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Sommario del 11/11/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai volontari cattolici europei: seguite l’esempio di Cristo non le ideologie, date fiducia in un tempo di crisi
  • Il Papa e il mantello di San Martino di Tours, icona cristiana della condivisione e della gratuità
  • Altre udienze e nomine
  • Incontro dei capi religiosi di Israele con il Papa: interviste con padre Pizzaballa e mons. Marcuzzo
  • Mons. Filoni agli studenti dell’Urbaniana: la missione sappia rispondere alle esigenze del mondo di oggi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Italia. Il Senato approva la Legge di Stabilità. Il commento del prof. Zamagni
  • Economia: il caso islandese con la vittoria della società civile sulle pressioni internazionali. Intervista con Riccardo Moro
  • Wto: via libera all'ingresso della Russia
  • Khartoum bombarda siti nel Sud Sudan
  • Ad Assisi il Fai riapre le porte al bosco di San Francesco
  • Chiesa e Società

  • Seminario promosso dalle Chiese in Asia contro gli abusi compiuti su minori da esponenti del clero
  • Congo: il cardinale Monsengwo Pasinya esorta il Paese a superare tensioni e contrasti
  • Terremoto in Turchia: la Caritas intensifica gli sforzi in favore della popolazione
  • Pakistan: nel Sindh tentativi di riconciliazione tra minoranze religiose e gruppi islamici
  • Indonesia: appello dei vescovi per la fine della violenza in Papua su donne e bambini
  • Egitto: Shenuda III invita i copti a recarsi in massa alle urne
  • Visita di Pastori protestanti sudcoreani in Corea del Nord
  • Il popolo di Mindanao chiede giustizia per padre Tentorio
  • Terra Santa: a rischio le terre dei cristiani di Beit Jala per l'estensione del Muro
  • Pakistan: inaugurata a Karachi la più grande chiesa cattolica del Paese
  • Unicef: aiuti a bambini e famiglie colpiti dalle inondazioni in Thailandia
  • Benin. Emergenza bambini denutriti: 6 mila nell'ultimo anno
  • Kenya: la Chiesa mette in guardia dall’etnocentrismo nella prossima campagna elettorale
  • Chiusa a Firenze l’Assemblea generale della Conferenza Italiana Superiori Maggiori
  • Ucraina: tre nuove metropolie nella Chiesa greco-cattolica
  • Portogallo: al via l’annuale Campagna natalizia “Presentes Solidàrios” per i Paesi poveri
  • Vietnam: la Provincia ecclesiastica di Ha Noi convoca i giovani a Bac Ninh
  • Gmg: la comunità web premia il miglior sito cattolico
  • 24 Ore nel Mondo

  • Siria: non si fermano le violenze, ancora morti ad Homs
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai volontari cattolici europei: seguite l’esempio di Cristo non le ideologie, date fiducia in un tempo di crisi

    ◊   Nel giorno in cui la Chiesa celebra San Martino di Tours, “modello di carità” per il mondo intero, Benedetto XVI ha ricevuto, in Vaticano, i volontari cattolici europei, riuniti dal Pontificio Consiglio “Cor Unum” per un incontro in occasione dell’Anno europeo del volontariato. Il Papa ha messo l’accento sull’identità del volontariato cattolico, che “non deve essere sedotto da ideologie che vogliono cambiare il mondo”. Quindi, ha ribadito l’importanza dell’opera dei volontari, in un periodo di crisi economica come quello che stiamo affrontando. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal cardinale presidente di “Cor Unum”, Robert Sarah. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Nell’attuale momento, “marcato da crisi e incertezza”, il vostro “impegno è una ragione di fiducia” che mostra come il bene cresca anche tra le difficoltà: è quanto affermato da Benedetto XVI nel discorso ai volontari cattolici europei ai quali ha innanzitutto espresso la sua “profonda gratitudine” per la loro missione di carità nel mondo. Quindi, ha sottolineato che per i cristiani “il lavoro volontario non è meramente un’espressione di buona volontà”:

    “It is based on a personal experience of Christ…”
    “Esso – ha detto – è basato su un’esperienza personale di Cristo. E’ stato Lui il primo a servire l’umanità”, dando “liberamente la sua vita per il bene di tutti”. L’esperienza “dell’amore generoso di Dio”, ha soggiunto, ci spinge “ad adottare la stessa attitudine verso i nostri fratelli e le nostre sorelle”. E questo, ha osservato, lo sperimentiamo “soprattutto nell’Eucaristia”. La Sua grazia, ha affermato, eleva la nostra vocazione a servire gli altri senza alcuna ricompensa. Siamo dunque chiamati a “servire gli altri con la stessa libertà e generosità che contraddistingue Dio stesso”. Così facendo, ha detto, “diveniamo strumenti visibili del suo amore” in un mondo che “anela quell’amore in mezzo alla povertà, alla solitudine, alla marginalizzazione e all’ignoranza che vediamo nel mondo intorno a noi”. Certo, ha riconosciuto il Papa, il “volontariato cattolico” non può rispondere a tutte le necessità, “ma questo non ci scoraggia”:

    “Nor should we let ourselves be seduced…”
    “Né – ha avvertito – dovremmo lasciarci sedurre da quelle ideologie che vogliono cambiare il mondo sulla base di una visione puramente umana”. Quel poco che riusciamo a fare per portare sollievo ai bisognosi, ha rilevato, “può essere visto come un seme buono che crescerà e porterà molto frutto”. E’, ha detto, “un segno della presenza e dell’amore di Cristo”. Questa, è stato il suo incoraggiamento, “è la natura della testimonianza che voi”, con umiltà e convinzione, “offrite alla società civile”:

    “While it is the duty of public authority…”
    “Se – ha proseguito – è dovere dell’autorità pubblica di riconoscere e apprezzare questo contributo senza distorcerlo”, il vostro ruolo come cristiani “è di partecipare attivamente alla vita della società, cercando di renderla sempre più umana, sempre più contraddistinta da autentica libertà, giustizia e solidarietà”. Oggigiorno, è stata così la riflessione del Papa, il volontariato, “come servizio di carità” è divenuto “un elemento della nostra cultura moderna, universalmente riconosciuto”. E tuttavia, le sue origini vanno viste “nella particolare attenzione cristiana per la salvaguardia, senza discriminazioni, della dignità della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio”:

    “If these spiritual roots are denied or oscured…”
    “Se queste radici spirituali – è stato il monito del Pontefice – sono negate o oscurate e i criteri della nostra collaborazione diventano puramente utilitaristici, allora ciò che distingue maggiormente il vostro servizio rischia di perdersi, a danno della società nel suo insieme”. Infine, il Papa ha esortato i volontari cattolici “a non avere paura” di imprimere un cambiamento radicale della propria vita, giacché “è nel donarsi agli altri che viviamo la vita nella sua pienezza”.

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    Il Papa e il mantello di San Martino di Tours, icona cristiana della condivisione e della gratuità

    ◊   Un modello “europeo” di carità. Così Benedetto XVI ha definito San Martino davanti ai volontari del Vecchio continente ricevuti questa mattina in udienza. E in effetti, Martino di Tours, prima soldato e poi vescovo, è tuttora uno dei Santi più venerati in Europa. A lui, e al suo celebre gesto di generosità, il Papa dedicò un intero Angelus, l’11 novembre del 2007. Alessandro De Carolis ne ricorda in questo servizio alcuni passaggi:

    “Ancora giovane soldato, incontrò per la strada un povero intirizzito e tremante per il freddo. Prese allora il proprio mantello e, tagliatolo in due con la spada, ne diede metà a quell’uomo. La notte gli apparve in sogno Gesù, sorridente, avvolto in quello stesso mantello”.

    (musica)

    Decisamente, ci sono materiali capaci di superare in modo straordinario il logorio del tempo. E certo, le tarme di sette secoli non hanno intaccato uno dei pezzi di stoffa più famosi della storia. Attraverso le fibre del mantello di Martino che in parte finiscono sulle spalle di un mendicante si intravedono con chiarezza le fibre che costituiscono il tessuto della carità cristiana: il dono, la gratuità, la condivisione, la scelta preferenziale dei poveri, la presenza di Gesù in loro. In un rapido gesto di generosità si è cristallizzato per sempre il meglio di ciò che può fare un uomo per il suo simile, soprattutto se sorretto dalla fede. Perché questo già era, sotto le fibre del suo mantello, il soldato Martino quando incrociò quel povero: un uomo prossimo al Battesimo:

    “Ricevette il Sacramento intorno ai vent’anni, ma dovette ancora a lungo rimanere nell’esercito, dove diede testimonianza del suo nuovo genere di vita: rispettoso e comprensivo verso tutti, trattava il suo inserviente come un fratello, ed evitava i divertimenti volgari”.

    Davvero un soldato singolare, Martino: nemico della violenza, allergico all’arroganza, che se sguainava la spada lo faceva per un atto di giustizia piuttosto che per fare il giustiziere. Finché, corazza e gladio lasciano il posto al saio e al crocifisso. Martino si congeda e segue il cuore. Si fa monaco in Francia – siamo attorno al 360 – e nel 371 i cittadini di Tours lo acclamano vescovo. Scelta felice, perché la città e le campagne acquistano un uomo capace di giustizia e incline alla misericordia, un Vangelo vivente annunciato con energia e testimoniato con la mitezza. Muore l’8 novembre 397 e l’11 viene sepolto. Non muore il suo ricordo e diventa una reliquia il suo mantello che continua ad essere appoggiato sulle spalle del mondo, come conforto per tutti coloro – ha detto il Papa – impegnati a rispondere alla grande sfida del nostro tempo”:

    “Quella cioè di costruire un mondo di pace e di giustizia, in cui ogni uomo possa vivere con dignità. Questo può avvenire se prevale un modello mondiale di autentica solidarietà, in grado di assicurare a tutti gli abitanti del pianeta il cibo, l’acqua, le cure mediche necessarie, ma anche il lavoro e le risorse energetiche, come pure i beni culturali, il sapere scientifico e tecnologico”.

    (musica)

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina: mons. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; il cardinale Velasio De Paolis, presidente emerito della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede.

    Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Łomża (Polonia), presentata da mons. Stanisław Stefanek, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Janusz Stepnowski, del clero della medesima diocesi, finora capo ufficio nella Congregazione per i Vescovi. Mons. Janusz Stepnowski è nato l’11 luglio 1958 a Ostrołęka (diocesi di Łomża). Nel 1979 ha superato gli esami di maturità ed è stato ammesso al Seminario Maggiore di Łomża. Durante gli studi ha dovuto svolgere il servizio militare. Il 1° giugno 1985 è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Łomża. Negli anni 1985-1988 ha studiato presso l’Università di Pamplona in Spagna, dove ha ottenuto il Dottorato in Diritto Canonico sul tema "La personalità giuridica e la potestà della Conferenza Episcopale". Negli anni 1988-1989 è stato studente presso l’Università per gli Stranieri a Perugia e ha prestato servizio pastorale nella diocesi di Terni. Nel 1989 ha iniziato il suo servizio presso la Congregazione per i Vescovi. Durante il suo lavoro ha collaborato come traduttore presso il Tribunale della Rota Romana. Dal 1990 è Cappellano presso il Convento delle Figlie della Presentazione a Roma. Il 18 marzo 2005 è stato nominato prelato di onore di Sua Santità.

    Il Santo Padre ha nominato delegato del Pontificio Consiglio della Cultura mons. Carlos Alberto de Pinho Moreira Azevedo, vescovo tit. di Belali, finora ausiliare di Lisbona.

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    Incontro dei capi religiosi di Israele con il Papa: interviste con padre Pizzaballa e mons. Marcuzzo

    ◊   La pace è anche frutto del dialogo fra le religioni, da qui la responsabilità dei leader religiosi di educare le proprie comunità di fedeli con l’obiettivo di approfondire “la conoscenza reciproca” e “sviluppare un’apertura alla cooperazione”: è questo in sintesi il pensiero espresso ieri da Benedetto XVI alla delegazione del Consiglio dei capi religiosi di Israele ricevuta in udienza. In occasione dell’incontro col Papa, i leader religiosi hanno diffuso una dichiarazione congiunta con la quale si impegnano in particolare a salvaguardare “da ogni forma di violenza e di profanazione” i luoghi di culto della Terra Santa e a “lavorare insieme per società più giusta ed equa”. Sulla portata dell’evento di ieri, Tiziana Campisi ha intervistato il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa:

    R. – Formalmente, quella dal Papa è la restituzione della visita che egli ha fatto, in Terra Santa, a tutti i capi religiosi iq auli hanno appunto voluto, secondo il protocollo orientale, restituire la visita. E’ però anche l’occasione per far vedere che in Terra Santa pur in presenza di problemi, e nonostante tutto quello che viene detto contro i religiosi e le religioni, c’è anche la possibilità di risolvere i problemi dialogando insieme.

    D. – Da questo incontro è emersa una dichiarazione comune. E’ un’ulteriore tappa per la convivenza delle diverse religioni in Terra Santa?

    R. – Sicuramente è un momento importante e storico, perché molti era la prima volta che incontravano così da vicino il Papa. E’ anche un modo di rafforzare le relazioni interne e di dire qualcosa insieme. Forse sembrano cose un po’ retoriche, però è davvero importante dire qualcosa insieme, come religiosi, nelle nostre diversità.

    D. – Questi momenti contribuiscono alla pace?

    R. – Questi momenti non stravolgeranno il corso degli eventi in Medio Oriente, ma creano una certa mentalità. Quando i credenti di tutte le comunità presenti in Terra Santa vedono i rispettivi leader religiosi incontrarsi e parlare di pace, questo crea cultura e mentalità. Il mio auspicio è che tali momenti possano non essere solamente delle parentesi, ma possano al contrario segnare, poco alla volta, lo spirito di tutti i leader religiosi, anche quelli legati al territorio e non solo quelli degli “alti palazzi”, in modo che la pace non sia soltanto un modo di dire ma anche una cultura che si insegna a tutti i livelli.

    Il Consiglio dei capi religiosi di Israele è nato nel 2007 per promuovere la coscienza della necessità del dialogo interreligioso e della cooperazione in Terra Santa. Ma quale il suo impegno concreto? Lo spiega mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale latino per Israele:

    R. – La natura di questo Consiglio in Israele è appunto quella di mettere insieme tutti quelli che si ritrovano ad affrontare gli stessi problemi per cercare di trovare, a partire dalla nostra fede, una soluzione. La missione è la pace. Questo Consiglio cerca di mettere insieme tutto l’apporto specifico che ogni comunità può dare per il raggiungimento della pace. La cosa più importante, qui, è l’aspetto Santo Padre, che è poi proprio lo specifico di questo incontro. Sono venuti perché vedono in lui una voce profetica che può offrire veramente una soluzione ai problemi, dare un aiuto sostanziale e soprattutto per mostrare che vogliamo seguire quello che ci ha detto e che non vogliamo soltanto ascoltarlo, soltanto celebrare o accontentarci di momenti o parole convenzionali. Vogliamo davvero mettere in pratica quanto lui ci ha detto e quanto ci siamo impegnati a vivere.

    D. – I leader religiosi riusciranno a portare, tra la gente, i propositi di oggi?

    R. – E’ proprio questo aspetto a far parte dei nostri programmi. Portare tutto questo tra la gente. E’ stato detto che vogliamo che il parroco, la domenica, dica ai suoi fedeli: “Amate i musulmani, amate gli ebrei”. Inoltre, è stato detto anche che vogliamo che il musulmano, l’imam, nella propria moschea, il venerdì dica ai suoi fedeli: “Amate i cristiani e amate gli ebrei” e che il rabbino, il sabato, nel suo tempio e nella sua sinagoga dica ai suoi fedeli: “Amate tutti gli altri, musulmani e cristiani”. Vogliamo arrivare a far scendere il livello della pratica religiosa soprattutto nelle scuole ma anche della vita quotidiana. Questo fa parte della dichiarazione che abbiamo letto e che speriamo di vivere. (vv)

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    Mons. Filoni agli studenti dell’Urbaniana: la missione sappia rispondere alle esigenze del mondo di oggi

    ◊   “L’università Urbaniana ha come scopo di preparare e formare culturalmente il missionario di domani. L’evangelizzazione, infatti, non è teoria ma è prassi illuminata e approfondita della Parola di Dio”: è quanto ha detto ieri all’inizio della sua prolusione su “Missione oggi: esperienze e prospettive” mons. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e gran cancelliere della Pontificia Università Urbaniana di Roma. All’inaugurazione del nuovo anno accademico dell’ateneo pontificio, mons. Filoni, che ha presieduto anche la solenne celebrazione eucaristica “De Spiritu Sancto”, ha sottolineato a docenti e studenti che la Chiesa e il mondo missionario devono rileggere l’evento cristiano, la validità perenne del Vangelo e della missione evangelizzatrice per contestualizzarla nei tempi moderni, poiché ci sono nuove emergenze su cui riflettere per inserirsi come protagonisti nella transizione epocale. Il prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ha posto l’accento, in particolare, sulla realtà nella quale oggi opera la Chiesa, senza omettere che tra i problemi che la riguardano c’è anche la tendenza delle Chiese particolari “a rinchiudersi in se stesse, preoccupate dei loro bisogni e alle prese con non facili sfide che l’umanità pone al cristianesimo”. Per mons. Filoni, in un Occidente che “si trova in una crisi di valori”, “con la scomparsa o il rifiuto di ospitare Dio”, “l’umanità non ha più alcun punto solido di aggancio”, e fluttua eternamente nel vuoto e nel nulla” mentre “centinaia di milioni di persone vivono ai limiti della sopravvivenza”. Di fronte a tutto ciò, la missione deve rinnovare la sua mentalità e metodologia e deve essere un cantiere aperto. E' per questo che il prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ha indicato a docenti e studenti di guardare ad essa considerando l’aspetto multietnico, multiculturale e multireligioso del mondo odierno aggiungendo che “la formazione culturale teologica è in vista e in funzione dell’annuncio” e che per tale motivo “la teologia deve divenire teologia della missione, teologia dell’annuncio”, ma che, come evidenziato nell’omelia della messa solenne per l’inaugurazione dell’anno accademico, occorre per questo anche coltivare “silenzio e contemplazione per sintonizzarsi con il mistero di Dio”, tradurre la conoscenza in amore, perché “non basta conoscere Dio”, è necessario pure “dare spazio alle virtù teologali della fede, della speranza e della carità”. (A cura di Tiziana Campisi)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Strumenti dell'amore di Dio per una società più umana: Benedetto XVI ai volontari cattolici europei riuniti in Vaticano.

    Nell'informazione internazionale, Giuseppe M. Petrone sull'Egitto che va verso le prime legislative libere.

    In cultura, un articolo di Giulia Galeotti dal titolo "Bisogna saper essere antichi e moderni": tra Chiesa e media cinque errori da evitare e cinque regole per incontrarsi.

    Luce e bellezza a totale servizio del popolo: Inos Biffi su estetica liturgica e teologia simbolica.

    Affacciato alla finestra che mancava a van Gogh: Sandro Barbagallo recensisce la mostra su Paul Cezanne al Palazzo Reale di Milano.

    Un articolo di Marcello Filotei dal titolo "A mani nude": l'Orchestra del Mariinskij e Valery Gerviev a Santa Cecilia per il centenario di Mahler.

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    Oggi in Primo Piano



    Italia. Il Senato approva la Legge di Stabilità. Il commento del prof. Zamagni

    ◊   In Italia, via libera dell'aula del Senato alla Legge di Stabilità. Il provvedimento passa ora alla Camera per l’approvazione definitiva attesa entro domani, come richiesto dall’Ue. Seguiranno poi le dimissioni di Berlusconi. E mentre salgono le quotazioni di Mario Monti a guida di un governo di transizione, si registra un mattinata positiva sui mercati Europei e la riduzione del differenziale tra i titoli Italiani e quelli tedeschi. Il servizio di Marco Guerra:

    È iniziato il percorso parlamentare della Legge di Stabilità con il maxi-emendamento del governo che porterà all’approvazione definitiva del provvedimento entro domenica con il voto alla Camera. Intanto tutti i testi del governo, sono stati approvati al Senato con il sì della maggioranza e l'astensione dell’opposizione. Tra le misure: pensioni, dismissioni del patrimonio, liberalizzazioni e un pacchetto per il lavoro. Ma sul fronte politico sono ore tutte dedicate alle trattative per la formazione di un governo di responsabilità guidato dall’economista Mario Monti. Pd e Terzo polo sono favorevoli a questa ipotesi, nel Pdl molti vorrebbero il voto ma lo stesso Berlusconi ha detto che i mercati non possono aspettare tre mesi per un nuovo esecutivo. Contrari, invece, Italia dei Valori e Lega. Tutti assicurano, però, che un eventuale governo Monti nascerà solo con le larghe intese che consentano il varo di riforme impopolari. E nonostante le numerose incognite, le Borse europee si sono mosse in territorio positivo anche stamane e lo spread tra titoli italiani e tedeschi continua la sua altalena ma è comunque sceso sotto i 480 punti. I mercati sembrano apprezzare anche la nomina del nuovo premier greco, Lucas Papademos, che dovrà traghettare il Paese fuori dalla bancarotta, e l’annuncio del piano di austerity che presto varerà il Portogallo. Ieri, il premier conservatore, Pedro Passos Coelho, ha annunciato un taglio della spesa del 43,5% in tre anni, come previsto dall'accordo di salvataggio da 78 miliardi firmato in maggio con Ue e Fmi.

    La crisi attuale sembra evidenziare come siano i mercati finanziari a dettare i ritmi e i tempi della politica. Ascoltiamo in proposito la riflessione del prof. Stefano Zamagni, presidente dell'Agenzia per il terzo settore e docente di economia politica all’Università di Bologna, al microfono di Luca Collodi:

    R. – E’ vero. Bisogna però capirne le ragioni e le radici. Il punto è che con l’avvento della globalizzazione, circa 30 anni fa, la politica scelse di abdicare al suo ruolo di scienza del buon governo. Quindi è stata la politica ad aprire le porte a quelli che oggi noi chiamiamo “i mercati finanziari”, “ mercati del lavoro globale” e così via. Ed è iniziata da quella stagione, da quella fase storica la cosiddetta “deregulation”: dapprima sui movimenti delle merci e tutti dissero: “Bene, che bello! Così c’è un maggiore abbattimento dei prezzi, i consumatori saranno più contenti”, e poi si è arrivati alla deregolamentazione delle attività che riguardavano la finanza. Ora, in una prima fase – direi fino alla fine degli anni ’80, inizio anni ’90 – questo ha avuto effetti positivi perché come tutti sanno – anche chi non ha studiato economia – abbattere le barriere, abbattere le posizioni di rendita e di privilegio ha un impatto positivo sui prezzi, sui costi eccetera. Non si è tenuto conto, però, del fatto che il meccanismo di mercato, una volta avviato, non si arresta più ed è quello che adesso noi vediamo. Cioè a dire: oggi la capacità di agire dei mercati finanziari è tale che la politica non può far a meno di accettare l’agenda che viene fissata da essi. Questo, quindi, è un problema serio, più di quanto non si creda. Perché? Perché siamo di fronte ad un grave deficit di democrazia, perché siamo in presenza di una forma di oligarchia tecnocratica che, a prescindere da obiettivi di per sé importanti, come l’aumento dell’efficienza, non assicura gli spazi di libertà che una autentica democrazia deve garantire.

    D. - La possibile soluzione che si sta delineando per quanto riguarda l’Italia, secondo lei, è quindi richiesta dalla finanza internazionale, più che dalla politica italiana …

    R. – Ma questo è evidente! Questo lo sanno tutti. Però, bisogna aggiungere: non ci sono alternative. E non ci sono alternative perché il rischio sarebbe quello di affossare definitivamente i destini del Paese. Allora, un governo di transizione, come quello che si va a prefigurare, deve soddisfare due condizioni. Primo, deve essere a termine, quindi dev’essere chiaro che non deve andare oltre i 18 mesi, un anno e mezzo. Secondo, che è un governo a cui si chiede di cambiare la legge elettorale perché quando fra 18 mesi si andrà a votare non potremo ripetere quell’errore che è stato fatto a suo tempo con il cosiddetto “porcellum”, che ha ulteriormente peggiorato la situazione rispetto all’obiettivo della politica come scienza del buon governo.

    D. – In questa soluzione temporanea, il ruolo dei laici cattolici quale può essere o quale dovrebbe essere?

    R. – I laici cattolici avrebbero dovuto incominciare a battere un pugno sul tavolo almeno un anno, un anno e mezzo fa: probabilmente, oggi non ci troveremmo in questa situazione. Perché? Perché è ovvio che se c’è un pensiero che il movimento cattolico, nelle sue varie articolazioni, ha sempre coltivato è quello – appunto – della politica come scienza del buon governo. Cioè a dire, l’obiettivo della politica è il bene comune. Negli ultimi tempi, io non ho mai sentito – se non in questi ultimissimi mesi – parlare, addirittura usare, il lessico del “bene comune”. Ora, i cattolici in questi ultimi tempi, in Italia, sono stati un po’ troppo alla finestra: hanno curato e hanno fatto benissimo – non bene: benissimo! – la sfera culturale, e poi la sfera del sociale, dove hanno fatto super-bene – pensiamo alle Caritas e al contributo delle varie associazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale. Dove, invece, sono arretrati è sotto il profilo della politica, ma soprattutto c’è stato un modo di ritrarsi dall’attività politica con una sorta di demonizzazione. Ora stiamo pagando le conseguenze di questa ingenuità.

    D. – Ci dobbiamo rassegnare a questo?

    R. – No, no! Assolutamente no! L’incontro di Todi di poche settimane fa, a mio modo di vedere, ha rappresentato un vero e proprio punto di svolta. La presa d’atto che i cattolici, se vogliono testimoniare la loro coerenza con i principi, devono imboccare una via che, peraltro, in passato era stata imboccata in tempi più difficili. Forse, adesso, un governo di transizione cosiddetto “tecnico” può servire alla bisogna, può concedere a questo movimento cattolico che si è svegliato un pochino in ritardo, il tempo necessario per aggregarsi, ma soprattutto per passare da un manifesto delle intenzioni ad un vero e proprio programma di azione, che comprenda i vari capitoli, tra cui quello economico, sicuramente; ma c’è il capitolo del lavoro, c’è il capitolo della famiglia, c’è il capitolo – soprattutto – del nuovo modello di democrazia che dobbiamo realizzare, e cioè la democrazia “deliberativa”, perché quella che abbiamo ricevuto dal recente passato non va più bene: è quel modello che gli anglosassoni chiamano “the private politics”, cioè la politica privata. Quella non è politica. E’ un modo camuffato di parlare e di praticare l’affarismo. (gf)

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    Economia: il caso islandese con la vittoria della società civile sulle pressioni internazionali. Intervista con Riccardo Moro

    ◊   In Italia, in questi giorni di profonda crisi economica e politica viene spesso ricordato da vari blog e siti Internet il caso dell’Islanda, Paese che negli anni scorsi ha visto fallire le sue tre principali banche. Di fronte alla conseguente proposta di salvataggio avanzata dal governo di Reykjavík, che avrebbe comportato per ogni islandese la spesa di 100 euro al mese per 15 anni, la popolazione dell’isola ha deciso con un referendum, tenutosi nel marzo del 2010, che il debito non sarebbe stato pagato dai cittadini. E’ stato anche avviato un processo di democrazia diretta che ha portato alla redazione di una nuova Costituzione. Le banche sono state nazionalizzate e l’Islanda si sta riprendendo dai colpi inferti dalla crisi. Sulle differenze tra il “caso islandese” e l’attuale situazione italiana, Amedeo Lomonaco ha intervistato l’economista Riccardo Moro, già direttore della Fondazione Giustizia e solidarietà della Cei:

    R. – Le differenze sono abissali. E’ però interessante riflettere su un punto di analogia, ossia: come si esce dalla situazione di crisi? Da un punto di vista strutturale, le differenze riguardano il fatto che la pesante situazione dell’Islanda consisteva nella condizione delle sue principali banche, che si trovavano sull’orlo della bancarotta. Avevano un debito enorme e soprattutto i loro titoli erano ormai valutati come “carta straccia”, "spazzatura", almeno quelli che sono stati scoperti con la crisi finanziaria del 2008. Questi titoli mettevano il Paese in condizione di non poter operare. Nel caso italiano, invece, il debito è dello Stato: si riducono le risorse disponibili per poter fare qualunque tipo d’investimento per poter incidere sul futuro. L’elemento comune è la crisi. Questa ha impattato sul piano finanziario ed economico, cioè il lavoro e la disoccupazione, e quindi ha avuto anche un impatto sul piano politico e sociale. Entrambe le comunità, quella islandese e quella italiana, hanno condiviso una forte preoccupazione per il futuro. Di fronte a questa forte preoccupazione si è diffuso un convincimento: “Il comportamento del governo non si è rivelato adeguato”. Di conseguenza, in Islanda è maturata una forte voglia di cambiamento. Di fronte ad una situazione di crisi e di estrema preoccupazione per il futuro, si è detto di non fare due o tre riforme e aspettarne gli esiti, ma ridefinire la modalità attraverso la quale si è in relazione. Inoltre, si è detto di riscrivere insieme la Costituzione, perché si tratta di una cosa importante ed il futuro lo si costruisce sulla base delle regole di convivenza che ci diamo, in base alla relazione reciproca che costruiamo. Questo lo facciamo riscrivendo insieme la Costituzione.

    D. – Ed una delle grandi novità è che la Costituzione è stata abbozzata, principalmente, su Internet. Chiunque poteva seguire i progressi della “Magna Carta” in streaming, online...

    R. – E' nata, in Islanda, un’esperienza straordinaria di partecipazione popolare attraverso Internet. Poi, evidentemente, ci sono state delle difficoltà, ma questo processo sta ora per terminare ed è un iter di estremo interesse. In Italia, la fatica è quella che vediamo quotidianamente: una politica che, in questo momento, non sembra capace di fare uno scatto di qualità, un salto in avanti, di rappresentare quell’anelito di cambiamento che la comunità sembra desiderare. D’altra parte, la fatica è anche della comunità. Non è che la colpa è sempre di chi fa politica: sono anche i cittadini che dovrebbero cercare modalità, strumenti ed anche un personale impegno partecipativo perché la politica possa essere arricchita.

    D. – Quello che colpisce - e forse è un po’ la "morale" di questa storia islandese - è che, alla fine, è stata la volontà del popolo sovrano ad aver determinato le sorti di una nazione. Una nazione che oggi sta superando la crisi economica. Ma questa volontà del popolo può essere, in futuro, la via d’uscita dalla crisi, anche per l’Italia?

    R. – Per certi aspetti non può che essere così. Il problema è trovare gli strumenti. In Islanda è obiettivamente più facile, perché la comunità è molto piccola. In Italia è un po’ più difficile riuscire a mettere in relazione tra loro 60 milioni di persone. Una certa difficoltà proviene sicuramente anche dagli strumenti della politica, in particolar modo dalla legge elettorale, che impedisce un’autentica partecipazione dei cittadini. Abbiamo bisogno di sperimentare degli spazi un po’ più "freschi" di partecipazione.

    D. – E questo “spazio fresco” di partecipazione può essere anche Internet, come è stato sperimentato in Islanda?

    R. – Negli Stati Uniti, ad esempio, che sono una comunità molto più grande rispetto a quella islandese ma anche rispetto a quella italiana, l’elemento di novità - dato da Obama durante la sua campagna elettorale - è stato proprio l’uso di Internet come spazio partecipativo. A mio avviso Internet, in questo momento, costituisce uno spazio tutt’ora inesplorato di possibilità. La partecipazione è difficile, tanto più in una società complessa costituita da molte persone. Internet è però un’opportunità di cui, probabilmente, non usufruiamo appieno, almeno da questo punto di vista. (vv)

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    Wto: via libera all'ingresso della Russia

    ◊   Via libera all’ingresso della Russia all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio. Lo ha deciso il gruppo di lavoro della struttura a Ginevra annunciando che la ratifica arriverà il prossimo mese di dicembre, dopo un negoziato durato quasi 20 anni. Mosca ha accettato una serie di impegni per ridurre le barriere commerciali e favorire la sua integrazione nell’economia mondiale, attraverso accordi in diversi settori come quello energetico, agricolo e dei servizi. Eugenio Bonanata ha raccolto il commento di Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto di questioni russe:

    R. - Certamente l’ingresso della Russia nel Wto implicherà un’accettazione generale delle regole mondiali del commercio. Credo che in questo quadro, soprattutto l’Unione europea che è il maggior cliente delle esportazioni russe, le quali a loro volta sono fatte soprattutto di petrolio e di gas, potrà sicuramente chiedere un ammorbidimento delle condizioni commerciali, a partire dal prezzo. Da questo punto di vista, potrebbero influire positivamente anche i gasdotti che sono stati tracciati in collaborazione con la Russia per arrivare in Europa saltando quelli che erano due “tappi” - così almeno dal punto di vista politico - come l’Ucraina e la Bielorussia.

    D. - Quindi cosa potrà succedere a livello dei consumi?

    R. - A livello dei consumi quello che può succedere, soprattutto nel settore dei consumi energetici, è una riduzione del costo per i clienti, cioè per noi.

    D. - Tutto questo potrà avere ricadute positive sulla crescita economica mondiale?

    R. - Certamente in un mondo che ormai ha accettato universalmente le regole del libero commercio, della permeabilità delle frontiere, l’assenza della Russia nel puzzle del commercio mondiale era un assurdo e si faceva comunque sentire. Avere messo quella tessera al posto giusto agevolerà sicuramente gli scambi. Sull’agevolazione degli scambi commerciali - come sappiamo - si costruiscono anche agevolazioni per gli scambi politici, una distensione politica generale, e indubbiamente la situazione mondiale non potrà che beneficiarne. Non credo che questi benefici siano, però, a brevissimo termine, non saranno domani, c’è tutta una serie di meccanismi che andranno rodati e verificati.

    D. - Obama ha detto che ci saranno conseguenze positive anche sul mercato del lavoro statunitense…

    R. - Obama fa bene a dire queste cose anche perché a un anno dalle elezioni presidenziali deve pur dare qualche strumento di speranza ai cittadini e agli elettori. Credo che se, per esempio, il mercato del petrolio e del gas raggiungerà regolazioni un po’ più a favore dei Paesi consumatori e un po' meno sbilanciati a favore dei Paesi produttori ed esportatori, certamente l’economia americana come quella europea ne potranno guadagnare. Noi abbiamo visto quanto ci costa il consumo di carburanti, quanto peso ha nell’economia generale del Paese. Certamente anche gli Stati Uniti, che spendono molti soldi per tenere artificialmente basso il prezzo dei carburanti e in generale dei rifornimenti energetici, ne potrebbero guadagnare e non poco.

    D. - In ultima istanza cambierà il ruolo della Russia nello scenario economico internazionale?

    R. - Io credo che il fatto che dopo 18 anni si sia sbloccata questa pratica dell’ingresso della Russia nel Wto dimostra che il ruolo della Russia nello scenario mondiale è già cambiato. A prescindere dal fatto che la sua ricostruzione economica sia a buon punto o meno, certamente, il peso politico della Russia è in questi anni cresciuto. Credo che andrebbe anche fatto questo discorso: cioè, quanto questa adesione può tornare utile alla Russia? Noi sappiamo quali sono i problemi interni della Russia, soprattutto sul fronte della corruzione e dell’incertezza del quadro legislativo: sono tutte questioni che deprimono l’interesse degli investitori stranieri verso la Russia e quindi rallentano il suo sviluppo economico. Io credo che da questa adesione al Wto la Russia potrà trarre il grosso beneficio di essere stimolata a darsi un assetto legislativo, istituzionale, regolamentare più moderno, più contemporaneo, più occidentale, e quindi alla fine beneficiarne fortemente dal punto di vista economico. (bf)

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    Khartoum bombarda siti nel Sud Sudan

    ◊   Tensione alle stelle fra il Sudan e la neonata Repubblica del Sud Sudan. Le truppe di Khartoum avrebbero infatti sferrato un attacco oltrefrontiera contro una base militare nella zona petrolifera dell'alto Nilo. Nel blitz sono morte 18 persone e altre 73 sono rimaste ferite. Intanto, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha condannato il bombardamento del campo profughi di Yida, in territorio sud sudanese che ieri ha colpito un sito con 20mila rifugiati recentemente fuggiti dai combattimenti in corso nelle montagne Nuba. Stefano Leszczynski ha intervistato Davide Berruti, coordinatore Sud Sudan dell’Ong Intersos che nella regione porta avanti diversi progetti umanitari:

    R. - Questi ordigni sono stati sganciati su un campo profughi - non si trattava di un campo permanente di rifugiati - che scappando dai bombardamenti che ci sono stati nei mesi scorsi, a partire dalla fine di agosto, hanno superato il confine con il Sud Sudan, attestandosi su una località dove hanno ricevuto assistenza dalla Comunità internazionale umanitaria e dalle Agenzie delle Nazioni Unite.

    D. - Questo bombardamento si inserisce in un clima di provocazione e di tensione crescente tra Sudan e Sud Sudan o è, piuttosto, un evento legato a quello che sta succedendo adesso in alcune regioni?

    R. - Noi come comunità umanitaria vediamo i risultati di una serie di conflitti, soprattutto sulla linea di confine tra Sud Sudan e Sudan, che sono in atto e in svolgimento in questi mesi: questo è un dato di fatto… Non sta poi a me giudicare l’andamento di queste relazioni tra le due Repubbliche.

    D - Una situazione che, comunque, va ad aggravare la situazione umanitaria già esistente in tutta la regione?

    R. - Assolutamente. Tutto il fronte nord è interessato da crisi umanitarie: il 21 maggio ci fu l’invasione del territorio contesto di Abey, che ha causato un numero abbastanza alto - tra gli 80 mila e 100 mila - di sfollati. A questi si sono aggiunte le decine di migliaia di “ritornati”, che da Khartoum - in seguito alla dichiarazione di indipendenza - cercano di raggiungere il Sud Sudan e lo fanno in situazioni disperate: anche se questi convogli sono organizzati con autobus, una volta che passano il confine con il Sud Sudan sono persone che non hanno nulla e che hanno bisogno dell’assistenza più basilare e quindi cibo, acqua e vestiti. A queste decine di migliaia di persone adesso si è aggiunta la popolazione Nuba, con una presenza di circa 20 mila, a completare un quadro che di per sé è estremamente grave!

    D. - Quello del Sud Sudan è un problema che riguarda un giovane Stato che non riesce ancora a trovare degli spunti giusti per provocare dei miglioramenti sensibili al proprio interno…

    R. - E’ un nuovo Stato che sta compiendo i suoi passi, insieme alla Comunità internazionale, verso uno sviluppo sostenibile. Noi vediamo che lontano dalle aree di crisi, c’è tutta la volontà e la voglia da parte della popolazione, da parte del governo, da parte degli investimenti internazionali di svilupparsi e di crescere: ma è purtroppo ancora uno Stato invischiato in questo conflitto a cui la comunità umanitaria deve ancora riuscire a far fronte. (mg)

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    Ad Assisi il Fai riapre le porte al bosco di San Francesco

    ◊   San Francesco riacquista il suo Bosco. Il restauro paesaggistico del Fai, Fondo Ambiente Italiano, riporta alla sua originaria bellezza i luoghi di meditazione del Santo. Oltre il muro che delimita la Piazza della Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi si apre un ambiente naturale di 68 ettari ricco di boschi, ulivi e monumenti storico-artistici. L’inaugurazione del Bosco questa mattina presso la Sala della Conciliazione del Palazzo Comunale di Assisi. Andrea Antonelli ha intervistato Sofia Bosco, direttore Fai:

    R. – Avevamo notato che la campagna italiana e i territori italiani stavano subendo un attacco veramente gigantesco da parte del cemento, dell’abusivismo, delle costruzioni inutili che sorgono qua e là, distruggendo quello che per anni è stato uno degli elementi caratteristici dell’Italia e delle culture che in Italia hanno trovato spazio nel corso dei secoli. Quindi l’idea che ci venisse offerta la possibilità di intervenire con un restauro in un paesaggio ci sembrò come un qualcosa che veniva inviato dall’alto.

    D. – Perché Assisi?

    R. – Assisi ha una valenza storica, culturale, artistica, religiosa immensa. Un numero di visitatori altissimo nel corso dell’anno, ma non ha nel tempo incluso all’interno della Basilica, dei monumenti della città, del contesto che la contraddistingue, anche per la storia di San Francesco, la parte di natura di cui tanto parlò Francesco nel ’300. Si potrà accedere in questo pezzo di paesaggio italiano che erano i sentieri, la natura e i luoghi dove Francesco con i suoi fraticelli girò e che considerava la sua Chiesa.

    D. – Come apparirà ora il bosco ai visitatori?

    R. – Apparirà un bosco con radure, arbusti, con un letto di ciclamini curato da noi che esistevano in sottofondo e sono stati recuperati una volta levate tutte le sporcizie, un monastero bizantino diroccato, una Chiesa di Santa Croce bellissima che immagino sarà a breve una tappa di pellegrinaggio, il mulino che diventerà un punto di accoglienza per chi visiterà, la radura dove Michelangelo Pistoletto, uno dei più grandi artisti contemporanei della nostra epoca, ha fatto una seconda opera di “Land Art” in Italia, il Terzo paradiso, creando questo triplo anello con un tunnel di ulivi che si potrà percorrere.

    D. - Avete già in programma di lavorare su altre bellezze in cerca di aiuto?

    R. – Certamente. Le prossime sfide saranno nel sud, nei bellissimi luoghi di natura delle Cinque Terre e nel nord vicino alle Alpi. Quindi luoghi significativi che aspettano il nostro intervento già con l’arrivo dell’anno nuovo e per i quali noi facciamo un appello a tutti gli Italiani perché sostenendoci partecipino. (bf)

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    Chiesa e Società



    Seminario promosso dalle Chiese in Asia contro gli abusi compiuti su minori da esponenti del clero

    ◊   L’Ufficio per il Clero della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia (Fabc) organizza dal 14 al 19 novembre a Bangkok, in Thailandia, un seminario per vescovi e formatori dedicato alla pedofilia. L’iniziativa è stata promossa in vista della scadenza del maggio 2012, data entro la quale le Conferenze episcopali di tutto il mondo dovranno presentare le loro “linee guida” su come rispondere e prevenire gli abusi, come richiesto dalla Lettera circolare pubblicata la scorsa primavera dalla Congregazione per la Dottrina della Fede alla luce delle nuove Norme sui delitti più gravi. Il seminario, cui parteciperanno una ventina di vescovi e cinquanta formatori, permetterà ai partecipanti in primo luogo di prendere coscienza della gravità del problema nella Chiesa in Asia. Il fenomeno della pedofilia, infatti, non riguarda solo l’Occidente, ma, coinvolge anche questo continente, come conferma il presidente dell’Ufficio per il Clero della Fabc mons. Vianney Fernando: “Vari vescovi asiatici - ha detto il presule all’agenzia Eglises d’Asie (EdA) - ricevono lettere da più parti nella Chiesa che indicano che la pedofilia è già diventato un problema grave ed esteso in Asia”. Tuttavia – evidenzia la stessa agenzia delle Missioni Estere di Parigi (Mep) – ad oggi non se ne conosce la reale ampiezza, perché sono ancora rare le vittime che decidono denunciare gli abusi, mentre e Conferenze episcopali asiatiche non sanno come affrontare il problema. Il seminario di Bangkok sarà quindi anche un’occasione per studiare le misure da adottare in caso di crisi e verso le persone implicate negli abusi e di elaborare direttive per proteggere meglio i minori. Tra i principali relatori mons. Charles Scicluna, promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della fede e uomo di punta della risposta vaticana alla crisi della pedofilia. Secondo il presule, anche in Asia occorre promuovere una nuova “cultura della divulgazione” e che le Chiese locali imparino a individuare con tempestività i casi quando si presentano. (L.Z.)

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    Congo: il cardinale Monsengwo Pasinya esorta il Paese a superare tensioni e contrasti

    ◊   Un appello alla “calma e al ritegno” e alla “promozione della vita” è stato lanciato ieri dal cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa. Preoccupato dal clima di paura e di tensione che si è instaurato in varie zone della Repubblica Democratica del Congo sin dall’inizio della campagna elettorale lo scorso 28 ottobre, il porporato ha chiesto allo Stato di “garantire lo Stato di diritto” e la formazione di istituzioni destinate a gestire il Paese. “Come potremo dare fiducia a dirigenti incapaci di proteggere la popolazione? Come eleggere esponenti non in grado di portare pace, giustizia e amore? Di grazia – ha chiesto il cardinale ai dirigenti politici in campagna – rassicurateci. Vogliamo una repubblica di valori, non di antivalori”. Il cardinale Monsengwo Pasinya – riferisce l’agenzia Misna - ha messo in guardia contro “la strumentalizzazione dei giovani nella violenza”. Nei giorni scorsi sono stati visti, in particolare a Kikwit ma anche a Kinshasa, giovani armati di machete per seminare paura durante iniziative di alcuni candidati. Altre scaramucce tra simpatizzanti di politici rivali hanno suscitato preoccupazioni nel Paese e tra la comunità internazionale. “Le elezioni non sono un fatto a se stante - ha concluso il porporato - ma sono l’inizio di un percorso. Vogliamo elezioni nella pace”. (A.L.)

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    Terremoto in Turchia: la Caritas intensifica gli sforzi in favore della popolazione

    ◊   Nella zona di Van, nella Turchia orientale già devastata dal violentissimo terremoto del 23 ottobre scorso, la terra è tornata a tremare, causando nuovi morti e nuovi crolli. Caritas italiana, che ha già messo a disposizione 100 mila euro, ha rinnovato la sua vicinanza a Caritas Turchia che sta intensificando gli sforzi in favore della popolazione colpita. In particolare, - riferisce l'agenzia Sir - sono state colpite oltre trenta strutture pericolanti nella città di Van, tra cui l’albergo che ospita i soccorritori delle organizzazioni governative. In questa zona montuosa, dove da anni Caritas italiana sostiene i progetti di formazione e sviluppo avviati da Caritas Turchia, di notte le temperature sono particolarmente rigide e quindi occorre la massima tempestività negli interventi. “La difficoltà nelle comunicazioni – racconta Caritas - rende tutto più difficile”. Tuttavia le distribuzioni organizzate dagli operatori della Caritas Turchia, sostenuta da Caritas italiana, proseguono soprattutto nei villaggi intorno a Van, finora i meno raggiunti dagli aiuti, e si intensificheranno nei prossimi giorni. La prima fase del piano avviato in questi villaggi prevede interventi in favore dei bambini e delle famiglie più bisognose, con la distribuzione di vestiti e scarpe, la consegna di stufe, il contributo alla riparazione o ricostruzione di edifici scolastici, abitazioni e granai. (R.P.)

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    Pakistan: nel Sindh tentativi di riconciliazione tra minoranze religiose e gruppi islamici

    ◊   E’ in corso un tentativo di riconciliazione fra le minoranze religiose, in special modo la comunità indù e i gruppi musulmani, dopo l’uccisione dei quattro indù (un medico e tre membri del personale paramedico) in un ospedale di Chak, nel nord del Sindh. L’omicidio è stato perpetrato probabilmente da alcuni membri di una confraternita musulmana locale (la polizia ha arrestato 13 sospetti), a causa della controversia su una ragazza indù rapita e convertita all’islam. Le minoranze religiose indù e cristiane hanno lanciato una manifestazione pubblica e uno sciopero della fame per chiedere più protezione al governo, accusato di immobilismo. La “All Pakistan Minorities Alliance” (Apma), la maggiore associazione pakistana che difende le minoranze, fondata dal cattolico Shahbaz Bhatti, ex ministro federale assassinato, è intervenuta organizzando alcuni incontri di mediazione, portando allo stesso tavolo membri della comunità indù, leader musulmani, alcuni cristiani, esponenti delle autorità civili, con l’obiettivo della riconciliazione. Paul Bhatti, attuale presidente dell’Apma, fratello del Ministro ucciso e Consigliere speciale del Primo Ministro per gli affari delle minoranze religiose, ha spiegato all'agenzia Fides: “In questa fase occorre lavorare per la riconciliazione, stemperando le tensioni sociali e religiose. Quanto è accaduto è deprecabile ed è una sconfitta per lo Stato. Il Presidente del Pakistan Ali Zardari ha garantito maggiore protezione”. Bhatti individua nel curriculum educativo la radice del problema: “Come Apma, il nostro obiettivo è contribuire a formare un nuovo curriculum educativo in Pakistan, per sradicare la mentalità di odio e intolleranza verso le minoranze religiose, che viene insegnata già nelle scuole elementari”. (R.P.)

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    Indonesia: appello dei vescovi per la fine della violenza in Papua su donne e bambini

    ◊   Stop alla violenza, che colpisce soprattutto le donne e i bambini; aprire subito un tavolo di dialogo per la riconciliazione; pregare incessantemente: è quanto chiedono i vescovi indonesiani, riuniti per l’Assemblea autunnale a Giakarta, focalizzando l’attenzione sulla grave situazione nella Papua indonesiana (o provincia di Irian Jaya), dove sono in corso violenze commesse dall’esercito regolare contro la popolazione, accusata di fomentare l’indipendenza. Come riferiscono fonti dell'agenzia Fides nella Conferenza episcopale, il vescovo di Jayapura (capitale della Papau), mons. Leo Laba Ladjar, ha rimarcato “l’urgenza del dialogo e dell’abbandono della forza militare per risolvere le questioni interne e portare la pace nella Papua”. Tutte le Chiese cristiane si sono mobiliate per la Papua in questi giorni: la “Comunione delle Chiese in Indonesia” ha invitato pubblicamente il governo a fermare la violenza, e la Chiesa Battista ha rimarcato la necessità di “pregare Dio per la pace e per la riconciliazione”. In una conferenza pubblica, il Segretariato per l’emancipazione femminile, della Conferenza episcopale cattolica, insieme con altre associazioni come la “Commissione nazionale per le donne” e il Dipartimento femminile nella Comunione delle Chiese in Indonesia, ha denunciato che la violenza in Papua colpisce soprattutto donne e bambini. Si registrano, infatti, violenze sessuali, abusi, violazioni della dignità e dei diritti umani delle donne, causati soprattutto “dall’approccio puramente militare messo in campo dal governo” e da una cultura che subordina il valore della donna. Le organizzazioni invitano il governo a tutelare la condizione e la vita delle donne e di tutti i cittadini della Papua. (R.P.)

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    Egitto: Shenuda III invita i copti a recarsi in massa alle urne

    ◊   Shenuda III, capo della Chiesa copta ortodossa egiziana invita i fedeli a recarsi in massa alle urne e a non avere timore a votare candidati musulmani, che mostrano interesse per i cristiani d’Egitto. ''La vostra partecipazione alle elezioni del 28 novembre – ha affermato mercoledì durante il suo sermone - preserva l'equilibrio fra moderazione ed estremismo''. La sensibilizzazione alle elezioni legislative, le prime dell’era post-Mubarak, ha spinto la Chiesa copta a un impegno capillare nelle varie diocesi. Ad Alessandria, le parrocchie hanno organizzato dei “comitati di cittadinanza” formati da attivisti e giovani volontari, che aiuteranno le comunità cristiane ad essere più attive nella politica. Nonostante rappresentino circa il 10% della popolazione, (circa 8 milioni) a causa della discriminazione sociale e religiosa, i copti non hanno mai avuto un ruolo molto attivo in politica, fatta eccezione per alcuni importanti uomini d’affari. Spesso sono stati accusati dai musulmani moderati di vivere isolati e di impegnarsi solo per gli interessi della propria comunità. “I copti devono essere più attivi in politica”, afferma Kameel Seddiq, segretario della Chiesa evangelica di Alessandria. “I recenti incidenti avvenuti al Cairo – continua – dovrebbero diventare una motivazione ulteriore per un maggiore impegno”. In attesa del voto del 28 novembre, gli egiziani temono per il futuro del Paese, a tutt’oggi incerto. Per comprendere la futura evoluzione del panorama politico in molti guardano alla vicina Tunisia, che come per le rivolte è stata anticipatrice anche sul risultato elettorale, che ha visto la vittoria del partito islamico Ennahda, vicino ai Fratelli musulmani. Tuttavia, Bahey el-din Hassan, editorialista del quotidiano Almasry – Alyoum, sostiene che fra i due Paesi vi siano delle differenze sostanziali e non è detto che a parità di eventi l’Egitto prenda il medesimo corso della Tunisia. Tali diversità si riscontrano soprattutto nel ruolo dell’esercito, nell’atteggiamento dei partiti islamici e nella formazione dell’elite politica. (R.P.)

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    Visita di Pastori protestanti sudcoreani in Corea del Nord

    ◊   Un gruppo di Pastori protestanti sudcoreani ha compiuto una visita ufficiale in Corea del Nord. Nel corso della visita, approvata dal governo comunista, si è tenuta una veglia di preghiera “per la pace nella penisola coreana”. Alcune fonti - rende noto all'agenzia AsiaNews - sottolineano che questi incontri “sono un modo per rendersi conto della situazione. Sono sicuramente un modo per convincere Seoul a ripartire con l’invio di aiuti umanitari, ma potrebbero contenere delle sorprese inaspettate”. Quella dei Pastori protestanti è la seconda visita religiosa ufficiale avvenuta in circa dieci anni. Nel settembre del 2011, infatti, Pyongyang ha permesso a dei monaci buddisti - fra cui il capo dell’Ordine Jogye - di visitare i templi presenti nel Nord. I pastori hanno visitato inoltre le chiese Pongsu e Chilgol, due dei pochi luoghi di culto mantenuti aperti dal regime. Nel Paese è infatti permesso soltanto il culto del Leader Kim Jong-il e del padre, il “Presidente eterno” Kim Il-sung. Nelle chiese ci sono soltanto membri delle Associazioni patriottiche dei fedeli. (A.L.)

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    Il popolo di Mindanao chiede giustizia per padre Tentorio

    ◊   La popolazione di Mindanao chiede giustizia per padre Fausto Tentorio, il missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), ucciso con colpi di pistola lo scorso 17 ottobre ad Arakan. A tutt’oggi nessuno ha rivendicato l’omicidio. Il prossimo 17 novembre associazioni e attivisti per i diritti umani protesteranno a Manila davanti al ministero della Giustizia filippino per fare pressioni sul governo affinché vengano arrestati i colpevoli. Padre Giovanni Re, responsabile regionale del Pime nelle Filippine, afferma all'agenzia AsiaNews, che “le indagini proseguono, ma a rilento. Purtroppo non vi sono testimoni oculari ed è difficile risalire ai responsabili. Tuttavia, governo filippino e ambasciata italiana a Manila hanno promesso che faranno di tutto per fare luce sul caso”. Il sacerdote racconta che la popolazione continua a pregare e a organizzare veglie per il missionario, ormai diventato un testimone delle fede non solo fra i tribali della diocesi di Kidapawan, ma in tutto il Paese. “Ogni giorno – spiega - ricevo lettere di persone e gruppi che mi descrivono le loro iniziative in ricordo di padre Fausto. Il 26 novembre, a Manila e Kidapawan ci saranno le Messe che saranno celebrate come da tradizione a quaranta giorni dalla morte del missionario, dove sono attese migliaia di persone. Anche l’arcidiocesi di Zamboanga organizzerà nei prossimi giorni veglie di preghiera e una messa speciale in sua memoria”. Padre Fausto Tentorio è il terzo missionario del Pime ucciso nelle Filippine e nell’isola di Mindanao. Nel 1985 padre Tullio Favali è stato assassinato a Tulunan, nella diocesi di Kidapawan, da un gruppo di guardie private armate. Nel 1992, padre Salvatore Carzedda, impegnato nel dialogo con i musulmani, è stato ucciso a Zamboanga. Nel 2007, padre Giancarlo Bossi era stato rapito da un gruppo di fuoriusciti del Moro Islamic Liberation Front. E’ stato rilasciato dopo oltre due mesi Nel 1998 è stato rapito anche padre Luciano Benedetti. I suoi rapitori lo hanno liberato dopo circa 2 mesi. (A.L.)

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    Terra Santa: a rischio le terre dei cristiani di Beit Jala per l'estensione del Muro

    ◊   Hanno deciso di pregare all’aperto per esprimere il loro dissenso sulla decisione di Israele di confiscare parte della terra di Beit Jala, nei pressi di Betlemme, con lo scopo di estendere il muro di separazione, che dovrebbe impedire ogni intrusione di terroristi palestinesi nel territorio nazionale, all’entrata della valle di Cremisan. E’ per questo che venerdì scorso, riferisce il portale del patriarcato latino di Gerusalemme www.lpj.org, i cristiani della cittadina della Terra Santa hanno partecipato ad una Messa all’aperto concelebrata dal parroco di Beit Jala, padre Ibrahim Shomali, e padre Mario Cornioli. Nel mese di settembre un comitato israeliano ha approvato un piano per costruire mille nuove case sulle pendici sud di Gilo che allunga il percorso del muro e richiede la confisca di terre appartenenti a cristiani e alla chiesa cristiana. I fedeli di Beit Jala hanno voluto “protestare” con la preghiera per non perdere la loro terra e per sollecitare la comunità internazionale e la società civile a mobilitarsi per la loro causa. La liturgia è stata celebrata in un campo di ulivi, dove i parrocchiani di Beit Jala vogliono riunirsi tutti i venerdì nella speranza che la loro terra venga rispettata. (T.C.)

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    Pakistan: inaugurata a Karachi la più grande chiesa cattolica del Paese

    ◊   Petali di rosa per accogliere i massimi esponenti della Chiesa locale: si è svolta in un’atmosfera di gioia e di serenità la benedizione della più grande chiesa cattolica del Paese nella capitale economica, Karachi. San Pietro, questo il nome della nuova parrocchia, può accogliere fino a 5mila fedeli ed è sorta - riferisce l'agenzia Misna - dopo 11 mesi di lavoro. “È il segno della nostra fede che cresce” ha detto mons. Evarist Pinto, arcivescovo di Karachi, durante la messa di benedizione concelebrata da 37 sacerdoti. Il nunzio apostolico, mons. Edgar Pena Parra, ha benedetto la struttura e letto un messaggio da parte di Benedetto XVI. La città di Karachi, la più grande del Pakistan con 13 milioni di abitanti, contava già un importante luogo di culto cattolico, la cattedrale San Patrizio, con una capacità di 2mila posti. I cattolici in Pakistan sono circa un milione, pari all’1% della popolazione globale, a maggioranza musulmana. Karachi è una megalopoli multiculturale, nella quale convivono cristiani, musulmani e indù. (R.P.)

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    Unicef: aiuti a bambini e famiglie colpiti dalle inondazioni in Thailandia

    ◊   Più di 300 mila kit per l’approvvigionamento idrico e per l’igiene, 27 mila bottiglie contenenti cloro per purificare l’acqua ed oltre 200 mila saponette. Sono gli aiuti distribuiti in Thailandia dall’Unicef, attraverso il Ministero della Sanità, per aiutare le famiglie colpite dalle inondazioni. Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia ha anche stanziato oltre 37 milioni di baht (più di un milione e 200 mila dollari) per fornire aiuti di emergenza. Le principali preoccupazioni riguardano igiene e sanità: “anche se finora non sono stati segnalati focolai – ha detto Tomoo Hozumi, rappresentante Unicef in Thailandia – le inondazioni possono causare malattie legate all’acqua”. Il rischio di queste malattie può essere ridotto attraverso servizi igienico–sanitari. Ad oggi – ha ricordato Hozumi – le inondazioni hanno causato almeno 533 vittime, tra cui 77 bambini. L’Unicef ha diffuso opuscoli con informazioni relative ad azioni pratiche e semplici che le famiglie dovrebbero adottare per proteggere la salute generale dei loro figli durante le inondazioni. “Riportare i bambini a scuola e ritornare ad una normale routine – ha concluso il rappresentante Unicef in Thailandia – contribuirà ad accelerare il loro recupero da questo disastro”. (A.L.)

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    Benin. Emergenza bambini denutriti: 6 mila nell'ultimo anno

    ◊   “La Pediatria dell’ospedale Fatebenefratelli di Tanguiéta in Benin sta letteralmente scoppiando. Nell’ultimo anno, a causa dell’aggravarsi della crisi economica che colpisce il Paese, i bambini ricoverati per denutrizione sono raddoppiati, passando da 3000 a 6000”. E’ il grido d’allarme lanciato ieri da fra Luca Beato, vicepresidente dell’Uta (Uniti per Tanguiéta e Afagnan), la Onlus che da oltre 15 anni sostiene con iniziative di solidarietà gli ospedali africani dei Fatebenefratelli in Benin e in Togo. La situazione di povertà sempre più estrema di questo Paese dell’Africa - riferisce l'agenzia Sir - rende le risorse alimentari ancora più scarse e meno variegate, con gravi ripercussioni a livello nutrizionale, soprattutto sui piccoli. “Il 20% di questi bambini - afferma fra Fiorenzo Priuli, direttore dell’ospedale di Tanguiéta - arriva in Pediatria in stato di estrema gravità, per cui occorre metterli in terapia intensiva per poterli salvare dalla morte per denutrizione”. Fondato dai religiosi ospedalieri Fatebenefratelli nel 1970, l’Ospedale “St. Jean de Dieu” oggi conta oltre 231 posti letto, ma sono circa 350 i malati accolti quotidianamente, ed è incaricato anche della medicina preventiva sul territorio con campagne di vaccinazioni. Ospedale di zona, serve una popolazione di 70 mila abitanti con pronto soccorso e pronto intervento. (R.P.)

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    Kenya: la Chiesa mette in guardia dall’etnocentrismo nella prossima campagna elettorale

    ◊   L’etnocentrismo usato come arma di propaganda elettorale: è questa una delle principali insidie che minacciano il pacifico svolgimento delle prossime elezioni generali in Kenya, previste nel 2012. A lanciare il monito è stato mons. Boniface Lele, arcivescovo di Mombasa: “È sconsolante - ha dichiarato il presule all’agenzia cattolica africana Cisa - vedere che alcuni nostri politici fanno leva sull’appartenenza etnica per ottenere consensi”, anziché promuovere l’unità, l’amore il sentimento nazionale dei cittadini keniani. “Tale tipo di propaganda politica etnocentrica va evitata, perché non è di questo che abbiamo bisogno adesso”, ha aggiunto mons. Lele con un implicito riferimento ai sanguinosi scontri che hanno segnato le precedenti elezioni presidenziali in Kenya del 2007. Secondo l’arcivescovo, che presiede la Commissione per i rifugiati i migranti e i marittimi in seno alla Conferenza episcopale keniana, nella prossima campagna elettorale i leader politici dovrebbero piuttosto pensare a promuovere l’unità, il sentimento nazionale, la pace, la giustizia e la riconciliazione: “Noi leader religiosi – ha detto – continueremo per parte nostra a predicare l’unità, l’amore, la pace e la giustizia e ci aspettiamo o stesso dai nostri leader politici”. L’intervista di mons. Lele è stata rilasciata a margine della cerimonia a Nairobi per il passaggio di consegne alla Conferenza episcopale keniana e alla protestante Christian Health Association of Kenya della gestione di AidsRelief, un programma di assistenza ai malati di Aids lanciato nel 2004 dai Catholic Relief Services della Conferenza episcopale statunitense (Usccb). Dal suo lancio AidsRelief ha assistito e curato più di 500mila persone in nove Paesi in Africa, America Latina e Caraibi. Mons. Lele ha partecipato alla cerimonia nella sua qualità di vice-presidente della Commissione salute dei vescovi keniani. (L.Z.)

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    Chiusa a Firenze l’Assemblea generale della Conferenza Italiana Superiori Maggiori

    ◊   Si è conclusa questa mattina a Firenze la 51.ma Assemblea Generale della Conferenza Italiana Superiori Maggiori (Cism) sul tema “Confronto e aspettative sul futuro della Chiesa in Italia: quale compito dei Religiosi”. Nell’arco di quattro giorni si è parlato di “Ecclesiologia e prassi di chiesa locale in Italia”, della “Nuova Evangelizzazione” e del “Presente e futuro del cammino della Chiesa in Italia”. Si è parlato anche di “Religiosi e Chiesa locale”, di “Convergenze e divergenze nell’interazione ecclesiale”, di “Religiosi e Presbiterio locale”. I 150 partecipanti, appartenenti ai 130 Istituti riuniti nella Cism, hanno seguito con interesse le relazioni, intervenendo animatamente nelle discussioni. Tutti hanno trovato interessante sia l’argomento sia le esposizioni di argomenti che li coinvolgono in prima persona e che li hanno messi di fronte a un bivio, dal quale hanno visto da una parte il cammino fatto dalla Conferenza negli ultimi decenni, e dall’altra hanno potuto intravedere la prospettiva di nuovi e interessanti interventi. Tutti hanno avuto la sensazione che si sta delineando con maggior chiarezza il concetto e la necessità di quella Nuova Evangelizzazione di cui si parla da tempo e che deve interpellarli fino in fondo, come dimostra la situazione in cui si trova oggi il nostro Paese. E nella prossima Assemblea si parlerà proprio di questa. Le nuove possibilità di lavoro, è stato detto, dovrebbero liberarli dalla tristezza di leggere profeticamente i vuoti che aumentano nei conventi e di scorgere le briciole di luci serpeggianti sugli orizzonti della Vita Consacrata, segni meravigliosi che permettono nuove forme di apostolato, cominciando dalla realtà che li circonda. Realtà di presenze ancora valide, ma che hanno bisogno di essere liberate dalle incrostazioni che impediscono di leggere il presente con chiarezza, in vista delle interpellanze per il futuro. Intervenendo infine ieri pomeriggio sul tema “I religiosi membri del Presbiterio Diocesano elementi per una riflessione”, mons. Joseph Tobin, segretario della Congregazione per la Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, ha fatto riferimento ad una certa tendenza segnata da una separazione tra sacerdoti religiosi e quelli diocesani. Ma nonostante tentazioni di chiusura – ha osservato - si è instaurata una comune collaborazione nata dalla riscoperta della comune missione: quella evangelica. Occorre un’azione di dialogo tra queste due realtà ecclesiali per promuovere una fattiva collaborazione. Tale dialogo – ha spiegato mons. Tobin - si dovrebbe sviluppare su quattro caratteristiche fondamentali: la chiarezza, la fiducia, la mitezza e la prudenza. “La forza della Chiesa – ha concluso – è nella comunione e solo sotto questo punto di vista possono nascere le relazioni reciproche dei discepoli di Gesù Cristo”. (Da Firenze, padre Egidio Picucci)

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    Ucraina: tre nuove metropolie nella Chiesa greco-cattolica

    ◊   Il 29 novembre a Leopoli, il 13 dicembre a Ivano-Frankivsk, il 22 dicembre a Ternopil. Sono queste le date e i luoghi delle liturgie gerarchiche della Chiesa greco-cattolica ucraina (Ugcc), durante le quali verranno presentati i decreti per la creazione di tre nuove metropolie. Le informazioni sono state annunciate del capo della Ugcc, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, durante una conferenza web su www.tochka.net in cui ha spiegato che la creazione delle nuove metropolie rappresenta un passo importante nel naturale sviluppo della Ugcc verso il patriarcato: “Oggi, esiste in Ucraina un’unica metropolia, quella di Kyiv e Halych. Tale struttura - riferisce l'agenzia Sir - riflette la situazione della Chiesa che avevamo ai tempi della Rus’ di Kiev” oltre 1000 anni fa. Secondo Sviatoslav Shevchuk, la Chiesa è cresciuta da allora, specialmente in Ucraina, e la situazione attuale “ha bisogno di essere migliorata”. “Per fornire una migliore cura pastorale ai nostri fedeli, secondo la decisione del Sinodo dei Vescovi della Ugcc e con la benedizione della Sede Apostolica, abbiamo creato tre nuove metropolie,” ha aggiunto Sua Beatitudine Sviatoslav. La metropolia di Leopoli includerà l’arcieparchia di Leopoli e le eparchie di Stryi, Sambir-Drohobych e Sokal-Zhovkva; la metropolia di Ivano-Frankivsk sarà composta dalle eparchie di Ivano-Frankivsk e Kolomyia-Chernivtsi; la metropolia di Ternopil-Zboriv includerà le eparchie di Ternopil-Zboriv e Buchach. I primi metropoliti delle nuove metropolie saranno l’arcivescovo Ihor Voznyak (Leopoli); il vescovo Volodymyr Viytyshyn (eparca di Ivano-Frankivsk); e il vescovo Vasyl Semeniuk (attuale eparca di Ternopil-Zborowski). A seguito della riorganizzazione della Chiesa greco-cattolica ucraina, si avrà un totale di sette metropolie. (L.Z.)

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    Portogallo: al via l’annuale Campagna natalizia “Presentes Solidàrios” per i Paesi poveri

    ◊   È partita martedì in Portogallo l’’ormai tradizionale campagna “Presentes Solidàrios” (“Doni solidali”), l’iniziativa di solidarietà promossa ogni anno nel periodo natalizio dalla Fondazione dei vescovi ““Fé e Cooperaçao” (Fec) a favore dei Paesi poveri dell’area lusofona. Quest’anno - riferisce un comunicato diffuso dall’agenzia Ecclesia - una parte dei fondi raccolti sarà destinata anche al neonato Sud-Sudan e in particolare servirà ad acquistare materiale scolastico per gli alunni di una scuola primaria aperta l’anno scorso dai missionari Comboniani. In tutto sono 10 i “Doni solidali” che saranno distribuiti in nove Paesi a sostegno di progetti educativi, sanitari, alimentari e sociali. “L’acquisto - si legge nel comunicato della Fondazione – darà speranza a tanti uomini, donne e bambini di questi Paesi che devono affrontare condizioni di vita incompatibili con uno sviluppo equo e sostenibile". Tra i doni acquistati una pompa d’acqua destinata all’Angola, per aiutare le popolazioni che non hanno accesso all’acqua potabile; un corso di formazione musicale per decine di bambini e giovani nell’Isola di Capo Verde; il rifornimento di medicine per migliaia di bambini e donne in gravidanza in Guinea-Bissau; l’invio di set da cucito per le donne disoccupate Timor Est; una raccolta di libri di testo e di lettura per i giovani del Mozambico e kit d’igiene personale per i bambini di São Tome e Principe. In Brasile i soldi raccolti finanzieranno il progetto "Dare per duplicare " dedicato a 40 bambini vittime della miseria e dell’abbandono nel quartiere di Santa Rafaela, nello Stato del Minas Gerais. In Portogallo, infine, la campagna "Doni della Solidarietà 2011" servirà all’acquisto di "libri e materiale didattico" essenziale per le attività di formazione dei volontari organizzate ogni anno dalla Fondazione. La Fec è stata fondata nel 1990 dalla Conferenza episcopale in collaborazione con gli istituti religiosi portoghesi in occasione della celebrazione dei 500 anni di evangelizzazione dei Paesi lusofoni. (L.Z.)

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    Vietnam: la Provincia ecclesiastica di Ha Noi convoca i giovani a Bac Ninh

    ◊   “La vita è un viaggio, dobbiamo camminare a piccoli passi lungo la strada e la Giornata della Gioventù è un piccolo passo che ci prepara al ritorno del Signore”: è quanto scrive mons. Van Dat Hoang, vescovo della diocesi di Bac Ninh, in Vietnam, in una lettera con la quale convoca i giovani per un incontro sul tema “Vi chiamo amici” che si svolge oggi e domani al Centro culturale Kinh Bac a Bac Ninh. Fino ad ora sono 22 mila i giovani, dalle 10 diocesi suffraganee della Provincia ecclesiastica di Ha Noi, che si sono iscritti all’incontro. In programma ci sono la processione della Croce, come quelle che si svolgono durante le Giornate Mondiali della Gioventù, momenti di preghiera e spazi di formazione sul messaggio del Papa all’ultima Gmg, sul tema dell’incontro tratto dal versetto 15,15 del Vangelo di Giovanni (Vi chiamo amici), e ancora su “I giovani e l’uso delle comunicazioni moderne”. All’evento, i delegati delle diverse diocesi suffraganee partecipanti si esibiranno questa sera in rappresentazioni culturali e religiose e concluderanno la prima giornata con una preghiera comune. “Speriamo di incontrare giovani di altre diocesi, con i loro sacerdoti e vescovi, ma soprattutto speriamo di incontrare Gesù, che si dice nostro amico - afferma mons. Van Dat Hoang -. Nella vita, ci sono molti appuntamenti. Gesù ci ha raccontato dell’appuntamento delle dieci giovani con lo Sposo, cinque delle quali non si sono preparate bene. Noi – conclude il vescovo – siamo pronti al nostro appuntamento?”. (H.T.B)

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    Gmg: la comunità web premia il miglior sito cattolico

    ◊   Torna il “Premio per il miglior sito web cattolico”, giunto alla seconda edizione e promosso dall’Associazione dei Webmaster Cattolici Italiani (WeCa), l’unica realtà che in Italia raccoglie in forma associativa l’universo cattolico del web, rappresentato in totale da circa 15mila siti italiani. Ieri, ha preso il via la prima fase, con l’assegnazione del “Premio Speciale Gmg”. La Giuria, composta da 21 personalità del mondo della comunicazione (Internet, televisiva, radiofonica e della carta stampata, da Avvenire.it a TV2000), ha premiato come miglior sito, fra quelli che hanno raccontato l’esperienza della Gmg, il sito , il portale multimediale “Gmgiova”, promosso dalla Pastorale giovanile della Diocesi di Vicenza, e coordinato da un gruppo di ragazzi ‘crossmediali’ a cui va un premio di mille euro. Menzione Speciale a: it, sito Internet dell'Oratorio don Bosco di Paderno Dugnano, in provincia di Milano. La Premiazione si è svolta ieri pomeriggio presso la “Domus Pacis Torre Rossa Park” di Roma in occasione del XII Convegno Nazionale di Pastorale Giovanile della Cei. A marzo 2012, il Premio per Miglior Sito Cattolico, assegnerà i vincitori delle tre categorie ufficiali: siti istituzionali, siti personali e siti parrocchiali. (A.G.)


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    24 Ore nel Mondo



    Siria: non si fermano le violenze, ancora morti ad Homs

    ◊   Nonostante il piano di pace, concordato tra Damasco e la Lega Araba, non si fermano le violenze a Homs, epicentro della rivolta contro il governo di Assad, dove anche stamani gli attivisti denunciano l’uccisione di tre persone. Il Consiglio Nazionale Siriano, che riunisce tutte le opposizioni, parla di 49 morti nelle ultime 24 ore in tutto il Paese e annuncia che, domani, alcuni Paesi membri della Lega Araba chiederanno di sospendere la Siria dall'organizzazione. Secondo fonti diplomatiche, lunedì prossimo, l’Ue varerà una nuova stretta sulle sanzioni contro Damasco. Per un commento sulla situazione e sul ruolo dei social network nelle proteste, Marco Guerra ha intervistato il blogger siriano, Yassar Fattoom:

    R. - I miei amici a Homs e ad Amman e Hamas nel centro della Siria raccontano che non c’è elettricità, non ci sono medicine e gli ospedali sono bloccati; certe zone a Homs sono da sei giorni senza cibo e ci sono sparatorie sulla folla in continuazione. La situazione è difficile, la gente è un po’ divisa, il regime sta facendo del suo meglio sui media siriani per non far vedere quello che sta succedendo e capitando in altre città. Prima della rivoluzione, Damasco era pro regime, pro Assad, e ancora esita perché sui media siriani non si vede quello che si vede su youtube.

    D. – Che ruolo stanno svolgendo i social network in queste proteste?

    R. – Eravamo preparati perché ci aspettavamo, prima della rivoluzione, che volessero bloccare i giornalisti e quindi eravamo pronti a fomrare gruppi su facebook per registrare, per "scaricare"… Ci spettavamo che bloccassero Internet e le comunicazioni prima di attaccare le città, però alcuni volontari sono riusciti a mandare tutte le informazioni con un telefono che funzionava con il satellite.

    D. - Il governo e alcuni analisti mettono in discussione l’attendibilità delle notizie che diffondete sul web…

    R. – Il governo vuole che il mondo creda che da nove mesi i militari siriani stanno combattendo contro dei terroristi. Non abbiamo saputo neanche il nome di questi gruppi, non abbiamo visto neanche un video che mostrasse questi terroristi. Non abbiamo mai saputo cosa vogliano questi "terroristi" e nel frattempo gli attivisti siriani hanno mostrato ogni giorno centinaia di video dove si vedono i militari siriani e i servizi segreti che sparano direttamente sulla folla. Noi mettiamo sul web ogni giorno centinaia di video; se il regime non crede a questi video, allora lasci entrare i media nel Paese.

    Nucleare - Iran
    Il rapporto dell’Aiea sul programma nucleare iraniano continua a spaccare la comunità internazionale. Teheran ha ribadito che il documento che l’accusa di lavorare all'atomica è infondato e dettato da motivazioni politiche. Russia e Cina, intanto, si sono dette contrarie all’ipotesi di inasprimento delle sanzioni nei confronti dell’Iran, e in qualità di membri permanenti, hanno diritto di veto in seno al Consiglio di sicurezza Onu. Il cancelliere tedesco Merkel ha auspicato, al contrario, le sanzioni "più ampie possibili". Infine, secondo alcune indiscrezioni di stampa, gli Usa sarebbero pronti ad armare gli Emirati Arabi per mantenere la pressione su Teheran.

    Yemen
    In Yemen, almeno sei persone sono rimaste uccise nelle ultime ore in un bombardamento compiuto da forze governative sulla città di Taez, la seconda più grande del Paese, che ieri era stata teatro, con la capitale Sanaa, di manifestazioni dell'opposizione con la partecipazione di migliaia di persone.

    Afghanistan
    Non si ferma la violenza in Afghanistan. Oggi, un soldato della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza è morto nel Sud del Paese durante un attacco dei talebani. Sempre nel Sud, due donne sono state uccise con la lapidazione per “attività immorali”. Infine è stato condannato all’ergastolo un militare Usa, a capo di un gruppo di soldati accusati di avere ucciso tre civili afgani per futili motivi.

    Libia, ex premier chiede status di rifugiato
    L'ex primo ministro libico Baghdadi al-Mahmoudi ha chiesto lo status di rifugiato politico all’Alto commissariato Onu per i rifugiati. L’uomo tenta di evitare così l’estradizione verso la Libia. Lo ha annunciato un suo legale da Tunisi. Ieri il premier libico ad interim Jalil aveva assicurato un ''processo equo'' per Baghdadi al-Mahmoudi.

    Liberia
    In Liberia la premio Nobel per la pace 2011, Ellen Johnson-Sirleaf, è stata rieletta – senza troppe sorprese – alla guida del Paese africano. I risultati del ballottaggio non sono ancora definitivi, tuttavia, ha ricevuto oltre il 90 per cento dei voti con l’86 per cento delle schede scrutinate.

    Spagna - Eta
    In Spagna, il gruppo separatista basco dell’Eta si è detto pronto ad intraprendere la strada del disarmo e ad assumere impegni precisi a riguardo. Lo hanno affermato in un'intervista alcuni leader dell’organizzazione, dopo la decisione di rinunciare della lotta armata annunciata nelle scorse settimane. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 315

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.