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Sommario del 15/11/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • L’Africa nel cuore della Chiesa: venerdì, Benedetto XVI in Benin per il suo 22.mo viaggio apostolico
  • Il contributo dei cattolici del Benin per la democrazia in un libro presentato alla Radio Vaticana
  • Messaggio del Papa per la tappa albanese del "Cortile dei Gentili": la ricerca della verità è una strada da fare insieme
  • Il Papa nomina mons. Adriano Bernardini nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino
  • Mons. Tomasi all'Onu di Ginevra: bombe a grappolo grave piaga, inaccettabile indebolire il diritto umanitario
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Libertà religiosa e sanità tra i temi di dibattito alla plenaria dei vescovi Usa
  • Rapporto Unicef: sono i bambini a correre i maggiori rischi per i cambiamenti climatici
  • A Terni la VII edizione dell'Umbria Film Fest "Popoli e religioni"
  • Chiesa e Società

  • Nicaragua: il presidente dei vescovi parla di poca trasparenza nel voto
  • Nigeria: per l'arcivescovo di Jos confermati i sospetti sul legame setta Bobo Haram-Al Qaida
  • Pakistan. False accuse di blasfemia: un vescovo e un pastore protestanti fuggono all’estero
  • India: nel Kerala la Chiesa lancia un programma di sostegno alle famiglie numerose
  • Osservatorio europeo delle droghe: consumo stabile, condizionato da crisi e web
  • Croazia: messaggio dei vescovi in vista dei prossimi appuntamenti elettorali
  • Congo: sette milioni di bambini ancora senza istruzione
  • Ghana: i vescovi per un’equa ridistribuzione dei proventi delle risorse petrolifere
  • Uruguay: Lettera pastorale dei vescovi sul dialogo per il bene comune del Paese
  • Colombia: impegno della Chiesa per i 4 milioni di afro-discendenti esclusi dalla società
  • Colloquio a Vienna: in Medio Oriente non basta la libertà di culto
  • Mons. Forte all’Università Europea: chi educa deve trasmettere senso e bellezza della vita
  • Vescovi italiani: l'insegnamento della religione per rispondere al senso della vita
  • Repubblica Ceca: per la Chiesa un vantaggio per tutti la legge sui beni ecclesiastici
  • Nepal: inaugurata una scuola cattolica per gli indigeni della tribù Chepang
  • Hong Kong: nell'Anno dei laici, lettura della Bibbia per una solida formazione della fede
  • Deceduto il padre gesuita Piersandro Vanzan, del Collegio degli scrittori de La Civiltà Cattolica
  • Roma: apre a San Paolo l’Ambulatorio di pediatria del Bambino Gesù
  • 24 Ore nel Mondo

  • Male le Borse europee, aumenti record del differenziale dei titoli di Stato in tutta l'Eurozona
  • Il Papa e la Santa Sede



    L’Africa nel cuore della Chiesa: venerdì, Benedetto XVI in Benin per il suo 22.mo viaggio apostolico

    ◊   Il Benin attende con trepidazione il Papa, che venerdì prossimo si recherà nel Paese africano in occasione della firma e pubblicazione dell’Esortazione apostolica post-sinodale Africae Munus. Il 22.mo viaggio apostolico internazionale di Benedetto XVI sarà inoltre l’evento culminante delle celebrazioni per il 150.mo anniversario di evangelizzazione del Benin. Una delle tappe della visita sarà il seminario di Ouidah, dove il Papa renderà omaggio alla tomba del cardinale Bernardin Gantin, figura storica per il Benin e per tutta l’Africa. Al microfono del nostro inviato Massimiliano Menichetti, ascoltiamo padre Damiano Angelucci, responsabile della comunità dei Frati minori cappuccini di Ouidah:

    R. - Abbiamo tre conventi, due al sud e uno al nord. Siamo in Benin dall’ottobre 1987, quindi da 24 anni. La nostra presenza è stata chiesta dal vescovo di Cotonou. Oltre a impiantare l’Ordine cappuccino in Benin, collaboriamo fattivamente con la Chiesa locale per evangelizzazione, aiutare i bambini in difficoltà o abbandonati… Insomma siamo attivi sulle frontiere che sono tipiche del carisma cappuccino: quello cioè di andare incontro alle fasce più povere.

    D. - Padre Damiano, il Benin è uno dei Paesi più poveri dell’Africa: qual è la sua ricchezza?

    R. - Le risorse naturali più importanti sono il sole e l’acqua. Il Benin è un Paese estremamente povero, ma - d’altro canto - ha un grande vantaggio, che è la principale risorsa economica: la pace. Il Benin non conosce guerre da moltissimo tempo, da quasi un secolo. Malgrado quindi l’assenza di risorse naturali, al di fuori di un po’ di cotone e mais, il Paese punta s questa straordinaria risorsa per che gli consente la via dello sviluppo e una carta visibilità internazionale come stabilizzatore.

    D. - Il Papa sarà in Benin fino al 20: di fatto è la terza visita di un Papa. Ma cosa rappresenta questa presenza per la popolazione e per la Chiesa del Benin?

    R. - Sicuramente un grande onore. Tutti i fedeli, il clero, i nostri confratelli sacerdoti beninesi si sentono estremamente onorati di ricevere questa visita del Papa, proprio in occasione della consegna ufficiale della Lettera post-sinodale per la Chiesa in Africa. E’ una grande soddisfazione, una grande gioia e un grande senso di responsabilità per la Chiesa locale. Un incoraggiamento, come una nuova spinta e una nuova forza.

    D. - La Chiesa beninese festeggia quest’anno il Giubileo per i 150 anni di evangelizzazione: in realtà, però, i primi ad arrivare furono dei Cappuccini duecento anni prima…

    R. - Ancor prima della Società missionaria africana, che venne qui nel 1861, i primissimi evangelizzatori furono proprio dei Cappuccini portoghesi, nel 1600. Noi Cappuccini viviamo questo Giubileo con grande commozione, perché celebrando l’evangelizzazione del Benin pensiamo anche a quei nostri 14 confratelli che nel 1600 vennero qui per cercare di portare il volto di Cristo nel Paese e che dopo una settimana quasi tutti morirono…

    D. - Il Papa viene a confermare nella fede, portando l’Esortazione post-sinodale: parla di giustizia, unità e problemi concreti, come quello della famiglia…

    R. - Il problema cruciale della riconciliazione, della giustizia e pace nasce da una struttura sociale che deve fare perno su una famiglia stabile. Mi sembra che tutti i problemi sociali, tutti i problemi spirituali e tutti i problemi umani qui facciano perno intorno a un problema enorme, che è la instabilità totale della famiglia: sono pochissime le famiglie unite, sono pochissime le famiglie stabili. Tutte le disgregazioni, tutte le tensioni e le difficoltà dei credenti e dei non credenti nascono proprio da questa instabilità, da questi conflitti che sono nel cuore e nel seno della famiglia. Mi sembra, quindi, che l’Esortazione post-sinodale dovrà essere vissuta proprio nell’ambito della pastorale familiare.

    D. - Un altro aspetto è quello del dialogo interreligioso: in Benin convivono la religione musulmana, cristiana e quella tradizionale…

    R. - Mi sembra che il dialogo interreligioso sia piuttosto stagnante. Nel sud del Benin, dove la Chiesa cattolica è in grande espansione, possiamo dire che la preoccupazione di dialogare con i gruppi tradizionali e con l’islam non è molto sentita. La grande preoccupazione della Chiesa è di tener dietro ad un ritmo di crescita elevato di battezzati, per i quali non ci sono sufficienti pastori. Questa è la situazione nel sud del Benin. Al nord del Benin, dove la Chiesa è minoritaria e dove ci sono più musulmani, mi sembra che la questione sia piuttosto ferma. Certo si dovrà affrontare…

    D. - Quindi cosa vi aspettate da questa visita?

    R. - Io personalmente un grande slancio: un grande slancio di entusiasmo, un grande incoraggiamento. Ma anche mettere in chiaro certi punti fondamentali della fede cattolica, soprattutto disciplinari, e a livello di unità della famiglia

    D. - Come si sta preparando la popolazione all’arrivo del Papa?

    R. - A livello parrocchiale, c’è tutta una serie di iniziative e di incontri di preghiera per accogliere il Papa. Il vescovo di Cotonou, che è la diocesi più grande e più importante di tutto il Benin, ha chiesto - ad esempio - che durante questo mese di ottobre i fedeli preghino il Rosario una volta al giorno per la visita del Papa. Tutti i fedeli cattolici sono stati invitati a contribuire, con almeno 500 franchi cfa - 75 centesimi di euro - per organizzare la venuta del Papa. Poi ci sono tutta una serie di incontri a livello parrocchiale, a livello diocesano. I giornali locali cattolici richiamano molto questi temi di riconciliazione, di giustizia e pace. Diciamo che si stanno scaldando i motori.

    D. - A livello locale, qual è il rapporto con le istituzioni?

    R. - C’è una grossa sfiducia nella capacità delle istituzioni di guidare il Paese. Evidentemente, di fronte a questa sfiducia, che è suscitata da una ampissima diffusione di corruzione, ognuno si arrangia, ognuno cerca di fare i suoi piccoli “traffici”. Esiste dunque un grosso problema di sfiducia nella capacità delle istituzioni di guidare il Paese.

    D. - In questo, secondo lei, la visita del Papa potrà portare un segnale diverso?

    R. - Potrà portare un segnale diverso nella misura in cui il Papa riuscirà a far capire che il cristianesimo è una fede che si incarna, è una fede che diventa vita vissuta nella società, nel contesto sociale dove si trova. (mg)

    Sulla visita del Papa in Benin, il nostro inviato Massimiliano Menichetti ha raccolto anche il commento di Jean-Baptiste Sourou, autore del libro: “L'ora della maturità. La Chiesa in Africa ai tempi del secondo Sinodo” e docente di Comunicazioni sociali e Antropologia presso la "Rhodes University" in Sud Africa:

    R. - E' un evento eccezionale, perché è il Successore di Pietro che ci rende visita e, prima di tutto, ci riconferma nella fede. E’ poi anche un momento di grazia per il Benin, perché il nostro Paese sta celebrando il 150.mo anniversario della sua evangelizzazione. E’ inoltre un momento particolarmente importante perché il Papa viene in Benin per consegnare a tutta l’Africa l’Esortazione post-sinodale, dopo la celebrazione del secondo Sinodo per l’Africa, diventando così un punto verso cui tutta l’Africa guarda in questo momento.

    D. - Ma cosa dice la presenza del Papa agli abitanti del Benin?

    R. - Questa visita ci dice che Dio ci ama in Benin. E’ un momento di responsabilità per tutto il Paese: è un invito a dare maggior forza alla nostra fede e soprattutto a testimoniare Gesù Cristo nella nostra vita, nella vita del nostro Paese, e come Chiesa del Benin.

    D. - Il Papa farà visita alla tomba del cardinale Gantin, un gigante per il Paese: chi era questa figura?

    R. - L’ho conosciuto, mi è stato vicino e per me, prima di tutto, è stato un padre: è un padre per la sua semplicità, è un padre per il suo cuore. E' un padre per la sua capacità di ascolto, per tutti noi del Benin, indipendentemente dalla religione. Il cardinale Gantin era una persona che accoglieva tutti, che faceva del tutto affinché vi fosse pace, pace sociale. E’ un esempio di cittadino, di uomo di fede, di uomo della riconciliazione: è un esempio per molte cose.

    D. - Il cardinale coniugò, senza alcun compromesso, la sua appartenenza a Cristo con l’identità africana…

    R. - Non era una persona divisa: era pienamente e totalmente africano del Benin e pienamente e totalmente romano e cattolico: radicato nella sua identità africana e completamente radicato nella fede, nella sua identità cristiana. E’ riuscito senza alcuna difficoltà a mettere insieme queste due realtà.

    D. - Il Benin è un Paese povero, più al nord rispetto al sud: anche qui la presenza del Papa porterà un nuovo slancio?

    R. - In questi ultimi anni, lo Stato sta compiendo uno sforzo molto grande per cercare di migliorare le condizioni sociali, attraverso la costruzione delle infrastrutture. Si lavora per la gratuità della sanità e si lotta - ad esempio - contro la malaria o per rendre sicuro il parto cesareo, che il governo ha reso gratuito dal momento che molte donne morivano perché non avevano soldi per pagare l’ospedale. Si lavora per la scolarizzazione delle ragazze, soprattutto nelle zone rurali… Ma c’è ancora molto da fare, questo è chiaro. Sicuramente, la visita del Papa darà un nuovo impulso, perché certamente nei discorsi che il Santo Padre pronuncerà ci sarà uno sguardo sulla povertà del Benin.

    D. - Una piaga spesso ricorrente è quella della corruzione, che non risparmia neanche il Benin…

    R. - Certamente, e il Sinodo ne parla. Una delle cause delle guerre, delle divisioni sociali in Africa è proprio la corruzione. Non tutti hanno accesso al bene comune. I discorsi del Papa andranno sicuramente anche in questa direzione e penso anche che sarà un sostenitore della causa dei poveri. (mg)

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    Il contributo dei cattolici del Benin per la democrazia in un libro presentato alla Radio Vaticana

    ◊   Nell’imminenza del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Benin, è stato presentato ieri nella Sala Marconi della nostra emittente, il volume “Cattolici d’Africa. La nascita della democrazia in Benin”, scritto da Susanna Cannelli e pubblicato per i tipi di “Guerini e Associati”. Alla conferenza hanno preso parte tra gli altri, l’arcivescovo Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e già nunzio in Benin e mons. Barthélemy Adoukonou, beninese, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La Chiesa del Benin ha dato un contributo fondamentale alla transizione dalla dittatura marxista alla democrazia: è quanto emerge nel libro di Susanna Cannelli, responsabile della Comunità di Sant’Egidio per i rapporti con i Paesi dell’Africa occidentale francofona. Un libro, ha sottolineato lo storico Agostino Giovagnoli, che mostra come il Benin sia un “modello” per altre transizioni democratiche nel continente africano. L’opera della Cannelli si sofferma sui dieci giorni che, nel febbraio del 1990, hanno cambiato la storia del Benin: quelli in cui la Conferenza nazionale, guidata dal vescovo Isidore de Souza, traghettarono il Paese dalla dittatura alla democrazia, senza spargimento di sangue. Mons. Adoukonou, beninese, ha messo l’accento sul contributo di mediazione e coesione offerto dalla Chiesa cattolica in quella delicata fase:

    “Si deve riconoscere che sono i cattolici, nella diversità dei loro movimenti e associazioni, che hanno tutti contribuito ad assicurare una presenza della Chiesa cattolica così efficace e credibile nella nazione beninese”.

    Fin già dall’indipendenza, è stata la riflessione del segretario del dicastero della cultura, la Chiesa ha lavorato per lo sviluppo e la maturazione della coscienza sociale e politica del Benin, facendo crescere il sostrato culturale del Paese a beneficio di tutta l’Africa:

    “L’impegno sociale della Chiesa ha preparato l’impegno politico: ciò che la Chiesa ha fatto sul piano sociale, soprattutto nel campo dell’educazione, poco a poco ha reso il Benin capace di articolare un discorso d’identità personale e d’indipendenza”.

    Dal canto suo, mons. Bertello, che fu nunzio in Benin nel periodo della transizione, ha voluto ricordare alcune delle figure chiave di quella fase di passaggio, dal cardinale Bernardin Gantin, legato a Joseph Ratzinger da un rapporto di grande amicizia, a mons. de Souza:

    “Direi che la più bella definizione di de Souza l’ha data lui stesso in una conferenza stampa, quando gli chiesero con che animo fosse andato alla Conferenza nazionale. Rispose: 'Sono andato risoluto a tacere, avendo per bagaglio il buonsenso, confortato dalla mia fede in Cristo e nella Chiesa'. Non dobbiamo dimenticare questo aspetto della vita di mons. de Souza: la sua spiritualità”.

    L’arcivescovo Bertello ha concluso il suo interevento, leggendo un passaggio del libro di Susanna Cannelli che sintetizza al meglio il ruolo che ancora oggi la Chiesa riveste nella vita del Benin:

    “La presenza della Chiesa è una presenza minoritaria, ma fortemente radicata nella società e nelle vicende complessive del Benin, che continua a godere di un notevole credito presso le diverse fasce della popolazione: un forte ruolo svolto nei settori dell’alfabetizzazione, della scolarizzazione e, in generale, in tutto l’ambito educativo; la capacità, messa in luce dalla vicenda della Conferenza nazionale, di formare una classe politica cattolica di orientamento democratico”.


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    Messaggio del Papa per la tappa albanese del "Cortile dei Gentili": la ricerca della verità è una strada da fare insieme

    ◊   Una preziosa occasione di incontro e di confronto per "camminare insieme verso la verità”. Con queste parole, contenute in un Messaggio a firma del cardinale Tarcisio Bertone, Benedetto XVI ha definito l'iniziativa del Cortile dei Gentili, promossa dal Pontificio Consiglio della Cultura per il dialogo con il mondo laico, che in questi giorni ha fatto tappa a Tirana, in Albania. Stamattina, il presidente del dicastero promotore, il cardinale Gianfranco Ravasi, è stato autore di un intervento all'Università della capitale. Il servizio è dell'inviata della nostra redazione albanese, Klaudia Bumci:

    Una sala piena di studenti ha accolto oggi all’Università di Tirana il "Cortile dei Gentili" e il capo del dicastero vaticano per la cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi, nella capitale albanese, per il dialogo con i non credenti, che in verità è anche un dialogo interculturale, ha detto. Sul podio, professori e parlamentari albanesi hanno discusso sulle dimensioni spirituali della sopravvivenza dell’identità albanese, sulla religione durante i tempi dell’ateismo comunista, quando la gente ha trasformato le proprie case in chiese, catacombe nascoste anche dai vicini. Continuazione logica della giornata di ieri, una specie di festa dei giovani e delle religioni, che il cardinale Ravasi ha detto che proporrà come modello anche in altre occasioni. I giovani riuniti in tre tende - sul lavoro e la sua dignità, sulla spiritualità e sull’informazione e comunicazione - hanno proposto delle idee interessanti, tra le quali due in particolare: l’attenzione per i non praticanti, cioè per le persone indifferenti, che non si riconoscono né come credenti né come non credenti - seme possibile di devianze in società - e la proposta di insegnare l’etica a partire dalla scuola d’obbligo.

    Accolto con gioia evidente il Messaggio del Santo Padre, indirizzato al cardinale Gianfranco Ravasi per il Cortile dei Gentili a Tirana e letto dal nunzio apostolico in Albania, mons. Ramiro Molinari Ingles. Benedetto XVI ha mandato a tutti i partecipanti all’evento un cordiale saluto, quale segno di vicinanza e di attenzione. “Sono preziose - si dice nel messaggio - firmato dal segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, le occasioni di dialogo, i momenti di incontro e di confronto come il Cortile dei Gentili, in cui rinnovare gli impegni di camminare insieme verso la verità”. Nel pomeriggio, l’incontro si trasferirà all’Università europea di Tirana, un ateneo privato che offre una formazione di eccellenza. La ricerca di “Cosa crede quello che non crede”, il tema dell’incontro, continua qui a Tirana, affrontando le sfide della società post-moderna.

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    Il Papa nomina mons. Adriano Bernardini nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino

    ◊   Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino l’arcivescovo Adriano Bernardini, finora nunzio apostolico in Argentina.

    In Austria, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Feldkirch, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Elmar Fischer.

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    Mons. Tomasi all'Onu di Ginevra: bombe a grappolo grave piaga, inaccettabile indebolire il diritto umanitario

    ◊   È inaccettabile assistere impotenti alla morte di persone uccise dalle cosiddette bombe a grappolo, come lo è il rischio di indebolire le norme del diritto umanitario erette a tutela dei civili. Lo ha detto l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore della Santa Sede all’Onu di Ginevra, intervenendo ieri alla quarta Conferenza per la revisione o la limitazione dell’uso di alcune armi convenzionali considerate dannose o dagli effetti discriminanti. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:

    È delusa la Santa Sede per il nuovo atteggiamento che si sta profilando sul tema dell’eliminazione di quei terribili ordigni che vanno sotto il nome di “bombe a grappolo”. A esprimere il dissenso della delegazione vaticana davanti ai colleghi dell’Onu è stato mons. Silvano Maria Tomasi con un discorso dai toni molto fermi. Il rappresentante vaticano ha anzitutto osservato con rammarico come – nonostante i pur notevoli “passi positivi” compiuti dall’organismo Onu per rendere “più produttivi” gli effetti del suo lavoro a livello mondiale – non sia ancora stato raggiunto un accordo “su tipi di mine diverse dalle mine antipersona”, sul quale invece continua a registrarsi fra gli Stati “l’assenza di un consenso sul tema”. Eppure, le positive ricadute avute ad esempio con l’adozione del terzo Protocollo sulle armi incendiarie – nonostante anche qui il percorso di revisione e miglioramento non sia certo concluso – dovrebbero far riflettere, è stata la considerazione del presule, sull’importanza di “rafforzare la protezione dei civili” da questa e altre categorie di armi.

    Entrando quindi nel merito del contrasto delle bombe a grappolo, mons. Tomasi, ha constatato che negli ultimi cinque anni la Conferenza di Ginevra ha dedicato “gran parte degli sforzi, del tempo e delle risorse finanziarie nel rispondere ai rischi umanitari causati da queste armi”. Già nel 2006, ha ricordato il presule, “la Santa Sede, con cinque altri partner, aveva presentato un documento per chiedere l'adozione di un mandato negoziale per un nuovo protocollo sulle munizioni a grappolo”. Purtroppo, ha rilevato l’esponente pontificio, “questo non è stato accettato da un certo numero di delegazioni”, il che ha indotto la Santa Sede a mobilitarsi per ricercare al di fuori della Convenzione “una soluzione umanitaria soddisfacente”. Ciò perché, ha chiarito mons. Tomasi, “non era più accettabile vedere aumentare il numero delle vittime" e osservare le aree infestate dagli ordigni "escluse dalla maggior parte delle attività economiche di base”.

    Mons. Tomasi ha quindi denunciato quello che a giudizio della Santa Sede è ora un tentativo di “indebolimento” del diritto internazionale sul tema, che rischia di “screditare” l’impianto generale della Convenzione. La “linea rossa” sostenuta dal Vaticano resta quella del “diritto internazionale umanitario già in vigore”: indebolirlo – ha osservato – sarebbe "un tradimento delle aspirazioni dei popoli a ridurre l'impatto dei conflitti armati e sarebbe anche in contrasto con gli obiettivi” della stessa Conferenza di Ginevra. Per questo, mons. Tomasi ha definito deludente il testo sulle munizioni a grappolo presentato in esame da un gruppo di esperti, aggiungendo che la sua eventuale adozione “costituirebbe un precedente inaccettabile”. “In una situazione di instabilità internazionale e in un mondo incerto – ha soggiunto – il diritto internazionale umanitario resta una misura di sicurezza indispensabile” che non può rischiare di “essere indebolita”. E la responsabilità della Conferenza Onu nel proteggere le popolazioni civili, ha concluso, "si basa sulla sua capacità di rispettare le disposizioni del diritto umanitario internazionale" e anche di favorire il "loro rafforzamento”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   E’ necessario parlare con Dio: in prima pagina, Ferdinando Cancelli sul primato della preghiera sull’azione.


    Europa sotto pressione: in rilievo, nell’informazione internazionale, l’economia, con l’ampliamento dello spread in Italia, Spagna, Francia e Belgio.

    In cultura, un articolo di Silvia Guidi dal titolo “Porte aperte per Benedetto XVI nelle università italiane”: parte da Urbino un ciclo di incontri in ateneo dedicati al “Gesù di Nazaret”.

    Cristianesimo di largo respiro: Antonio Spadaro e Lucetta Scaraffia ricordano padre Piersandro Vanzan, teologo e scrittore de “La Civiltà Cattolica”, morto ieri.

    Stralci del capitolo di apertura del saggio “Grandi santi” del pastore protestante Walter Nigg.

    Che sfortuna incontrare Caravaggio: Rossella Vodret, curatrice delle mostra “Roma al tempo di Caravaggio” (da 16 novembre al 5 febbraio a Palazzo Venezia).

    L’evangelizzazione del continente digitale: nell’informazione vaticana, sui nuovi sentieri della comunicazione intervista di Mario Ponzi all’arcivescovo Claudio Maria Celli.

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    Oggi in Primo Piano



    Libertà religiosa e sanità tra i temi di dibattito alla plenaria dei vescovi Usa

    ◊   È iniziata ieri a Baltimora la plenaria della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. In programma fino al 16 novembre, l’assise autunnale dei vescovi americani ha, tra i temi di discussione, la libertà religiosa, la trasparenza economica delle diocesi e un argomento socialmente “sensibile” come quello dell’assistenza sanitaria. La collega della redazione inglese della Radio Vaticana, Emer McCarthy, ne ha parlato con mons. Gabino Zavala, vescovo ausiliare di Los Angeles:

    R. – First of all we feel in need ...
    Prima di tutto, sentiamo il bisogno di occuparci di alcune questioni che sono importanti per noi come Conferenza. Uno dei motivi chiave di questo incontro è la libertà religiosa. Stiamo creando una nuova task-force sulla libertà religiosa e il vescovo William Lory presiederà la Commissione che tratterà di questo argomento. I vescovi sono preoccupati del fatto che la libertà religiosa – quella che chiamiamo “la prima libertà” – venga oggi erosa. Dunque, non solo in funzione del fatto che la gente possa o meno praticare la propria fede, ma anche che noi come Chiesa possiamo avere il diritto di definire quale sia il nostro ministero e chi i nostri ministri, e così via. Si tratta di un nuovo Comitato di vescovi, composto da studiosi, esperti legali provenienti da università come Harvard, Notre-Dame, l’Università cattolica degli Stati Uniti…

    D. – Parliamo della riforma sanitaria: perché avete scelto proprio questa come una delle vostre più grandi sfide?

    R. – I think because in this country …
    Perché in questo Paese il presidente aveva già nella sua agenda una legge sulla riforma sanitaria, e questo ha sollevato molte domande e ha fatto nascere molte preoccupazioni. Come Chiesa, noi siamo grandi fornitori di assistenza sanitaria e siamo molto preoccupati dell’assistenza sanitaria alla nostra gente. Ci preoccupa che tale norma possa diventare legge nazionale, che il Congresso se ne occupi e che possa diventare un argomento che le parti si rimandano l’una l’altra… Sentiamo che anche noi dobbiamo affrontare questo aspetto.

    D. – Nel vostro incontro sarà messa ai voti anche la risoluzione che chiede alle singole diocesi di stilare un resoconto annuale – volontario – della loro situazione economica. Perché?

    R. – We just feel that it is important to have …
    Pensiamo sia importante essere trasparenti in questo ambito. E’ un atto volontario, ma noi lo riteniamo fondamentale, perché temiamo che se manca la trasparenza nelle finanze, ciò potrebbe diventare un problema per i vescovi e per le diocesi. Quindi, una delle cose che pensiamo siano davvero importanti è essere molto chiari su questo aspetto e per questo lo stiamo incoraggiando tra i vescovi. (ap)


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    Rapporto Unicef: sono i bambini a correre i maggiori rischi per i cambiamenti climatici

    ◊   I cambiamenti climatici e l’impatto delle catastrofi naturali sui bambini nell’Asia meridionale e nel Pacifico: a fare il punto sugli aumentati rischi per l’infanzia è un Rapporto ad hoc dell’Unicef presentato ieri. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Milioni di bambini esposti a maggiori rischi a causa dei cambiamenti climatici. A lanciare l’allarme è il Fondo dell’Onu per l’infanzia in base a ricerche condotte in cinque Stati: Indonesia, Kiribati, Mongolia, Filippine e Vanuatu, tenuto conto che la regione del mondo dove si concentra il 70 per cento delle vittime per disastri naturali è proprio quella dell’Asia e del Pacifico. Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef-Italia:

    R. – E’ un tema di grande attualità: i bambini saranno i più colpiti, dice questo Rapporto, dai cambiamenti climatici. Infatti, milioni di loro in Asia orientale, nei Paesi del Pacifico, già soffrono della mancanza di accesso all’acqua pulita e a strutture igieniche. Il cambiamento climatico dovrebbe aumentare il numero dei bambini colpiti da una calamità da circa 66 milioni e mezzo all’anno - che era di fatto un dato stimabile intorno alla fine del ’90 - a ben 175 milioni all’anno globalmente nel prossimo decennio. E poi ci sono delle altre indicazioni che sono più tecniche, per capire che cosa succede: il livello del mare, ad esempio, sta crescendo ad un ritmo di 3,9 mm l’anno, in regioni come il Kiribati e di 5,6 mm nella piccola regione del Vanuatu. Sono zone davvero a rischio, tanto che sulla base di questo la Banca Mondiale ha stimato che l’80 per cento della superficie del Kiribati addirittura possa essere completamente inondata dall’acqua del mare. Per non parlare poi dell’agricoltura, che è molto vulnerabile al cambio della temperatura e, naturalmente, alle precipitazioni e anche alla sanità dell’acqua, che rappresenta circa il 50 per cento dei mezzi di sussistenza di queste zone. Non dimentichiamo che le principali "malattie killer" dei bambini nel mondo sono tutte collegate ai cambiamenti climatici. Quindi, è chiaro che l’aumento delle temperature influisca sull’aumento dei tassi di malnutrizione, sul colera, sulle malattie legate alla diarrea, su quelle trasmesse per esempio dalla febbre dengue o anche dalla malaria.

    D. – A chi è rivolto questo studio?

    R. – L’Unicef dice agli Stati che dobbiamo impegnarci tutti per coinvolgere i bambini nelle strategie di adattamento e di riduzione dei disastri. Possono essere loro stessi gli "attori" fondamentali, proprio per migliorare la capacità della comunità di affrontare i rischi del cambiamento climatico e quindi avere delle politiche per l’infanzia, sul tema del clima, mirate.

    D. – Quindi, puntare sull’educazione, sulla formazione dei bambini?

    R. – Esatto. Fare in modo che i bambini siano protagonisti di tutte quelle che sono le policy di cambiamento, ma soprattutto di sviluppo da parte dei governi nei confronti del tema climatico, tenendo conto di quelle che sono le loro sensibilità e soprattutto riuscire a prepararli. (ap)

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    A Terni la VII edizione dell'Umbria Film Fest "Popoli e religioni"

    ◊   Presentata la settima edizione di “Popoli e Religioni – Umbria International Film Fest”: una ricca serie di proposte cinematografiche, artistiche e culturali che dal 19 al 27 novembre coinvolgono la città umbra di Terni. Molti i titoli in programma, una vetrina interessante dei segnali di cambiamento in atto nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, un cinema inteso come contenitore di emozioni, spiritualità e impegno civile. Il servizio di Luca Pellegrini:

    L’Italia, si dice e si scrive, non è più un Paese per festival: ma Terni rilancia e grazie al sostegno del suo vescovo, mons. Vincenzo Paglia, e alla caparbietà degli organizzatori, l’Umbria International Film Fest “Popoli e Religioni” giunge alla settima edizione, con un programma che della regione di San Francesco e della pace ne interpreta la spiritualità, l’arte, la bellezza e la terra, godendo di questi riflessi e integrandoli in un tema particolarmente attuale: “Donne d’Oriente e d’Occidente”. Il cinema come contenitore di storie e di emozioni declinate tutte al femminile: per questo, oltre alle tante presenze di cineasti ben conosciuti in Italia, da Pupi Avati a Liliana Cavani, protagoniste a Terni saranno le donne provenienti dalla Tunisia, come la blogger Lina Ben Mhenni - che tanta parte ha avuto nella storia recente del suo Paese - e registe del Marocco e dell’Algeria, che insieme parteciperanno a una tavola rotonda - sabato 26 novembre - per testimoniare una realtà in continua evoluzione. Il festival, come spiega il neo-direttore, Pierluigi Frassineti, è costruito su un’idea portante:

    “Il programma nasce da un concept molto preciso e attorno a un desiderio che mons. Paglia espresse di elaborare un progetto sulle donne d’Oriente e d’Occidente, come due punti di equilibrio su cui si basa anche un nuovo dialogo, una nuova spiritualità. Siamo partiti da questa idea per sviluppare un progetto che tenesse conto soprattutto delle diversità culturali. Noi crediamo moltissimo nella diversità culturale come motore di sviluppo e di dialogo: non all’alterità ovviamente, perché consideriamo tutte le persone come facenti parte di un unico humus. La diversità culturale ci ha dato, però, la possibilità di scegliere film e personaggio non usuali: film che fossero soprattutto di passione, di passione civile, e che rappresentassero in qualche modo quel motore di trasformazione che le donne costituiscono oggi”.

    "Popoli e Religioni" tiene conto, nelle sue diverse proposte tra film, incontri e mostre d’arte, di tre precise dimensioni...

    “Sì. Ci interessava che la dimensione spirituale fosse molto potente, fosse molto presente, e lo è attraverso una serie di film, cominciando da 'The Mill and the Cross' di Lech Majewski., che è il film iniziale: una storia meravigliosa che parte da un quadro importante per arrivare a raccontare la storia del Calvario. La dimensione spettacolare era importante, perché poi in un Festival che si occupa di popoli e religioni, c’è bisogno che ci siano anche delle cose divertenti e piacevoli. Il terzo, appunto, è la passione civile che unisce questi film. (mg)

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    Chiesa e Società



    Nicaragua: il presidente dei vescovi parla di poca trasparenza nel voto

    ◊   Il presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua, l'arcivescovo di Managua, mons. Leopoldo José Brenes Solórzano ha affermato che c'è stata una mancanza di trasparenza nelle elezioni del 6 novembre, in cui il presidente uscente, Daniel Ortega, è stato ampiamente rieletto, con accuse di frode da parte dell'opposizione. "Lo svolgimento delle elezioni non era strettamente trasparente come ci aspettavamo" ha detto mons. Brenes al Canale 2 della televisione sabato scorso. L’arcivescovo ha spiegato che il Consiglio Supremo Elettorale (Cse), responsabile delle elezioni in Nicaragua, è una "istituzione umana e ha le sue debolezze", così ha chiesto ai membri di "riconoscere i loro limiti". "Umilmente riconosciamo che ci sono punti deboli" ha detto. Mons. Brenes, ha anche sottolineato che il processo elettorale aveva comunque “molte cose positive”, come una grande affluenza alle urne, che è stata "una cosa bellissima". Con il 100% dei seggi conteggiati, il Consiglio Supremo Elettorale (Cse) ha approvato la rielezione di Ortega con il 62,46% dei voti. Il principale oppositore di Ortega, l'imprenditore Fabio Gadea, del Partito Liberale Indipendente (Pli), ha ricevuto il 31% dei voti, ma ha denunciato una "frode senza precedenti” e ha chiesto nuove elezioni, invitando i suoi sostenitori ad una "resistenza pacifica". L'opposizione nicaraguense ha infatti protestato con violenza contro la rielezione di Ortega in diverse parti del Paese, con un bilancio di quattro morti, 49 poliziotti feriti e centinaia di civili feriti. Mons. Brenes ha chiesto "a vincitori e vinti" di promuovere le loro richieste "senza violenza". "Le proteste, le richieste devono essere fatte senza violenza. Quelli che hanno vinto non dovrebbero attaccare coloro che fanno tali richieste, tutto deve svilupparsi in un clima di dialogo". (R.P.)

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    Nigeria: per l'arcivescovo di Jos confermati i sospetti sul legame setta Bobo Haram-Al Qaida

    ◊   La setta nigeriana Boko Haram ha legami con il gruppo Al Qaida nel Maghreb Islamico (Aqim). Lo ha affermato Abdelkader Messahel, vice Ministro degli Esteri dell’Algeria, che cita l’esistenza di rapporti di intelligence al riguardo. Questi legami sono confermati da un’inchiesta del giornale nigeriano The Vanguard, che ricorda come la Boko Haram tra il 2004 e il 2007 avesse creato un campo di addestramento nei pressi della città di Kanamma, nello Stato di Yobe (nord-est della Nigeria), la cui capitale Damaturu, è stata di recente teatro di un sanguinoso assalto a diversi obiettivi civili e militari, tra i quali alcune chiese. Questo campo, soprannominato “Afghanistan”, è stato smantellato dalle forze di sicurezze locali nel 2007. I membri della Boko Haram ne hanno creato un altro nei pressi di Maiduguri, nel vicino Stato di Borno, che da tempo è al centro di una serie ininterrotta di attacchi. L’articolo del quotidiano nigeriano afferma inoltre che, secondo fonti della sicurezza, almeno 8 membri della setta nigeriana sono stati inviati in Algeria, in un campo degli estremisti locali legati ad Al Qaida, per imparare a costruire ordigni esplosivi improvvisati (Ied), ovvero bombe, che a dispetto della sigla possono essere molto potenti e sofisticate. Visti gli ultimi attentati commessi con l’uso di questi ordigni, è evidente che queste persone sono rientrate in Nigeria con le loro conoscenze tecniche. “Non ho letto l’articolo da voi citato, ma se queste informazioni sono corrette confermano quello che sospettavamo da tempo, ovvero che ci deve essere una mano straniera nelle operazioni della Boko Haram - dice all’agenzia Fides mons. Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo di Jos -. Siamo convinti che questo gruppo fino a poco tempo fa non aveva le conoscenze tecniche per costruire bombe e maneggiare armi sofisticate”. Se Boko Haram e Aqmi si collegano, si rischia di creare un arco di crisi che va dal Nord Africa all’Africa Occidentale, un rischio accresciuto dal gran numero di armi circolanti nella regione provenienti dagli arsenali dell’esercito dell’ex dittatore libico Gheddafi. A dicembre si terrà in Mauritania un vertice sul terrorismo al quale parteciperanno i Paesi del Sahel e quelli ad esso limitrofi, compresa la Nigeria. (R.P.)

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    Pakistan. False accuse di blasfemia: un vescovo e un pastore protestanti fuggono all’estero

    ◊   In Pakistan due religiosi cristiani sono stati colpiti ingiustamente dalla controversa legge sulla blasfemia. Si tratta del vescovo protestante Pervaiz Joseph e del pastore Baber George, costretti a fuggire all’estero perché vittime di false accuse di blasfemia e minacciati di morte da radicali islamici, nonché dai leader di un’organizzazione finanziata dal governo pakistano. La denuncia, ripresa dall'agenzia Fides, arriva dal pastore Mustaq Gill, presidente della “Legal Evangelical Association Development” (Lead), associazione di cristiani di tutte le confessioni, che include soprattutto avvocati e offre assistenza legale e protezione ai fedeli cristiani in Pakistan. La Lead, riferisce il presidente, “ha organizzato l’espatrio dei due leader, in pericolo di vita, e oggi provvede a garantire un rifugio sicuro alle loro famiglie”. “E’ una vicenda molto triste ed emblematica delle persecuzioni che i cristiani subiscono in nome della legge sulla blasfemia”, spiega Gill a Fides, in quanto “il vescovo è personalità nota e molto impegnata nel dialogo interreligioso e nella pace a livello nazionale e provinciale in Punjab”. Il vescovo e il pastore, che operavano entrambi nell’area di Lahore (in Punjab), negli ultimi sette anni hanno incontrato diversi leader politici e religiosi musulmani, affrontando molte questioni riguardanti la legge sulla blasfemia e le condizioni dei cristiani. “Nelle scorse settimane – spiega il pastore Gill – proprio durante uno di questi scambi di opinioni, sono stati accusati di aver usato parole sprezzanti contro Maometto, reato che i due non hanno in alcun modo commesso”. Il vescovo era il rappresentante cristiano dell’organismo “International Peace Council For Interfaith Harmony” (IPCIH), che riceve finanziamenti dal governo pakistano. Proprio il leader di tale Consiglio, Haji Rana Tahir Rehmat, insieme ad altri capi religiosi islamici del movimento islamico “Sunni Tehreek”, hanno lanciato le false accuse di blasfemia, delegittimando i leader cristiani e mandando a monte anni di lavoro comune. Secondo alcuni, i due cristiani sono divenuti invisi al Consiglio perché avrebbero deciso di avviare una nuova associazione a tutela dei diritti delle comunità cristiane in Pakistan. Sulla vicenda è intervenuto il cattolico Akram Gill, ministro pakistano per l'Armonia nazionale, assicurando che “acquisirà tutte le informazioni necessarie sul caso e prenderà opportuni provvedimenti”. (M.G.)

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    India: nel Kerala la Chiesa lancia un programma di sostegno alle famiglie numerose

    ◊   La Chiesa cattolica del Kerala lancia il “Jeevasamridhi”, un programma volto a promuovere e sostenere le famiglie numerose con quattro o cinque figli. La mossa è in aperto contrasto con il Kerala Women’s Code Bill 2011, il disegno di legge sul controllo della natalità che pone severe restrizioni a chi vuole avere più di due figli, in via d’approvazione. Il programma è stato inaugurato dall’arcivescovo di Kochi, mons. Mar George Alencherry. Tra le varie norme, la Kerala Women’s Code Bill 2011 prevede il pagamento di una multa di 10mila rupie (145 euro) e un periodo di reclusione non superiore a tre mesi per chi infrange la soglia dei due figli. Inoltre, raccomanda di ‘censurare qualunque istituzione sociale, religiosa, accademica o politica’ intenta a ‘scoraggiare, fare attività pubblica o prendere qualsiasi misura’ contro tale norma. Padre Paul Thelakat, portavoce del Sinodo siro-malabarico e dell’arcidiocesi di Ernakulam-Angamaly, spiega all'agenzia AsiaNews: “Per la Chiesa, questo è contro la libertà di coscienza di una coppia, e l’autorità non può decidere quanti figli avere. Difendiamo questa posizione non solo per i cristiani, ma per tutti i cittadini del Paese. Nessuna autorità può entrare con la forza nell’area sacra del potere di una coppia per decidere il numero dei figli”. “La Chiesa cattolica – conclude il sacerdote –considera i genitori con più figli persone più generose davanti a Dio e agli uomini, che hanno ascoltato la voce del futuro, che la voce della moralità”. (R.P.)

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    Osservatorio europeo delle droghe: consumo stabile, condizionato da crisi e web

    ◊   La crisi economica, le nuove tecnologie informatiche e, più in generale, alcuni effetti della globalizzazione economica e culturale, influiscono sempre di più sulla commercializzazione e il consumo di droga. L’allarme giunge dal Rapporto annuale 2011 dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (Oedt), presentato oggi a Lisbona, dove si trova l’agenzia specializzata dell’Ue. Il documento, citato dall'agenzia Sir, segnala, in 120 pagine di numeri, tabelle, grafici, commenti, la situazione del fenomeno nell’Ue, con particolare riferimento ai consumi di cannabis, anfetamine, ecstasy, chetamina, cocaina, nonché delle malattie correlati, i connessi problemi sociali e sanitari. João Goulão, presidente di Oedt, e Wolfgang Götz, direttore dell’Osservatorio, segnalano: “Le attuali difficoltà economiche sperimentate da numerosi Paesi europei sono parte integrante del contesto della nostra relazione. Il loro influsso è già percepibile, come dimostrato dalle sempre maggiori difficoltà nel reperimento di fondi per i servizi” sul versante della lotta alla droga e del sostegno alle persone tossicodipendenti. Inoltre, “i progressi nel campo della tecnologia dell’informazione hanno trasformato quasi tutti gli aspetti della vita moderna. Pertanto, non sorprende osservare ora il loro impatto sul fenomeno della droga. Concretamente, questa influenza si manifesta non solo nelle modalità di commercializzazione e vendita delle sostanze stupefacenti, ma anche nell’introduzione di nuove opportunità di prevenzione e trattamento”. Il rapporto tratteggia dunque una situazione con luci e ombre: “Il consumo di droga sembra essere relativamente stabile in Europa. I livelli di prevalenza, pur rimanendo nel complesso elevati in termini storici, non sono in crescita. E in alcune aree importanti, quali il consumo di cannabis da parte dei giovani, si osservano segnali positivi”. Accanto ad alcuni elementi relativamente positivi, o che almeno segnalano qualche inversione di tendenza, ne emergono altri particolarmente negativi. Nel Rapporto si legge ad esempio: “D’altro canto, destano preoccupazione gli sviluppi nel mercato delle droghe sintetiche e, più in generale, le modalità di utilizzo di una più ampia gamma di sostanze da parte dei consumatori di droga”. “La poliassunzione, compresa la combinazione di sostanze illegali con alcool e, talvolta, con medicinali e sostanze non controllate, è diventata il modello dominante di consumo di droga in Europa”. (M.G.)

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    Croazia: messaggio dei vescovi in vista dei prossimi appuntamenti elettorali

    ◊   In un messaggio diffuso in vista delle prossime elezioni parlamentari e del referendum sull’ingresso della Croazia nell’Unione Europea, i vescovi croati esortano i cattolici e tutti i cittadini di buona volontà ad un voto responsabile dettato dalla consapevolezza del bene comune del Paese. Il messaggio – spiega la parte introduttiva del documento - non vuole esprimere l’appoggio della Chiesa a uno specifico schieramento politico, ma piuttosto ricordare i criteri che dovrebbero guidare gli elettori cattolici, e non solo, nella scelta dei candidati in lizza. “Ogni elettore – scrivono i vescovi - è chiamato ad esprimere un giudizio illuminato che tenga conto dei beni umani fondamentali e del contesto della società croata in cui è chiamato ad operare”. Un aiuto importante in questa scelta viene dalla dottrina della Chiesa e dal senso di appartenenza alla comunità ecclesiale. I presuli richiamano in particolare l’attenzione sui temi della difesa della vita in tutte le sue fasi e della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e dell’educazione he sono stati al centro del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Croazia lo scorso mese di giugno. Citando le parole del Santo Padre a Zagabria, i presuli ricordano che la qualità di una democrazia dipende in buona parte da quanto si investe nella formazione delle coscienze e che in questo campo “la Chiesa offre alla società il suo contributo più specifico e prezioso”. Al tema della sacralità della vita umana è anche connesso quello del lavoro che – afferma il messaggio - non può essere ridotto solo alla pura dimensione economicista. In questo senso, è importante, ad esempio, conoscere la posizione dei vari candidati sulla difesa della domenica come giorno di riposo, al centro di un vivace dibattito in Croazia. Nel documento viene inoltre espresso l’auspicio che gli elettori scelgano candidati che, mettendo da parte ogni appartenenza ideologica, intraprendano passi concreti per fare un’operazione di verità sui crimini commessi da tutti i totalitarismi in terra croata, compreso quindi il regime comunista jugoslavo. Il messaggio invita, infine, gli elettori a valutare attentamente le posizioni dei candidati anche in relazione al prossimo referendum popolare sull’ingresso della Croazia nell’Unione Europea previsto il 1° luglio 2013. Dall’esito delle elezioni dipenderà, infatti, anche la politica europea del Paese. Una politica – affermano – che dovrebbe essere orientata alla promozione di quel patrimonio di valori culturali e religiosi che l’Europa sembra avere perso di vista. Il messaggio conclude quindi con una serie di appelli: in primo luogo, ai fedeli a farsi coraggiosi promotori dei valori cristiani; poi a tutti gli elettori a non astenersi dal voto; quindi alle istituzioni a garantire a tutti i partiti la possibilità di esporre le loro piattaforme programmatiche e ai candidati a presentare programmi chiari e senza manipolazioni; agli esponenti della Chiesa ad usare la campagna elettorale come momento di preghiera ed evangelizzazione. A tutti, infine, a valutare in modo responsabile le implicazioni dell’ingresso della Croazia nella Ue. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Congo: sette milioni di bambini ancora senza istruzione

    ◊   Nella Repubblica Democratica del Congo, per milioni di bambini l’accesso all’istruzione primaria resta un privilegio nonostante un provvedimento governativo del 2010 garantisca l’educazione scolastica gratuita. È quanto emerge da uno studio effettuato dal governo della Repubblica Democratica del Congo insieme al Dipartimento del Regno Unito per lo Sviluppo Internazionale e dall’Unicef, secondo cui oltre 7 milioni di bambini in tutto il Paese che non frequentano la scuola. La ricerca, di cui da notizia l'agenzia Fides, rivela che circa 25% dei bambini nella fascia di età della scuola primaria e il 60% degli adolescenti non risultano iscritti ad alcun istituto. Inoltre, dal 1960 ad oggi, il governo non si è impegnato per aumentare le scuole e costruire nuove strutture. A Kinshasa, per esempio, le scuole pubbliche sono molto meno numerose rispetto a quelle private: il 29% contro il 71%, si legge in una nota della Ong Sos Kinshasa. Grande preoccupazione esiste anche per la carenza di insegnanti nelle scuole pubbliche. Per la scuola primaria la media nazionale è di 1 insegnante ogni 37 alunni, ma nelle zone più emarginate e rurali gli studenti possono essere 100 per ogni classe. Un altro problema è costituito dall’uso da parte di privati del territorio scolastico, soprattutto nelle zone urbane. Molte scuole pubbliche sono poi in condizioni deplorevoli, non ci sono lavagne ne’ banchi, e in alcuni casi i bambini siedono sul pavimento. Nel Paese si lotta ancora per superare gli effetti delle guerre imperversate tra il 1996 e il 2003, aggravate da continue violenze nelle aree orientali e da decenni di corruzione e malgoverno. (M.G.)

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    Ghana: i vescovi per un’equa ridistribuzione dei proventi delle risorse petrolifere

    ◊   Il “Buon governo per la pace”, è il tiolo del documento della Conferenza episcopale del Ghana diffuso al margine della sua assemblea plenaria annuale. Il testo, citato dall'agenzia Misna, mette a fuoco in particolare i timori legati al nuovo status di potenza petrolifera del Ghana. Secondo i vescovi, “i dibattiti in parlamento sull’opportunità di riservare una percentuale fissa delle risorse petrolifere allo sviluppo della Regione occidentale e così anche le lotte del governo con Kosmos, Exxon Mobil e altre multinazionali indicano che esiste il pericolo di ripetere gli errori commessi con gravi conseguenze in altri Paesi africani”. Le esigenze di sviluppo locali, si suggerisce nel testo, devono tenere in conto i bisogni nazionali. Il legittimo confronto con le società straniere, continuano i vescovi, non deve far perdere di vista la necessità di usare le risorse in modo “trasparente e responsabile”. All’enunciazione dei principi seguono gli esempi pratici. Nel testo tra i progetti da realizzare si indica il rifacimento della strada che collega le città di Bogoso e Tarkwa, nella Regione occidentale, ma anche l’ampliamento del corridoio che conduce da Accra a Kumasi tagliando il Ghana in due. Per rendere visibile l’impegno alla trasparenza i vescovi chiedono invece la “pubblicazione regolare di tutte le informazioni relative a contratti, prospezioni e attività produttive in programma”. Nel documento della Conferenza episcopale è centrale l’idea che solo una gestione attenta ed equilibrata della cosa pubblica possa mettere al riparo da crisi e violenze. Dalla Costituzione del 1992 in poi, sottolineano i vescovi, il Ghana è stato capace di proporsi come modello liberale di alternanza al governo. Una nuova prova, la prima dalla scoperta del petrolio, attende il Paese l’anno prossimo. (M.G.)

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    Uruguay: Lettera pastorale dei vescovi sul dialogo per il bene comune del Paese

    ◊   Nel corso di una Conferenza stampa a Montevideo, a conclusione dell’Assemblea plenaria, i vescovi dell’Uruguay diffondono oggi la Lettera Pastorale intitolata “La nostra Patria: gratitudine e speranza”, che hanno redatto in occasione del Bicentenario del “processo di Emancipazione Orientale” culminato con l’indipendenza del Paese. A tenere l’incontro con la stampa saranno il presidente dell’episcopato uruguayano, mons. Carlos Collazzi, l’arcivescovo di Montevideo, mons. Nicolás Cotugno e il segretario generale e portavoce della Conferenza episcopale medesima, mons. Heriberto Bodeant. Il documento, divulgato oggi, risponde all’intento dei presuli di contribuire al dialogo nazionale per il bene comune in una prospettiva ecclesiale, invitando a guardare alla storia con sguardo positivo, in spirito di riconoscenza per quanti in passato hanno concorso alla costruzione di una Patria libera e sovrana, amando con i talenti, le difficoltà, la grandezza dell’azione della grazia e la fragilità umana. Nella Lettera vengono richiamati i fondamenti dell’annuncio evangelico, con speciale riferimento alla dignità di ogni persona umana e alla ricerca della verità, e vengono al contempo esaminate luci ed ombre della vita sociale, in riferimento ai temi prioritari della famiglia e dell’educazione. Sull’argomento i vescovi ribadiscono il ruolo insostituibile della famiglia nell’educazione e formazione dei giovani, “una questione del cuore”, che le istituzioni devono in ogni momento rispettare, come fonte di tutti i principi fondamentali per lo sviluppo della persona. La conclusione del documento è infine rivolta alle comunità cattoliche, invitate a vivere il tempo presente con riconoscenza e speranza e con l’animo pieno della grazia divina. (A cura di Marina Vitalini)

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    Colombia: impegno della Chiesa per i 4 milioni di afro-discendenti esclusi dalla società

    ◊   E' iniziata in Colombia una nuova fase del progetto Afropaz, un'iniziativa coordinata dal Segretariato nazionale di pastorale sociale/Caritas e dall'Associazione nazionale dei sindaci dei Comuni di Afro-discendenti della Colombia (Amunafro), che si propone di formare dirigenti di origine africana. La comunità afro-discendente infatti non ha alcuna rappresentanza politica visibile negli organismi di governo e nelle istanze sociali, così molte delle loro richieste non vengono ascoltate e neppure accolte. Il progetto di quest’anno si sviluppa in 16 comuni del Paese. Secondo quanto comunica la nota inviata all'agenzia Fides dalla Conferenza episcopale della Colombia, nel Paese latinoamericano sono registrati circa 4 milioni di persone di discendenza africana. Molte comunità vivono nella povertà, senza che i più piccoli abbiano la possibilità di frequentare le scuole, prive di assistenza negli ospedali, addirittura senza strade di accesso. Molte volte anche loro sono vittime dei conflitti armati, del traffico di droga, della corruzione nella pubblica amministrazione e nella politica. Questa è una delle realtà che il progetto Afropaz cerca di cambiare. Come afferma la responsabile della Commissione di promozione sociale e sviluppo del Segretariato nazionale della pastorale sociale/Caritas, Liliana Zamudio, negli anni precedenti il progetto è riuscito a dare vita ad organizzazioni sociali, autorità etniche e consigli comunali. (R.P.)

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    Colloquio a Vienna: in Medio Oriente non basta la libertà di culto

    ◊   Un soddisfacente sviluppo sociale e culturale in Medio Oriente è possibile solo se i diritti umani, come sanciti dalle Costituzioni, verranno applicati e messi in pratica. Non basta godere della libertà di culto in Medio Oriente. Ci deve essere completa libertà di religione e di coscienza, in modo tale che sia possibile per i cristiani proclamare liberamente la propria fede. Sono alcuni dei punti ribaditi dai partecipanti al III Colloquium Syriacum che si è svolto a Vienna, dal 9 all’11 novembre scorsi, su iniziativa del centro di studi per la Cristianità orientale, “Pro Oriente”. Tra i partecipanti, molti vescovi della tradizione siriaca (caldei, siri ed assiri) dal Medio Oriente e dall’India, diversi esperti ed osservatori. Durante l’incontro è stato ribadito che è necessario investire sul ‘dialogo di vita’ per favorire la reciproca conoscenza ed abbattere così stereotipi e malintesi. “Un buon inizio” di questo dialogo – è stato ricordato - è “il diffuso desiderio di libertà” come mostrato dalla ‘primavera araba’, che deve condurre alla piena libertà di coscienza. Non sono mancati riferimenti anche alla situazione in Iraq e Siria, Paese quest’ultimo in cui vivono molti siro-cristiani. Ed è proprio a causa della situazione grave in cui versano queste comunità che è stato deciso di tenere, sempre a Vienna il prossimo dicembre (13-16), una riunione sul tema “Il futuro dei cristiani in Siria”. Il Colloquium – riferisce l'agenzia Sir - è stato anche l’occasione per ribadire la necessità di una maggiore cooperazione tra le Chiese cristiane che può trovare, nella comune tradizione liturgica, un ulteriore momento di avvicinamento come dimostrato dalle celebrazioni animate dalle Chiese della tradizione siriaca, la Chiesa assira dell’Est, caldea, siro-ortodossa, siro-cattolica e maronita. (A.L.)

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    Mons. Forte all’Università Europea: chi educa deve trasmettere senso e bellezza della vita

    ◊   L’educazione è “trasmettere il senso e la bellezza della vita”; la sua “posta in gioco” è “la scelta decisiva della persona”. Così mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti–Vasto, nella lectio magistralis, ripresa dall'agenzia Sir, svolta questa mattina alla cerimonia di inaugurazione dell’Anno accademico 2011–2012 dell’Università europea di Roma. Partendo dall’icona biblica dei discepoli di Emmaus, mons. Forte spiega che “l’educazione è un cammino” che si pone “nel rischio e nella complessità del divenire della persona” e tra “due radicali e opposte possibilità”: la vittoria della morte o quella della vita. Ecco perché “l’annuncio della vita vittoriosa sulla morte deve risuonare ogni giorno, in un’incessante testimonianza vissuta”. Per l’arcivescovo è questa la “nuova evangelizzazione” di cui “ogni generazione ha bisogno”. Diversi tuttavia gli ostacoli al processo educativo. Di fronte all’odierna “cultura del frammento” che ha profondamente modificato “la concezione del tempo”, mons. Forte esorta a “ritrovare il predominio umano sul tempo”. Ulteriore condizione necessaria al processo educativo è la “relazione interpersonale”, oggi “diventata debole” perché “siamo malati di assenza”, sempre “più soli” e “privi di un sogno comune”. Per mons. Forte “occorre camminare insieme” in una “relazione di ascolto, condivisione e dialogo”. Una “compagnia della vita e della parola” che, precisa, “non è appiattimento delle differenze”. Chi educa deve dunque “trasmettere il senso e la bellezza della vita con l’eloquenza della vita stessa” amando “per primo e senza stancarsi”. Ma l’educatore, secondo il presule, deve anche valorizzare chi sta educando perché questo “ha bisogno anzitutto di fiducia, di quel sentirsi amato che gli consentirà anche di lasciarsi correggere e ammonire”. Ulteriore sfida nell’impegno educativo, fa notare mons. Forte, è “la cosiddetta crisi delle identità, radicata in una sorta di perdita della memoria collettiva e personale”. Lo sradicamento dal passato compromette però “la stessa possibilità di affrontare le sfide del presente e dell’avvenire”. Di qui la necessità di “una memoria partecipata all’altro con amore”. Infine la “penuria di speranze” che “sembra caratterizzare la cultura post-moderna”. Scopo dell’educazione, precisa l’arcivescovo, è “schiudere orizzonti, raccogliere le sfide e accendere la passione per la causa di Dio tra gli uomini, che è la causa della verità, della giustizia e dell’amore”. L’educatore, conclude, “o è testimone di una speranza affidabile, contagiosa di verità e trasformante nell’amore, o non è”. (M.G.)

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    Vescovi italiani: l'insegnamento della religione per rispondere al senso della vita

    ◊   Aiutare a “trovare risposte di senso ai ‘perchè della vita”, educare a “una condotta ispirata ai valori etici”, far conoscere “il cristianesimo nella tradizione cattolica, presentando il Vangelo di Gesù Cristo in un confronto sereno e ragionato con le altre religioni”. Sono le motivazioni contenute nel messaggio della Conferenza episcopale italiana rivolto a studenti e genitori, che nelle prossime settimane saranno chiamati a esprimersi “sulla scelta di avvalervi dell’insegnamento della religione cattolica” nell’anno scolastico 2012-2013. La nota della Cei, di cui riferisce l'agenzia Sir, sottolinea che “si tratta di un appuntamento di grande responsabilità perché consente, agli studenti, di riflettere sulla validità di tale proposta e di decidere personalmente se farne risorsa per la formazione e, ai genitori, di ponderare le possibilità educative offerte ai figli”. La percentuale di scolari e studenti che si sono avvalsi dell’insegnamento della religione nelle scuole italiane è attorno al 90-91%, con differenze tra nord (86%), centro (90%) e sud (97%). Il messaggio si sofferma inoltre sull’impegno educativo e sul suo significato e valore: “La Chiesa è dalla vostra parte, si fa carico di ogni vostra fatica, vuole offrirvi il supporto della sua bimillenaria esperienza a servizio dell’uomo e delle sue più profonde aspirazioni, - dice il testo - vuole aiutare voi studenti, attraverso l’opera di insegnanti professionalmente competenti e spiritualmente motivati, a leggere e interpretare la cultura letteraria, artistica e storica in cui siete nati e cresciuti”. Nella parte conclusiva si dice che “in continuità con la famiglia e in preparazione alla vita sociale e professionale, l’insegnamento della religione cattolica è un valore aggiunto a cui vi invitiamo a guardare con fiducia, qualunque sia il vostro credo e la vostra estrazione culturale”. Si sottolinea poi che l’Irc “è di fatto capace di proporsi come significativa risorsa di orientamento per tutti” e si formula il “caloroso invito a operare insieme perché non manchi alle giovani generazioni l’opportunità di una proposta inerente la dimensione religiosa e di una cultura umanistica e sapienziale che li abiliti ad affrontare le sfide del nostro tempo”. (M.G.)

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    Repubblica Ceca: per la Chiesa un vantaggio per tutti la legge sui beni ecclesiastici

    ◊   Nella Repubblica Ceca la prevista legge per la composizione delle controversie sui beni tra Stato e Chiese, stabilirà una garanzia giuridica per tutte le parti interessate e creerà nuove opportunità per un impiego più efficiente dei beni. Lo ha detto l’arcivescovo di Praga e presidente della Conferenza episcopale cecoslovacca, mons. Dominik Duka, in occasione dell’incontro organizzato, nei giorni scorsi, dall’Unione delle città e dei comuni della Repubblica Ceca. Intervenendo al convegno incentrato sul tema “L’impatto delle riforme sull’economia delle città e dei comuni”, l’arcivescovo ha ringraziato i propri delegati per i tanti anni di supporto e collaborazione con la Chiesa cattolica. Il presidente dell’Unione delle città e dei comuni, Dan Jiranek, ha riconosciuto gli sforzi compiuti dal governo per la restituzione delle proprietà ecclesiastiche confiscate dal regime comunista fino al 1989. Ha anche aggiunto che tale passo “apporterà grande vantaggio anche ai comuni”. In circa 50 città e paesi della Repubblica Ceca – ricorda l'agenzia Sir - molti edifici sono da decenni in stato di abbandono in conseguenza di una non chiara regolazione della questione della titolarità. La nuova legge, ancora in attesa di approvazione parlamentare, consentirebbe ulteriori trattative sui beni, sul rinnovo e sugli ulteriori sviluppi. (A.L.)

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    Nepal: inaugurata una scuola cattolica per gli indigeni della tribù Chepang

    ◊   “Apprendere per rendere più piena la vita”. E’ il motto della scuola cattolica ‘Navodaya’ inaugurata in Nepal sabato scorso dal vescovo di Kathmandu, mons. Anthony Francis Sharma. L’offerta formativa del nuovo istituto si rivolge, prevalentemente, alla popolazione Chepang, la più povera fra le tribù indigene del Paese. La scuola - ricorda l'agenzia Asianews - è stata realizzata grazie al contributo di associazioni locali e straniere. Fra i donatori, anche diverse associazioni italiane fra cui il Centro di Cooperazione Sviluppo Italia. Attualmente l’istituto ospita 173 studenti. Il rettore della scuola, Chirendra Satyal, auspica che questa opportunità formativa aiuti la comunità Chepang ad emanciparsi. Il rettore ricorda anche che l’istituto ‘Navodaya’ è nato per aiutare le comunità emarginate. In questi anni, solo poche decine di giovani ragazzi hanno avuto accesso alle scuole primarie statali, lontane anche 15 ore dagli insediamenti indigeni. La tribù Chepang è una dei 59 gruppi indigeni presenti in Nepal. La popolazione è di circa 52 mila persone. Oltre il 70% abbandona la scuola e vive in aree inaccessibili a oltre 1200 metri di quota, lontane dai centri abitati e dalle vie di comunicazione. La loro principale fonte di sostentamento è la foresta e i suoi prodotti. Solo poche famiglie hanno abbandonato la vita nomade, trovando lavoro come braccianti agricoli. A causa della morfologia del territorio e il clima della regione, i raccolti sono sufficienti solo per sei mesi. Per il resto dell’anno i Chepang si cibano di frutti spontanei, pesca e selvaggina. Spesso i bambini aiutano i genitori nelle campagne e non possono andare a scuola. In Nepal, i cattolici sono circa 10 mila (0,10% della popolazione). La Chiesa è attiva nel campo dell’educazione e gestisce 31 istituti scolastici, otto nella sola Kathmandu. Nell’impegno educativo sono coinvolti 65 sacerdoti, 17 religiosi e oltre 160 suore. (A.L.)

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    Hong Kong: nell'Anno dei laici, lettura della Bibbia per una solida formazione della fede

    ◊   Promuovere un coordinamento diocesano per rispondere alle domande sulla fede, utilizzare le tecnologie moderne per l’evangelizzazione, risvegliare il senso di appartenenza e la responsabilità dei giovani fedeli per la vita della Chiesa, offrire un’adeguata risposta pastorale all’invecchiamento della società e della comunità cattolica. Sono questi i propositi che guideranno le iniziative nel secondo periodo di celebrazione dell’Anno dei Laici indetto dalla diocesi di Hong Kong. In pratica, come riporta l’agenzia Fides, si tratta di coordinare tutte le risorse della comunità per assicurare una solida formazione della fede. Secondo uno dei leader della comunità cattolica locale, “una buona formazione riguardo alla Sacra Scrittura e alla fede aiuta senza dubbio i fedeli a consolidare l’identità cristiana, di conseguenza, favorisce l’evangelizzazione e la crescita delle singole comunità ecclesiali di base”. Inoltre si è constatato che “la vita spirituale dei fedeli di oggi è ancora debole. Rispondendo al sondaggio è emerso che il 35% degli intervistati legge la Bibbia una volta alla settimana o di più e il 30% non la legge mai. L’invecchiamento della diocesi inoltre provoca una frattura nella comunità dei fedeli laici. Tutto questo esige l’impegno per una intensa formazione”. (M.G.)

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    Deceduto il padre gesuita Piersandro Vanzan, del Collegio degli scrittori de La Civiltà Cattolica

    ◊   È morto ieri mattina a Roma Piersandro Vanzan, teologo e giornalista che faceva parte del collegio degli scrittori della «Civiltà Cattolica», l’autorevole e conosciutissimo quindicinale che i gesuiti italiani pubblicano dal 1850. Nato nel 1934 a Lonigo (Vicenza), diciottenne era entrato nella Compagnia di Gesù ed era stato ordinato sacerdote nel 1963. Ordinario di teologia pastorale e preside della Facoltà teologica a Napoli — dove aveva anche diretto la «Rassegna di Teologia» — padre Vanzan aveva poi insegnato alla Pontificia Università Gregoriana. Autore e curatore di diversi libri e di innumerevoli scritti su molte testate, tra le quali il mensile «Vita Pastorale». Uomo di larghe amicizie e finissimo direttore spirituale, - riferisce L'Osservatore Romano - era da tempo malato, ma continuava con entusiasmo il lavoro quotidiano con una «passione per la Chiesa e per le figure di santità presentate sulla rivista» ha dichiarato il suo direttore, padre Antonio Spadaro. (R.P.)

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    Roma: apre a San Paolo l’Ambulatorio di pediatria del Bambino Gesù

    ◊   Apre oggi al pubblico, nel quartiere San Paolo di Roma, il nuovo Ambulatorio pediatrico del Bambino Gesù. La nuova struttura arricchisce ulteriormente le attività degli ambulatori specialistici dell’Ospedale pediatrico avviate nel marzo dello scorso anno, nell’area adiacente la basilica di San Paolo fuori le Mura. Le attività del nuovo Ambulatorio pediatrico e degli Ambulatori specialistici di viale Baldelli si completeranno con il prossimo avvio del più grande e moderno Centro di ricerche pediatriche d’Europa che sta sorgendo proprio tra viale Baldelli e via San Paolo. Una nota dell’ospedale informa che nel frattempo si potrà accedere all’ambulatorio, senza prenotazione, dal lunedì al venerdì dalle 7.30 alle 19.30 e il sabato dalle 7.30 alle 13 e, attraverso una visita pediatrica generale, sarà garantito un servizio di prevenzione e cura a tutti i bambini, compresi coloro che risultino sprovvisti di un pediatra di riferimento, come ad esempio i figli di cittadini immigrati. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Male le Borse europee, aumenti record del differenziale dei titoli di Stato in tutta l'Eurozona

    ◊   Borse in calo in tutta l’Eurozona. Piazza Affari non è da meno anche se recupera parte della perdita iniziale. Ma soprattutto i contratti 'credit-default swap' sul debito italiano a cinque anni, che assicurano dal rischio d'insolvenza, hanno segnato un nuovo massimo storico superando i 600 punti. E il premio di rendimento del Btp decennale rispetto al bund tedesco è volato fino a 530 punti, prima di riscendere. Ma è record di spread anche per Francia e Belgio, rispettivamente a 188 e 302 punti. E Spagna che si mantiene oltre i 450 punti. Da parte sua, il presidente dell'Unione Europea, Herman Van Rompuy, in una conferenza stampa a Bruxelles sottolinea che la Commissione europea, il Fondo Monetario Internazionale e la Bce vigileranno “molto da vicino” i progressi di bilancio dell'Italia.

    Italia: conclusi incontri politici, Mario Monti prosegue consultazioni con parti sociali
    Oggi a Roma è giornata di consultazioni in vista della formazione del governo tecnico. Il presidente del Consiglio incaricato Monti ha completato stamattina gli incontri con le delegazioni delle forze politiche e nel pomeriggio chiuderà le consultazioni ricevendo le parti sociali ed i rappresentanti di donne e giovani. Ieri sera, Mario Monti si è detto è pronto ad accettare che i partiti si tengano fuori dal suo esecutivo ma non ad acconsentire che sul suo governo sia posta una data di scadenza. “Che siano presenti i partiti nel governo non è condizione indispensabile, ma è indispensabile invece un convinto appoggio” al governo. Inoltre, Monti ha voluto sottolineare di non aver mai parlato di “lacrime e sangue” ma piuttosto di “sacrifici” e di necessità di salvaguardare la crescita.

    Il Parlamento europeo vieta la speculazione sul debito sovrano
    I deputati europei hanno approvato stamane una nuova legislazione per limitare le vendite allo scoperto e il commercio in "credit default swaps" (Cds), un prodotto finanziario utilizzato come assicurazione contro i fallimenti. Le nuove regole europee imporranno maggior trasparenza e vieteranno l'uso di alcune tipologie di Cds, rendendo più difficile la speculazione sul default di un Paese. Il regolamento è una delle legislazioni presentate dalla Commissione per affrontare la crisi finanziaria. Le vendite allo scoperto e i Cds sono due pratiche finanziarie accusate di incrementare l'instabilità dei mercati. In particolare, il commercio in Cds è generalmente considerato come un potenziale fattore di peggioramento della situazione greca e italiana.

    Il governo greco chiede domani la fiducia
    Il nuovo governo greco di Lucas Papademos si presenterà domani di fronte al Parlamento di Atene per chiedere la fiducia ed avviare così il programma di riforme necessarie al rilancio del Paese. Ieri, di fronte alla grande coalizione che lo sostiene il premier ha illustrato la necessità di rispettare gli impegni di "austerity" presi di fronte ai creditori internazionali, Ue e Fmi, ma anche l’importanza di agire sul fronte dello sviluppo. Il servizio di Stefano Leszczynski.

    Sarà una sorta di ‘grosse Koalition’ in salsa greca quella che domani dovrebbe concedere la fiducia al nuovo governo del premier Papademos. Ieri, il capo dell’esecutivo ha illustrato in parlamento le priorità del programma che dovrebbe traghettare la Grecia verso la normalità. In gioco vi è innanzitutto la sesta tranche di aiuti da 8 miliardi da incassare entro il 15 dicembre e poi la negoziazione con la "trojka" Ue, Fmi, Bce per il nuovo pacchetto di finanziamenti. Il premier ha quindi illustrato la necessità di portare avanti le riforme strutturali già decise, come l'attuazione della legge che riguarda la “sospensione temporanea dal lavoro” di almeno 30 mila statali, il sistema di retribuzione unificato dei dipendenti pubblici, le privatizzazioni, la liberalizzazione delle professioni sino ad oggi chiuse, con particolare riferimento all'importanza degli investimenti. Il premier, che si è appellato all’unità nazionale, si è soffermato anche sulla necessità di ridurre la spesa pubblica e abolire gli enti statali inutili. Papademos ha voluto anche lanciare un segnale incoraggiante alla popolazione colpita dalle dure misure di austerity dichiarando che hanno carattere temporaneo e che non ve ne saranno di nuove per il biennio 2013-2014. Sull’efficacia del programma di questo esecutivo. l'opinione dell'economista Francesco Carlà:

    R. – Quello che cercherà di fare il nuovo primo ministro del nuovo governo sarà di ricostituire un minimo di condizione psicologica del Paese decorosa e di provare a tirare qualche leva per lo sviluppo. Questa seconda cosa in Grecia è piuttosto complicata perché molta parte dello sviluppo in Grecia dipende dall’attività pubblica, dagli sviluppi di progetti pubblici.

    D. – A livello psicologico possiamo dire che forse il fatto di annunciare che queste misure di austerity durissime in Grecia sono a termine, cioè che non si ripeteranno per il prossimo biennio, può essere un elemento stabilizzante anche per quanto riguarda l’opinione pubblica greca?

    R. – Immagino che questa sia la speranza del governo di larga intesa. Si è detto già molte volte che da questo momento in avanti il problema greco è soprattutto un problema politico più che un problema finanziario. Queste misure potrebbero andare in questa direzione.

    Ancora molta violenza in Siria dopo l’espulsione dalla Lega Araba
    73 persone sono morte ieri nelle violenze in Siria, in una delle giornate più sanguinose negli otto mesi di rivolta popolare contro il regime del presidente Assad. Lo ha reso noto l'Osservatorio siriano dei diritti dell'uomo, con base a Londra. La maggior parte delle vittime sono per scontri nella città di Daraa, nel sud del Paese. Dopo l’espulsione dalla Lega Araba, che dovrebbe essere confermata o revocata nella riunione prevista domani a Rabat, la situazione in Siria è sempre più questione sul piano internazionale. Il servizio di Fausta Speranza:

    Forte del ribadito sostegno da parte della Russia, il regime siriano risponde alla sospensione decretata dalla Lega Araba affermando che “non si piegherà” e dicendosi sicuro che in Siria “non si ripeterà lo scenario libico”. A parlare è stato ieri sera il ministro degli Esteri di Damasco, Walid al Moualem, mentre Lega Araba, Turchia e Ue alzavano il tono delle loro condanne della violenta repressione. È intervenuto apertamente anche re Abdallah di Giordania: primo leader arabo a parlare di dimissioni: “Fossi nei suoi panni mi dimetterei”, ha detto il sovrano in un'intervista alla Bbc, sollecitando Assad a dialogare con l'opposizione per aprire una transizione ordinata. E bisogna riferire che subito dopo una folla di manifestanti pro-regime ha preso d'assalto l'ambasciata giordana a Damasco. C’è poi l’impegno dell’opposizione siriana che è in visita oggi a Mosca per tentare di ottenere un riconoscimento dalla Russia. Parliamo del Consiglio Nazionale Siriano (Cns) formatosi a Istanbul il 2 ottobre, che raggruppa la maggior parte dei movimenti avversi a Bashar Assad. Il presidente di tale Consiglio incontra il ministro degli Esteri russo ma anche membri della Duma. Per il momento la Russia si limita a invitare l'opposizione siriana al dialogo con le autorità di Damasco e giudica inaccettabile ogni interferenza militare esterna nel conflitto siriano. Resta da dire che Washington ribadisce: Assad è sempre più isolato, il regime di Damasco ha ormai perso la sua legittimità a governare e deve lasciare il potere.

    Da domani in Afghanistan la grande Assemblea della Loya Jirga
    Al via domani a Kabul in un clima di grande tensione la Loya Jirga, la grande Assemblea nazionale che riunisce oltre duemila rappresentanti tribali dell’Afghanistan. Un evento più volte nel mirino degli attacchi dei talebani e che proprio ieri è stato anche oggetto di due falliti attentati. Tra le questioni in discussione la presenza militare straniera nel Paese e il dialogo tra governo e talebani per cercare di attenuare i toni di un confronto che rasenta oggi la guerra civile. Ma che cosa rappresenta la Loya Jirga nel passato e nel presente dell’Afghanistan? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica di Milano:

    R. – La Loya Jirga è una costruzione informale, molto radicata nella storia afghana: era l’assemblea degli anziani delle tribù e delle varie sezioni tribali. Questa istituzione è stata poi “codificata” e formalizzata nel nuovo Afghanistan, dopo la cacciata dei talebani, e funziona come una specie di “camera alta”. Qui si ritrovano non solo capi tribali, ma personaggi autorevoli, molto spesso anche molti amici del governo che vengono inseriti all’interno di questo corpo istituzionale.

    D. – Questa riunione della Loya Jirga che ruolo potrà avere nel confronto, che si sta facendo sempre più aspro, con i talebani? I talebani stessi, tra l’altro, annunciano di voler utilizzare questa occasione per azioni non certo pacifiche …

    R. – I talebani sfruttano sempre la Loya Jirga per dare grande dimostrazione di essere in grado di attaccare ovunque e quando vogliono loro. Questa volta, la Loya Jirga dovrebbe discutere sia dell’accordo tra Afghanistan e Stati Uniti, in vista del ritiro del 2014, un po’ sul modello di quanto avvenuto con l’Iraq. E dovrebbe anche discutere del modello ventilato dal presidente Karzai, di interrompere le trattative di pace con i talebani, che non vanno da nessuna parte, e di trattare invece direttamente con il governo pakistano, che è visto comunque come uno dei protettori di parte dei talebani.

    D. – Il fatto che non solo i talebani, ma gran parte del contesto politico afghano chieda che non siano più presenti forze straniere sul territorio, indica – secondo lei – la nascita di una maturità nuova in Afghanistan?

    R. – Temo di no. Credo che sia prevalsa la stanchezza estrema: siamo stanchissimi noi e la comunità internazionale non vede l’ora di potersi ritirare da quel Paese; sono delusi e amareggiati gli afghani, che non hanno avuto la pacificazione, la democrazia che era stata loro promessa; i talebani sembrano sempre più forti anche se in realtà poi sono molto divisi al loro interno, e molti capi politici pensano che, tutto sommato, se si ritireranno gli stranieri si troverà un accordo con i talebani e loro potranno continuare a mantenere parte del loro potere. E chi ci rimetterà, ovviamente, sarà la popolazione. (gf)

    Offensiva dell'esercito pakistano nel nord ovest del Paese: uccisi 16 insorti
    Almeno 16 militanti islamici sono stati uccisi oggi dall'esercito pakistano nel distretto tribale di Orakzai superiore, nel nord ovest del Paese. I militari hanno bombardato con gli elicotteri sei sospetti nascondigli degli insorti nelle aree di Dabori, Gokamar e Shadala. L’attacco è avvenuto in seguito alla morte di quattro soldati in un'imboscata dei talebani. Nella notte, un drone americano ha ucciso tre ribelli nella regione del Nord Waziristan, vicino alla frontiera afghana, roccaforte di Al Qaeda.

    Libia: almeno sette morti in scontri tra tribù e milizie del Cnt
    Sono almeno sette i morti negli scontri dei giorni scorsi tra la tribù Wershifanna e le milizie del Cnt, nei pressi della città costiera di Al Zawiya, in Libia. È quanto riporta una reporter della Bbc nel Paese. Lo scontro è avvenuto vicino a un posto di blocco in mano alla tribù che controlla la zona e impedisce i collegamenti tra Al Zawiyah e Tripoli.

    Il 24 novembre al Cairo, incontro tra Abu Mazen e Hamas
    Il 24 novembre si terrà al Cairo l'incontro fra il presidente palestinese Abu Mazen e il capo dell'Ufficio politico di Hamas, Khaled Meshaal. Ieri, Il premier dell'Anp, Salam Fayyad, ha detto di essere pronto a farsi da parte per favorire la riconciliazione fra le due principali fazioni palestinesi (Hamas e Al Fatah) e dare il via alle elezioni presidenziali e parlamentari.

    L’Ucraina e il braccio di ferro con il Fmi
    Il premier Mikola Azarov ha affermato che l'Ucraina non riceve finanziamenti dal Fondo monetario internazionale (Fmi) da quasi un anno. Secondo Azarov, il Paese è in grado di affrontare senza aiuti economici anche i prossimi 12 mesi. Il Fmi ha bloccato i finanziamenti a Kiev perché il governo non ha ancora messo in atto le riforme richieste. La decisione di tagliare le pensioni e i sussidi statali per i trattamenti sanitari ha provocato, nei giorni scorsi, manifestazioni di piazza cui hanno partecipato migliaia di persone.

    New York: sgomberato il campo "Occupy Wall Street" a Zuccotti Park
    La polizia ha sgomberato nella notte (stamani in Italia) l'accampamento del movimento "Occupy Wall Street", a Zuccotti Park, vicino alla sede della Borsa di New York. Oltre settanta le persone arrestate per resistenza. La maggior parte dei dimostranti ha lasciato il campo in modo pacifico. Il Comune e la proprietà del parco hanno giustificato lo sgombero con motivi di sicurezza e igiene. Nei giorni scorsi, i commercianti della zona avevano denunciato la fuga di clienti per i disagi creati dalle proteste. I manifestanti, che occupavano il parco dal 17 settembre, potranno tornare a manifestare a Zuccotti Park, ma senza installare un accampamento.

    Seul sospende il volantinaggio di propaganda sulla Corea del Nord
    L'esercito della Corea del Sud ha sospeso il lancio di volantini di propaganda sulla Corea del Nord, nel tentativo di migliorare le relazioni con Pyongyang. Dopo 11 anni di moratoria, l'esercito sudcoreano aveva ripreso le operazioni di volantinaggio nel novembre del 2010, dopo il bombardamento da parte del Nord di un'isola sudcoreana nel quale erano morte quattro persone.

    La riforma sanitaria voluta da Obama rischia di essere abrogata
    La riforma sanitaria americana voluta dal presidente Obama rischia di essere abrogata. La Corte suprema ha dichiarato ammissibili due ricorsi, presentati da diversi soggetti, tra cui 26 Stati dell'Unione, che accusano il governo federale di abuso di potere per aver reso l'assicurazione sanitaria obbligatoria. La massima autorità giudiziaria degli Stati Uniti si pronuncerà non prima di giugno 2012, a 5 mesi dalle elezioni presidenziali.

    Rapporto di "Human Rights Watch" sui metodi della polizia in Messico
    L'organizzazione "Human Rights Watch" (Hrw) ha presentato il rapporto “Né sicurezza né diritti”, che critica la politica del governo messicano contro i cartelli della droga. Nel documento si legge che “invece di ridurre la violenza” il governo "ha provocato un aumento drammatico dei casi di tortura, omicidio e altre terribili violazioni dei diritti umani". “Tra il 2007 e il 2010 – aggiunge Hrw - il tasso di omicidi è aumentato di oltre il 260%”. La Ong accusa la polizia del Messico di aver partecipato a torture ed esecuzioni extragiudiziali. Il presidente Calderon ha più volte assicurato che il 90% delle vittime del narcotraffico sono “delinquenti”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Giovanni Cossu)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 319

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.