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Sommario del 23/11/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'udienza generale: la Chiesa in Africa, protagonista di una nuova stagione di speranza
  • Benedetto XVI saluta una delegazione mista di vescovi cattolici e metropoliti ortodossi
  • Rinunce e nomine
  • Il 18 dicembre il Papa incontrerà i detenuti nel carcere romano di Rebibbia
  • Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici. Il cardinale Rylko: la fede in Dio dà senso alla vita
  • Mons. Vegliò: il turismo, opportunità per avvicinare culture differenti e mezzo di evangelizzazione
  • Un libro ricorda i 50 anni delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Turchia nel segno del Beato Giovanni XXIII
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Yemen. Saleh pronto a firmare la rinuncia, ma scoppia la protesta per le garanzie ottenute dal presidente
  • Maltempo: massima allerta in Calabria e Sicilia dopo i tre morti nel Messinese
  • La morte di tre frati cappuccini e un giovane laico in Tanzania apre un fascio di luce sull’impegno missionario nel mondo
  • Narcotraffico in Messico: dal 2006 oltre 40 mila morti
  • Presentata la 15.ma edizione del Tertio Millennio Film Fest
  • Chiesa e Società

  • In Pakistan tolto il divieto alla parola “Gesù Cristo” negli sms
  • Violenze contro i cristiani in Vietnam
  • Il cardinale Pengo: dall’Africae Munus un nuovo impulso per la pace e la giustizia in Africa
  • Conferenza di Durban sul clima. I vescovi sudafricani: cambiare mentalità e stili di vita
  • Giornata di preghiera per i popoli autoctoni. Messaggio dei vescovi canadesi
  • La Chiesa degli Stati Uniti in prima linea nell’aiuto ai terremotati di Haiti
  • Il patriarca maronita in Libano: le religioni non siano esclusive ma inclusive
  • Convegno Caritas. Mons. Pasini: “Stiamo fabbricando oggi i poveri di domani"
  • Hong Kong: i notiziari parrocchiali promuovono l'evangelizzazione e l’appartenenza ecclesiale
  • Aperta a Beit Sahour una libreria per promuovere la cultura cristiana tra i giovani in Terra Santa
  • A Collevalenza il convegno annuale della Conferenza italiana dei Superiori Maggiori
  • Presepi trentini in mostra a Gerusalemme e Betlemme dal 18 dicembre
  • 24 Ore nel Mondo

  • La Commissione europea: risposte convincenti per far fronte alla crisi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'udienza generale: la Chiesa in Africa, protagonista di una nuova stagione di speranza

    ◊   Benedetto XVI, all’udienza generale di stamani nell’Aula Paolo VI in Vaticano, ha ripercorso le tappe principali del suo viaggio apostolico in Benin, dal 18 al 20 novembre scorsi. La gioia e l’ardore apostolico riscontrato tra i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e i laici – ha detto il Papa – “costituisce un segno di sicura speranza per il futuro della Chiesa in Benin”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il viaggio apostolico in Benin si è rivelato “una toccante esperienza di fede e di rinnovato incontro con Gesù Cristo vivo”. In questa fase cruciale per l’intero Continente – ha detto il Papa – la Chiesa in Africa, con il suo generoso impegno al servizio del Vangelo, “potrà essere protagonista di una nuova stagione di speranza”:

    “In Africa ho visto una freschezza del sì alla vita, una freschezza del senso religioso e della speranza, una percezione della realtà nella sua totalità con Dio e non ridotta ad un positivismo che, alla fine, spegne la speranza. Tutto ciò dice che in quel Continente c’è una riserva di vita e di vitalità per il futuro, sulla quale noi possiamo contare, sulla quale la Chiesa può contare”.

    Una delle immagini indelebili del viaggio apostolico è stata la preghiera sulla tomba di un grande uomo di Chiesa e illustre figlio del Benin e dell’Africa:

    “…L’indimenticabile cardinale Bernardin Gantin, la cui venerata memoria è più che mai viva nel suo Paese, che lo considera un Padre della patria, e nell’intero Continente”.

    Il viaggio in Benin, “un grande appello all’Africa, perché orienti ogni sforzo ad annunciare il Vangelo a coloro che ancora non lo conoscono”, è stato anche un’esortazione, per le comunità cristiane, alla giustizia, alla pace e alla riconciliazione:

    “Questo spirito di riconciliazione è indispensabile, naturalmente, anche sul piano civile e necessita un’apertura alla speranza che deve animare anche la vita sociopolitica ed economica del Continente, come ho avuto modo di rilevare nell’incontro con le Istituzioni politiche, il Corpo Diplomatico e i Rappresentanti delle Religioni”.

    In quell’occasione il Santo Padre aveva posto l’accento proprio “sulla speranza che deve animare il cammino del Continente, rilevando l’ardente desiderio di libertà e di giustizia che, specialmente in questi ultimi mesi, anima i cuori di numerosi popoli africani”:

    “Ho sottolineato poi la necessità di costruire una società in cui i rapporti tra etnie e religioni diverse siano caratterizzati dal dialogo e dall’armonia. Ho invitato tutti ad essere veri seminatori di speranza in ogni realtà e in ogni ambiente”.

    “I cristiani – ha aggiunto il Papa – sono uomini di speranza, che non si possono disinteressare dei propri fratelli e sorelle”. Parole che hanno scandito anche la celebrazione eucaristica domenicale nello stadio dell’Amicizia di Cotonou:

    “E’ stato uno straordinario momento di preghiera e di festa della fede alla quale hanno preso parte migliaia di fedeli del Benin e di altri Paesi africani, dai più anziani ai più giovani: una meravigliosa testimonianza di come la fede riesca ad unire le generazioni e sappia rispondere alle sfide di ogni stagione della vita”.

    Durante questa toccante celebrazione, il Santo Padre ha consegnato ai presidenti delle Conferenze Episcopali dell’Africa l’esortazione apostolica post sinodale Africae munus, testo con le linee fondamentali per il cammino della Chiesa in Africa e destinato ai vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi ed alle religiose, ai catechisti ed ai laici dell’intero Continente africano:

    “Affidando ad essi i frutti della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, ho chiesto loro di meditarli attentamente e di viverli in pienezza, per rispondere efficacemente alla impegnativa missione evangelizzatrice della Chiesa pellegrina nell’Africa del terzo millennio”.

    A tutti il Pontefice ha rivolto l’appello ad essere costruttori instancabili di comunione, pace e solidarietà.

    “Gli africani hanno risposto con il loro entusiasmo all’invito del Papa, e sui loro volti, nella loro fede ardente, nella loro adesione convinta al Vangelo della vita ho riconosciuto ancora una volta segni consolatori di speranza per il grande Continente africano”.

    Il Santo Padre ha poi ricordato di aver toccato con mano “questi segni anche nell’incontro con i bambini e con il mondo della sofferenza”:

    “Nella chiesa parrocchiale di Santa Rita, ho veramente gustato la gioia di vivere, l’allegria e l’entusiasmo delle nuove generazioni che costituiscono il futuro dell’Africa. Alla schiera festosa dei Bambini, una delle tante risorse e ricchezze del Continente, ho additato la figura di san Kizito, un ragazzo ugandese, ucciso perché voleva vivere secondo il Vangelo, ed ho esortato ciascuno a testimoniare Gesù ai propri coetanei”.

    Particolarmente toccante anche la visita al Foyer “pace e Gioia”, gestito dalle missionarie della Carità di Madre Teresa:

    “Mi ha fatto vivere un momento di grande commozione incontrando bambini abbandonati e malati e mi ha consentito di vedere concretamente come l’amore e la solidarietà sanno rendere presente nella debolezza la forza e l’affetto di Cristo risorto”.

    Momento intenso di comunione è stato anche l’incontro con l’episcopato del Benin:

    “Ai vescovi ho rivolto l’invito a porre in atto opportune iniziative pastorali per suscitare nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle comunità e nei movimenti ecclesiali una costante riscoperta della Sacra Scrittura, quale sorgente di rinnovamento spirituale e occasione di approfondimento della la fede”.

    Al termine dell’udienza, Benedetto XVI ha rivolto un cordiale saluto al gruppo degli Zingari della provincia di Tolna, in Ungheria. Il Santo Padre ha infine ricordato “che stiamo vivendo gli ultimi giorni dell’Anno liturgico, che ci invitano a considerare con sguardo di fede il tempo che passa”:

    “Cari giovani, sintonizzate il vostro cammino personale con quello della Chiesa, scandito dalla Liturgia, e preparatevi a vivere il Tempo dell’Avvento come tempo di attesa interiore del Messia nostro Salvatore; cari malati, invocate da Dio il dono della speranza, offrendo per questo anche le vostre sofferenze; e voi, cari sposi novelli, abbiate sempre fiducia nella divina Provvidenza, che guida e accompagna le famiglie cristiane”.

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    Benedetto XVI saluta una delegazione mista di vescovi cattolici e metropoliti ortodossi

    ◊   Benedetto XVI, al termine l’udienza generale, ha salutato una delegazione mista di vescovi cattolici e metropoliti ortodossi che hanno partecipato al 2° Forum Europeo Cattolico-Ortodosso a Rodi lo scorso ottobre, incentrato sul tema Relazioni Chiesa-Stato. La delegazione era accompagnata dalla presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (Ccee) cui il Papa, durante i saluti nel corso dell'udienza generale, aveva rivolto "un sentito augurio" in occasione del 40° anniversario dell'organismo. La delegazione ha consegnato un’edizione speciale degli Atti del Forum tenutosi a Rodi.

    “L’incontro con il Santo Padre - ha dichiarato al termine dell’incontro il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Ccee - conferma la reciproca stima e la volontà della Chiesa Romano Cattolica e delle Chiese Ortodosse in Europa di proseguire a lavorare unitamente per testimoniare insieme il vangelo di Cristo e promuovere la conoscenza e il rispetto dei valori che il cristianesimo è portatore in un’Europa segnata dalla secolarizzazione ed in cerca della sua identità”.

    “Lo scopo di questi momenti di dialogo – ha dichiarato il metropolita Gennadios di Sassima del Patriarcato Ecumenico, riferendosi al Forum di Rodi - non è di discutere questioni teologiche, che vengono trattate ad altri livelli. Il nostro compito è piuttosto di concentrarci sulle questioni antropologiche d'importanza cruciale per il presente e il futuro dell'umanità. Il fine del Forum è di aiutare a definire le posizioni comuni sulle questioni sociali e morali. Impegnandoci in questo scambio, ci aiutiamo l'un l'altro a diventare consapevoli di quanto siano vicine fra loro le nostre rispettive dottrine morali e sociali. Allo stesso tempo, facciamo conoscere al mondo le nostre sollecitudini”.

    Ha partecipato all’udienza anche il metropolita Hilarion di Volokolamsk portando a Papa Benedetto XVI i saluti del Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill

    Una terza edizione del Forum si svolgerà su invito del patriarca di Lisbona, José da Cruz Policarpo, nella capitale portoghese nel giugno del 2012.

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    Rinunce e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Ondjiva (Angola), presentata da mons. Fernando Guimarães Kevanu, per raggiunti limiti di età. Gli succede il rev. Pio Hipunyati, del clero di Ondjiva, professore di latino al Seminario minore e Superiore della Missione Cattolica di Omupanda. Il rev. Pio Hipunyati è nato il 14 novembre 1964 a Ounonge, Municipio di Onamakunde, nella Provincia civile di Kunene (Angola) ed è stato ordinato sacerdote il 5 dicembre 1998, ed è incardinato nella diocesi di Ondjiva.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Guarulhos (Brasile), presentata da mons. Luiz Gonzaga Bergonzini, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Joaquim Justino Carreira, finora vescovo titolare de Cabarsussi ed ausiliare di São Paulo. Mons. Joaquim Justino Carreira è nato il 29 gennaio 1950 a Santa Catarina da Serra, in Portogallo, nella diocesi di Leiria-Fátima. Il 19 marzo 1977 è stato ordinato sacerdote e incardinato nella diocesi di Jundiaí. Il 24 marzo 2005 è stato nominato vescovo titolare de Cabarsussi ed ausiliare di São Paulo e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 21 maggio successivo.

    Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Derry (Irlanda), presentata da mons. Séamus Hegarty, in conformità al canone 401§2 del Codice di Diritto Canonico.

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    Il 18 dicembre il Papa incontrerà i detenuti nel carcere romano di Rebibbia

    ◊   Il 18 dicembre prossimo, quarta Domenica di Avvento, Benedetto XVI si recherà in visita pastorale alla Casa Circondariale Nuovo Complesso di Rebibbia a Roma. Alle ore 10, nella chiesa centrale del carcere dedicata al “Padre Nostro”, il Papa incontra i detenuti e risponde alle loro domande. Prima di lasciare - alle ore 11.30 - la Casa Circondariale e far ritorno in Vaticano per la recita dell’Angelus, il Pontefice benedice un albero che verrà piantato a ricordo della visita.

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    Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici. Il cardinale Rylko: la fede in Dio dà senso alla vita

    ◊   Far riscoprire l’importanza del rapporto con Dio come fondamento della vita e della speranza dei nostri contemporanei e delle nostre società. Con questo intento il Pontificio Consiglio per i Laici dedicherà la sua prossima assemblea annuale al tema “La questione di Dio oggi”. Il dicastero vaticano, che sostiene l’attività dei fedeli laici e delle associazioni e i movimenti nelle diverse realtà del mondo, invita così i suoi membri ad un’analisi sulla situazione della fede e della non credenza oggi nel mondo. Prendendo sul serio il richiamo di Benedetto XVI sul rischio che nella vita di tanti, specie giovani, Dio sia completamente assente o addirittura, sia eclissato “il senso di Dio”. Tre giorni di incontri e dibattiti, a Roma, da domani fino a sabato, con testimonianze concrete di alcuni laici su come cambia la vita se Dio c’è o non c’è. Al cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, Pietro Cocco ha chiesto quale contributo porti la fede in Dio alla vita delle donne e degli uomini di oggi:

    R. - Lei mi domanda cosa la fede aggiunge alla vita dell’uomo... In realtà la fede non è un’aggiunta, un accessorio... La fede è il centro vitale della persona umana. Il rapporto dell’uomo con Dio è determinante per il suo rapporto con se stesso e con il mondo. Escludendo Dio, l’uomo rimane per se stesso un enigma inspiegabile. E’ solo la fede in Dio che dà senso alla nostra esistenza, è dalla fede che nasce “la grande speranza” senza la quale l’uomo non può vivere. Il Papa ci assicura: “Senza Dio i conti sull’uomo non tornano...”. Perciò il nostro compito come cristiani è soprattutto quello di rimettere nuovamente in luce la priorità di Dio nella vita dell’uomo e, non di un dio qualunque, ma di quel Dio che si è rivelato nel volto di Gesù Cristo.

    D. - Questo influirebbe positivamente sulla vita civile e sociale?

    R. - Una delle grandi sfide della post-modernità è la tendenza a rinchiudere Dio esclusivamente nell’ambito della vita privata dell’uomo. Assistiamo, infatti, a vari tentativi di esclusione di Dio e della fede dalla vita pubblica... C’è chi oggi parla di “cristianofobia” ... E la risposta di Papa Benedetto XVI è molto chiara: “Ci sono tanti problemi che si possono elencare, che devono essere risolti, ma che - tutti - non vengono risolti se Dio non viene messo al centro, se Dio non diventa nuovamente visibile nel mondo”. E proprio qui si apre un vasto spazio per una testimonianza cristiana coerente e persuasiva. Questo è il servizio più importante che noi cristiani siamo chiamati a rendere al mondo in cui viviamo.

    D. - C’è un “volto” specifico di Dio che i cristiani dovrebbero conoscere e testimoniare?

    R. - Noi conosciamo il volto di Dio guardando la persona di Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo per la nostra salvezza. È questa l’epifania definitiva del mistero di Dio all’umanità. Noi cristiani siamo chiamati a conoscere e a testimoniare questo Dio, un Dio che si china sull’uomo, che ci viene incontro, un Dio-con-noi. Nella Christifìdeles laici (al n.34) il Beato Giovanni Paolo II ha scritto: “L’uomo è amato da Dio! E’ questo il semplicissimo e sconvolgente annuncio del quale la Chiesa è debitrice all’uomo. La parola e la vita di ciascun cristiano possono e devono far risuonare questo annuncio: Dio ti ama, Cristo è venuto per te, per te Cristo è Via, Verità e Vita!”. A questo punto possiamo domandarci: “E’ questa l’immagine di Dio che traspare dai nostri atteggiamenti e dalle nostre scelte di ogni giorno?”. Abbiamo una grande responsabilità: trasmettere al mondo un’immagine vera di Dio e non un’immagine ridotta, travisata o deformata...

    D. - C’è tuttavia oggi una crisi del senso della vita, per cui i beni materiali, le sicurezze immediate spingono ad un’autosufficienza di fatto tante persone. Si è individualisti anche nel campo spirituale. Le scelte dei cristiani non sono abbastanza credibili?

    R. - All’inizio del suo pontificato Benedetto XVI ha parlato dei vari deserti del mondo e ne ha evidenziato uno in particolare: “Il deserto dell’oscurità di Dio, dello svuotamento dell’anima, senza più coscienza della dignità e del cammino dell’uomo . Oggi neanche tra i battezzati la fede può essere data per scontata... il Papa ci avverte che ci preoccupiamo molto delle conseguenze della fede dei cristiani nella vita sociale, economica, politica, supponendo che questa fede esista. Invece nei nostri tempi questo è sempre meno realistico. Ecco dunque la grande sfida di oggi: riscoprire il valore della fede nella vita di ogni cristiano... riscoprire la bellezza della fede e la bellezza di una vita che si lascia ispirare dal Vangelo. Questo è anche l’obiettivo fondamentale dell’Anno della fede indetto dal Papa nella Chiesa e che inizierà l’11 ottobre dell’anno prossimo. Benedetto XVI precisa: “La fede deve essere ripensata e soprattutto rivissuta oggi in modo nuovo per diventare una cosa che appartiene al presente. Ma non è l’annacquamento della fede che aiuta, bensì solo il viverla interamente nel nostro oggi... Non saranno le tattiche a salvare il cristianesimo, ma una fede ripensata e rivissuta in modo nuovo”.

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    Mons. Vegliò: il turismo, opportunità per avvicinare culture differenti e mezzo di evangelizzazione

    ◊   Il turismo è una grande opportunità di avvicinamento di culture e popoli differenti, ma anche un’irripetibile occasione di dialogo e conoscenza e può diventare un utile strumento di evangelizzazione. Questo il messaggio del presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, mons. Antonio Maria Vegliò, pronunciato oggi a Venezia nel corso dell’incontro “Turismo e avvicinamento delle culture”, che approfondisce i temi della Giornata del Turismo 2011, celebrata a settembre. Il servizio di Roberta Barbi:

    Il viaggio come mezzo attraverso il quale incontrare l’altro ed entrare in contatto con culture diverse, farne esperienza e superare, così, il timore dell’ignoto. Da qui è partita la riflessione proposta oggi da mons. Vegliò alla platea di Venezia, città universalmente riconosciuta come crocevia di culture e quindi cornice ideale dell’incontro “Turismo e avvicinamento delle culture”. L’arcivescovo ha sottolineato come il turismo negli ultimi anni sia diventato sempre più “democratico” e accessibile e come possa essere un’arricchente esperienza di dialogo: “La prima condizione”, però, “è saper ascoltare, voler essere interpellati dall’altro e desiderosi di scoprire il messaggio” che si cela in ciascun monumento, in ogni manifestazione culturale, senza pregiudizi né esclusioni, perché saper viaggiare è anche saper accogliere. A questo proposito, il presule distingue fra tre tipi di atteggiamento che il turista può adottare: il primo è quello del totale isolamento dalla cultura circostante, che trasforma il viaggio in un’esperienza che non dona nulla; la seconda modalità è quella dell’avvicinamento superficiale che a volte sfocia nella generazione di una sottocultura che avvilisce sia il turista sia la comunità che l’accoglie. Infine c’è l’atteggiamento di chi è attento alla cultura del luogo e all’incontro con le comunità. Il presidente del dicastero ha poi tracciato gli obiettivi futuri della Pastorale del turismo: la valorizzazione delle opere d’arte che da sempre costituiscono un’autentica “biblia pauperum”, l’elaborazione di nuovi itinerari che affianchino la proposta religiosa a quella culturale e la formazione spirituale delle guide, viatico di una nuova evangelizzazione. Questa la sfida che la Chiesa deve vincere nella Giornata Mondiale del Turismo, cui la Santa Sede partecipa fin dalla prima edizione, nel 1980.

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    Un libro ricorda i 50 anni delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Turchia nel segno del Beato Giovanni XXIII

    ◊   È stato presentato ieri a Roma il volume “Istanbul, incontro di due mondi”, che celebra il 50.mo anniversario dell’avvio delle relazioni diplomatiche tra Turchia e Santa Sede. Lo studio, promosso dall’Istituto di studi politici S. Pio V e sostenuto delle istituzioni turche, è un tributo alla figura del Beato Angelo Roncalli, delegato apostolico ad Istanbul negli anni precedenti alla sua elezione al soglio di Pietro. Il servizio di Michele Raviart.

    Quando mons. Roncalli entrò per la prima volta nella Cattedrale di Santo Spirito a Istanbul, il 6 gennaio 1935, sapeva che non avrebbe avuto alcun ruolo rappresentativo al di fuori della sua missione spirituale. Ma gli undici anni vissuti da amministratore apostolico del Vicariato nella città sul Bosforo, lo avvicinarono molto al popolo turco. Un’esperienza decisiva nella formazione del futuro Papa Giovanni XXIII, che nel 1960 decise così di avviare formalmente i rapporti diplomatici con la Repubblica turca. Kenàn Gursòy, ambasciatore della Turchia presso la Santa Sede:

    “Da cinquant’anni le relazioni tra Turchia e Santa Sede sono relazioni di pace, di comprensione e di intesa reciproca. La comunità cristiana della Turchia è una comunità molto attiva e vitale. Se abbiamo avuto una storia, l’abbiamo avuta insieme. Non si tratta di una minoranza considerata come proveniente da fuori. Fa parte della nostra società e credo che mons. Roncalli sia stato il simbolo della presenza cristiana in Turchia”.

    “Sono profondamente affezionato al popolo turco presso il quale il Signore mi ha invitato”, scriveva Roncalli nel 1936, e il profondo rispetto per la sua cultura si rispecchiò nell’introduzione della lettura del Vangelo in lingua turca durante la Messa. Una piccola anticipazione di quello che sarebbe stato il Concilio Vaticano II e un passo significativo del dialogo della Chiesa con la Turchia, culminato nel 2006 con il viaggio apostolico di Benedetto XVI. Rinaldo Marmara, portavoce della Conferenza episcopale turca e autore del volume:

    “Il Papa Benedetto XVI ha lasciato una buona impressione di dialogo, cioè di apertura, un volersi avvicinare alle altre religioni, alle altre civiltà, ha continuato cioè quello che ha fatto Giovanni XXIII in Turchia nei suoi dieci anni; ha continuato questo spirito di fratellanza universale e il desiderio di costruire ponti fra le due culture, fra le due religioni”.

    Ad Istanbul, città-ponte per antonomasia, vivono circa quindicimila cattolici che non hanno certo dimenticato l’azione pastorale di Angelo Roncalli, tanto che la via della delegazione apostolica nel quartiere multietnico di Şişli è stata da poco ribattezzata “via Roncalli”. Ma la comunità cristiana talvolta è ancora oggetto di aggressioni, come tristemente ci ricorda la morte di don Andrea Santoro nel 2006. Luigi De Salvia, segretario della sezione italiana di “Religioni per la pace”.

    “Noi abbiamo l’esempio luminoso di don Andrea Santoro, il quale proprio in quella situazione difficile è riuscito a fare un percorso di essenzialità, di approfondimento spirituale, quasi di purificazione spirituale. Il fatto che la sua vita, la sua esperienza si sia conclusa in quel modo tragico non toglie nulla a questo tipo di approccio nuovo, di approccio diverso, che potrà essere disturbato da eventi, che però sono anche di altro tipo, perché poi, in fondo, dietro all’aggressività fondamentalista ci sono paure infinite, paure verso il futuro”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Una nuova stagione di speranza: all'udienza generale Benedetto XVI racconta il suo viaggio in Africa.

    Lacrime e sangue a piazza Tahrir: nell'informazione internazionale, la situazione in Egitto, dove viene denunciato l'uso di gas e proiettili contro i manifestanti.

    Gaudì a Roma è un omaggio a Benedetto XVI: in cultura, il cardinale Lluis Martinez Sistach, arcivescovo di Barcellona, sulla mostra - al Braccio di Carlo Magno in Vaticano - dedicata al geniale architetto della Sagrada Familia di Barcellona, e un'intervista di Silvia Guidi al curatore dell'esposizione, Daniel Giralt-Miracle.

    Nell'eternità è il fine non la fine: la vecchiaia secondo Romano Guardini.

    Un articolo di Marco Beck dal titolo "Un insaziabile cacciatore di gioia": raccolti in un volume alcuni inediti di Luigi Santucci.

    Lievito di nuova consapevolezza: Giulia Galeotti sull'Italia "Una e indivisibile" di Giorgio Napolitano.

    Per raccontare Francesco non bastano due film: Liliana Cavani all'"Umbria International Film Fest".

    Nell'informazione religiosa, il superiore generale dei frati minori, Jose Rodriguez Carballo, sulla formazione alla vita consacrata in un cambio epocale.

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    Oggi in Primo Piano



    Yemen. Saleh pronto a firmare la rinuncia, ma scoppia la protesta per le garanzie ottenute dal presidente

    ◊   Migliaia di persone hanno manifestato oggi a Sana’a, capitale dello Yemen, per protestare contro le garanzie di immunità che saranno concesse al presidente Ali Abdullah Saleh nell’ambito dell’accordo sul trasferimento di poteri al suo vice, Abd-Rabbo Mansour Hadi. L’intesa - proposta in primavera dai Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo, in accordo con l’opposizione yemenita - dovrebbe essere firmata oggi a Riad, dov’è giunto Saleh, dopo oltre 10 mesi di proteste di piazza per chiedere la fine di 33 anni di potere incontrastato del presidente. Il piano, monitorato dall’inviato dell’Onu in Yemen, Jamal Benomar, prevede il trasferimento delle funzioni, ma Saleh rimarrebbe presidente a titolo onorifico per 90 giorni, mentre Hadi sarebbe capo di Stato per due anni: dopo tale scadenza, verrebbero organizzate nuove elezioni presidenziali e legislative. Ma c’è il rischio che, attraverso tale processo, Saleh continui a influenzare il futuro dello Yemen? Al microfono di Giada Aquilino risponde Renzo Guolo, docente di Sociologia dell’Islam all’Università di Padova:

    R. - Sì, questo è il rischio. In effetti, Saleh fino ad ora ha negoziato garanzie per lui e per la sua famiglia: non a caso, appunto, si prevede l’immunità anche per i suoi parenti. Il rischio c’è e non è detto che le manifestazioni di protesta non proseguano nei prossimi giorni, proprio perché questa sorta di uscita “rateizzata” non va certo incontro alle esigenze dei manifestanti e dei movimenti che in questi mesi si sono espressi per la sua uscita di scena.

    D. - L’accordo prevede l’immunità da procedimenti giudiziari per Saleh ed i suoi parenti: a Sana’a i manifestanti sono già scesi in piazza, nelle ultime ore, per chiedere invece un processo per crimini contro l’umanità riguardo alla repressione degli oltre 10 mesi di proteste. A questo punto, che rischi ci sono?

    R. - E’ evidente che non è pensabile che Saleh negozi concessioni di tutti i tipi; nei mesi scorsi, quando è stato curato in Arabia Saudita, avrebbe avuto la possibilità di rimanere fuori dal gioco, ma non ha voluto fare questa scelta perché evidentemente i suoi interessi politici, economici e anche “dinastici” sarebbero stati messi in gioco. Il problema è che un accordo al ribasso può rischiare di aumentare la conflittualità in un Paese che è già diviso, al suo interno, non solo sulla questione del presidente, appunto, ma anche in termini di scontri tra clan e tribù ed è pure minacciato a Sud da altre forze della penisola arabica.

    D. - L’opposizione, che - è stato detto - ha già firmato l’intesa, appare comunque frammentata e non è chiaro quali gruppi abbiano sostenuto il piano di trasferimento dei poteri. Quale panorama politico si prospetta?

    R. - L’opposizione è molto frammentata: ricordiamo che ci sono varie posizioni all’interno e che una parte dell’opposizione è stata raggiunta recentemente anche dal potente capo tribale Sadek al-Ahmar. Si capisce che ci sono inoltre questioni legate alle posizioni da prendere nei prossimi mesi, proprio per ereditare il potere in questo Paese ormai devastato da conflitti interni di grande portata. Il problema vero è che, come abbiamo visto spesso in altre vicende che potremmo ricondurre generalmente a quella che definiamo “primavera araba”, le opposizioni sono sempre unite nella lotta alla cacciata al tiranno, ma hanno pochissime idee su come proseguire nel dopo.

    D. - Oggi lo Yemen che Paese è?

    R. - E’ un Paese diviso, con una grande crisi economica, pesantemente ipotecato dalla presenza di al Qaeda e dalla decisione degli Stati Uniti di combattere duramente questa organizzazione anche in territorio yemenita. E’ un Paese che in qualche modo deve tenere conto della propria posizione in un’area strategica rilevantissima per quanto riguarda sia gli approvvigionamenti energetici, sia il contesto geopolitico regionale, che nei prossimi mesi altre questioni - da un possibile conflitto nucleare iraniano all’esplodere potenziale della protesta anche in altre parti della penisola - potrebbero mettere veramente a rischio. (gf)

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    Maltempo: massima allerta in Calabria e Sicilia dopo i tre morti nel Messinese

    ◊   E’ ancora allerta meteo nel Sud Italia. Il Calabria c’è massima attenzione in 306 comuni. Situazione simile in Sardegna, Puglia e Basilicata. Ma a preoccupare di più è quanto è avvenuto in Sicilia, a Saponara, in provincia di Messina, dove una frana ha provocato tre morti, tra cui un bambino di dieci anni. Una quarta persona, data dapprima per dispersa, è stata salvata dai Vigili del Fuoco. Nella zona è arrivato il capo della Protezione civile Franco Gabrielli. Alessandro Guarasci ha sentito il presidente dell’Ordine dei Geologi di Sicilia, Emanuele Doria:

    R. – Gli eventi sono sicuramente catastrofici. Abbiamo dei dati sulle piogge che rappresentano quasi il bilancio dell’acqua che, normalmente, cade in quelle zone in un intero anno. A Barcellona abbiamo avuto oltre 300 millimetri in quattro ore, a Saponara 100 in un’ora. Queste che vengono dal cielo sono quantità d’acqua davvero impressionanti. Per quanto riguarda la prevenzione sul territorio, possiamo dire che si sta lavorando per attuarla, ma comunque i tempi sono troppo lunghi rispetto alle condizioni atmosferiche e sicuramente non sta sortendo gli effetti voluti.

    D. – Ma c’entra qualcosa il fatto che, nell’area, i torrenti siano stati cementificati e che le colline siano state disboscate?

    R. – E’ il problema principale. Lo sviluppo edilizio incontrollato, che buona parte – se non la totalità - della fascia costiera siciliana ha subìto negli ultimi 50 anni, senza alcuna pianificazione e spesso con un regime di sanatorie che ha mantenuto, in determinati luoghi, costruzioni che non potevano esistere in quelle zone, ha, di fatto, determinato queste situazioni di altissimo rischio. La pioggia è certamente un evento naturale come lo è anche l’alluvione. L’uomo deve conviverci, deve realizzare le condizioni che permettono a questi fenomeni naturali di esplicitare la loro azione senza che diventino un rischio per le vite umane.

    D. – Come dice anche il ministro dell’Ambiente, secondo lei serve, più in generale, in Italia e soprattutto in Sicilia, un piano nazionale di tutela del suolo?

    R. – Sicuramente. Noi abbiamo già dei buoni strumenti normativi. Abbiamo anche un decreto legislativo sulle alluvioni, che ha però dei tempi di attuazione alquanto lunghi. Il problema è che in alcune zone ci sono delle situazioni di rischio, situazioni di cui la popolazione non è informata: ci sono problemi con i piani di sicurezza e nell’informare la popolazione che non sempre si può pensare di costruire dove si vuole e che, in alcuni casi, quelle costruzioni sono fortemente a rischio. Il nostro territorio sta mostrando tutte le sue fragilità, derivanti sicuramente da una pessima gestione degli ultimi 50 anni. (vv)

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    La morte di tre frati cappuccini e un giovane laico in Tanzania apre un fascio di luce sull’impegno missionario nel mondo

    ◊   Lutto nel mondo missionario cappuccino per la morte di tre confratelli e di un volontario: padre Luciano Baffigi, 64 anni, ministro provinciale della Toscana, padre Corrado Trivelli, 77 anni, padre Silverio Ghelli 73 anni e del volontario laico Andrea Ferri, 30 anni. I quattro sono rimasti vittime ieri di un incidente stradale nella città di Dar es Salam, capitale della Tanzania, dove erano in visita alle missioni nel Paese africano. Roberta Gisotti ha intervistato padre Fedele Brizzi, vicario del Convento della Fraternità dei Cappuccini di Prato dove vivevano i tre religiosi.

    D. - Padre Brizzi, questa drammatica notizia, può servire a farci riflettere sull’impegno missionario. Chi erano i confratelli scomparsi ed il giovane laico e qual era lo scopo del loro viaggio in Tanzania?

    R. – Padre Corrado Trivelli era l’animatore, a livello regionale, delle nostre missioni all’estero, quelle dei cappuccini toscani. Da più di vent’anni egli aveva questo compito. Era lì in visita per animare i nostri missionari, portare ovviamente gli aiuti necessari e vedere i bisogni. Il giovane che era con loro stava facendo anche un servizio fotografico per mostrare alla gente qui in Italia in che cosa consiste nella loro vita il darsi agli altri, pur rimanendo – come facciamo noi – in patria. Insieme a lui c’era il nostro Superiore maggiore della Toscana, padre Luciano Baffigi e l’altro confratello, padre Silverio Ghelli, – tra l’altro era anche mio condiscepolo, siamo cresciuti insieme – era missionario lì da circa 40 anni.

    D. - Padre Brizzi, ho letto che i Cappucini toscani contano il maggior numero di missioni, in Tanzania, attive fin dagli anni ’60…

    R. – In Tanzania ci sono una decina di stazioni. Il Paese, attualmente, ha però una costituzione autonoma di Cappuccini africani, tanzaniani, che i nostri confratelli, negli anni passati, hanno cresciuto ed ora sono quindi autonomi ed indipendenti. I nostri confratelli toscani, perciò, si trovano lì come supporto. In più, abbiamo anche l’assistenza all’estero delle missioni. In Nigeria anche lì abbiamo messo su diverse case, ed ora si è costituita come vice-provincia di tutti i nigeriani. In Nigeria non c’è più nessuno di noi cappuccini toscani, mentre due si trovano ancora in Australia e altri tre nel Golfo Persico, che attualmente ha la denominazione di “vicariato d’Arabia”.

    D. – I vostri fedeli qui, in Italia, rispondono ai vostri appelli di solidarietà per aiutare le persone a casa loro?

    R. – Sì, abbiamo in particolare le adozioni a distanza, soprattutto per motivi di studi. E’ un’adozione che punta ad elevare il livello culturale di queste “creature della terra d’Africa”.

    D. - Quale può essere il modo migliore di onorare la memoria di questi confratelli e del giovane laico dedicati ad aiutare gli altri?

    R. – La preghiera rimane fondamentale in tutte le iniziative che volgono lo scopo della vita a fare la volontà di Dio, che è l’evangelizzazione. In concreto, poi si possono promuovere ad esempio dei laboratori missionari: luoghi in cui ci si incontra, si parla, si affrontano i problemi di queste terre. Inoltre, da tanti anni, qui c’è la bella abitudine di portare questi giovani - che durante l’anno cerchiamo di illuminare in questo servizio della fede, anche in lontananza - nei campi di lavoro. Dietro questi campi di lavoro c’è poi tutto quello che è il supporto a questa gente di missione. E prova di tutto ciò è proprio il giovane Andrea, che è partito di slancio: durante l’estate aveva già fatto il campo di lavoro, aveva visto che c’era questa esigenza ed ha chiesto il permesso – ed oggi è molto difficile ottenerlo – ai suoi datori di lavoro per questi 15 giorni in cui - durante l’Anno sociale - gli è stato chiesto di partecipare.

    D. – Per quanto riguarda i funerali?

    R. – Ho parlato con i miei superiori, che si trovano a Firenze. Alla fine di questa settimana partiranno per portare le salme e quindi non saranno qui prima di lunedì. Prevedo perciò che, da martedì in poi, qualsiasi giorno può essere buono.

    D. – Ci uniamo allora al cordoglio di tutta la comunità ed anche alle preghiere...

    R. – Ringraziamo per questa “pubblicità santa”. (vv)

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    Narcotraffico in Messico: dal 2006 oltre 40 mila morti

    ◊   In Messico il governo continua a contrastare le grandi organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di stupefacenti. Secondo i dati più recenti, diffusi dai media locali, dal 2006 sarebbero oltre 40 mila le morti legate alle organizzazioni criminali. Nell’intervista di Davide Maggiore, a descrivere il peso assunto dai cartelli del narcotraffico è Antonio Mazzitelli, rappresentante in Messico dell’agenzia delle Nazioni Unite contro la Droga e il crimine:

    R. - Guardando alla mappa del Messico, così come all’espansione di questa dinamica in tutto il Centro America, si può dire che oggi ci sono due gruppi criminali egemonici: uno è rappresentato dal cartello di Sinaloa, che è una tipica organizzazione non solo di traffico, ma anche di produzione di droga, prima di tutto verso gli Stati Uniti e, sempre di più oggi, in direzione dell’aria Pacifica. Dall’altro lato invece, sembrerebbe che il nuovo gruppo degli Zetas, un’organizzazione che non ha tradizioni nel traffico di droga, sia riuscito a consolidare la sua posizione e il suo controllo sulla zona dei Caraibi.

    D. – L’attività dei narcotrafficanti, viste le sue proporzioni, si sta trasformando in una vera e propria guerra allo Stato …

    R. – Oggi le organizzazioni, soprattutto le più violente, si disputano il territorio per il controllo non solo delle rotte di traffico della droga, ma anche e soprattutto per il controllo di tutta una serie di nuove attività criminali che vanno dal traffico dei migranti, al contrabbando, alla estorsione di tipo mafioso. Chi paga il prezzo più alto per questa situazione sono i civili. Mancano l’idea in generale della presenza dello Stato e le garanzie di sicurezza fondamentali che le istituzioni devono offrire al cittadino.

    D. – Quali sono gli sforzi dei governi centro-americani nel contrasto a quest’attività?

    R. – Per quanto riguarda il Messico, la presente amministrazione – trovandosi a far fronte ad un attacco di queste dimensioni e ad una crisi, direi, della presenza dello Stato e delle differenti istituzioni sul territorio – ha portato avanti una serie di riforme estremamente coraggiose in materia di amministrazione della giustizia. Dall’altro lato, il progetto molto ambizioso, che ha incontrato parecchie resistenze a livello d’implementazione, è la riorganizzazione della polizia. Anche a livello regionale, ci sono stati progressi, se non altro, la presa di coscienza da parte dei governi di tutta la regione. Se il crimine organizzato in Europa e in Nord America è visto esclusivamente come un problema di sicurezza, nel Centro America e nei Caraibi sempre più si manifesta come un problema di governabilità. (fd)

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    Presentata la 15.ma edizione del Tertio Millennio Film Fest

    ◊   Presentato al Pontificio Consiglio della Cultura il 15.mo Tertio Millennio Film Fest: inizia il primo dicembre con un convegno internazionale e a seguire, dal 6 all’11 dicembre al cinema Trevi di Roma, una serie di eventi speciali, anteprime, focus, incontri e premi che ruotano intorno al tema del miracolo, della morte e del cambiamento, cifre fondamentali per capire la realtà che ci circonda e i grandi interrogativi dell’umanità. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Non più il diavolo, ma il miracolo, probabilmente. Parafrasando Bresson, il Tertio Millennio Film Fest va a cercare nel suo 15.mo anno di vita tutto quello che il cinema è capace di dire sulla fine del mondo, la morte e il disagio sociale; un pessimismo dilatato e generazionale, rischiarato però dalla luce, limpida o offuscata, del sovrannaturale, della grazia, del trascendente. Ci si interroga dunque sull’ineffabile, sul male che è spirituale e il bene che deposita segni concreti nell’esistenza. In apertura del Festival, l’1 e il 2 dicembre, alla Pontificia Università Lateranense, un convegno internazionale sul tema “Film and Faith”, ossia “Film e Fede”, cui parteciperanno il cardinale Gianfranco Ravasi, mons. Claudio Maria Celli e mons. Enrico dal Covolo, affiancati da studiosi, critici e registi di cinema. Appuntamento che mons. Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, ha voluto per una ben precisa ragione:

    “Vogliamo mettere insieme queste due realtà, la realtà della fede e la realtà del cinema. Non vogliamo vedere soltanto quel cinema che parla esplicitamente di religione o di fede, ma vedere dove il cinema può aprire per noi un mondo trascendente, specialmente perché molti dei nostri giovani sono cresciuti con il cinema, ma anche con i libri di Harry Potter e il cinema di fantascienza, che apre un altro modo di vedere il mondo e noi vogliamo vedere se c’è la possibilità di dialogare con questo mondo, per provocare anche le domande che toccano più il senso della vita, della religione e della fede”.

    Poi, spazio ai film: tutti legati al tema “Amore, morte, miracoli. Per una fenomenologia della società contemporanea”. Sguardo impegnativo, come spiega mons. Dario Edoardo Viganò, pesidente della Fondazione Ente dello Spettacolo:

    R. - Si, il titolo evoca appunto quello di Bresson, il diavolo probabilmente, il miracolo probabilmente, perché? Perché ci siamo resi conto come in questi anni molte narrazioni cinematografiche, forse quelle più indipendenti, ma non necessariamente, in qualche modo indagano l’ineffabile, cioè cercano di scoprire come nella vita ci sia la possibilità di scorgere la presenza dello Spirito, di un evento straordinario che accade, che per noi cristiani è l’evento della Provvidenza, il miracolo appunto, la presenza di Dio nella storia, e che nelle narrazioni del cinema molto spesso assumono forme di personaggi che hanno ruoli differenti o comunque che hanno anche volti differenti. Cioè l’idea è un po’ quella di cercare nelle grandi narrazioni della contemporaneità le modalità perché lo straordinario, la Grazia, appunto, intervenga nel quotidiano”.

    D. - Non è soltanto lo straordinario, la Grazia che interviene in modo visibile nel quotidiano, perché il cinema racconta molte volte anche l’invisibile che avviene nel cuore umano, quindi un miracolo che il cinema declina anche diversamente…

    R. - Assolutamente sì. Ci sono storie molto belle in cui, appunto, semplicemente l’incontro con una persona inattesa o, comunque, con una persona che si scopre in maniera differente in un determinato momento, avvia un processo di cambiamento della persona: quindi è un miracolo proprio dell’esistenza. Oppure pensiamo ad esempio a film che in qualche modo raccontano come molto spesso ci sia la scoperta di una nuova prospettiva della vita. In fondo, quando noi parliamo di conversione, metanoia, la metanoia è un cambiamento, ma nel senso che è al di là del pensiero, cioè vedere oltre. Ecco, quando un film permette di vedere oltre, siamo di fronte a una conversione, cioè siamo di fronte a un cambiamento, a un miracolo della vita.

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    Chiesa e Società



    In Pakistan tolto il divieto alla parola “Gesù Cristo” negli sms

    ◊   Il caso è chiuso: la parola Gesù Cristo potrà essere scritta negli sms inviati dai cellulari pakistani perché cancellata definitivamente dall’elenco dei nomi proibiti che a breve sarà distribuito alle compagnie telefoniche del Paese. Decisivo in questo senso è stato l’intervento del ministro dell’Armonia, il cattolico Akram Gill, che ne ha parlato direttamente con il presidente dell’Autorità pakistana per le Telecomunicazioni, sottolineando come la misura avrebbe danneggiato la costruzione di un clima di serena convivenza interreligiosa in Pakistan. La notizia era stata diffusa un paio di giorni fa: tra le 1600 parole bandite nei messaggini e bloccate, entro sette giorni, dalle autorità competenti nell’intento di tutelare le menti dei giovani, compariva anche Gesù. Immediata la reazione della Conferenza episcopale locale che ha chiesto ufficialmente cosa ci fosse di osceno nel nome di Cristo e ha denunciato l’aperta violazione del diritto di evangelizzare e professare la propria fede, sancito anche dalla Costituzione pakistana. Una deliberata violazione del diritto alla libertà di parola e di espressione, nonché un’evidente intrusione nella privacy dei cittadini è stata denunciata anche da diverse organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Oggi, infine, la Chiesa ha espresso alla Fides la propria soddisfazione per “poter continuare l’opera di evangelizzazione anche servendosi delle nuove tecnologie”. (A cura di Roberta Barbi)

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    Violenze contro i cristiani in Vietnam

    ◊   Ennesimo episodio di violenza anticristiana in Vietnam, stavolta ai danni di una comunità protestante nella municipalità di Hanoi. L’agenzia AsiaNews ha notizia di un assalto alla casa di preghiera dell’Agape Baptist Church nel villaggio di Lai Tao, in cui sono rimaste ferite tre persone: il pastore e due fedeli, di cui una donna, ex funzionaria locale del partito comunista, pur in gravi condizioni e bisognosa di un intervento chirurgico, è stata rifiutata da almeno tre ospedali della città. “Sopportare con pazienza le sofferenze e offrirle a Gesù – così si è espresso il capo della comunità all’indirizzo dei fedeli – sono sicuro che il vostro sangue versato ora è unito al sangue di Cristo nel dolore”. Non è la prima volta che l’area intorno alla capitale vietnamita di Hanoi è teatro di violenze come questa: un esempio è la controversia sulla parrocchia di Thai Ha, da tempo al centro di una disputa per la proprietà del territorio intorno al monastero della casa dei Redentoristi, regolarmente acquistato da questi nel 1928, ma diventato parco pubblico. Il superiore generale della Congregazione, padre Michael Brehl, ha fatto pervenire alla Fides il testo di un suo messaggio di solidarietà inviato ai confratelli del Vietnam, affinché la vera giustizia possa prevalere e i diritti di tutti, parrocchiani compresi, possano essere rispettati. Da circa un mese, infatti, i religiosi subiscono atti intimidatori e sono additati come “elementi antisociali”. (R.B.)

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    Il cardinale Pengo: dall’Africae Munus un nuovo impulso per la pace e la giustizia in Africa

    ◊   “L’Esortazione apostolica ‘Africae Munus’ darà alla Chiesa nuovo slancio per costruire un’Africa riconciliata attraverso il cammino della verità, della giustizia, dell’amore e della pace”. È quanto ha affermato il cardinale Polycarp Pengo, presidente del Simposio delle Conferenze episcopali d’Africa e Madagascar (Secam/Sceam), introducendo lunedì a Cotonou la Consultazione sulla riconciliazione, la giustizia e la pace promossa insieme alla Conferenza episcopale beninese all’indomani della consegna dell’Esortazione Apostolica ai vescovi africani da parte di Benedetto XVI. All’insegna del tema “Africa, alzati!”, l’incontro riunisce fino a domani i responsabili delle Conferenze episcopali nazionali e regionali allo scopo di definire un piano di azione per la diffusione e l’attuazione del documento conclusivo del secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa. Nella prolusione ai lavori il cardinale Pengo ha sottolineato l’urgenza di affrontare le questioni sollevate dall’”Africae Munus” (“L’impegno per l’Africa”), perché il continente possa finalmente “alzarsi” come invocato dal Santo Padre . Il porporato ha quindi elogiato l’opera delle tante istituzioni cattoliche e dei partner che collaborano con il Secam nella promozione dello sviluppo del continente: Misereror, Missio, la Commissione Cattolica Internazionale per le Migrazioni (Icmc), l’Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs), i “Catholic Relief Services” (Crs). Ma ha anche ringraziato le diverse Conferenze episcopali di altri continenti che con il loro sostegno finanziario e la loro collaborazione aiuteranno la Chiesa africana ad attuare la road-map indicata dal Santo Padre. Ai partecipanti alla Consultazione sono giunti diversi messaggi di sostegno e di disponibilità a collaborare nell’impresa. Tra questi, quello del nuovo direttore di Misereor Martin Brukelmann-Simon che ha esortato i vescovi africani ad approfondire in particolare i temi del buon governo, dell’accaparramento delle terre e dei cambiamenti climatici. Per assicurare la giustizia e la pace, sottolinea il messaggio, “dobbiamo curarci dei poveri e degli emarginati”. Il Segretario generale dell’Icmc Johan Keterlers si è soffermato, da parte sua, sulla prima parte dell’Esortazione apostolica, richiamando l’attenzione sul dramma della povertà, dei rifugiati e delle migrazioni in un continente dilaniato dai conflitti ed esortando la Chiesa in Africa ad incoraggiare i governi africani a ratificare solo quelle convenzioni internazionali che siano in sintonia con i valori del Vangelo. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Conferenza di Durban sul clima. I vescovi sudafricani: cambiare mentalità e stili di vita

    ◊   Un’occasione per riflettere sul modo “in cui Dio ci chiama a essere custodi della creazione” e al tempo stesso una spinta verso un “cambiamento di mentalità” che incida realmente sugli stili di vita: è questo lo spirito con il quale i vescovi cattolici del Sud Africa guardano alla Conferenza Onu sui cambiamenti climatici che si terrà a Durban dal 28 novembre al 9 dicembre prossimi. In una lettera pastorale pubblicata in vista dell’evento i presuli evidenziano “l’urgenza” della questione dei cambiamenti climatici e auspicano un esito positivo della conferenza. Nel documento - ripreso dall’Osservatore Romano - si sottolinea come l’intero pianeta sia oggi seriamente “minacciato” dai mutamenti del clima determinato dalle attività umane, in particolare dall’eccessivo utilizzo di combustibili fossili all’origine dei gas serra. Per i vescovi, la crisi degli equilibri climatici rappresenta una “grande sfida spirituale” rivolta a i credenti e a tutte le persone di buona volontà, in quanto “è la conseguenza della distruzione del Creato alla quale tutti, in un modo o nell’altro, abbiamo partecipato. Una situazione che “richiede un cambiamento di mentalità e un cambiamento di stile di vita per ridurre la nostra dipendenza da combustibili fossili come carbone e petrolio”. I presuli sudafricani fanno dunque appello a tutti i fedeli perché ognuno faccia la propria parte, Infatti, di fronte alla continua crescita dell’inquinamento, ciascuno è chiamato a “unire i propri sforzi a quelli dei Governi nazionali e delle Nazioni Unite per raggiungere l’obiettivo di diminuire le emissioni di anidride carbonica del pianeta per il nostro bene, il bene delle generazioni future e quello di tutti gli esseri viventi”. In questo senso, si sottolinea ancora, l’incontro di Durban è “un’opportunità unica per prendere decisioni cruciali in grado di ridurre le cause e l’impatto del cambiamento climatico”. Dai vescovi arriva anche l’appello affinché la popolazione incoraggi e spinga il Governo di Pretoria a intraprendere scelte coraggiose e in particolare a farsi promotore di obiettivi più ambiziosi con riferimento all’energia rinnovabile e al contenimento delle emissioni globali di “gas serra”. Inoltre, si sottolinea la necessità che il Protocollo di Kyōto del 1997 sia esteso e reso vincolante e che siano adottate misure concrete per monitorare il processo di attuazione degli accordi, in modo che questi vengano rispettati soprattutto dai Paesi più industrializzati e da quelli emergenti. La lettera conclude quindi con un appello alla preghiera per il buon esito della conferenza.

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    Giornata di preghiera per i popoli autoctoni. Messaggio dei vescovi canadesi

    ◊   “La vita di Rose Prince continua ad essere memorabile e pertinente nel contesto della società di oggi perché era una persona piuttosto ordinaria che ha vissuto la sua umanità e la sua fede in modo straordinario”: è quanto scrive il Consiglio autoctono cattolico canadese nel messaggio per la Giornata nazionale di preghiera per i popoli autoctoni che sarà celebrata il 12 dicembre. Per tradizione da anni, nel giorno della festa liturgica di Nostra Signora di Guadalupe, patrona delle Americhe, i vescovi canadesi invitano i credenti a pregare per i popoli autoctoni pubblicando anche un messaggio, quest’anno incentrato sulla figura di Rose Prince, discendente del grande capo Kwah, della tribù dei Porteurs, nata nel 1915 e morta di tubercolosi all’età di 34 anni e nata con una deformazione alla colonna vertebrale che le rese l’esistenza difficile senza privarla dell’amore per la vita e della forza per aiutare gli altri. Assidua nella pratica della fede, la si scorgeva spesso a pregare il Rosario; sin dagli anni della scuola si prestava per aiutare i compagni e alla scuola volle continuare a dedicarsi al termine dei suoi studi, chiedendo di poter lavorare come membro del personale. Sepolta vicino alla scuola, ha suscitato stupore, la sua salma intatta anni dopo la morte, tanto da aver fatto nascere una devozione nei suoi confronti che attira centinaia di persone e dal 1990 il pellegrinaggio annuale alla sua tomba è ormai una tradizione consolidata. Quest’anno i vescovi canadesi hanno voluto ricordare Rose Prince per l’esempio donato attraverso i suoi semplici gesti di compassione e bontà attraverso i quali celebrava la vita ordinaria di tutti i giorni. (A cura di Tiziana Campisi)

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    La Chiesa degli Stati Uniti in prima linea nell’aiuto ai terremotati di Haiti

    ◊   Sono 174 i progetti approvati, per un totale di 2,7 milioni di dollari stanziati, destinati a 19 Paesi dell’America Latina. Queste le decisioni prese il 12 novembre scorso a Baltimora dalla sottocommissione per la Chiesa in America Latina della Conferenza episcopale statunitense. Al primo posto nella lista degli aiuti, la ricostruzione a Haiti, l’isola devastata dal violento terremoto del 12 gennaio 2010: qui necessitano riparazioni strutturali, tra le altre, una scuola diocesana d’istruzione secondaria nella cittadina di Jacmel e la cattedrale cattolica di Miragoanes; solo questi due interventi costano circa centomila dollari. I fondi saranno canalizzati nel Partenariato per la ricostruzione della Chiesa in Haiti, agenzia creata in seno alla Conferenza episcopale locale. La Fides, inoltre, annuncia oggi che padre John Richard Nuelle, dei Missionari di Nostra Signora de La Salette, è il nuovo direttore esecutivo dell’associazione missionaria cattolica degli Stati Uniti. Il sacerdote, eletto dal Consiglio d’amministrazione dell’associazione che ha appena celebrato il suo 30.mo anniversario, ha trascorso quasi un trentennio come missionario in Madagascar. (R.B.)

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    Il patriarca maronita in Libano: le religioni non siano esclusive ma inclusive

    ◊   Conflitti interconfessionali, instaurazione di regimi ancora più duri che in passato e la spartizione della regione su basi confessionali: questi i rischi che devono evitare i Paesi arabi in questo periodo di rivolgimenti, secondo quanto affermato dal patriarca maronita mons. Bechara Raï intervenuto all’Università del Santo Spirito in Libano, alla presenza di alcuni parlamentari europei, dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, del Parlamento libanese e della Commissione delle Conferenze dei vescovi dell’Unione Europea. Il patriarca, riferisce AsiaNews, torna ancora una volta sui pericoli in agguato in questi Paesi, dove si avverte maggiormente la necessità di comunione, che per i cristiani significa “essere chiamati a vivere nell’amore in seno alla Chiesa, nell’immagine della Santa comunione Trinitaria”. In termini politici, ciò si traduce nei concetti di identità nazionale comune, di cittadinanza e di partecipazione: “Non ci deve essere che un’identità nazionale condivisa, inclusiva di tutti gli apporti culturali e che possa assicurare la base di un vivere insieme sereno e fruttuoso – ha detto mons. Bechara Raï – i cristiani devono far fronte a tutti i tentativi di definire i nostri Paesi o le nostre società in termini di identità religiosa, opporci all’islamismo esclusivo come all’ebraicità di Israele”. Il patriarca ha poi toccato il tema della sicurezza, “un diritto per ogni cittadino, del quale lo Stato deve farsi carico”. Infine, tema già affrontato nel Sinodo speciale per il Medio Oriente, la libertà di culto e la libertà di coscienza: quest’ultima si configura come la libertà di credere o meno, di praticare una religione in privato o in pubblico, ed è ben lontana dall’essere garantita in molti di questi Paesi. Ma c’è una terza sfida, indicata dal patriarca: “Il riconoscimento nella diversità, perché non è mai facile per un credente accoglierne un altro, nella sua diversità religiosa, come elemento positivo nel suo spazio sociale e culturale”. Al colloquio ha preso parte anche il nunzio apostolico in Libano, mons. Gabriele Caccia, che ha paragonato il Paese a un laboratorio “multiculturale, multietnico e multiconfessionale” che vive un’esperienza “che consola e rinforza, perché dimostra che un mondo di rispetto per la dignità umana e per le diverse tradizioni culturali, un mondo che si basa sulla libertà religiosa e di coscienza, non solo è un sogno da augurarsi, ma una realtà possibile e in parte già realizzata”. (R.B.)

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    Convegno Caritas. Mons. Pasini: “Stiamo fabbricando oggi i poveri di domani"

    ◊   “Stiamo fabbricando oggi i poveri di domani”: questo l’appello drammatico lanciato dal presidente della Fondazione E. Zancan, mons. Giuseppe Pasini, già direttore della Caritas italiana, alla tavola rotonda svoltasi ieri a Fiuggi sul tema della solidarietà e della sussidiarietà, nell’ambito del 35.mo convegno nazionale delle Caritas diocesane. Il trend della povertà, come quello della disoccupazione, in Italia sono in crescita: nel 2010, infatti, i “poveri relativi” hanno sfondato la quota degli otto milioni, mentre i “poveri assoluti” hanno superato la soglia dei tre milioni. La disoccupazione, inoltre, è arrivata all’8,4% e colpisce soprattutto giovani, donne e immigrati, che diventano automaticamente le categorie a rischio povertà. Grave anche la situazione dei lavoratori precari e delle famiglie, di cui l’11% vive sotto la soglia di povertà. “Ci vogliono precise riforme di politica familiare, oltre che fiscale e dei servizi”, ha incalzato mons. Pasini, constatando il più totale “disimpegno politico nel contrastare e ridurre la povertà”. Il presule ha infine rilevato come il disimpegno politico si fondi su una “cultura sottostante che considera la povertà una realtà fisiologica della società, assolutamente ineliminabile e attenuabile solo con la solidarietà libera e spontanea della società civile”. Il presidente della Fondazione, invece, ha sottolineato l’urgenza di interventi di giustizia che definisce “indispensabili” e derivanti specialmente dalla solidarietà istituzionale, che è “iscritta nella Costituzione”. (R.B.)

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    Hong Kong: i notiziari parrocchiali promuovono l'evangelizzazione e l’appartenenza ecclesiale

    ◊   Per i parroci di Hong Kong, i fedeli che partecipano alla redazione e pubblicazione dei notiziari parrocchiali, sia cartacei che on-line, dimostrano un forte senso di appartenenza alla comunità. Di conseguenza tante parrocchie della diocesi promuovono la partecipazione dei loro parrocchiani alla pubblicazione dei bollettini. Secondo quanto riferisce alla Fides Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese) “i bollettini cattolici parrocchiali non solo sono strumenti di evangelizzazione attraverso i mass media, ma sono anche ottimi strumenti per aiutare i fedeli a conoscere la vita della parrocchia, un canale di dialogo tra i sacerdoti e fedeli, ed anche una eccellente testimonianza di fede”. I fedeli laici costituiscono delle risorse inestimabili per rendere la pubblicazione di alto livello, attraverso i disegni, l’uso degli strumenti digitali e delle nuove tecnologie... Secondo uno dei parroci “grazie al bollettino on-line, tanti parrocchiani che sono emigrati all’estero sono sempre vicini alla loro parrocchia, inoltre offrono tante testimonianza di fede nel loro nuovo ambiente di vita, così il rapporto si stringe ancora di più e si aiuta anche l’evangelizzazione globale”. Un altro parroco ha detto: “i giovani che abbiamo invitato a dare il loro contributo tecnico si sentono valorizzati, riconosciuti. Hanno assunto un forte senso di responsabilità e di appartenenza alla comunità, così abbiamo anche incoraggiato la loro fede”.

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    Aperta a Beit Sahour una libreria per promuovere la cultura cristiana tra i giovani in Terra Santa

    ◊   Si chiama Iesua al Malik, Gesù il Re, la libreria inaugurata domenica scorsa a Beit Sahour, in Terra Santa, da mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vescovo ausiliare per Israele. L’idea, si legge sul portale www.lpj.org., è stata di padre Aziz Halaweh, parroco di Beit Sahour e assistente ecclesiale per i giovani, che ha voluto dar vita, con l’appoggio del patriarcato latino di Gerusalemme, della luogotenenza inglese dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro e di altre istituzioni, ad un centro d’organizzazione, amministrazione e conservazione di documenti destinati ai movimenti giovanili. Oltre ad una serie di volumi, la libreria offre anche dvd, cd e materiale informatico cui i giovani possono avere accesso. “Abbiamo bisogno dei libri – ha commentato mons. Marcuzzo – dobbiamo produrre, tradurre, leggere. E’ questione di futuro. La nostra comunità cristiana in Terra Santa non può contare sul proprio numero, per questo dobbiamo assicurare la nostra presenza attraverso la qualità della formazione e attraverso la cultura”. Per il presule i cristiani hanno un ruolo culturale da giocare nella società e spetta ai responsabili civili e religiosi dar loro gli strumenti necessari per delle iniziative e una libreria è uno strumento prezioso. (T.C.)

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    A Collevalenza il convegno annuale della Conferenza italiana dei Superiori Maggiori

    ◊   È iniziato da due giorni e si concluderà venerdì 25 novembre, il convegno annuale organizzato dalla Conferenza italiana dei Superiori Maggiori (Cism) per gli animatori vocazionali, cui stanno partecipando circa 200 formatori. L’obiettivo dell’appuntamento in corso a Collevalenza, in provincia di Perugia, “non è dare un contributo al dizionario alle utopie - ha detto il responsabile don Beppe Roggia introducendo i lavori – ma contributo significativo al rinnovamento della vita consacrata, perché sia all’altezza e alle esigenze dei tempi”. Il tema di questa XXVIII edizione, infatti, è “Attraversare le ferite della comunione: riscoprire il piacere del corpo consegnato nell’amore”, e punta il dito sulle ferite relazionali che purtroppo possono ostacolare la vita fraterna, da sempre luogo di festa e di perdono. Se ne è parlato sia per prendere atto con serena obiettività di questa evenienza, sia per individuare una possibile “auto-terapia”: pena non solo l’insuccesso nell’animazione e nella pastorale vocazionale, ma anche l’eventualità che nelle comunità religiose ci possa essere più convivenza che nuzialità. Questa e altre eventuali “ferite” sono passibili di guarigione qualora si riuscisse a (ri)scoprire il piacere del corpo donato in fraternità. Non più corpo temuto, quindi, ma corpo assunto come dono del Padre e “fratello offerto al fratello”, diceva San Francesco. Gesto che non è mai freddo e staccato dalla gioia perché nasce dal piacere, prima che dal dovere. “Il convegno - ha aggiunto don Roggia - è impostato non partendo da scienze umane o ignorando le tante e immancabili contrarietà, ma partendo da un progetto di Dio, il quale ha racchiuso nel nostro corpo i mezzi che permettono di vivere una profonda relazionalità, per cui non è assolutamente un’esagerazione dire che il culmine della teologia è racchiuso nel corpo. Non quello esibito con sfrontatezza da una certa pubblicità, ma quello che è diventato o può diventare contenitore dello spirito che, a sua volta, s’irradia attraverso esso. Le ferite, insomma, possono diventare feritoie attraverso cui il soffio dello Spirito si esprime e trasforma le difficoltà in Grazia, in opportunità, in una chiamata che finora è stata disattesa, ma che in realtà contiene la comprensione e la soluzione del “problema” corpo: il quale è il luogo più degno della presenza di Dio se è vero che “Gesù ha dato sensi e mani al Padre, consentendogli di fare esperienza del mondo”, come ha detto Luciano Manicardi, della comunità di Bose. (A cura di padre Egidio Picucci)

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    Presepi trentini in mostra a Gerusalemme e Betlemme dal 18 dicembre

    ◊   La Basilica di Santa Caterina a Betlemme, la sede del Patriarcato Latino di Gerusalemme e quella della Custodia di Terra Santa ospitano dal 18 dicembre un Presepe a grandezza naturale e diverse rappresentazioni della Natività, opera di artisti del Trentino, realizzati dall’Associazione Amici del Presepio di Tesero. Dopo l’allestimento del grande Presepe in Piazza San Pietro nel 2006 e 2007, dopo la tappa di Cracovia nel 2008, dell’Aquila nel 2009 e di Assisi e Istanbul nel 2010, i Presepi trentini arrivano nella culla della cristianità. Nella chiesa del Patriarcato Latino troverà posto anche il grande Presepe in stoffa proveniente da Isera, antico borgo poco distante da Rovereto, seconda città del Trentino. Sono nove, invece, le figure che comporranno il Presepe di Betlemme partite in questi giorni da Tesero, luogo d’origine della tradizione presepistica del Trentino: la Sacra Famiglia, i Magi, un angelo annunciante, un pastore in ginocchio, una donna. A Gerusalemme giungeranno 18 Natività scolpite da maestri scultori e il Presepe in stoffa di proprietà della Cassa Rurale di Isera: 13 troveranno posto nel grande atrio della Custodia di Terra Santa, gli altri 5 saranno esposti in una sala del Patriarcato Latino. La tradizione presepistica trentina ha origini molto antiche ed è legata ad una devozione popolare molto ampia. L’associazione volontaria “Amici del Presepio di Tesero” lavora da più di mezzo secolo con pazienza e tenacia per non disperdere la tradizione scultorea dei maestri artigiani e del rito collettivo del “fare il presepe”. I Presepi trentini giungeranno in Terra Santa grazie all’iniziativa della Provincia autonoma di Trento con il patrocinio del Consolato Generale d’Italia a Gerusalemme, la Custodia di Terra Santa, il Patriarcato Latino di Gerusalemme e la collaborazione di: Rondine Cittadella della Pace di Arezzo, dell’Associazione Amici del Presepio di Tesero, della Regione Autonoma Trentino Alto Adige, del Comune di Tesero, del B.I.M. dell’Adige, di Trentino Marketing, dell’Azienda per il Turismo della Val di Fiemme, della Cooperazione Trentina e dell’Arcidiocesi di Trento -Pastorale Ammalati e Pellegrinaggi. Un pellegrinaggio della comunità trentina in Terra Santa è in programma dall’8 al 12 febbraio 2012. (T.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    La Commissione europea: risposte convincenti per far fronte alla crisi

    ◊   Senza risposte "convincenti" alla crisi dell'Eurozona, le prospettive economiche sono destinate a "peggiorare rapidamente". L'allarme è stato lanciato dalla Commissione europea nella bozza del rapporto 2012 sulla crescita che sarà approvato oggi. Intanto il presidente francese Sarkozy e il cancelliere tedesco Merkel preparano una riforma dei Trattati europei per una maggiore integrazione delle politiche di bilancio della zona euro. Per le Borse europee ennesima mattinata in altalena con lo spread tra titoli italiani e tedeschi che si assesta sotto 490 punti. Il servizio di Marco Guerra:

    Le prospettive economiche per il 2012 indicano una sostanziale stagnazione, con un livello di disoccupazione che l'anno prossimo e nel 2013 esaspererà l'impatto sociale della crisi. Sono previsioni a tinte foche quelle contenute nella bozza di rapporto sulla crescita che sarà esaminata oggi dalla Commissione Ue. Un quadro confermato dai dati sugli ordini industriali nella zona dell'euro che a settembre sono calati del 6,4% rispetto ad agosto. Il rallentamento dell’economia peserà sui conti pubblici, eppure sembra certo che le autorità europee non concederanno deroghe sul risanamento dei debiti dei Paesi Ue. In questo contesto diventa sempre più cruciale l’eventuale emissione di Eurobond come strumento per superare la crisi. Una soluzione auspicata dal presidente francese Sarkozy, ma fortemente contrastata dal cancelliere tedesco Merkel, secondo la quale “la collettivizzazione dei debiti non risolve i problemi strutturali”. La Merkel guarda piuttosto ad “un’unione fiscale che miri all’armonizzazione delle competenze nazionali”. Il cancelliere tedesco vuole inoltre regolare la finanza con una tassa sulle transazioni finanziarie. Ma al momento rimane ancora irrisolta la questione greca. Atene non potrà avere accesso alla sesta trance di aiuti se non manterrà gli impegni, ha detto il cancelliere tedesco. Di parere opposto la Banca centrale ellenica che ha definito il pacchetto di aiuti l’ultima chance per il Paese. Stabilità e integrazione saranno dunque al centro del vertice trilaterale di domani a Strasburgo tra Sarkozy, Merkel e il premier italiano Monti. Quest’ultimo dovrà dimostrare di saper portare a termine le riforme richieste dall’Ue.

    Siria
    Non si ferma la repressione del dissenso in Siria, dove solo oggi sono state uccise almeno 8 persone in diverse zone del Paese. Lo riferiscono i Comitati di coordinamento degli attivisti anti-governativi. Il bilancio sale così a 41 vittime nelle ultime 48 ore. E cresce anche l’isolamento internazionale del presidente Assad. Il presidente turco, Abdullah Gul, in visita a Londra, ha sottolineato che il governo di Damasco è arrivato ad un "punto di non ritorno". Ieri il premier turco, Erdogan aveva esortato il capo di Stato siriano a dimettersi, seguendo l'appello lanciato la settimana scorsa dal re giordano, Abdallah II. Intanto si registrano nuove diserzioni dall’esercito: secondo il ministero degli Esteri di Amman, decine di soldati siriani si sono rifugiati in Giordania come civili. In totale, i profughi siriani arrivati in otto mesi in Giordania sono 5.000. Le autorità locali non hanno allestito nessun campo ufficiale per accoglierli, come invece avvenuto nel sud della Turchia.

    Egitto, manifestazioni contro la giunta militare
    I militari egiziani hanno accettato ieri le dimissioni del governo di Sharaf ed hanno proposto le presidenziali per giugno. Stamattina, i manifestanti sono scesi in piazza chiedendo una data precisa per le elezioni. Le forze dell’ordine sono intervenute con la forza causando 4 morti, tra cui un bambino. Il servizio di Giovanni Cossu:

    Sotto pressione della piazza e delle opposizioni, ieri il Consiglio militare egiziano ha accettato le dimissioni del governo di Sharaf ed ha proposto le presidenziali per giugno. L’ex capo dell’Aiea El Baradei, che rimane candidato alla presidenza egiziana, si è detto disponibile ad accettare l'incarico di primo ministro se le elezioni si terranno, come previsto, lunedì prossimo e se non ci saranno ingerenze militari. Queste aperture del consiglio militare non hanno placato i manifestanti, che stamattina sono scesi in strada al Cairo per chiedere una data certa sulle presidenziali. Le forze dell’ordine sono intervenute per reprimere le proteste in piazza Tahrir e di fronte al ministero degli Interni causando morti e feriti. Lo stesso Baradei ha riferito su twitter il lancio di gas lacrimogeni da parte della polizia. L'Alto Commissario Onu per i diritti umani ha denunciato oggi l'uso eccessivo della forza per reprimere le proteste e si è pronunciata per una rapida indagine imparziale. Nonostante tutto, i manifestanti hanno deciso di rimanere in piazza fino a quando il Consiglio militare non annuncerà una data precisa per le presidenziali, previste entro giugno 2012.

    Libia nuovo governo
    La Libia ha un nuovo governo di transizione. Ieri il premier El Keib ha annunciato la lista dei 24 ministri che comporranno l’esecutivo, sottolineando che essi rappresentano tutto il Paese. Primo compito del governo sarà quello di creare un nuovo sistema giuridico per processare in Libia e non a L’Aia il figlio di Gheddafi, Saif al-Islam. Anche il procuratore della Corte penale internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha dato suo assenso per un processo in patria di Saif al-Islam, purché non sottragga il figlio del defunto rais alla giustizia internazionale. Il procuratore in una conferenza stampa a Tripoli ha inoltre affermatto di non credere che Abdullah al-Senussi, già capo dei Servizi segreti sotto il regime di Muammar Gheddafi, sia stato davvero catturato, ritenendo invece che rimanga tutt'ora latitante.

    Forze Isaf in Afghanistan, preso comandante talebano
    Un comandante talebano è stato catturato oggi insieme a quattro suoi uomini nella provincia meridionale afghana di Helmand. L'Isaf precisa che il comandante, Wali Mohammad, è considerato “responsabile di numerosi attacchi suicidi e della morte di un gran numero di civili”. Il suo arresto è avvenuto durante un’operazione di sicurezza nel distretto di Nahr-e-Saraj.

    Somalia intervento militare
    I Paesi dell’Autorità Intergovernativa per la Sicurezza e lo Sviluppo dell'Africa orientale hanno convocato una riunione d’emergenza per discutere dell’intervento militare dell’Etiopia in Somalia al fine di contrastare i ribelli islamici di Al Shabab. Il vertice si terrà proprio in Etiopia. Gli Stati Uniti hanno condannato azioni militari fuori dalla cornice dell’Amisom, la forza di pace dell’Unione Africana.

    Iran nucleare
    Il dossier sul nucleare iraniano continua a dividere la comunità internazionale. La Cina è contraria alle ''sanzioni unilaterali'' contro l'Iran. Lo ha ribadito un portavoce del ministero degli Esteri, Liu Weimin, spiegando che le misure ''non risolvono'' il problema del nucleare iraniano. La presa di posizione di Pechino arriva dopo che Usa, Gran Bretagna e Canada hanno annunciato nuove sanzioni contro i settori finanziario ed energetico dell'Iran e dopo che la Francia ha proposto sanzioni ''straordinarie'' come il congelamento dei beni della banca centrale di Teheran. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Giovanni Cossu)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 327

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.