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Sommario del 16/11/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’udienza generale: l'amore di Dio vince sempre sull'odio, i cristiani imparino a pregare con i Salmi
  • Il viaggio del Papa in Benin, speranza per tutta l'Africa
  • Mons. Migliore: il viaggio in Benin sia una festa della fede ben oltre i confini dell'Africa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Italia: solo tecnici nel nuovo Governo Monti
  • L'Unione Europea verso una nuova regolamentazione per le agenzie di rating
  • Siria sempre più isolata. Monito della Turchia contro Damasco
  • Teheran risponderà presto alla denuncia dell'Aiea sulla capacità iraniana di produrre armi nucleari
  • Inaugurata a Palazzo Venezia la mostra "Roma al tempo di Caravaggio 1600-1630"
  • Chiesa e Società

  • Il ministro pakistano per l'Armonia incontra Benedetto XVI
  • India: il cardinale Tauran esorta jainisti e cristiani a promuovere la cultura della vita
  • Medio Oriente: concluso in Libano il viaggio del Patriarca russo Kirill
  • In Somalia l'Unicef denuncia l'escalation di violenze sui bambini
  • Corno d'Africa: piogge ed epidemie nei campi profughi in Kenya ed Etiopia
  • Mons. Dolan alla plenaria dei vescovi Usa: "La Chiesa ha ancora molto da dire al mondo"
  • I vescovi del Venezuela contro gli anticoncezionali di emergenza: “Si rispetti la vita”
  • Ecuador: le conclusioni del Congresso nazionale sulla famiglia
  • Indonesia: i francescani denunciano violazioni dei diritti umani in Papua
  • Thailandia: migliora la situazione a Bangkok dopo le alluvioni. Gli aiuti della Caritas
  • Myanmar. Il vescovo di Banmaw: si aggrava il conflitto nello Stato del Kachin
  • In Bangladesh donne e bambine le principali vittime dell’acido
  • Nepal: la comunità islamica chiama alla solidarietà le altre minoranze religiose
  • Liberia: suor Browne dirigerà la Commissione sulle violenze pre-elettorali
  • Gabon: il cardinale Lozano Barragan pone la prima pietra di un ospedale cattolico
  • In Cina prosegue la costruzione di una chiesa dedicata al Sacro Cuore di Gesù
  • In otto Paesi europei Settimana di incontri cristiano-islamici
  • Iniziative dei vescovi dell'Inghilterra e del Galles per la Settimana interreligiosa
  • Francia: congresso a Gerusalemme dei direttori diocesani del pellegrinaggio
  • Internet: in Europa aumentano i siti “pusher” per la vendita di droga
  • Mons. Crociata: la conoscenza è il primo passo per affrontare la sfida europea
  • 24 Ore nel Mondo

  • Obama preoccupato per l’economia europea, per Barroso la crisi è sistemica
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’udienza generale: l'amore di Dio vince sempre sull'odio, i cristiani imparino a pregare con i Salmi

    ◊   I cristiani imparino a pregare con le parole dei Salmi. Benedetto XVI ha rivolto questo invito al termine dell’udienza generale di questa mattina in Piazza San Pietro, che ha concluso il ciclo delle catechesi del mercoledì dedicate alla preghiera del Salterio. Il Papa ha commentato il Salmo 110 che celebra – anticipandola nella figura del re sacerdote Melchisedek – la regalità del sacerdozio di Cristo e quindi la vittoria dell’amore di Dio sul male. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Sentimenti di gioia e stati d’animo di tristezza. Dubbi e paure che ottengono risposte e sicurezze. C’è tutto l’uomo con i suoi slanci e le sue contraddizioni, nei Salmi. E c’è tutto Dio con la sua benevolenza e la sua forza. Il Papa li ha definiti “preziose preghiere” che meritano di essere scoperte o riscoperte come compagne della quotidianità di un credente:

    “Vorrei allora rinnovare a tutti l’invito a pregare con i Salmi, magari abituandosi a utilizzare la Liturgia delle Ore della Chiesa, le Lodi al mattino, i Vespri alla sera, la Compieta prima di addormentarsi. Il nostro rapporto con Dio non potrà che essere arricchito nel quotidiano cammino verso di Lui e realizzato con maggiore gioia e fiducia“.

    Questa frase posta a conclusione della catechesi e di un intero ciclo di riflessioni sui Salmi ha suggellato un’articolata meditazione sul Salmo 110, secondo la tradizione ebraica (109 per quella greco-latina), ovvero il componimento “messianico” per eccellenza, tra i più citati del Nuovo Testamento perché prefigura con ispirata esattezza quella che sarà la missione di Gesù sulla terra:

    “Un Salmo molto amato dalla Chiesa antica e dai credenti di ogni tempo. Questa preghiera era forse inizialmente collegata all’intronizzazione di un re davidico; tuttavia il suo senso va oltre la specifica contingenza del fatto storico aprendosi a dimensioni più ampie e diventando così celebrazione del Messia vittorioso, glorificato alla destra di Dio”.

    Il personaggio che spicca tra le strofe del Salmo è Melchisedek, il re sacerdote di Salem, che – ha ricordato Benedetto XVI – “aveva benedetto Abramo e offerto pane e vino dopo la vittoriosa campagna militare condotta dal patriarca per salvare il nipote Lot dalle mani dei nemici che lo avevano catturato”. Ebbene, ha proseguito il Papa, Melchisedek contiene in sé quei tratti del sacerdozio regale che diverranno evidenti con la venuta di Cristo:

    “Nel Signore Gesù risorto e asceso al cielo, dove siede alla destra del Padre, si attua la profezia del nostro Salmo e il sacerdozio di Melchìsedek è portato a compimento (...) E l’offerta del pane e del vino, compiuta da Melchìsedek ai tempi di Abramo, trova il suo adempimento nel gesto eucaristico di Gesù, che nel pane e nel vino offre se stesso e, vinta la morte, porta alla vita tutti i credenti”.

    Nella filigrana delle strofe, i protagonisti sono Dio e il re suo eletto, fatto sedere, in segno di “assoluto privilegio”, alla sua destra. Tuttavia, ha osservato Benedetto XVI, la “vera regalità” ha senso se, come Cristo, è vissuta “nel servizio e nel dono di sé”:

    “L’esercizio del potere è un incarico che il re riceve direttamente dal Signore, una responsabilità che deve vivere nella dipendenza e nell’obbedienza, diventando così segno, all’interno del popolo, della presenza potente e provvidente di Dio”.

    Anche l’invincibilità e la capacità che il re ha di trasformare i suoi nemici – favorite della protezione elargita da Dio – è un altro chiaro segno di sapore messianico. Ed è, come ha sottolineato a braccio il Pontefice, soprattutto un segno di grande consolazione e di speranza per l’umanità di oggi:

    “Sì, nel mondo c’è tanto male, c’è una battaglia permanente tra il bene e il male, e sembra che il male sia più forte. No! Più forte è il Signore, il nostro vero Re e Sacerdote, Cristo, perché combatte con la forza di Dio e, nonostante tutte le cose che ci fanno dubitare sull’esito positivo della storia, vince Cristo e vince il bene, vince l’amore e non l’odio”.

    Al momento dei saluti successivi alle catechesi in lingue, Benedetto XVI ha citato le Suore Oblate del Divino Amore, impegnate in Capitolo generale, e numerosi gruppi diocesani guidati dai rispettivi vescovi. In particolare, all’indirizzo dei fedeli della diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, accompagnati da mons. Claudio Giuliodori, il Papa ha rivolto l’auspicio che le celebrazioni per il 250.mo della nascita del loro concittadino, Papa Pio VIII, “ravvivi in ciascuno il desiderio di approfondire sempre più la vita di fede”.

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    Il viaggio del Papa in Benin, speranza per tutta l'Africa

    ◊   Tutto il Benin si prepara ad accogliere Benedetto XVI: il Papa giungerà dopodomani nel Paese africano per una visita di tre giorni. Nell’occasione consegnerà l’Esortazione post-sinodale che raccoglie quanto emerso nel secondo Sinodo per l’Africa. Sulle attese di questo importante viaggio apostolico, il nostro inviato Massimiliano Menichetti ha sentito il segretario generale della Caritas del Benin, suor Léonie Dochamou:

    R. – E’ la terza volta che riceviamo la visita di un Sommo Pontefice. Questo fa nascere in noi un sentimento di ringraziamento a Dio: è un privilegio che abbiamo, in Benin. Non sono soltanto i cristiani che aspettano il Santo Padre: anche la religione tradizionale, anche i musulmani, tutto il Paese aspetta questa visita!

    D. – Il Papa viene nel 150.mo anniversario dell’evangelizzazione del Benin. Porterà l’Esortazione post-sinodale: che cosa si aspetta, lei, da questa visita?

    R. – Aspettiamo la benedizione di Dio attraverso il Santo Padre, per mettere in pratica l’Esortazione. Questa è la seconda Esortazione, che viene dopo quella consegnataci dal Beato Giovanni Paolo II “Ecclesia in Africa”. Stiamo preparando i nostri cuori per accogliere questo importante documento, per riceverlo e metterlo in pratica. Noi dobbiamo concretizzare questa Esortazione perché l’Africa ne ha bisogno. Ha bisogno di essere in pace, ma per essere in pace, per trovare riconciliazione e giustizia noi dobbiamo concretizzare il Vangelo in ogni istante della vita.

    D. – L’Africa ha bisogno di vincere anche alcune situazioni difficili; tra queste, la povertà…

    R. – L’Africa ha tanti problemi all’origine della povertà: le guerre, le crisi umanitarie, le inondazioni… Il messaggio che ci porterà il Santo Padre ci permetterà anche di lavorare, di essere artigiani di sviluppo per vincere le tante povertà. Lo potremo fare se saremo veramente testimonianza del Vangelo di Gesù Cristo, allora potremo vincere ogni povertà.

    D. – L’anno scorso, il Benin è stato colpito da pesanti alluvioni: un terzo della popolazione è stata sfollata. Qual è il vostro impegno, quali le vostre attività?

    R. – Stiamo seguendo un programma di ricostruzione dopo le alluvioni. Tante persone hanno perso la casa… molte le abbiamo ricostruite. Abbiamo anche un programma per i rifugiati che noi accogliamo, in Benin; abbiamo anche un programma di attività per aiutare le donne impegnate nel lavoro: sono tante le cose che facciamo per aiutare la popolazione!

    D. – Siete anche in prima linea per quanto riguarda il sostegno a chi è colpito dall’Aids…

    R. – La Caritas è la prima organizzazione che ha incominciato a prendere veramente in carico le persone malate di Aids; anche i malati di Aids stanno aspettando la visita del Santo Padre, insieme agli orfani i cui genitori sono morti per la malattia. I bambini fin d’ora salutano il Papa, dicendogli: “Benvenuto in Benin!”. (gf)

    La visita del Papa si inserisce nel 150.mo di evangelizzazione del Benin. Massimiliano Menichetti ha intervistato padre Bruno Myigbenan, della Società delle Missioni Africane, la congregazione religiosa protagonista dell’annuncio del Vangelo in questa terra:

    R. – Gesù ci ha liberato. E il messaggio dei missionari è stato ed è quello di tradurre questa liberazione nei fatti, prendendosi cura della gente, insegnando, curando, aiutando i poveri, la popolazione del Benin a maturare la coscienza umana, che è alla base della maturazione della coscienza politica. Con i missionari abbiamo fatto l’esperienza di questa doppia liberazione: la liberazione dell’uomo, la liberazione spirituale, annunciando Gesù, l’unico Salvatore del mondo e la liberazione sul piano della politica.

    D. – Il ruolo della Chiesa, infatti, in Benin è stato determinante. Nel 1990 la convocazione della Conferenza nazionale, presieduta dal vescovo cattolico, mons. de Souza, sfociò in un cambiamento pacifico di regime, dopo quasi 20 anni di governo marxista leninista...

    R. – Posso dire che è dalla liberazione umana che è venuta la liberazione politica, perché i missionari hanno aiutato veramente i beninesi a far crescere questa coscienza, questo senso dell’impegno per il bene comune. Oggi il Benin è considerato il quartiere latino dell’Africa, perché ci sono anche tanti intellettuali che hanno aiutato a far crescere la fede e la cultura nel nostro Paese.

    D. – Questa visita ha come pilastri la giustizia, la pace, ma anche lo slancio laico e l’evangelizzazione, insomma l’uomo, che riconosce il volto di Cristo...

    R. – Il mio desiderio e la mia preghiera è che questa visita ci aiuti a rinascere. Il Santo Padre alla fine del Sinodo ha detto che l’Africa deve rimettersi in piedi. Prego che questa visita sia un’opportunità per lavorare insieme alle altre nazioni del mondo per la venuta di un mondo più umano.

    D. – Centrale per il Papa il lavorare per ristabilire, rilanciare, costruire la pace, che a tutti gli effetti è un dono...

    R. – E’ un dono, ma un dono molto fragile: bisogna fare più attenzione per mantenere, per sviluppare questo dono. Come si fa? Facendo attenzione soprattutto all’uomo. L’uomo ha un valore che non possiamo negare. Per me questo è il primo passo per la pace, perché è quando una persona sente il suo valore negato che la guerra comincia.

    D. – Nel tempo Benedetto XVI, più volte, ha ricordato che il vero volto dell’uomo è in Gesù Cristo...

    R. – E’ Lui che ci mostra il vero volto dell’uomo ed è questo quello che hanno fatto i missionari: hanno aiutato a vedere in ogni uomo Gesù. Quando vediamo che è Lui che è la pace tra di noi, impegniamoci per questa pace. Questa visita ci aiuti a rinascere!(ap)

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    Mons. Migliore: il viaggio in Benin sia una festa della fede ben oltre i confini dell'Africa

    ◊   Una festa della fede non solo per l’Africa, ma tutti: così, in sintesi, mons. Celestino Migliore, nunzio apostolico in Polonia, esprime i suoi auspici sulla prossima visita del Papa in Benin. In vista del viaggio apostolico, il presule ha ricevuto ieri, presso la Nunziatura di Varsavia, gli ambasciatori degli Stati africani residenti in Polonia. Il significato dell'incontro è illustrato dallo stesso mons. Migliore al microfono di Isabella Piro, con la collaborazione di Massimiliano Menichetti, nostro inviato in Benin:

    R. – Gli ambasciatori africani residenti a Varsavia non sono molti, tuttavia ho voluto tenere questo incontro anche con loro, perché a ogni viaggio apostolico in un determinato continente, credo utile avere uno scambio di informazione e visione delle cose con i rispettivi ambasciatori. Devo dire, poi, che negli ambienti diplomatici esistono rapporti non solo cordiali, ma spesso di vera fiducia e cooperazione tra i rappresentanti africani e quelli della Santa Sede.

    D. – Benedetto XVI visiterà Cotonou e Ouidah, dove firmerà l’Esortazione Apostolica post-sinodale. Riconciliazione, giustizia e pace sono le colonne portanti di questo documento che sarà uno strumento concreto per affrontare sfide come la famiglia, il ruolo dei laici, la spinta all’evangelizzazione e la stabilizzazione sociale...

    R. – Negli ultimi due decenni, si sono moltiplicate in terra africana le operazioni di mantenimento della pace, iniziative intese alla ricostruzione nazionale, alla costruzione della pace a livello politico, giudiziario, sociale, commissioni di verità e riconciliazione, esperimenti e iniziative nuove per il rilancio dello sviluppo. Tutto questo investimento di risorse umane e materiali produce risultati solo nella misura in cui ogni iniziativa viene sentita, recepita e portata avanti dalla popolazione. E’ a questo livello del coinvolgimento – contributo personale, comunitario e sociale – che si situa il messaggio dell’Esortazione Apostolica.

    D. – Il Papa rinnova nella fede il Benin e tutto il continente Africano. La sua visita ha dunque un respiro universale. Secondo Lei, l’Europa come guarda a questa “Festa della Fede”, a questo slancio di evangelizzazione e identità?


    R. – La globalizzazione e l’intensa mobilità umana ci tengono oggi a contatto con persone di ogni angolo del mondo e pertanto non ci consentono più di "mitizzare" alcuna terra o regione del mondo. Siamo bravi cristiani o meno, non in forza di tradizioni, organizzazioni più o meno rilevanti, ma nella misura della nostra gioiosa testimonianza cristiana.

    D. – Qual è, dunque, il suo auspicio per questa visita del Santo Padre in Benin?

    R. – Che sia una festa della fede straripante oltre i confini del Benin e dell’Africa e contagiosa.(ap)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L'amore è più forte dell'odio e del male: all'udienza generale il Papa conclude con il salmo 110 le riflessioni sulla preghiera del Salterio.

    Anche il Papa s'interroga sulla verità: in cultura, il cardinale segretario di Stato sul "Gesù di Nazaret" di Benedetto XVI presentato all'università di Urbino.

    La parabola dei talenti raccontata dalla Costituzione italiana: Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte costituzionale italiana, sull'impegno dei cattolici in tempo di crisi.

    Nell'informazione internazionale, Giuseppe M. Petrone su come cambia la Tunisia.

    Varato in Italia il nuovo Governo.

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    Oggi in Primo Piano



    Italia: solo tecnici nel nuovo Governo Monti

    ◊   In Italia, dopo un lungo colloquio al Quirinale con il presidente Giorgio Napolitano, il premier incaricato Mario Monti ha sciolto la riserva, accettato l’incarico di presidente del Consiglio e resa nota la lista dei ministri. Della nuova compagine governativa fanno parte solo tecnici. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Mario Monti assumerà anche l’interim del ministero dell’Economia. Il ministero degli Esteri sarà diretto da Giulio Terzi di Sant'Agata, ambasciatore a Washington. Il ministero dell’Interno sarà guidato da Anna Maria Cancellieri, in passato prefetto di Genova e Catania. Alla Giustizia andrà Paola Severino, avvocato penalista e vicerettore dell'Università Luiss Guido Carli. Il dicastero della Difesa sarà diretto dall’ammiraglio Gianpaolo di Paola, presidente del Comitato Militare della Nato. Per il Ministero dello Sviluppo economico, Infrastrutture e Trasporti è stato designato Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo. Mario Catania, esperto di agricoltura nella Rappresentanza Permanente Italiana a Bruxelles, guiderà il Ministero dell'Agricoltura. A quello dell'Ambiente andrà Corrado Clini, negoziatore climatico per l'Italia in campo internazionale. Guiderà il Ministero del Lavoro e politiche sociali Elsa Fornero, docente di economia all'Università di Torino. Al dicastero della Salute andrà Renato Balduzzi, presidente, dal febbraio 2007 dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Ministro dell'Università e Istruzione sarà Francesco Profumo, presidente del Consiglio nazionale delle ricerche. Il ministero della Cultura sarà guidato infine da Lorenzo Ornaghi, rettore dell’Università Cattolica di Milano. Cinque i ministri senza portafoglio: Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, all'Integrazione e alla cooperazione; Enzo Moavaero Milanesi agli Affari Europei; Fabrizio Barca, alla Coesione territoriale; Piero Gnudi, al Turismo e allo Sport, Piero Giarda, ai Rapporti con il Parlamento. Antonio Catricalà, attualmente il presidente dell’Antitrust, è stato nominato sottosegretario del Consiglio dei ministri. Non ci sono dunque politici nel nuovo esecutivo. La compagine governativa è composta solo da tecnici come ha sottolineato lo stesso Mario Monti subito dopo la presentazione della lista:

    “La non presenza di personalità politiche nel governo agevolerà, piuttosto che ostacolare, un solido radicamento del governo nel Parlamento e nelle forze politiche, perché toglierà un motivo di imbarazzo. Spero che, governando bene e seriamente, con il loro apporto, io ed il mio governo potremo dare un contributo al rasserenamento e alla coesione tra le forze politiche”.

    Il premier incaricato Mario Monti ha anche espresso l’auspicio che arrivino risposte confortanti dal mercato:

    “Abbiamo ovviamente operato in tempi brevi, con serietà di procedura e con molta attenzione alla qualità delle scelte, e ci sentiamo quindi sicuri di ciò che abbiamo fatto. Abbiamo anche ottenuto molti segnali di incoraggiamento dai nostri partner europei e, in genere, dal mondo internazionale. Confido che questo possa tradursi anche in un rasserenamento delle difficoltà di quella parte dei mercati concernenti specificatamente il nostro Paese”.

    Nel pomeriggio, alle 17, è previsto il giuramento del nuovo esecutivo. Poi, tra domani e dopodomani, il voto di fiducia al Senato e alla Camera e la piena legittimazione del governo.

    I mercati europei seguono da vicino gli sviluppi della situazione italiana. In attesa dell’annuncio del nuovo governo, l’andamento odierno delle borse è stato altalenante soprattutto sulla piazza di Milano. Lo spread tra i titoli italiani e quelli tedeschi è nuovamente in salita, oltre i 530 punti. In aumento anche quello francese, arrivato a 190 punti, e quello spagnolo che ha superato i 450. L’Ue, intanto, preme su Italia e Grecia, affinché – ha detto il portavoce del commissario agli Affari economici Olli Rehn - applichino gli impegni presi con Bruxelles. Ma per le parti sociali italiane quali dovranno essere le priorità del nuovo esecutivo Monti? Alessandro Guarasci lo ha chiesto a Carlo Costalli, presidente del Movimento Cristiano Lavoratori:

    R. – Il governo per tirare fuori il Paese dalle secche deve mettere in moto un processo riformatore che il governo Berlusconi aveva enunciato più volte e su cui aveva vinto le elezioni ma che poi si è arenato in questi due tre anni. Se non facciamo le riforme, i proclami di risanamento dei nostri conti sono ragionamenti campati in aria.

    D. – Secondo lei sarà possibile coniugare sviluppo e rigore dei conti pubblici?

    R. – Io credo che lo Stato vada snellito. Tutta l’organizzazione istituzionale periferica: regioni e comuni, soprattutto tutte le municipalizzate. Se si riesce a ridimensionare questo costo, insieme con la lotta all’evasione fiscale, si trovano gli spazi economici per investire sullo sviluppo.

    D. - Riforme anche per liberare risorse da destinare alle famiglie?

    R. – La prima riforma è quella del sistema fiscale - dove peraltro il governo ha una delega in funzione di provvedimenti precedenti - mirando a liberare risorse per il lavoro e per le famiglie. Non dobbiamo aver paura anche di prendere provvedimenti drastici. Per quanto ci riguarda, io sono disponibile ad accettare anche un confronto sia su una riforma previdenziale e anche una patrimoniale ponderata nel tempo e mirata a colpire investimenti sostanziosi.

    D. – Ma, appunto, per fare tutto questo serve un nuovo patto sociale, secondo lei?

    R. – Io credo che adesso abbiamo una grande chance. Abbiamo toccato il fondo. Vedo un senso di responsabilità che sta attraversando le forze politiche. Si arriva a convergenze che probabilmente erano insperate solo poche settimane fa. Dobbiamo riconciliare il Paese, non è il tempo di vendette perché non c’è niente da vendicare. Dobbiamo guardare avanti, dobbiamo guardare anche al dopo Monti, nel senso che, superato un periodo di particolare difficoltà, dobbiamo ritornare anche a una democrazia dell’alternanza.
    Ed ecco l’opinione delle aziende, in particolare modo delle cooperative, molto radicate sul territorio. La parola a Luigi Marino, presidente di Confcooperative:

    R. – Noi crediamo che ognuno debba mettere nel conto dei sacrifici. D’altronde alla cooperazione gliene hanno fatti fare prima, perché abbiamo avuto provvedimenti restrittivi alla fine di agosto. Oggi, però, il tempo, il momento, è quello di rimboccarsi le maniche, il che non significa solo lavorare, ma anche sacrificare i propri interessi per gli interessi generali.

    D. – Quali misure concrete, dunque?

    R. – Sì alla patrimoniale, sì alla diminuzione del costo del lavoro, anche pareggiata dalla patrimoniale, sì ad una stretta sulla previdenza e sì anche ad una flessibilità sul mercato del lavoro.

    D. – Per fare questo, però, serve un patto sociale, un nuovo patto sociale...

    R. – Su questo non c’è dubbio. Qui siamo un po’ in ritardo, perché le forze politiche sono divise. Io credo che noi abbiamo un solo colpo in canna. Se noi ragioniamo: può Monti dopo un mese tornare dal presidente della Repubblica a presentare le dimissioni? Ci può essere fra un mese o due un nuovo governo che abbia una credibilità superiore a quella che ha Monti? Non c’è alternativa per il nostro Paese. Lo devono capire soprattutto le forze politiche. (ap)


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    L'Unione Europea verso una nuova regolamentazione per le agenzie di rating

    ◊   Approvata dalla Commissione europea una nuova regolamentazione per le agenzie di rating. Le norme, che ora passano al vaglio del Parlamento di Strasburgo, mirano a correggere le storture di un sistema di valutazione che spesso ha manifestato errori ed abusi. Ma quali sono le novità più rilevanti contenute nel provvedimento? Federico Piana lo ha chiesto a Massimo Nava, della Direzione generale mercato interno e servizi della Commissione europea:

    R. - La prima novità è cercare di diminuire la dipendenza delle decisioni degli investitori dalle agenzie di rating. La seconda novità è quella di imporre regole più esigenti per la notazione del debito sovrano, cioè del debito degli Stati. Questo debito deve essere notato ogni sei mesi invece che ogni 12, la pubblicazione deve essere fatta a mercati chiusi e deve essere completa, comprensiva cioè anche dei dati del rapporto che permettono all’agenzia di rating di arrivare a certe informazioni. Ma soprattutto, il governo in questione deve essere informato un giorno lavorativo prima, in modo che possa discutere con l’agenda di notazione eventuali punti. La terza novità è ridurre il più possibile i conflitti di interesse. La quarta è quella della trasparenza ed il quinto punto è l’introduzione di un sistema di responsabilità civile, che permetta nel caso di errori marchiani o nel caso di intenzioni non molto chiare di fare ricorso alla giustizia.

    D. - Cosa cambierà una volta che il Parlamento approverà questa proposta della Commissione, quali saranno gli effetti concreti anche nella quotidianità dell’economia?

    R. - Immaginiamo ad esempio il debito sovrano. Uno Stato avrà la possibilità di sapere, 24 ore prima, in quale direzione va la notazione ed avrà la possibilità di controllare che non siano stati fatti errori manifesti nella notazione - cosa che era successa in passato. Ma soprattutto, gli analisti avranno la possibilità di vedere tutto l’insieme delle informazioni, tutto il rapporto che ha condotto un’agenzia di notazione a dare una determinata notazione.

    D. - E tutto questo cosa dovrebbe evitare?

    R. - Tutto questo dovrebbe evitare quello che abbiamo visto quando alcuni Paesi sono stati "notati" molto in fretta nel mezzo di alcuni piani di ristrutturazione. E’ stato il caso di Grecia, Portogallo ed Irlanda, dove ci sono state delle notazioni arrivate all’improvviso, nel mezzo di un piano di rinforzamento della finanza pubblica, quando non si possedevano ancora tutte le informazioni necessarie. (vv)

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    Siria sempre più isolata. Monito della Turchia contro Damasco

    ◊   La Siria del presidente Basher al Assad sempre più isolata sul piano internazionale in seguito alla repressione in atto nel Paese. Dopo la sospensione dalla Lega Araba, la cui ratifica è attesa oggi in Marocco, si inaspriscono sempre più le relazioni con i Paesi confinanti come la Turchia e la Giordania. Il servizio di Stefano Leszczynski.

    Il pericolo che la crisi siriana possa assumere un aspetto sempre più violento all’interno del Paese si è fatto ancora più concreto dopo l’attacco lanciato stamani da un gruppo di militari disertori contro un centro di intelligence alle porte di Damasco. Un’azione che è coincisa con l’annuncio della nascita di un Consiglio militare provvisorio dell’esercito siriano libero (Esl), formato da soldati che si sono uniti ai manifestanti anti-regime e comandata da un colonnello rifugiato in Turchia. E proprio il ministro degli Esteri turco ha puntato il dito, da Rabat in Marocco dove si svolge il vertice della Lega Araba, contro il regime di Damasco sostenendo che la Siria ''pagherà a caro prezzo'' la repressione in corso nel Paese proseguita nonostante il piano di pace elaborato dall’organizzazione panaraba il 2 novembre scorso. In risposta al crescente isolamento internazionale la Siria ha provveduto a minare il confine con la vicina Giordania per impedire ai propri cittadini di fuggire nel regno hascemita. Intanto, anche dagli Stati Uniti è giunta l’esortazione ai 22 membri della Lega Araba ad adottare misure forti contro il presidente al Assad. Sulle pressioni che piovono sulla Siria dal mondo arabo sentiamo Maria Grazia Enardu, docente di storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze.

    R. - E’ un segnale forte perché viene da tutto il mondo arabo, compresi i Paesi che non vogliono che a casa loro accada nulla di simile, però da un punto di vista pratico conta meno perché i soggetti che possono veramente interferire nella questione non sono i Paesi arabi.

    D. – A questo punto le strategie nell’area come si stanno risolvendo?

    R. – Il Paese più importante è sicuramente la Turchia che fornisce beni e servizi, anche l’elettricità, che minaccia di tagliare, e soprattutto fornisce merci e ne riceve. Forse ancora più importante però è un Paese molto lontano dalla regione, cioè la Russia: per la Russia la Siria è importantissima perché - dopo la fine del regime di Gheddafi dove la Russia conservava il diritto di accedere ai porti - il porto di Tartous, in Siria, è l’unico porto del Mediterraneo aperto alla flotta russa se non vogliono tornare per ogni necessità nel Mar Nero.

    D. - Tutto questo rischia di sfociare in un inasprimento interno alla Siria, cioè rischia alla fine di provocare una guerra civile all’interno della Siria?

    R. – Rischia soprattutto di provocare questi continui massacri settimana dopo settimana e rischia di prolungarsi finché il fronte interno degli oppositori non troverà la forza di portare a sé quelle unità dell’esercito che sono veramente determinanti come le unità corazzate o altre armi pesanti che sono le uniche in grado di fare la differenza, perché non saranno né i fucili né qualche occasionale missile a mandare via Assad con gli appoggi che ha ora.

    D. – Possiamo dire che guardando la situazione siriana forse ci troviamo di fronte alla peggiore crisi di quelle cui abbiamo assistito fino ad adesso nel Mediterraneo?

    R. – Assolutamente sì. La Siria è veramente un Paese complicato e per dare un elemento della sua complicazione c’è il paradosso di un Paese nemico come Israele che sostiene, sia pure indirettamente, Assad, perché teme qualunque situazione nuova.

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    Teheran risponderà presto alla denuncia dell'Aiea sulla capacità iraniana di produrre armi nucleari

    ◊   La crisi nucleare iraniana continua a preoccupare la comunità internazionale, soprattutto dopo il recente Rapporto dell’Aiea, l’Agenzia dell’Onu per l’energia atomica, che evidenzia la capacità di Teheran di dotarsi di armi nucleari. La Repubblica islamica ha fatto sapere che fornirà all’Aiea una risposta dettagliata al Rapporto. Ma perché il documento ha suscitato reazioni così severe, dato che da tempo si parla della possibilità dell’Iran di progredire nel campo degli armamenti non convenzionali? Francesca Baronio ne ha parlato con Karim Sadjadpour, consulente sull'Iran della Casa Bianca, intervistato a Washington:

    R. – Probably, it has to do with the change in leadership at the IAEA…
    Probabilmente, molto è legato al cambio di leadership dell’Aiea. El Baradey, il precedente direttore generale, credeva fortemente che parte del suo compito fosse evitare una guerra fra Stati Uniti e Iran. Le sue relazioni sull’Iran erano, quindi, sempre scritte in modo da evidenziare il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto. Il nuovo direttore generale dell’Aiea, il diplomatico giapponese Amano, non avverte la medesima responsabilità. Ecco perché per la prima volta l’Agenzia ha detto in modo esplicito che l’Iran non sta solo lavorando ad un programma energetico, ma anche alla bomba nucleare. Si tratta di una cosa che sia l’Europa, sia gli Stati Uniti, sapevano già da tempo, ma il fatto che sia stata ufficializzata dall’Aiea è un fatto importante.


    D. – Nonostante la teoria “obamiana” della mano tesa, non c’è stata alcuna risposta positiva dall’Iran. Così gli Stati Uniti sono tornati a perseguire la strada della pressione internazionale e delle sanzioni, di fatto ripercorrendo le politiche di Bush...
    R. – Well, Obama made more of an effort than any Us president since …Obama ha fatto uno sforzo grande. Lo sforzo più grande fatto da un presidente americano dalla rivoluzione islamica del 1979, per cercare di guadagnarsi la fiducia del governo iraniano, per cercare una soluzione diplomatica. Il fatto che Obama abbia giocato la carta della diplomazia, ma abbia fallito, ricevendo una risposta negativa dall’Iran, ha rinforzato la coalizione internazionale. Tre o quattro anni fa gli europei, i russi o i cinesi si lamentavano della mancanza di sforzi da parte dell’amministrazione americana nel riallacciare i rapporti con l’Iran. Adesso, invece, c’è il riconoscimento degli sforzi che gli Stati Uniti hanno compiuto. La sensazione ora è che la maggior parte dell’opinione pubblica sia d’accordo sul fatto che l’origine della disputa sia a questo punto più a Teheran che a Washington.

    D. – Non più tardi di qualche giorno fa, Londra non escludeva la possibilità di un intervento militare. Si avvicina l’opzione di un operazione chirurgica su alcuni siti nucleari iraniani?
    R. – Well, with regard to a Us military attack on Iran, …Riguardo a un attacco degli Stati Uniti all’Iran mi sento di escluderlo. Al momento, qualsiasi politico americano ha spostato il focus dalla politica estera a quella interna. Non sono più l’Iran e l’Afghanistan il centro dell’attenzione. Il problema adesso è rivitalizzare l’economia e ridurre la presenza in Medio Oriente. E’ evidente che un attacco militare, seppur molto mirato, farebbe fallire entrambi gli obiettivi, portando alle stelle il prezzo del petrolio, con conseguenze gravi per l’economia americana e mondiale. Da parte sua, Israele vorrebbe che gli Stati Uniti agissero, ma posso dire che l’obiettivo della Casa Bianca non è la strategia militare, ma una coesione internazionale che cerchi di ritardare il più possibile la realizzazione di una testate nucleari iraniane.

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    Inaugurata a Palazzo Venezia la mostra "Roma al tempo di Caravaggio 1600-1630"

    ◊   Centoquaranta opere provenienti da tutto il mondo, per ricostruire la Roma di fine XVI e inizio XVII secolo nella quale visse e operò Caravaggio. Con le sue tele, esposte anche quelle di altri artisti italiani ed europei. E' questa la mostra “Roma al tempo di Caravaggio 1600-1630”, aperta al pubblico a Palazzo Venezia, da oggi al 5 febbraio. A promuovere l’evento, sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica, la Soprintendenza speciale per il patrimonio storico e artistico e per il Polo museale di Roma, con il supporto organizzativo di Civita – Munus. Il servizio di Giada Aquilino:

    (musica)

    Un percorso temporale lungo appena 30 anni, ma dominato dalla vivacità di Roma che, anche in concomitanza dell’Anno Santo del ‘600, diventa la capitale culturale d’Europa, popolandosi di artisti provenienti dal resto d’Italia - come Saraceni, Reni, Domenichino - ma pure da Francia, Spagna, Germania, Fiandre e Paesi Bassi, come Rubens, Valentin, Maino. Su tutti, il lombardo Caravaggio, creatore di una rivoluzionaria forma di rappresentazione della realtà, le cui opere alla mostra “Roma al tempo di Caravaggio 1600-1630” si confrontano, per esempio, con quelle del bolognese Annibale Carracci, capo indiscusso della corrente classicista. E’ proprio con un accostamento tra le versioni che i due pittori fanno della Madonna di Loreto - capolavori conservati a Roma nella chiesa di Sant’Agostino e in quella di Sant’Onofrio al Gianicolo - che si apre l’esposizione. La curatrice, Rossella Vodret:

    "Questo è un confronto che racchiude un po’ una sintesi di tutto: lo stesso soggetto, cioè la Madonna di Loreto, rappresentata dai due artisti negli stessi anni e in modo diametralmente opposto. Annibale Carracci fa una pala di tipo tradizionale, con gli angeli che portano in volo la Casa della Vergine. Il quadro è costruito con una simmetria perfetta, i volti sono idealizzati, la luce è quella universale, normalmente usata dalla scuola bolognese. Del tutto opposta è la pala di Caravaggio, dove sparisce la Casa che è sintetizzata soltanto con lo stipite della porta, dal gradino e da un muro scrostato. La Vergine è una persona ben reale, che tiene in braccio un bambino, probabilmente il Figlio che non è più un bambino neonato, ma un bambino grande, di tre o quattro anni mentre in basso ci sono i due pellegrini con i famosi piedi sporchi in primo piano. Ma, del resto, il pellegrinaggio a Loreto si faceva a piedi e quindi quei piedi erano assolutamente realistici".

    Un confronto, quello tra Caravaggio e Carracci, che ha guidato e ispirato anche l’ideatore dell’allestimento per l’esposizione di Palazzo Venezia, il regista e scenografo teatrale, Pier Luigi Pizzi:

    R. – Andava spiegata questa idea del Classicismo e del Caravaggismo, che al seguito di due grandi artisti dell’inizio del ‘600 – Annibale Carracci e Caravaggio – dà origine a questa incredibile rivoluzione nel mondo della pittura. E si capisce quanta gente sia venuta qui a vedere, a conoscere, a imparare come Roma sia stata il fulcro di tutto questo interesse, di questa febbre di novità.

    D. - Da uomo di teatro, come si sposa il teatro con la pittura?

    R. - Io credo ci sia molta affinità, almeno per quello che riguarda il ‘600, che è un secolo molto dominato dal senso del teatro. E credo che la pittura risenta molto di questa teatralità, che io naturalmente ho tentato di mettere in scena, cercando così di guardare da un lato all’estetica ma, soprattutto, badando molto all’emozione che si può ricavare dalla visita.

    Un particolare contributo alla realizzazione della mostra è venuto dalle chiese romane che ospitano i capolavori ora in mostra. Mons. Liberio Andreatta, vicepresidente dell’Opera Romana Pellegrinaggi:
    "Ogni quadro, ogni opera straordinaria non è solo un patrimonio della chiesa in cui è collocata, ma è un patrimonio di tutta la città, dell’Europa e del mondo intero. E quindi questa generosità con la quale i parroci e i rettori delle varie chiese hanno contribuito affinché le loro opere potessero uscire dalle chiese e entrare in un contesto di raffronto, di confronto, di dialogo, ha dato un risultato positivo". (fd)

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    Chiesa e Società



    Il ministro pakistano per l'Armonia incontra Benedetto XVI

    ◊   Un accordo di collaborazione con la Pontificia Università Lateranense e la costruzione di una nuova chiesa nella diocesi di Faisalabad: con questo bilancio si è chiusa oggi la visita di Akram Masih Gill, Ministro federale per l’Armonia” del governo pakistano, che ha trascorso alcuni giorni in Italia e in Vaticano. Il Ministro Gill - riferisce l'agenzia Fides - oggi ha incontrato Benedetto XVI durante l’udienza generale, manifestando al Santo Padre, in un colloquio di alcuni minuti, le attese e le speranze dei cristiani in Pakistan e chiedendo a Benedetto XVI “di pregare per i fedeli pakistani che, nelle difficoltà quotidiane, confidano nel suo sostegno”. Nei giorni scorsi il Ministro Gill ha incontrato, inoltre, il rettore della Pontificia Università Lateranense, l’arcivescovo Enrico Dal Covolo, che ha mostrato grande attenzione e sensibilità verso la condizione delle minoranze cristiane in Pakistan. Il Ministero per l’Armonia e l’Università del Laterano hanno così avviato un progetto di collaborazione – affidato alla regia del prof. Mobeen Shahid, docente pakistano nell’ateneo – che prevede lo scambio di professori, studenti e libri, nonchè l’organizzazione congiunta di convegni e attività, culturali e accademiche, su tematiche quali il dialogo fra le fedi e l’armonia interreligiosa. Un’altra importante novità è la costruzione di una nuova chiesa che sorgerà nella diocesi di Faisalabad: il progetto è stato già avviato grazie al gemellaggio fra la chiesa di Dio Padre Misericordioso, della diocesi di Roma, e il villaggio Chak 54 di Rahmpur, nel distretto di Okara, in Punjab. Nella parrocchia romana ha operato un sacerdote pakistano di Faisalabad, don Kamran Taj, a Roma per studi teologici. Da questa esperienza è nata la richiesta di sostenere la costruzione di una nuova chiesa, interamente finanziata dalle offerte dei fedeli della parrocchia romana (circa 8.000 euro). La nuova chiesa – riferisce il parroco romano don Federico Corrubbolo – sarà la prima in Pakistan ad essere intitolata proprio a “Dio Padre Misericordioso”. L’edificio, già in fase di costruzione, potrebbe essere ultimato entro Natale e – a sancire il legame con la Chiesa di Roma – avrà al suo interno una icona della Madonna del Divino Amore. “E’ una forma di aiuto ai cristiani locali e anche una forma di evangelizzazione, poiché la figura del Dio che è Padre ed è misericordioso possa raggiungere i cuori di tutti gli uomini di buona volontà” nota don Federico. (R.P.)

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    India: il cardinale Tauran esorta jainisti e cristiani a promuovere la cultura della vita

    ◊   Cristiani e giainisti devono unire le loro forze per promuovere la libertà e la dignità della vita umana. Lo ha detto il card. Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, intervenendo domenica a un seminario a New Delhi dedicato al rapporto tra le due religioni. Il capo del dicastero vaticano si trova in India per una visita di dieci giorni nel corso della quale sono previsti incontri con diversi leader religiosi indiani. Parlando ai partecipanti al seminario, promosso dallo stesso Pontificio Consiglio insieme alla Conferenza episcopale indiana (Cbci) e all’arcidiocesi di Delhi, il card. Tauran ha evidenziato come cristiani e giainisti abbiano numerose cose in comune: “Come noi – ha detto - anche la religione giainista sostiene la sacralità della vita e invoca la sua protezione e difesa. La nostra vocazione a promuovere il rispetto della vita, la non-violenza, la pace, l’armonia nel mondo di oggi – ha aggiunto - ci unisce in un legame di reciproco affetto”. Il porporato ha quindi esortato tutti i protagonisti della vita politica, economica e i comunicatori nel Paese a farsi attivi promotori di questa cultura della vita. Oltre alla protezione e alla promozione della vita umana – riporta l’agenzia Ucan - i partecipanti al seminario hanno individuato diverse altre aree in cui le due comunità religiose possono collaborare in India: tra queste la difesa dell’ambiente, la promozione della famiglia e del rispetto della diversità. Il Giainismo è una religione basata sugli insegnamenti di Mahavira, un asceta vissuto nel VI secolo a. C. che indicava la via alla perfezione umana sulla base della non-violenza. Oggi conta circa 2 milioni di seguaci e ha ispirato anche il Mahatma Gandhi. (L.Z.)

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    Medio Oriente: concluso in Libano il viaggio del Patriarca russo Kirill

    ◊   La forte preoccupazione per la situazione vissuta quotidianamente dalle minoranze cristiane presenti in Egitto, Libia e Iraq come in altri Paesi protagonisti della cosiddetta “primavera araba” ha spinto il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill, a compiere una missione di pace di tre giorni in Siria e Libano che si è conclusa ieri e durante la quale ha incontrato capi di Stato e leader religiosi locali. Prima di fare ritorno in patria, il Patriarca Kirill ha incontrato a Bkerke, dove è in corso l'Assemblea dei patriarchi cattolici d'Oriente dedicata proprio alla situazione delle minoranze cristiane in questi Paesi, il Patriarca maronita Mar Bechara Boutros Raï. Quest'ultimo ha lanciato una proposta di collaborazione alla Chiesa russa, in modo da salvaguardare in modo coordinato la presenza dei cristiani in Medio Oriente. Nel suo discorso di saluto a Kirill mons. Boutros Raï ha poi evidenziato alcune preoccupazioni derivanti dagli sconvolgimenti politici in atto nella regione e dalla Primavera araba che, ha detto, “potrebbe portare al potere gruppi che minacciano la stabilità e quella convivenza per la quale stiamo lavorando”. Il Patriarca russo, dal canto suo, ha manifestato le proprie preoccupazioni per gli sconvolgimenti politici in atto che potrebbero "portare al potere gruppi che minacciano la stabilità e la convivenza sulla quale stiamo lavorando". Nel corso del viaggio, inoltre, il Patriarca Kirill ha avuto un colloquio a Beirut con il presidente Suleiman sulla necessità di prevenire eventuali nuove ondate di violenza contro i cristiani e sull’esigenza di attuare riforme sociali in modo pacifico. Le stesse tematiche inerenti all’avvio di un processo di democratizzazione sono state affrontate anche nell’incontro con il presidente siriano al Assad, al quale ha chiesto di promuovere il dialogo con la popolazione, in modo da porre fine a oltre otto mesi di proteste. (R.B.)

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    In Somalia l'Unicef denuncia l'escalation di violenze sui bambini

    ◊   L’Unicef è estremamente preoccupato per l’impatto dell’escalation dei conflitti in Somalia sui bambini. “Un numero crescente di bambini e civili sono stati catturati durante gli attacchi e gli scontri che si stanno verificando in tutto il Sud e il centro della Somalia”, ha detto il rappresentante Unicef in Somalia, Sikander Khan. “Nelle ultime settimane, c’è stato un preoccupante aumento di omicidi e gravi ferimenti di bambini”. Secondo il monitoraggio e i rapporti delle Nazioni Unite sulle gravi violazioni dei diritti dei bambini, sono 24 i bambini uccisi durante i conflitti nel solo mese di ottobre, quasi il doppio rispetto al numero di omicidi di bambini confermati per ogni mese dell’anno. Inoltre sempre in ottobre è stato accertato che 58 bambini hanno subito gravi ferite, il numero più grande rispetto a qualsiasi altro mese dell’anno. Fino ad oggi, nel 2011 quasi 300 bambini sono stati gravemente feriti ed oltre 100 sono stati uccisi dall’inizio del conflitto. “Abbiamo la conferma di questi dati per i bambini uccisi e gravemente feriti, ma è molto probabile che il numero sia ancora maggiore se si considerano i bambini morti e feriti non confermati e non dichiarati”, ha osservato Khan. L’Unicef è molto preoccupato anche per il reclutamento dei bambini per i servizi armati e per gli abusi sessuali su minori e donne. Quest’anno, il monitoraggio e i report delle Nazioni Unite hanno confermato che più di 600 bambini sono stati reclutati e arruolati mentre oltre 200, per lo più ragazze, hanno subito violenze sessuali. “La vita dei bambini somali è sempre più a rischio a causa del crescente conflitto. In base al diritto internazionale, esortiamo tutte le parti in conflitto in Somalia a fermare le uccisioni, le mutilazioni, il reclutamento e lo stupro dei bambini. Tutti i bambini devono immediatamente essere messi al sicuro e protetti”, ha dichiarato Khan. Un’escalation di violenza minaccia anche gli aiuti umanitari per coloro che ne hanno bisogno. “Molte centinaia di migliaia di bambini stanno già rischiando la vita per fame o malattia ed ora corrono il rischio di non avere più assistenza salvavita. Facciamo un appello a tutti gli attori per permetterci di continuare a sostenere i bambini e le donne che hanno urgente bisogno. Migliaia di vite sono in gioco e non possiamo stare a guardare”, ha dichiarato Khan. (R.P.)

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    Corno d'Africa: piogge ed epidemie nei campi profughi in Kenya ed Etiopia

    ◊   A più di un mese dal rapimento di 3 operatori umanitari nel complesso di campi per rifugiati di Dadaab in Kenya - riferisce un comunicato dell'Alto Commissariato dell'Onu per i Rifugiati (Unhcr) - l’insicurezza continua a ostacolare le operazioni umanitarie. La situazione è ulteriormente aggravata dalle forti piogge e dai conseguenti rischi di malattie trasmesse attraverso l’acqua. Nell’ultimo mese sono stati dispiegati nei campi quasi 100 agenti di polizia keniani aggiuntivi. La situazione nei campi è resa ancora più complessa da un’insorgenza di colera, che si ritiene si sia originata tra i nuovi arrivati che probabilmente avrebbero contratto la malattia in Somalia o durante il loro viaggio verso Dadaab. Piogge e allagamenti poi colpiscono il trasporto di acqua su camion verso alcune aree dei campi. L’Agenzia teme che alcuni rifugiati finiscano per utilizzare acqua non sicura prelevandola dalle aree inondate. Attualmente i casi di colera nei campi sono 60, dei quali 10 confermati in laboratorio e 1 che ha portato al decesso di un rifugiato. Per gestire l’insorgenza l’Unhcr e le agenzie partner hanno stabilito centri di cura per i casi più gravi. La maggior parte dei casi invece può essere curata attraverso soluzioni di reidratazione da assumere per via orale (Oral rehydration solutions, Ors), che possono essere distribuite a casa o nei centri medici. L’Unhcr sta inoltre promuovendo pratiche igieniche tra i rifugiati, in particolare l’utilizzo dei servizi igienici pubblici e il lavaggio delle mani con il sapone. Nell’ultima distribuzione di cibo, infatti, ogni rifugiato ha ricevuto 250 grammi di sapone e ciò avverrà mensilmente ancora per diverse volte. Nell’area di Dollo Ado, in Etiopia, uno studio sulla situazione della nutrizione nei campi di Kobe e Hilaweyn ha riscontrato alti livelli di malnutrizione tra i bambini con meno di 5 anni. In entrambi i campi sono affluiti rifugiati provenienti dalla Somalia in condizioni di salute estremamente precarie. Molte famiglie hanno addirittura visto morire i propri bambini nel corso del viaggio o al loro arrivo in Etiopia. Il numero di decessi tra i bambini con meno di 5 anni è comunque drasticamente diminuito, se confrontato con gli alti livelli riscontrati quest’estate, al picco degli arrivi. Ciò è dovuto al miglioramento dell’accesso a cure mediche e servizi nutrizionali di qualità, oltre che dei sistemi di distribuzione dell’acqua e igienico-sanitari. (R.P.)

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    Mons. Dolan alla plenaria dei vescovi Usa: "La Chiesa ha ancora molto da dire al mondo"

    ◊   Ripristinare il lustro, la credibilità e la bellezza della Chiesa nella comunità ecclesiale americana. Con questo invito rivolto ai confratelli l’arcivescovo di New York Timothy Dolan ha aperto lunedì la sessione autunnale dei vescovi statunitensi che si conclude oggi a Baltimora. Nella sua prima prolusione come presidente della Usccb - riferisce l’agenzia Cns -, mons. Dolan ha esortato i vescovi ad amare con passione la Chiesa nonostante le attuali difficoltà: i peccati di alcuni suoi membri, ha detto, “non sono un motivo per rifiutare la Chiesa e le sue eterne verità, ma una ragione in più per abbracciarla”. Il presule ha quindi rilevato come essa abbia ancora molto da dire ad una società secolarizzata: “La Chiesa – ha affermato - sfida il mondo a promuovere e a proteggere l’inviolabile dignità della persona e della vita umana; a salvaguardare il matrimonio e la famiglia; a tendere una mano ai sofferenti e a chi deve lottare contro le avversità della vita; a preferire il servizio agli altri all’egoismo, a non soffocare mai la libertà soddisfare la sete di Dio”. L’arcivescovo ha anche parlato del suo recente colloquio privato alla Casa Bianca sulle attuali tensioni tra l’Amministrazione e la Chiesa cattolica circa alcune questioni che attengono alla libertà religiosa e di coscienza. Un incontro che ha definito incoraggiante. Dopo mons. Dolan, i vescovi americani hanno ascoltato la relazione di mons. William Lori, presidente della neonata Commissione ad hoc sulla libertà religiosa istituita dalla Usccb lo scorso settembre, che ha illustrato all’assemblea i principali punti del contenzioso che divide l’Episcopato dalla Casa Bianca. Il presule ha rilevato che “alcune decisioni e regolamenti amministrativi trattano la religione non come un fattore che può contribuire alla moralità della nazione, ma come una forza divisiva e destabilizzante da escludere dalla vita pubblica”. Alla relazione di mons. Lori è quindi seguita quella di mons. Kevin Rhoades, vescovo di Fort-Wayne-South Bend che ha fatto il punto sul lavoro svolto dal Sotto-comitato episcopale per la promozione e la difesa del matrimonio. Tra gli altri punti che hanno occupato la prima giornata di lavori dell’assemblea: l’approvazione del bilancio preventivo per il 2012 fissato a 217,4 milioni di dollari e dell’aumento del 3% dei trasferimenti alle diocesi a partire dal 2013 e l’elezione di mons. Peter Sartain, arcivescovo di Seattle, a nuovo segretario della Usccb. Insieme a lui sono stati eletti i nuovi presidenti di diversi comitati episcopali. I vescovi hanno inoltre incontrato il nuovo nunzio apostolico a Washington, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, succeduto a mons. Pietro Sambi scomparso il 27 luglio. Da segnalare, infine, l’intervento all’assemblea dell’arcivescovo Sviatoslav Shevchuk, nuovo primate della Chiesa greco-cattolica ucraina, che ha ringraziato la Chiesa americana per il suo sostegno finanziario alla Chiesa in Europa centrale e orientale. (A cura di Lisa Zengarini)

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    I vescovi del Venezuela contro gli anticoncezionali di emergenza: “Si rispetti la vita”

    ◊   “Una società chiamata a proteggere la vita non può accettare l’offerta di soluzioni irresponsabili che eliminino le nuove vite. Un’autentica prevenzione delle gravidanze indesiderate, inoltre, passa per un’adeguata educazione alla responsabilità e al corretto uso della sessualità umana”. Così scrivono i membri della Commissione per la Famiglia e per l’Infanzia della Conferenza episcopale venezuelana, intervenuti nel dibattito venutosi a creare nel Paese a causa della diffusione della pillola anticoncezionale d’emergenza. Secondo i presuli questo prodotto, che agisce impedendo all’embrione di impiantarsi nell’utero materno, interrompendone così il normale sviluppo e causando un aborto chimico prematuro, va considerato come un vero e proprio abortivo. L’aborto, infatti, che in Venezuela è disciplinato come un delitto dal Codice penale, viene definito come “l’eliminazione deliberata di un essere umano durante la fase iniziale della sua esistenza, che va dal concepimento alla nascita”. In particolare i vescovi condannano anche la pubblicità di questo prodotto, nella quale si vede una giovane che racconta di aver infranto il suo sogno di frequentare l’università a causa di una gravidanza indesiderata: “Tale promozione lascia aperta l’idea che sia lecito intraprendere relazioni sessuali sicure senza il pericolo di procreare – scrivono – e costituisce un incitamento all’uso indiscriminato e prematuro della sessualità, tralasciando i valori etici che questa porta con sé”. I presuli, inoltre, sottolineano la mancanza di informazioni circa le gravi conseguenze psicologiche che dovranno affrontare le donne quando prenderanno coscienza di aver abortito il proprio figlio. Due sono, infine, gli appelli lanciati dalla Conferenza episcopale: il primo ai genitori, affinché si prendano la responsabilità dell’educazione morale dei propri figli, inculcando loro il valore universale del rispetto per la vita; il secondo alle autorità competenti in materia sanitaria, affinché si smetta di anteporre, attraverso la pubblicità, gli aspetti commerciali al diritto alla vita del concepito e al diritto alla salute dei venezuelani. (R.B.)

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    Ecuador: le conclusioni del Congresso nazionale sulla famiglia

    ◊   Costruire ogni famiglia ecuadoriana sull’esempio della famiglia di Nazareth e farne una “chiesa domestica”, chiamata a costituirsi scuola di fede in cui i genitori sono i primi formatori dei figli attraverso la propria testimonianza di vita a immagine di Dio creatore. Queste alcune delle considerazioni conclusive dei partecipanti al II Congresso nazionale sulla famiglia in Ecuador e al Foro mondiale della famiglia del mondo, riunito simultaneamente a Quito, Guayaquil, Portoviejo, Loja e Tena dal 9 al 12 novembre scorsi. I partecipanti sono stati circa 5700 e hanno lavorato sul tema “Famiglia, lavoro e festa–la famiglia ecuadoriana in missione: il lavoro e la festa al servizio della persona e del bene comune”. "Tenendo presente l’obiettivo di rivitalizzare l’identità, la vocazione e la missione del matrimonio e della famiglia in Ecuador, i partecipanti hanno analizzato la situazione attuale che vede la famiglia colpita da fenomeni come la destrutturazione, la povertà materiale e morale e soprattutto la “pigrizia spirituale” che ne minaccia l’esistenza. Si è osservato che la vita moderna lascia sempre meno tempo per dedicarsi a Dio, alla trasmissione della fede e all’educazione cristiana dei figli, alla quale spesso si sostituiscono i media che assumono il ruolo di comunicatori di valori. A ciò si accompagna un’evidente crisi dell’autorità genitoriale che deriva dalla diminuzione di spazi di dialogo e riflessione comune, ma anche la proliferazione di divorzi, separazioni, unioni libere e irresponsabili che mostrano la fragilità alla quale la famiglia è esposta nella società di oggi. I partecipanti, infine, nell’indicare il cammino dell’istituzione familiare, hanno ripreso le parole del documento di Aparecida: “La testimonianza di vita, di unità, di amore e di lavoro delle famiglie cristiane faranno sì che il mondo cambi, che la nostra patria cambi, ed è dall’esempio che daranno i genitori che la famiglia diventerà un tesoro per i popoli latinoamericani e caraibici, patrimonio dell’umanità”. (R.B.)

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    Indonesia: i francescani denunciano violazioni dei diritti umani in Papua

    ◊   Nella Papua indonesiana si stanno verificando “gravi abusi dei diritti civili e politici, nonché dei diritti economici, sociali e culturali”, mentre i mass media vengono imbavagliati per nascondere la verità: è quanto afferma il nuovo Rapporto “Human Rights in Papua 2010-2011” lanciato a Ginevra da tre Organizzazioni non governative: “Franciscans International” (FI) - Ong della Famiglia francescana – “Faith Based Network on West Papua” (Fbn) e “Asian Human Rights Commission” (Ahrc). Il Rapporto, inviato all’agenzia Fides, intende portare all’attenzione della comunità internazionale e dell’Onu l’attuale repressione militare in corso nella Papua indonesiana (o provincia di Irian Jaya), dove l’esercito indonesiano – intervenuto contro i partecipanti al “Congresso del Popolo della Papua”, con oltre 300 arresti – continua una campagna di rastrellamenti dei presunti “leader indipendentisti”, che colpisce in modo indiscriminato i civili. Descrivendo “la triste realtà degli abusi perpetrati in Papua”, obiettivo del Rapporto è sensibilizzare sulla situazione dei diritti umani in Papua e contribuire a creare una “terra di pace”. In particolare, il documento rimarca le difficoltà incontrate dalla società civile e dagli attivisti che difendono i diritti umani in Papua, vittime di intimidazioni, vessazioni e detenzioni arbitrarie con l'accusa di “makar” (“tradimento”) mentre, nota il testo, “esercitano il loro diritto alla libertà di espressione nella loro lotta per la giustizia e la responsabilità”. Il Rapporto denuncia, inoltre, la politica del governo indonesiano “volta a screditare, limitare e mettere a rischio il lavoro delle organizzazioni internazionali per i diritti umani che operano in Papua”, incluso il fatto che “si nega l'accesso ai mass media internazionali attraverso la manipolazione della burocrazia”. Come risultato di tali atteggiamenti, alcune organizzazioni sono state costrette a ritirarsi dal Paese, come nel caso del Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr) e del “Peace Brigades International” (Pbi). Mentre il governo indonesiano dichiara che “la tutela dei diritti umani è una priorità nazionale”, l’Ong “Franciscans International” risponde che “le dichiarazioni politiche non sono sufficienti per affrontare le violazioni dei diritti umani in Papua, in quanto la realtà è un clima di terrore che prevale fra la popolazione locale”. Le Ong invitano il governo indonesiano a rilasciare immediatamente tutti i prigionieri politici; a mettere fine immediatamente a intimidazioni, molestie e violenze fisiche nei confronti dei difensori dei diritti umani, di giornalisti e leader religiosi in Papua; ad avviare un autentico dialogo con la società civile nazionale ed internazionale per la pacificazione della provincia. (R.P.)

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    Thailandia: migliora la situazione a Bangkok dopo le alluvioni. Gli aiuti della Caritas

    ◊   Dopo settimane di emergenza assoluta comincia a migliorare la situazione a Bangkok, capitale della Thailandia, martoriata insieme a molte province del Paese dalla “peggiore alluvione degli ultimi 50 anni”, come è stata ribattezzata dagli esperti. Le acque hanno iniziato a ritirarsi e tutte le principali vie di comunicazione saranno pulite “entro le prossime due settimane”. Intanto continua lo sforzo della Chiesa cattolica thai, attraverso la Caritas e altri enti caritativi, per le vittime delle inondazioni che, secondo il bilancio aggiornato, dall’inizio di luglio hanno causato 564 morti e due dispersi. Al momento permane una situazione di emergenza in 20 province, per un totale di oltre 9 m ilioni di persone interessate dalle inondazioni. L’ufficio economico ha approvato lo stanziamento di 5,6 miliardi di bath (poco più di 180 milioni di dollari) per il ripristino dei luoghi di culto e degli edifici di carattere storico e artistico. Il governo ha inoltre approvato investimenti miliardari per la sistemazione o il rifacimento di strade, vie di comunicazione e industrie spazzate via dall’acqua. La situazione nel settore a est della capitale, attorno al polo industriale di Bangchan e Lardkrabang, distante 7 km dall’aeroporto internazionale Suvarnabhume è in lento, ma progressivo miglioramento. Permangono invece punte di criticità a ovest di Bangkok, con problemi nel far defluire la massa nell’oceano attraverso il fiume Chao Phraya. Un esperto governativo conferma che serviranno ancora due settimane per liberare le principali strade, mentre gruppi di cittadini – dietro compenso giornaliero di 300 bath forniti dal comune – rimuovono gli ostacoli fra cui spazzatura ed erbacce che ostruiscono il deflusso delle acque. Intanto la Conferenza episcopale thai, attraverso il responsabile della Commissione per lo sviluppo umano, ha compiuto una visita nella diocesi di Nakhon Sawan, per portare soccorso alle vittime delle alluvioni. Il vescovo locale, mons. Joseph Pibul Wisitnontachai, ha guidato la delegazione della Caritas, che ha incontrato fra gli altri il monaco Phra Kru Nikrote Dhammawudhi, rettore del tempio buddista di Sai Tai. I cattolici hanno condiviso gli aiuti raccolti con la comunità dei fedeli buddisti, tra cui vi sono almeno 1500 famiglie che da oltre due mesi devono combattere ogni giorno con l’acqua e le devastazioni che ha provocato. Padre Rocco Pairat Sriprasert, segretario generale di Caritas Thailandia, ha portato il conforto della Chiesa alle vittime delle inondazioni, che dovranno tornare “il prima possibile alla normalità”. Il sacerdote chiede per questo aiuti affinché la popolazione possa riprendere il lavoro nei campi, attraverso la fornitura di sementi e fertilizzante. Infine, egli auspica programmi di lungo periodo per evitare che possano ripetersi disastri simili in futuro. (R.P.)

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    Myanmar. Il vescovo di Banmaw: si aggrava il conflitto nello Stato del Kachin

    ◊   “Sta peggiorando il conflitto nello Stato Kachin, dove sono stati dispiegati migliaia di soldati governativi nell’ambito di una massiccia operazione militare”. E’ quanto riferisce all’agenzia Misna mons. Raymond Sumlut Gam, vescovo di Banmaw, in Myanmar. “Lo scenario – aggiunge il presule - è precipitato nelle ultime due settimane, con intensi bombardamenti quasi quotidiani, in diverse zone, e un aumento degli sfollati”. L’accordo di cessate il fuoco, che vigeva da 17 anni tra il governo e l’Esercito indipendentista Kachin (Kia) - braccio armato del movimento dell’etnia Kachin - è stato violato lo scorso 9 giugno. Da allora, si sono alternati momenti di tensione e di relativa calma, fino alla ripresa dei combattimenti all’inizio di novembre. Il portale antigovernativo ‘Democratic voice of Burma’ sostiene che la scorsa settimana le truppe regolari hanno incendiato una cinquantina di abitazioni in un villaggio dell’est dello Stato Kachin per costringere la popolazione a fuggire. Domenica scorsa almeno 10 civili, tra cui bambini, sono rimasti uccisi in seguito all’esplosione di una granata in un orfanotrofio a Myitkyina, capitale dello Stato Kachin. Non è chiaro se l’attacco sia collegato con il conflitto in atto nel Kachin o se si sia trattato di un episodio di terrorismo isolato. (A.L.)

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    In Bangladesh donne e bambine le principali vittime dell’acido

    ◊   Seppur in diminuzione, resta grave in Bangladesh il fenomeno delle persone sfigurate con l’acido a causa di dispute familiari, vendette personali, casi di adulterio o questioni legate alla dote. Secondo i dati forniti all'agenzia AsiaNews dall’Acid Survivors Foundation (Asf), l’organizzazione fondata nel 1999 dal medico inglese John Morrison a Dhaka, il numero delle vittime negli anni è salito, ma cresciuto di pari passo con quello dei sopravvissuti. Nell’ultimo anno, ad esempio, si registrano 63 nuovi episodi contro 80 persone sopravvissute e si osserva anche un aumento degli attacchi contro uomini, motivati soprattutto da vendette legate alla proprietà, anche se donne e bambine rimangono le più colpite: nel 2010 il 72% delle giovani tra i 18 e i 34 anni ha subito una violenza del genere. Grazie alle pressioni internazionali e delle Ong, comunque, nel 2002 il governo ha approvato una legge severa contro questa odiosa pratica, che ha condotto diversi colpevoli in carcere. L’Asf lavora con le vittime fornendo loro cure mediche e riabilitative, assistenza psicologica e legale e si occupa del loro reinserimento nella società, nonché di sensibilizzare la popolazione sul problema. (R.B.)

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    Nepal: la comunità islamica chiama alla solidarietà le altre minoranze religiose

    ◊   Di ritorno da un pellegrinaggio nella città santa di La Mecca, i leader musulmani del Nepal hanno inviato un messaggio di unione alle comunità cristiana e buddista presenti nel Paese invitandole alla collaborazione. La comunità islamica nepalese denuncia da anni l’abbandono delle istituzioni che spesso e volentieri ignorano o sottovalutano le minacce dei gruppi estremisti indù: il governo locale, infatti, non ha alcuna intenzione di concedere diritti alle minoranze e sta attuando una politica di repressione silenziosa, lasciando spesso impuniti i responsabili dei crimini contro le comunità religiose. In questi anni, infatti, si sono verificati diversi attentati ai danni delle minoranze: i più gravi quello del 2008 a Birabtnagar contro una moschea e quello del 2009 nella cattedrale cattolica di Kathmandu. Il presidente della Federazione islamica nepalese esprime all'agenzia AsiaNews l’urgenza di una rete di solidarietà tra minoranze: “La maggior parte dei leader indù non sono contro i diritti delle minoranze – ha detto – lo sono solo frange estremiste, spesso guidate da interessi economici e politici”. (R.B.)

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    Liberia: suor Browne dirigerà la Commissione sulle violenze pre-elettorali

    ◊   Suor Mary Laurene Browne dirigerà la Commissione speciale d’inchiesta indipendente sulle violenze avvenute a Monrovia, in Liberia, alla vigilia del ballottaggio per le presidenziali. A scegliere la religiosa cattolica liberiana è stata la presidente Ellen Johnson Sirleaf. Gli scontri sono avvenuti lo scorso 7 novembre, quando l’intervento della polizia contro i sostenitori del ‘Congresso per un cambiamento democratico’ ha causato almeno un morto e diversi feriti. La Commissione - ricorda l’agenzia Misna - è stata creata per chiarire le responsabilità e le circostanze delle violenze, che avevano alimentato timori a poche ore dal secondo turno delle elezioni presidenziali. Il capo di Stato, si legge in un comunicato ufficiale dell’ufficio di presidenza, ha offerto “l’assistenza del governo a coloro che sono stati colpiti durante gli scontri”. Suor Browne, 69 anni, fa parte della Congregazione delle suore francescane insegnanti (Osf), ed è la direttrice di un istituto politecnico dell’arcidiocesi. (A.L.)

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    Gabon: il cardinale Lozano Barragan pone la prima pietra di un ospedale cattolico

    ◊   La costruzione di un ospedale cattolico significa che Cristo, con la sua resurrezione, ha vinto la malattia e la morte: è il pensiero espresso dal cardinale Javier Lozano Barragan, presidente emerito del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari che la settimana scorsa ha posto la prima pietra dell’ospedale cattolico Nostra Signora del Woleu Ntem di Oyem, nel Gabon. La struttura sanitaria sarà costruita grazie all’aiuto del fondatore dell’associazione marina Opera della Mamma dell’Amore, Marco Ferrari, e dovrebbe essere ultimata nell’arco di 2 anni. L’ospedale, si legge sul portale www-eglisecatholique.ga, disporrà di 200 posti letto e sarà, come ha detto mons. Jean Vincent Ondo Eyene, vescovo della diocesi di Oyem, “una grande opera pastorale, sanitaria e sociale al servizio dei poveri tra i più poveri”. Il sindaco Rose Allogho Mengare ha ringraziato la Chiesa cattolica per il suo impegno al fianco dell’uomo e per aver sempre affiancato l’azione alla parola. La cerimonia si è conclusa con una celebrazione eucaristica durante la quale il cardinale Lozano Barragan ha auspicato che il futuro ospedale possa essere non soltanto “esempio del si di Maria come opera di carità verso i più poveri, ma anche un annuncio caloroso del messaggio evangelico”. (T.C.)

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    In Cina prosegue la costruzione di una chiesa dedicata al Sacro Cuore di Gesù

    ◊   Ha superato gli 80 anni ed è rimasto invalido in seguito a un incidente occorsogli durante la rivoluzione culturale, ma guarda con fiducia al futuro, don Zhang Xiong Feng, parroco nella diocesi cinese di Zhou Zhi, provincia dello Shaan Xi, che ha impartito la solenne benedizione alla croce apposta sabato scorso nella nuova chiesa in costruzione che sarà dedicata al Sacro Cuore di Gesù. Alla cerimonia hanno partecipato anche una ventina di religiose della Congregazione di Nostra Signora e alcune suore domenicane. Sempre fedele alla sua missione pastorale e all’attività di evangelizzazione della parrocchia, riconquistata la libertà dopo la prigionia, nel 1984, il sacerdote si è immediatamente adoperato per dare il via alla ricostruzione, inizialmente, di una cappella. Poi i fedeli sono aumentati e grazie alla loro mobilitazione, come riporta l’agenzia Fides, ora si sta realizzando il sogno di una chiesa più grande e più solida. I lavori sono iniziati appena la raccolta fondi ha raggiunto il milione di yuan (circa centomila euro), ma si stima che per il completamento dell’edificio ne servano due milioni. (R.B.)

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    In otto Paesi europei Settimana di incontri cristiano-islamici

    ◊   “In un periodo nel quale la nostra storia è attraversata da crisi e da violenze, cristiani e musulmani possono appoggiarsi sui valori della loro religione e attingere nella loro fede per trovare la forza di agire insieme per la giustizia e la pace”: è quanto sottolineano gli organizzatori dell’11.ma edizione della Settimana di incontri cristiano-islamici (Seric), che si svolgerà in Francia e in altri sette Paesi europei a partire da domani e fino al 27 novembre. Si tratta di un appuntamento – ricorda l’Osservatore Romano - entrato a far parte stabilmente del panorama di eventi legati al dialogo interreligioso. La Settimana sarà scandita da conferenze-dibattito e testimonianze, da riflessioni incrociate sulla Bibbia e sul Corano e da animazioni culturali e sportive. L’iniziativa si rivolge, in particolare, a cristiani e musulmani ma accoglie tutti coloro, credenti e non credenti, che vogliono agire per la giustizia e la pace in famiglia, nel proprio quartiere, a scuola, sul luogo di lavoro. La Settimana è organizzata dal Gruppo di amicizia islamico-cristiano (Gaic) con il sostegno del Comitato cattolico contro la fame e per lo sviluppo e di Secours Islamique France. Gran parte delle manifestazioni avranno luogo a Parigi e in altre città francesi. Incontri si terranno anche in Belgio, Olanda, Spagna, Italia, Polonia, Finlandia e Regno Unito. L’Istituto cattolico di Parigi ospiterà, sabato prossimo, la tavola rotonda “Cristiani e musulmani davanti alle paure veicolate nella nostra società”. Sempre a Parigi, il 22 novembre, si parlerà di “Agire contro la solitudine. Un’azione a fondamento della nostra fede cristiana e musulmana”. A Lione, il 26 e 27 novembre, una cinquantina di esperti si confronteranno per fare il punto sullo stato del dialogo tra cristiani e musulmani. A Châtenay-Malabry (Hauts-de-Seine) sarà allestita la mostra intitolata “Al Andalus, héritage oublié?”, che prevede spettacoli, film, conferenze-dibattito, concerti, per condividere alcuni momenti del vivere insieme. (A.L.)

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    Iniziative dei vescovi dell'Inghilterra e del Galles per la Settimana interreligiosa

    ◊   “Un’opportunità per intraprendere una serie d’iniziative che approfondiranno le nostre relazioni con i fedeli di altre religioni”: così mons. Kevin John Patrick McDonald, arcivescovo emerito di Southwark, ha definito la prossima National Inter Faith Week, la Settimana interreligiosa nazionale che si celebrerà in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord dal 20 al 26 novembre. Secondo il presule che presiede il Comitato per le altre fedi e quello per i rapporti cattolico-ebraici nell’ambito della Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles (Cbcew), quest’anno la Settimana assume un particolare significato anche alla luce della recente Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace ad Assisi. Una nota pubblicata sul sito della Conferenza episcopale e ripresa dall’Osservatore Romano informa che i vescovi hanno preparato un ricco calendario di eventi per fare in modo che la settimana sia celebrata con intensità e partecipazione da tutti i fedeli cattolici del Regno Unito. Tra le varie iniziative previste figura un pellegrinaggio interreligioso a Watford in cui i partecipanti faranno tappa in una chiesa cattolica, in una sinagoga ebraica e in una moschea musulmana. La prima National Inter Faith Week è stata lanciata nel 2009 allo scopo di promuovere una maggiore comprensione reciproca tra le diverse comunità religiose nella multietnica società britannica. L’anno scorso vescovi inglesi e gallesi hanno dedicato a questo argomento un documento intitolato “Meeting God in Friend and Stranger: Fostering Mutual Respect and Understanding Between the Religions”. (L.Z.)

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    Francia: congresso a Gerusalemme dei direttori diocesani del pellegrinaggio

    ◊   “Tu Signore hai amato questa terra”. Con questo versetto tratto dal salmo 84 l’associazione nazionale francese dei direttori diocesani del pellegrinaggio ha avviato il proprio congresso in corso a Gerusalemme fino a sabato 19 novembre sul tema del pellegrinaggio in Terra Santa. “Essere pellegrino è una vocazione”: così mons. William Shomali, il vescovo ausiliare della città, dove il congresso, giunto alla sua 64.ma edizione, si svolge per la prima volta, ha introdotto i lavori. “Organizzare un pellegrinaggio in Terra Santa come direttori diocesani è una missione”, ha aggiunto al Sir, sottolineando l’importanza dei frutti spirituali che si raccolgono da un pellegrinaggio ben preparato e invitando i pellegrini a partecipare alla Messa domenicale in parrocchia per “incontrare le pietre vive di questa Chiesa”. “Questo congresso è una visita, un’espressione di solidarietà con i nostri fratelli e le nostre sorelle della Terra Santa”, ha affermato padre Patrick Gandoul, il presidente dell’associazione francese: la Francia è tra i primi quattro Paesi al mondo per numero di pellegrini. (R.B.)

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    Internet: in Europa aumentano i siti “pusher” per la vendita di droga

    ◊   La nuova frontiera della lotta alla droga è Internet. Sono oltre 600 siti su cui è possibile comprare sostanze stupefacenti. Cresce anche l'allarme per le nuove droghe, sempre più accessibili dai giovani tramite la rete. Fra queste c’è il mefedrone, una droga di sintesi, simile alla cocaina o all'ecstasy, acquistabile facilmente online. L’allarme è arrivato dall’Osservatorio europeo sulle droghe e sulle tossicodipendenze (Oedt) nel suo ultimo rapporto. Secondo lo studio, “il consumo di stupefacenti sembra essere relativamente stabile in Europa”: la cocaina ha raggiunto "il suo apice", la cannabis "cede terreno tra i giovani", e le droghe di sintesi, come l'ecstasy e le anfetamine sono "globalmente stabili o in arretramento". Sul fronte delle nuove droghe, dall'inizio dell'anno sono state individuate 39 nuove sostanze dopo le 41 notificate all'Oedt e all'Europol nel 2010. Mentre oltre 150 sono sorvegliate dal sistema europeo di allerta (Ews). Di fronte a questa situazione - ha detto Wolfgang Gotz, direttore dell'Oedt - “le politiche antidroga e le risposte europee devono oramai essere pensate per rispondere alle sfide del prossimo decennio”. (A.L.)

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    Mons. Crociata: la conoscenza è il primo passo per affrontare la sfida europea

    ◊   “La conoscenza è il primo passo per affrontare in modo adeguato la grande sfida europea”. Per questo, come vescovi “abbiamo bisogno di entrare sempre più nel significato e nel funzionamento dell’Ue”. E’ quanto ha detto mons. Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, inaugurando lunedì scorso il seminario di studio e aggiornamento per i vescovi italiani incentrato sul tema “Chiesa e confessioni religiose nel sistema dell’Unione europea”. L’incontro, che si conclude oggi, è promosso dal Consiglio episcopale permanente. Secondo mons. Crociata, le istituzioni europee sviluppano “un’azione di organizzazione e di indirizzo” con effetti che “toccano tutti i livelli della nostra vita istituzionale e sociale”. “Nel dialogo con l'Europa – ha detto mons. Roland Minnerath, arcivescovo di Dijon – l’orizzonte per la Chiesa cattolica è l’antropologia cristiana della legge naturale e i principi di diritto naturale che ne conseguono. Il contributo della Chiesa – ha aggiunto il presule le cui parole sono state riprese dall'agenzia Sir - si situa a monte delle soluzioni specifiche, di natura politica o economica, programmate per la costruzione dell’Europa”. Soffermandosi sul dialogo Chiese-Ue, mons. Minnerath ha osservato che esso “comprende tutto lo spettro dei temi di etica sociale”. E’ “crescente” la distanza “tra discorso europeo e antropologia cristiana”, visibile in particolare con riferimento alla “nozione di vita umana non protetta fin dal suo concepimento” o al tema della famiglia, “circondato da imprecisione”. Tuttavia, rileva mons. Minnerath, questo dialogo porta anche “frutti inattesi”, come la risoluzione di condanna degli attentati contro le comunità cristiane nel Medio Oriente (25 novembre 2010), seguita da “un'altra risoluzione del 20 gennaio 2011 in difesa del diritto dei cristiani perseguitati alla libertà di religione”. Sono due, secondo mons. Minnerath, le priorità in questo momento: anzitutto “aiutare la società europea secolarizzata a ricuperare i fondamenti antropologici sui quali è stata edificata”. Quindi bisogna “far riconoscere la specificità della Chiesa cattolica”, chiamata ad operare nella società temporale “come un segno della trascendenza dell'ordine escatologico”. Mentre diventa evidente che il discorso postmoderno non è in grado di offrire un’alternativa durevole, la Chiesa – ha concluso l’arcivescovo – “rimane convinta che, come in tempi precedenti, il progetto europeo è capace di risorgere a partire dalle sue radici cristiane”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Obama preoccupato per l’economia europea, per Barroso la crisi è sistemica

    ◊   L’attenzione internazionale resta puntata sull’intero quadro economico europeo. Il capo della Casa Bianca, Obama, dall’Australia, ha espresso profonda preoccupazione. Secondo il presidente della commissione Ue, Barroso la crisi è sistemica e servono misure aggiuntive. Alla plenaria del Parlamento di Strasburgo si è parlato della revisione dei trattati, mentre il leader dell’Eurogruppo Juncker ha proposto una presidenza permanente dell’organismo.

    Grecia-governo
    In Grecia nelle prossime ore il nuovo governo guidato da Lucas Papademos si presenterà in Parlamento per chiedere la fiducia. La capitale Atene, intanto, è blindata: decide di migliaia di poliziotti presidiano ogni angolo della città per i tre giorni di manifestazioni in memoria della rivolta degli studenti del Politecnico che segnò l’inizio della fine del regime dei colonnelli ed il ritorno della democrazia.

    Portogallo-crisi
    In Portogallo il ministro degli esteri Portas ha annunciato la prossima chiusura di sette ambasciate che si trovano in Bosnia, Estonia, Lettonia, Lituania, Andorra, Malta e Kenia. La riforma, che farà risparmiare 12 milioni di euro nel corso del 2012, si inserisce nel quadro delle misure di austerità decise dal governo del premier conservatore Coelho in seguito al piano di salvataggio europeo da 78 milioni deciso a maggio scorso.

    Usa: prosegue la protesta degli indignati
    Negli Stati Uniti circa 300 indignati a Washington hanno marciato verso la Casa Bianca invitando il presidente Obama ad unirsi a loro. Le proteste sono riprese anche a Zuccotti Park, nel cuore di Manhattan, nonostante lo sgombero attuato dalla polizia che ha effettuato anche 200 arresti. Nella zona vige il divieto di accamparsi, una misura imposta da diverse amministrazioni locali. In queste ore manifestazioni e cortei anche all’università di Berkley, dove le forze dell’ordine hanno smantellato le tende piazzate dai dimostranti.

    M.O.
    Nuovi raid israeliani nel nord della Striscia di Gaza. Un palestinese è rimasto ferito nell’attacco seguito al lancio di due razzi nel sud di Israele. Nella giornata di ieri, il ministero dell'Edilizia israeliano ha annunciato la costruzione di altri 810 alloggi nel settore orientale di Gerusalemme. Dura la condanna da parte dell’Anp, che ha definito il gesto una sfida alla mediazione intrapresa dal Quartetto (Usa, Russia, Ue, Onu) e conferma il fallimento dei negoziati.

    Afghanistan
    In Afghanistan al via oggi la Loya Jirga, l’assemblea di 2 mila leader tribali in corso a Kabul. Al centro della quattro giorni di lavori c’è il nodo dei negoziati con i talebani – contrari all’appuntamento - e il via libera a un controverso accordo di partnership con gli Usa, in vista del ritiro delle truppe Nato nel 2014. Il presidente Karzai, nel suo intervento, ha ribadito che l’Afghanistan “vuole la propria sovranità nazionale” dettando alcuni paletti a Washington.

    Pakistan
    In Pakistan proseguono i raid condotti da aerei senza pilota americani. Almeno 18 ribelli hanno perso la vita nelle ultime 24 ore nella zona tribale del Waziristan del Nord. I servizi di Islamabad riferiscono di 5 velivoli coinvolti nell’operazione, lanciando simultaneamente una decina di missili contro due edifici.

    Al Qaeda
    Per un nuovo video del leader di Al Qaeda al Zawahri. Si tratta di un filmato diffuso da una tv pachistana, in cui si elogia la figura di Bin Laden. Il fondatore della rete terroristica viene indicato come “esempio di dignità e onore”.

    Obama in Australia
    Accordo di cooperazione militare tra Stati Uniti e Australia annunciato oggi a Canberra dal premier australiano, Gillard, e dal presidente americano, Obama in visita nel paese. L’intesa - che secondo gli analisti potrebbe preoccupare la Cina - prevede lo schieramento di oltre 200 marines nel porto di Darwin, verso il confine con l’Indonesia, in vista di interventi in caso di emergenze umanitarie oppure legate alla sicurezza in tutto il sud est asiatico.

    Esecuzioni negli Usa
    Due esecuzioni capitali ieri negli Stati Uniti. La autorità dell’Ohio hanno messo a morte un sessantaseienne ritenuto colpevole di aver ucciso nel sonno i suoi tre figli, nel 1982, dopo il divorzio dalla moglie. In Florida, un uomo di 65 anni è entrato nella camera della morte per l'uccisione di tre turisti nel 1989. Salgono così a 41 le vittime per la pena capitale dall'inizio dell'anno negli Usa.

    Colombia Farc
    Rodrigo Londoño, detto “Timochenko”, è il nuovo comandante delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia. Lo ha reso noto ieri un comunicato del gruppo guerrigliero. Londoño, 52 anni, succede ad Alfonso Cano, morto durante un recente bombardamento dell'esercito. Come per il suo predecessore, sul nuovo leader pende una taglia degli Usa da cinque milioni di dollari.

    Somalia
    In Somalia è stato ucciso il capo spirituale degli estremisti islamici di al Shabaab. E’ avvenuto domenica notte in un accampamento del sud del Paese durante un raid dell’esercito regolare. Nell’episodio hanno perso la vita anche altri due leader dell’organizzazione. Intanto, ieri, Israele ha assicurato di voler sostenere il Kenya nella sua battaglia contro i miliziani somali di Al Shabaab.

    Liberia-elezioni
    Con il 90,7% dei voti, secondo i dati ufficiali, Ellen Johnson Sirleaf, premio Nobel per la pace, è stata rieletta presidente della Liberia. Un esito scontato visto che dal ballottaggio si era ritirato il candidato dell’opposizione Winston Tubman: al primo turno aveva denunciato brogli elettorali.

    Kazakhstan-elezioni
    Si terranno il 15 e 16 gennaio le elezioni parlamentari in Kazakhstan. Ad annunciarlo il presidente Nazarbaiev che ieri ha sciolto il Parlamento, nel quale 98 seggi su 107 appartengono al suo partito. Una decisione che segue la richiesta di molti deputati per i quali è necessario far partecipare alla corsa elettorale anche l’opposizione. Secondo gli osservatori internazionali nella Repubblica ex sovietica non si sono mai tenute elezioni libere e corrette.

    Moldova-elezioni
    Elezioni presidenziali rinviate per irregolarità nei documenti dei candidati. Succede in Moldova in occasione della tornata in programma il 18 novembre. Il parlamento ora dove fissare un’altra data. Nella Repubblica ex sovietica, la carica di capo dello Stato è vacante da due anni, perché le forze politiche non riescono ad accordarsi su un candidato capace di ottenere in parlamento il minimo di 61 voti su 101 necessari per l'elezione. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata e Giovanni Cossu)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 320

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.