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Sommario del 06/11/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • All’Angelus, Benedetto XVI chiede la fine delle violenze in Nigeria ed esprime vicinanza alla popolazione genovese colpita dall’alluvione
  • L’arcivescovo Vegliò alla Radio Vaticana: il fenomeno delle migrazioni offre ai cristiani l’occasione di annunciare il Vangelo
  • Presentato volume sul Benin e la Santa Sede. Mons. Bertello: la visita del Papa darà nuovo impulso alla Chiesa e al Paese
  • Oggi in Primo Piano

  • Maltempo in Liguria e Piemonte, si attende la piena del Po. Una vittima nel napoletano
  • Usa: un anno esatto alle presidenziali, l’economia al centro del confronto tra Obama e i Repubblicani
  • Colombia: duro colpo ai guerriglieri delle Farc, ucciso il leader Alfonso Cano
  • In Romania, l’incontro dei vescovi greco-cattolici sulla nuova evangelizzazione. La riflessione di padre Rupnik
  • L’impegno dei Centri di aiuto alla vita, riuniti a Firenze per il convegno annuale
  • La Caritas di Milano celebra 40 anni di impegno
  • Chiesa e Società

  • Portogallo: la crisi economica tra i temi della Plenaria autunnale dei vescovi
  • Austria: al via l'Assemblea plenaria della Conferenza episcopale
  • Africa: appello in difesa dei diritti umani nei Paesi della Mano River Union
  • Nuove iniziative e progetti in corso nelle missioni guanelliane nel mondo
  • India: la reliquia di Don Bosco attraversa il Tamil Nadu
  • Messico: nella città di Oaxaca ogni anno muoiono 1500 bambini tra zero e 14 anni
  • Myanmar: armi chimiche contro i ribelli kachin, restrizioni sulle attività religiose per i cristiani
  • All'ateneo "Regina Apostolorum", a Roma, convegno sulla "teologia del corpo"
  • Ordinariato militare per l'Italia: a dicembre pellegrinaggio in Terra Santa
  • Burkina Faso: al Centro medico San Camillo di Ouagadougou aperto un reparto di iconografia
  • 24 Ore nel Mondo

  • Sale a 150 morti il bilancio degli attacchi terroristici nel Nord della Nigeria, rivendicati dal gruppo islamista Boko Haram
  • Il Papa e la Santa Sede



    All’Angelus, Benedetto XVI chiede la fine delle violenze in Nigeria ed esprime vicinanza alla popolazione genovese colpita dall’alluvione

    ◊   “Porre fine ad ogni violenza”: è il pressante appello di Benedetto XVI che, all’Angelus in Piazza San Pietro, rivolge il pensiero alla Nigeria, sconvolta in questi giorni da attacchi terroristici che, nell’area settentrionale del Paese, hanno provocato oltre cento morti. Il Papa esprime inoltre vicinanza alla popolazione genovese, colpita duramente dall’alluvione. Prima delle parole sul maltempo nel Nord Italia e la drammatica situazione in Nigeria, il Papa ha offerto una riflessione sulla vita eterna. “Chi crede in Dio-Amore – ha affermato – porta in sé una speranza invincibile”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Benedetto XVI è vicino alle vittime della violenza e del maltempo. All’Angelus, il Papa rivolge innanzitutto un appello per la pacificazione della Nigeria, sconvolta da un’escalation di violenza che ha seminato morte e distruzione:

    “Seguo con apprensione i tragici episodi che si sono verificati nei giorni scorsi in Nigeria e, mentre prego per le vittime, invito a porre fine ad ogni violenza, che non risolve i problemi, ma li accresce, seminando odio e divisione anche fra i credenti”.

    Poi, mentre su Piazza San Pietro splende il sole, il pensiero commosso del Papa va a quelle regioni del Nord Italia, che sono state messe in ginocchio dal maltempo. Benedetto XVI si rivolge in particolare agli abitanti di Genova, la città più colpita dall’alluvione:

    “Il pensiero oggi non può non andare alla città di Genova, duramente colpita dall’alluvione. Assicuro la mia preghiera per le vittime, per i familiari e per quanti hanno subito gravi danni. La Madonna della Guardia sostenga la cara popolazione genovese nell’impegno solidale per superare la prova”.

    Prima delle parole di vicinanza agli alluvionati e sulla Nigeria, il Pontefice si era soffermato a riflettere sulla vita eterna. Un punto, ha osservato, su cui si riscontra una “netta differenza tra chi crede e chi non crede, o, si potrebbe ugualmente dire, tra chi spera e chi non spera”. La fede “nella morte e risurrezione di Gesù Cristo – ha ribadito – segna anche in questo campo, uno spartiacque decisivo”:

    “Se togliamo Dio, se togliamo Cristo, il mondo ripiomba nel vuoto e nel buio. E questo trova riscontro anche nelle espressioni del nichilismo contemporaneo, un nichilismo spesso inconsapevole che contagia purtroppo tanti giovani”.

    Soffermandosi sul Vangelo della domenica, la parabola delle dieci ragazze invitate ad una festa di nozze, il Papa ha spiegato cosa rappresenti l’olio “indispensabile per essere ammessi al banchetto nuziale”:

    “Vera sapienza è approfittare della vita mortale per compiere opere di misericordia, perché, dopo la morte, ciò non sarà più possibile”:

    “Quando saremo risvegliati per l’ultimo giudizio – ha detto – questo avverrà sulla base dell’amore praticato nella vita terrena”:

    “E questo amore è dono di Cristo, effuso in noi dallo Spirito Santo. Chi crede in Dio-Amore porta in sé una speranza invincibile, come una lampada con cui attraversare la notte oltre la morte, e giungere alla grande festa della vita”.

    Salutando i pellegrini di lingua spagnola, il Papa ha ricordato che domani ricorre il primo anniversario da quando ha "avuto la gioia" di dedicare la Sagrada Familia, opera "mirabile di tecnica, bellezza e fede" del “geniale architetto” Gaudì.

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    L’arcivescovo Vegliò alla Radio Vaticana: il fenomeno delle migrazioni offre ai cristiani l’occasione di annunciare il Vangelo

    ◊   Il tema scelto da Benedetto XVI per la 98.ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, in programma il 15 gennaio 2012, è “Migrazioni e nuova evangelizzazione”. Nel messaggio pubblicato per l’occasione, il Papa spiega in che modo l’odierno fenomeno migratorio, che porta ad una mescolanza di persone e di popoli, può diventare un’opportunità provvidenziale per l’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo. Fabio Colagrande ne ha parlato con l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti:

    R. - Il fenomeno migratorio porta ad una mescolanza di persone e di popoli, con le loro caratteristiche sociali, culturali e religiose. Persone provenienti da varie regioni del mondo, dove Gesù Cristo non è ancora conosciuto, chiedono accoglienza in Paesi di tradizione cristiana. Al tempo stesso, persone che fanno parte di popoli dalla fede cristiana emigrano verso Paesi in cui i cristiani sono una minoranza. Oppure si recano in Paesi dove la fede non è più una convinzione personale, ma è ridotta a un fatto meramente culturale. Questo processo apre strade uniche per l’evangelizzazione perché offre alle comunità cristiane l’occasione di annunciare Gesù Cristo e di testimoniarlo attraverso il dialogo rispettoso e la testimonianza concreta della solidarietà. I migranti cristiani possono anche “risvegliare la coscienza cristiana assopita” richiamando a una vita di fede più coerente. Per questo il Santo Padre invita a prestare una pastorale adeguata ai migranti in modo che essi si mantengano saldi nella loro fede, coerenti nella vita cristiana e forti testimoni del Vangelo, per diventare essi stessi autentici annunciatori del kerygma evangelico.

    D. - Ci può fare qualche esempio di come le Chiese d’origine, quelle di transito e quelle di accoglienza dei flussi migratori possono intensificare la loro cooperazione e aggiornare le loro strutture per favorire l’evangelizzazione?

    R. - Nel mondo delle migrazioni, è importante sollecitare la solidarietà concreta, la tutela della dignità e dei diritti del migrante, del rifugiato e dello studente internazionale, il sostegno al loro sforzo di integrarsi nel Paese di arrivo senza perdere la loro identità umana e cristiana. Ovviamente occorre anche sensibilizzarli circa i loro doveri verso la società che li accoglie. Un esempio di cooperazione tra le Chiese di origine, transito e accoglienza è lo scambio di informazioni sulle leggi sull’immigrazione nei vari Paesi, e sulle esistenti strutture di sostegno, in modo da rendere i migranti consapevoli della loro dignità e dei loro diritti e doveri, come anche dei pericoli e delle difficoltà alle quali vanno incontro, ancora prima di partire. Un altro esempio è l’accompagnamento dei migranti, dei rifugiati e degli studenti internazionali attraverso gli operatori pastorali, siano essi sacerdoti, religiosi o laici, nelle loro necessità quotidiane, materiali e spirituali. Questi possono essere inviati dalle Chiese d’origine per vivere con loro il viaggio di speranza. Oppure, possono essere messi a disposizione dalle Chiese di transito e di accoglienza per sostenere i migranti nello sforzo quotidiano di costruire una vita nuova verso un futuro migliore in una terra straniera.

    D. - Nel messaggio, il Papa sottolinea l’importante ruolo della stampa nel far conoscere, con correttezza, la situazione di chi ha dovuto forzatamente lasciare la propria patria. Perché questa sottolineatura, secondo lei?

    R. - Il Santo Padre sottolinea giustamente l’importante ruolo della stampa per richiamare la responsabilità dei giornalisti a lavorare con coscienza, non solo con notizie di attualità, ma anche contribuendo con messaggi di verità ai cittadini, per diffondere una cultura di solidarietà. I mass media, per il loro immediato impatto sull’opinione pubblica, devono preoccuparsi seriamente di fornire una corretta e ampia informazione, evitando terminologie demagogiche, tese a infierire sull’immagine dei migranti forzati. Il loro contributo è necessario per sensibilizzare la società a nuove situazioni e alla realtà delle violazioni dei diritti dei rifugiati. Le persone che hanno dovuto forzatamente lasciare il loro Paese non hanno avuto altra scelta, per salvare la propria vita, che fuggire, spesso in modo repentino, dalle violenze, dalle persecuzioni e dalle guerre in atto, lasciando i loro affetti e le loro sicurezze. Nessuno, infatti, in tali condizioni lascia volentieri la propria patria, a volte senza neanche il tempo per un addio. I Paesi di arrivo dovrebbero assumersi la responsabilità di assolvere il dovere di protezione dei rifugiati in accordo con la Convenzione del 1951, che prevede di assisterli e di accoglierli con i loro diritti e obblighi nei confronti del Paese in cui si trovano.

    D. - Nel Messaggio, il Papa sottolinea la situazione dei numerosi studenti internazionali che affrontano problemi di inserimento, disagi nella ricerca di alloggio. È un settore della mobilità che il vostro dicastero sta seguendo in modo particolare?

    R. – Sì, certamente. Essendo competenza di questo nostro dicastero la promozione della pastorale della mobilità umana in generale, anche la categoria degli studenti internazionali fa parte del complesso fenomeno della mobilità umana. Il numero degli studenti internazionali ha superato i tre milioni e si prevede che entro il 2025 saranno circa 7 milioni. Di conseguenza, aumenta la necessità che i luoghi di formazione ed educazione si adeguino a questa realtà. La missione di quanti hanno una responsabilità accademica e pastorale nel mondo universitario dovrebbe essere quella di promuovere la collaborazione tra le culture diverse degli studenti, anche per annunciare il Vangelo ai giovani. A questo fine, il nostro dicastero sta organizzando il terzo Congresso Mondiale della pastorale per gli studenti internazionali, che avrà luogo a Roma, quest’anno, dal 30 novembre al 3 dicembre, sul tema: “Studenti Internazionali e Incontro delle Culture”. Lo scopo è di studiare il ruolo degli studenti internazionali coinvolti nella mobilità umana e protagonisti della nuova evangelizzazione negli ambiti accademici e universitari. Vi parteciperanno circa 135 delegati dai Paesi di maggior afflusso degli studenti internazionali, rappresentando 36 Conferenze episcopali, 8 istituti religiosi e associazioni ecclesiali, 4 organizzazioni internazionali e regionali, impegnati in questo apostolato. Parteciperanno anche circa 30 studenti internazionali per condividere la loro esperienza. Ma, naturalmente, la maggioranza dei partecipanti è quella dei delegati, perché sono loro che curano la pastorale degli studenti.

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    Presentato volume sul Benin e la Santa Sede. Mons. Bertello: la visita del Papa darà nuovo impulso alla Chiesa e al Paese

    ◊   Uno strumento per conoscere il Benin e comprendere l’importanza della prossima visita di Benedetto XVI nel Paese africano: è questa la finalità del volume, “Il Benin e la Santa Sede”, edito in francese dalla Lev, a cura dell’ambasciata del Benin presso la Santa Sede. Il volume è stato presentato, in questi giorni, nella Sala Marconi della nostra emittente. All’evento, è intervenuto anche mons. Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano che, negli anni ’80, è stato nunzio in Benin. Intervistato da Massimiliano Menichetti, mons. Bertello ricorda gli anni di servizio in Benin, in una fase di transizione particolarmente significativa:

    R. - Ho avuto veramente il privilegio di vivere un momento storico della vita del Benin, quello della "Conferenza nazionale", nella quale si erano riunite tutte le sensibilità politiche e culturali del Paese per cercare di uscire da una situazione di pre-guerra civile. Ricordo che quando, in quel periodo, arrivavo a Cotonou non bisognava mai abbassare il finestrino della macchina per paura che qualcuno potesse buttare della benzina sul volto: questo soltanto per fare un esempio della situazione che si viveva… E questo perché il Benin aveva avuto un periodo di dittatura marxista-leninista, che aveva non soltanto calpestato i diritti dell’uomo, ma che aveva anche portato il Paese veramente alla fame. Il presidente Kerekou, si rese conto che se non avesse aperto ad una nuova politica, se non avesse accettato una nuova politica sui diritti dell’uomo non avrebbe più avuto aiuti internazionali. Ci fu poi il famoso discorso di Mitterrand a La Baule sulla democrazia in Africa. La "Conferenza nazionale" era in sé il modo per consacrare questo cambio di politica che il Benin portava avanti dal 1972.

    D. - Oggi quel volto lì non esiste più, tanto che il Benin vive una condizione interna di dialogo tra le religioni; è un Paese considerato pacificatore e quindi in dialogo anche con i Paesi vicini…

    R. - La Chiesa in Benin questo discorso di approccio al dialogo religioso l’ha sempre avuto: ricordo ancora che la lettera pastorale, all'epoca, è stato un documento accolto con molta simpatia proprio dai non cristiani per primi. Fu proprio per questo che hanno voluto che mons.
    de Souza
    fosse il presidente della Conferenza internazionale. Questa lettera aveva veramente preparato il terreno a un discorso di riconciliazione in quel clima che viveva il Paese ed era riuscita anche a dare un po’ di fiducia per cominciare un cammino nuovo.

    D. - Mons. de Souza e il cardinale Gantin: due pietre miliari per quanto riguarda il Benin…

    R. - Potrei dire che, in un certo senso, erano padre e figlio: il cardinal Gantin aveva veramente uno sguardo di predilezione per questo sacerdote che aveva ricevuto dal punto di vista intellettuale dal Signore delle doti straordinarie; che aveva uno zelo sacerdotale veramente missionario ed aveva anche un carattere straordinario di bontà e di generosità. Io dico sempre che le sere più belle che ho passato nei miei anni in Africa - sono stati più di dieci - sono le sere che ho trascorso a Cotonou, proprio perché c’erano queste due figure….

    D. - Lei ha ribadito anche la centralità del Seminario di Ouidah, il primo seminario in Benin e in Africa occidentale e che ha dato anche l’avvio a una nuova evangelizzazione dell’Africa occidentale ed ha sottolineato in modo molto particolare il fatto che il Papa farà visita al Seminario: mi può dire perché?

    R. - Il Papa fa visita al seminario perché lì è sepolto il cardinale Gantin. Io credo che questa sia anche un’attenzione per le giovani leve sacerdotali, che si stanno formando lì. Ancora oggi il Benin riceve alcuni seminaristi anche da altri Paesi, come il Togo.

    D. - Quanto è importante questa visita e cosa lascerà, secondo lei?

    R. - Io sono convinto che il primo viaggio del Papa in Benin, nel 1982, del Beato Giovanni Paolo II è stato quello che ha cominciato a far scricchiolare la diffidenza e anche l’opposizione che c’era contro la Chiesa cattolica: la Chiesa è stata perseguitata e sono stati nazionalizzati tutti i suoi beni, tutte le opere della Chiesa in quel momento. Il secondo viaggio, nel 1992, fu la testimonianza di quello che il Benin aveva vissuto con la Conferenza episcopale. Auguro ora che questo terzo viaggio del Papa sia occasione per il Benin per riprendere coscienza della vivacità della sua fede e del dono della pace che il Signore ha fatto a questo Paese, ma permetta anche di sentire forte lo zelo missionario e andare ad annunciare il Vangelo anche ad altri. (mg)

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    Oggi in Primo Piano



    Maltempo in Liguria e Piemonte, si attende la piena del Po. Una vittima nel napoletano

    ◊   Il Nord Italia flaggellato dal maltempo, ma preoccupa pure la situazione in Campania dove si registra una vittima. In Piemonte, si attende la piena del Po. Intanto, un ponte è crollato nella Valle del Pellice mentre le autorità hanno proceduto all’evacuazione di numerose persone. Piove ancora a Genova, colpita due giorni fa dall’alluvione che ha causato 6 vittime, tra di loro 2 bambine. L'allerta meteo in Liguria è stata prorogata fino alle 18 di domani. Il servizio di Benedetta Capelli:

    Sono 5 i metri che il fiume Po ha raggiunto a Piacenza, in Emilia Romagna, ma la situazione più difficile è senz’altro in Piemonte. Esondato il Pellice nel torinese, qui è crollato anche il ponte del Bertenga, nell’alessandrino si sta procedendo all’evacuazione di molte persone. Nella zona si trova il nostro collega, Dino Frambati:

    R. - Qui in Piemonte sembra che si profili la situazione più grave. Stanotte a Torino è attesa la piena del Po: domani le scuole saranno chiuse… La situazione più critica è intorno ad Alessandria: il Bormida e il Tanaro sono a livelli di guardia. Ci sono anche delle persone che sono state evacuate: addirittura 500 ad Ovada, dove fa paura lo Stura; ad Alba è stato sgomberato un campo nomadi. A tutto ciò si aggiunge che al confine tra Liguria e Piemonte una frana ha bloccato, questa mattina, la strada Savignone-Casella, in Liguria, e la farà restare interrotta - si dice - per almeno 6 mesi. Non dimentichiamo che sta piovendo tra Piemonte e Liguria, nel Nord-Ovest da tre giorni. (mg)

    Piemonte ma anche Campania. Una vittima si segnala nella zona di Pozzuoli, il forte vento ha fatto crollare un albero caduto sull’auto nella quale si trovava l’uomo. In tilt il traffico a Napoli per l’allagamento di molte strade. Disagi anche a Pompei e Portici. A Genova continua a piovere da tre giorni ma la città cerca di reagire all’ondata di fango, acqua e detriti che hanno messo in ginocchio il capoluogo ligure. Si stanno pulendo le strade nelle zone più colpite. Permane comunque il blocco del traffico cittadino mentre quello pubblico è regolare. Domani le scuole saranno chiuse per rispettare il lutto proclamato in occasione dei funerali delle sei vittime. Restano intanto gli echi delle polemiche mentre la procura di Genova ha aperto un’inchiesta per disastro colposo e omicidio colposo plurimo contro ignoti. Si segnalano difficoltà pure nello spezzino dove a preoccupare sono ormai le frane.

    Non è solo il Nord-ovest dell’Italia ad essere stato colpito dalle forti piogge: negli ultimi tempi sono stati coinvolti da alluvioni anche Paesi come la Thailandia, il Nicaragua e perfino la Somalia. Ma questi fenomeni si verificano periodicamente o vi è un peggioramento? Debora Donnini ha fatto il punto sulla situazione climatica globale con Andrea Masullo, responsabile scientifico dell’Associazione "Greenaccord" ed esperto di questioni climatiche:

    R. - Si tratta di fenomeni ampiamente previsti dai modelli climatici e si ritiene che questi aggravamenti dipendano dall’aumento medio delle temperature terrestri. In particolare in questi eventi che si stanno purtroppo verificando in questi giorni nel Nord Italia è evidente questa situazione, perché si tratta di normali perturbazioni che trovano su un Atlantico eccezionalmente riscaldato una grande potenza e che poi porta a queste precipitazioni di proporzioni così vaste. C’è sicuramente un’aggravante legata ai cambiamenti climatici globali. E’ un po’ quello che sta avvenendo in molte aree del mondo…

    D. - Infatti alluvioni ci sono state in Centro America, prima in Thailandia e perfino in Somalia. Anche qui c’entrano i cambiamenti climatici o per alcune aree si tratta di un problema, in qualche modo normale: pensiamo a quelle zone dove si abbattono i monsoni…

    R. - Si tratta di situazioni normali aggravate dai cambiamenti climatici. Nelle aree monsoniche, i monsoni sono più frequenti e più violenti. Ormai in Italia sono addirittura alcuni decenni che stiamo assistendo ad un prolungamento dell’estate, abbondantemente dentro l’autunno di almeno un mese. C’’è anche però un aggravamento non solo del fenomeno ma anche degli effetti e questo è legato a una cattiva, direi pessima, gestione del territorio.

    D. - I geologi puntano il dito contro il dissesto idrogeologico…

    R. - E’ fondamentale, perché il danno è provocato da come si è costruito in una determinata area. L’evento estremo trova il suo sfogo naturale nei canali, nei torrenti ma se questi torrenti - com’è avvenuto in Liguria, in Calabria e in tante altre parti d’Italia - vengono cementificati, coperti da costruzioni e da strade, l’acqua non penetra più nel terreno, non trova vie di sfogo e invade quello che un tempo era il suo alveo naturale. Questo comporta delle catastrofi! Sono purtroppo decenni che nel nostro Paese si parla di investire nel riassetto idrogeologico del territorio ma poi non viene fatto nulla. Nell’emergenza si possono soltanto contare - purtroppo e drammaticamente - le vittime e i danni, mentre la prevenzione dovrebbe consentirci di evitarli.

    D. - Il Pianeta Terra ha sempre conosciuto dei cambiamenti climatici forti, pensiamo solo alle glaciazioni. Lei pensa che comunque questi cambiamenti climatici risentano invece, fortemente o in modo abbastanza significativo, dell’uso di combustibili fossili?

    R. - I dati scientifici ci dicono questo: i cambiamenti climatici naturali hanno una periodicità di decine di migliaia di anni - le grandi glaciazioni addirittura di oltre 100 mila anni - e dipendono da fattori esclusivamente astronomici e quindi dai movimenti della terra rispetto al sole. Quello che sta accadendo adesso è un aumento dell’effetto serra - e quindi dei gas serra prodotti dalla combustione di petrolio, carbone, metano e dagli usi energetici che fa l’uomo - che sta accelerando questi fenomeni: qui stiamo parlando di un cambiamento climatico che sta avvenendo nell’arco di cento anni e non di 100 mila! (mg)

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    Usa: un anno esatto alle presidenziali, l’economia al centro del confronto tra Obama e i Repubblicani

    ◊   Manca un anno esatto alle presidenziali negli Stati Uniti e meno di due mesi all’inizio delle primarie repubblicane, che prenderanno il via il 3 gennaio in Iowa. Una tornata elettorale che si preannuncia incerta con il presidente Obama in grande difficoltà a far ripartire l’economia e il Partito Repubblicano che non sembra aver trovato dei candidati all’altezza della sfida. Alessandro Gisotti ne ha parlato con Paolo Mastrolilli, inviato de “La Stampa” a New York:

    R. - Mi sembra che la chiave di queste elezioni sia certamente la debolezza del Paese: si è parlato a lungo in questi mesi di “declino americano” e nell’ambito di questo dibattito certamente il presidente Obama è in difficoltà; i sondaggi lo danno indietro; la sua popolarità è in calo; i risultati della sua presidenza non sono stati quelli che gli americani auspicavano quando votarono per il cambiamento. Dall’altra, però, anche i Repubblicani non hanno dei candidati molto forti e non hanno soprattutto delle idee, finora avanzate, tali da poter pensare che abbiano un programma per rilanciare il potere degli Stati Uniti nel mondo.

    D. - Sull’economia, che poi è il tema forte di queste elezioni, in molti criticano Obama di aver espresso una leadership carente. Cambierà qualcosa nei prossimi mesi?

    R. - Sull’economia adesso si sta giocando naturalmente la campagna elettorale: questo è il tema su cui si esprimeranno gli americani. Il problema è che la divisione fra Obama e i Repubblicani è tale da far dubitare che possano effettivamente approvare qualcosa in grado di stimolare la ripresa americana. Il presidente ha presentato una proposta per rilanciare l’occupazione che è stata di fatto bocciata dai Repubblicani: mi sembra che questo diventerà un terreno di scontro da utilizzare ai fini elettorali.

    D. - Su aborto e obiezione di coscienza, fin dai tempi dell’approvazione della riforma sanitaria e poi anche recentemente, l’amministrazione Obama ha trovato l’opposizione dell’episcopato cattolico. Quando potrà incidere anche politicamente questo attrito?

    R. - L’elettorato cattolico è stato fondamentale per la vittoria di Obama nel 2008. Gli elettori cattolici lo avevano votato in maggioranza - circa il 54 per cento - a differenza di quanto era successo nelle elezioni precedenti, nelle quali avevano scelto il candidato repubblicano Bush. Per Obama conservare questo tipo di elettorato sarebbe fondamentale, ma è difficile proprio perché i suoi rapporti con la gerarchia cattolica sono peggiorati negli ultimi tempi. Adesso il problema è vedere se questi attriti che ci sono con l'episcopato si trasformeranno anche in una riduzione - come molti prevedono - del consenso dell’elettorato cattolico per il presidente.

    D. - Quanto potranno incidere i movimenti antisistema, come i “Tea Party” a destra e “Occupy Wall Street” a sinistra, sull’esito del voto?

    R. - Rischiano di diventare fondamentali e questo per varie ragioni. Naturalmente esprimono un malessere diffuso negli Stati Uniti per ragioni economiche, ma non solo, che riguarda - come abbiamo visto - tanto la destra quanto la sinistra. Non sembrano avere un programma elettorale molto forte - i “Tea Party” sono più influenti sul partito repubblicano, forse di quanto “Occupy Wall Street” lo sia sul partito democratico - ma possono comunque condizionare molto l’attività dei vari partiti. Obama e i Democratici si stanno chiedendo se debbono cavalcare il movimento “Occupy Wall Street” e fino a che punto e lo stesso discorso riguarda un po’ i repubblicani che temono - affidandosi troppo ai “Tea Party” - di scegliere dei candidati estremisti, che non riescono poi a conquistare il voto del centro. (mg)

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    Colombia: duro colpo ai guerriglieri delle Farc, ucciso il leader Alfonso Cano

    ◊   “Un Paese in cui vivere in pace”. Questo l’obiettivo del presidente colombiano Juan Manuel Santos, subito dopo aver confermato l’uccisione di Alfonso Cano, leader delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc). A capo del gruppo guerrigliero dal 2008, in seguito alla morte del fondatore Manuel Marulanda, Cano è rimasto vittima di un'operazione dell'esercito nella regione sud-occidentale di Cauca. Le Farc hanno, tuttavia, promesso di proseguire la lotta armata. Per un commento sugli effetti dell'uccisione di Alfonso Cano sul futuro delle Farc, Giada Aquilino ha intervistato Stefano Femminis, direttore del mensile internazionale dei Gesuiti “Popoli”:

    R. – Sicuramente è un colpo, non si sa ancora se mortale, ma certamente importante alle Farc, a questo gruppo guerrigliero; simbolicamente ha anche la sua importanza perché è la prima volta in cui in un’azione militare viene ucciso il capo supremo delle Farc. In questi anni le Farc hanno perso molti dei loro dirigenti più importanti, a partire dal comandante, Manuel Marulanda, che però era morto per un attacco di cuore. Altri dirigenti sono stati uccisi in azioni militari ma erano figure, per quanto importanti, di secondo piano. Invece, in questo caso, l’organizzazione viene colpita al cuore, al suo vertice. L’altra cosa che va detta è che Alfonso Cano era considerato un leader più politico che militare e questo potrebbe aprire la strada anche, però, a un inasprimento delle posizioni delle Farc, nel senso che nell’organizzazione potrebbero prendere il sopravvento le componenti ancora più violente e sanguinarie.

    D. – Cano che nel 2008 aveva sostituito proprio Marulanda, l’anno scorso aveva invitato il presidente Santos al dialogo: cosa vuol dire?

    R. - Era ancora da capire quale fosse l’effettiva disponibilità al dialogo, nel senso che il presidente Santos quando è arrivato al potere, lui per primo ha lanciato un appello alle Farc tentando di fare quell’operazione che Uribe aveva fatto con i paramilitari, un’operazione peraltro molto controversa perché poi, di fatto, c’è chi dice che questi paramilitari, queste formazioni di destra, in parte non siano mai davvero scomparse. Santos aveva provato a fare lo stesso con le Farc, proponendo di fatto il rilascio di tutti i prigionieri, la deposizione delle armi e promettendo in cambio, in sostanza, una sorte di amnistia. La risposta delle Farc allora era stata negativa. Poi era arrivata la mano tesa, verbale, da parte di Alfonso Cano, ma di fatto però la guerriglia e i rapimenti proseguivano. Negli ultimi anni, ci sono stati anche diversi attentati che sono arrivati persino nella capitale della Colombia, Bogotà, cosa che nei decenni passati non era successa.

    D. – Oggi quindi cosa sono le Farc? Ricordiamo, furono fondate negli anni ’70…

    R. – Sono un’organizzazione che è nata – senza per questo volerla giustificare – spinta da ideali di giustizia in un Paese che era e rimane tra i più diseguali del mondo. C’è una classifica secondo cui la Colombia è l’ottavo Paese più diseguale del mondo, rispetto alla distribuzione della terra: l’ottanta per cento dei proprietari terrieri possiede piccolissimi appezzamenti di terra pari al 10 per cento dell’area coltivabile, mentre l’uno per cento dei proprietari controlla oltre la metà di tutti i territori coltivabili della Colombia. Questo è un dato attuale, per dire come c’erano e ci sono ancora diseguaglianze e squilibri contro cui questa formazione di ispirazione marxista lottava. Nel corso degli anni, però, secondo tutti gli osservatori esperti di queste cose si è proprio trasformata in una formazione terroristica che si finanzia con i rapimenti e con il narcotraffico. L’uccisione del loro capo segna un percorso che sembra verso una fine di questa esperienza davvero tragica che ha lasciato e seminato morti. La Colombia è anche il primo Paese al mondo per numero di sfollati interni, cioè di persone che hanno lasciato le loro case a causa delle guerriglia: si parla di circa quattro milioni di persone. (bf)

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    In Romania, l’incontro dei vescovi greco-cattolici sulla nuova evangelizzazione. La riflessione di padre Rupnik

    ◊   Si chiude oggi ad Orodea, in Romania, l’incontro dei vescovi europei greco-cattolici sul tema della nuova evangelizzazione. All’evento, patrocinato dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, hanno preso parte, tra gli altri, il cardinale Péter Erdő, presidente del Ccce e mons. Cyril Vasil, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali. Il convegno è stato aperto dalla prolusione dell’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del dicastero per la Nuova Evangelizzazione. Sui temi affrontati dai presuli, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Marco Ivan Rupnik, direttore del Centro Aletti, tra i relatori dell’incontro in Romania:

    R. - La prima cosa importante è stata l’apertura con la prolusione di mons. Fisichella, che è stata veramente paronamica per mettere in chiaro cosa il Santo Padre vuole dire quando parla della nuova evangelizzazione. L’altro argomento veramente importante è quello riguardante l’esperienza, di questi 20 anni, della Chiesa greco-cattolica in diversi Paesi, dove è possibile vedere una vera e propria resurrezione: dalla proibizione, dall’annullamento, dall’azzeramento della Chiesa fino ad arrivare ad una nuova esplosione, come il caso della Romania o della Slovacchia, ma soprattutto dell’Ucraina.

    D. - A 20 anni, appunto, dalla caduta dei regimi comunisti, quali sono le principali sfide oggi per le Chiese cattoliche di rito orientale?

    R. - Le sintetizzerei in due grandi temi. La prima è proprio quella di non dimenticare, di non cancellare, ma di riuscire a fare il passaggio dalla memoria all’anamnesis: da una memoria umana, che può essere piena di ferite, ad una memoria divina, quella costituente la Liturgia e dove al posto delle ferite appare la grazia, appare la vita. Questo è certamente un grande compito! L’altra è quella di volgere lo sguardo verso l’Occidente, certamente molto attraente: si ha, però, la coscienza - allo stesso tempo - che l’Occidente abbia pagato un’alta "tassa" a questo impatto con la modernità. E’ quindi necessario comprendere come imparare dalla Chiesa latina proprio a reggere questo impatto con la contemporaneità.

    D. - Quale contributo le Chiese cattoliche di rito orientale possono dare al Sinodo per la nuova evangelizzazione?

    R. - L’evangelizzazione è rivelazione della vita battesimale, della vita nuova. Penso allora che l’Oriente, in qualche modo, proprio custodendo l’arte, ha una capacità più forte per una conoscenza più integra, più vicina alla vita e più imbevuta della vita. Penso che la riscoperta di queste tradizioni potrebbe dare un contributo, perché è la vita ad essere in questione: non si tratta di questioni relative alle idee, perché si tratta proprio di rivelare la vita nuova… Se c’è vita nuova allora affascina e attira; se noi non suscitiamo l’interesse, il desiderio e l’appetito del mondo è totalmente inutile che parliamo di evangelizzazione… (mg)

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    L’impegno dei Centri di aiuto alla vita, riuniti a Firenze per il convegno annuale

    ◊   Il primo Centro di aiuto alla vita (Cav) fu aperto a Firenze nel 1975, oggi sono 300 sparsi in tutta Italia. La loro missione non è cambiata, ma è cresciuta specializzandosi recentemente nell’accoglienza delle mamme immigrate in difficoltà. Mamme particolarmente a rischio dato che il 30 per cento degli aborti che si praticano in Italia, circa 120 mila all’anno, riguarda proprio un bimbo straniero. E proprio a Firenze si sono riuniti, in questi giorni, 500 tra operatori e volontari dei Cav per il loro Convegno annuale sul tema: “Nessuna vita ci è straniera”. Adriana Masotti ne ha parlato con Giuseppe Anzani, magistrato, vicepresidente del Movimento per la Vita italiano:

    R. – Siamo nati nel momento in cui la legge che aveva legalizzato l’aborto introduceva in Italia questa ferita, questa piaga, nati – appunto – come soccorso, come aiuto alla vita del bambino nel grembo della mamma come creatura più fragile, più debole, e aiuto anche alla mamma in difficoltà, tentata a volte da un progetto abortivo in conseguenza a difficoltà talvolta anche abbastanza facilmente rimontabili, se vi fosse stata un poco di solidarietà. I Centri di aiuto alla vita sono questo segno. Nati in forma modesta, oggi hanno raggiunto una capillarità, una presenza in tutto il nostro Paese: il loro numero è superiore a 300. E io posso dire sinteticamente che, da quando sono nati, il numero dei bambini salvati è di oltre 130 mila. 130 mila è una città, una piccola città rispetto ai milioni di aborti che nel frattempo sono stati perpetrati. Però è per ridire: la città della gioia! La fisionomia di questi centri è principalmente quella di un’accoglienza umana. Non sono luoghi dove la gente viene giudicata, ma dove il dramma umano della gente viene condiviso in un abbraccio che esplora, poi, le possibilità concrete di aiuto che sono principalmente quelle di simpatie, di empatie, di solidarietà. Poi ci sono anche quelle psicologiche, quelle che – soprattutto – "estraggono" la persona dalla sua solitudine e spesso, anzi, quasi sempre il dramma dell’aborto matura in una spaventosa solitudine. E anche un aiuto economico, un sostegno perché a volte il progetto abortivo nasce dalle difficoltà della penuria, qualche volta anche della miseria.

    D. – “Nessuna vita ci è straniera” è il titolo del Convegno a Firenze. Quale realtà in particolare vuol mettere in rilievo, questo tema?

    R. – Viene principalmente in mente, in modo spontaneo, il flusso migratorio che ci ha un po’ inondato, che ha portato dentro i nostri confini queste persone che noi continuiamo a chiamare “stranieri” o addirittura “extracomunitari”, cioè qualcuno che è fuori: donne straniere, sempre più numerose, bussano alle porte dei Centri di aiuto alla vita e ne ottengono appunto, uscendo dalla loro solitudine, quel soccorso, quell’aiuto fraterno che il più delle volte favorisce il superamento delle difficoltà. Però, c’è un concetto più profondo di “estraneità”, cioè di non appartenenza, ed è il concetto che ci possono essere esseri umani in uno stadio del loro sviluppo, della loro comparsa, che non sono avvertiti come una presenza fraterna, ma a volte addirittura come una presenza conflittuale, quale che la loro più grande sconvenienza sia quella di esistere, quindi turbare la pacata e serena esistenza d’altri. Ecco, dire che “nessuna vita ci è straniera” significa interpretare con autenticità quel grande dogma di uguaglianza giuridica tra tutti gli uomini e quel grande precetto della solidarietà che per noi italiani, per la nostra Costituzione, è come una rivoluzione promessa che supera – appunto – le disuguaglianze. In questo senso, non c’è straniero: non solo chi viene da altri confini, ma non ci è straniero il bambino finché è ancora nel grembo, non ci è straniero l’embrione che è già uno di noi. (gf)

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    La Caritas di Milano celebra 40 anni di impegno

    ◊   Convegno a Milano per ricordare i 40 anni di impegno di Caritas. Fra gli interventi, quello del presidente della Fondazione Cancan, mons. Giuseppe Pasini, che fu direttore della Caritas Italiana dal 1986 al 1998. Letto il messaggio di saluto del cardinale Angelo Scola, primo del nuovo arcivescovo di Milano. Il servizio di Fabio Brenna:

    Compie 40 anni la Caritas, e in “una stagione di grande travaglio”, dove “crescono sempre più le situazioni di emergenza”, la tentazione potrebbe essere quella di "limitarsi ad una necessaria ma insufficiente distribuzione di beni materiali”. Ma, scrive il cardinale Angelo Scola nel suo messaggio per l'occasione, “occorre dilatare i bisogni in desiderio per cogliere tutta la domanda di felicità dei nostri fratelli uomini”, e questo impone la capacità di ascoltare, “sintesi tra carità e competenza”. Nata nel 1971 sulle ceneri della Pontifica Opera Assistenza, la Caritas fu voluta da Papa Paolo VI per “favorire una maggiore presa di coscienza da parte di tutta la comunità cristiana delle proprie responsabilità nei confronti dei bisogni dei suoi membri”.

    Un impegno che il Pontefice considerava imprescindibile per consentire “una crescita del Popolo di Dio nello spirito del Concilio Vaticano II”. Oggi, con le sue 850 Caritas parrocchiali, i 300 centri di ascolto diffusi sul territorio, le cooperative di lavoro e di servizio del consorzio "Farsi Prossimo", gli operatori di Caritas Ambrosiana rendono credibile il Vangelo, osserva ancora nel suo messaggio il cardinale Scola, facendo educazione al gratuito che deve stare al centro della cura pastorale delle parrocchie. Ricordare questi primi 40 anni di attività, non è solo una celebrazione. Titolo del convegno e della Giornata diocesana Caritas è “Con i poveri verso la terra promessa”, ad indicare – ha sottolineato il direttore di Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo - “il cammino che ancora ci resta da compiere”.

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    Chiesa e Società



    Portogallo: la crisi economica tra i temi della Plenaria autunnale dei vescovi

    ◊   La crisi economica, i giovani, la riorganizzazione della Conferenza episcopale portoghese, il Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. Saranno questi i principali temi al centro dei lavori della 178.ma Assemblea plenaria dei vescovi portoghesi che prenderà il via domani a Fatima con la prolusione del Patriarca di Lisbona, cardinale José Policarpo. In primo piano – riferisce l’agenzia Ecclesia - figura un messaggio dei vescovi ai giovani portoghesi e la nota pastorale “Crisi discernimento e impegno” in cui i presuli portoghesi propongono un’analisi sulle possibili vie di uscita dall’attuale crisi economica che vede il Portogallo tra i Paesi più colpiti nell’Eurozona insieme alla Grecia, l’Irlanda, la Spagna e l’Italia. I presuli rifletteranno poi sulla missione e il funzionamento della Conferenza episcopale. In particolare discuteranno della proposta avanzata a ottobre dal Consiglio permanente della Cep di ridurre da nove a sette il numero della attuali commissioni episcopali al fine di renderne più snello l’operato. L’assemblea, infine, eleggerà i vescovi delegati al Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione che si terrà l’anno prossimo in Vaticano. I lavori della plenaria termineranno il 10 novembre. (L.Z.)

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    Austria: al via l'Assemblea plenaria della Conferenza episcopale

    ◊   Si svolgerà a Salisburgo, da domani al 10 novembre, l’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale austriaca. Tema principale delle consultazioni è la preparazione delle elezioni dei consigli parrocchiali, previste per il 18 marzo 2012: a questo argomento, i vescovi dedicheranno domani una giornata di studi. Secondo quanto dichiarato ieri all’agenzia di stampa cattolica austriaca Kathpress da Peter Schipka, segretario generale della Conferenza episcopale, all’ordine del giorno è prevista anche la discussione “su diverse iniziative e proposte di riforma all’interno della Chiesa”. I vescovi - riporta l'agenzia Sir - si occuperanno anche di temi di politica sociale di attualità. Nel corso dell’assemblea plenaria, che sarà presieduta dal cardinale Christoph Schönborn, presidente della Conferenza episcopale austriaca, è prevista inoltre una messa solenne che sarà celebrata nella Franziskanerkirche e alla quale potranno partecipare tutti i fedeli. (R.P.)

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    Africa: appello in difesa dei diritti umani nei Paesi della Mano River Union

    ◊   Un appello rivolto alle istituzioni affinché rispettino le loro Costituzioni e difendano i diritti e la dignità dell’uomo è stato lanciato dai partecipanti alla seconda edizione dell’«Africa Human Rihgts Defenders Training», svoltosi a Freetown, in Sierra Leone, promossa dal World Council of Churches o Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec). I partecipanti al programma di formazione, per lo più operatori della Chiesa e rappresentanti della società civile, compresi i membri della comunità musulmana della Sierra Leone, Togo, Costa d’Avorio, Liberia e Guinea, hanno espresso la loro preoccupazione per le carenze nel sistema giudiziario e la negazione della dignità umana alla maggior parte delle popolazioni dei Paesi dell’Unione del fiume Mano (Mano River Union). Durante i lavori, i partecipanti hanno concordato sul fatto che la situazione dei diritti umani nei loro Paesi richiede ancora molta attenzione. Il deteriorarsi delle condizioni giustifica un’azione da parte degli Stati al fine di proteggere i diritti delle persone, nonché gli sforzi concertati per tutelare e sostenere i difensori dei diritti umani. Forte è anche la raccomandazione ai Paesi di adottare misure efficaci per garantire l’attuazione della Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, e garantire l’effettiva tutela dei difensori dei diritti umani in tutti i Paesi dell’Unione del fiume Mano e in Togo. In un comunicato ripreso da L'Osservatore Romano, i partecipanti all’incontro hanno chiesto che «i difensori dei diritti umani vengano formati per avere una chiara comprensione delle implicazioni degli strumenti dei diritti umani regionali e internazionali firmati e ratificati dai Paesi africani», e hanno esortato i Governi dell’Unione del fiume Mano di «integrare nella loro legislazione nazionale tutte le convenzioni e i protocolli sui diritti umani». I partecipanti, infine, hanno esortato tutti i partiti politici in Liberia a cooperare pienamente al processo elettorale in modo che il Paese produca risultati credibili e trasparenti. In particolare, per il ballottaggio che si svolgerà l’8 novembre prossimo, che riflette la volontà del popolo e garantisce sicurezza umana attraverso un processo pacifico e democratico. (R.P.)

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    Nuove iniziative e progetti in corso nelle missioni guanelliane nel mondo

    ◊   A distanza di poco tempo dalla sua canonizzazione, avvenuta il 23 ottobre scorso, Giornata Missionaria Mondiale, si moltiplicano in tutto il mondo, nelle missioni ispirate dal fondatore San Luigi Guanella, le iniziative più diverse: Messe di ringraziamento in Spagna, Cile, Filippine, India, Messico, Guatemala; intitolazioni di strade e piazze, a Palencia, Padova e Avezzano. Forte impulso sta ricevendo la diffusione di libri e dvd, ampia è poi la partecipazione dei figli spirituali del Santo a programmi radio e TV. “Solo in India – si legge in un comunicato di padre Antonio Crippa, Superiore generale dei guanelliani, inviato all’agenzia Fides – sono state distribuite oltre 5 mila copie della storia di don Guanella; analoghe iniziative si possono annoverare in Vietnam, Spagna, Italia, Congo, Stati Uniti. Inoltre - continua padre Crippa - la vivacità e la fantasia delle espressioni di carità promosse dal laicato guanelliano nel mondo stanno dando vita a sensibilizzazioni a catena tramite missioni popolari tra l’altro in Brasile, Paraguay, Stati Uniti, India, Filippine”. Sul fronte scientifico proseguono i convegni sul progetto educativo guanelliano. Nuove iniziative sono in cantiere, altre già in fase di realizzazione: in Spagna un centro di lavoro protetto con la creazione di 3 posti di lavoro per disabili; in Guatemala la creazione di una casa di accoglienza vocazionale; in Ghana una casa per disabili mentali; in Nigeria un centro per disabili; nelle Filippine la costruzione di piccole case da destinare ai diversamente abili; in Congo, la bonifica di una parte della savana attigua alla Citè Guanella per farne un centro di formazione professionale; in India l'inaugurazione di una nuova chiesa. (R.P.)

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    India: la reliquia di Don Bosco attraversa il Tamil Nadu

    ◊   Dalla metà di ottobre e fino alla metà del mese di novembre l’urna di Don Bosco è in peregrinazione nello stato indiano del Tamil Nadu. La reliquia - riferisce l'agenzia Ans - ha già completato la visita alle comunità salesiane dell’Ispettoria di Tiruchy ed è entrata da pochi giorni nel territorio dell’Ispettoria di Madras. Dopo aver raccolto grande affetto e devozione nei territori dello Stato indiano del Kerala, dove i cattolici costituiscono un’importante minoranza (19%), la reliquia insigne di Don Bosco ha fatto il suo ingresso nell’Ispettoria di Tiruchy lo scorso 13 ottobre, presso Kuthenkuzhy. Nell’Ispettoria di Tiruchy, corrispondente al settore settentrionale del Tamil Nadu, l’urna ha peregrinato fino al 28 ottobre, visitando tutte le opere salesiane presenti e ricevendo festosi omaggi da parte delle rispettive comunità, che da lungo tempo andavano organizzando le attività per rendere la visita un’autentica occasione di grazia e rinnovamento. La visita dell’urna è stata uno stimolo per tutti i fedeli cristiani e in molte occasioni è stata significativa la presenza di autorità religiose diocesane; com’è avvenuto, ad esempio, il 24 ottobre a Coimbatore, con la messa presieduta nella cattedrale di San Michele dal vescovo della diocesi siro-malabarese, mons. Thomas Aquinas Lephonse, e concelebrata da circa 60 sacerdoti. Alle prime ore del mattino del 28 ottobre, presso Yercaud, alla presenza di 3.000 fedeli, l’Ispettore di Tiruchy, don Albert Johnson, ha presieduto la messa di congedo dall’urna. Successivamente la reliquia è stata condotta presso la Casa Ispettoriale di Madras, dove ad attenderla c’erano l’Ispettore, don Raphael Jayapalan, l’Ispettrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice, sr Magnificat Soosai, e sr Jayarani, Madre Generale delle “Sister of Maria Auxilium”, con molti direttori di comunità, salesiani e fedeli. Il 29 ottobre, presso l’opera “Don Bosco Anbu Illam” per i giovani a rischio e i ragazzi di strada, l’urna ha ricevuto l’omaggio anche del Portavoce dell’Assemblea Legislativa del Tamil Nadu, on. D. Jayakumar; mentre il giorno successivo, al Santuario Don Bosco di Ayanavaram, è stata accolta dal neoeletto sindaco di Madras, on. Saidai Duraisamy, e dal parlamentare on N. Balaganga. L’urna prosegue ora il suo cammino nell’Ispettoria di Madras, nella quale resterà fino al prossimo 18 novembre. (R.P.)

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    Messico: nella città di Oaxaca ogni anno muoiono 1500 bambini tra zero e 14 anni

    ◊   Secondo le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità le principali cause di morte infantile sono dovute ogni anno ad infezioni e incidenti. La prima causa tra i bambini compresi nella fascia di età che va dai 5 ai 14 anni, denominata dall’Oms mortalità scolastica, è costituita dagli incidenti stradali. Mentre la morte dei bambini tra 1 e 5 anni è definita morte prescolastica. I bambini da uno a quattro muoiono prevalentemente per malattie infettive intestinali. Nella città di Oaxaca nel 2011 sono morti 1500 minori tra 0 e 14 anni, qui come nel resto del paese, le malattie infettive intestinali sono tra le prime 20 cause di mortalità generale e colpiscono principalmente i neonati, i bambini in età prescolastica, pazienti con immunodepressione da cancro o Hiv, e persone con basse difese immunitarie. Il gruppo più vulnerabile è quello che comprende bambini piccoli e anziani che si ammalano per motivi organici e psicologici, ma principalmente a causa dei batteri, virus o parassiti che penetrano nell’organismo attraverso alimenti e acqua inquinata. Tra le altre cause di morte, secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto Nazionale di Statistica e Demografia del Messico, c’è la setticemia, una tra le prime cause tra la popolazione in età scolare di Oaxaca, soprattutto tra le bambine. Nella città messicana si registra il secondo tasso di mortalità infantile più elevato del Paese, con 17.3 morti ogni mille bambini nati vivi, superata solo dalla città di Guerrero, dove muoiono una media di 19.3 bambini ogni mille nati vivi. Ancora, il tasso di mortalità infantile, 16 ogni mille nati vivi, è simile a quello dei paesi africani, asiatici e americani: Zimbawe 59, Kenya 65, Sudan 64, Tanzania 64, Cambogia 62, Tajikistan 56, Haiti 63. (R.P.)

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    Myanmar: armi chimiche contro i ribelli kachin, restrizioni sulle attività religiose per i cristiani

    ◊   Nella guerra che infuria fra l’esercito birmano e i gruppi ribelli armati kachin, nel Nord del Myanmar, i militari stanno utilizzando armi chimiche, racconta una fonte locale di Fides nel popolo kachin. Intanto i rifugiati aumentano e trovano riparo nei boschi e, mentre si avvicina la stagione invernale, sono senza cibo, senza vestiti, senza ripari e molti muoiono di fame e malattie. Alla popolazione kachin, in maggioranza cristiana – riferiscono fonti dell'agenzia Fides – il governo sta negando anche la libertà religiosa, avendo imposto nuove restrizioni: incontri domenicali per lo studio della Bibbia “sono possibili solo previa autorizzazione”. “Il governo birmano non sta facendo nulla per aiutare i rifugiati kachin e la situazione peggiora. Chiediamo il sostegno della Chiesa universale perché le violenze e le ingiustizie verso popolo kachin siano conosciute in tutto il mondo”, invoca la fonte di Fides. Un’organizzazione di ispirazione cristiana come “Christian Solidarity Worldwide” (Csw), conferma in un nota che “le autorità birmane hanno imposto nuove limitazioni sulle attività religiose nello stato Kachin, ordinando che gli incontri delle comunità cristiane si debbano comunicare con 15 giorni di anticipo, per essere autorizzati”. Csw ricorda che “per molti anni i regimi birmani hanno soppresso la libertà di religione. Oggi sembra che, nonostante i cambiamenti a livello verbale, le autorità locali birmane non hanno cambiato in alcun modo atteggiamento. Imporre l’obbligo di autorizzazione per leggere la Bibbia o per pregare è una restrizione estrema della libertà di religione. Esortiamo le autorità birmane a ritirare questo requisito. Chiediamo l’intervento dell’Onu”. (R.P.)

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    All'ateneo "Regina Apostolorum", a Roma, convegno sulla "teologia del corpo"

    ◊   “Dare un’equilibrata e interdisciplinare visione del corpo, che serva di base a riflessioni ulteriori e che possa rispondere alle questioni riguardanti la dignità e la grandezza del corpo e il suo ruolo nel mistero della salvezza”. Questo l’obiettivo principale del convegno internazionale sul tema della “teologia del corpo”, che si svolgerà dal 9 all’11 novembre, a Roma, nell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum (via degli Aldobrandeschi 190). All’incontro – informano gli organizzatori - parteciperanno esperti da varie parti del mondo, che approfondiranno questa tematica da una prospettiva interdisciplinare: bioetica, filosofica, giuridica, biblica, umanistica, teologica, pastorale e anche dal punto di vista artistico e della comunicazione. Fra gli argomenti che saranno trattati nelle sessioni aperte al pubblico del 10 e 11 novembre, dalle ore 9 - riferisce l'agenzia Sir -: introduzione generale alla teologia del corpo (padre Pedro Barrajón, rettore dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum), la teologia del corpo nel pensiero di Karol Wojtyla (Rocco Buttiglione, vicepresidente della Camera dei Deputati), la teologia del corpo e l’evangelizzazione (mons. Savio Hon Tai – Fari, Segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli), la teologia del corpo e la pastorale sanitaria (mons. Zygmund Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale degli operatori sanitari). (R.P.)

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    Ordinariato militare per l'Italia: a dicembre pellegrinaggio in Terra Santa

    ◊   Militari in pellegrinaggio Terra Santa: è l’iniziativa dell'Ordinariato militare per l’Italia che, con l’assistenza tecnica dell’Opera Romana Pellegrinaggi (Orp), ha organizzato un viaggio nei Luoghi santi di Israele e Palestina. Due le possibilità offerte ai pellegrini militari: dal 27 dicembre 2011 al 3 gennaio 2012 oppure la formula breve dal 30 dicembre al 2 gennaio. Nazareth, Cana, il monte Tabor, il lago di Tiberiade, il monte delle Beatitudini, Qumram, Gerico, Betlemme, Gerusalemme, saranno le tappe principali attraverso le quali si snoderà il pellegrinaggio guidato dall’arcivescovo ordinario militare, mons. Vincenzo Pelvi. Le tappe del pellegrinaggio sono state pensate sia come approfondimento per chi possiede una conoscenza dei luoghi, sia come introduzione e prima conoscenza per chi non vi è mai stato. “Per la Chiesa Ordinariato – dichiara all'agenzia Sir mons. Pelvi - Gerusalemme città santa per gli ebrei, cristiani e musulmani resta un luogo dove il racconto dei misteri del Signore diventa esperienza di vita nuova. Vivere, poi, il pellegrinaggio nel periodo natalizio, per la Chiesa castrense significa invocare quello spirito evangelico che ci aiuta ad accettare l’altro così come è, là dove si trova, con le sue ricchezze i suoi limiti, senza sognarlo su misura di ciò che siamo noi o di ciò che desidereremmo che lui fosse”. “La tradizione cristiana del pellegrinaggio – spiega il vescovo castrense - è segno di una coscienza in ricerca, di un desiderio di cambiamento, ma anche del bisogno di consolazione e speranza. I pellegrini sono sollecitati a vivere quella spiritualità che rinnega i costumi e le mode mondane e si oppone ai valori evangelici”. (R.P.)

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    Burkina Faso: al Centro medico San Camillo di Ouagadougou aperto un reparto di iconografia

    ◊   Un complesso di iconografia medica è stato inaugurato la scorsa settimana al Centro medico San Camillo di Ouagadougou, in Burkina Faso. La struttura vuole contribuire al miglioramento della qualità della diagnostica e dell’efficacia dei trattamenti e si inserisce fra i servizi offerti dalle suore di San Camillo. Il Centro medico, riferisce il portale www.lepays.bf, è stato aperto nel 1967 e oggi conta un reparto maternità, radiologia, ecografia, oftalmologia, neurologia, cardiologia, gastroenterologia, odontoiatria, biologia molecolare, un dispensario e un laboratorio di analisi. Per il primo ministro Luc Adolphe Tiao si tratta di “un appoggio molto importante al governo burkinese nella sua politica volta allo sviluppo della sanità”. Il capo del governo ha anche ringraziato le religiose che gestiscono il Centro medico per il loro lavoro e mons. Justin Kientéga, presidente della Commissione Sanità della Conferenza episcopale, ha definito la missione delle suore di San Camillo espressione della fecondità dell’amore umano. Padre Salvatore Pignatelli, sacerdote, medico e direttore generale del Centro ha precisato che obiettivo primario del complesso sanitario è quello di riunire in un unico luogo più strutture sanitarie per facilitare l’accesso ai malati. Padre Pignatelli ha aggiunto che la filosofia del Centro è quella di fare del povero un re e del malato il re dei re e che inoltre la struttura sanitaria è aperta a tutti senza distinzione alcuna. (T.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Sale a 150 morti il bilancio degli attacchi terroristici nel Nord della Nigeria, rivendicati dal gruppo islamista Boko Haram

    ◊   È salito ad almeno 150 morti il bilancio della serie di attacchi terroristici nel Nord della Nigeria. I miliziani del gruppo islamista Boko Haram, che hanno rivendicato le azioni, hanno preso di mira diverse caserme, almeno sei chiese e anche una moschea nelle città di Damataru e Potiskum, dove si registrano la gran parte delle vittime. Le azioni di venerdì sono l’ultimo atto di una lunga scia di violenze che nell’agosto scorso ha colpito anche la sede delle Nazioni Unite della capitale Abuja. Ma quale obiettivo persegue questo gruppo terroristico? Marco Guerra lo ha chiesto a padre Giulio Albanese, direttore di "Popoli e Missione":

    R. - Vi è una vera e propria lotta di potere tra potentati locali che, purtroppo - è triste dirlo - utilizzano questi movimenti terroristici, queste “squadracce” per destabilizzare il Paese. Molte volte questo conflitto, perché di questo si tratta, passa per un conflitto religioso: la sensazione - secondo gli osservatori e anche gli stessi leader religiosi - è che molte volte la questione religiosa venga strumentalizzata per affermare interessi di parte. Non fosse altro perché è un Paese potenzialmente ricco, che "galleggia" sul petrolio… La verità è che purtroppo non esiste una coesione tra i vari gruppi etnici ed è ancora aperta la questione sociale. Va ricordato che l’uno per cento della popolazione nigeriana detiene un qualcosa come il 75 per cento della ricchezza nazionale. Vi è dunque grande insoddisfazione tra i ceti meno abbienti, che sono - per certi versi - quelli più riottosi e quindi facilmente manipolabili da parte di questi potentati. La sensazione è che, in ogni caso, dietro le quinte ci siano comunque questi poteri e che in una maniera o nell’altra intendono seminare zizzania. E questo concretamente cosa significa? Indebolire lo stato centrale; indebolire il governo federale di Abuja.

    D. - Quale contributo di pacificazione può offrire la Chiesa della Nigeria e, più in generale, la comunità cristiana?

    R. - La Chiesa cattolica sta da anni contribuendo fattivamente al processo di pacificazione. In più circostanze, i vescovi nigeriani hanno ribadito un concetto che è importante riaffermare: non si tratta di una guerra di religione e che, comunque, c’è gente che strumentalizza la questione religiosa per affermare i propri interessi. Questo è l’aspetto estremamente importante da sottolineare, perché chi si dice religioso non può mai fare ricorso alla violenza. D’altronde, questo è stato anche il messaggio lanciato con molta forza dal recente incontro di Assisi, convocato dal Santo Padre. (mg)

    Italia - politica
    Domani, in Italia, si apre una settimana decisiva per la maggiorana parlamentare che sostiene il governo Berlusconi. Il voto alla Camera di martedì sul rendiconto dello Stato per il 2011 è il primo appuntamento in cui si testerà la tenuta della coalizione. Alcuni membri della maggioranza hanno, infatti, manifestato la volontà di aprire a un governo di coalizione, soluzione auspicata anche dal "Terzo polo" e da una parte dell’opposizione di Centro-sinistra. Tuttavia, Berlusconi smentisce le voci di imminenti dimissioni sostenendo che il governo ha in numero per andare avanti e fare le riforme concordate con il Fondo Monetario Internazionale.

    Iraq - violenze
    Violenza senza fine in Iraq. Almeno 8 persone sono morte e 26 sono rimaste ferite nella triplice esplosione che ha colpito un affollato mercato di Baghdad. Fonti ospedaliere riferiscono che il bilancio è ancora provvisorio.

    Afghanistan - attentato
    Ennesima giornata di violenze in Afghanistan, dove un kamikaze si è fatto esplodere in mezzo ai fedeli che uscivano da una moschea a Baghlan, uccidendo sette persone e ferendone altre 15. Secondo gli inquirenti la dinamica dell'attacco porta la firma dei Talebani.

    Iran nucleare
    Non si allenta la tensione sul dossier del nucleare iraniano. Un eventuale intervento militare da parte d'Israele contro le centrali dell'Iran si avvicina, ed è "sempre più probabile", ha ribadito in un intervista alla stampa il presidente israeliano Shimon Peres. Contrario a questa ipotesi il ministro degli Esteri francese, Alain Juppè, secondo il quale un attacco militare contro le installazioni nucleari iraniane creerebbe una situazione “totalmente destabilizzante”. Intanto, il ministro degli Esteri iraniano, Ali Akbar Salehi, ha definito “contraffatto” il rapporto dell'Aiea sul programma nucleare iraniano, che dovrebbe essere reso pubblico la prossima settimana.

    Grecia - Papandreou
    Il premier greco, George Papandreou intende dimettersi, ma non prima che sarà annunciata una nuova coalizione di governo. Lo rivela il sito web della Cnn, secondo il quale quella di oggi sarà l'ultima riunione di governo con Papandreou premier. Un'altra fonte, vicina al Pasok, si dice sicura delle dimissioni di Papandreou.

    Guatemala - elezioni
    Guatemala oggi al voto per il ballottaggio delle elezioni presidenziali. A sfidarsi sono l’ex generale esperto della lotta anti-guerriglia, Otto Perez Molina (61 anni), il più votato al primo turno e dato per favorito nei sondaggi delle vigilia, e l'imprenditore e avvocato populista Manuel Baldizon, alla guida del Libertad Democratica Renovada. Secondo diversi analisti, la carta vincente dell'ex militare è la sua promessa del 'pugno duro', in un Paese dove gran parte dei 14 milioni di abitanti ritiene la violenza e l'insicurezza i problemi principali, e che subisce ormai da tempo la criminalità dei narcotrafficanti.

    Nicaragua - elezioni
    Nicaragua al voto, dove tre milioni di cittadini sono chiamati alle urne per il primo turno delle elezioni presidenziali e legislative. Analisti e sondaggi danno per vincente il presidente uscente, Daniel Ortega. Il leader del Fronte sandinista di liberazione nazionale, che ha grandi possibilità di essere rieletto al primo turno staccando di diversi punti Fabio Gadea, suo rivale più accreditato e leader del Partito liberale indipendente (Pli) che raggruppa movimenti di destra. Ortega - uno dei nove comandanti del Fsln che nel '79 misero fine alla dittatura della famiglia Somoza - è già stato presidente dal 1985 al 1990, ed e' stato poi rieletto nel 2007.

    Thailandia inondazioni
    Oltre 500 persone hanno perso la vita in Thailandia a causa delle inondazioni, definite le peggiori degli ultimi 50 anni. Il bilancio è stato aggiornato dalle autorità che hanno registrato almeno 56 morti nelle ultime 24 ore. Intanto, sono oltre due milioni i thailandesi che hanno subito danni a causa delle alluvioni, mentre gli sfollati costretti a riparare in centri di accoglienza sono come minimo duecentomila. Nessuno risulta ancora aver perso la vita a Bangkok, il cui centro è però sempre più minacciato dalle acque apparentemente inarrestabili. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 310

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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