) il 5 luglio 1981. Ha svolto i seguenti incarichi pastorali: direttore della Scuola Missionaria Redentorista dal 1981 al 1990; collaboratore parrocchiale della Parrocchia del SS. Crocifisso in Torre del Greco dal 1983 al 1999; prefetto degli studenti di Filosofia e di Teologia a Colle Sant’Alfonso dal 1990 al 1999; superiore della Comunità dello Studentato Redentorista e segretario provinciale della Formazione dal 1993 al 1999; decano del XII° Decanato dell’arcidiocesi di Napoli, direttore della Scuola di Formazione per gli operatori pastorali e docente di Teologia Morale per gli Operatori pastorali dal 1998 al 2003; superiore provinciale della Campania dal 1999 al 2008. Dal 2001 è presidente della C.I.S.M. in Campania e dal 2007 è pro-vicario episcopale per la Vita Consacrata dell’arcidiocesi di Napoli. Dal 2009 è assistente Spirituale dell’Augustissima Arciconfraternita della SS. Trinità dei Pellegrini in Napoli. Ha profuso il suo impegno per l’animazione della missione all’estero (Madagascar e Argentina) dei confratelli Redentoristi. È membro del Collegio dei Consultori e del Consiglio Presbiterale dell’arcidiocesi di Napoli.

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    Concerto in Vaticano offerto al Papa dal Principato delle Asturie

    ◊   Si terrà questa sera alla presenza del Papa, il Concerto dell’Orchestra Sinfonica del Principato delle Asturie, offerto in onore di Benedetto XVI dal Governo del Principato. Diversi i brani in programma, che verranno eseguiti in Aula Paolo VI alle ore 18 sotto la direzione del maestro Maximiano Valdés. Tra gli autori, Manuel de Falla, Richard Strauss e Nicolaj Rimskij-Korsakov. Questa mattina la presentazione in Sala Stampa vaticana. Ci riferisce Linda Giannattasio:

    La “Danza rituale del fuoco” e la Suite n.2 da “Il cappello a tre punte” di Manuel de Falla, i poemi d’amore “Triana” e “Lavapiés” di Isaac Albéniz, entrambi compositori dal ritmo e dal carattere propri delle radici del popolo ispanico, quindi il “Don Giovanni” di Richard Strauss e il “Capriccio spagnolo” di Nicolaj Rimskij-Korsakov, che reinventa a suo modo la musica ispanica. Sono i brani che l’Orchestra sinfonica delle Asturie - la prima orchestra spagnola in Vaticano - offrirà stasera al Papa sotto la bacchetta del maestro cileno Maximiano Valdés. Un programma molto importante, secondo il maestro Valdes:

    “El echo de que el Papa haya...”
    Il fatto che il Papa abbia scelto di essere presente e di accettare questo programma è molto significativo”, ha spiegato il maestro, sottolineando come si tratti di brani festosi, ballabili e romantici, strettamente legati alla musica spagnola, che il Pontefice, attento conoscitore della musica ha selezionato tra quattro diversi programmi.

    Per l’orchestra è un onore e un dono, hanno sottolineato questa mattina Ana Mateo, gerente dell’orchestra e Álvaro Sánchez Rodríguez, della fondazione María Cristina Masaveu Peterson che patrocina l’iniziativa. Lo stesso maestro Valdes, che dopo 16 anni lascerà a breve la direzione di questa orchestra, racconta di aver realizzato il suo sogno:

    “Me preguntò cual sería...”
    Mi chiesero quale sarebbe stato il mio desiderio – spiega con emozione - e senza pensare dissi: un concerto in Vaticano. Un sogno racconta, fin da quando studiava a Roma, al conservatorio di Santa Cecilia e veniva ad ascoltare i concerti in Sala Nervi. Oggi divenuto realtà.

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    Visita degli esperti di Moneyval in Vaticano

    ◊   Si sono tenuti, in Vaticano, dal 21 novembre ad oggi, gli incontri degli esperti di Moneyval, il gruppo del Consiglio d’Europa che si occupa della valutazione dei sistemi antiriciclaggio dei Paesi membri, con i rappresentanti delle autorità vaticane competenti nella materia della prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. La visita in Vaticano degli esaminatori, informa una nota della Sala Stampa della Santa Sede, costituisce un passo nella procedura di valutazione Moneyval, promossa su richiesta della Santa Sede dopo le iniziative assunte per l’adeguamento agli standard internazionali in materia. Il gruppo di esperti legali, finanziari e di law enforcement, - provenienti da diversi Paesi (Federazione Russa, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Liechtenstein) e coordinati dal segretariato di Moneyval – hanno incontrato rappresentanti della Segreteria di Stato, del Governatorato, degli Uffici Giudiziari, del Corpo della Gendarmeria, della Prefettura degli Affari Economici, dello Ior, dell’Apsa, e della neo-istituita Autorità di Informazione Finanziaria. L’esito di questa procedura, conclude la nota, sfocerà nel rapporto finale di valutazione che sarà sottoposto alla discussione dell’assemblea plenaria Moneyval, presumibilmente a metà del prossimo anno.

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    Il cardinale Erdö: tra le cause della crisi economica, la questione antropologica; l'uomo non è una cifra

    ◊   Una rinnovata attenzione alla visione antropologica dell’uomo per affrontare la difficile crisi economica che sta investendo l’Europa. E’ uno dei punti che ieri, dopo l’incontro con il Papa, la presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee) ha toccato in una conferenza stampa che ha concluso la settimana di lavori in Vaticano, convocata nel 40.mo della sua fondazione. Il vice-presidente del Ccee, il cardinale Angelo Bagnasco, ha sottolineato come la crisi economica dipenda dalla mancata relazione tra etica ed economia; mancanza che rischia di sfaldare anche lo Stato. Ma qual è il contributo che le Chiese Europee possono dare in questo momento? Benedetta Capelli lo ha chiesto al cardinale Péter Erdö, presidente del Ccee:

    R. - La Chiesa ha per compito la missione ricevuta da Gesù Cristo. E questo è lo scopo della nostra attività. Anzi, come insegna Paolo VI, proprio l’evangelizzazione è il motivo per cui la Chiesa esiste. Noi abbiamo ricevuto questo mandato dal nostro Signore e questo mandato, se lo eseguiamo fedelmente, renderà anche più felici tutti gli uomini della Terra: è un mandato veramente grandioso. Possiamo così essere a servizio di tutti coloro che cercano di realizzare questa verità preziosa.

    D. - Quali sono, secondo lei, le emergenze in questo momento più importanti che l’Europa deve affrontare?

    R. – Sicuramente la crisi economica, ma io penso che sotto la crisi economica ci sia anche una crisi antropologica. È una questione dei valori; senza una certa visione del mondo non si possono affrontare i problemi e quindi dobbiamo approfondire con coraggio e fede la nostra convinzione sull’uomo. Come ha detto il Beato Giovanni Paolo II, Gesù Cristo ha saputo tutto dell’uomo e ha detto tutto dell’uomo. Quindi dobbiamo partire dalla persona di Gesù Cristo e così tutte le persone avranno nella nostra visione una speciale dignità. Se non mettiamo questo come punto di partenza commettiamo grossi errori perché l’essere umano non è una cifra. (bi)

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    Il cardinale Simonis compie 80 anni

    ◊   Il cardinale Adrianus Johannes Simonis, arcivescovo emerito di Utrecht (Paesi Bassi), compie oggi 80 anni. Nel Collegio cardinalizio, costituito da 193 porporati, i cardinali elettori scendono ora a 111, di fronte agli 82 non elettori. Il cardinale Simonis è stato ordinato sacerdote il 15 giugno 1957 e consacrato vescovo di Rotterdam il 20 marzo 1971 per poi diventare nel 1983 arcivescovo di Utrecht e presidente della Conferenza Episcopale dei Paesi Bassi. Giovanni Paolo II lo ha creato cardinale nel Concistoro del 25 maggio 1985, del Titolo di San Clemente.

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    Le due porte dell’Africa: l’editoriale di padre Federico Lombardi

    ◊   Continua a suscitare commenti e riflessioni il viaggio del Papa in Benin. Una visita dai forti contenuti che ha voluto rilanciare la speranza nel continente africano. In particolare ha destato grande attenzione l’Esortazione apostolica “Africae munus” che raccoglie quanto emerso nel secondo Sinodo per l’Africa. Ascoltiamo, in proposito, il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Subito prima di firmare l’Esortazione apostolica “L’impegno dell’Africa” nella cattedrale di Ouidah, il Papa ha fatto riferimento alle “due porte” che si trovano sulla vicinissima spiaggia della costa atlantica. “La Chiesa in Africa – ha detto – è chiamata a promuovere la pace e la giustizia. La ‘porta del non ritorno’ e quella ‘della salvezza’ ci ricordano questo dovere e ci spingono a denunciare e a combattere ogni forma di schiavitù”. La “porta del non ritorno” era quella attraverso cui passavano gli schiavi prima di essere imbarcati sulle navi negriere, e segnava la definitiva perdita del riconoscimento della loro dignità umana. La “porta della salvezza” è quella edificata più tardi dai cattolici, proprio accanto alla prima, per ricordare che sulla stessa costa erano approdati gli annunciatori del Vangelo di salvezza, che da lì si era diffuso nell’Africa occidentale. Il lato oscuro della storia del continente e il lato luminoso. Il male più ignominioso e la speranza.

    Commentatori non sospetti di parzialità in favore della Chiesa cattolica hanno detto che non esiste oggi un documento più completo e più chiaro sulla situazione e sui problemi del Continente della nuova Esortazione. Un documento che impressiona per il suo realismo e il suo rispetto per la dignità dei popoli africani. Un documento che nasce da una riflessione genuinamente africana, ma integrata nella prospettiva liberatoria dell’annuncio cristiano della salvezza, capace di restare universale e diventare veramente africano, aprendo un orizzonte di impegno per l’avvenire. Un amico giornalista europeo mi confidava commosso: qui in Benin ho sentito che come cattolico appartengo davvero a una comunità universale. Il Papa - perché rappresentante di Cristo - è capo spirituale degli africani non meno che degli europei, ed ha portato loro una grande speranza. L’accoglienza in Benin lo ha dimostrato all’evidenza. Forse ciò meriterebbe una riflessione anche da parte degli occidentali. Non per nulla il Papa vede l’Africa come “polmone spirituale” per l’umanità.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Le cellule staminali adulte tra mito e realtà: in prima pagina, Augusto Pessina su come comunicare i progressi della scienza.

    Nell'informazione internazionale, Pierluigi Natalia e Giuseppe M. Petrone rispettivamente sul voto nella Repubblica Democratica del Congo e in Egitto.

    Mose il partigiano: in cultura, Anna Foa su una pagina di storia della partecipazione ebraica alla Resistenza.

    Manuel Nin ed Eleuterio Fortino riguardo ai primi concili ecumenici e la professione di fede alla luce della Divina liturgia.

    Tra sacrestie e ripostigli con il fiuto di Indiana Jones: Arabella Cifani e Franco Monetti descrivono il nuovo allestimento e il primo catalogo generale del Museo diocesano di Torino.

    Un articolo di Oddone Camerana dal titolo "Trenta personaggi in cerca di Mole": "I Torinesi" aprono un tour editoriale tra le città italiane.

    Sforzi coscienziosi e trasparenti per la lotta agli abusi: nell'informazione vaticana, il Papa al primo gruppo di vescovi statunitensi in visita "ad limina".

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    Oggi in Primo Piano



    Filippine. Pellegrinaggio in ricordo di padre Tentorio, forse identificato il mandante del suo assassinio

    ◊   La Chiesa nelle Filippine ha ricordato ieri durante una Messa a Kidapawan, nell’Isola di Mindanao, padre Fausto Tentorio, il missionario italiano del Pime impegnato nella difesa dei tribali ucciso 40 giorni fa in circostanze ancora da chiarire. Oggi è partito dalla città di Davao un grande pellegrinaggio per chiedere “giustizia” e la fine delle violazioni dei diritti umani nell’isola. A promuovere l’iniziativa è il movimento “Giustizia per Padre ‘Pops’ Tentorio”, che riunisce oltre 50 congregazioni religiose e organismi della società civile e centinaia di sacerdoti, religiose, missionari e attivisti. E proprio oggi è stata diffusa la notizia che la polizia avrebbe identificato il mandante dell'assassinio. Ieri ha partecipato alla Messa in suffragio di padre Tentorio un altro religioso italiano del Pime, padre Gianni Re, da tanti anni missionario nelle Filippine. Emer McCarthy gli ha chiesto cosa abbia detto nell’occasione il vescovo di Kidapawan:

    R. – Durante l’omelia il vescovo ha ricordato che molti e anche giustamente gridano giustizia per padre Fausto ma lui diceva che padre Fausto adesso che non c’è più non ha più bisogno di giustizia, ha bisogno della misericordia di Dio. C’è però bisogno di giustizia per i bambini che sono rimasti, i bambini che lui aiutava per la scuola, e per tutte le persone, soprattutto i popoli indigeni che lui aiutava; lui diceva che è per queste persone che bisogna chiedere giustizia; per padre Fausto, invece, noi preghiamo perché il Signore lo accolga nella sua misericordia.

    D. – Come sacerdote del Pime, come missionario, quanto è difficile portare avanti la missione di padre Tentorio?

    R. – Praticamente è impossibile sostituire padre Fausto, sostituire il suo carisma. Quello che noi possiamo tentare di fare è continuare a portare avanti il lavoro che lui ha iniziato, il lavoro per cui lui ha speso parecchie energie, ha speso tutta la sua vita, e farlo con tutti quelli che sono stati i suoi collaboratori perché le sue iniziative continuino e soprattutto si continui ad aiutare a sostenere le persone per cui lui ha speso tutta la sua vita.

    D. – L’importante è non dimenticare…

    R. – Sì, l’importante è non dimenticare padre Fausto ma soprattutto l’ispirazione, l’energia, la fede che ha sostenuto padre Fausto nella missione che lui ha portato avanti fino a dare la vita. L’unica cosa che vorrei aggiungere è che speriamo, sarebbe bello, che si riesca in qualche modo - so che anche alcuni settori del governo filippino stanno cercando in tutti i modi di fare chiarezza su quello che è successo – a trovare e a capire il perché proprio adesso è successo questo fatto e soprattutto che questo non succeda più per altre persone. (bf)

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    Giornata Onu di solidarietà al popolo palestinese, iniziativa di "Pax Christi" a Lecco

    ◊   Come ogni anno, anche in questo 2011 si celebra in tutto il mondo la Giornata Onu di solidarietà col popolo palestinese, che - dal 1977 - si osserva il 29 novembre. In vista dell’appuntamento, l’organizzazione internazionale per la pace "Pax Christi" tiene oggi a Bulciago (Lecco) il Convegno “Assetati di giustizia”, dedicato al conflitto israelo-palestinese, alle diverse realtà impegnate in Medio Oriente e in particolare alla questione dell’acqua anche nella Striscia di Gaza, dove vige il blocco israeliano. Non a caso è stata scelta la località brianzola: Bulciago è il paese di Vittorio Arrigoni, l’attivista italiano per anni impegnato accanto ai palestinesi, ucciso a Gaza nell’aprile scorso. A Vittorio, “uomo di terra e di mare”, la madre Egidia Beretta Arrigoni, sindaco di Bulciago, dedica il suo intervento al Convegno. Giada Aquilino l’ha intervistata:

    R. – Significa dare voce al grande desiderio che aveva Vittorio e che lui ha interpretato in prima persona: quello di raccontare la Palestina. Lui raccontava soprattutto Gaza. Negli anni precedenti, quando era andato nei Territori, faceva sentire la sua voce, anche se sicuramente non così forte come si è diffusa quando stava a Gaza, durante l’operazione israeliana "Piombo Fuso". Quindi, credo che Vittorio sarà molto contento di questo.

    D. – “Vittorio, uomo di terra e di mare” è il titolo del suo intervento all’iniziativa di "Pax Christi". A cosa l’ha dedicato?

    R. – Parlerò alla fine, perché lascerò che siano altri a parlare di Vittorio, con i suoi scritti, raccontando la sua esperienza, ma raccontando soprattutto quale sia la situazione di Gaza ancora oggi: l’assedio, quindi, e la vita delle persone che lì sono prigioniere e private di quei diritti umani per cui Vittorio ha dato un senso alla sua vita. Lui mi raccontava e si stupiva veramente della grande forza e della dignità di queste persone, che nonostante tutto, per sopravvivere, uscivano in mare o andavano a coltivare miseri campi. Mi faceva, quindi, partecipe di tutto ciò.

    D. – Lei ha raccontato che vi dicevate che “della pace la giustizia è madre e sorella”...

    R. – Ce lo dicevamo perché pure per me questo è un programma di vita. C'è anche un’Enciclica al riguardo. Bisognerebbe che venissero riconosciuti ai palestinesi i diritti di chi vive sulla propria terra: il diritto di muoversi, di lavorare, di studiare, di avere delle case degne. Questa è giustizia. Se si arrivasse a questo, credo che la pace sarebbe proprio a portata di mano.

    D. – Quanto è importante che vadano avanti quelle iniziative e quei programmi di cui Vittorio si occupava?

    R. – E’ importantissimo. Ho capito che forse, se la sua morte ha un significato, è stato proprio quello di far riflettere tantissime persone e cercare di sostenere le iniziative che là si stanno facendo. Io ho tantissimi esempi, perché molti mi scrivono, molti fanno donazioni, molti si interessano proprio in prima persona e vogliono sapere a chi rivolgersi, quali associazioni sostenere, quali Ong o Onlus sostenere. Quindi, è un mandato che Vittorio ci ha lasciato.

    D. – La campagna che ogni anno "Pax Christi" rinnova è dedicata al tema: “Ponti e non muri”. Come è possibile secondo lei costruire ponti e non barriere nei Territori?

    R. – Lo diceva Giovanni Paolo II. Credo che il ponte sia anche spirituale e interiore. Forse pure noi abbiamo dei muri: i muri dell’indifferenza. Per primi andrebbero abbattuti questi muri: credo che il muro dell’indifferenza sia uno dei più solidi. E lo vediamo anche nelle nostre comunità: l’indifferenza verso la persona che viene da altri Paesi. Penso, quindi, che sia un lavoro interiore e concreto. Se si riuscisse a far sì che quel muro dell’apartheid, che ora esiste, non esistesse più, sarebbe una bellissima cosa, anche perché la Palestina è la Palestina, è la terra di tutti o dovrebbe essere la terra di tutti. Poi, certo, l’obiettivo può essere la Palestina, ma possono essere anche tutte le “Palestine” che ci sono nel mondo e Vittorio ne ha incontrate tante nei suoi viaggi come volontario, anche in Africa. (ap)

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    Giornata nazionale del morbo di Parkinson, in Italia 300 mila i malati

    ◊   Si celebra, oggi, la terza Giornata Nazionale della malattia di Parkinson. In Italia, i malati di Parkinson sono circa 300 mila, con un’età d’esordio compresa fra i 59 e i 62 anni, ma è un dato da riconsiderare perché l'insorgenza della malattia si registra sempre di più al di sotto di questa soglia. Un paziente su quattro, infatti, ha meno di 50 anni e il 10 per cento meno di 40 anni. Questo è dovuto al fatto che oggi la scienza è in grado di realizzare una diagnosi ai primi sintomi, quando la malattia è ancora in fase precocissima. Inoltre si ipotizza che, mediamente, rispetto al momento della prima diagnosi, l’inizio del danno cerebrale sia da retrodatare di almeno sei anni. L'immagine, quindi, che la malattia riguardi solo le persone anziane non corrisponde più alla realtà. Che malattia è dunque il Parkinson? Eliana Astorri lo ha chiesto alla dottoressa Anna Rita Bentivoglio, ricercatore di neurologia presso il Dipartimento di Neuroscienze del Policlinico Universitario "Agostino Gemelli" di Roma:

    R. - La malattia di Parkinson è neurodegenerativa e quindi la base neuropatologica è data da una scomparsa precoce di alcune cellule rispetto all’invecchiamento cerebrale. In particolare, si tratta delle “cellule della sostanza nera”: è un nucleo situato nella profondità cerebrale che ha un ruolo cruciale nel controllo del movimento.

    D. - Quali sono le cause?

    R. - Ormai si concorda sul fatto che, pur non essendoci una chiarezza assoluta sulla causa finale del Parkinson, la malattia abbia un’eziologia multi-fattoriale. Probabilmente concorrono dei fattori di predisposizione genetica con l’esposizione a dei fattori tossici ambientali, a volte infettivi o con l’esposizione a pesticidi e a tossine che provengono dall’industria che, insieme, concorrono appunto a creare questo problema.

    D. - Quali sono i sintomi?

    R. - La sintomatologia consiste sostanzialmente in un “tripode”: il sintomo più importante è la mancanza di movimento, il rallentamento, o anche acinesia. Il paziente inizia quindi a diventare lento, e questa lentezza si riflette su tutti gli aspetti del movimento. Intacca, ad esempio, la mimica facciale, che diventa un po’ “povera”: si dice che il paziente affetto dal morbo di Parkinson diventi come un giocatore di poker, non lascia cioè trasparire le emozioni. La scrittura può diventare un po’ più piccola, le mani possono pendolare di meno sui fianchi del corpo durante la deambulazione ed anche il passo può diminuire. Questi sono i sintomi fondamentali, cui va aggiunto il tremore, quello che si riconosce più facilmente perché spesso il paziente con il Parkinson viene identificato come una persona che trema. E’ un tremore a riposo, che spesso è asimettrico, direi anzi quasi invariabilmente asimmetrico: inizialmente colpisce una parte del corpo - più frequentemente una mano o anche una gamba - e poi, man mano, diventa bilaterale. Infine, sopravviene la rigidità. I muscoli tendono a diventare un po’ più rigidi e questa rigidità è di tipo “plastico”: se io muovo passivamente un braccio od una gamba, la rigidità accompagna tutto il movimento, senza fare scatti, come invece si vede in altri tipi di rigidità, come la spasticità.

    D. - Colpisce quindi la parte motoria. Il paziente con il Parkinson è consapevole, vigile?

    R. - Certo. Questa è una domanda molto importante, perché il fulcro sintomatologico della malattia di Parkinson è senz’altro motorio. Negli ultimi anni, però, abbiamo capito con molta chiarezza che c’è un corteo di sintomi non motori che riguardano anche altri organi, come il sistema cardiovascolare, quello gastrointestinale e quello genitourinario, che sono chiaramente importanti. Prenderci cura precocemente anche degli aspetti internistici della malattia permette di offrire al paziente una cura migliore e, di conseguenza, una qualità di vita migliore.

    D. - Quali sono le terapie?

    R. - Le terapie si avvalgono innanzitutto di una terapia sostitutiva: queste cellule che vengono a mancare nel cervello producono una sostanza chiamata dopamina. La dopamina di per sé non possiamo somministrarla al paziente, perché non è in grado di passare la barriera ematoencefalica, di passare cioè quella barriera che protegge il nostro cervello. Va quindi dato un precursore, la levodopa, oppure si possono dare dei farmaci che mimano l’azione della dopamina e che vengono chiamati appunto dopamino-agonisti. Ci sono poi anche altri tipi di farmaci, come gli anticolinergici, gli inibitori di enzimi che degradano al dopamina e che rendono quindi i nostri farmaci e la stessa dopamina endogena più longeva. Insieme all’armamentario farmacologico che possiamo prescrivere al paziente, non dobbiamo dimenticare la riabilitazione: sia la fisioterapia sia la logopedia, che sono molto importanti anche nella fase iniziale della malattia, perché permettono al paziente di dare la migliore performance motoria ed anche di recuperare una parte del controllo sul movimento senza affidarsi solo alle terapie farmacologiche.

    D. - Ci sono delle iniziative in occasione della Giornata nazionale del Parkinson?

    R. - Sì. E’ una giornata in cui tutti i centri che si occupano di questa malattia apriranno le loro porte e metteranno a disposizione le loro risorse umane per rispondere a chiunque voglia venire a fare delle domande, a chiedere informazioni, a prendere contatti e a vedere cosa ogni centro può offrire. (vv)

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    La Croce della Gmg nel carcere di Civitavecchia. Mons. Marrucci: i detenuti si aprano alla speranza del Crocifisso risorto

    ◊   Nuova tappa del pellegrinaggio della Croce della Gmg. Questa mattina è stata accolta dai detenuti della Casa Circondariale di Civitavecchia. I ragazzi del Centro San Lorenzo, accompagnati dal vescovo di Civitavecchia e dalle religiose canossiane, hanno pregato insieme agli ospiti dell’Istituto di pena e raccontato, attraverso le dirette testimonianze, la storia e il significato del simbolo per eccellenza delle Giornate Mondiali della Gioventù. La cronaca della giornata nel servizio di Davide Dionisi.

    Il carcere è il luogo straordinario per conoscere l’uomo, nel suo mistero di bene e di male. E’ un ambiente che non offre grandi risultati ma che riempie di senso il servizio e il ministero di chi vi opera. E questo lo abbiamo verificato ancora una volta oggi, nel penitenziario di Civitavecchia, dove è entrata per la prima volta la Croce della Gmg. Accompagnata dal vescovo, mons. Luigi Marrucci, dal cappellano di Rebibbia, padre Roberto Fornara e dai ragazzi del Centro San Lorenzo, il simbolo per eccellenza delle Giornate Mondiali della Gioventù ha varcato le imponenti mura dell’Istituto di pena della cittadina della provincia di Roma ed è stata accolta e portata in spalla, durante la cerimonia della Via Crucis, dai suoi ospiti. Un evento che anticipa di fatto la visita pastorale del Santo Padre alla Casa Circondariale “Nuovo Complesso di Rebibbia” in programma per il 18 dicembre prossimo. Ci ha spiegato perché, mons. Luigi Marrucci:

    “La presenza di una croce, senza il Crocifisso, ci fa pensare al Signore che è vivo, che è presente, che cammina con noi. E poi, ci dice anche che dobbiamo prendere ogni giorno la nostra croce e portarla insieme a lui. Il Cireneo è l’uomo che va dietro a Gesù, è il discepolo che va dietro al Maestro. Ecco: siamo invitati anche noi a fare così. In qualche modo, vorremmo augurare agli amici di Rebibbia che incontreranno il Santo Padre, di aprirsi alla speranza di sapere che c’è un Signore risorto, vivente, Gesù, che ci accompagna, ma anche tanto amore da parte di tanti fratelli che hanno bisogno e ai quali dobbiamo dare senso di speranza, senso di vita, affetto, cordialità, incoraggiarli sempre”.

    Ma perché in una situazione come è quella delle nostre carceri, è sempre più difficile trovare spazi per il cappellano e per la comunità cristiana esterna, e garantire il diritto dei detenuti alla professione, alle attività complementari e a praticare la propria fede? Ancora mons. Marrucci:

    R. – Le cause sono due. La prima: non sempre si trova un sacerdote disponibile a fare il cappellano delle carceri. Con fatica ne ho trovato uno e l’ho nominato una settimana fa, per questa casa circondariale. L’altro, poi, dipende dall’organizzazione interna, dalla carenza degli agenti di custodia o comunque delle persone che debbono sorvegliare e quindi si fatica. Però, la presenza del sacerdote è sempre un punto di riferimento e mi ha fatto piacere che alcuni ospiti della Casa mi abbiano detto: “Ma il prete non me lo manda?”. Ho detto loro: viene, e viene carico di amore, di attenzione per voi, che sia davvero un fratello più grande che dà una mano per rileggere la propria vita, battersi il petto, anche, perché tutti abbiamo bisogno di invocare misericordia da Dio; ma soprattutto, di rilanciare speranza.

    D. – Una pastorale carceraria, se vuole essere veramente incisiva, non può non prescindere dal binomio carcere-territorio. Se non c’è questo binomio, ovviamente fallisce il recupero e il reinserimento del detenuto nella società. Come potenziare, secondo lei, tale impegno?

    R. – Con questo carcere è stato un tantino più difficile; con l’altro di via Tarquinia c’è un progetto che ormai da tempo si sta attualizzando. Lì, il cappellano ha creato una rete per cui molti detenuti, o durante le giornate o in certi periodi dell’anno, escono e insieme alla Caritas sono stati fatti dei progetti. Quindi, c’è un inserimento nel territorio e un avvio, anche, piano piano, per essere reinseriti pienamente nella società. Sono dei tentativi che si fanno; dovremmo valorizzarli ancora di più. Chiediamo alle istituzioni una maggiore attenzione. Da parte della Chiesa, c’è il nostro contributo nel nome del Signore, a dare una mano a recuperare e ad incoraggiare sempre.

    Quali sono le difficoltà quotidiane che deve affrontare un direttore di un carcere? Risponde Silvana Sergi, direttrice del carcere di Civitavecchia:

    R. – Credo che siano quelle di chiunque debba guidare una comunità, una comunità articolata, una comunità in cui ci sono operatori, utenti, i detenuti … una realtà molto, molto variegata e molto sfaccettata e, soprattutto, ai limiti della società.

    D. – Dalle precarie condizioni sanitarie ai limitati percorsi di reinserimento lavorativo, la distanza tra il carcere e il mondo è sempre più ampia e i dati riguardo ai suicidi è sempre allarmante. Come risponde Civitavecchia?

    R. – Io credo che gran parte del lavoro per migliorare tutto questo dipenda da noi. Se noi lo facciamo in rete, lo facciamo in sinergia, lo facciamo insieme alla Asl, insieme alla città, insieme alle istituzioni cittadine, queste distanze si accorciano sempre di più. Con il coinvolgimento, con la trasparenza, con la rete, con una comunicazione onesta, reale, queste distanze naturalmente si accorciano.

    D. – Tra recupero del condannato e sicurezza dei cittadini può esserci sinergia, o c’è solo contrapposizione?

    R. – No: c’è solo sinergia, perché proprio il recupero del detenuto è la sicurezza della società e la sicurezza del cittadino. Se non c’è recupero non c’è sicurezza: è inevitabile.

    D. – Che significato ha un evento come quello di oggi, cioè la Croce della Gmg tra i detenuti?

    R. – Quello di oggi è un evento preziosissimo. Intanto, è un momento di riflessione in una vita frenetica anche in carcere: questo è un dono, un dono prezioso. Un momento di riflessione su tutta la nostra realtà: per noi, per gli operatori, per i detenuti ed è un momento di incontro di fede.

    Come si può annunciare Cristo in un contesto in cui la libertà umana, materiale e a volte psicologica viene meno? Padre Roberto Fornara, cappellano di Rebibbia:

    R. – La prima condizione credo che sia proprio quella di annunciare la libertà che viene da Cristo, cioè la libertà che viene da un cuore capace di amare, che scopre di essere amato personalmente, con le parole di San Paolo “Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per me”. Non c’è libertà se non libertà che parte dalla persona; non c’è libertà se non nell’esperienza concreta di sentirsi amati, di sapersi amati così come siamo. Se ogni persona scopre in Cristo l’amore troppo grande del Padre – per usare ancora un’espressione di San Paolo nella Lettera agli Efesini – scopre anche nascere da sé quella libertà di perdonare, la libertà di donarsi, la libertà di servire, di scegliere l’ultimo posto … la libertà, in fondo, di amare a sua volta e di essere strumento di misericordia. E questa libertà che si allarga a macchia d’olio e che costruisce spazi, segmenti di libertà, dove questa libertà invece è costretta.

    D. – Tra i suoi compiti – quelli del cappellano – c’è quello di rompere l’isolamento con il mondo esterno per riportare una finestra aperta, una speranza per ricominciare. Come di riesce, con i limitati mezzi a disposizione?

    R. – Non nascondo che sia una fatica da cui ricominciare a ripartire ogni giorno. Ripartire da ogni storia personale, ripartire da ogni possibilità concreta … grazie a Dio si sta attuando una buona collaborazione con i sacerdoti, le religiose, i volontari, il diacono permanente, con la struttura direzionale del carcere. Soltanto quando c’è questa sinergia anche con gli educatori, con i volontari, soprattutto con la direzione, è possibile interessarsi non a iniziative concrete, a iniziative singole, particolari, ma alla persona in quanto tale. Quindi, ripartire sempre dalla persona nella sua concretezza, quindi partendo dalle sue esigenze, da quel problema concreto, da quella possibilità che si apre … Recentemente, siamo riusciti a fare un pellegrinaggio, per esempio, sui luoghi paolini: una giornata, per coloro che potevano usufruire del permesso di uscita. Ed è stata un’esperienza straordinaria di confronto umano, di fraternità tra gli stessi detenuti, che non si riscontra a volte in tante comunità ecclesiali, in tante comunità parrocchiali o in tante famiglie che si dicono cristiane. Ripartire da questa concretezza, da queste piccole opportunità penso che sia la sfida di ogni giorno.

    D. – Considerato lo stato in cui versano i nostri istituti di pena, possiamo dire che quello del cappellano è diventata una vera e propria missione sociale, prima ancora che religiosa?

    R. – Sì. Anche perché il compito del cappellano in queste condizioni è di portare prima di tutto umanità là dove questa umanità viene ferita, calpestata, distrutta, sfidata. Non nascondo che a volte nei nostri Istituti di pena ci sono condizioni veramente disumane: di degrado umano, psicologico, sociale … Portare Cristo significa prima di tutto riconsegnare l’uomo a se stesso, alla sua dignità. Giovanni Paolo II insisterebbe molto, a questo proposito. Quindi, è un compito di testimonianza, di portatore di umanità, che è lo stesso che portare Cristo e annunciare il Vangelo. (gf)

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    Giornata Nazionale per la Colletta Alimentare in Italia

    ◊   Giunta alla 15.ma edizione si svolge oggi in Italia la Giornata Nazionale per la Colletta Alimentare. Presso una fittissima rete di supermercati è possibile fare la spesa per chi vive in condizioni di povertà. La tradizionale iniziativa del Banco Alimentare nell’ultimo sabato di novembre vede coinvolti quest’anno 120 mila volontari, prevalentemente giovani: solo nel 2010 sono stati più di 5 milioni i consumatori che hanno aderito, per un totale di 9400 tonnellate di cibo donato ad oltre un milione e quattrocentomila poveri. Al microfono di Paolo Ondarza il direttore generale della Fondazione Banco Alimentare Onlus Marco Lucchini:

    R. – La colletta non risolve i problemi del mondo, ma è un incoraggiamento in un momento in cui sembra che solo alcuni grandi potenti possano cambiare le sorti del mondo. Abbiamo visto delle persone, e in particolare una persona anziana, che è venuta a comprare solo un litro di latte: è uscita, comprando due mezzi litri di latte - quindi la sua spesa era quella, non poteva fare altro - ma mezzo litro lo ha portato a casa con sé e l’altro mezzo ce lo ha donato.

    D. – Che cosa si può acquistare recandosi in numerosissimi supermercati e ipermercati di tutta Italia?

    R. – Sì, sono più di ottomila, e se qualcuno vuole può andare sul nostro sito e vedere anche esattamente dove, magari vicino a casa. Si può acquistare olio, scatolame – carne e tonno in scatola, legumi, pelati – e prodotti per bambini, dai biscotti a tutto ciò che ha a che fare con l’infanzia.

    D. – Qualcosa credo sia cambiato in questi 15 anni, ce lo dicono anche i dati Istat: ci sono nuove povertà...

    R. – Oggi sono le famiglie ad avere più difficoltà e quelle con bambini ne hanno ancora di più: sono le famiglie medie, che vivevano con dignità e che per la perdita del lavoro oppure, purtroppo, a causa di una separazione hanno più difficoltà. Non è raro vedere dei mariti che vanno a cena o a pranzo in una mensa per poveri e invece vedere le mogli, magari con i figli, che si rivolgono ad una parrocchia per avere il pacco famiglia. Quindi, sicuramente noi dobbiamo tenere conto di questa realtà. Ma la cosa che più colpisce è che tutti coloro che si coinvolgono nella colletta, ne escono poi nel quotidiano più coinvolti. Proprio oggi un disoccupato ci diceva: “Io sono qua perché mi hanno aiutato e se oggi non ho lavoro, ho però tempo e posso quindi fare qualcosa per chi è come me o sta peggio di me”. (ap)

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa Prima Domenica di Avvento la Liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Gesù invita i discepoli a vegliare perché non sanno quando è il momento: “È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare”. Quindi ribadisce:

    “Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Con un tono martellante, per tre volte si ripete in pochi versetti: Vegliate! Così si apre il nuovo anno liturgico e inizia l’Avvento. Anche le ultime domeniche avevano questa sottolineatura, ma sullo sfondo c’era il ritorno ultimo e glorioso del Signore, re dell’universo. La fine e l’inizio si tendono così la mano, si passano il testimone del richiamo ad una attesa, scrutando i segni dell’arrivo del Veniente. Ma l’orizzonte di senso proclamato dalle altre due letture della Messa della prima domenica di Avvento, dà una tonalità diversa alla pagina evangelica: più che sull’identità del Veniente, l’enfasi è sull’atteggiamento vigile di noi che attendiamo. È come se il Veniente fosse appena accennato, di cui però ha sete il cuore, mentre prima esso dominava la scena, come re e giudice, sposo e pastore. Ora l’attesa è sentita come bisogno che brucia dentro e fa sanguinare : ce ne parlano soprattutto Isaia e il Salmo 79. Ma lo stesso Vangelo ci chiede di fare attenzione, di aspettarci la venuta a qualsiasi ora. È proprio questo stile di attesa, questo non addormentarsi, lo stare all’erta per coglierne la presenza, per gioire, per fare comunione, che orienta subito passi e pensieri. È l’Avvento che si apre: tempo in cui si riprende il cammino, ma non tanto come ritorno da capo, quanto come nuova stagione di fedeltà più matura e generosa. Con occhi aperti e scrutatori, con cuore fiducioso che Dio sempre sorprende, con mani operose e solidali per dare forma e vita alla novità donata.

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    Chiesa e Società



    Regno Unito. Mons. Nichols: il piano di austerità del governo inglese colpisce i più deboli

    ◊   Il piano di austerità e i tagli varati dal governo inglese per ridurre il debito hanno già cominciato a farsi sentire “in modo sproporzionato sulle persone più vulnerabili” e in particolare i giovani e le famiglie che “hanno bisogno del nostro sostegno”. È il monito lanciato dal presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles (Cbcew), mons. Vincent Nichols, durante un ricevimento della “Caritas Social Action Network” (Csan), l’agenzia caritativa dei vescovi, nella sede del Parlamento a Londra. “L’aumento della disoccupazione giovanile, l’emergenza abitativa e l’impatto del debito personale stanno causando stenti e sofferenze per le persone che meno sono in grado di sostenerli”, ha detto ai ministri e parlamentari presenti l’arcivescovo di Westminster che ha denunciato anche la sempre più iniqua distribuzione della ricchezza nel Regno Unito, alludendo agli spropositati bonus di cui continuano a beneficiare i banchieri della City. Dopo avere rilevato che nessuno “può avere dubbi sulla gravità delle sfide che ci attendono nei prossimi mesi e anni”, mons. Nichols ha evidenziato che “è importante affrontare queste sfide correttamente in modo che le decisioni prese in Parlamento sul futuro della sicurezza sociale, della salute e della giustizia penale, siano orientate dall’esperienza di coloro che sono impegnati in prima linea su questo fronte. È in tale contesto che il lavoro di Caritas Social Action Network è importante”, ha aggiunto. È infatti “solo attraverso il rafforzamento delle relazioni tra le organizzazioni che operano nel settore sociale e i membri del Parlamento che plasmano la risposta del Legislatore alle sfide della società che possiamo realizzare insieme un futuro migliore”. Mons. Nichols ha quindi esortato i parlamentari ad utilizzare il loro “patrimonio di conoscenze e di creatività”, riconoscendo il ruolo positivo che può svolgere la Chiesa in questo ambito. “La fede - ha concluso - non è un problema da risolvere, ma una parte importante della soluzione”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    La speculazione finanziaria si abbatte sull’Africa

    ◊   L’attuale crisi finanziaria internazionale sta avendo forti ripercussioni anche nei confronti dei Paesi più poveri dell’Africa. La speculazione internazionale infatti – riferisce l’Agenzia Fides - dopo la crisi dei mutui inesigibili delle abitazioni statunitensi e dopo altri scandali finanziari, sta cercando nuovi sbocchi di investimento. Uno di questi è il mercato delle materie prime agricole. “Dopo la crisi finanziaria del 2008, i grandi fondi di investimento si sono riposizionati sulle Borse delle materie prime alimentari e ottengono profitti speculativi astronomici sulla pelle degli affamati” denuncia a La Croix (18 novembre) Jean Ziegler, ex primo relatore per il diritto all’alimentazione dell’ONU e attualmente vicepresidente del Comitato Consultivo del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Ziegler offre alcune cifre: una tonnellata di grano macinato costa attualmente 266 euro, quando nel 2010 costava 110 euro, il prezzo del mais è aumentato del 93%, mentre tra il 2006 e il 2010 i capitali investiti nelle Borse delle materie prime agricole sono aumentati del 2.300%. Occorre inoltre ricordare che il 75% del commercio dei prodotti alimentari di base (mais, riso e grano) è controllato da 7-8 società multinazionali che dominano il mercato, determinandone i prezzi. La crisi finanziaria ha anche causato una diminuzione delle risorse conferite dagli Stati più ricchi al Programma Alimentare Mondiale (PAM), il cui budget è passato da 6 miliardi di dollari nel 2008 a 3,2 miliardi del 2011. Nel frattempo si profila per il 2012 una nuova crisi alimentare nel Sahel, dove 6 milioni di persone sono a rischio fame a causa della forte siccità che ha investito la regione. La maggior parte dei Paesi dell’area, fortemente indebitati, non ha le risorse economiche necessarie per acquistare sui mercati internazionali le derrate alimentari, i cui prezzi, come detto, sono in forte aumento, a causa soprattutto della speculazione finanziaria. Un altro aspetto dell’impatto micidiale in Africa della speculazione finanziaria è rappresentato dai cosiddetti “fondi avvoltoio”, che comprano sottoprezzo le obbligazioni dei Paesi in via di sviluppo, vicini al default, per poi passare all'incasso con tutti i mezzi possibili, anche portando i debitori in tribunale. Diversi di questi debiti sono di Paesi africani come il Congo Brazzaville, la Repubblica Democratica del Congo e lo Zambia. I primi 26 “fondi avvoltoio” (su 35) sono riusciti a raccogliere 1 miliardo di dollari dai Paesi più poveri del mondo e si aspettano di ricevere altri 1,3 miliardi di dollari. “In termini di donazioni pubbliche, l'impatto dei fondi avvoltoio è enorme. Il miliardo di dollari raccolti dai fondi equivale a più del doppio dell’intero budget stanziato dalla Croce Rossa per l'Africa nel 2011. Con un miliardo di dollari si potrebbe finanziare l'intero budget richiesto dalle Nazioni Unite per la carestia in Somalia” scrive The Guardian.

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    India. Il cardinale Gracias: la Chiesa sostiene l’emancipazione degli oppressi

    ◊   “La Chiesa in India è chiamata a contribuire allo sviluppo della nazione adoperandosi per l’emancipazione degli oppressi (dalit, popolazioni tribali e poveri)”. Lo ha detto il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente dei vescovi indiani aprendo a Kochi , in Kerala, i lavori dell’undicesima assemblea del Consiglio Cattolico dell’India (CCI), l’organo consultivo della Conferenza episcopale (Cbci). Il tema dell’assemblea, che vedrà riuniti fino a domani 150 tra vescovi, sacerdoti, religiose e laici dei tre riti in cui è suddivisa la Chiesa indiana, è: “Il ruolo della Chiesa per un’India migliore”. Nel suo intervento introduttivo – riferisce l’agenzia Ucan - il cardinale Gracias, ha sottolineato che: “Non può esserci progresso senza pace” e che “senza giustizia e perdono non vi può essere pace”. Il porporato ha poi rilevato che uno dei principali ostacoli allo sviluppo dell’India è la corruzione esortando quindi ad un maggiore impegno per estirpare questa piaga dalla società indiana. Tra gli interventi della prima giornata di lavori della CCI vi è stato anche quello di mons. George Alencherry, nuovo arcivescovo maggiore della Chiesa siro-malabarese, che ha evidenziato come la globalizzazione e il consumismo abbiano allargato il divario tra ricchi e poveri in India: “I poveri e i dalit sono sfruttati e se non affrontiamo questo problema – ha detto - il Paese non potrà progredire”. Il presule ha quindi sottolineato l’importanza della collaborazione con le altre comunità religiose in questo ambito. Il tema dell’assemblea, nel corso della quale i partecipanti scambieranno esperienze, riflessioni e proposte, sarà anche il titolo della prossima assemblea plenaria biennale dei vescovi indiani nel 2012. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Elezioni in Slovenia. I vescovi: partecipare in vista del bene comune e la promozione dei valori cristiani

    ◊   Di fronte alle prossime elezioni politiche (4 dicembre 2011), i vescovi sloveni hanno pubblicato una lettera in cui affermano che il voto è “il momento più importante nella vita di una società democratica. Si tratta, in effetti – si legge nel documento - dell'unica occasione in cui, come cittadini, decidiamo direttamente del nostro futuro. Per questo motivo la partecipazione alle elezioni e la scelta responsabile e ponderata dei candidati giusti sono un importante obbligo morale, che scaturisce dalla nostra corresponsabilità per il benessere materiale e spirituale di tutti gli abitanti della Slovenia”. Per questo i presuli invitano tutti “a partecipare in modo affidabile alle elezioni ed a votare saggiamente” ricordando quanto affermato dal Concilio Vaticano II: “Si ricordino perciò tutti i cittadini del diritto, che è anche dovere, di usare del proprio libero voto per la promozione del bene comune˝ (GS 75,1). “Dalle ultime elezioni politiche – rilevano i vescovi - la situazione in Slovenia si è fortemente modificata ed è peggiorata. Ci troviamo in una profonda crisi economica e morale. Anche per questo motivo è molto importante soppesare accuratamente la propria scelta e dare il proprio voto a quel partito politico, dal quale possiamo attenderci che rispetti e faccia valere i valori fondamentali e gli elementi-chiave per un nostro avvenire migliore. Innanzitutto – si osserva - si tratta di uno Stato di diritto, che faccia valere in maniera conseguente il principio della giustizia e dell’onestà, e che crei le condizioni di un solido sviluppo economico con nuovi posti di lavoro ed una giusta ripartizione dei beni. Abbiamo bisogno di uno Stato democratico, che rispetti la vita e la dignità umana, che protegga la famiglia, che consacri la dovuta attenzione all’educazione della gioventù ai valori sui quali si fonda una vita onesta e felice, e che si preoccupi della solidarietà verso le persone nel bisogno e nella prova, e di un ambiente sano. Come cattolici – proseguono i vescovi sloveni - saremo anche attenti al fatto di eleggere dei deputati che riconoscono l’importanza dei valori cristiani nella società e che hanno dimostrato nel loro ambiente di essere degni della nostra fiducia. Anche qui vale la parola di Gesù: ‘Dai loro frutti li riconoscerete’ (Mt 7,16). Infine – conclude il documento - non possiamo tralasciare le parole conosciute e sempre attuali del beato vescovo Anton Martin Slomšek: ‘Ancora una volta vi dico: votate saggiamente, scegliere bene; come vi farete voi stessi il letto, così dormirete’”.

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    I vescovi dell'America Centrale: il Vangelo vince povertà, violenza e corruzione

    ◊   Un messaggio di fede e di speranza, nel mezzo dell’oscurità e delle incertezze della storia. È quello lanciato dai vescovi del Centro America riuniti dal 21 al 25 novembre scorsi nella Valle degli Angeli, in Honduras, per l’Assemblea ordinaria Annuale del Secretariato Episcopale dell’America Centrale (SEDAC). I presuli, nel tratteggiare il loro pensiero, hanno scelto di richiamare l’attenzione dei sacerdoti ma anche dei fedeli e di tutti i centroamericani su tre significative parabole. La prima è quella del grano e della gramigna, attraverso la quale i vescovi hanno invitato a riconoscere come grano buono l’amore per la vita, anche se vissuto in un clima di allarmante violenza in tutte le sue forme: dalla malavita organizzata al narcotraffico, dalla violenza comune a quella subita in famiglia. Quindi un accenno alle tante difficoltà del tessuto sociale centroamericano come la povertà, la corruzione, la violazione dei diritti umani, problemi che rompono l’armonia sociale, ai quali però – spiegano i vescovi - si contrappone il forte e presente valore della famiglia. I presuli hanno quindi ricordato la parabola del granello di senape, con la quale Gesù insegna che il Regno di Dio non si raggiunge necessariamente attraverso le grandi azioni, esortando tutti a riconoscere con allegria i segni della vita ecclesiale che nel loro piccolo danno molto frutto. I presuli hanno infine richiamato la parabola del seminatore, attraverso la quale Gesù vuole combattere lo sconforto di chi non vede risultati immediati esortandoci a proclamare sempre la Parola di Dio senza mai perdere la fiducia nella sua efficacia trasformatrice. Di qui l’invito dei vescovi affinché la Chiesa centroamericana non smetta di seminare con ardore missionario il seme del Vangelo e l’esortazione a tutto il popolo di Dio perché accolga con fede la sua Parola. (L.G.)

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    Vienna, al cardinale Tumi il premio per l’integrità nella lotta alla corruzione

    ◊   Un impegno costante nella lotta alla corruzione. Sono le motivazioni con le quali il cardinale camerunense Christian Tumi Wiyghan ha ricevuto lo scorso giovedì a Vienna il premio dell’integrità conferitogli dalla ONG Transparency International (TI). "A 81 anni, il cardinale Tumi è riconosciuto da tutti come un simbolo della resistenza etica e morale in Camerun", si legge nel comunicato inviato all’agenzia AFP da Transparency International-Camerun. “Né il richiamo all’ordine né alcuna minaccia di morte – spiega l’associazione - hanno mai minato la sua schiettezza e la sua azione per la verità, la giustizia e il rispetto dei diritti umani in Camerun". Lanciato nel 2000, infatti, il Premio di TI vuole proprio rendere merito a quei cittadini che “hanno mostrato coraggio nell'opporsi in modo significativo alla corruzione”. Nel settembre del 2009 il cardinale Tumi aveva già ricevuto il Premio Cardinale Von Galen dalla ONG Human Life International in riconoscimento di quasi mezzo secolo di pastorale per la famiglia. Ordinato nel 1966, dal 2009 divenne arcivescovo emerito di Douala, capitale economica del Paese. Tra i suoi progetti c’è ora un libro sull'etica nel suo Paese. Suo anche il volume "I miei fedeli: un Camerun da rimettere a nuovo", all’interno del quale un lungo capitolo è dedicato proprio al fenomeno della corruzione, definita "un cancro" nella società camerunese. Nel 1998 e nel 1999, infatti, il Camerun è stato percepito come il Paese più corrotto del mondo, secondo i dati di Transparency International che fa sapere come il livello di corruzione resti tuttora molto alto. (L.G.)

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    Corea del Nord: Acs lancia un’offensiva spirituale per far rinascere la fede nel Paese

    ◊   Oggi, dato il regime che nega ogni libertà personale, inclusa la libertà religiosa, non è possibile inviare aiuti materiali ai fedeli cristiani presenti in Corea del Nord. “Solo l'azione di Dio, sollecitato dalle preghiere, può aiutare i cristiani sul posto, sia praticamente che spiritualmente”, afferma l’opera “Aiuto alla Chiesa che soffre” (ACS), che promuove progetti e aiuti per i fedeli cristiani che soffrono in molti paesi del mondo. Per questo, come riferito a Fides, la sezione francese di ACS ha lanciato una “una grande offensiva spirituale” per mostrare vicinanza e solidarietà ai fedeli cristiani in Nord Corea. Si tratta di pregare e di offrire Sante Messe per quelli che il regime considera “avversari pericolosi”. Da oltre 50 anni, nota ACS , la dittatura cerca di sradicare la fede cristiana, applicando la detenzione o l’esecuzione immediata per i fedeli. I pochi scampati dai campi di concentramento descrivono atrocità e torture. Dal 1953, 300.000 cristiani sono stati assassinati o internati in campi di concentramento. Tutti i preti e i missionari sono stati espulsi. Nonostante tutto, la fede è sempre presente, radicata nel cuore di un gruppo di seguaci: “Non hanno nessun prete, nessun Sacramento, sono armati solo di poche Bibbie, perché possederne una è punibile con la morte”, rimarca ACS. “Ma lo Spirito continua a soffiare dove vuole” e la speranza resta viva ricordando il caso del Giappone: qui, dal XVI al XVIII secolo, nonostante forti persecuzioni, la vera fede era stata tramandata di generazione in generazione, e senza clero, per oltre 300 anni.

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    Aperta a Parigi l’86ª edizione della Settimana Sociale di Francia

    ◊   Si è aperta ieri a Parigi nel ricordo di piazza Tahrir, al Cairo, l’86ª edizione della Settimana Sociale di Francia. Fino a domani – riferisce l’Agenzia Sir - oltre 3500 partecipanti, riuniti al Parc Floral di Parigi, si confronteranno sul tema “La democrazia, un'idea nuova". Jérôme Vignon, presidente delle Settimane sociali di Francia (Ssf), organismo promotore dell’incontro, aprendo i lavori, ha sottolineato come l’entusiasmo dei giovani egiziani - che chiedono libertà, giustizia e una democrazia realmente rappresentativa, fondamento delle istituzioni occidentali - “non ci chiede solo solidarietà ma ci interpella sul modo in cui abbiamo saputo far vivere o meno una simile eredità in questi ultimi decenni segnati da pace e prosperità”. Una riflessione che coinvolge a pieno la vita politica francese, attesa nei primi mesi del 2012, dalle elezioni presidenziali. “Il prossimo ciclo della vita politica francese – ha affermato Vignon – dovrà innovare e fornire indicazioni sul modo in cui le persone possono partecipare, oltre gli obblighi cui sono tenuti per legge, alla progettazione e all'attuazione delle riforme”. Per questo motivo è in programma anche una sessione sul tema del contratto democratico cui parteciperanno i candidati alle presidenziali 2012. Secondo il filosofo Paul Thibaud, “la democrazia ha come fondamento l’uomo e le sue relazioni con gli altri uomini, anche se di diverse culture e religioni. Dobbiamo avere un’apertura fiduciosa all’umanità – ha detto - per rispondere positivamente alla chiusura dettata dall’individualismo”: è questo “il terreno sul quale lavorare insieme per risanare la democrazia e restituirle dignità attraverso un nuovo pensare e agire politico”. Tre giovani, in rappresentanza dei loro coetanei, hanno posto delle domande al filosofo a partire da quella sulla solidarietà “come strada maestra verso una democrazia partecipativa”. “Dobbiamo credere in un impegno comune pur nella diversità – ha detto il filosofo – e a considerare il perdono e la riconciliazione come scelte che sono dimensioni spirituali ma anche politiche. Solo con questa convinzione possiamo rompere il cerchio dell’individualismo e inaugurare una stagione di fraternità che non subisce con rassegnazione o paura una società complessa ma la apre alla speranza che è un valore cristiano ma è anche un dono da offrire alla società e alla politica in momenti di crisi come sono gli attuali”. In questa prospettiva, ha aggiunto Thibaud, “i giovani hanno molto da esprimere nella loro responsabilità e con la loro creatività”. L’ex governatore della Banca di Francia ed ex direttore generale del Fondo monetario internazionale Michel Camdessus ha detto che “i cambi al governo in Grecia e in Italia rappresentano motivi di speranza per uscire fuori dalla crisi attuale ma soprattutto la ricomposizione del gruppo dei tre, Germania-Francia-Italia che auspicano una riforma costituzionale da fare insieme e che permetterebbe di rafforzare la credibilità europea”. I motivi per sperare in una soluzione positiva della crisi economico-finanziaria che attanaglia l’Europa, secondo Camdessus, ce ne sarebbero diversi ma c’è un’urgenza indifferibile, improcrastinabile, che risponde al nome di fiducia. Inoltre, “non potranno esserci sacrifici o misure strutturali efficaci – dice - se questi non saranno equi e se non terranno conto delle diverse condizioni sociali”. “Giustizia, sostenibilità e solidarietà”, pertanto, sono ingredienti fondamentali per ricostruire quella “fiducia necessaria ad uscire dalla crisi”. “Siamo davanti alla crisi più grave che l’Europa abbia mai vissuto dalla Seconda guerra mondiale – afferma senza mezzi termini l’economista – avvolta com’è da una spirale di disperazione che la rende incapace di uscirne. Si tratta di una crisi congiunturale, che nasce dal passato e che poggia sul ritardo con cui abbiamo messo in atto delle misure di riallineamento e che ora sono più pesanti da prendere in un contesto mondiale attuale in cui sono molti i paesi chiamati ad applicare misure di aggiustamento per riparare al debito”. Alla crisi congiunturale si sovrappone quella dei valori che deriva dall’indebolimento di due pilastri europei, ovvero “la democrazia sociale del mercato e la democrazia partecipativa”. “La democrazia sociale del mercato è il luogo dove applicare una democrazia fondata su valori come la solidarietà, il sostegno, la giustizia e l’efficacia economica a favore dei più deboli. L’altro pilastro è la democrazia partecipativa: l’Europa è stata fondata sulla base di un modello di partecipazione del cittadino. Ora venuto meno questo elemento ci accorgiamo che le Istituzioni europee non hanno la forza per prendere misure dure e fare le riforme necessarie”. “Non è un lavoro di pochi mesi ma di anni” avverte l’economista che ripete: “questa crisi non è solamente frutto del debito o della valutazione dell’euro sul mercato dei cambi; essa è legata anche al problema del ruolo del cittadino nell’Ue. Una pista per uscire dalla crisi è, dunque, quella di ritrovare i fondamenti democratici di un’Europa chiamata a riprendere il suo ruolo nel mondo. Ruolo che non potrà mai ricoprire senza la partecipazione attiva dei suoi cittadini”.

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    Paesi anglofoni: entra in vigore la nuova traduzione inglese del Messale Romano

    ◊   Con l’inizio del nuovo anno liturgico, la nuova traduzione inglese del Messale Romano viene formalmente adottata per la Celebrazione Eucaristica in parrocchie e istituti di diversi Paesi anglofoni, tra cui Gran Bretagna, Irlanda, Canada e Stati Uniti. Libri d’altare e “messalini”, freschi di stampa, riportano l’edizione rivista della Terza Edizione Tipica del Messale, la cui presentazione generale o “Proemio” entrerà anche in uso lo stesso 27 novembre, con i relativi aggiornamenti. Il nuovo Ordinamento contiene preghiere per la memoria di santi canonizzati di recente, prefazi aggiuntivi per le Preghiere Eucaristiche, ulteriori Messe votive e preghiere per varie necessità e circostanze, rubriche aggiornate per la celebrazione della Messa; è anche da rilevare l’ampio apparato musicale per il canto gregoriano incluso nei volumi d’altare del nuovo Messale. Una lettura attenta del testo può cogliere la dimensione geografica della cattolicità, rappresentata da santi e martiri di tutto il mondo e dalle intenzioni di preghiera per le diverse esigenze: unità dei cristiani, evangelizzazione dei popoli, santificazione del lavoro umano, progresso dei popoli, tutela della giustizia e della pace. Dal punto di vista storico, il Messale conserva la preghiera liturgica della Chiesa nei suoi due millenni di storia, avendo recepito nelle diverse epoche i materiali più significativi e caratteristici della spiritualità del momento, in costante attenzione alla tradizione e all’insegnamento della Chiesa di Roma come modello di unità per la pratica liturgica. Apparso per la prima volta nel 1570, dopo il Concilio di Trento, il Missale venne tradotto nelle diverse lingue nazionali negli anni successivi al Vaticano II, in attuazione del rinnovamento liturgico voluto dai Padri Conciliari, che auspicavano una più attiva partecipazione del Popolo di Dio e una maggior consapevolezza del mistero celebrato e del suo significato nella vita del singolo e della Chiesa. Nelle lettere inviate nei mesi scorsi ai rispettivi fedeli diocesani, i vescovi dei Paesi interessati invitano ad accogliere la nuova pubblicazione come strumento di approfondimento e rafforzamento della fede; la traduzione aggiornata considera il contesto di quanto la liturgia comunica, l’evoluzione semantica delle parole, il destinatario della celebrazione, consentendo una migliore comprensione del testo liturgico. Oltre agli elementi di novità precedentemente segnalati, le nuove istruzioni circa la postura dei fedeli durante la Messa consentiranno di seguire il rito in modo più ordinato e rispettoso, così da contribuire alla dignità del culto e al raccoglimento dell’assemblea. (A cura di Marina Vitalini)

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    Università Lateranense: nasce l’Area di ricerca e studi interdisciplinari per lo sviluppo della cultura africana

    ◊   Alla Pontificia Università Lateranense è nata ieri la nuova Area di ricerca e studi interdisciplinari per lo sviluppo della cultura africana. Sorta per accogliere ed approfondire le sollecitazioni emerse dalla II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi dell’Ottobre 2009, l’area intende andare incontro al fabbisogno della Chiesa d’Africa nei termini di personale qualificato e responsabile, soprattutto a livello laicale, per preparare cristianamente e umanamente, formatori e professionisti responsabili in tutti i campi. Per questi motivi l’Area si avvarrà del contributo di tre facoltà dell’Università Lateranense – diritto canonico, filosofia e teologia – articolandosi in due dipartimenti: quello delle scienze umane e sociali e quello degli studi giuridici avanzati per lo sviluppo dell’Africa. “Abbiamo scelto di concentrare il nostro lavoro accademico anche sull’Africa – spiega il rettore dell’Ateneo, il vescovo Enrico dal Covolo – cercando di rispondere al grido di dolore, e insieme di speranza, che sale dal continente e dalle sue Chiese. La massiccia presenza di nativi africani in quella che a titolo speciale è l’Università del Papa, e la collaborazione già avviata, a vari livelli, con numerose istituzioni universitarie e culturali del continente, sono stati altri fattori decisivi”. Nell’occasione è stato promosso alla Lateranense un convegno cui hanno partecipato il cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Salaam (Tanzania), il cardinale Robert Sarah, arcivescovo emerito di Conakry (Guinea), presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum nonché dell’Area di ricerca, il cardinale Bernard Agré, arcivescovo emerito di Abidjan (Costa d’Avorio), il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e mons. Barthélemy Adoukonou, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura.

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    24 Ore nel Mondo



    In Egitto ancora violenza: proteste contro il nuovo premier indicato dai militari

    ◊   Il capo della diplomazia dell'Ue, Ashton, chiede che cessino le violenze in Egitto. Stamani, un manifestante è morto durante scontri con la polizia. Si protesta contro la nomina del nuovo premier, Kamal Ganzouri, decisa dal Consiglio supremo delle forze armate ieri. Ganzuri è un ex premier e ex ministro di governi del passato. La sua nomina viene contestata, anche se ha subito cercato di rassicurare tutti che non sarà alle dipendenze dei militari. Resta il fatto che la tensione è alta in Egitto a due giorni dalle elezioni presidenziali, confermate per lunedì 28. Tra l’altro, Reporter senza frontiere chiede ai media di non inviare giornaliste, dopo i diversi e gravissimi episodi di violenza sessuale perpetrati contro professioniste di emittenti internazionali. Il servizio di Giovanni Cossu:

    La nomina del nuovo primo ministro egiziano da parte del Consiglio militare non ha avuto l’effetto sperato di calmare i manifestanti. Negli scontri davanti al Consiglio dei ministri egiziano, una persona è morta colpita da un proiettile durante la carica della polizia e un’altra è deceduta dopo essere stata investita da un mezzo delle forze dell’ordine. Già ieri migliaia di persone si erano ritrovate in Piazza Tahrir per esprimere il loro "no" a Ganzouri. Il nuovo premier - nonostante sia considerato da tempo fuori dai giochi di potere - per tre anni ha guidato l’esecutivo durante l’era Mubarak. In seguito a queste violenze, oggi il capo della diplomazia dell'Ue, Catherine Ashton, è intervenuta per chiederne la fine. Ma la situazione in Egitto è drammatica anche per i giornalisti, in particolare le donne. Infatti, dall’inizio della rivoluzione egiziana si sono verificate una serie di violenze e di aggressioni sessuali a danno di croniste. Lo denuncia Reporter senza frontiere, che invita tutti i mezzi d'informazione internazionali a non inviare giornaliste in Egitto. L'ultimo caso è avvenuto giovedì scorso: una reporter della tv francese France 3, Caroline Sinz, è stata aggredita nella capitale e violentata da un gruppo di uomini nei pressi della piazza Tahrir, in pieno giorno. In precedenza, erano state aggredite una giornalista statunitense e l'editorialista americano-egiziana, Mona al-Tahawy, che ha denunciato violenze sessuali da parte di poliziotti dopo essere stata arrestata durante le proteste.

    Nuove violenze in Siria
    All’indomani dell’ultimatum della Lega Araba alla Siria, scaduto senza la decisione delle sanzioni minacciate, nel Paese non cessa la violenza. Dieci tra militari governativi e membri delle forze di sicurezza fedeli al presidente Bashar al Assad sono stati uccisi nelle ultime ore in Siria, per mano di soldati disertori, nella regione orientale di Dayr az Zor. Nelle ultime settimane, si sono intensificati gli attacchi di disertori contro membri delle forze lealiste. Intanto, l’Onu ha lanciato un appello alla comunità internazionale per l’invio di aiuti ma al momento ha escluso la possibilità di creare corridoi umanitari.

    Libia. Berberi in piazza a Tripoli: protestano per l'esclusione dal governo
    Decine di Berberi libici (Amazigh) sono scesi in piazza ieri a Tripoli per protestare contro la loro esclusione dal nuovo governo. Chiedono inoltre il riconoscimento ufficiale della loro lingua e della loro identità. I berberi costituiscono circa il 10% dei sei milioni di libici. La loro lingua era stata proibita dal colonnello Gheddafi. Sempre ieri, il presidente del Consiglio transitorio libico (Cnt), Mustafa Abdel Jalil, in visita a Khartoum, ha ringraziato il Sudan per le armi e le munizioni inviate attraverso il deserto ai ribelli libici.

    Il nuovo presidente tunisino deciderà su estradizione dell'ex premier di Gheddafi
    La Corte di appello di Tunisi si è pronunciata in favore della richiesta di estradizione in Libia di Baghdadi al-Mahmoudi, ex primo ministro di Gheddafi. Resta da ottenere però il beneplacito del presidente della Repubblica: l'attuale capo di Stato, Foued Mebazaa, si era opposto. Spetterà ora al suo successore, che sarà nominato a giorni, decidere se firmare l'atto. Al momento, l'ex premier è detenuto in Tunisia perché accusato di esservi entrato illegalmente.

    Il Nyt lancia l’allarme: molte Banche si preparano al crollo dell'euro
    Secondo il New York Times, molte banche al mondo si preparano a quello che, fino a poco fa, sembrava impensabile: la disintegrazione dell'area euro. Secondo il quotidiano statunitense, Istituti di credito quali Merrill Lynch, Barclays Capital e Nomura hanno pubblicato decine di rapporti in settimana nei quali esaminano la possibilità di una disintegrazione dell'area euro. Il quotidiano sottolinea anche che invece “le banche in Francia e in Italia non stanno mettendo a punto piani di emergenza perchè hanno concluso che una disintegrazione dell'area euro è impossibile”. Secondo un sondaggio di Barclays Capital, su mille clienti la metà ritiene che almeno un Paese lascerà l'area euro, il 35% ritiene che sarà solo la Grecia e uno su 20 ritiene che tutti i Paesi della periferia dell'Europa usciranno il prossimo anno.

    Belgio, accordo sul bilancio: il re chiede a Di Rupo di formare governo
    Dopo che i negoziatori hanno trovato l'accordo sul budget, dando il via libera alla formazione di un governo, il re ha incaricato Elio Di Rupo, leader socialista, di formare un governo “il prima possibile”. È quanto comunica il palazzo reale in una nota. I negoziatori hanno lavorato tutta la notte, messi sotto pressione dal downgrade di Standard & Poor's. Il premier uscente, Yves Leterme, aveva fatto ieri appello per un accordo prima di lunedì.

    Scontri a Kinshasa in vista delle elezioni
    La polizia antisommossa è intervenuta con il gas lacrimogeno per sedare a Kinshasa gli scontri tra centinaia di dimostranti di opposte fazioni, a due giorni dalle elezioni presidenziali e legislative nel Paese. Gli scontri tra i gruppi rivali sembra abbiano provocato almeno un morto. Nelle prossime ore, il presidente Joseph Kabila e i suoi due principali rivali, Etienne Tshisekedi e Vital Kamerhe, concluderanno la campagna elettorale in comizi che si terranno a poca distanza uno dall'altro. Il servizio da Bukavu di Marina Piccone:

    Chi vincerà, ancora non è chiaro. Ma nel caso di una sconfitta di Kabila, si temono reazioni violente. La campagna elettorale è già stata segnata da numerose violazioni dei diritti umani: manifestazioni dell’opposizione duramente represse, incitamento alla violenza, arresti di oppositori, bande armate prezzolate. Ci sono stati feriti e persino morti, il tutto in un clima di impunità. Anche una vittoria di Kabila, tuttavia, potrebbe provocare un’ondata di proteste basate sull’accusa di brogli elettorali. La situazione è molto tesa, soprattutto nell’est, dove ancora persistono gruppi armati e milizie. Da questo punto di vista, corrono voci secondo cui il potere starebbe già organizzandosi per soffocare sul nascere qualsiasi tentativo di resistenza armata all’est. C’è di che allarmarsi. Nessuno osa fare previsioni. Intanto, per precauzione, le ambasciate di diversi Paesi hanno consigliato i propri connazionali di lasciare il Paese; alcune, come quella svedese, li hanno obbligati. In particolare, l’ambasciata italiana ha dato disposizioni agli italiani presenti a Bukavu di rifugiarsi – in caso di pericolo – nei centri dei missionari saveriani presenti nella città.

    Giustizia e Sviluppo, partito islamico moderato, rivendica la vittoria in Marocco
    Il partito islamico moderato Giustizia e Sviluppo (Pjd) del Marocco ha rivendicato nella notte un'ampia vittoria, oltre le previsioni, alle elezioni legislative di ieri, i cui risultati ufficiali sono attesi oggi. “Il nostro partito supera di gran lunga i suoi rivali nell'insieme del Paese”, ha detto Hassan Lamrani, portavoce della campagna elettorale del Pjd, mentre Lahcen Daodi, numero due del partito, alla Afp ha parlato di un “un maremoto in tutte le grandi città". Il presidente del Pjd, Abdelilah Benkirane, citato dai media svizzeri si è spinto a ipotizzare “tra i 90 e i 100 seggi” sui 395 della Camera dei rappresentanti. Il Pjd è stato finora il primo partito all'opposizione con 48 seggi.

    Elezioni in Gambia, Jammeh rieletto presidente per la quarta volta
    Il presidente del Gambia, Yahya Jammeh, è stato rieletto con il 72% dei voti per il quarto mandato presidenziale. Lo ha annunciato la Commissione elettorale indipendente del Paese africano. Il 46.enne Jammeh, salito al potere con un golpe nel 1994, governerà il Gambia per altri cinque anni. Il suo avversario più forte, l'avvocato sostenitore dei diritti umani, Ousainou Numu Kunda Darboe, del partito Democrazia Unita, ha ottenuto il 17% dei voti. Nei giorni scorsi, i commissari dell'Ecowas, organismo che riunisce 15 Paesi dell'Africa occidentale, avevano denunciato “intimidazioni commesse dal governo ai danni dei gruppi di opposizione”.

    Attacco Nato, muoiono 25 soldati pakistani. L'Isaf promette inchiesta
    Il comandante della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato), il generale John Allen, ha assicurato di voler seguire “con la massima attenzione ed impegno” l'inchiesta che deve determinare la dinamica dell'incidente in cui oggi 25 militari pakistani sono morti durante un attacco di elicotteri Nato in una zona di confine. In un comunicato diramato a Kabul, Allen offre le sue “più sincere e sentite condoglianze alle famiglie e alle persone care di quei membri delle forze di sicurezza del Pakistan che possono essere stati uccisi o feriti”. I vertici dell'Isaf, si dice infine, “restano impegnati a migliorare le relazioni in tema di sicurezza con il Pakistan, compresi il coordinamento e le operazioni lungo le regioni alla frontiera nel nostro impegno comune di lottare contro il terrorismo”.

    Arrestato in Austria ex membro Uck accusato di crimini di guerra contro serbi
    La polizia austriaca ha arrestato ieri Sinan Morina (39 anni), ex membro dell'Esercito di liberazione del Kosovo (Uck). Morina è accusato di crimini di guerra commessi contro civili serbi nella zona di Orahovac nel luglio 1998, durante il conflitto armato con le forze serbe. L'ex membro dell'Uck, su cui pendeva un mandato di cattura internazionale, è stato arrestato il 21 novembre durante i controlli sui passeggeri di un autobus diretto in Germania. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Giovanni Cossu)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 330

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.