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Sommario del 19/11/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa firma l'Esortazione apostolica post-sinodale "Africae munus"
  • Sintesi dell'Esortazione apostolica "Africae Munus"
  • Appello del Papa dal Benin: l'Africa è il continente della speranza, non amputate il futuro dei popoli che cercano la libertà
  • La fede sia autentica, lontana dai sincretismi: così il Papa al seminario di Ouidah
  • La visita del Papa alla Cattedrale di Nostra Signora della Misericordia di Cotonou
  • La preghiera del Papa sulla tomba del cardinale Gantin
  • L’impegno dell’Africa: editoriale di padre Federico Lombardi
  • Rinunce e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il cardinale Bagnasco al convegno di "Scienza e Vita": difendere i valori umani, a partire dalla vita
  • Afghanistan: dalla Loya Jirga via libera a colloqui con i talebani
  • Contro l’abuso mediatico del corpo femminile, il Premio "Immagini Amiche"
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia: fermare la strage degli innocenti
  • Laici e cristiani chiedono giustizia per la suora assassinata in India
  • Mozambico: inaugurazione di un centro di accoglienza per bambine nel segno della Vergine Maria
  • A Dublino, un simposio sull’ecclesiologia di comunione 50 anni dopo il Concilio
  • Cambogia: milioni di zanzariere contro la malaria e il dengue
  • Repubblica Dominicana: calo del lavoro minorile negli ultimi dieci anni
  • Indonesia: missione di laici cattolici nell’estremo oriente del Paese
  • 24 Ore nel Mondo

  • Spagna alle urne: favorito il centro-destra di Mariano Rajoy
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa firma l'Esortazione apostolica post-sinodale "Africae munus"

    ◊   Africa terra di nuova Pentecoste, abbi fiducia in Dio! Così il Papa nella Basilica di Ouidah dove ha firmato l’Esortazione apostolica “Africae munus”. Il documento verrà consegnato domani nelle mani dei vescovi dell’Africa che concelebreranno con il Santo Padre la Santa Messa nello “Stadio dell’Amicizia”, a Cotonou. In un accorato discorso in tre lingue Benedetto XVI ha esortato l’Africa ad essere sempre più testimone di Cristo, a denunciare e combattere ogni forma di schiavitù. La Chiesa - ha detto - è chiamata a scoprirsi sempre più come una famiglia. Il servizio del nostro inviato Massimiliano Menichetti:

    (canti)

    E’ Ouidah con la sua terra rossa quasi a rimarcare l’orrore della schiavitù (da qui partirono migliaia di schiavi, varcando la Porta del non ritorno) che diventa ancora una volta splendente, come nel 1861 quando proprio il buio cominciò a trasformarsi in Luce per la venuta dei missionari SMA (Società Missioni Africane). Speranza e testimonianza in Cristo sono i cardini che il Papa porta in questo viaggio.

    (canti)

    Il calore del popolo, accalcato lungo le strade, al seminario di San Gall, qui nella Basilica dell’Immacolata Concezione di Maria, continua ad accompagnare e ringraziare il Santo Padre per il suo secondo pellegrinaggio in Africa. Tra la gioia di un popolo filiale, Benedetto XVI si è lasciato alle spalle le due grandi campane di bronzo poste ai lati della Basilica che sorge dove furono detenuti missionari e fedeli cristiani. Ha percorso la navata centrale, disegnata dalla volta in legno, per firmare non senza emozione l’attesa l’Esortazione postsinodale “Africae munus”:

    Today, the celebration of the Synod concludes with the signing of…
    Oggi, con la firma dell’Esortazione ‘Africae munus’, si conclude la celebrazione dell’evento sinodale. Il Sinodo ha dato un impulso alla Chiesa cattolica in Africa, che ha pregato, riflettuto e discusso sul tema della riconciliazione, della giustizia e della pace”.

    Il Papa ha sottolineato che questi lavori hanno segnato “una speciale vicinanza tra il Successore di Pietro e le Chiese particolari in Africa”. Ha ricordato come fu proprio lui a recarsi a “Yaoundé per offrire l’Instrumentum laboris dell’Assemblea sinodale ai presidenti delle Conferenze Episcopali” e la gioia, oggi, nell’essere “tornato in Africa per consegnare il Documento finale dei lavori”.

    Poi, tracciando la spinta all’evangelizzazione e alla “promozione umana” impressa “dall’Esortazione apostolica postsinodale “Ecclesia in Africa” del Beato Giovanni Paolo II”, ha mostrato come sia centrale il concetto di Chiesa - famiglia di Dio:

    L’Eglise est appelée à se découvrir toujours plus comme une famille. …
    La Chiesa è chiamata a scoprirsi sempre più come una famiglia. Per i cristiani, si tratta della comunità dei credenti che loda Dio Uno e Trino, celebra i grandi misteri della nostra fede ed anima con carità i rapporti tra le persone, i gruppi e le nazioni, al di là delle diversità etniche, culturali e religiose. In questo servizio reso ad ogni persona, la Chiesa è aperta alla collaborazione con tutte le componenti della società, in particolare con i rappresentanti delle Chiese e delle Comunità ecclesiali che non sono ancora in piena comunione con la Chiesa cattolica, come anche con i rappresentanti delle religioni non cristiane, soprattutto quelli delle Religioni Tradizionali e dell’Islam”.

    Ricordando “le tensioni, le violenze, le guerre, le ingiustizie, gli abusi di ogni sorta, vecchi e nuovi, che hanno segnato questo anno” l’Africa, Benedetto XVI ha ripercorso i temi “della riconciliazione, della giustizia e della pace” sui quali si è concentrata “la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa”. Ha ribadito che “una Chiesa riconciliata al suo interno e tra i suoi membri potrà diventare segno profetico di riconciliazione a livello della società, di ciascun Paese e dell’intero Continente”.

    Le fondement de cette réconciliation se trouve dans la nature même de l’Église …
    Il fondamento di questa riconciliazione si trova nella natura stessa della Chiesa che è ‘in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano’ (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Lumen gentium, 1). Su questa base la Chiesa in Africa è chiamata a promuovere la pace e la giustizia. La Porta del Non-ritorno e quella del Perdono ci richiamano a questo dovere, e ci spingono a denunciare e a combattere ogni forma di schiavitù”.

    “Non bisogna mai tralasciare di cercare le vie della pace!” - ha esortato il Papa - poiché “la pace è uno dei beni più preziosi!”:

    Para alcançá-la, é necessário ter a coragem da reconciliação que nasce do...
    Per raggiungerla bisogna avere il coraggio della riconciliazione che viene dal perdono, dalla volontà di ricominciare la vita comunitaria, da una visione solidale del futuro, dalla perseveranza per superare le difficoltà. Riconciliati e in pace con Dio e con il prossimo, gli uomini possono lavorare per una maggiore giustizia in seno alla società”.

    “Non bisogna” però “dimenticare che la prima giustizia secondo il Vangelo è compiere la volontà di Dio”, ha evidenziato il Papa e che da questo discendono “innumerevoli iniziative” che promuovono la giustizia, il bene comune, l’attenzione ai “più bisognosi, il “lavoro, scuole e ospedali”. Quindi ha concluso:

    África, terra de um Novo Pentecostes, tem confiança em Deus! ...
    Africa, terra di una nuova Pentecoste, abbi fiducia in Dio! Animata dallo Spirito di Gesù Cristo risorto, diventa la grande famiglia di Dio, generosa con tutti i tuoi figli e figlie, operatori di riconciliazione, di pace, e di giustizia! Africa, Buona Novella per la Chiesa, diventalo per il mondo intero !”.

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    Sintesi dell'Esortazione apostolica "Africae Munus"

    ◊   L'Esortazione Apostolica Postsinodale Africae Munus, firmata oggi dal Papa, raccoglie quanto emerso dal secondo Sinodo speciale per l'Africa, svoltosi nell'ottobre 2009 e dedicato al tema della riconciliazione, giustizia e pace. Sui contenuti del documento, ascoltiamo il servizio di Isabella Piro:

    Indicare il programma dell’attività pastorale e della nuova evangelizzazione dell’Africa nei prossimi decenni, sottolineando la necessità di riconciliazione, giustizia e pace. È questo l’obiettivo dell’Africae Munus. Suddiviso in due parti, più un’introduzione ed una conclusione, il documento siglato da Benedetto XVI è fortemente contestualizzato. Consapevole delle ricchezze materiali, culturali e spirituali dell’Africa, il Papa non tralascia le tante e drammatiche sfide che il continente deve affrontare in molti settori: sanità, politica, economia, ecologia, società. Ma il tono che predomina è quello della speranza e il Pontefice guarda all’Africa come ad un grande “polmone spirituale” per tutta l’umanità.

    Nella prima parte dell’Esortazione, prevale il concetto di giustizia divina, più ampia di quella umana perché basata sull’amore e sul dono di sé. Sotto questo fondamentale principio, rientra l’idea della purificazione e del perdono, anche se – scrive il Papa - i responsabili dei crimini devono essere ricercati e messi davanti alle loro responsabilità, per evitare il ripetersi dei loro reati. E ancora: la difesa della famiglia che deve diventare sempre più “chiesa domestica” e deve essere tutelata da nozioni distorte del matrimonio, dai divorzi facili, dalla banalizzazione della maternità. I bambini non siano trattati in modo intollerabile e deplorevole, gli anziani siano rispettati, ogni cristiano combatta e denunci le violenze sulle donne. La vita nella sua totalità, ribadisce il Papa, va difesa: per questo la Chiesa dice no alla pena di morte, all’aborto, alla droga, all'alcolismo, all’analfabetismo, fenomeno pari alla morte sociale. La Chiesa è in prima linea nell'affrontare le pandemie della malaria, della tubercolosi e dell'Aids: quest’ultima esige una risposta soprattutto etica, una prevenzione efficace basata sull'astinenza sessuale, sul rifiuto della promiscuità sessuale e sulla fedeltà coniugale.

    Anche gli Stati, naturalmente, devono fare la loro parte: l’Esortazione apostolica ricorda che l’Africa ha bisogno di buoni governi che rispettino le Costituzioni, garantiscano elezioni libere, siano amministratori trasparenti ed incorrotti, sfruttino le risorse del Paese per il bene comune, rivolgano attenzioni al fenomeno delle migrazioni, spesso dovuto alla povertà, e che invece della compassione e della solidarietà, innesca a volte reazioni di xenofobia e razzismo. Essenziale, quindi un’ottica della globalizzazione della solidarietà che includa il principio di gratuità.

    Fondamentale poi il dialogo, sia ecumenico, perché un cristianesimo diviso desta scandalo, sia interreligioso. L’Esortazione Apostolica ribadisce la stima verso l’Islam, monoteista come il cristianesimo, nel contesto del rispetto della libertà religiosa e di coscienza. Le religioni tradizionali africane vengono apprezzate per ciò che hanno di conforme al Vangelo, mentre si richiede il giusto discernimento per i movimenti sincretisti, le sètte, la stregoneria che oggi conosce una certa recrudescenza.

    Nella seconda parte del documento, Benedetto XVI si rivolge direttamente a chi opera “sul campo” nel settore dell’apostolato, quindi a vescovi, presbiteri, seminaristi, consacrati. A tutti viene ricordato il principio dell’unità con il Successore di Pietro e della comunione reciproca. Il Papa insiste sulla santità di vita, portata avanti nel celibato e nel distacco dai beni materiali, dai nazionalismi, dai tribalismi. Di qui l’invito ad una formazione permanente ed una testimonianza di affidamento totale a Dio e di servizio al prossimo. Ai laici, Benedetto XVI raccomanda di essere modelli di famiglia cristiana, dimostrando anche che il lavoro, prima di essere un mezzo di profitto, è il luogo della realizzazione personale e del servizio al prossimo.

    Centrale anche le sfida dell’educazione, della sanità e della comunicazione: le scuole e le Università cattoliche sono invitate a tessere nella società legami di pace e di armonia, ricercando la Verità che trascende la misura umana; le istituzioni sanitarie della Chiesa lottino sì contro le malattie, ma siano fedeli agli insegnamenti etici a favore della vita. I mass media cattolici siano più numerosi e più organizzati, poiché rappresentano un importante strumento di evangelizzazione e di promozione della giustizia e della pace.

    Un capitolo a parte l’Esortazione Apostolica lo dedica all’importanza dell’evangelizzazione, intesa sia come missio ad gentes, ovvero come il portare la Buona Novella alle persone che non la conoscono ancora, sia come nuova evangelizzazione, ovvero verso coloro che non seguono più la prassi cristiana anche al di fuori dei confini africani, nei Paesi più secolarizzati.

    Infine, il Papa indica alcune proposte operative per favorire la riconciliazione, la giustizia e la pace nel continente: incrementare la lectio divina e l’apostolato biblico, indire un Congresso eucaristico continentale, celebrare ogni anno nei Paesi africani un giorno o una settimana di riconciliazione o anche realizzare un “Anno della riconciliazione” di tutto il continente, ampliare la schiera dei Santi africani, modelli esemplari di giustizia ed apostoli della pace.

    Nelle pagine conclusive dell’Esortazione, il Papa affida all’intercessione della Beata Vergine Maria il cammino dell’evangelizzazione del continente perché la Chiesa in Africa possa essere “uno dei polmoni spirituali dell’umanità”.

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    Appello del Papa dal Benin: l'Africa è il continente della speranza, non amputate il futuro dei popoli che cercano la libertà

    ◊   La seconda giornata di Benedetto XVI in Benin è iniziata al Palazzo presidenziale di Cotonou, dove ha incontrato il presidente e i responsabili politici e religiosi del Paese. Il Papa ha pronunciato un vibrante discorso, tutto incentrato sulla speranza, ricordando la spinta verso la libertà espressa negli ultimi mesi anche da tanti popoli africani. Quindi, ha rivolto un appello ai leader politici del mondo affinché combattano scandali e ingiustizie e non privino i loro popoli della speranza. Nella sala dell’incontro erano presenti circa 2500 persone, tra cui gli ex presidenti Émile Zinsou, Mathieu Kérékou, Nicé-phore Soglo. A margine dell’incontro con la società civile beninese, il Papa ha avuto un colloquio privato con il presidente della Repubblica, Thomas Yayi Boni. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Parlare della speranza significa parlare del futuro e dunque di Dio”: è uno dei passaggi del discorso del Papa alle istituzioni politiche e religiose del Benin, tutto incentrato sulla speranza, parola chiave del suo viaggio apostolico:

    “Lorsque je dis que l’Afrique est le continent…
    Quando dico che l’Africa è il continente della speranza – ha sottolineato – non faccio della facile retorica, ma esprimo molto semplicemente una convinzione personale, che è anche quella della Chiesa”.

    Il Papa ha così messo in guardia da quei pregiudizi ed immagini “che danno della realtà africana una visione negativa, frutto di un’analisi pessimista”. In particolare, il Papa ha indicato il rischio di toni sentenziosi da moralizzatore o da etnologo curioso che vedono nell’Africa solo un’ “enorme riserva” da sfruttare per interessi poco nobili. “Queste – è stato il monito del Pontefice – sono visioni riduttive e irrispettose che portano ad una cosificazione poco dignitosa dell’Africa e dei suoi abitanti”. Ha così rivolto il pensiero a quei movimenti di libertà che stanno cambiando la storia di molti Paesi, anche africani:

    “Ces derniers mois, de nombreux peuples ont…
    In questi ultimi mesi – ha constatato – numerosi popoli hanno espresso il loro desiderio di libertà, il loro bisogno di sicurezza materiale, e la loro volontà di vivere armoniosamente nella diversità delle etnie e delle religioni”.

    Ed ha ricordato la nascita di un nuovo Stato, il Sud Sudan. Al contempo, ha detto, vi sono stati anche conflitti “generati dall’accecamento dell’uomo, dalla sua volontà di potere e da interessi politico-economici, che escludono la dignità delle persone o quella della natura”. Ha quindi ribadito che la “persona umana aspira alla libertà”, vuole “essere rispettata, rivendica un modo di governare limpido che non confonda l’interesse privato con l’interesse generale”. In definitiva, vuole “la pace e la giustizia”.

    “En ce moment, il ya trop de scandales…
    In questo momento – ha affermato – ci sono troppi scandali e ingiustizie, troppa corruzione ed avidità, troppo disprezzo e troppe menzogne, troppe violenze che portano alla miseria ed alla morte”.

    Questi mali, ha tenuto a evidenziare il Papa, “affliggono certamente” l’Africa, ma “ugualmente il resto del mondo”. Ogni popolo, ha soggiunto, “vuole comprendere le scelte politiche ed economiche che vengono fatte a suo nome” e quando “si accorge della manipolazione”, la sua reazione “è a volte violenta”. Ecco, ha avvertito il Papa, che ci troviamo allora “davanti ad una rivendicazione che riguarda tutti i Paesi, per una maggiore dignità e soprattutto per una maggiore umanità”. Di qui, un appello rivolto dal Papa a “tutti i responsabili politici ed economici” africani e del resto del mondo:

    “Ne privez pas vos peuples de l’espérance…
    Non private i vostri popoli della speranza! – è stata la sua esortazione – non amputate il loro futuro mutilando il loro presente”.

    Ed ha aggiunto: “Abbiate un approccio etico con il coraggio delle vostre responsabilità e, se siete credenti, pregate Dio di concedervi la sapienza”. Ancora, ha riaffermato che i leader politici devono “restare integri in mezzo alle correnti di opinione e agli interessi” ed essere dunque “servitori della speranza”:

    “L’Eglise n’apporte aucune solution technique…
    ‘La Chiesa – ha ribadito – non offre alcuna soluzione tecnica e non impone alcuna soluzione politica’, ma ha aggiunto: porta un ‘messaggio di speranza, una speranza di energia’. E’ la speranza che le viene da Dio, dal sapere che ‘l’umanità non è sola davanti alle sfide del mondo’”.

    La speranza “è comunione”, ha poi rilevato, la “disperazione è individualista”. Nella parte conclusiva del suo intervento, il Pontefice si è soffermato sul dialogo interreligioso. E ancora una volta ha avvertito che “nessuna religione, nessuna cultura può giustificare l’appello e il ricorso all’intolleranza e alla violenza”. Giustificare la violenza in nome di Dio, ha soggiunto, “è un gravissimo errore”. Al tempo stesso, il Papa ha messo l’accento sulla verità quale via per un autentico dialogo:

    “Cette vérité n’exclut pas, et elle n’est pas une confusion…
    ‘Questa verità non esclude, e non è una confusione’, è stato il suo ammonimento. Il dialogo interreligioso “mal compreso – ha detto – porta alla confusione o al sincretismo”.

    Ed ha riconosciuto che talvolta “il dialogo interreligioso non è facile”, ma questo non significa affatto una sconfitta”. E questo perché “non si dialoga per debolezza”, ma "perché si crede in Dio”. “Avere speranza – è stato il suo incoraggiamento – non significa essere ingenui, ma compiere un atto di fede in un avvenire migliore”. Il Papa ha concluso il suo discorso con un augurio di speranza per tutta l’Africa:

    “Aie confiance, Afrique, et lève toi!...
    Abbi fiducia, Africa, ed alzati! Il Signore ti chiama”.

    (applausi)

    Dopo l'incontro con la società civile beninese e contestualmente all’incontro privato del Papa con il presidente del Benin, si è tenuto un colloquio tra il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e il ministro degli Esteri del Benin, accompagnati dai rispettivi collaboratori e da alcuni altri ministri del Paese africano. Temi della conversazione: l’impegno della Chiesa nel campo sociale, educativo e la sintonia tra Benin e Santa Sede in politica estera.

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    La fede sia autentica, lontana dai sincretismi: così il Papa al seminario di Ouidah

    ◊   Pace, giustizia e riconciliazione: tre valori che “s’impongono come un ideale evangelico fondamentale alla vita battesimale” e che “richiedono una sana accettazione della vostra identità di sacerdoti, di persone consacrate e di fedeli laici”. Questo il centro del discorso che il Papa ha rivolto oggi ai seminaristi, ai religiosi e ai laici che lo attendevano nel seminario intervicariale di S. Gall a Ouidah, città da dove partivano gli schiavi venduti dai loro conterranei e acquistati dai bianchi. Qui sorgeva la “Porta del non ritorno”: chi la oltrepassava non era più considerato un uomo e veniva gettato nell’oceano; qui, nel duemila, i cristiani costruirono, invece, la “Porta del perdono”. Il servizio di Roberta Barbi:

    Coltivare una “fede autentica e viva, fondamento incrollabile di una vita cristiana santa e al servizio dell’edificazione di un mondo nuovo”. Così Benedetto XVI ha parlato ai religiosi, ai seminaristi e ai laici, ai quali guarda con fiducia per la costruzione di una Chiesa africana nuova e di comunione, in cui tutti i battezzati sono uno in Gesù Cristo:

    “L’amour pour le Dieu révélé et pour sa Parole, ...
    L’amore per il Dio rivelato e per la sua Parola, l’amore per i Sacramenti e per la Chiesa, sono un antidoto efficace contro i sincretismi che sviano. Questo amore favorisce una giusta integrazione dei valori autentici delle culture della fede cristiana. Esso libera dall’occultismo e vince gli spiriti malefici, perché è mosso dalla potenza stessa della Santa Trinità”.

    Ai religiosi, testimoni zelanti dell’amore di Dio chiamati a essere uomini di comunione e ad annunciare il Vangelo, a volte in condizioni molto difficili, nel Benin come in tutta l’Africa, l’invito del Papa è di vivere al servizio della pace, della giustizia e della riconciliazione; compito possibile solo riconoscendo la grandezza insondabile della Grazia divina e facendosi modellare da Cristo:

    “De même que le cristal …
    Come il cristallo non trattiene la luce, ma la riflette e la ridona, così il sacerdote deve lasciar trasparire ciò che celebra e ciò che riceve. Vi incoraggio quindi a lasciar trasparire Cristo nella vostra vita grazie ad una vera comunione con il Vescovo, a una reale bontà per i vostri confratelli, ad una profonda sollecitudine per ogni battezzato e ad una grande attenzione per ogni persona”.

    “La vita consacrata – ha ricordato ancora Benedetto XVI – è una sequela radicale di Gesù” in cui povertà, castità e obbedienza approfondiscono la sete di Dio e la fame della sua Parola e aiutano a camminare decisi sulla via della santità. Di fronte alle sfide dell’esistenza umana, il sacerdote di oggi e quello di domani, dovrà essere “un uomo umile ed equilibrato, saggio e magnanimo” per mantenersi testimone credibile. Ai laici, poi, il Santo Padre si è rivolto con parole di incoraggiamento, invitandoli alla preghiera e a svolgere il loro compito peculiare di “espansione della fede nella fedeltà all’insegnamento della Chiesa” che è proprio della missione dei catechisti, ma anche dei genitori. Per loro, in particolare, il Papa auspica il rispetto profondo per la vita e la testimonianza davanti ai figli dei valori umani e spirituali:

    “Quant à vous, chers fidèles laïcs …
    Quanto a voi, cari fedeli laici che, al cuore delle realtà quotidiane della vita, siete chiamati ad essere il sale della terra e la luce del mondo, vi esorto a rinnovare voi pure il vostro impegni per la giustizia, la pace e la riconciliazione. Questa missione richiede anzitutto fede nella famiglia edificata secondo il disegno di Dio e fedeltà all’essenza stessa del matrimonio cristiano. Esige anche che le vostre famiglie siano come autentiche ‘Chiese domestiche'”.

    Il Papa a Ouidah ha incontrato i sacerdoti, i seminaristi, i religiosi, e fedeli laici nel Cortile del Seminario di San Gall il primo di tutta l’Africa occidentale e dove riposano le spoglie mortali del Cardinale Bernardin Gantin. Su questo incontro il nostro inviato Massimiliano Menichetti ha intervistato padre Ambroise Deodat Zounnon, professore di teologia presso il seminario di San Gall:

    R. – Quanto sta accadendo è semplicemente una grazia, un onore e un privilegio. Tutta l’Africa, tutto il mondo sta vivendo un momento di grazia in Benin e la visita del Santo Padre nel nostro seminario rappresenta un evento molto importante: è un messaggio di conforto e d’incoraggiamento. Benedetto XVI ci ricorda che siamo noi “i primi artigiani” dell’evangelizzazione, di riconciliazione, di pace e di giustizia. Per questo motivo dobbiamo impegnarci personalmente a dare vita al messaggio del Santo Padre, attraverso la nostra testimonianza di vita in Cristo: una testimonianza che deve essere più importante delle parole.

    D. - Il seminario di San Gall, è un seminario importante portante per tutta l’Africa Occidentale…

    R. - Esiste dal 1914 e qui si formavano tutti i sacerdoti dell’Africa Occidentale. Ci stiamo preparando al centenario del seminario e possiamo dire che la visita del Papa apre i festeggiamenti di questo grande evento. Siamo grati a Dio per le tante vocazioni. Oggi il seminario è il luogo dove si formano i pastori per portare avanti l’opera di evangelizzazione qui in Benin, ma anche il luogo di missionari che partano dall’Africa verso l’Europa.

    D. - Il Papa parla di evangelizzazione, pace, giustizia…

    R. - Il nostro mondo ha bisogno di amore, di pace e di giustizia. Queste esortazioni ci invitano a un profondo esame di coscienza per riconoscere ed accettare i nostri fallimenti sul piano della pace, della giustizia e dell’amore fraterno, ma anche per entrare nella verità del messaggio del Santo Padre e prendere subito la strada della conversione.

    D. - 150 anni di evangelizzazione in Benin, la visita del Papa, la consegna dell’Esortazione post-sinodale: questa visita di Benedetto XVI è molto ricca di significati, ma anche di prospettive…

    R. - E’ il 150.mo anniversario dell’evangelizzazione, ma non tutti abbiamo accolto la Buona Novella di Gesù Cristo e quindi l’Esortazione post-sinodale viene a indicarci i mezzi per concretizzare il nostro impegno al servizio della riconciliazione, della pace e della giustizia e quindi la fede al servizio dei profondi desideri dell’umanità: Cristo ha riconciliato il mondo con la sua Croce. Questa realtà della storia dell’umanità deve essere il cuore di tutti gli sforzi per unire tutti i popoli. Siamo nuovamente mandati come discepoli in missione per portare il messaggio dell’amore di Cristo a tutti.

    D. - Cosa lascerà la visita di Benedetto XVI al Benin?

    R. - Ci lascia un impegno molto importante: siamo chiamati a costruire l’amore e l’unità fra di noi; siamo chiamati a lavorare per la riconciliazione, la pace e la giustizia. Queste tre parole sono unite fra di loro: la pace è all’inizio e alla fine della riconciliazione; la riconciliazione conduce alla pace e uno stato di spirito pacifico è anche un fattore di riconciliazione; la giustizia è al centro della riconciliazione e della pace e ci indica come comportarci. Dobbiamo ricercare sempre la giustizia in tutto ciò che facciamo: in campo politico, amministrativo e sociale, ma anche nelle nostre famiglie. Siamo semplicemente chiamati a essere sale della terra e luce del mondo per un’Africa rinnovata e per un mondo nuovo. (mg)

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    La visita del Papa alla Cattedrale di Nostra Signora della Misericordia di Cotonou

    ◊   Ieri pomeriggio, prima tappa del viaggio apostolico in Benin, dopo la cerimonia di benvenuto, è stata la visita alla Cattedrale di Nostra Signora della Misericordia di Cotonou ha presentato la ricca Chiesa del Benin che festeggia i 150 anni di evangelizzazione, il 40.mo anniversario delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede ed aspetta la consegna dell’esortazione apostolica post-sinodale Africae munus. Benedetto XVI ha indicato Maria quale Madre che porta all'"unica Luce e unica Verità: suo Figlio, Cristo Gesù”. Il servizio del nostro inviato Massimiliano Menichetti:

    Gioiosa accoglienza per il Papa nella Cattedrale dedicata alla Madre della Misericordia. L’arcivescovo di Cotonou, mons. Antoine Ganyé, ha ringraziato il Papa per la sua presenza e gli ha presentato la florida Chiesa beninese che – ha detto - “ancora deve camminare”.

    Benedetto XVI ha reso omaggio agli arcivescovi che riposano nella Cattedrale: mons. Christophe Adimou e mons. Isidore de Sousa, che tanto hanno contribuito alla crescita spirituale e materiale del Benin. Benedetto XVI li ha definiti “pastori pieni di zelo e di carità”. “Mons. de Sousa - ha precisato - è stato un amico della verità e che ha avuto un ruolo determinante nella transizione democratica” del Paese.

    “Alors que nous louons Dieu pour les merveilles dont il ne cesse de combler...
    Mentre lodiamo Dio per le meraviglie di cui non cessa di colmare l’umanità, vi invito a meditare un momento sulla sua misericordia infinita. Questa Cattedrale vi si presta provvidenzialmente. La Storia della Salvezza, che culmina nell’Incarnazione di Gesù e trova pieno compimento nel Mistero pasquale, è una splendida rivelazione della misericordia di Dio”.

    “La misericordia divina - ha detto - non consiste solamente nella remissione dei nostri peccati: essa consiste anche nel fatto che Dio, nostro Padre, ci riconduce, talvolta non senza dolore, afflizione e timore da parte nostra, sulla via della verità e della luce, perché non vuole che ci perdiamo (cfr Mt 18,14; Gv 3,16)”.

    Il Papa ha indicato la Vergine Maria quale via che “ha sperimentato al massimo livello il mistero dell’amore divino”. “Tramite il suo SÌ alla chiamata di Dio - ha indicato - ella ha contribuito alla manifestazione dell’amore divino tra gli uomini. In questo senso, è Madre di Misericordia per partecipazione alla missione del suo Figlio; ha ricevuto il privilegio di poterci soccorrere sempre e dovunque”.

    Quindi ha evidenziato che “al riparo della sua misericordia, i cuori feriti guariscono, le insidie del Maligno sono sventate e i nemici si riconciliano”.

    “En Marie nous avons non seulement un modèle de perfection, mais aussi ...
    In Maria abbiamo non soltanto un modello di perfezione, ma anche un aiuto per realizzare la comunione con Dio e con i nostri fratelli e le nostre sorelle. Madre di misericordia, ella è una guida sicura dei discepoli di suo Figlio che vogliono essere a servizio della giustizia, della riconciliazione e della pace. Ella ci indica, con semplicità e con cuore materno, l’unica Luce e l’unica Verità: suo Figlio, Cristo Gesù che conduce l’umanità verso la sua piena realizzazione nel Padre suo”.

    Quindi il Papa ha affidato a Maria le preghiere del cuore umano:

    O Madre di Misericordia,
    Noi ti salutiamo, Madre del Redentore;
    ti salutiamo, Vergine gloriosa;
    ti salutiamo, nostra Regina!
    O Regina della speranza,
    mostraci il volto del tuo Figlio divino;
    guidaci sulle vie della santità;
    donaci la gioia di coloro che sanno dire Sì a Dio!
    O Regina della Pace,
    esaudisci le più nobili aspirazioni dei giovani africani;
    esaudisci i cuori assetati di giustizia, di pace e di riconciliazione;
    esaudisci le speranze dei bambini vittime della fame e della guerra!
    O Regina della giustizia,
    ottienici l’amore filiale e fraterno;
    ottienici di essere amici dei poveri e dei piccoli;
    ottieni per i popoli della terra lo spirito di fraternità!
    O Nostra Signora d’Africa,
    ottieni dal tuo Figlio divino la guarigione per i malati, la consolazione per gli afflitti, il perdono per i peccatori;
    intercedi per l’Africa presso il tuo Figlio divino;
    e ottieni per tutta l’umanità la salvezza e la pace! Amen.

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    La preghiera del Papa sulla tomba del cardinale Gantin

    ◊   Dopo l’incontro privato con il presidente del Benin, il Papa si è recato a Ouidah, sede del Seminario di San Gall. Una folla incredibile ha accompagnato il Papa lungo i circa 40 km del percorso manifestando tutto l’affetto e l’entusiasmo dell’Africa per Benedetto XVI. Nel seminario il Pontefice ha pregato davanti alla tomba del cardinale Bernardin Gantin, una delle figure più importanti della Chiesa del beninese e di tutta l’Africa, scomparso nel 2008 all’età di 86 anni. Il cardinale Gantin è stato decano del Collegio Cardinalizio, prefetto della Congregazione per i Vescovi, presidente della Pontificia Commissione per l'America Latina. Il nostro inviato Massimiliano Menichetti ha intervistato padre Giulio Cerchietti, che per venti anni è stato segretario del cardinale Gantin:

    R. – Il cardinale Gantin è stato veramente un uomo di Dio. Ci si arricchiva, stando con lui, e di giorno in giorno il cuore si allargava per la sua dimensione di amore al Papa, alla Chiesa, alle missioni, per la sua semplicità e la sua grande umiltà. Un esempio molto semplice che può farci capire: quando venivamo in ufficio, dopo aver celebrato la Messa, lui salutava anche chi non conosceva, chi incontrava in ascensore o in portineria … E diceva: “Giulio, il saluto è degli angeli! Come mai le persone fanno tanta fatica a salutare? La più bella cosa tra gli uomini è salutarsi, dirsi ‘buon giorno’” … La prima domanda era: “Come vanno le cose? Come va la vita spirituale? Come va la vita familiare? Come stanno a casa?”. Il tuo mondo diventava il suo. Tutti sono sempre rimasti colpiti …

    D. – Lei fu ordinato sacerdote proprio dal cardinale Gantin …

    R. – La prima cosa che fece fu parlare con i miei superiori, conoscere la mia comunità e la mia famiglia, dicendo: “Le mani non si impongono solo perché ho il colore rosso!”. Lui scherzava dicendo: “Mettiamo un po’ di sugo sulla pasta”. Lui entrava in un rapporto di famiglia. Ha voluto conoscere i miei genitori, è voluto venire nella mia povera casa, perché io sono di famiglia molto modesta ed i miei erano veramente preoccupati perché non avevano mai ricevuto un cardinale a casa! Lui voleva soltanto stare lì con loro, parlare, dialogare, ascoltare la mamma e il papà, che sarebbero diventati anche la sua mamma e il suo papà. Questo ti fa capire la dimensione del cardinale.

    D. – Solo un anno dopo, diventerà il suo segretario, per vent’anni …

    R. – Nel 1984 fu nominato prefetto della Congregazione per i Vescovi, in quella che allora fu ritenuta una rivoluzione da parte di Giovanni Paolo II: cioè, un cardinale africano in questo dicastero. Fui sorpreso quando il mio provinciale mi disse: “Il cardinale ti vuole parlare”, e in quell’occasione mi chiamò, dicendo: “Ho pensato a te come segretario”. Ma io ero ordinato da un anno: ero impaurito … Il provinciale mi disse: “Bisogna obbedire! Qualsiasi cosa il cardinale ti chieda e la Chiesa ci chieda, noi dobbiamo obbedire: tu lo sai!”. Dissi subito: “Eminenza, ma lei mi ha ordinato per la missione”, e lui rispose: “Ma questa è la tua missione. Il Signore ti chiama qui”. Ora, a distanza di 28 anni dalla mia ordinazione, tutto questo mi è più chiaro e lo sento ancora più forte. Da lì, poi, è incominciata la mia vicinanza e la mia crescita insieme a lui.

    D. – L’aeroporto di Cotonou porta il nome del cardinale Gantin; molte vie portano il suo nome. Per il Benin, chi è il cardinale Gantin?

    R. – Il Benin è Gantin: senza di lui non avrebbe avuto il risalto spirituale che ha e anche sociale. Questo piccolo Paese si ritrova con due ambasciate a Roma – una presso la Santa Sede (che era un desiderio del cardinale), e una presso lo Stato italiano: questi li consideriamo dati scontati, ma sono frutto di lavoro, di rapporti tessuti con pazienza e amore … Tutto il Paese è cresciuto grazie al cardinale Gantin. Ora ci sono dieci diocesi, siamo alla quarta-quinta generazione di vescovi… Ma lui si è occupato dei bambini, delle scuole, delle missioni, ha incoraggiato la vita religiosa, la formazione … Il Benin è cresciuto con lui. Noi non dobbiamo dimenticare che Gantin fu nominato mentre era ancora studente, e fu inviato come ausiliare del suo vescovo Louis Parisot, vicino al quale ha voluto essere sepolto – e non a caso. Aveva 34 anni, e quanto è andato nel Benin c’era solo mons. Parisot: il Benin era tutto qua, insieme ai missionari …

    D. – A Ouidah, l’omaggio del Papa sulla tomba del cardinale Gantin che riposa proprio accanto al suo vescovo, mons. Parisot, e accanto ai primi missionari …

    R. – Il cardinale Gantin ha ricordato che doveva tutto ai primi missionari che gli avevano portato Cristo. Dove è sepolto lui, ci sono le loro tombe, morti giovanissimi, che hanno lasciato la loro case e la loro famiglia per andare in un Paese sconosciuto, si sono avventurati per amore del Vangelo. Hanno preso la malaria a 22, a 18 anni, giovanissimi: per amore di Cristo. E questo, per lui, era stato l’esempio più grande e anche la sua forza interiore. In questo viaggio del Santo Padre, i 150 anni dalla prima evangelizzazione hanno un significato per questo.

    D. – Una particolarità del cardinale era anche nel suo nome …

    R. – Il suo nome non è casuale. Lui soffriva un po’, quando – educatamente – lo chiamavano “Ganten”, alla francese. Ma non era lui. “Gan” vuol dire “albero” – “tin” –“ferro”, e in Benin, nella sua tradizione ha un significato. I suoi antenati erano stati mandati a custodire il confine e dovevano essere come “l’albero di ferro”, con radici molto profonde e molto forti per poter far fronte ad ogni avversità. Spiritualmente, questo lui l’ha vissuto intensamente.

    D. – Lui era africano completamente, e fedele alla cattedra di Pietro completamente …

    R. – La sua prima preghiera con la comunità, al mattino, era di ringraziamento per il privilegio di essere accanto al Papa, e la preghiera era la richiesta di non disperdere il significato di questo dono, di non abituarci ad esso. Al contempo non dimenticò mai la sua identità. Le sue prime omelie da arcivescovo di Cotonou parlano della bandiera come identità nazionale, richiamandola come simbolo alla nazione, naturalmente, alla terra e al popolo proiettandola nella visione della Divina Provvidenza. Era rimasto africano. Non a caso, a sottolineare la sua sensibilità, si ricorda una delle famose espressioni della mamma: quando venne a Roma, vide tutte le bellezze di Roma e tante cose che naturalmente in Benin non ci sono; e lei, saggiamente, disse al cardinale: “Qui è tutto bello; è grande, è grande, è bello! Ma tu, figlio mio, non dimenticare la tua capanna!”. E lui diceva: “Io non ho mai dimenticato la mia capanna!”. (gf)

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    L’impegno dell’Africa: editoriale di padre Federico Lombardi

    ◊   Sul viaggio del Papa in Benin ascoltiamo il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Il Papa parla dell’Africa come di “un immenso polmone spirituale per un’umanità in crisi di fede e di speranza”. Un continente che non solo è ricco di risorse materiali – come ben sanno i tanti che cercano di sfruttarlo – ma anche di ricchezze umane e spirituali, di amore per la vita, di creatività e di cultura. L’ascolto del Vangelo, e il conseguente “impegno dell’Africa per Cristo” – è questo il titolo dell’Esortazione finale del Sinodo che il Papa presenta in Benin – può quindi non solo risollevare i popoli del continente dalle loro difficoltà, ma renderli protagonisti nel cammino del nuovo millennio.

    Il filo che unisce i discorsi del Papa e che attraversa la sua Esortazione è la speranza. Questa è la parola chiave che ritorna continuamente nelle diverse tappe del viaggio verso la costruzione della riconciliazione, della giustizia e della pace. E’ la parola che il Papa grida con forza ai capi e ai responsabili: “Non private i vostri popoli della speranza!”, mentre li sprona alla saggezza, alla responsabilità, al buon governo. La Chiesa cattolica partecipa ogni giorno alla vita del popolo, si occupa con molta concretezza della sua salute, della sua educazione, della sua crescita umana e culturale, e lo incoraggia nella libera partecipazione alla vita sociale e politica. La speranza di cui parla la Chiesa anima l’impegno terreno e lo nobilita, aprendolo all’orizzonte spirituale ed eterno. Chi ama tanto l’Africa da avere oggi il coraggio di dirle che può essere “continente della speranza”? La Chiesa cattolica, che si sente animata dallo Spirito creatore di Dio e si sente realmente africana, ha il dono di questo amore e di questo coraggio.

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    Rinunce e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Lamego (Portogallo), presentata da mons. Jacinto Tomás de Carvalho Botelho, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. António José da Rocha Couto, finora vescovo titolare di Azura ed ausiliare di Braga. Mons. António José da Rocha Couto è nato a Vila Boa do Bispo, nella diocesi di Porto, il 18 aprile 1952. Come membro della Società Portoghese per le Missioni, ha compiuto gli studi di Filosofia e Teologia presso il Seminario di Tomar. Il 3 dicembre 1980 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale. Ha poi ottenuto la Licenza in Sacra Scrittura a Roma (1986), quindi la Laurea in Teologia presso l'Istituto Francescano Emmaus. Nel corso del ministero sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: formatore, cappellano militare, professore di Sacra Scrittura e Parroco a Luanda, in Angola. In seguito, in Portogallo, è stato anche rettore del Seminario di Valadares (1996-1999) e professore presso le Università Cattoliche di Porto e di Lisbona. Nel 1999 è stato designato vicario generale della Società Portoghese per le Missioni, della quale, il 29 giugno 2002, divenne superiore generale. Il 6 luglio 2007 è stato nominato vescovo titolare di Azura ed ausiliare di Braga ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 23 settembre successivo.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo della Diocesi di Saint John’s-Basseterre nelle Antille, mons. Kenneth David Oswin Richards, vicario generale di Kingston in Jamaica. Mons. Kenneth David Oswin Richards è nato a Linstead, St. Catherine, nella regione di Spanish Town in Giamaica, il 16 agosto 1958. Pur essendo nato nelle Antille, la sua famiglia è di origine africana (sub-sahariana). Dopo gli studi primari nella scuola cattolica di St. Catherine a Linstead, in Giamaica, è entrato nel Seminario Maggiore di St. Michael’s, presso l’Università delle West Indies, in Giamaica, dove ha ottenuto un Bachelor in Theology. Durante gli studi in Seminario, ha conseguito anche una Licenza in Teologia Morale presso la Catholic University of America. È stato ordinato sacerdote il 29 settembre 1985. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha ricoperto i seguenti incarichi nell’Arcidiocesi di Kingston in Jamaica: 1985-1989:vicario parrocchiale di Holy Cross; 1989-1995: parroco di San Benedetto e i Martiri Africani;1995-2003: parroco delle due parrocchie di San Giuda e San Patrizio; 2002-2005: direttore arcidiocesano delle vocazioni; 2004-2008: presidente del Consiglio Presbiterale e presidente dell’Associazione dei Sacerdoti dell’Arcidiocesi; dal 2004: membro del Concilio Scolastico di St. George’s College e di Holy Trinity High School, e amministratore della Cattedrale. Dal 2008 è vicario generale dell’Arcidiocesi di Kingston in Jamaica.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore sul viaggio del Papa nel Benin.

    Oggi la sposa di Dio rifulge nella casa del Signore: in prima pagina, Manuel Nin sulla festa dell'Ingresso della Madre di Dio nel tempio.

    Nell'informazione internazionale, Francesco Citterich sulle legislative anticipate, domani, in Spagna e Pierluigi Natalia sulle violenze che stanno scandendo l'attesa, nella Repubblica Democratica del Congo, per le elezioni presidenziali e politiche del 28 novembre.

    In cultura, stralci della lectio magistralis tenuta dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, al convegno "Scienza e cura della vita: educazione alla democrazia".

    Un articolo di Pietro De Francisci dal titolo "Il Papa di Chateaubriand": duecentocinquanta anni fa, il 20 novembre 1761, nasceva Francesco Saverio Castiglioni, dal 31 marzo 1829 Pontefice con il nome di Pio VIII.

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    Oggi in Primo Piano



    Il cardinale Bagnasco al convegno di "Scienza e Vita": difendere i valori umani, a partire dalla vita

    ◊   Bisogna “difendere i valori costitutivi dell’umano” e “tra questi la vita umana, dal suo concepimento alla sua fine naturale, è certamente il primo”. Così, il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, aprendo ieri pomeriggio a Roma il Convegno nazionale dell'associazione "Scienza e Vita". Due giorni di incontri per l’organizzazione che ha anche presentato il manifesto dal titolo: “Scienza e cura della vita: educazione alla democrazia”. Il servizio di Debora Donnini:

    “Una società è veramente umana soltanto quando protegge senza riserve e rispetta la dignità di ogni persona dal concepimento fino alla sua morte naturale”. Lo ha ribadito il cardinale Angelo Bagnasco citando Benedetto XVI e specificando che non si tratta di voler imporre la fede e i valori che ne scaturiscono direttamente, ma solo di difendere i valori costituivi dell’umano e che per tutti sono intellegibili come verità dell’esistenza, perché appartengono al Dna della persona. Valori che non possono essere né parcellizzati né negoziati, fra cui la vita umana è il primo. Questo è il ceppo dell’etica della vita su cui germoglia l’etica sociale. L’appello centrale del cardinale Bagnasco è dunque quello di recuperare “la natura relazionale della persona”:

    “Il punto non è far entrare la società nel privato ma si tratta di recuperare la natura relazionale della persona in modo che la società possa e debba concepirsi e strutturarsi non solo come erogatrice di servizi ma come comunione di destino”.

    Il discorso del presidente della Cei parte da una critica al nichilismo, che porta ad una svalutazione della vita, e all’individualismo il cui grande pericolo è proprio quello di perdere la dimensione comunitaria. Al centro vi è una difesa della ragione che “quando viene cancellata dall’orizzonte, anche la fede si indebolisce”. Necessario anche riscoprire il senso del dolore:

    “La cultura contemporanea deve riconciliarsi con il dolore e la morte se vuole riconciliarsi con la vita perché i primi fanno parte della seconda e quindi dobbiamo recuperare la capacità di portare il dolore insieme”.

    Fa eco all’intervento del porporato, il co-presidente dell’Associazione "Scienza e Vita", Lucio Romano. La vulnerabilità, dice, è condizione sostanziale dell’essere umano insistendo sulla dimensione di reciprocità della persona:

    “L’essere umano è costitutivamente relazionale: nell’essere con l’altro ed essere per l’altro evidentemente declina la sua vita in termini di etica della responsabilità. Altrimenti saremmo tutti soggetti individualisti e di conseguenza relativisti”.

    Ad intervenire anche diversi esponenti del mondo politico: il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ma anche Pierluigi Bersani del Pd e Pierferdinando Casini per l’Udc.

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    Afghanistan: dalla Loya Jirga via libera a colloqui con i talebani

    ◊   Sono giunti alla dichiarazione finale i duemila delegati della tradizionale Loya Jirga afghana, riunita a Kabul. La Grande Assemblea ha infatti approvato il progetto del governo di accogliere basi militari americane per dieci anni, ma a determinate condizioni, tra cui la fine dei raid notturni sul territorio afghano. I partecipanti si sono detti anche favorevoli a colloqui con quei talebani che rinunceranno alla violenza perché - è scritto nel testo - ''la pace è un bisogno urgente''. Ma il nodo dei negoziati con l’opposizione armata rimane un punto cruciale per il futuro dell’Afghanistan, perché i talebani si sono già detti contrari a trattative col governo finché ci saranno truppe straniere nel Paese asiatico, il cui ritiro è previsto nel 2014. E lo hanno dimostrato con l’attentato del 20 settembre scorso, in cui ha perso la vita il presidente dell'Alto Consiglio per la Pace, Burhanuddin Rabbani. Sulla situazione nel Paese, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Kabul, Serena Di Matteo, capo missione dell’organizzazione “Christian Aid” in Afghanistan:

    R. – La situazione è molto delicata soprattutto dopo l’uccisione del presidente Rabbani, che ha sollevato perplessità sul processo. Quindi, adesso bisognerà vedere chi rimpiazzerà il capo di questo organismo che si occupa di negoziare con i talebani. Il presidente Hamid Karzai, in questi giorni, ha voluto tenere la Jirga per avere consigli ed idee sulle due questioni più delicate: il processo di pace e la presenza americana dopo il 2014, quando le truppe dovrebbero lasciare il Paese.

    D. – Sembra di capire che ci sono due posizioni: da una parte, i talebani che rifiutano le trattative finché ci sarà una presenza militare straniera in Afghanistan e, dall’altra, quella del governo che sta gettando le basi per un accordo strategico con gli Stati Uniti fino al 2024, cioè oltre la data del ritiro straniero. Come si rispecchiano queste due posizioni sul terreno?

    R. – Ovviamente, il governo vuole coinvolgere i talebani in questa trattativa perché si rende conto – in effetti – che sono una parte importante del dialogo per il raggiungimento della pace. Quando parliamo di talebani dobbiamo tener conto che ci sono grosse differenze ideologiche e, quindi, bisogna anche capire con quali talebani si voglia parlare. C’è dunque la necessità di arrivare ad un accordo con i talebani, perché la pace altrimenti non potrà essere raggiunta, però poi ci sono questioni di natura politica. E ancora: c’è la preoccupazione del governo afghano che, se le truppe dovessero lasciare dopo il 2014, la situazione potrebbe tornare nel caos.

    D. – Proprio in questo clima di insicurezza, anche in base all’esperienza maturata nei vostri programmi di sviluppo tra la popolazione, la gente in questo momento come vive?

    R. – “Christian Aid” lavora anche col governo afghano: per esempio, abbiamo lavorato in questi giorni molto attivamente con un paio di parlamentari donne affinché i diritti delle donne e della popolazione in generale non vengano poi compromessi in un possibile processo di pace con i talebani. Infatti, dobbiamo essere molto attenti che tali diritti vengano rispettati e protetti. Poi, a livello di comunità rurali, noi continuiamo a fornire l’assistenza per lo sviluppo delle comunità, per lo sviluppo agricolo, per l’approvvigionamento dell’acqua, con sostegni alle donne e alle famiglie vulnerabili. Però, in questo momento, ci stiamo battendo molto – come “Christian Aid” e con altre organizzazioni con cui lavoriamo – per cercare di assicurarci che la società civile partecipi alla Conferenza di Bonn, a dicembre, affinché abbia una propria voce nella strategia per il futuro.

    D. – Quali sono le esigenze dell’Afghanistan, oggi?

    R. – La situazione, a distanza di dieci anni, non è migliorata nella misura in cui ci aspettavamo. Gli indicatori di sviluppo restano comunque molto bassi: l’Afghanistan resta il secondo Paese più povero al mondo, alle donne viene negato l’accesso alla sanità e all’educazione e ci sono altissimi tassi di povertà in questo Paese. Poi, le statistiche ci dicono ancora che l’Afghanistan è il posto peggiore per essere una madre e una donna: ci sono tassi di mortalità spaventosi. Questo Paese ha quindi bisogno di un supporto concreto per raggiungere quello sviluppo e quella sicurezza che sono necessari. (gf)

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    Contro l’abuso mediatico del corpo femminile, il Premio "Immagini Amiche"

    ◊   Torna il Premio “Immagini amiche”, promosso dal Parlamento Europeo e dall’Unione Donne in Italia. La seconda edizione, che porterà all’assegnazione del premio a marzo prossimo, è stata presentata, ieri, nella sede della rappresentanza di Roma del Parlamento Europeo. C’era per noi, Fausta Speranza:

    L’intenzione è contrastare la tendenza di televisione e pubblicità ad abusare dell’immagine delle donne, e troppo spesso in particolare del corpo femminile. Contrastare tale tendenza valorizzando una comunicazione diversa, come spiega la presidente del Premio "Immagini Amiche", Daniela Brancati:

    “Ci sono tanti modi di combattere una battaglia culturale. Un modo è punire, reprimere; noi non abbiamo né la capacità, né la possibilità, ma neanche l’intenzione, perché l’altro modo invece è quello che preferiamo: cioè far conoscere le azioni positive, quelle buone, quelle che sono amiche delle donne, delle pari opportunità, esaltarle, farle conoscere, premiarle. Credo che le immagini amiche delle donne siano tutte quelle vere. Purtroppo nell’immaginario attuale prevale l’idea che esistano ragazze soltanto fino ai 30 anni, tollerate dai 30 ai 40 e completamente invisibili dai 40 anni in su. Prevale l’idea che si possa fare una carriera attraverso scorciatoie. La bellezza è qualcosa di molto più complesso, è qualcosa in cui si possono riconoscere qualità anche interiori che sono qualità importanti”.

    Il Premio, che gode del patrocinio della Presidenza della Repubblica italiana, è ispirato in particolare alla Risoluzione del Parlamento Europeo del 3 settembre 2008 che chiedeva al mondo del marketing e della pubblicità “una creatività socialmente responsabile”. Ci sono stati poi altri pronunciamenti in difesa di un’immagine dignitosa della donna, come ricorda Silvia Costa, presidente della Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere al Parlamento Europeo:

    “Abbiamo approvato un’importante risoluzione che era in generale sul problema della pubblicità fraudolenta, sull’impatto della pubblicità sul comportamento dei consumatori, ma è anche stato inserito un vero e proprio capitolo sulla questione della dignità umana e del rispetto delle donne con particolare attenzione proprio a dare una immagine non discriminatoria, non stereotipata, ma soprattutto non lesiva della dignità della persona”.

    Un’immagine banalizzata e volgarizzata del corpo femminile non lede solo i diritti delle donne: lo sottolinea Silvia Costa spiegando la reazione di tanti ragazzi che nelle scuole dibattono su questi temi:

    “Nelle scuole i più indignati sono i giovani maschi che dicono: noi non ci riconosciamo in quell’idea di maschio, di uomo, che sembra soltanto guardare in un certo modo le donne; certo ci possono piacere le belle ragazze ma non può essere solo questo il tipo di sguardo che ci rimane. Quindi, anche loro sono traditi da questo immaginario”.

    Il mondo della comunicazione ha un impatto anche sulla società reale, in particolare il mondo della televisione, anche se in realtà non rappresenta la vera società. La vicepresidente del Parlamento Europeo, Roberta Angelilli:

    “Se noi non veniamo considerate anche come un valore aggiunto da un punto di vista proprio della forza attiva, positiva, propositiva della nazione e della nazione europea, è perché noi scontiamo anche il peso di una serie di pregiudizi culturali. Soltanto chi ha l’opportunità di 'dominare' la scena televisiva è una persona che può contare qualcosa, quindi spesso a prescindere dal valore della persona. Il grosso della comunicazione valorizza persone - purtroppo mi riferisco soprattutto alle donne – che sono 'sopra le righe'. Può essere una questione fisica, quindi chi si presenta in modo più accattivante, o anche una questione comportamentale: se una donna è una grande provocatrice, è una persona molto aggressiva, è una persona sempre 'sopra le righe', ha un’accoglienza positiva nella comunicazione”.

    Premiare immagini di donne diverse vuole mettere in luce tanta bellezza di aspetto e di comportamento dell’universo femminile che di solito non trova spazio.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 34.ma Domenica del Tempo ordinario, Solennità di Cristo Re dell’Universo, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù parla del giudizio finale, quando davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. I giusti saranno posti alla sua destra, gli empi alla sua sinistra. Ai giusti dirà:

    “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    La grandiosità della scenografia della parabola del giudizio finale impressionò sempre nei secoli: ne sono testimonianza le rappresentazioni grandiose, dalla Cappella Sistina al Duomo di Orvieto, dal portale delle cattedrali medievali alle visioni dei mistici. La parte più ampia della parabola è riservata al duplice dialogo, con una ripetizione marcata delle opere di misericordia, enumerate quattro volte. Più che le cose da fare, dobbiamo cogliere, in questa esemplificazione ripetuta, il re che si identifica con i più fragili, i “piccoli fratelli” nell’emergenza quotidiana. Là dove in concreto qualcuno ha fame, ha sete, è forestiero, nudo, solo, malato, carcerato, là Gesù ci aspetta per incontrarci, per ricevere attenzione e riconoscerci suoi discepoli coerenti. Siamo alla chiusura dell’anno liturgico, domenica prossima entriamo nell’Avvento. Si tendono la mano la fine e il nuovo inizio: perché corriamo incontro al Signore della storia, con abbracci di pace, con mani solidali, con cuore generoso. Infatti la salvezza non dipenderà dalle idee condivise, dalle prostrazioni devote, ma dal pane condiviso, dagli incontri di solidarietà, dalla compagnia con i più piccoli e dalle catene spezzate. Su tutto questo sì il nostro Re ci valuterà senza sconti.

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    Chiesa e Società



    Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia: fermare la strage degli innocenti

    ◊   In occasione della Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia, promossa nell’anniversario della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (20 novembre 1989), si svolge questa domenica una “Giornata di preghiera e di azione per i bambini” con il sostegno delle Nazioni Unite. Per la circostanza, una Santa Messa viene celebrata a Parigi, nella chiesa di San Francesco Saverio su iniziativa del BICE, l’Ufficio internazionale cattolico dell’infanzia, che ha chiesto ai suoi sostenitori di inviare le proprie intenzioni di preghiera da inserire nella liturgia; a presiedere il rito sarà il parroco, mons. Patrick Chauvet, vicario generale dell’Arcidiocesi di Parigi. Nel divulgare l’iniziativa il BICE sottolinea l’urgenza e l’importanza della preghiera e dell’azione, strumenti indispensabili nel sostegno ad un’infanzia colpita da crescente miseria e da disordini ecologici e rilancia alcune sfide da assumere per assicurare ai più piccoli una esistenza dignitosa, sfide che includono il rispetto del diritto alla vita, la lotta alla povertà, alla violenza sui minori e al lavoro minorile, l’attenzione ai bambini disabili, l’accesso dell’infanzia all’istruzione e alla sanità. Secondo dati di agenzie dell’ONU, 150mila bambini al di sotto dei 15 anni muoiono ogni anno per maltrattamenti e oltre 40 milioni sarebbero vittime di violenze fisiche. Davanti a tali dati allarmanti, il BICE ha avviato un Programma trasversale di lotta contro i maltrattamenti e gli abusi in 15 Paesi di quattro Continenti per prevenire la violenza e aiutare i bambini nel loro percorso di recupero. Il “Programma” si avvarrà di partner locali e terrà conto delle specificità di ogni Paese, al fine di attuare azioni efficaci e durevoli. In America Latina e Caraibi il progetto interesserà Brasile, Bolivia, Cile, Perù e Repubblica Dominicana; in Africa, Costa d’Avorio e Togo; in Europa, Russia, Kazakhstan, Ucraina, Moldova; in Asia, Cambogia e Nepal. (A cura di Marina Vitalini)

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    Laici e cristiani chiedono giustizia per la suora assassinata in India

    ◊   “Il martirio di suor Valsa è un campanello d’allarme per l’intero Paese e una sfida per la Chiesa in India”: così, padre Cedric Prakash, gesuita, direttore del Centro per la giustizia e la pace Prashant di Ahmedabad, ha commentato l'assassinio della religiosa delle Suore di Carità di Gesù e Maria. Suor Valsa, che ha dedicato la sua vita ai popoli indigeni della regione di Dhumka, è stata uccisa da un gruppo di quaranta uomini. Le Associazioni laiche e cristiane dell'India definiscono una “vergogna nazionale” che il “legame profondo tra le potenti compagnie del carbone e la macchina dello Stato sia costato la vita preziosa di una donna che stava lavorando per assicurare i diritti di base degli emarginati”. “Le lobby delle miniere di carbone – ha spiegato ad "AsiaNews" padre Prakash – sono diventate sempre più potenti. Il loro legame con polizia e politici è spudorato”. Il religioso ha elogiato poi l’impegno della suora a favore dei più deboli: “La cristianità, qui, deve essere vissuta con chiarezza al fianco dei poveri, degli emarginati, degli oppressi e degli sfruttati. La Chiesa deve sostenerli in modo pratico nella loro lotta per una società più equa, giusta e umana”. Il gesuita ha infine citato l’Enciclica di Benedetto XVI, Caritas in Veritate: “L’amore–caritas è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace. È una forza che ha la sua origine in Dio, Amore eterno e Verità assoluta”. Per far luce sull’uccisione di suor Valsa, alcune associazioni di popoli indigeni hanno firmato un comunicato congiunto: chiedono l’apertura di un’inchiesta sulle probabili connessioni tra l’omicidio e le minacce di morte che la religiosa aveva ricevuto dalla mafia del carbone. (G.C.)

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    Mozambico: inaugurazione di un centro di accoglienza per bambine nel segno della Vergine Maria

    ◊   Nella memoria della Presentazione della Beata Vergine Maria, viene inaugurato lunedì prossimo 21 novembre in Mozambico il centro di accoglienza “O Viveiro” per bambine e ragazze, sorto su iniziativa dell’omonima onlus italiana volta alla promozione umana, morale e sociale di ragazzi e ragazze in stato di disagio; la nuova struttura sorge a Chitima, in provincia di Tete e potrà ospitare a pieno regime una ventina di adolescenti tra i 12 e i 18 anni, che potranno proseguire gli studi in ambiente protetto, ricevere formazione spirituale e fruire di assistenza sanitaria. All’origine dell’iniziativa è l’intento della Chiesa locale e della onlus di rispondere ad alcune urgenze e necessità del territorio, tra cui l’elevato numero di orfani, un alto tasso di analfabetismo femminile, l’ingresso tardivo delle ragazze nel sistema scolastico e l’alto numero di abbandoni, la scarsa conoscenza del portoghese, l’avvio in età adolescenziale al lavoro o ad attività moralmente inaccettabili. Costruito su un terreno di sette ettari il progetto è composto, oltre alle unità abitative, da una cappella già inaugurata e dedicata alla Gran Madre di Dio, e da aule di studio, laboratori, un alloggio per formatori, una foresteria ed un’infermeria per assistenza di primo e pronto soccorso. Parte del terreno disponibile è stata destinata alle coltivazioni agricole e all’allevamento, ai fini del parziale auto-sostentamento del Centro e per l’apprendimento di tecniche e processi a beneficio della popolazione rurale locale. Sono attesi alla cerimonia inaugurale il vescovo di Tete, mons. Inácio Saure, sacerdoti e religiosi diocesani e autorità civili, insieme ad esponenti della onlus promotrice, tra i quali la presidente, dott.ssa Flaminia Giovanelli, sotto-segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. (M.V.)

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    A Dublino, un simposio sull’ecclesiologia di comunione 50 anni dopo il Concilio

    ◊   “L’ecclesiologia di comunione cinquant’anni dopo l’apertura del Concilio Vaticano II”: questo il titolo del simposio di teologia ospitato dalla Pontificia Università del St. Patrick’s College di Maynooth, a Dublino, in Irlanda, che si svolgerà dal 6 al 9 giugno 2012. Il simposio avrà luogo alla vigilia del Congresso eucaristico internazionale, che si terrà sempre a Dublino dal 10 al 17 giugno, sul tema “L’Eucaristia: comunione con Cristo e tra di noi”. In preparazione a quest’appuntamento, ricorda l'agenzia Sir, il St. Patrick’s College ha invitato i ricercatori a inviare documenti che esplorano le fonti teologiche, lo sviluppo, la ricezione e gli orizzonti futuri sull’ecclesiologia di comunione per esplorare sempre meglio il tema dell’ecclesiologia di comunione. (R.B.)

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    Cambogia: milioni di zanzariere contro la malaria e il dengue

    ◊   Milioni di zanzariere verranno consegnate alla popolazione cambogiana per cercare di limitare la diffusione della malaria e del dengue. L’iniziativa, promossa dal governo cambogiano, prevede la distribuzione di quasi tre milioni di zanzariere trattate con insetticidi, che raggiungeranno oltre 4mila villaggi di 20 provincie della Cambogia. Si tratta della più grande operazione del genere in Asia, afferma l’Agenzia Fides. Secondo il responsabile locale dell’Oms l’obiettivo della campagna è di raggiungere entro la fine dell’anno tutte le persone a rischio di malaria, soprattutto in seguito alle grandi alluvioni registrate in tutto il Paese. Le zanzariere saranno distribuite dal "National Malaria Control Center", con l’assistenza tecnica dell’Oms. Priorità verrà data agli abitanti delle aree forestali, che sono a maggior rischio di contagio, favorito dalle acque stagnanti delle piogge. Soltanto in questo mese verranno distribuite 785mila zanzariere trattate in 6 province, comprese tre tra quelle più colpite dalle alluvioni. Secondo il “National committee for disaster management”, le piogge hanno colpito finora circa il 10% della popolazione del Paese, coinvolgendo circa un milione e mezzo di persone. Su 18 province, Kandal, Kampong Thom, Prey Veng e Kampong Cham sono le più gravemente danneggiate e sono ancora isolate. Negli ultimi nove mesi del 2011, sono stati registrati 43.991 casi e 64 morti per la malaria, rispetto ai 38.321 e agli 82 morti dello stesso periodo dello scorso anno. Secondo l’Oms, nel 2000, il numero dei casi di malaria trattati in Cambogia era arrivato a 129.167 con 608 decessi. Nel 2010 sono scesi a 56.217 con 135 morti, il 78% in meno. (M.R.)

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    Repubblica Dominicana: calo del lavoro minorile negli ultimi dieci anni

    ◊   Segnali positivi dalla Repubblica Dominicana. Secondo i risultati di uno studio appena pubblicato, riporta l’agenzia Fides, negli ultimi 10 anni il lavoro infantile si è ridotto del 14%. Secondo questi dati, il Paese si dirige verso l’eradicazione delle peggiori forme di lavoro dei minori entro il 2015 e l’eliminazione di ogni tipo di sfruttamento entro il 2020, come pianificato dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) e dall’Ufficio delle Nazioni Unite per l’infanzia. Secondo il Ministero del lavoro domenicano, oltre l’89% dei bambini e degli adolescenti lavoratori dominicani riescono a portare avanti gli studi. Il Paese risulta tra i più avanzati nella lotta contro il lavoro minorile. I tassi più elevati si registrano nelle province del Sud Ovest, con il 24,5%, mentre i più bassi nel Distretto nazionale e nella provincia di Santo Domingo, con l’8 %. (G.C.)

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    Indonesia: missione di laici cattolici nell’estremo oriente del Paese

    ◊   Un gruppo laico di aiuto umanitario e di assistenza cattolico, il Kelompok Bakti Kasih Kemanusiaan (Kbkk), ha compiuto il mese scorso una missione di due settimane fra le popolazioni native di Agats, in una diocesi nella parte più orientale dell’Indonesia. Il gruppo - riferisce AsiaNews - composto di 24 persone provenienti da diverse province dell’Indonesia, ha affrontato un viaggio difficile. Violenti disordini politici e sociali hanno turbato le città di Timika e Jayapura, che si trovano lungo la strada per raggiungere la regione. Il gruppo è stato costretto a dividersi, con soste prolungate in diversi aeroporti per ragioni di sicurezza e mancanza di carburante. Alla fine, il gruppo è giunto nella foresta di Papua, dove i nativi vivono di pesca, caccia e raccolta della frutta. Il territorio è paludoso e non c’è acqua potabile. In due settimane di lavoro sono stati distribuiti generi di prima necessità ai nativi e sono stati assicurati servizi sanitari e medici. Il vescovo di Agats-Timika, mons. Aloysius Murwito, ha elogiato l’organizzazione: “Grazie a Dio, perché la Chiesa in Indonesia ha il Kbkk e il suo forte impegno al servizio degli altri”. Fino ad oggi, il Kbkk ha compiuto missioni in 24 diocesi indonesiane e ha offerto il suo aiuto nelle zone colpite dai disastri naturali. (G.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Spagna alle urne: favorito il centro-destra di Mariano Rajoy

    ◊   In Spagna giornata di “riflessione” e di silenzio dei partiti, alla vigilia del voto politico anticipato di domani che, in ogni caso, chiuderà oltre sette anni di “era Zapatero”. Tuttavia, stamane a Madrid e Barcellona sono tornati in piazza i giovani indignati, invitando tutti gli elettori all’astensione come forma di protesta contro la classe politica. Il punto nel servizio di Michela Coricelli:

    Ultimi appelli alle urne, ieri sera, per la chiusura della campagna elettorale. I due principali candidati alla presidenza del governo, Mariano Rajoy del centrodestra e il socialista Alfredo Perez Rubalcaba, hanno concluso a Madrid il loro tour elettorale. Oggi giornata di riflessione, in attesa del voto: domani quasi 36 milioni di persone dovranno scegliere 350 deputati e 208 senatori. Le elezioni si celebrano in un momento molto delicato per l’economia spagnola. I riflettori restano accesi sul paese iberico, la pressione dei mercati è pesante. Ieri mattina il differenziale fra il Bono spagnolo a 10 anni e il bund tedesco ha raggiunto quota 500 punti, per poi riassestarsi a 441. Durante tutta la campagna – e anche nelle sue ultime battute – si è parlato soprattutto di economia, deficit, debito pubblico, tagli alla spesa e lavoro, la principale preoccupazione degli spagnoli: il tasso di disoccupazione ha ormai superato il 21%. Gli ultimi sondaggi pronosticano un chiaro vantaggio del Partito popolare, che domani potrebbe ottenere la maggioranza assoluta, guadagnando terreno anche in Andalusia e in Catalogna. Per i socialisti invece potrebbe essere una durissima sconfitta.

    Siria
    Scade alla mezzanotte di oggi l'ultimatum di tre giorni imposto dalla Lega Araba alla Siria perché applichi sul terreno il piano per la fine delle violenze concordato con la stessa organizzazione pan-araba. Ieri Damasco ha posto alcune condizioni per rendere operativo il piano, riguardanti in particolare la composizione di una delegazione di 500 osservatori che dovrebbero essere inviati nel Paese. Intanto i comitati d’opposizione segnalano nuove violenze contro la popolazione civile a Hama e Homs, dove le forze di sicurezza avrebbero aperto il fuoco in aree residenziali. Infine proseguono le pressioni della comunità internazionale con Usa, Russia e Turchia che hanno lanciato l’allarme sul possibile scoppio di una "guerra civile".

    Libia, catturato figlio di Gheddafi, Saif al-Islam
    Il figlio di Muammar Gheddafi, Saif al-Islam, è stato catturato da miliziani governativi nel sud della Libia, nei pressi della località di Obari, dove è attualmente detenuto. Secondo il ministro della giustizia del Cnt, Mohammed al-Allagui, il figlio del colonnello è stato preso insieme a tre guardie del corpo e non è stato ferito durante l'operazione. Saif al-Islam, figlio 39.enne e accreditato successore dell’ex rais libico, è ricercato dalla Corte penale internazionale (Cpi) per crimini contro l’umanità. Fra i sette fratelli era considerato il più illuminato e riformista e in passato si era imposto come il principale interlocutore dell'Occidente. La sua cattura arriva alla vigilia dell’annuncio del nuovo governo di transizione.

    Iran-Aiea
    Approvata dall’Aiea, Agenzia Internazionale per l’energia atomica, una risoluzione che esprime “profonda e crescente preoccupazione” per il programma nucleare iraniano. L'Iran è ora di fronte a un isolamento internazionale " senza precedenti", ha commentato il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Tom Donilon, poche ore dopo l'approvazione del testo. Secondo alcune indiscrezioni, gli Stati Uniti starebbero anche preparando nuove sanzioni contro l’Iran per colpire il settore petrochimico. Teheran intanto ha già detto no a una missione Onu nel Paese.

    Tunisia, raggiunto accordo sui vertici della Repubblica
    Accordo raggiunto nel Paese maghrebino tra le varie componenti politiche: i dirigenti di sinistra Moncef Marzouki e Mustafa Ben Jafaar saranno, rispettivamente, il prossimo presidente della Repubblica e prossimo presidente dell'Assemblea costituente tunisina, mentre il numero due del partito islamico Ennahda Hamadi Jebali, diventerà primo ministro.

    Egitto
    Migliaia di egiziani ieri sono tornati ieri a piazza Tahir, al Cairo, per contestare il Consiglio supremo delle Forze armate al potere. Nel mirino le modifiche alla carta costituzionale elaborate dal governo e che assegnano ai militari un potere maggiore rispetto alle altre forze politiche. Nel progetto le Forze armate avrebbero il veto su alcune decisioni di politica estera e il controllo sul bilancio della difesa.

    Myanmar
    Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha annunciato di voler compiere "il prima possibile" una visita in Myanmar. Lo ha detto a margine del vertice asiatico Asean in Indonesia, esortando il Paese "a ulteriori riforme, senza indugio". L’annuncio del numero uno delle Nazioni Unite fa seguito a quello del segretario di Stato Usa Hillary Clinton, che visiterà il Paese asiatico il mese prossimo. In programma anche un incontro con il premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi. Ieri il partito della leader dell’opposizione, la Lega Nazionale per la democrazia, ha deciso di registrasi nuovamente come formazione politica dopo lo scioglimento avvenuto un anno fa.

    Usa-Cina: Obama incontra premier Wen Jiabao
    Il presidente americano, Barack Obama, e il premier cinese, Wen Jiabao, hanno avuto un incontro di circa un'ora oggi sull'isola di Bali, a margine del vertice dei Paesi dell'Asia orientale (Eas). Il colloquio, centrato sull’economia, si è tenuto in una fase di tensioni bilaterali. La Cina ha poi accolto con grande freddezza l'annuncio di un rafforzamento militare americano in Australia e lamentato le "ingerenze" Usa nei contenziosi territoriali fra Pechino e i suoi vicini nel sud del Mar della Cina. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 323

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.