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Sommario del 08/11/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Iniziata la visita "ad Limina" dei vescovi Usa. Mons. Matano: la religione è un fattore di libertà per le nostre società
  • Rinunce e nomine
  • Presentata la Conferenza internazionale sulle cellule staminali adulte. Il cardinale Ravasi: guardare oltre la medicina
  • In Vaticano, prossimo incontro dei volontari cattolici europei. Mons. Dal Toso: il Papa grato a questi testimoni di carità
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Attesa e tensione per il rapporto Aiea sul nucleare iraniano
  • Appello delle ambasciatrici in Italia di Honduras e Salvador: i nostri Paesi in piena emergenza maltempo
  • Studio Unicef sulla povertà minorile in Italia: "La crisi la pagano i bambini"
  • A Firenze, l'Assemblea del Cism sul futuro della Chiesa italiana e il ruolo dei religiosi
  • "Brutti sporchi e cattivi": Giulio Di Luzio analizza inganni e distorsioni dei media sugli immigrati
  • Chiesa e Società

  • India. Violenza anticristiana in aumento: invocata l’approvazione di una nuova legge
  • Pakistan: ad Abbotabad cristiana incinta, torturata dalla polizia. Gravidanza a rischio
  • Pakistan. Assassinati quattro medici indù nel Sindh: minoranze senza protezione
  • Sudan: i vescovi chiedono aiuto al mondo per scongiurare una nuova guerra civile
  • Crisi somala. Mons. Bertin: “L’offensiva militare non basta”
  • Nepal: i leader islamici invitano al dialogo interreligioso sull’esempio del Papa ad Assisi
  • Indonesia: alla Plenaria dei vescovi, la catechesi e la crisi politica a Irian Jaya
  • Colombia: dopo la morte del leader delle Farc la Chiesa ribadisce il dialogo e la non violenza
  • Brasile: Forum cattolico sui cambiamenti climatici e la giustizia sociale
  • Francia: i vescovi deplorano le offese al sentimento religioso dei credenti
  • Terra Santa: inaugurata l’università di Madaba, soddisfazione del Patriarcato latino
  • Sri Lanka: il cardinale Ranjith chiede una Commissione per monitorare le Chiese evangeliche
  • Zimbabwe: migliaia di bambine e ragazze costrette ad abbandonare la scuola
  • I Paesi poveri chiamati a migliorare i propri programmi di alimentazione scolastica
  • Nuova Zelanda: messaggio dei vescovi per le elezioni del 26 novembre
  • Spagna: concluse le celebrazioni per il 75.mo dei martiri clarettiani di Barbastro
  • Mons. Crociata alla Consulta dell’Ufficio liturgico: urgente "umanizzare" la morte
  • Chiesa italiana: il Messaggio per la Giornata per la vita sui giovani "aperti alla vita"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Secondo dati Onu, oltre 3500 morti in Siria per la repressione delle proteste
  • Il Papa e la Santa Sede



    Iniziata la visita "ad Limina" dei vescovi Usa. Mons. Matano: la religione è un fattore di libertà per le nostre società

    ◊   È iniziata ieri in Vaticano, e si protrarrà fino a sabato prossimo, la visita ad Limina dei vescovi della Regione I degli Stati Uniti. Il grande Paese americano vive, come del resto tutte le nazioni occidentali, l’epoca nella quale molto forti sono le pressioni di coloro che vorrebbero la religione fuori dal contesto della vita pubblica. Il collega della redazione inglese della Radio Vaticana, Chris Altieri, ha domandato al vescovo di Burlington, mons. Salvatore Ronald Matano, quale sia l’approccio della Chiesa su questo specifico punto:

    R. – Well, I think we approach it as those who believe in Jesus, and we believe …
    Mi sembra che il nostro approccio sia quello di coloro che credono in Gesù, e noi crediamo che il Vangelo che Gesù ci ha dato e la proclamazione di questo Vangelo siano dispensatori di vita. Per questo, noi non consideriamo gli insegnamenti di Gesù come un ostacolo alla libertà, ma piuttosto come la libertà che dura per sempre e non è racchiusa in una particolare cultura, in un’ideologia specifica o in una determinata epoca. Parlo della libertà che viene a ognuno di noi in primo luogo da Dio, che ci chiama suoi figli e nel Battesimo ci accoglie a far parte della sua famiglia. Dunque, il dialogo tra religione e sfera politica, tra religione e la sfera mediatica, tra religione e sfera educativa ha lo scopo di dilatare questi aspetti culturali e di darci una prospettiva che vada oltre ogni prospettiva umana. Come vediamo, quello che offriamo non è in alcun modo un ostacolo, ma veramente il lievito per la società.

    D. – La Chiesa è presente attraverso le molteplici opere di carità ed assistenza nel campo della salute, dell’istruzione… Qualcuno ha messo in discussione la capacità della Chiesa nell’espletamento di questi compiti, di essere presenti nella società in questi modi. Qual è la risposta della Chiesa?

    R. – Well, you’re quite correct: when our brothers and sisters first came …
    Ha ragione: quando le nostre sorelle ed i nostri fratelli sbarcarono sulle spiagge americane, arrivarono con due elementi: la loro fede e il loro amore per la famiglia, che contribuirono alla crescita della Chiesa negli Stati Uniti. Una delle prime cose che furono fatte, prima ancora di costruire le chiese, fu di costruire le scuole per educare i giovani nella fede. E noi vogliamo continuare questa missione: il vescovo è il primo insegnante nella diocesi, è il primo maestro. Ma un vescovo non può insegnare da solo: tutti devono partecipare all’insegnamento, a cominciare dai genitori che sono i primi e i migliori maestri dei loro figli negli insegnamenti di una vita cristiana. Sostenuti dalle nostre scuole cattoliche, abbiamo molti programmi educativi e molti insegnanti specializzati che sono parte di questi programmi. Quello che noi chiediamo al nostro Paese – che è un luogo nel quale il concetto di libertà ha tanto peso – è la libertà di insegnare quello che dobbiamo insegnare, e di poter continuare a farlo liberamente, e che i diritti della nostra gente – in quanto cittadini – vengano rispettati. (gf)

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    Rinunce e nomine

    ◊   In Argentina, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Neuquén, presentata da mons. Marcelo Angiolo Melani, salesiano, in conformità al canone 401 - paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Virginio Domingo Bressanelli, dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, finora Vescovo Coadiutore della medesima diocesi.

    In Paraguay, il Pontefice ha nominato arcivescovo coadiutore di Asunción mons. Edmundo Ponziano Valenzuela Mellid, salesiano, finora vicario apostolico di Chaco Paraguayo. Il presule, 66 anni, è stato ordinato sacerdote e incardinato nella Società di San Giovanni Bosco. Ha conseguito la Licenza in Teologia presso l’Università Salesiana in Roma. Dopo un periodo di missione in Angola, nel 2006 è stato eletto vescovo titolare di Uzali e nominato Vicario Apostolico di Chaco Paraguayo. Nell’ambito della Conferenza episcopale è presidente della Commissione per l’Educazione Cattolica.

    In Nigeria, Benedetto XVI ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Abuja padre Anselm Umoren, superiore generale della Società dei Missionari di San Paolo. Il neo presule, 49 anni, dopo essere stato accolto nella Società apostolica Missionaries of St. Paul, ha proseguito gli studi di Filosofia e di Teologia al National Missionary Seminary of St. Paul di Abuja. Ordinato sacerdote, ha svolto, tra l’altro, gli incarichi di missionario nella diocesi di Kenema, in Sierra Leone, e nella diocesi di Buea, in Camerun. Ha conseguito un master in “Development Studies” al Kimmage Development Studies Centre e un master in “International Peace Studies” alla Irish School of Ecumenics a Dublino, in Irlanda. Ha poi svolto un servizio missionario nella diocesi di Torit, in Sudan.

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    Presentata la Conferenza internazionale sulle cellule staminali adulte. Il cardinale Ravasi: guardare oltre la medicina

    ◊   Tre giorni per dibattere su "Le cellule staminali adulte: la scienza e il futuro dell’uomo e della cultura". Questo il tema della Conferenza internazionale, ospitata da domani nell’Aula Nuova del Sinodo, sotto gli auspici del Pontificio Consiglio della Cultura e della Fondazione “Stem for Life”, Società farmaceutica statunitense partner dell’iniziativa. A presentare l’incontro, stamani nella Sala stampa vaticana, è stato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero promotore, insieme al responsabile del Dipartimento scientifico, il rev. Tomasz Trafny, e alla dott.ssa Robin L. Smith, amministratore delegato della NeoStem. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Grande attesa per un “evento culturale e scientifico”, ha sottolineato padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa, con un approccio interdisciplinare che vede coinvolti anche il Pontificio Consiglio per gli Operatori Pastorali e l’Accademia della Vita, ha spiegato il cardinale Gianfranco Ravasi:

    “Quando si tratta di fenomeni – chiamiamoli così per convenzione – medici, la questione non è mai soltanto medica. Non è mai soltanto una questione meramente biologica, meramente tecnica: è una questione – come si suol dire – simbolica, che abbraccia cioè un complesso di realtà che vanno al di là della pura e semplice fisiologia”.

    In modo particolare ha aggiunto il porporato quando si tratta di un tema cosi complesso e delicato perennemente in contatto con la bioetica:

    “Quindi, dobbiamo affermare che la necessità di una visione culturale più globale è quasi nell’ordine delle cose. La grande scienza ora si muove tenendo conto di più voci, non fermandosi soltanto alla tecnica”.

    Tre gli obiettivi della Conferenza, illustrati dal rev. Tomasz Trafny, la necessità di fare il punto riguardo alla ricerca medica sulle cellule staminali adulte; di stimolare la riflessione delle scienze umane in campo filosofico, teologico, sociologico, formativo, culturale e di raccogliere una grande sfida:

    “E’ un tentativo di tradurre una scienza, una conoscenza così sofistica, così particolare e renderla accessibile a un pubblico che supera la ristretta cerchia degli esperti. Quindi, si tratta di un impegno difficile, che ha lo scopo di aprire un canale di comunicazione tra le comunità scientifiche di vario tipo e il grande pubblico”.

    Più di 30 saranno i relatori, non solo medici e scienziati, ma esponenti della cultura, leader politici, diplomatici, membri di organizzazioni internazionali, imprenditori e pazienti che hanno beneficiato delle terapie basate sulle cellule staminali adulte:

    “We will be many voices joined together…”

    “Saremo molte voci unite insieme” – è stato l’incoraggiamento della dott.ssa Robin Smith – perché “la nostra causa è urgente”. Ci sono oggi nel mondo oltre 12 milioni e 700 mila malati di cancro, 346 milioni di diabetici e 583 milioni di pazienti affetti da immunodeficienze. E “dietro ognuna di queste statistiche – ha sottolineato la signora Smith – vi sono persone reali e molte speranze”:

    “In the not too distant future we will be able to use adult stem cells…”

    In un futuro non troppo lontano – ha concluso saremo in grado di utilizzare le cellule staminali adulte per ricostruire tessuti e riparare organi danneggiati come il cuore. Le tecnologie sono già in fase avanzata e questi miracoli già ottenuti con l’impiego di cellule staminali adulte di cui faranno fede diversi malati durante la Conferenza in Vaticano non pongono i dilemmi etici delle cellule staminali embrionali.

    Da qui, l’importanza di investire su queste ricerche e divulgare queste conoscenze a una platea più estesa possibile. A suggellare la Conferenza sarà, sabato mattina prossimo, l’udienza del Papa a tutti i partecipanti.

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    In Vaticano, prossimo incontro dei volontari cattolici europei. Mons. Dal Toso: il Papa grato a questi testimoni di carità

    ◊   Le immagini dei giovani volontari tra gli alluvionati di Genova sono un “segno della comunione e della solidarietà nel dolore”: è quanto affermato dal cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, durante il briefing sull’incontro in Vaticano dei volontari cattolici europei, in programma il 10 e 11 novembre prossimi. All’evento, promosso dal dicastero vaticano, prenderanno parte 160 tra vescovi e rappresentanti di organizzazioni caritative di 25 Paesi. I partecipanti all’incontro saranno ricevuti dal Papa venerdì 11 novembre. Alessandro Gisotti ha chiesto a mons. Giovanni Pietro Dal Toso, segretario di Cor Unum, di soffermarsi sulle motivazioni di questa iniziativa:

    R. – La cornice è l’Anno europeo del volontariato, per cui è sembrato opportuno anche dare un segno di attenzione al grande mondo del volontariato cattolico in Europa. Per questo motivo, il Santo Padre ha ritenuto opportuno invitare i responsabili e i vescovi delegati per questo settore a livello europeo per dare prima di tutto una parola di incoraggiamento, e poi di ringraziamento, per il grande lavoro che si sta facendo.

    D. – Il tema dell'incontro, per l'appunto, è “Il Papa e i volontari europei”. Sappiamo quanto il Pontefice, in particolare con la “Deus caritas est”, abbia indicato – delineato, anche – quale sia l’identità del volontariato cattolico: c’è anche questo contributo particolare del Papa …

    R. – Effettivamente, il Santo Padre nel suo Pontificato ha manifestato fin dall’inizio, con l’enciclica Deus caritas est, una forte attenzione al mondo della carità, cioè la testimonianza che la Chiesa offre attraverso la carità vissuta di tanti cristiani. Il nostro incontro si colloca in questo grande solco e vorrei ribadire questo concetto della testimonianza: il nostro lavoro, il lavoro di tanti volontari, è anche un rimando alle motivazioni profonde che li animano. Queste motivazioni profonde sono date dalla fede. Di fatto, anche storicamente, il volontariato è un fenomeno che nasce dal cristianesimo come espressione, nella carità, della fede che abbiamo. Ed è questa grande chance che dobbiamo tenere viva e promuovere.

    D. – In questo senso, il volontariato, le manifestazioni della carità, possono dare un grande contributo nei confronti di quella sfida indicata dal Papa, della nuova evangelizzazione …

    R. – Io penso anche questo: il nostro settore si colloca in questa grande missione della Chiesa – oggi, ma in fondo sempre – di annunciare la fede in Gesù Cristo e di viverla. Per questo, io credo che proprio in questo ambito della nuova evangelizzazione la pastorale della carità abbia un grande significato. Gesù stesso ha voluto così e nel Vangelo si dice esplicitamente: “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. Quindi, è da questi segni della carità che possiamo, ancora oggi, dare una testimonianza di ciò in cui crediamo.

    D. – L’incontro, l’udienza con il Papa dei volontari europei cattolici, avverrà l’11 novembre: non una data a caso, è la festa di San Martino di Tours, un esempio universale di carità…

    R. – Sì: abbiamo voluto questo incontro nel giorno di San Martino perché è un Santo europeo ed è un Santo della carità. E’ famosissimo il racconto del suo condividere il mantello con chi è nel bisogno. In lui, peraltro, si manifesta il "cuore" della questione che noi siamo chiamati ad affrontare: il Santo che vive profondamente abbandonato a Dio è, nello stesso tempo, profondamente abbandonato al prossimo. La fedeltà a Dio comporta sempre anche una fedeltà all’uomo e viceversa. (gf)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale di Giuliano Zanchi dal titolo “Per conservare gli oggetti e preservare lo sguardo: l'arte sacra nei musei”.

    Nell'informazione internazionale, in rilievo l'economia: dopo l'Ecofin, l'Europa s'interroga sul suo futuro.

    Pakistan e India più vicini: Gabriele Nicolò sulle prospettiva economiche e politiche del Medio Oriente.

    A Dio quello che è di Dio: Vicente Cárcel Ortí sullo scambio epistolare tra Paolo VI e il generale Franco per rivedere i rapporti tra la Santa Sede e la Spagna.

    Una porta sempre aperta sull'Appia antica: Carlo Carletti sul legame tra carità e accoglienza in una chiesa domestica del II secolo.

    In cammino verso l'ombelico del mondo: Silvia Guidi sulle mappe della Terra Santa dal Cinquecento al Settecento in mostra a Milano.

    Al servizio dell’uomo in nome di Cristo: nel servizio vaticano, l’incontro dei volontari cattolici promosso da Cor Unum.

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    Oggi in Primo Piano



    Attesa e tensione per il rapporto Aiea sul nucleare iraniano

    ◊   E’ imminente la pubblicazione del nuovo rapporto dell’Aiea, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’energia atomica, che potrebbe contenere prove inoppugnabili sulla possibilità dell’Iran di dotarsi presto di ordigni nucleari. Intanto, la comunità internazionale si spacca sull’ipotesi di un’azione militare contro Teheran. Da una parte Stati Uniti e Israele, favorevoli ad un atto di forza, dall’altra Russia, Cina, Francia e Germania, propensi a scegliere la via diplomatica o quella delle sanzioni. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica di Milano:

    R. – Il problema del nucleare iraniano è che per anni lo abbiamo trascinato e sono sempre state mancate le possibilità di accordo, a volte per colpa degli iraniani, a volte per colpa degli americani. Ora la situazione si è assolutamente incancrenita. L’Iran ha praticamente raggiunto una latenza nucleare anche in campo militare. Il rapporto Aiea, che informalmente circola già da molte settimane, non sarà positivo, aggiungerà ulteriori preoccupazioni e tutto questo sta spingendo alcuni Paesi a valutare l’ipotesi che era già sul tavolo da diversi anni, cioè quella di un attacco missilistico aereo preventivo.

    D. – Questo soprattutto alla luce degli interventi militari in Iraq e Afghanistan, perchè parte della comunità internazionale si ostina a parlare di azioni di forza, in questo caso contro un Paese ben più organizzato...

    R. – C’è stata una differenza molto forte. Gli Stati Uniti in Iraq e la comunità internazionale in Afghanistan sono entrati con le truppe di terra, hanno invaso e occupato il Paese. Nessuno è così folle da pensare di invadere l’Iran. L’attacco a cui pensano gli Stati Uniti e Israele è sostanzialmente un attacco missilistico aereo mirato contro le basi e quindi un nuovo attacco di terra. Questo non significa che non sia pericoloso, perchè è evidente che l’attacco, per quanto chirurgico, porterà gravi distruzioni e spingerà l’Iran a una risposta. Le paure internazionali sono proprio nel tipo di risposta iraniana. L’Iran può fare ben poco a livello convenzionale per fermare il missile o gli aerei israeliani o statunitensi, ma può fare molto e molto di male a differenti livelli. In Iran ci sono forze che spingono perchè la risposta a un eventuale attacco sia il più possibile devastante e punti ad allargare il conflitto.

    D. – E’ una preoccupazione in più il fatto che le grandi potenze si siano divise su questo aspetto, a parte la posizione di Israele che si sente direattemente minacciato da una possibile bomba atomica iraniana...

    R. – Sì, è una seria preoccupazione, ma in realtà è già ben noto. E’ da anni che sul nucleare iraniano gli americani stanno da una parte e Russia e Cina cercano di resistere. Io non credo che l’opposizione cinese e soprattutto russa bloccheranno un attacco, se c’è la decisione politica statunitense e israeliana di farlo. Questo però renderà ovviamente più condizionata l’azione poi della mediazione delle Nazioni Unite per cercare, in caso di un attacco, di evitare una escalation. Il rischio è veramente che gli iraniani decidano di allargare, ad esempio lanciando missili come ritorsione sui Paesi arabi del Golfo, che è un’opzione che loro hanno sempre ventilato. Questo avrebbe effetti spaventosi a livello economico e finanziario. (bf)

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    Appello delle ambasciatrici in Italia di Honduras e Salvador: i nostri Paesi in piena emergenza maltempo

    ◊   I disastri provocati dal maltempo stanno unendo varie zone del mondo in una comune, drammatica situazione. Tra le aree più bersagliate ormai da settimane spicca il Centro America. All’inizio ottobre, l’Honduras è stato investito in pieno da un fenomeno tropicale che ha colpito decine di migliaia di persone, provocando morti, feriti e circa 11 mila senza tetto. Le autorità del Paese hanno subito chiesto aiuto all’estero, in particolare all’Europa e all’Italia, come conferma l’ambasciatrice dell’Honduras in Italia, Rossana Guevara, intervistata dalla collega della nostra redazione ispanoamericana, Patricia Ynestroza:

    R. – En primer lugar, pese a la situacion...
    In primo luogo, nonostante la difficile situazione economica che sta vivendo l’Europa, e che non fa eccezione per quanto riguarda l'Italia, abbiamo richiesto aiuto umanitario al governo italiano, il quale ha immediatamente risposto che collaborerà tramite la Croce Rossa honduregna in favore di tutti i colpiti dalla tragedia, specialmente quelli della zona sud del nostro Paese. Inoltre, abbiamo aperto un conto no profit, senza fini di lucro, nella Banca Unicredit per poter raccogliere fondi assieme ai cittadini italiani che intendano farlo. Voglio sottolineare una bellissima azione da parte del nostro console a Milano, che ha fatto una consistente donazione in favore degli honduregni colpiti dal disastro. E vorrei anche ringraziare la Comunità di Sant’Egidio, che ha inviato immediatamente aiuti alla gente colpita dalla pioggia nella zona meridionale del Paese e che sta aspettando di inviare, nei prossimi tre giorni, tre container con vestiti, scarpe e così via.(ap)

    Torrenziali e distruttive sono state anche le piogge abbattutesi nelle scorse settimane anche in Guatemala, Nicaragua, Costa Rica, accompagnate purtroppo da uno grave strascico di morti. Il Paese con il peggiore bilancio di vittime è stato certamente El Salvador e la situazione è tuttora di massima emergenza. Patricia Ynestroza ne ha parlato con l’ambasciatrice del Salvador in Italia, Aida Luz Santos de Escobar:

    R. - La situación difícil que…
    La situazione che sta vivendo in questo momento il Salvador è estremamente difficile a causa della tempesta tropicale che si è abbattuta in Centro America: circa 300 mila persone sono state evacuate e i danni sono ingenti. Abbiamo sollecitato l’aiuto internazionale e l’attenzione della Comunità internazionale e speriamo che sia possibile - anche attraverso i mezzi di comunicazione - far comprendere la grandezza del disastro, la gravità della situazione e le difficoltà che la gente di questi Paesi sta vivendo. Si tratta del disastro naturale più grande che si sia verificato in Salvador, certamente uno dei più gravi degli ultimi 40 anni. Ci sono perdite calcolate in 84 mila milioni di dollari in questo momento… E’ stato lanciato anche un appello con l’appoggio delle Nazioni Unite per sostenere un progetto di aiuti e di assistenza per tutte le persone colpite dalla tempesta tropicale, che si è abbattuta su Guatemala, Honduras, Salvador e Nicaragua… Al nostro appello ha risposto anche il governo italiano, che si impegnato attraverso i canali della Croce Rossa internazionale. Il 25 ottobre scorso, il Salvador ha rivolto ancora un nuovo appello, insieme ai presidenti dei Paesi delle zone colpite, per formare un gruppo di consultazione che possa operare nella fase della ricostruzione dei Paesi colpiti. (mg)

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    Studio Unicef sulla povertà minorile in Italia: "La crisi la pagano i bambini"

    ◊   L’impatto della crisi economica sui bambini e gli adolescenti che vivono in Italia. È il tema del seminario organizzato oggi a Roma dall’Unicef Italia, che ha visto confrontarsi diversi esponenti del terzo settore e esperti di studi sociali e statistica. Con l’ausilio delle ultime ricerche sul fenomeno, si è tracciato un quadro sulla povertà e la condizione di disagio dei minori e delle famiglie con minori, e delle relative ripercussioni esercitate dall’attuale fase socioeconomica. Per saperne di più sentiamo Marco Guerra:

    “La crisi la pagheranno i bambini?”. La risposta al drammatico interrogativo che ha aperto i lavori è “sì”. A dirlo sono gli indicatori rivelati dall’Istat, che mostrano segnali di peggioramento della loro condizione socioeconomica. Negli ultimi 13 anni, tra le famiglie con tre o più figli si è passati da un’incidenza di povertà del 25 per cento a un’incidenza del 30,5 per cento. Una situazione che si aggrava in particolare nel Mezzogiorno, dove la povertà relativa interessa oltre un milione e 200 mila minori. E in tutto il Paese sono quasi 18% i minori considerati relativamente poveri, il che identifica l’Italia come il Paese con il rischio di povertà minorile tra i più elevati d’Europa. Laura Baldassare, responsabile dell’Advocacy istituzionale di Unicef Italia, ci spiega chi sono questi bambini a rischio e cosa bisogna fare per migliorare la loro condizione:

    R. - E’ il reddito dei genitori che ha un effetto sulla povertà dei bambini e degli adolescenti. E’ importante che lavorino entrambi i genitori, che lavorino in condizioni di adeguate. Ricordiamo che il fenomeno che si sta riscontrando anche in Italia è quello del “working poor”, cioè quello dei lavoratori poveri: non basta cioè avere un lavoro, ma deve essere un lavoro dignitoso dal punto di vista anche delle condizioni economiche del lavoro stesso. E’ importante che siano anche le madri a lavorare. Poi abbiamo bisogno di servizi per la prima infanzia che fanno la differenza proprio anche sui curricula scolastici: i bambini che hanno partecipato ad attività nella prima infanzia, all’interno dei servizi, vanno meglio. Abbiamo inoltre bisogno di un’attenzione specifica ai bambini e agli adolescenti che non si limiti soltanto ai primissimi anni di vita. E c’è poi bisogno di un’azione specifica per le famiglie più numerose e per i minorenni con disabilità, oltre che per le famiglie immigrate.

    E il seminario di oggi, rientra nel progetto, promosso dal Ministero delle Politiche sociali, volto a contribuire alla formulazione di una strategia italiana di contrasto alla povertà minorile. Ma quali soluzioni sono allo studio?

    R. - Assicurare che alla povertà minorile venga data priorità nelle strategie nazionali previste sulla povertà e l’inclusione sociale. Promuovere politiche che siano una combinazione tra i diversi aspetti, quindi parlare di redito, di sostegno al reddito minimo, ma anche di trasferimenti per tutto il tema della protezione sociale, l’istruzione, la salute, e dunque adottare un approccio che sia globale. Noi proponiamo - e questo l’abbiamo già in parte realizzato in via sperimentale - un approccio che tenga conto dell’ascolto del punto di vista dei bambini e degli adolescenti. Anche semplicemente analizzando le storie di vita di bambini adolescenti, che sperimentano situazioni di povertà e di esclusione sociale, noi riusciamo a individuare quali sono i momenti fondamentali nei quali è importante intervenire per evitare che questa situazione permanga nel tempo.(bf)

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    A Firenze, l'Assemblea del Cism sul futuro della Chiesa italiana e il ruolo dei religiosi

    ◊   Un ruolo “ponte” tra le varie realtà che compongono il mosaico della Chiesa italiana. È uno dei principali obiettivi che si propongono i religiosi che vivono e operano in Italia. Di questo e altri aspetti spirituali e pastorali discutono in questi giorni a Firenze i delegati che partecipano alla 51.ma Assemblea generale della Cism, la Conferenza italiana dei superiori maggiori, dal titolo “Confronto e aspettative sul futuro della Chiesa in Italia. Quale compito dei religiosi?”. Alessandro De Carolis ha girato la domanda del titolo al presidente della Cism, il salesiano don Alberto Lorenzelli:

    R. - È un momento in cui c’è una certa difficoltà. I religiosi, pur vivendo momenti di difficoltà - proprio perché non possiamo nascondere che in questo momento c’è un processo d’invecchiamento, c’è un calo vocazionale e ci sono delle fragilità; non possiamo nascondere anche qualche controtestimonianza - tuttavia, in mezzo ai vari problemi e alle sfide che il mondo presenta, oggi i religiosi hanno comunque tenuto su tutti i fronti. Crediamo che questo sia un aspetto essenziale della nostra Chiesa italiana, che è una Chiesa di popolo: in questo popolo ci sono anche i religiosi.

    D. - Circa ai ruolo giocato dai religiosi nel contesto della Chiesa italiana contemporanea, su quali piste intendete muovervi?

    R. - Credo sia necessario in questo contesto ricuperare il "Dna" della vita consacrata. Dobbiamo comunicare il primato di Gesù Cristo nella vita di ciascuno di noi, a livello personale e anche a livello comunitario. Secondo, dare testimonianza della nostra consacrazione di una vita sobria, distaccata: in un mondo erotizzato, credo che la nostra scelta della purezza sia una cosa significativa. Terzo, il dono di comunione: poter dimostrare che persone che non si sono scelte, ma riconoscono di essere state scelte da Dio e messe insieme, sanno vivere la comunione, sanno vivere la fraternità, sanno condividere i grandi valori che ogni esistenza umana porta con sé.

    D. - In effetti, uno degli aspetti fondanti della vita dei religiosi è proprio quello della vita in comune, quindi della fraternità. In che modo cercate di testimoniarlo nell’oggi della Chiesa italiana?

    R. - Io credo che oggi tutta la Chiesa italiana abbia bisogno di far crescere maggiormente il dono di comunione. È un grande dono che il Concilio Vaticano II ci ha dato, che si può allargare a macchia d’olio a tutta la realtà ecclesiale. Un tessuto che ci fa sentire fratelli, perché abbiamo un grande obiettivo: di incontrare la persona di Gesù Cristo, non di comunicare una dottrina. Questo è, credo, anche l’intento che Benedetto XVI ci sollecita in questo tempo particolare, per la nuova evangelizzazione.

    D. - Proprio Benedetto XVI, sabato scorso, in una lettera ai vescovi francesi riuniti in plenaria, ha in sostanza affermato questo: in un’epoca fortemente influenzata dalla secolarizzazione e dall’indifferenza verso ciò che è sacro, assume grande rilievo la testimonianza dei religiosi. Come riecheggiano in lei queste parole del Papa?

    R. - Credo che il Papa ci stia dando una grande testimonianza proprio attraverso quella sua parola limpida, trasparente, che ci sollecita. Non è la prima volta che il Papa esorta la vita consacrata e vediamo anche una grande attenzione e, mi sembra, anche una grande preoccupazione nel momento in cui si vedono diminuire le presenze, per esempio, nel nostro ambiente europeo. La provocazione che il Papa oggi ci dà è proprio questa: religiosi, siate quello che siete. La Chiesa perderebbe il suo colore, il suo profumo se venisse meno quella presenza dei religiosi, ma religiosi così come ce lo chiede Benedetto XVI. (fd)

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    "Brutti sporchi e cattivi": Giulio Di Luzio analizza inganni e distorsioni dei media sugli immigrati

    ◊   Immigrazione e sicurezza sono diventati termini di un binomio che i media promuovono con sempre maggiore frequenza. A livello sociale, il danno provocato da questo malcostume della stampa italiana è immenso. Il fenomeno di questo "inganno mediatico" sull’immigrazione è stato esaminato a fondo dal giornalista Giulio Di Luzio, che per Ediesse ha pubblicato un libro dal titolo evocativo: “Brutti, sporchi e cattivi”. Il volume indaga proprio il ruolo centrale svolto dall’informazione in Italia nel clima di sospetto verso gli immigrati, spesso definiti soltanto come "clandestini". Stefano Leszczynski ha intervistato l’autore Giulio Di Luzio:

    R. - C’è quest’immagine stereotipata, fissa nel tempo, un fotogramma immutabile con cui l’informazione italiana racconta il variegato pianeta dell’immigrazione. Nonostante le modifiche, i cambiamenti e i salti di qualità che ci sono stati per quanto riguarda il fronte dei diritti degli immigrati, sembra che tutto venga ignorato. Poi c’è l’inganno che riguarda le modalità della narrazione mediatica, soprattutto delle dichiarazioni pubbliche del mondo della politica, che si soffermano appunto su questa visione emergenziale. Non c’è alcun “salotto della discussione” che, partendo dall’immigrazione, non scivoli puntualmente e inesorabilmente sui temi della sicurezza.

    D. - E’ anche un fenomeno che, per quanto riguarda i giornalisti, diventa ancora più grave quando si ipotizza che questo tipo di informazione possa essere asservita a dei poteri politici. E’ così?

    R. - Diciamo che è innegabile che ci siano degli “ordini di scuderia” molto forti che vengono da lobbies editoriali, da giornali e testate giornalistiche. L’informazione offre un’immagine del migrante assolutamente distorta. La cosa più grave è che la percezione che l’opinione pubblica si fa dell’immigrato è completamente attribuita al tipo di narrazione mediatica che si fa passare.

    D. - Si moltiplicano sempre più frasi xenofobe o razziste da parte del mondo politico e si registra una sorta d’impunità nei confronti di queste frasi e di queste parole. Un’impunità che, probabilmente, si riversa anche sul mondo giornalistico. Questo, forse, sdogana un po’ termini che in realtà non si dovrebbero usare…

    R. - E’ il mondo della politica a dettare l’agenda sui temi dell’immigrazione. Questo lo abbiamo verificato anche durante la vicenda della scorsa primavera a Lampedusa, quando ministri della Repubblica auspicavano che quelle immagini di immigrati tenuti a dormire nelle tende, al freddo, potessero dissuaderne altri dal decidere di partire alla volta dell’Italia. E’ stato certamente un esempio di barbarie. (vv)

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    Chiesa e Società



    India. Violenza anticristiana in aumento: invocata l’approvazione di una nuova legge

    ◊   La violenza anticristiana è in aumento e nell’ultimo anno ha registrato oltre 1.000 casi. Per fermarla urge l’approvazione della nuova “Legge per la prevenzione della violenza intercomunitaria”, in discussione al Parlamento: è quanto afferma l’organizzazione ecumenica “All India Christian Council” che ha tenuto ieri un incontro pubblico a Mangalore (stato del Karnataka), insieme alla rete di ispirazione cristiana “Karnataka Missions Network” (Kkn). Le due organizzazioni, come riferisce una nota inviata all’agenzia Fides, hanno denunciato l’istigazione all’odio religioso compiuta dal leader indù Subramanuam Swamy e i suoi sforzi per colpire le minoranze, sabotando il disegno di legge che intende fermare la violenza. La nota condanna il ripetersi di atti vandalici contro luoghi cristiani in Karnataka (alla Cappella di Sant’Antonio da Padova; alla Scuola Superiore Santa Teresa; alla Chiesa di Sant’Alfonsa, tutti avvenuti di recente nei pressi di Mangalore), ma anche negli Stati di Orissa, Gujarat, Madhya Pradesh e Uttar Pradesh. In tali Stati, si afferma, “le forze del male, come la rete estremista indù del ‘Sangh Parivar’ e i suoi alleati politici, tentano di immettere il virus della violenza intercomunitaria nella società”. I cristiani chiedono “una efficace azione giudiziaria verso i colpevoli e una risposta politica da parte del governo”: approvare al più presto il disegno di “Legge per la prevenzione della violenza intercomunitaria”, sostenuto dalle minoranze religiose e dalla Chiesa cattolica, per riportare l’armonia sociale in India. Una fonte di Fides in India commenta: “La radice del problema è nota: sono le organizzazioni estremiste indù, sostenute dai governi del Barathiya Janata Party, che intendono polarizzare la società. Tali associazioni agiscono secondo un clichet: accusano i cristiani di condurre conversioni fraudolente; ingannano cittadini indù poveri, innocenti e ingenui, e li pagano per compiere atti di vandalismo nei luoghi religiosi cristiani”. (R.P.)

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    Pakistan: ad Abbotabad cristiana incinta, torturata dalla polizia. Gravidanza a rischio

    ◊   Accusati di un furto che non hanno commesso, vittime di violenze e abusi da parte delle forze dell’ordine, che rischiano di procurare una interruzione di gravidanza alla donna, incinta al quinto mese di gravidanza. È la terribile vicenda che vede protagonista una coppia di cristiani pakistani, Salma Emmanuel di 30 anni, ricoverata in ospedale in condizioni “critiche” e il marito Emmanuel Masih, custodito dalla polizia in una località sconosciuta. Sull’episodio - riferisce l'agenzia AsiaNews - è intervenuto con una dura nota anche il vescovo di Islamabad-Rawalpindi, mons. Rufin Anthony, che denuncia “rapimenti, stupri e torture” ai danni delle domestiche cristiane, mentre le autorità continuano a sbandierare “parità dei diritti”. Mons. Rufin Anthony parla di “fatto tristissimo”, perché “per l’ennesima volta persone di potere hanno esercitato la loro influenza per prevaricare sui deboli e la legge”. Il presule aggiunge che hanno “quasi strappato una vita innocente” e conferma la pratica ormai quotidiana di “rapimenti, stupri e torture” ai danni della minoranza religiosa, mentre le autorità continuano a sbandierare “parità dei diritti”. (R.P.)

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    Pakistan. Assassinati quattro medici indù nel Sindh: minoranze senza protezione

    ◊   Quattro medici indù sono stati assassinati nella provincia del Sindh (Pakistan meridionale), nella loro clinica a Chak, cittadina nei pressi di Shikarpur (nel Nord del Sindh). Come riferito all'agenzia Fides da fonti locali, il dottor Ashok, il dottor Naresh, il dottor Ajeet e il dottor Satia Paul sono stati uccisi ieri da aggressori armati, mentre erano al lavoro nella loro clinica. L’omicidio a sangue freddo ha generato paura e proteste fra le minoranze religiose indù, ma anche fra i cristiani. La polizia ha detto di aver arrestato due sospetti, affermando che alla base degli omicidi potrebbe esserci la disputa tra alcuni indù e la confraternita musulmana locale “Bhaya Baradari”, avvenuta alcune settimane fa, riguardante una ragazza indù costretta a sposare un musulmano. Gli indù sono una consistente minoranza nella provincia del Sindh (sono circa 2 milioni) e solo a Chak ve ne sono oltre circa 50.000. “Non è la prima volta che i membri della nostra comunità sono stati presi di mira da estremisti. E le forze dell'ordine tendono a sostenere i criminali coinvolti in tali atti” ha denunciato Ramesh Kumar, presidente del Consiglio indù del Pakistan, invitando il governo a “fornire adeguata protezione alle minoranze”. Il Consiglio indù del Pakistan ha fatto appello al presidente Asif Zardari, che solo alcuni giorni fa, in occasione della festa indù del Deewali, aveva ribadito l’impegno di proteggere le minoranze e garantire loro uguali diritti. Padre Mario Rodrigues, direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Pakistan, dice a Fides: “E’ un altro episodio che mostra chiaramente come la vita delle minoranze sia insicura e senza nessuna tutela”. Il prof. Mobeen Shahid, studioso e storico pakistano ricorda che “le minoranze religiose in Pakistan hanno sempre avuto vita dura e subìto atti di persecuzione di massa: ricordiamo episodi clamorosi nel 1952 (a Moza matta), nel 1962 (Anarkali, Lahore), nel 1997 (a Shantinagar), nel 2009 (a Gojra) oltre a tantissimi altri episodi minori. Quando un membro delle minoranze, il cattolico A. R. Cornelius, divenne Giudice della Corte Suprema, la sua bozza della nuova Costituzione fu rifiutata perché era inaccettabile che fosse scritta da un cittadino non musulmano. Oggi la discriminazione è palese nell’istruzione e nella società; e anche quei provvedimenti a favore delle minoranze (come la quota del 5% dei posti riservati nella pubblica amministrazione) non vengono applicati”. (R.P.)

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    Sudan: i vescovi chiedono aiuto al mondo per scongiurare una nuova guerra civile

    ◊   Un appello alla comunità internazionale per l’invio di aiuti umanitari in Sudan al fine di scongiurare una guerra civile e di porre un freno alle violenze nelle regioni centrali e orientali del Paese. È quanto espresso dai vescovi del Sudan in una nota ufficiale di cui da notizia l'agenzia Zenit. Nel comunicato la Conferenza episcopale sudanese – che include sia il Sudan che il Sudan del Sud – descrive il conflitto nello stato del Nilo Azzurro, nel Kordofan meridionale e nell’Equatoria orientale in termini simili al conflitto in corso in Darfur. La richiesta dei vescovi sudanesi di un intervento immediato è motivata dal fatto che il conflitto nella regione ricca di petrolio dell’Abyei si è “militarizzato”. La Conferenza episcopale ha denunciato anche le violenze in corso nell’Equatoria occidentale e nel Bahr el Ghazal occidentale, causate dal gruppo ribelle Lords Resistance Army (LRA). Nella loro nota i vescovi hanno ammonito che i due Sudan corrono il rischio di tornare ad un conflitto su larga scala. Il comunicato episcopale teme il ritorno a violenze simili a quelle della guerra civile del 1983-2005 che provocò due milioni e mezzo di morti e cinque milioni di profughi. “Siamo profondamente angosciati – dichiarano i vescovi sudanesi – dalla violenza in corso nelle due nazioni. Abbiamo più volte ammonito dei pericoli di un ritorno alle ostilità se le legittime aspirazioni della gente di queste aree geografiche non saranno assecondate”. Nella loro nota, i vescovi sudanesi sollecitano la comunità internazionale – in particolar modo l’Unione Africana - a impegnarsi nel risolvere i conflitti, aderendo agli accordi del Trattato di Pace del 9 gennaio 2005 che aveva formalmente messo fine alla guerra civile. I vescovi hanno lanciato poi un appello per l’aiuto alle migliaia di persone che sono state sfollate lungo il confine tra i due Stati sudanesi. Secondo le stime dell’Unicef gli sfollati dal conflitto in Darfur sono stati 2,7 milioni. Il comunicato dei vescovi segnala un “urgente necessità di aprire corridoi umanitari per permettere l’arrivo di cibo e medicinali per chi ne ha bisogno”. Aiuto alla Chiesa che Soffre ha ripreso l’allarme, canalizzando gli aiuti attraverso il vescovo Adwok per supportare la gente fuggita da Damazin, la capitale dello stato del Nilo Azzurro. Proponendo degli obiettivi-chiave per il nuovo governo del Sudan del Sud, i vescovi hanno individuato la “immediata priorità” nella cura dei traumatizzati, aggiungendo che “la riconciliazione all’interno della società dipende dall’educazione, dalla legge, dall’ordine e dalla maturità politica”. Bollando la corruzione come “inaccettabile”, i vescovi hanno poi richiamato i due governi sudanesi ad essere trasparenti e democratici. La nota episcopale ha inoltre spiegato la decisione dei vescovi di non dividersi in due dopo la secessione del Sud Sudan: “La Chiesa nelle due nazioni continuerà a mantenere viva la solidarietà tra tutti i sudanesi, dovuta alla nostra storia comune e agli autentici legami umani che ci legano”. I vescovi hanno infine riferito la creazione di due “segretariati” in ognuna delle capitali (Khartoum e Juba) per implementare le politiche pastorali dei vescovi a livello locale. (M.G.)

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    Crisi somala. Mons. Bertin: “L’offensiva militare non basta”

    ◊   “L’opzione militare, da sola, non basta. Lo ha dimostrato il passato recente e lo sanno coloro che operano quotidianamente, e da anni, nel contesto somalo la cui crisi presenta infinite sfaccettature”, così mons. Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio, vescovo di Gibuti e presidente di Caritas Somalia, alla vigilia dell’incontro di tutte le organizzazioni Caritas attive in Somalia, che si terrà domani a Nairobi in Kenya. Interpellato dall'AGENZIA Misna, mons. Bertin si è detto “perplesso” della decisione keniana di inviare truppe oltre il confine somalo seppure in seguito ai ripetuti attacchi di gruppi armati nelle regioni settentrionali del Kenya. “La storia somala ha dimostrato quanto possano rivelarsi problematici gli interventi militari esterni nel Paese” osserva il vescovo, sottolineando che finora le operazioni militari hanno provocato vittime tra i civili e aggravato la situazione umanitaria “perché la sicurezza, in molte aree non è più garantita”. D’altro canto, aggiunge il presule, “gli Shebab hanno reso la vita impossibile alle popolazioni locali, contribuendo ad affamare la loro stessa gente”. “Di certo quest’offensiva sta cambiando, in modo non del tutto prevedibile, lo scenario regionale riguardo al conflitto somalo” osserva il religioso, sottolineando che “in questa situazione, il fattore tempo sarà decisivo”. E proprio riguardo il coinvolgimento di diversi attori regionali sullo scacchiere somalo, non ultimo dei quali Gibuti, che ha annunciato la scorsa settimana l’invio di 850 militari per sostenere la missione dell’Unione Africana in Somalia (Amisom), il presule avverte: “Se la comunità internazionale non si concentrerà anche sui fronti economico, sociale e umanitario, sarà difficile riaccendere la luce della speranza”. (M.G.)

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    Nepal: i leader islamici invitano al dialogo interreligioso sull’esempio del Papa ad Assisi

    ◊   Seguire l’invito al dialogo e alla non violenza pronunciato dal Papa ad Assisi. È il messaggio lanciato dai leader musulmani del Nepal in occasione della festa del sacrificio (Bakr-Eid). In Nepal i musulmani si battono da anni insieme ai cristiani e alle altre minoranze per creare un’armonia fra le varie religioni contro la violenza e l’estremismo che, negli anni scorsi, hanno creato forti divisioni fra le diverse comunità religiose. Da circa tre anni, infatti, i festeggiamenti per il Bakr-Eid, festa musulmana dedicata al sacrificio e alle preghiere per i poveri, è considerata festa nazionale, come ad esempio il Natale cristiano. Ciò in nome della laicità dello Stato proclamata nel 2006, dopo secoli di monarchia indù. Tuttavia, anche di recente le comunità cristiane e musulmane nepalesi sono state più volte bersaglio dell’estremismo indù, legato all’antica monarchia assoluta e confessionale. Nell’aprile 2009 una bomba è esplosa nella cattedrale cattolica di Kathmandu, uccidendo tre persone. Lo scorso 26 settembre, due uomini hanno sparato a Faizan Ahmad, segretario generale del Partito islamico nepalese, mentre usciva dalla moschea. A tutt’oggi le autorità non hanno ancora identificato gli assassini, ma la comunità musulmana sostiene che dietro l’uccisione vi sia la mano degli estremisti indù. Nazrul Hussein, responsabile dell’Islamic Sangjh of Nepal, spiega che tutte le religioni devono battersi contro il dilagare del fondamentalismo. Per il leader, sentito dall'agenzia AsiaNews, quanto ha affermato il Papa alla giornata di preghiera di Assisi è la via più giusta da seguire. “Noi – sottolinea – stiamo festeggiamento l’Eid, nonostante il lutto per il nostro leader ucciso”. Hussein, lancia quindi un appello alle minoranze religiose e al governo affinché venga fatta luce sul caso. “Noi – dice – abbiamo realizzato sul serio l’appello del Papa e lo vogliamo diffondere nel mondo. In questi mesi abbiamo ricevuto molto sostegno dalle altre comunità. Ciò ha spinto il governo a iniziare una commissione di indagine. Senza questa solidarietà sarebbe stato impossibile”. (M.G.)

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    Indonesia: alla Plenaria dei vescovi, la catechesi e la crisi politica a Irian Jaya

    ◊   Sono iniziate ieri a Giakarta i lavori della plenaria annuale della Conferenza episcopale indonesiana (Kwi). Due i temi principali al centro dell’assemblea, che vedrà riuniti fino a giovedì 10 novembre 36 vescovi ed arcivescovi insieme a diversi emeriti: la catechesi in Indonesia e la mediazione della Chiesa nell’attuale crisi nella Papua indonesiana. Al primo tema – riferisce l’agenzia Ucan - sono stati dedicate tre giornate di studio iniziate ieri, subito dopo la prolusione del presidente della Kwi mons. Martinus Dogma Situmorang. La tre giorni – ha spiegato il segretario generale della Conferenza episcopale mons. Johannes Maria Trilaksyanta Pujasumarta - sarà un’occasione per scambiare le esperienze realizzate sul campo nelle diocesi indonesiane per insegnare il Vangelo. In particolare i presuli ascolteranno le relazioni di mons. Johannes Liku Ada, presidente della Commissione episcopale per la catechesi, di un sacerdote e di diversi laici impegnati nella catechesi. Altro argomento al centro della riunione dei vescovi indonesiani l’attuale conflitto che oppone parte della popolazione della Papua indonesiana (o provincia di Irian Jaya), a maggioranza cristiana, al governo centrale di Giakarta. Ad inasprire le tensioni nella provincia il recente intervento dell’esercito indonesiano per bloccare i lavori del terzo Congresso del Popolo della Papua in cui sono stati arrestati oltre 300 leader civili, accusati di essere rivoltosi e indipendentisti. La Chiesa cattolica insieme alle altre Chiese cristiane locali si è già mobilitata per mediare nella crisi. (L.Z.)

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    Colombia: dopo la morte del leader delle Farc la Chiesa ribadisce il dialogo e la non violenza

    ◊   Il Segretario della Conferenza episcopale della Colombia (Cec), mons. Juan Vicente Córdoba, Ausiliare di Bucaramanga, ha espresso l’auspicio che la morte del leader massimo delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc), noto come "Alfonso Cano", non scateni una nuova ondata di violenza e ha ribadito il suo invito a partecipare al dialogo per la pace. La notizia della morte di Cano è stata confermata la notte del 4 novembre, a seguito dell'operazione dell'esercito "Odiseo", effettuata nel dipartimento di Cauca, nel sud-ovest del Paese. La morte di Cano arriva dopo quella di Luis Edgar Devia, alias Raúl Reyes, avvenuta nel marzo 2008 in Ecuador, e di Victor Julio Suarez Rojas, alias Mono Jojoy, nel settembre 2010. Cano è stato considerato l'ideologo delle Farc, succeduto nel 2008 a Manuel Marulanda Velez, alias Tiro Fijo, morto dopo 40 anni al timone della guerriglia narco-terrorista. Mons. Córdoba ha detto che la Chiesa non gioisce e non festeggia la morte di nessuno, né quella di Guillermo León Sáenz Vargas (vero nome di Alfonso Cano), ma comprende la situazione di conflitto nel paese e riconosce il lavoro dei militari per adempiere al dovere di mantenere l'ordine nella nazione. Nella nota inviata all’agenzia Fides dalla Ewtn si legge che il Segretario della Cec ha evidenziato che anche questi guerriglieri uccisi “hanno una famiglia e una dignità. Ma l'esercito deve assumersi le proprie responsabilità per garantire la sicurezza e lo sta facendo bene". Ha poi aggiunto: "la violenza porta altra violenza, ma a volte è giustificata quando si tratta della difesa della propria vita o dell'ordine di un paese. Non è certo la via ideale. Come Chiesa riaffermiamo che il percorso per la pace è il dialogo". Riguardo alle Farc, il vescovo ha detto: "tra i guerriglie Alfonso Cano è stato uno dei più preparati e forse più disposti alla possibilità di dialogo, ora non si sa chi si occuperà di questo, ma dobbiamo essere realisti e dire che la violenza non è la strada o il metodo per realizzare nobili ideali come la giustizia, l'uguaglianza e la lotta contro la povertà". (R.P.)

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    Brasile: Forum cattolico sui cambiamenti climatici e la giustizia sociale

    ◊   La crisi finanziaria ed economica che il mondo sta attualmente vivendo può costituire per l’umanità un’opportunità per ripensare i modelli di sviluppo, al fine di coniugare il rispetto dell’ambiente con la giustizia sociale: è in estrema sintesi quanto emerso da un recente incontro, svoltosi in Brasile, che ha visto riuniti rappresentanti religiosi e laici di organizzazioni cattoliche aderenti al Forum sui cambiamenti climatici e la giustizia sociale, che beneficia anche del sostegno della Conferenza episcopale. “Per la vita della terra e nella terra” è lo slogan che ha fatto da sfondo all’iniziativa, con la quale si è voluta ribadire la posizione a favore della tutela del creato e della difesa della dignità di tutte le persone come un valore fondamentale da osservare in tutte le misure legislative delle istituzioni civili. La Conferenza dell’Onu sullo sviluppo sostenibile (Rio+20), che si terrà nel giugno 2012 a Rio de Janeiro costituisce, secondo i partecipanti, un’occasione fondamentale per individuare e mettere in pratica nuove politiche necessarie a garantire un futuro sostenibile al pianeta. “Sono iniziati i preparativi per la Conferenza Rio+20 - si sottolinea nel Messaggio diffuso al termine dell’incontro - ma, piuttosto che valutare seriamente quello che è stato fatto o non è stato fatto finora nel rapporto tra sviluppo e ambiente, bisogna cogliere l’occasione della crisi come un’opportunità di trasformazione dei modelli economici”. Per questo, si aggiunge, il Forum “è associato a tutte le forze sociali e politiche che sono disposte all’attuazione di importanti cambiamenti degli stili di vita dominanti nella nostra società”. Il documento, fra l’altro, critica alcuni interventi in Brasile che favorirebbero uno sfruttamento indiscriminato del territorio. Tra questi, il progetto di riforma del Codice forestale, che risale al 1965. Questo progetto, - riferisce L'Osservatore Romano - secondo le critiche emerse, “continuerebbe a dimostrare che gli interessi delle minoranze che hanno il potere sono considerati superiori al diritto di tutti di vivere in un ambiente sano”. Lo scorso settembre la Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb) aveva posto in risalto che il nuovo Codice forestale “deve essere pensato per la nostra generazione, ma anche e soprattutto per le generazioni future e deve essere improntato agli ineludibili criteri della giustizia e dell’etica, fondamenti della convivenza e del bene comune”. (L.Z.)

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    Francia: i vescovi deplorano le offese al sentimento religioso dei credenti

    ◊   Preoccupazione per le sempre più ricorrenti offese arrecate al sentimento religioso dei credenti in nome della libertà di espressione, ma anche condanna di ogni reazione violenta di chi sente la propria fede oltraggiata. È la posizione ribadita dai vescovi francesi a margine della loro plenaria in corso in questi giorni a Lourdes in merito alle aspre polemiche in Francia sull’opera teatrale di Romeo Castellucci, "Sul concetto di volto nel figlio di Dio”. La pièce – come è noto - è diventata oggetto di vivaci proteste anche violente di alcuni gruppi militanti cattolici, perché considerata blasfema e cristianofoba. A suscitare indignazione è la scena finale dello spettacolo in cui una riproduzione gigante del volto del Cristo, il ‘Salvator Mundi’ di Antonello da Messina, viene cosparsa di escrementi. I vescovi francesi, pur deplorando l’offesa ai sentimenti religiosi dei cristiani, hanno preso una netta e ferma distanza da ogni reazione aggressiva. “La Chiesa cattolica in Francia - ha dichiarato il portavoce della Conferenza episcopale mons. Bernard Podvin – non è né integralista, né oscurantista. I cattolici aspirano, come cittadini, ad essere rispettati nella loro fede”. Una linea ribadita in questi giorni da diversi vescovi citati dall’agenzia Apic che hanno peraltro ammesso la loro difficoltà a decidere la strategia migliore di fronte alle azioni denigratorie mosse contro la Chiesa. Il silenzio, infatti, rischia di esasperare i sentimenti di molti fedeli e quindi di legittimare ai loro occhi le azioni dei gruppi cattolici estremisti. Per altro verso, il presidente della Conferenza episcopale cardinale André Vingt-Trois ha messo in guardia da una strategia difensiva dettata da una sorta di sindrome da minoranza. Un’evoluzione in questo senso - ha ammonito - è contraria alla tradizione di un cristianesimo che rivendica un ruolo più ampio nel dibattito sociale e politico. In altri termini, come ha affermato il cardinale Jean-Pierre Ricard, i vescovi francesi hanno davanti due possibilità: “costruirsi un carapace attorno che tuttavia può essere distrutto appena viene perforato. Oppure irrobustire la colonna vertebrale per affrontare in modo più deciso queste critiche, restando aperti al dialogo con la società”. (L.Z.)

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    Terra Santa: inaugurata l’università di Madaba, soddisfazione del Patriarcato latino

    ◊   “Sviluppare i talenti degli studenti, inculcare loro l’amore per la verità e conseguire un alto livello di formazione intellettuale”, sono questi gli obiettivi indicati dall’Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa per l’apertura l’apertura dell’università di Madaba, in Giordania. In una nota ripresa dall'agenzia Sir e diffusa dal Patriarcato latino di Gerusalemme, proprietario dell’ateneo, gli Ordinari esprimono la loro gioia per l’inaugurazione e la certezza che realtà come queste di Madaba “devono condurre non alla divisione ma ad un arricchimento comune” come auspicato da Benedetto XVI che ne benedisse la prima pietra il 9 maggio 2009 durante il suo viaggio in Terra Santa. Tra i firmatari del messaggio anche mons. Antonio Franco, delegato apostolico a Gerusalemme e Palestina e mons. Giorgio Lingua, nunzio apostolico per la Giordania e l’Iraq. L’ateneo ha aperto l’anno accademico per i suoi 200 iscritti lo scorso 17 ottobre. Sostenuta anche dal re giordano, Abdallah II, l’università si propone di diventare il fiore all’occhiello delle strutture educative del Patriarcato che conta oltre 100 scuole con oltre 70 mila allievi sia cristiani che musulmani. (M.G.)

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    Sri Lanka: il cardinale Ranjith chiede una Commissione per monitorare le Chiese evangeliche

    ◊   L’istituzione di una commissione interreligiosa governativa che controlli e regolamenti le attività delle Chiese evangeliche in Sri Lanka. È la proposta avanzata dal cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo, per risolvere l’annosa questione delle cosiddette “conversioni non etiche”, all’origine, negli anni passati, di diversi attacchi contro la comunità cristiana da parte di gruppi nazionalisti buddisti. La proliferazione e l’aggressivo proselitismo delle sette evangeliche nel Paese continuano infatti ad essere un motivo di tensione tra le due comunità e preoccupano anche la Chiesa cattolica locale. Parlando a un incontro a Colombo con esponenti politici e giornalisti, il cardinale Ranjith ha confermato che alcuni predicatori evangelici non esitano a ricorrere a donazioni di denaro per convertire buddisti, ma anche cattolici. Di qui – riferisce l’agenzia Ucan - la proposta di costituire una commissione interreligiosa per prevenire i conflitti. “La commissione – ha detto – potrebbe monitorare le attività delle Chiese evangeliche e decidere se possono continuare le loro attività o costruire nuovi luoghi di culto”. Essa, ha aggiunto, renderebbe superflua la legge anti-conversione di cui si dibatte da anni nel Paese. La Chiesa cattolica e altre minoranze religiose – come è noto – sono contrarie al provvedimento per il suo carattere liberticida. I timori maggiori dei cristiani riguardano le attività caritative e umanitarie, perché potrebbero essere interpretate come proselitismo. La proposta del cardinale Ranjith è stata accolta con favore dal leader buddista Kamburugamuwe Wajira Thero, cancelliere della Sabaragamuwa University che si è detto d’accordo sulla necessità di monitorare queste nuove chiese. Il pastore Rohan S. Ekanayake, segretario generale dell’Associazione nazionale dei cristiani dello Sri Lanka, che riunisce diverse chiese evangeliche, ha invece negato che esse offrano denaro per ottenere conversioni e ha ribadito il diritto di tutte le chiese di annunciare il Vangelo. (L.Z.)

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    Zimbabwe: migliaia di bambine e ragazze costrette ad abbandonare la scuola

    ◊   Povertà, abusi e tradizioni culturali impediscono di frequentare la scuola elementare ad un terzo delle bambine dello Zimbabwe e quella secondaria al 67%, negando loro una istruzione di base. Secondo un recente studio condotto dalla Plan international, Ong impegnata contro la povertà infantile, le molestie e gli abusi sessuali anche da parte degli insegnanti e dei genitori, le difficoltà culturali, la mancanza di tasse scolastiche, i matrimoni e le gravidanze precoci, gli impegni dei genitori, sono alcuni dei fattori che contribuiscono all’abbandono scolastico delle bambine. Secondo lo studio, dal titolo "Because I am a Girl", le lunghe distanze che i bambini delle zone rurali devono percorrere per raggiungere la scuola, e il grande peso sopportato dalle bambine che spesso, dopo la morte dei genitori, devono assumersi la responsabilità della famiglia, sono altri fattori che contribuiscono ad elevare il tasso di abbandono scolastico. A causa di un programma governativo di sgombero forzato del 2005, conosciuto come “Operation Murambatsvina”, sono state sfrattate circa 700 mila persone provenienti dalle aree urbane di tutto il Paese, aggravando le difficoltà di accesso all’istruzione per le bambine delle famiglie coinvolte. Nel rapporto del 2011 ''Left Behind: The Impact of Zimbabwe's Forced Evictions on the Right to Education'', Amnesty International documenta come gli sfratti abbiano interrotto la frequenza scolastica di circa 222 mila bambini. Nel corso dell’Operazione Murambatsvina molte famiglie sono state allontanate con la forza verso zone rurali e campi provvisori senza strutture per l’istruzione e, in alcune aree, gli edifici scolastici sono stati addirittura distrutti. A causa della sospensione dell’approvvigionamento di molti mezzi di sostentamento le famiglie non si possono più permettere di pagare le tasse scolastiche. Nel rapporto di Amnesty International risulta che molte ragazze di Hopley, un insediamento abusivo, si prostituiscono con uomini più anziani o sposati, dopo essere state allontanate dalle loro case e dopo che il governo non ha più provveduto a re-iscriverle a scuola. L’operazione Murambatsvina ha inflitto un duro colpo al diritto all’istruzione per le persone colpite, che erano già tra le più indigenti e svantaggiate dello Zimbabwe. Il sistema educativo del Paese, una volta considerato un modello per gli altri paesi africani, è in costante calo negli ultimi dieci anni a causa della crisi economica. In molte scuole mancano i libri di testo e i materiali didattici. Nel 2009 il governo, in collaborazione con altre agenzie umanitarie e delle Nazioni Unite, ha promosso l’Education Transition Fund, per contrastare la carenza di materiale didattico nelle scuole. Una seconda fase del programma è stata appena lanciata e si concentrerà sull’accesso ad una istruzione equa e di qualità per tutti i bambini, in particolare rispondendo alle disparità di genere degli studenti delle scuole secondarie, e offrendo a quelli che non frequentano la scuola una seconda opportunità. (R.P.)

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    I Paesi poveri chiamati a migliorare i propri programmi di alimentazione scolastica

    ◊   In molti Paesi economicamente più svantaggiati, se si vuole aumentare la frequenza nelle scuole e i tassi d'iscrizione è fondamentale fornire i pasti scolastici. Inoltre questo tipo di iniziativa costituisce anche un incentivo per i genitori a mandare i propri figli a scuola, soprattutto le bambine. A far fronte a questo fenomeno il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (Wfp) e il Governo del Brasile hanno annunciato la creazione di un “Centro di eccellenza contro la fame”, che ha l’obiettivo di aiutare i Paesi a migliorare, espandere, ed eventualmente gestire autonomamente i propri programmi di alimentazione scolastica per fare si che l’alimentazione, l’istruzione e la sicurezza alimentare degli studenti migliorino. Il Brasile ha affrontato con grande fermezza la lotta contro fame e malnutrizione ed è tra i Paesi che stanno facendo fronte a questo problema più rapidamente rispetto a ogni altra nazione al mondo. Il Centro di eccellenza, con sede nella capitale Brasilia, assisterà diversi governi in Africa, Asia e America Latina, ricorrendo all’esperienza del Wfp e del Brasile nella lotta contro la fame, e promuovendo modelli di alimentazione scolastica e altre reti di protezione sociale per contrastare la fame. I governi saranno anche in grado di sviluppare e migliorare i propri programmi a livello nazionale, grazie alla possibilità di accedere ad una piattaforma globale per scambiare le informazioni sugli alimenti scolastici e sulle migliori tecniche utilizzate per i programmi di alimentazione scolastica. Il Brasile è noto per il successo riscosso grazie a “Fome Zero” (fame zero), la strategia volta a ridurre la povertà e l’insicurezza alimentare, e grazie ai propri programmi di alimentazione scolastica, che hanno assistito circa 45 milioni di bambini all’anno. Ogni giorno il Wfp fornisce cibo a circa 22 milioni di studenti in 60 Paesi nel mondo. (R.P.)

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    Nuova Zelanda: messaggio dei vescovi per le elezioni del 26 novembre

    ◊   “Si ama tanto più efficacemente il prossimo, quanto più ci si adopera per un bene comune rispondente anche ai suoi reali bisogni”: si apre con questa citazione tratta dall’Enciclica “Caritas in veritate” di Benedetto XVI il Messaggio diffuso dai vescovi della Nuova Zelanda in vista delle prossime elezioni generali, previste il 26 novembre, in cui i cittadini neo-zelandesi saranno chiamati anche a scegliere un nuovo sistema elettorale. Un richiamo che vuole ricordare ai fedeli cattolici che “le elezioni sono un momento in cui ogni cittadino adulto è chiamato a valutare le diverse decisioni politiche e a scegliere quelle più efficaci e incisive. La politica – si legge nel documento intitolato “La salvaguardia del bene comune” - non può essere considerata un affare privato”. Le elezioni quindi "sono un momento non per valutare le scelte che sono ‘migliori per me’, ma quelle che sono ‘migliori per noi’”. “La nostra fede cattolica – sottolineano i vescovi neo-zelandesi - ci impone un approccio molto diverso al dibattito politico” da quello che vede i cittadini come meri “consumatori passivi di diverse opzioni pre-confezionate. Possiamo essere parte attiva e dinamica nelle scelte politiche che riguardano il riconoscimento del valore della vita e della dignità umana; la protezione dei poveri e dei più vulnerabili nella nostra società e nella famiglia umana; la promozione della nostre relazioni sociali; la conservazione dei beni della terra donati a tutti gli esseri umani e la creazione di comunità pacifiche e riconciliate”. In conclusione, i vescovi neo-zelandesi ricordano ai fedeli che l’eterogenea composizione della società neo-zelandese non deve far perdere di vista l’interdipendenza che lega tutti gli esseri umani: “Nessuno — affermano — può vivere da solo: siamo tutti creature sociali per le quali l’interdipendenza è importante. Tuttavia – osservano i presuli - nella società neo-zelandese sembrano prevalere le spinte individualiste e egoiste sul senso di appartenenza a una comunità solidale”. A queste spinte occorre dunque contrapporre lo spirito di riconciliazione, solidarietà e collaborazione. “Obiettivo della politica – conclude il documento - deve essere il bene di tutti nelle nostre comunità, società e nella famiglia umana”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Spagna: concluse le celebrazioni per il 75.mo dei martiri clarettiani di Barbastro

    ◊   Si sono concluse domenica scorsa le celebrazioni per il 75.mo anniversario dei martiri clarettiani di Barbastro, in Spagna. A presiedere la Messa solenne di chiusura, che è stata trasmessa in diretta da La 2 di Tve, nel suo programma “El día del Señor”, è stato il vescovo della diocesi di Barbastro-Monzón, mons. Alfonso Milián Sorribas. Secondo le informazioni diffuse dalla curia generalizia dei Missionari Clarettiani, tra i concelebranti figurava un nutrito gruppo di sacerdoti clarettiani e i membri dell’attuale comunità di Barbastro, oltre a sacerdoti, religiosi e religiose di altri istituti, e a numerosi fedeli. Nella sua omelia il vescovo ha messo in evidenza “il ricordo indelebile dei martiri Clarettiani”, ricordando le parole pronunciate da Giovanni Paolo II in occasione della loro beatificazione e definendoli come “giovani ammirevoli”. Il Pontefice così descrisse la loro vicenda terrena: “È tutto un seminario ad affrontare con generosità e coraggio la loro offerta di sacrificio al Signore… Tutte le testimonianze che abbiamo ricevuto ci permettono di affermare che questi Clarettiani morirono perché erano discepoli di Cristo, perché non volevano rinnegare la propria fede e i propri voti religiosi”. (Giovanni Paolo II, omelia del 25 ottobre 1992). Il martirio di 51 Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria (noti come Clarettiani) di Barbastro, avvenne nei giorni 2, 12, 13, 15 e 18 agosto 1936. Il 20 luglio 1936 la casa che ospitava la comunità di Barbastro, composta da 60 missionari di cui 39 studenti che si preparavano all’ordinazione, fu circondata e perquisita alla ricerca di armi, senza esito. Furono arrestati tutti i suoi membri. I tre responsabili della comunità furono fucilati senza nessun processo, all’alba del 2 agosto. Anche gli altri, subirono la stessa sorte dopo essere stati sottoposti a prove fisiche e morali. Sono stati beatificati da Giovanni Paolo II il 25 ottobre 1992. (R.P.)

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    Mons. Crociata alla Consulta dell’Ufficio liturgico: urgente "umanizzare" la morte

    ◊   “Nonostante mutamento culturale in corso in Italia le celebrazioni funebri restano la richiesta più alta in percentuale rispetto a quella avanzata per altri servizi religiosi”, parte da questo dato la riflessione del segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, elaborata ieri nell’intervento d’apertura dei lavori della Consulta dell’Ufficio liturgico nazionale, presieduta da mons. Alceste Catella, vescovo di Casale Monferrato e presidente della Commissione episcopale per la liturgia. “Il fenomeno – ha detto il presule citato dall'agenzia Sir - va adeguatamente studiato e interpretato; infatti, mentre si enfatizza e amplifica la morte – magari attraverso varie forme di spettacolarizzazione o di culto del macabro –, in realtà si tende a sfuggirne il pensiero e a occultarla e rimuoverla o, nel migliore dei casi, a privatizzarla, segnalando così un'evidente difficoltà a integrare la morte tra i valori fondamentali della vita”. Mons. Crociata ha poi affermato: “Bisognerebbe chiedersi come si qualifica, in un contesto così tendenzialmente orientato, la persistenza della richiesta di celebrazione religiosa e quali modificazioni eventualmente subisce l’intenzionalità della richiesta e la comprensione della celebrazione. In una società che spesso dimostra di avere smarrito la grammatica essenziale del morire e della morte, giungendo, a volte, fino a ignorare la dignità di un corpo senza vita, la Chiesa continua a celebrare la morte e a rappresentarla, integrandola pienamente nella vita privata e pubblica”, ha aggiunto mons. Crociata nel suo discorso. “Se come credenti in Cristo e come comunità ecclesiale confessiamo la nostra fede nella resurrezione dei morti, nei confronti dell’intera società abbiamo il compiuto urgente di annunciare il senso cristiano e di umanizzare la morte, affermando con forza la dignità di ogni uomo e di ogni donna che muore”. Riferendosi al rinnovo del Rito delle Esequie, ha quindi affermato che “sarà uno strumento prezioso e imprescindibile a servizio di una pastorale illuminata di impronta missionaria”. Il segretario della Cei ha poi fatto riferimento a un altro argomento in discussione, quello della promozione della conoscenza della “sacra liturgia”, affermando che va continuato lo sforzo “voluto dal Concilio Vaticano II a partire dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium. Questo cammino, che va proseguito e sostenuto, - ha concluso - vedrà nell’ormai prossimo cinquantesimo anniversario della promulgazione della Sacro-sanctum Concilium un momento favorevole”. (M.G.)

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    Chiesa italiana: il Messaggio per la Giornata per la vita sui giovani "aperti alla vita"

    ◊   “La vera giovinezza risiede e fiorisce in chi non si chiude alla vita. Essa è testimoniata da chi non rifiuta il suo dono – a volte misterioso e delicato – e da chi si dispone a esserne servitore e non padrone in se stesso e negli altri”: si apre con queste parole il Messaggio del Consiglio permanente dei vescovi italiani per la 34ª Giornata nazionale per la vita, che verrà celebrata il 5 febbraio 2012. Il titolo del messaggio reso noto oggi è “Giovani aperti alla vita”. “Se non si educano i giovani al senso e dunque al rispetto e alla valorizzazione della vita, si finisce per impoverire l’esistenza di tutti – scrivono i vescovi - si espone alla deriva la convivenza sociale e si facilita l’emarginazione di chi fa più fatica”. Come da tradizione - riferisce l'agenzia Sir - nei messaggi precedenti, anche in quello per la prossima Giornata nazionale, i vescovi fanno riferimento al tema centrale della difesa della vita dal suo sorgere al suo tramonto naturale. Affermano infatti che “l’aborto e l’eutanasia sono le conseguenze estreme e tremende di una mentalità che, svilendo la vita, finisce per farli apparire come il male minore: in realtà, la vita è un bene non negoziabile, perché qualsiasi compromesso apre la strada alla prevaricazione su chi è debole e indifeso. Per educare i giovani alla vita occorrono adulti contenti del dono dell’esistenza, nei quali non prevalga il cinismo, il calcolo o la ricerca del potere, della carriera o del divertimento fine a se stesso”: lo scrivono i vescovi nel messaggio, aggiungendo che molti giovani, “in ogni genere di situazione umana e sociale, non aspettano altro che un adulto carico di simpatia per la vita che proponga loro senza facili moralismi e senza ipocrisie una strada per sperimentare l’affascinante avventura della vita”. Nel testo si afferma poi che “è una chiamata che la Chiesa sente da sempre e da cui oggi si lascia con forza interpellare e guidare. Per questo, la rilancia a tutti – adulti, istituzioni e corpi sociali –, perché chi ama la vita avverta la propria responsabilità verso il futuro”. “Molte e ammirevoli sono le iniziative in difesa della vita, promosse da singoli, associazioni e movimenti – annotano più avanti -. È un servizio spesso silenzioso e discreto, che però può ottenere risultati prodigiosi. È un esempio dell’Italia migliore, pronta ad aiutare chiunque versa in difficoltà”. Il Messaggio si chiude con il pensiero che “la vera giovinezza si misura nella accoglienza al dono della vita, in qualunque modo essa si presenti con il sigillo misterioso di Dio”. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Secondo dati Onu, oltre 3500 morti in Siria per la repressione delle proteste

    ◊   Il bilancio delle vittime delle violenze della repressione in Siria è salito ad “oltre 3500”. È quanto hanno annunciato oggi le Nazioni Unite a Ginevra. Il servizio di Fausta Speranza:

    Il governo siriano non ascolta i ripetuti appelli a mettere fine allo spargimento di sangue: il portavoce dell'Alto Commissariato dell'Onu per i diritti umani, Ravina Shamdasani, parla chiaro. Denuncia che “la brutale repressione dei dissidenti in Siria, costata finora la vita a più di 3.500 siriani” dal mese di marzo, sembra perfino aumentata negli ultimi giorni. Da quando la Siria ha firmato il piano di pace sponsorizzato dalla Lega araba, la settimana scorsa, sono morte più di 60 persone e – spiega la portavoce – le cifre Onu sono “molto prudenti”. Sono state uccise da militari e forze di sicurezza: 19 domenica scorsa, nella festa di Id al-Adha. La portavoce Onu, Shamdasani, esprime grande preoccupazione e delusione: dalla firma del piano di pace della Lega Araba – dice - ci sono stati in realtà “più uccisioni e più assedi”. Dalla città di Homs – afferma - “giungono informazioni scioccanti”. In particolare il quartiere di Bab Amro è rimasto sotto assedio per sette giorni con i residenti privati di cibo, acqua e forniture mediche. E “le truppe siriane continuano ad usare carri armati e armi pesanti per attaccare zone residenziali". Resta da dire che rimangono inascolate dalle autorità siriane anche le ripetute richieste fatte dagli esperti della Commissione indipendente di inchiesta del Consiglio Onu sui diritti umani di poter entrare nel Paese.

    In Libia, gli ordigni inesplosi causano vittime tra i civili
    Gli ordigni inesplosi sono una “seria minaccia” per i civili in Libia. È quanto afferma un comunicato del Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr), che ha lanciato una campagna per informare le popolazioni sui pericoli. I maggiori rischi li corrono gli abitanti di Sirte e Beni Walid, dove ci sono già state diverse vittime. Oltre ad informare la popolazione, la Croce rossa continuerà le operazioni di bonifica: le granate rimosse finora sono circa 1400. A Sirte, un gruppo di estremisti ha profanato quattro tombe della tribù di Gheddafi, tra cui quella della madre.

    6 bimbi e 5 adulti morti per esplosione ordigno nel nord ovest afghano
    Un veicolo della polizia afghana con a bordo un gruppo di civili fra cui numerosi bambini, è saltato per aria dopo avere urtato ieri sera un rudimentale ordigno esplosivo (ied) nella provincia nord-occidentale afghana di Badghis. Il bilancio è di almeno undici morti, fra cui sei bimbi, ha indicato oggi all'Ansa, il governatore della provincia, Dalbar Jan Arman. Il responsabile governativo ha precisato che anche due agenti di polizia sono deceduti e che sei persone sono rimaste ferite.

    In Spagna duello tv tra Rajoy e Rubalcaba: vince il popolare Rajoy
    “Vittoria”, quantomeno ai punti, per Mariano Rajoy su Alfredo Rubalcaba nel duello tv di ieri sera secondo i primi sondaggi pubblicati dai media spagnoli. I candidati premier che guidano rispettivamente le liste di popolari e socialisti alle politiche anticipate del 20 novembre si sono affrontati ieri sera per due ore, dalle 22 alle 24, nel solo dibattito televisivo della campagna elettorale. Uno dei due sarà il successore di Josè Luis Zapatero alla guida del governo spagnolo dopo il 20 novembre. Il dibattito è stato seguito in diretta da 12 milioni di persone in Spagna, uno share di oltre il 54%. È stato il secondo faccia a faccia più visto nella storia, dopo il primo del 2008 fra Rajoy e Josè Luis Zapatero.

    Adozioni illegali in Macedonia: fino a 60 mila Euro per un bambino
    In Macedonia, le adozioni illegali di bambini sono un mercato drammaticamente fiorente. La richiesta è alta e i prezzi vanno dai 5 mila ai 60 mila euro. Lo ha denunciato ieri il quotidiano di Belgrado Vecernje Novosti, che ha citato la Ong “Costruiamo il futuro”. Le cause di quest’attività illegale, dice il giornale, risiedono nelle lunghe attese per le adozioni ufficiali.

    Due morti in Liberia alla vigilia del ballottaggio presidenziale
    In Liberia, due persone sono rimaste uccise negli scontri tra i manifestanti dell’opposizione e le forze dell’ordine a Monrovia. Ieri i dimostranti sono scesi in piazza per denunciare brogli subiti dal loro candidato presidente, Winston Tubman, al primo turno delle elezioni l'11 ottobre scorso. Secondo gli osservatori internazionali il voto è stato regolare. Oggi si vota per il ballottaggio. La favorita rimane la presidente e premio Nobel per la Pace 2011, Ellen Johnson Sirleaf, che al primo turno aveva ottenuto il 43,9% delle preferenze contro il 32,7% dei voti di Tubman.

    Dubbi di osservatori internazionali sul voto in Nicaragua, tensione nel Paese
    In Nicaragua, dubbi di irregolarità e brogli nelle elezioni che hanno riconfermato, per la terza volta, Daniel Ortega come presidente. Gli osservatori internazionali dell'Ue e dell'Organizzazione degli Stati americani hanno espresso critiche sull'andamento del voto. Il candidato dell'opposizione, Fabio Gadea, ha messo in dubbio il risultato. Sale la tensione nel Paese con disordini e scontri tra polizia e dimostranti.

    Maltempo in Colombia: frana travolge 35 persone
    In Colombia, 35 persone sono rimaste uccise a causa di una frana che ha sepolto 14 case a Manizales, un centro a 165 chilometri da Bogotà. Con i morti di Manizales, salgono a 66 le vittime delle forti piogge degli ultimi giorni.

    Alluvioni in Thailandia, la premier non lascia il Paese per l’Apec
    La premier thailandese Yingluck Shinawatra non prenderà parte al vertice dell'Apec (Cooperazione economica dell'Asia-Pacifico) in programma questo fine settimana alle Hawaii. Shinawatra ha rinunciato perché impegnata nella gestione della crisi provocata dalle inondazioni che hanno colpito il Paese e continuano a minacciare il centro di Bangkok. Il vertice avrebbe rappresentato il suo debutto sulla scena internazionale. Al suo posto parteciperà il vicepremier Kittiratt Na Ranong.

    India: 16 morti nei disordini durante un bagno rituale nel Gange
    Almeno 16 vittime e una trentina di feriti per la ressa scoppiata oggi ad Haridwar, nel Nord dell'India, durante un bagno rituale nel Gange. Tra le vittime ci sono 14 donne calpestate dalla calca di fedeli in attesa di compiere le immersioni rituali nel fiume. Non si conoscono ancora le cause che hanno generato il disordine. In questi giorni, migliaia di persone si trovano nella città sacra di Haridwar per una celebrazione religiosa chiamata Gayatri Kumbh.

    Sospesa esecuzione capitale in Texas
    Negli Stati Uniti, la Corte d'Appello del Texas ha sospeso l'esecuzione capitale di Hank Skinner, accogliendo così la richiesta fatta dai suoi legali e da un portavoce del ministero degli Esteri francese, intervenuto perché l’attuale moglie di Skinner è di nazionalità francese. Skinner, 49 anni, è stato condannato alla pena di morte per l'uccisione nel 1993 della ex compagna e dei suoi due figli. La sua esecuzione era prevista per il 9 novembre. L'uomo si è sempre dichiarato innocente e ha più volte chiesto che fossero effettuati i test del Dna su elementi di prova che non sono stati esaminati.

    Sri Lanka: censurati alcuni siti web d'informazione
    Il governo dello Sri Lanka ha intensificato il controllo su Internet: ha imposto nuovi obblighi ai siti d’informazione politica e ha censurato alcuni portali accusati di “diffamare” il presidente Mahinda Rajapaksa e altri politici. Lo riferiscono i media nazionali. Tra i siti on line oscurati c’è anche quello legato al principale partito dell'opposizione, lo United National Party.
    (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Giovanni Cossu)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 312

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.