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Sommario del 29/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Povertà e false ideologie contro la famiglia. Benedetto XVI: non possiamo restare indifferenti
  • Beatificazione di Papa Wojtyla: attesi almeno 300 mila pellegrini
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Conferenza sulla Libia. Gli Usa: raid finché non è accettata risoluzione Onu. Mennini: road map per la pace
  • Siria: il governo si è dimesso. I sostenitori di Assad in piazza
  • Lampedusa al collasso: protesta incrociata di immigrati e isolani. Ci si prepara all'evacuazione
  • Il cardinale Bagnasco: si fermino le armi in Libia; emergenza profughi: necessario l'intervento dell'Europa
  • Si consuma nel silenzio dei media il dramma della Costa d’Avorio
  • L’arcivescovo Chrysostomos II: cattolici e ortodossi sempre più vicini
  • L’apostolato dei laici nei documenti del Vaticano II: la riflessione di padre Kowalczyk
  • Campana dei Caduti di Rovereto: concorso internazionale di musica contro la guerra
  • Chiesa e Società

  • Pakistan: terza chiesa cattolica attaccata in una settimana
  • India: in Kerala bruciata una chiesa, distrutte stazioni della Via Crucis
  • Libia: mons. Martinelli ringrazia per la solidarietà fraterna di diverse Conferenze episcopali
  • Costa d'Avorio: drammatica la situazione umanitaria dei profughi
  • Giappone: la Chiesa s'interroga sulla questione nucleare
  • Myanmar: la Chiesa cattolica in aiuto alle vittime del terremoto
  • Libano. Il neo-patriarca Béchara Raï: il Paese non sia monopolizzato da nessuno
  • Congo: per Msf l'epidemia di morbillo è un'emergenza nazionale
  • Sudan: il “Catholic Relief Services” riprende le sue operazioni umanitarie in Darfur
  • Nigeria: i vescovi esortano alla non-violenza in vista delle prossime elezioni
  • Messico: almeno 230 mila sfollati per violenza e narcotraffico
  • Messico. Marcia di 15 mila cattolici per promuovere la vita e la pace
  • Uruguay: la difesa della vita al centro della Plenaria dei vescovi
  • Perù. Lo Stato difenda la vita: l’esortazione dell’arcivescovo di Lima
  • Usa: i vescovi sempre più impegnati in difesa dell'infanzia
  • Quaresima: i vescovi statunitensi invitano alla confessione e alla penitenza
  • Il Patriarcato di Mosca avrà un Consiglio supremo
  • Nepal: continua la protesta dei cristiani che chiedono la sepoltura dei propri morti
  • Regno Unito: nuova iniziativa di promozione vocazionale promossa dalla Chiesa
  • Premio Vieira De Mello all’Ong irachena Al Mesalla
  • La Caritas dell'Aquila risponde alla generosità dei giapponesi
  • 24 Ore nel Mondo

  • Giappone: nuovi timori per la fuoriuscita di plutonio dalla centrale di Fukushima
  • Il Papa e la Santa Sede



    Povertà e false ideologie contro la famiglia. Benedetto XVI: non possiamo restare indifferenti

    ◊   "Non possiamo rimanere indifferenti" di fronte agli attacchi che subisce oggi la famiglia, cellula fondamentale della società: è quanto afferma Benedetto XVI nel messaggio in occasione dell’incontro in corso a Bogotà, in Colombia, dei vescovi responsabili delle Commissioni episcopali della Famiglia e della Vita in America Latina e nei Caraibi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La famiglia è il “valore più desiderato” dai popoli dell’America Latina. Ma molte famiglie – sottolinea il Santo Padre - soffrono a causa di molteplici "situazioni avverse provocate da rapidi mutamenti culturali, dall’instabilità sociale, dai flussi migratori, dalla povertà, da programmi di educazione che banalizzano la sessualità e da false ideologie". Di fronte ad un simile scenario, "non possiamo rimanere indifferenti". "Nel Vangelo – aggiunge il Papa nel messaggio letto dal cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia - troviamo la luce per rispondere a queste sfide senza scoraggiarci". Sarà importante, quindi, qualsiasi impegno volto a sostenere la "famiglia, fondata sull’unione indissolubile tra un uomo e una donna", in modo che "svolga la sua missione di cellula viva della società, sorgente di virtù, scuola di convivenza costruttiva e pacifica, strumento di concordia e ambito privilegiato in cui, con gioia e responsabilità, sia accolta e protetta la vita umana dal suo inizio fino alla sua fine naturale”. Si deve anche continuare ad incoraggiare i genitori “nel loro diritto e responsabilità fondamentale di educare le nuove generazioni alla fede e ai valori che nobilitano l’esistenza umana”. Il Papa si dice quindi certo che che la Missione Continentale promossa ad Aparecida possa rilanciare, nei Paesi dell'America Latina e dei Caraibi, la pastorale familiare. Le famiglie cristiane – conclude il Pontefice – sono chiamate ad essere “un vero soggetto di evangelizzazione e di apostolato” e a "prendere coscienza della loro preziosa missione nel mondo".

    Intervenendo all’incontro, il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha ricordato che non si può prescindere dalla formazione, in ogni parrocchia, di un nucleo di famiglie esemplari e consapevoli della loro missione nella Chiesa e nella società civile. Senza queste famiglie - ha sottolineato - non è possibile sviluppare attività incisive nell’educazione all’amore e alla valorizzazione della sessualità, nella preparazione dei fidanzati al matrimonio, nella vicinanza alle convivenze irregolari. E’ necessario – ha concluso il porporato – “che noi come famiglia di Dio siamo uniti, anche in questi giorni, nell’amore reciproco e invochiamo insistentemente nella preghiera il dono dello Spirito Santo per tutte le famiglie dell’America Latina”.

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    Beatificazione di Papa Wojtyla: attesi almeno 300 mila pellegrini

    ◊   Si è svolta oggi a Roma una conferenza tecnica e organizzativa per la stampa sulla Beatificazione di Giovanni Paolo II. L’appuntamento è stato promosso dall’Opera Romana Pellegrinaggi. Sono intervenuti mons. Liberio Andreatta, vicepresidente dell’Opera, e l’amministratore delegato, padre Caesar Atuire. C’era per noi Luca Collodi:

    Ad oggi la città di Roma attende almeno 300 mila pellegrini, ma è pronta ad accoglierne un numero maggiore. Per questo fervono i lavori: per potenziare le strutture ricettive nelle zone adiacenti a Piazza San Pietro, mentre fuori dal centro di Roma, in particolare a Civitavecchia e a Fiumicino, verranno predisposte aree dedicate ai giovani per il pernottamento, messa a disposizione dalla Regione Lazio. Oltre 2.500 volontari nelle aree di grande afflusso dei partecipanti alla Beatificazione di Giovanni Paolo II saranno dedicati a fornire indicazioni a quanti saranno in quei giorni a Roma. Una Carta etica è stata sottoscritta con Federalbergatori per cercare di contrastare e denunciare possibili speculazioni negli alberghi della città. In collaborazione con il Comune di Roma, è dedicato all’evento un numero telefonico – 060606 – come numero multilingue, anche in inglese, francese, tedesco e polacco, di pubblica utilità per i pellegrini. Per facilitare gli spostamenti anche nei giorni della Beatificazione, l’Opera Romana Pellegrinaggi – che è l’organizzatore ufficiale dell’evento – ha ideato il “JP2-pass” al costo di 18 euro. I servizi garantiti dal “JP2-pass” saranno il trasporto pubblico urbano all’interno di Roma con autobus, tram, metropolitane che funzioneranno fino alle 2 di notte, e la ferrovia Roma-Ostia. Il tutto per tre giorni, a partire dalla data della prima convalida. All’interno del “pass” sarà previsto anche un pranzo al sacco per la giornata del 1° maggio e un kit informativo per gli eventi legati alla Beatificazione. L’Opera Romana Pellegrinaggi ricorda che il “JP2-pass” non è il biglietto per assistere alla cerimonia della Beatificazione. La Messa, celebrata il 1° maggio da Benedetto XVI, durante la quale il Papa proclamerà Beato Giovanni Paolo II, è infatti aperta gratuitamente a tutti coloro che vorranno parteciparvi e che potranno accedere a Piazza San Pietro dalle cinque del mattino. Nella serata di sabato, dopo la Veglia al Circo Massimo, prevista per le 20, le chiese del centro di Roma rimarranno aperte per quella che si annuncia una “notte bianca” delle chiese romane. Mons. Andreatta ha specificato che l’organizzazione non ha chiesto contributi statali ma si è rivolta a privati per far fronte alle spese di questo grande evento. (gf)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un fiore nella desolazione: in prima pagina, Ferdinando Cancelli sul Giappone di fronte alle prove antiche e nuove.

    Un vivaio di virtù per rispondere a false ideologie: nell’informazione vaticana, il messaggio di Benedetto XVI alle commissioni episcopali di famiglia e vita dell’America Latina e dei Caraibi riunite a Bogotà.

    La semplicità della vita consacrata: l’intervento del cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, alla presentazione del libro “Consolare Gesù: ecco la mia missione in terra. Pensieri scelti della beata Maria Pierina De Micheli”, a cura di Nicola Gori.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la Libia: a Londra i rappresentanti di oltre quaranta Paesi per trovare una soluzione diplomatica al conflitto.

    Capolavori fragili: in cultura, Antonio Polucci sul pluriennale progetto di restauri “Restituzioni 2011” in mostra a Firenze.

    Amici ritrovati: Angelo Paoluzi sulla Resistenza in Italia e in Germania.

    Con lo sguardo umano del testimone: Gaetano Vallini sul “Dies irae” di Paolo Pellegrin alla Fondazione Forma per la Fotografia di Milano.

    La relazione di Marcello Filotei (critico musicale de “L’Osservatore Romano”) al Concorso internazionale di composizione “Strumenti di Pace” di cui è direttore artistico.

    Il luogo delle fiamme è nel cuore dell’uomo: Paolo Fontana sulla conversione di santa Caterina Fieschi Adorno.

    Un articolo di Maria Maggi dal titolo “A caccia di radioisotopi”: i cento anni del contatore Geiger.

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    Oggi in Primo Piano



    Conferenza sulla Libia. Gli Usa: raid finché non è accettata risoluzione Onu. Mennini: road map per la pace

    ◊   Libia: la crisi nel Paese africano è oggi al centro della Conferenza internazionale di Londra, che ha l’obiettivo primario di mettere a punto una strategia comune. Il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha affermato nell'occasione che l'azione militare in Libia continuerà fintanto che Gheddafi non si piegherà alla risoluzione dell'Onu. La comunità internazionale – ha detto - deve aumentare la pressione e allargare l'isolamento del leader libico che alla fine dovrà capirà che se ne deve andare. Sul terreno prosegue la battaglia tra forze pro-Gheddafi e insorti. Ce ne parla Eugenio Bonanata:

    Nonostante le aspettative l’Unione Africana non parteciperà al vertice. L’annuncio è arrivato poco fa dal governo britannico, che dice di non conoscere i motivi della defezione. Si tratta di una decisione che vanifica le parziali aperture di Gheddafi il quale stamattina si era detto disponibile ad accettare soltanto quelle decisioni del summit avallate dall’organismo panafricano. Nella capitale britannica, alla presenza dei rappresentanti di una trentina di Paesi, si discuterà soprattutto della destinazione politica della missione militare e della transizione in Libia. Sembra esserci accordo sulla soluzione pacifica del conflitto attraverso l’uscita di scena del colonnello. Per lui – seguendo le anticipazioni di queste ore – si potrebbero aprire le porte dell’esilio volontario. Qualcuno parla anche di un processo davanti alla Corte Penale Internazionale, tuttavia, il summit, nel breve periodo, dovrà dare risposta all’emergenza umanitaria nel Paese dove cresce il numero di sfollati. Sul terreno, intanto, gli insorti puntano su Sirte, la città natale di Gheddafi. I lealisti, però, li hanno respinti un centinaio di chilometri indietro, fino a Ben Jawad, dove si segnalano razzie casa per casa alla ricerca di filogovernativi. Dopo aver annientato l’aviazione libica, gli aerei della coalizione sono passati alla marina e la notte scorsa hanno colpito tre navi ormeggiate nel porto di Misurata. In città si attende l’arrivo di un’imbarcazione turca di aiuti, dopo nove giorni di battaglia che - secondo fonti mediche - hanno provocato 142 morti e centinaia di feriti. Dal canto loro gli uomini del rais pensano al cessate il fuoco, mentre il leader di Tripoli ha paragonato l’offensiva Nato nel suo Paese a quella di Hitler in Europa. Ora il comando operativo della missione passa alla Nato. Il presidente statunitense Obama ha confermato il disimpegno americano e ieri sera ha incontrato in video-conferenza il presidente francese Sarkozy, il premier britannico Cameron e il cancelliere tedesco Angela Merkel per mettere a punto una linea comune. Ha fatto discutere l’assenza dell’Italia che in questi giorni aveva annunciato una sua proposta assieme alla Germania. “Nessuna esclusione”, afferma la Farnesina ricordando che quella di ieri è stata soltanto una riunione di consultazione e che Roma mantiene un ruolo fondamentale nella soluzione della crisi.

    Alla Conferenza internazionale di Londra prende parte anche la Santa Sede, rappresentata dal nunzio apostolico in Gran Bretagna, mons. Antonio Mennini, che in questa intervista di Alessandro Gisotti invoca la realizzazione di una “road map” per la Libia:

    R. - L’aspettativa principale credo sia quella che sia i Paesi della “coalizione” sia gli altri Paesi, che sono stati invitati insieme a noi, possano davvero facilitare il raggiungimento di quell’obiettivo indicato dal Santo Padre domenica scorsa. Un obiettivo ribadito anche da altre istanze, come la Conferenza Episcopale Italiana: che si giunga, il più velocemente possibile, alla fine degli scontri armati per poter cominciare a pensare ad una “road map” che ristabilisca non solo la pace in Libia ma che significhi anche la ripresa di una vita normale e civile per tutta la popolazione libica, senza eccezioni né di appartenenze ideologiche, politiche né tantomeno religiose ed etniche.

    D. - Il Papa ha ricordato proprio questo: la priorità è la persona umana, la difesa dei civili innocenti…

    R. - Sì. Date le dichiarazioni dei dirigenti delle organizzazioni che fanno capo a questi Paesi, credo che ci sia quest’intento, cioè la difesa delle persone vittime di soprusi, ingiustizie, attacchi e violenze. Credo inoltre che sarà molto importante stabilire anche un programma finalizzato non soltanto a definire gli aiuti più immediati, materiali, ma proprio ad un processo concreto, costituito da tappe, anche da eventi politici, per ristabilire davvero uno stato delle cose che sia basato sulla giustizia e sulla pace. In tal senso, credo che sappiamo bene che non c’è pace senza perdono ed in questa dimensione immagino che la Chiesa cattolica in Libia potrà giocare un ruolo molto importante ed imprescindibile.

    D. - La voce super partes della Chiesa e della Santa Sede, con la sua significativa presenza alla Conferenza, è anche un elemento in più, che può aiutare…

    R. - Penso proprio di sì. Credo che le parole del Santo Padre e l’azione della Santa Sede stiano anche a significare l’aiuto a riscoprire tutte quelle che sono le aspirazioni più profonde e genuine dell’intera famiglia umana. Famiglia che, in un modo o nell’altro, vive nell’ansia di una ricomposizione dell’unità di cui, noi credenti - e soprattutto noi cattolici - crediamo essere la Chiesa, - come dice il Concilio Vaticano II - il simbolo, il Sacramento di questa ricomposizione di tutte le famiglie dell’intera umanità. (vv)

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    Siria: il governo si è dimesso. I sostenitori di Assad in piazza

    ◊   In Siria, il premier Al-Utri ha presentato oggi le sue dimissioni che sono state accettate dal presidente Bashir Al-Assad Nel tentativo di far rientrare la crisi il presidente ha promesso piccole riforme di tipo sociale e politico, come l’eliminazione dello stato di emergenza nel Paese e l’introduzione di un moderato multipartitismo. Ma la protesta continua: ieri le milizie governative hanno sparato sui manifestanti nella città di Deraa. Oggi, invece nelle principali città siriane, i sostenitori del presidente hanno inscenato manifestazioni di massa per dimostrare la propria fedeltà al regime. Restano, tuttavia, le incognite sulle ripercussioni che l’instabilità siriana potrebbe avere a livello regionale. Sentiamo Maria Grazia Enardu, esperta di questioni mediorientali, intervistata da Stefano Leszczynski:

    R. – La Siria è, nel suo piccolo, una potenza regionale, o una base di stabilità regionale; naturalmente, parlo della Siria degli Assad, che è governata non solo da una famiglia, ma soprattutto da una minoranza alawita di tipo sciita. Se salta l’equilibrio della Siria così com’è - non importa se buono o cattivo - salta tutto l’assetto regionale, perché le priorità primarie della Siria sono il Golan - quindi, i già complicatissimi rapporti con Israele - e il Libano, che la Siria, in un modo o nell’altro, ha sempre cercato di controllare. Oltre questo, poi, ci sono i complessi rapporti tra Siria e Iran, da cui Damasco sicuramente riceve soldi e aiuto, e poi tutto l’assetto della regione: infatti, con una Siria diversa, sia pure “più democratica”, le monarchie come la Giordania e la stessa Arabia Saudita subirebbero maggiori tensioni interne.

    D. – Secondo lei, possono bastare queste piccole riforme che vengono promesse per placare il desiderio di libertà del popolo siriano?

    R. – Temo di no, sia perché il popolo siriano è uno dei popoli più colti, più istruiti, anche più laici - sono sunniti in grande maggioranza - del Medio Oriente; sia perché tutto questo viene da una dinastia alawita che, con una minoranza del 10 per cento, controlla il Paese da oltre 40 anni. Quindi, i sunniti e le altre minoranze della Siria non si accontenteranno di movimenti di facciata.

    D. – Il cambio di governo potrebbe portare nuovamente la stabilità e quindi dare una nuova aura di rispettabilità alla Siria a livello internazionale, soprattutto nei suoi rapporti con l’Occidente?

    R. - Non lo so, perché in questo momento qualunque mutamento sarà misurato nei suoi effetti, e i suoi effetti non possono essere di lungo periodo perché Assad così com’è, al potere non può durare. Quindi, da questo momento in poi la Siria sarà osservata speciale da parte di tutti, il che aumenterà le pressioni interne.

    D. – Una Siria con una linea politica diversa da quella degli Assad che effetti potrebbe avere sul Libano? In particolare, che cosa potrebbe succedere in Libano se la Siria smettesse di sostenere, ad esempio, Hezbollah?

    R. – La Siria ha da sempre, storicamente, un fortissimo interesse sul Libano; quindi un cambiamento di governo non dovrebbe alterare questa causa di fondo. (bf)

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    Lampedusa al collasso: protesta incrociata di immigrati e isolani. Ci si prepara all'evacuazione

    ◊   Cresce la tensione a Lampedusa, dove continuano ad arrivare barconi carichi di migranti. Il numero delle persone giunte dal NordAfrica supera ormai le 6 mila unità. L’isola, dunque, è sull’orlo del collasso. La popolazione è in stato d’agitazione contro la mancanza di decisioni da parte del governo e stamani è stato occupato il municipio dell’isola. Protestano anche gli immigrati. Ci riferisce Giancarlo La Vella:

    L’occupazione stamani del Consiglio Comunale rappresenta l’ultimo grido d’allarme lanciato nei confronti delle autorità nazionali e locali dai lampedusani. Una protesta veemente la loro, non contro gli immigrati, gente disperata alla ricerca di una vita migliore e nei confronti della quale hanno dato vita a continui atti di ospitalità e solidarietà, ma contro la mancanza di decisioni efficaci da parte del governo. “Non è razzismo, ma sopravvivenza”, “State distruggendo il nostro futuro”: questi gli slogan dei dimostranti. E proprio domani è stato convocato il Consiglio dei ministri, per discutere sugli accordi con la Tunisia e sull’emergenza immigrati a Lampedusa. I locali inoltre – secondo quanto detto in conferenza stampa dal presidente della Regione Sicilia, Lombardo – temono la rivolta da parte di chi sta vivendo in condizioni umane disastrose. Intanto i barconi, quasi sempre fatiscenti gusci di legno, in cui sono ammassati uomini, donne e bambini, continuano ad arrivare sull’isola e non solo dalla Tunisia. Alcuni, nelle ultime ore, anche dalla Libia, con a bordo centinaia di eritrei e somali. Intanto, alla nave militare San Marco, che prosegue la spola per trasferire gli immigrati, da domani saranno affiancati altri sei piroscafi, per una capacità complessiva di 10 mila persone, con il compito di raggiungere tendopoli e centri d’accoglienza dislocati in altre regioni italiane. Difficoltà anche a Ventimiglia, al confine con la Francia, dove si stanno accalcando centinaia di immigrati, già trasferiti da Lampedusa al continente, che cercano di varcare la frontiera con il Paese transalpino. Parigi, in ottemperanza alla legge sui respingimenti, non consente loro, tuttavia, di entrare in territorio francese.

    Intanto l’assessore alla Salute della Regione Siciliana Massimo Russo lancia l’allarme: “se domani l'isola non si svuota perché non arrivano le navi a Lampedusa avremo una bomba pronta ad esplodere''. Molto attiva in questi giorni nell’aiuto agli immigrati è stata la Caritas di Agrigento. Alessandro Guarasci ha sentito il direttore Valerio Landri:

    R. – Il nostro compito è proprio quello di essere presenti per essere vicini, per essere testimoni di speranza anche per quanti hanno comprato a caro prezzo un biglietto di speranza che, probabilmente, a breve si trasformerà in una grande delusione.

    D. – Viene detto che Lampedusa già nei prossimi giorni potrebbe in qualche modo essere svuotata dagli immigrati. Pensate però che si sia intervenuto un po’ tardi?

    R. – Lampedusa è in grado ed è disposta ad accogliere i migranti nella misura in cui effettivamente possano essere gestiti in maniera dignitosa. Fino a 1500 migranti non abbiamo avuto alcun genere di problemi e la comunità lampedusana è stata assolutamente accogliente e ben disposta. Il problema è stato proprio questo ritardo nei trasferimenti che ha portato ad un numero impressionante: stiamo parlando di circa seimila migranti presenti sull’isola contemporaneamente.

    D. – Come siete intervenuti come Caritas?

    R. – Attraverso un sostegno nella distribuzione degli abiti, delle coperte e soprattutto una prossimità nei confronti di quelli che vivono al di fuori del centro e quindi in uno stato di abbandono da questo punto di vista, vivendo all’addiaccio, senza una coperta e senza riuscire molto spesso ad avere il cibo per il giorno.

    D. – State, a questo punto, pensando anche di cambiare strategia, perché come sappiamo in Sicilia verranno allestite altre tendopoli...

    R. – Adesso attendiamo queste navi, se davvero arriveranno domani. Proveremo a capire anche i flussi migratori che vengono dall’Africa, come si evolveranno a seguito degli accordi dell’Italia con i Paesi del Nord Africa. Certamente se si dovesse prevedere una presenza straordinaria di migranti sul territorio dell’isola siciliana, proveremo anche ad immaginare nell’ambito del territorio agrigentino un’attività di intervento e di sostegno alle forze governative, comunque all’organizzazione ministeriale in questo campo. (ap)

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    Il cardinale Bagnasco: si fermino le armi in Libia; emergenza profughi: necessario l'intervento dell'Europa

    ◊   Un auspicio perché si fermino le armi in Libia e si segua la via della diplomazia: l’ha espresso il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana nella prolusione al Consiglio episcopale permanente della Cei, che si è aperto ieri a Roma. Il porporato si è soffermato anche sull'emergenza profughi, la legge sulle dichiarazioni anticipate di fine vita, definita “necessaria e urgente”, e la difesa della famiglia. Il servizio è di Debora Donnini:

    Le insurrezioni popolari nel Nordafrica, ma anche le turbolenze in Yemen, Giordania e Siria. Il porporato nota che qualche crepitio si sarebbe potuto percepire se si fosse tenuto lo sguardo rivolto alla vitalità dei popoli più che all’immobilità dei regimi. L’analisi del cardinale Bagnasco si sofferma in particolare sulla situazione in Libia:

    “L’invocato e improvviso intervento internazionale − ideato sotto l’egida dell’Onu e condotto con il coinvolgimento della Nato − ha fatto sorgere interrogativi e tensioni. Ci uniamo alle accorate parole che il Santo Padre in più occasioni ha espresso di solidarietà a quelle popolazioni e di auspicio per un immediato superamento della fase cruenta: ad intervento ampiamente avviato, auspichiamo che si fermino le armi, e che venga preservata soprattutto l’incolumità e la sicurezza dei cittadini garantendo l’accesso agli indispensabili soccorsi umanitari, in un quadro di giustizia".

    La via auspicata è invece quella diplomatica, premessa per una “via africana” verso il futuro dei giovani, ma anche “per evitare possibili spinte estremiste che avrebbero esiti imprevedibili e gravi”. Quindi uno sguardo anche all’immigrazione. Non ci è consentito disinteressarci di quel che avviene fuori di noi, “continuare a ritenere interi popoli poveri come fastidiosi importuni, non porterà lontano” è il monito del porporato.“Nei nuovi scenari, è un’illusione riuscire a piantonare le coste di un continente intero. È l’ora dunque di attuare quelle politiche di vera cooperazione che sole possono convincere i nostri fratelli a restare nella loro terra, rendendola produttiva”.

    L’Italia ha certamente esigenze di sicurezza e vincoli di compatibilità economica che vanno rispettati. Per predisporre soluzioni minimamente adeguate per gli sfollati, oltre all’apporto generoso delle singole regioni dell’Italia, è necessaria l’Europa, chiamata a passare da una partnership della convenienza a quella della convivenza. Un particolare riferimento all’emergenza che sta vivendo Lampedusa dove ormai il numero di immigrati supera quello della popolazione locale:

    “Nell’esprimere cordiale ammirazione per la generosità e il senso dell’accoglienza che da sempre contraddistingue la popolazione lampedusana, chiediamo ai Responsabili un ulteriore sforzo perché, avvalendosi di tutti gli strumenti anche comunitari, si dia sollievo all’isola e ai suoi abitanti. Non devono infatti sentirsi soli.”

    La prolusione del presidente della Cei si sofferma sul tempo forte della Quaresima che la Chiesa sta vivendo, come tempo di conversione. Sottolineato anche il nesso fra Battesimo e Quaresima messo in evidenza da Benedetto XVI. “Con Dio si gioca sempre nel campo della libertà, e nulla può essere dato per scontato. «Il Battesimo, afferma richiamandosi a Benedetto XVI, non produce automaticamente una vita coerente: questa è frutto della volontà e dell’impegno perseverante di collaborare con il dono, con la Grazia ricevuta»”. Il cardinale esprime anche gratitudine per la seconda parte del suo libro su Gesù di Nazaret di Benedetto XVI.

    Non dimentica poi il Giappone che ha dato una lezione di grande compostezza nel dolore vissuto in seguito al devastante terremoto e tsunami, così come è forte il pensiero per i cristiani perseguitati. Lo sguardo del porporato è rivolto all’Egitto, all’Iraq ma soprattutto al Pakistan, in particolare dopo l’uccisione del ministro per le minoranze religiose, Bhatti “un cristiano, afferma il cardinale, ora martire che si era a lungo impegnato per abrogare le leggi discriminatorie, di cui la più drammaticamente nota è quella sulla blasfemia, a causa della quale è a rischio anche la vita di Asia Bibi”. L’auspicio è che ci si batta in ogni sede internazionale per rendere inaccettabili politiche che umiliano i cittadini schiacciando ciò che nell’uomo è più sacro. Rilievo marcatissimo alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sul crocifisso nelle scuole, che ha riconosciuto il diritto di ogni Paese di assegnare giusto rilievo alla propria tradizione religiosa, che è un fattore vivo. Il cardinale ricorda anche la morte di persone disagiate e dei 4 bambini rom.

    La Conferenza episcopale italiana ha espresso partecipazione al 150.mo dell’Unità d’Italia e ha voluto dare pubblica attestazione del sentimento forte che lega la Chiesa alla collettività italiana. Il presidente della Cei ricorda l’Eucaristia del 17 marzo che non è stato un gesto di “concordismo vago e sfuocato”. In quel momento si sono raccolte le intenzioni dei credenti, portando all’Altare “il pentimento per i nostri peccati, i nostri ritardi le nostre omissioni; e insieme la nostra offerta di grazie per la vocazione singolare che il Signore Iddio, nella sua provvidenza, ha inteso assegnare a questa terra benedetta”. Ringraziamento al Signore anche per le storie di dedizione laicale e sacerdotale, per gli istituti religiosi, le associazioni, i movimenti “che hanno dal basso ordito il tessuto che ci mantiene uniti”. Ma anche per civili e militari che lungo i secoli hanno dato la propria vita per la libertà del popolo italiano. Richiamato anche il messaggio del Papa per l’occasione, “contributo significativo alla rilettura del processo unitario, inteso non come artificiosa costruzione politica di identità diverse, ma come naturale sbocco politico di un’identità nazionale forte e radicata”, alla quale “il cristianesimo ha contribuito in maniera fondamentale”. Il cardinale Bagnasco esprime anche preoccupazione per l’individualismo odierno e si sofferma sul tema della rarefazione demografica. “L’Italia, afferma, non può non battersi per fronteggiare le derive dell’individualismo più esasperato e radicale, come non può affidarsi solamente alle relazioni di solidarietà e fecondità riscontrabili, per fortuna, fra gli immigrati”. Più in generale l’Italia deve radunare le sue migliori energie partendo però dai dati di realtà come disoccupazione giovanile, evasione fiscale, fabbisogno energetico. Ci vuole una dialettica seria a partire dalla promozione della vita. E’ dunque “necessaria e urgente” una legge sulle dichiarazioni anticipate sul fine-vita. Si tratta di “regolare intrusioni già sperimentate per le quali è stato possibile interrompere il sostegno vitale del cibo e dell’acqua”. Per rispettare la vita bisogna difendere le persone indifese la cui presa in carico potrebbe un domani risultare scomoda sotto il profilo delle richieste economiche. L’umanità di una società si misura nel farsi vicino all’ammalato, specialmente nei confronti di una vita troppo debole per potersi difendere. I vescovi italiani insistono poi nel chiedere provvedimenti a sostegno delle famiglie. “Nessuno, afferma il cardinale Bagnasco, nell'ambito pubblico provveda a decisioni che mettano in ombra l'istituto familiare, architrave portante di ogni realistico futuro".

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    Si consuma nel silenzio dei media il dramma della Costa d’Avorio

    ◊   Prosegue lo stallo politico in Costa d’Avorio, che continua a provocare violenze tra le opposte fazioni. Oggi, sostenitori del presidente Ouattara, riconosciuto a livello internazionale come il vero vincitore delle ultime elezioni nel Paese, hanno invaso alcuni centri controllati dalle truppe fedeli al rivale Gbagbo, che non vuole lasciare il potere. Non sono noti altri dettagli, tuttavia, si teme che l’episodio renda ancora più grave il bilancio delle vittime dall’inizio della crisi a novembre. Le forze dell'Onu, intanto, hanno accusato le milizie di Gbagbo di aver ucciso una decina di civili innocenti ad Abjdian. Federico Piana ne ha parlato con Véronique Viriglio, giornalista dell’agenzia Misna:

    R. – Parliamo di oltre 460 morti negli ultimi mesi, anche se questo è un numero difficile da valutare perché ci sono più fronti da esaminare: dove la gente si sposta, ci sono state anche notizie poi smentite di fosse comuni; dunque, dal punto di vista dei numeri è difficile, come è difficile anche capire quanti siano i rifugiati e quanti gli sfollati: è più facile valutare gli sfollati, perché sono quelli che escono dal Paese e quindi vengono censiti nei Paesi vicini.

    D. – Se ne sta occupando la comunità internazionale, oppure non si sta facendo nulla?

    R. – Da subito la comunità internazionale si è schierata a favore di Ouattara, tant’è vero che il signor Ouattara con il suo governo è sotto stretta protezione dei Caschi blu nel suo quartier generale. Invece, per quanto riguarda l’intervento a favore delle popolazioni, questo è piuttosto limitato e discreto, anche perché i Caschi blu sono resi bersaglio in quanto forza di occupazione. Se passiamo poi a livelli più alti, a livello del Consiglio di Sicurezza, l’Onu si è detta più volte preoccupata per il degenerare di questa situazione, ha condannato le violenze, le violazioni dei diritti umani ma per ora una risoluzione che contenga provvedimenti concreti non si è vista.

    D. – Per quale motivo questa crisi non passa sui media italiani, ma credo nemmeno su quelli europei? Perché non riesce a ‘sfondare’? Perché non ci interessa quello che sta soffrendo la Costa d’Avorio, che vive una situazione drammatica?

    R. – Gli ivoriani hanno detto: ‘forse abbiamo scelto il momento sbagliato, visto che siamo stati oscurati immediatamente da quello che è accaduto, ad incominciare dalla Tunisia, poi l’Egitto e ora la Libia’. Questa primavera araba, questo vento di cambiamento evidentemente ha avuto il sopravvento nella cronaca e nell’interesse dei media e nell’interesse dei politici, su quello che sta accadendo in Costa d’Avorio: una crisi che, tutto sommato, è altrettanto grave eppure è diventata una crisi silenziosa, relegata in secondo piano. Infatti, molti africani hanno detto: ‘qui si applicano due pesi e due misure’; c’è l’interesse per la Libia, perché lì c’è il petrolio, per le risorse minerarie; forse un interesse della Francia a riposizionarsi sullo scacchiere mediorientale. E poi, c’è la Costa d’Avorio, dove c’è una popolazione più indifesa, dove ci sono meno interessi concreti; sì, certo, il cacao è importante però in questo momento la Costa d’Avorio non fa notizia, o comunque molto di meno. Forse sui media francesi, per ovvi motivi, se ne parla un po’ di più. (gf)

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    L’arcivescovo Chrysostomos II: cattolici e ortodossi sempre più vicini

    ◊   Dopo l’incontro di ieri con il Papa, prosegue in Vaticano la visita dell’arcivescovo Chrysostomos II, primate della Chiesa ortodossa a Cipro. In programma, colloqui con i cardinali Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. La visita si concluderà domani. Philippa Hitchen ha chiesto all’arcivescovo Chrysostomos II di parlare del ruolo di Cipro nel Medio Oriente e del dialogo tra cattolici e ortodossi:

    R. – (parole in greco)
    Cipro ha ottimi rapporti con tutti i Paesi del Medio Oriente, come anche con l’Europa: Cipro, infatti, è membro a pieno titolo dell’Unione Europea. A motivo della sua posizione e dell’importante ruolo geopolitico, Cipro può offrire un significativo contributo nella risoluzione dei problemi del Medio Oriente e per la tutela del mondo cristiano in quella regione.

    D. - Come valuta lo stato attuale del dialogo tra cattolici e ortodossi?

    R. - Credo che il dialogo ci stia facendo avvicinare sempre più; noi abbiamo il dovere di continuare, insieme, sulla via del dialogo, che è la via del futuro. Non dobbiamo stancarci di un confronto positivo e dobbiamo lavorare insieme per risolvere i problemi che ancora sussistono. Abbiamo deciso di lavorare insieme instancabilmente, per giungere all’unità. (gf)

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    L’apostolato dei laici nei documenti del Vaticano II: la riflessione di padre Kowalczyk

    ◊   Il rinnovato impegno dei laici nella vita della Chiesa è uno dei contributi più rilevanti del Concilio Vaticano II, in particolare del Decreto Apostolicam actuositatem, pubblicato nel novembre del 1965. Ascoltiamo in proposito il commento del padre gesuita Dariusz Kowalczyk, nella 21.ma puntata della nostra rubrica dedicata ai documenti del Vaticano II:

    Nel Catechismo leggiamo: “L’iniziativa dei cristiani laici è particolarmente necessaria quando si tratta di scoprire […] mezzi per permeare delle esigenze della dottrina […] cristiana le realtà sociali, politiche ed economiche” (n. 899). In questa prospettiva è chiara l’affermazione di Pio XII che “i fedeli laici si trovano sulla linea più avanzata della vita della Chiesa”.

    Si dice che il Concilio era molto ottimista nei confronti del mondo. Però nel Decreto sui laici leggiamo circa i gravissimi errori che si diffondono e “cercano di abbattere dalle fondamenta la religione, l'ordine morale e la stessa società umana” (n. 6). E proprio nel contesto di tale valutazione del tempo contemporaneo viene formulata l'esortazione ai laici ad impegnarsi nell’ evangelica ricomposizione dell’ordine temporale.

    Il Decreto Apostolicam actuositatem indica due aspetti dell’apostolato dei fedeli: la testimonianza personale della vita e uno sforzo per “annunziare Cristo con la parola sia ai non credenti per condurli alla fede, sia ai fedeli per istruirli” (n. 6).

    Va notato che il Concilio si rivolge ai giovani che devono divenire i primi e immediati apostoli dei loro coetanei (cfr. n. 12). “Anche i fanciulli hanno la loro attività apostolica. Secondo le proprie forze sono veri testimoni viventi di Cristo tra i compagni” (n. 12) – leggiamo nel Decreto.

    L’immenso campo di apostolato dei laici si apre poi all’ambito nazionale e internazionale. “I cattolici esperti in politica e […] saldamente ancorati […] alla dottrina cristiana, non ricusino le cariche pubbliche” (n. 14) – incoraggia il Concilio.

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    Campana dei Caduti di Rovereto: concorso internazionale di musica contro la guerra

    ◊   Strumenti di pace per far tacere gli strumenti di guerra. Queste le finalità del concorso internazionale di composizione indetto dalla “Fondazione Opera Campana dei Caduti di Rovereto”, presentato ieri a Roma e giunto alla terza edizione. Il brano vincente verrà eseguito a Rovereto nel 2012 e sarà affiancato da una composizione del musicista contemporaneo Ivan Fedele, mettendo così a confronto due generazioni di artisti. Il servizio di Michele Raviart.

    La musica al servizio della pace e del dialogo, secondo lo spirito della Campana Maria Dolens di Rovereto, fusa nel 1925 dal bronzo dei cannoni delle nazioni partecipanti alla Prima Guerra Mondiale. Con questo obiettivo i giovani musicisti che parteciperanno al concorso si cimenteranno in una composizione per orchestra e soprano ispirata a tre citazioni di altrettanti Premi Nobel per la Pace, per una dimensione veramente sociale della musica. Marcello Filotei, direttore del concorso:

    “Il concorso nasce con l’intenzione di declinare in musica la vocazione della Campana dei Caduti, che è a Rovereto. Quest’anno abbiamo deciso di attualizzare la filosofia della musica di Mazzini, che invita a dare alla musica una relazione diretta con la realtà. A partire da questo, abbiamo scelto alcune frasi dai discorsi di tre Premi Nobel per la Pace: il presidente Lech Wałęsa, la dissidente birmana Aung San Suu Kyi e il presidente degli Stati Uniti Barack Obama”.

    Una novità di questa edizione, che non abbandona i temi ispirati dai testi sacri delle grandi religioni monoteiste, come negli anni precedenti, ma li ritrova nelle parole dei promotori della pace sul terreno politico e civile. “Non cederemo alla violenza, non saremo privi della libertà” sarà la citazione del presidente Wałęsa, Premio Nobel per la Pace nel 1983, che sottolinea come la musica possa aiutare a migliorarci.

    Un messaggio in linea con la missione della Fondazione Opera Campana dei Caduti: promuovere i diritti umani, la pace, la solidarietà nel mondo, secondo i principi delle Nazioni Unite. Un appello che viene ricordato ogni sera dal rintocco della campana “Maria Dolens”. Alberto Robol, reggente della fondazione:

    “La Campana che si chiama 'Maria Dolens' - e che è campana nata per ricordare i caduti - è una campana che esprime una filosofia, paradossalmente, della vita: 'Maria Dolens' ricorda tutti i morti che ci sono e ci saranno. Quindi, prima ancora della morte, 'Maria Dolens' invia un messaggio di pace, non per questa tragedia, per questa guerra, per questo conflitto, ma per tutti”. (ap)

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    Chiesa e Società



    Pakistan: terza chiesa cattolica attaccata in una settimana

    ◊   In Pakistan un gruppo armato composto da sette persone ha attaccato la chiesa cattolica di San Tommaso nel distretto militare di Wah, a 45 km dalla capitale Islamabad. L’attacco, informa l’agenzia Asia News, è avvenuto alle 6.30 del pomeriggio di ieri, mentre la guardia preposta alla sicurezza era assente. Gli estremisti hanno scagliato pietre danneggiando l’edificio, ma non hanno sparato. Quello di ieri è il terzo attacco contro una chiesa pakistana in meno di una settimana. “E’ una reazione – afferma il parroco della chiesa padre Yousaf ad Asia News – alla profanazione del Corano in Florida, sebbene la comunità cattolica abbia condannato il gesto. Abbiamo sottolineato con chiarezza di non avere alcun legame” con quanto accaduto in Florida. Il vescovo di Islamabad, mons. Rufin Anthony, sottolinea l’aspetto più inquietante della vicenda: “La chiesa di San Tommaso è situata nei pressi di una zona ad alta sicurezza, in cui è dislocato l’unico deposito di munizioni in Pakistan, quindi un’area blindata. Inoltre, ci sono quattro sbarramenti agli ingressi del distretto militare di Wah, quindi gli assalitori non provenivano dall’esterno”. Il presule ha invitato a prendere misure urgenti ed ha anticipato l’intenzione di organizzare un incontro con esponenti della Chiesa anglicana e di altre denominazioni protestanti per esaminare l’attuale situazione delle minoranze. I giovani cristiani pakistani infatti non vedono particolari motivi di speranza nel loro futuro. “Per questo – conclude il presule – come vescovi del Pakistan, abbiamo scritto una lettera pastorale congiunta per incoraggiare il nostro popolo, perché resti saldo nella fede e nella speranza. Continuiamo ad avere fiducia in Dio e nelle istituzioni pakistane”. (G.P.)

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    India: in Kerala bruciata una chiesa, distrutte stazioni della Via Crucis

    ◊   Dolore nella comunità cristiana in India per nuovi episodi di violenza ai danni della comunità. Una chiesa cristiana in Kerala, Stato del Sud dell’India, è stata bruciata e completamene distrutta. L’episodio, avvenuto il 23 marzo scorso, è stato riferito solo ora all’agenzia Fides da fonti locali. La chiesa di Santa Maria, appartenente alla Chiesa ortodossa di rito siro-malankarese a Poddivatuvialla, è stata data alle fiamme da ignoti che la polizia sta cercando di individuare. I fedeli locali hanno manifestato amarezza e disappunto, anche perché il Kerala è uno Stato dove i cristiani sono circa il 20 % della popolazione, e la comunità è molto visibile, apprezzata e radicata nella società, dunque azioni violente di gruppi estremisti indù sono davvero molto rare. Un episodio attribuito alla prevaricazione dei gruppi estremisti indù si è invece verificato nei giorni scorsi nella diocesi di Jhabua (Stato di Madhya Pradesh, India centrale), dove alcuni militanti hanno bloccato un veicolo che trasportava le statue per le stazioni della Via Crucis di una parrocchia cattolica di Jhapadra, e hanno distrutte le statue. I danni materiali ammontano ad almeno 500 dollari, ma la Chiesa locale rimarca la violenza e il danno spirituale, affermando di aver avvertito la polizia. In un altro Stato, il Rajasthan, (India settentrionale), la polizia ha arrestato due sospetti della violenza contro il Pastore Harish Ninama, che nel febbraio scorso era stato costretto a percorrere oltre 5 km nudo, sulla strada principale della città, deriso da alcuni giovani estremisti indù in motocicletta, che lo hanno insultato, spogliato e percosso. Fonti di Fides in India commentano: “Questi episodi dimostrano che l’estremismo indù è presente, è diffuso dappertutto ed è un problema che va preso seriamente. I cristiani, come gli altri cittadini indiani, devono essere messi in condizione di godere dei loro diritti e della piena libertà religiosa”. (R.P.)

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    Libia: mons. Martinelli ringrazia per la solidarietà fraterna di diverse Conferenze episcopali

    ◊   “A Tripoli la situazione è piuttosto tranquilla ma l’umore della popolazione è rattristato dalle continue code per il carburante e per le difficoltà nel reperire i generi alimentari, anche le attività degli uffici e delle scuole risentono della situazione” dice all’agenzia Fides mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli. “Per quanto riguarda la vita della Chiesa, continuiamo le nostre attività. La polizia protegge la nostra residenza” prosegue mons. Martinelli. “Ieri abbiamo avuto un incontro, insieme ai rappresentanti delle altre confessioni cristiane presenti a Tripoli (anglicani, copti, ecc.), con la World Islamic Call Society, Wics. Si è trattato di un incontro di amicizia, molto positivo. I rappresentanti della Wics hanno ribadito l’apprezzamento per l’operato dei cristiani in Libia ed hanno riaffermato la loro disponibilità a collaborare con noi. In questa situazione siamo confortati dalla solidarietà fraterna ricevuta da diverse Conferenze episcopali. Voglio ringraziare il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), che mi ha telefonato prima dell’incontro del Consiglio episcopale permanente della Cei e che ha pronunciato parole sagge sulla crisi libica. Ringrazio pure i vescovi della Cerna per il loro messaggio. Ho avuto anche positivi riscontri dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti” conclude mons. Martinelli. (R.P.)

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    Costa d'Avorio: drammatica la situazione umanitaria dei profughi

    ◊   “La situazione umanitaria è drammatica perché i combattimenti continuano da tre giorni” dice all’agenzia Fides mons. Gaspard Béby Gnéba, vescovo di Man, nell’ovest del Paese. “Le condizioni della popolazione, che erano già drammatiche, si sono aggravate. Non abbiamo informazioni aggiornate sulle condizioni umanitarie perché la situazione è fluida, con i combattimenti che sono ancora in corso. Oltre a Duekoué, i combattimenti coinvolgono diverse città e villaggi. La situazione più grave è quella di Duekoué dove i combattimenti sono in corso da 3 giorni” prosegue mons. Gnéba. Le Forze Repubblicane, nuovo nome delle Forze Nuove che sostengono il Presidente eletto Alassane Ouattara, sono passate all’offensiva in diverse aree della Costa d’Avorio, contro le Forze di Sicurezza rimaste fedeli al Presidente uscente Laurent Gbagbo, che rifiuta di riconoscere la vittoria di Ouattara nel secondo turno delle elezioni del novembre 2010. “Per sfuggire ai combattimenti numerosi ivoriani si sono rifugiati in Liberia - prosegue mons. Gnéba -. Sono stato contattato da padre Joseph, un parroco liberiano, che mi ha dato alcune informazioni sulla situazione dei rifugiati della mia diocesi che si trovano in Liberia”. Padre Joseph, si trova infatti a Zwedru (Grand Gedeh), in Liberia, al confine con la Costa d’Avorio. “Stiamo verificando il numero dei rifugiati ivoriani, che sono comunque numerosi” dice all’agenzia Fides. I rifugiati ivoriani sono distribuiti in diversi villaggi dell’area. Stiamo organizzando dei programmi di assistenza per loro. Abbiamo bisogno di medicine, di cibo e di personale che parli francese. Io lo parlo un po’ perché durante la guerra civile liberiana eravamo noi gli sfollati in Costa d’Avorio. Abbiamo vissuto come rifugiati per 4 anni in quel Paese. Ora è il nostro turno accogliere i fratelli e le sorelle ivoriani. Ma abbiamo bisogno dell’aiuto della Chiesa universale” conclude padre Joseph. (R.P.)

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    Giappone: la Chiesa s'interroga sulla questione nucleare

    ◊   Cresce l’allarme nella popolazione giapponese per gli alti livelli di radioattività registrati nei pressi della centrale nucleare di Fukushima, e anche la Chiesa cattolica si interroga sulla “questione nucleare”. Il vescovo ausiliare di Osaka, mons. Michael Goro Matsuura, dichiara in proposito all’agenzia Fides: “La questione su quale direzione stiamo prendendo, per la creazione di altre centrali nucleari, è un grande interrogativo. Con la Commissione Giustizia e Pace dei vescovi giapponesi, che ho guidato fino all’anno scorso, abbiamo sensibilizzato le coscienze per contrastare la costruzione di nuove centrali nucleari, in Giappone e nel mondo intero. Credo che questo grave incidente debba essere una lezione per il Giappone e per l’intero pianeta, e costituisca uno stimolo ad abbandonare tali progetti. Chiediamo la solidarietà dei fedeli cristiani in tutto il mondo per sostenere questa campagna”. Anche il vescovo della diocesi di Saitama, mons. Marcellino Daiji Tani, registra che “la gente che vive nel raggio di 30 km dalla centrale è in stato di grande ansietà. Molti stanno continuando a lasciare la Prefettura di Fukushima. I nostri fedeli della parrocchia di Shirakawa sono ancora là, ma potrebbero anche loro spostarsi. E’ dovere del governo dare gli opportuni ordini di evacuazione”. Lo scorso anno la Conferenza episcopale giapponese aveva già preso una posizione netta contro il nucleare per uso militare: i vescovi di Hiroshima e Nagasaki hanno inviato un appello al Presidente degli Stati Uniti, al governo giapponese e ai leader delle altre nazioni “perché compiano ogni sforzo necessario per abolire le armi nucleari”. (R.P.)

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    Myanmar: la Chiesa cattolica in aiuto alle vittime del terremoto

    ◊   Il numero delle case distrutte sfiora quota 500, i feriti superano i 120, molte persone sono tuttora disperse e, fra gli edifici rasi al suolo dal sisma, vi è anche il centro parrocchiale fondato da padre Clemente Vismara. È quanto afferma all'agenzia AsiaNews padre Stephen Ano, direttore di Karuna Kengtung Social Service, organizzazione cattolica attiva nel campo del sociale in Myanmar, in missione in questi giorni nelle aree più colpite dal terremoto. Intanto fonti birmane denunciano la “sparizione” di centinaia di feriti dall’ospedale di Tachilek, in quello che viene bollato come un “tentativo del governo di minimizzare i danni”. Stime ufficiali riferiscono che il terremoto di magnitudo 6,8 che ha colpito il 24 marzo scorso diverse zone dello Stato Shan, lungo il confine con Thailandia e Laos, ha causato 75 morti. Un funzionario del governo, dietro anonimato, ha confermato che il bilancio potrebbe raggiungere quota 100. Tuttavia, operatori della Croce Rossa parlano di almeno 150 morti e il numero è destinato ad aumentare perché molte zone colpite risultano ancora inaccessibili. Fonti del quotidiano dissidente The Irrawaddy rivelano che la giunta militare avrebbe fatto sparire interi gruppi di feriti, per “minimizzare” il bilancio delle vittime del sisma. L’ospedale di Tachilek lo scorso 26 marzo ospitava centinaia di feriti – almeno 700 secondo fonti interne – ma il giorno successivo risultavano “scomparsi”. Il personale sanitario e gli altri malati riferiscono solo che “gli altri pazienti sono stati mandati via” dalle autorità locali, senza fornire ulteriori dettagli. Intanto nella zona colpita dal terremoto è attiva la presenza della Chiesa cattolica birmana, attraverso l’ente Karuna Kengtung Social Service che opera a favore delle vittime. Padre Stephen Ano spiega che, nella sola diocesi di Kengtung (nello Stato Shan), hanno riportato gravi danni diverse aree di Tachilek, Tarlay, Mong Lin, Na Yaung e il villaggio di Mong Khone. Il numero delle case distrutte “è di circa 450, il numero dei feriti almeno 120 e sono ricoverati negli ospedali di Tachilek e Kengtung, perché la struttura di Tarlay è andata distrutta”. Il sacerdote aggiunge che “sono almeno 14 i luoghi di culto crollati” tra chiese e templi buddisti, fra cui anche “il centro parrocchiale fondato da padre Clemente Vismara”, tanto che “è rimasta solo una piccola casa per il clero costruita di recente”. Sono almeno nove le strutture governative – comprese scuole e ospedali – colpite e ancora oggi, a cinque giorni di distanza dal sisma, “molte persone risultano disperse”. Attraverso AsiaNews, padre Stephen lancia un appello: “Abbiamo bisogno di alloggi temporanei per gli sfollati, accogliamo tutti senza distinzioni di razza e credo religioso. Mancano anche gli strumenti di cottura e l’utensileria di base”. Infine, aggiunge il sacerdote, dobbiamo fornire “cure mediche ai feriti che non sono ricoverati negli ospedali. Per questo ogni forma di aiuto al lavoro di assistenza e aiuto è bene accetto”. (R.P.)

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    Libano. Il neo-patriarca Béchara Raï: il Paese non sia monopolizzato da nessuno

    ◊   “La nostra terra non è per un gruppo, per un partito o una comunità soltanto, non deve essere monopolizzato da nessuno, poiché essere monopolizzati da un gruppo è un’umiliazione per tutti”: è quanto affermato dal neo patriarca della Chiesa maronita, mons. Béchara Boutros Raï, nel corso della cerimonia del suo insediamento svoltasi, nei giorni scorsi, nella sede patriarcale di Bkerké. “La grandezza della gloria del Libano – ha aggiunto il patriarca, riportato dall’agenzia Sir – sta nella diversità delle sue famiglie spirituali e nella loro ricchezza. Non parlo di diversità delle sue confessioni poiché queste sono state sporcate da colori politici che ne hanno macchiato la santità, la purezza di fede e la spiritualità della loro religione”. Parlando delle più alte cariche istituzionali del Libano, mons. Raï ha ribadito la necessità di “lavorare insieme ai Paesi del Medio Oriente, ai loro leader, per preservare e rafforzare le nostre relazioni solidali con il mondo arabo, per stabilire un dialogo completo e sincero con i nostri fratelli musulmani e per costruire un futuro nella vita in comune e in cooperazione”. Per il patriarca maronita, infatti, “un unico destino lega cristiani e musulmani in Libano e nei Paesi della regione, con un patrimonio comune. Per questo, accompagniamo con ansia le proteste in atto nei Paesi arabi, ci rammarichiamo per le vittime e i feriti e preghiamo per la stabilità e la pace”. Il patriarca maronita ha poi affermato di voler proseguire quanto fatto dai suoi “predecessori in questi 1600 anni, ricercando il miglioramento e la realizzazione delle decisioni assunte dai Sinodi e dalle varie istituzioni sociali e scolastiche ecclesiali in Libano, in Medio Oriente e nel mondo”. Al centro del suo programma, riferisce ancora l’agenzia Sir, mons. Béchara Raï ha messo i giovani, “1.300.000 studenti che frequentano scuole ed università e che rappresentano il nostro futuro e la speranza della nostra Chiesa e della nostra patria”. Con loro, anche “le famiglie, cellule fondamentali della società e chiese domestiche”. “La nostra forza – ha concluso – sta anche nei nostri vescovi e nei nostri sacerdoti, religiosi e religiose, nelle vocazioni alla vita consacrata e al sacerdozio”. (A.G.)

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    Congo: per Msf l'epidemia di morbillo è un'emergenza nazionale

    ◊   Negli ultimi sei mesi un’epidemia di morbillo è scoppiata nella Repubblica Democratica del Congo e Medici Senza Frontiere (Msf) denuncia la gravità della situazione e chiede un’azione congiunta per far fronte al dilagare della malattia. “L’epidemia di morbillo è fuori controllo - spiega Gaël Hankenne, capomissione di Msf nel Paese -. Da settembre 2010 abbiamo vaccinato oltre un milione e mezzo di bambini. Ma la malattia si sta diffondendo a macchia d’olio. Tutti coloro che nel Paese operano nella sanità devono trattare questa epidemia come un’emergenza nazionale”. Negli ultimi mesi - riferisce l'agenzia Sir - Msf ha fornito una risposta completa all’emergenza occupandosi del trattamento, delle vaccinazioni e della ricerca epidemiologica nelle province del Katanga, del Kasai occidentale e del Maniema. Ma l’epidemia si sta trasmettendo rapidamente nel nord del Paese. I bisogni di vaccinazioni e cure, di risorse umane e di capacità logistiche e finanziarie sono così enormi che Msf non può sostenerli da sola in tutto il Paese. “Stiamo chiedendo al ministero della Salute di dare una risposta immediata all’epidemia che sta interessando anche altre province e nuove zone. Il morbillo è una malattia molto contagiosa - afferma Geza Harzi, capomissione di Msf in Katanga - che può causare complicazioni. Quando una popolazione non è vaccinata, il morbillo può uccidere tra l’1 e il 15% dei bambini malati. (R.P.)

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    Sudan: il “Catholic Relief Services” riprende le sue operazioni umanitarie in Darfur

    ◊   Il “Catholic Relief Services” (Crs) ha annunciato ieri di avere ripreso le sue operazioni umanitarie in Darfur, sospese a gennaio dopo l’evacuazione del suo personale da un’area remota della parte occidentale della regione. Tre giorni fa – riferisce l’agenzia Cns - la portavoce dell’organizzazione caritativa dei vescovi statunitensi Sara Fajardo aveva comunicato di avere ricevuto dal governo di Khartoum l’ordine di lasciare il Sudan, in quanto non poteva garantire la sicurezza del suo staff che aveva ricevuto minacce, perché accusato di avere distribuito Bibbie. Un’accusa totalmente infondata, ha dichiarato la stessa portavoce. Il Crs che lavora in Sudan dal 1972 è presente nel Darfur dal 2004 ed è una delle poche Ong a non essere stata ancora allontanata dal governo. L’ultima ad essere stata espulsa è “Médecins du Monde” a causa di un presunto “sostegno” ai gruppi ribelli della regione. Secondo il Crs, se avesse sospeso il suo programma alimentare nella regione 400mila persone sarebbero ora senza aiuto. Intanto, non si ferma l’esodo dal Darfur a causa degli scontri tra il governo e i separatisti: secondo l’Onu sono circa 70mila le persone che da gennaio hanno lasciato le loro case. Essi si aggiungono ai quasi 2 milioni gli sfollati usciti dal Darfur dall’inizio degli scontri nel 2003. Per le violenze – lo ricordiamo - il Presidente Omar al-Bashir deve rispondere di “crimini contro l’umanità” al Tribunale Penale Internazionale dell’Aja. (L.Z.)

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    Nigeria: i vescovi esortano alla non-violenza in vista delle prossime elezioni

    ◊   I vescovi nigeriani hanno esortato tutti i partiti politici del Paese ad astenersi da qualsiasi forma di violenza e da ogni strumentalizzazione della religione per conquistare voti alle prossime elezioni politiche ad aprile. “I politici dovrebbero evitare di lanciare fango, litigare, usare parole offensive e ricatti e qualsiasi altra dichiarazione o azione suscettibile di minare la pace nel Paese”, si legge in un comunicato diffuso al termine della prima plenaria annuale della Conferenza episcopale (Cbcn) svoltasi nei giorni scorsi ad Abuja, in cui denunciano anche “il veleno della corruzione”, terreno ideale per i brogli elettorali. “Le sfide con cui la nostra nazione deve confrontarsi non possono essere affrontati senza una leadership credibile e competente”, ammoniscono i presuli. La nota parla anche dell’insicurezza dilagante nella società nigeriana, dove crescono omicidi e rapine, esprimendo solidarietà con le vittime della criminalità e chiedendo misure efficaci alle forze dell’ordine per contenerla. Ma a minacciare la pace sociale e il successo delle prossime elezioni, secondo i vescovi è anche la crescente la violenza a sfondo religioso in alcune regioni del Paese: “Ci sono luoghi in Nigeria – affermano - dove molto persone continuano ad essere uccise solo perché la loro appartenenza religiosa, politica o etnica è diversa da quella dei loro assassini”. Di qui l’appello alle autorità a raddoppiare gli sforzi per garantire i diritti umani e in particolare la libertà di culto: “Tutti dobbiamo rispettare il diritto di ogni cittadino alla vita, alla pratica della propria religione e a perseguire le proprie legittime aspirazioni nell’ambito di una nazione unita”. A questo proposito la nota mette in guardia contro l’uso che definisce “blasfemo” della religione come strumento di potere, guadagno e per ottenere visibilità. “Nonostante l’opinione diffusa in alcuni ambienti secondo la quale la religione minaccia la nostra democrazia – puntualizzano i vescovi nigeriani - la religione ha un fondamentale ruolo educativo”. (L.Z.)

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    Messico: almeno 230 mila sfollati per violenza e narcotraffico

    ◊   Sono almeno 230mila le persone costrette ad abbandonare i loro luoghi d’origine in Messico a causa della violenza legata al narcotraffico, la metà delle quali si sarebbe rifugiata negli Stati Uniti: lo afferma uno studio del Centro di supervisione degli sfollati interni con sede a Ginevra, basato su informazioni fornite da investigatori locali. Secondo lo studio, i circa 115mila sfollati rimasti in territorio messicano non beneficerebbero di programmi di assistenza. Le autorità statali e federali messicane, come ricorda l’agenzia Misna, non riconoscono né iniziano a rispondere al fenomeno dello sfruttamento interno provocato dai cartelli della droga. Il governo messicano non fornisce dati ufficiali sulle vittime “dimenticate” della lotta tra i clan dei narcotrafficanti che ha provocato almeno 35 mila morti dal 2006, anno in cui il governo del presidente Felipe Calderon ha lanciato l’offensiva ai narcos. (G.P.)

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    Messico. Marcia di 15 mila cattolici per promuovere la vita e la pace

    ◊   L’XI Marcia organizzata dall’arcidiocesi messicana di Tijuana, domenica scorsa, quest’anno ha avuto per tema "Uniti per la vita e la pace". La Commissione della pastorale per l'educazione riesce ad aggregare ogni volta un numero sempre maggiore di cattolici e cittadini di buona volontà per questa iniziativa. A quest’ultima edizione hanno partecipato circa 15.000 persone, che si sono impegnate a promuovere la vita e la pace in tutti gli aspetti. Nella nota arrivata all’agenzia Fides sono riportate le parole dell’arcivescovo metropolita, mons. Rafael Romo Muñoz, che ha sottolineato che l’iniziativa "è un inno alla vita in generale, dall'inizio della gravidanza, dal concepimento, alla morte naturale. Abbiamo voluto celebrare la vita, un inno alla vita, una poesia, un omaggio alla vita". La partenza è stata dalla piazza dell'ex Toreo di Tijuana alle ore 9 di domenica, quindi la marcia ha attraversato le strade principali per arrivare al Centro Multisportivo Crea, dove l'arcivescovo ha celebrato l'Eucaristia. Durante il percorso della marcia, un gruppo di persone ha portato una grande croce. La marcia è stata inoltre caratterizzata dagli abiti bianchi e dai palloncini bianchi dei partecipanti, come dai carri con addobbi allestiti dalle scuole cattoliche. Bambini, giovani, adulti e anziani, per più di 2 ore hanno percorso a piedi le strade della città sollecitando l’impegno di tutti al rispetto della vita e alla promozione della pace. Dall’anno 2000, tutte le diocesi messicane sono state invitate dai vescovi a realizzare una marcia, e da allora l'arcidiocesi di Tijuana l'ha organizzata ogni anno senza interruzioni. Un'altra attività a favore della vita, tema del 2011, è stata promossa da padre Benigno Medrano Flores, che ha organizzato la Expo-vida, dove gli studenti sono stati direttamente coinvolti a promuovere il rispetto per la vita umana e per la natura, approfondendo il loro rapporto con Dio e il prossimo. (R.P.)

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    Uruguay: la difesa della vita al centro della Plenaria dei vescovi

    ◊   I vescovi dell’Uruguay, in una nota resa pubblica ieri, parlando della loro recente Assemblea Plenaria, si soffermano sui principali temi affrontati. Particolare rilievo è stato dato alla preparazione dell’Assemblea ordinaria del consiglio episcopale dell’America Latina (Celam) che si terrà nella capitale uruguaiana dal 16 al 29 maggio. Si tratta di un appuntamento di grande rilevanza per il coordinamento ecclesiale delle 22 Conferenze episcopali che formano parte dell’organismo anche perché, in quest’occasione, devono essere elette le nuove autorità che hanno diretto i piani di lavoro dal 2007, subito dopo la conferenza continentale inaugurata da Benedetto XVI. Le nuove autorità dovranno portare a compimento il nuovo Piano pastorale globale che sarà studiato e approvato nel corso dell’Assemblea seguendo gli orientamenti del documento finale di Aparecida. I vescovi, d’altra parte, hanno dedicato anche molto spazio alla beatificazione di Giovanni Paolo II. Tra gli altri temi che i presuli dell’Uruguay dichiarano di aver affrontato con analisi e riflessioni approfondite, ci sono la depenalizzazione dell’aborto proposta da alcuni settori politici del Paese. E ribadendo il valore della vita aggiungono: “Rinnoviamo il nostro appello alla coscienza del nostro popolo così come a quella dei nostri governanti affinché di fronte” ai drammi “delle gravidanze non desiderate siano trovate strade” che non comportino l’eliminazione di una vita innocente. I vescovi si sono occupati anche della crisi di un’antica e prestigiosa istituzione, il Circolo cattolico operaio, sottoposto a pressioni interne ed esterne che mettono in discussione la sua identità. Infine i vescovi si sono occupati di questioni etiche e bioetiche nell’ambito del lavoro accademico dell’Università Cattolica dell’Uruguay. In concreto, i presuli hanno ricevuto il progetto di statuto della Commissione che di queste questioni si occupa all’interno dell’ateneo. Si sono riservati di studiare il testo. I vescovi annunciano, infine, un documento sul Bicentenario tramite il quale, scrivono, desiderano “offrire un contributo alla vita nazionale su temi come i diritti umani, l’educazione, la salute, la famiglia e la vita”. (A cura di Luis Badilla)

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    Perù. Lo Stato difenda la vita: l’esortazione dell’arcivescovo di Lima

    ◊   “Niente e nessuno può autorizzare la morte di un essere umano: nessuna autorità può legittimamente imporlo o permetterlo, non ci sono privilegi né eccezioni”. Sono queste le parole del cardinale Juan Luis Cipriani, arcivescovo di Lima, durante l’omelia della Messa dell’Annunciazione, pronunciata lo scorso 25 marzo in cattedrale. “L’essenza dei diritti umani – ha detto il porporato – è il diritto alla vita, del quale sono parte integrante il diritto del figlio di crescere nel grembo materno, dopo essere stato concepito, il diritto di vivere in una famiglia unita e in un ambiente morale favorevole allo sviluppo della propria personalità, il diritto di maturare la propria intelligenza e libertà attraverso la ricerca e la conoscenza della verità, il diritto di fondare una famiglia e di educare liberamente i figli facendo un uso responsabile della propria sessualità”. Come riferisce l’agenzia Zenit, il cardinale ha quindi evidenziato come nella società attuale molti vogliano giustificare gli aborti eludendo la gravità degli atti compiuti con frasi e terminologie ambigue. “Dobbiamo avere il coraggio di affrontare l’ondata di sessualità sregolata con la luce della spiritualità e della preghiera: la recita del rosario, la contemplazione di Gesù nell’Eucaristia, lo studio del catechismo, i genitori che educano i figli e partecipano al loro iter scolastico perché la formazione sia dell’intera famiglia”, ha concluso il porporato. (G.P.)

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    Usa: i vescovi sempre più impegnati in difesa dell'infanzia

    ◊   Anche se le statistiche mostrano che la Carta dei vescovi statunitensi del 2002 per la protezione dei giovani è stata efficace, il presidente della Conferenza episcopale afferma che si cerca continuamente di migliorarla. L'arcivescovo Timothy Dolan di New York lo ha ricordato in una dichiarazione elaborata durante l'incontro di questo mese del Comitato amministrativo della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti a Washington e ripresa dall'agenzia Zenit. Il Comitato amministrativo è il più alto organismo di vescovi quando l'organismo plenario non è in sessione. Si incontra ogni anno a settembre, marzo e novembre. L'arcivescovo Dolan ha detto che gli era stato chiesto di “offrire rassicurazioni sul fatto che questo argomento doloroso continua a ricevere la nostra accurata attenzione, che la difesa dei nostri bambini e dei nostri giovani è una priorità e che la Carta per la Difesa dei bambini e dei giovani che abbiamo adottato nel 2002 resta pienamente valida”. Il presule ha spiegato come negli ultimi nove anni le “promesse e i rigorosi mandati della Carta” siano stati costantemente rivisti, “così come cerchiamo continuamente di renderla ancor più efficace. Vogliamo imparare dai nostri sbagli e accogliamo con favore le critiche costruttive”, ha dichiarato. “La Conferenza dei vescovi Cattolici degli Stati Uniti ha programmato da tempo una revisione della Carta per il nostro incontro di giugno”. Il presule ha aggiunto che ad aprile si celebrerà il Mese nazionale per la Prevenzione degli abusi sui bambini, che “ci dà la provvidenziale opportunità di unirci a tutti gli americani in una rinnovata determinazione a porre fine alla piaga degli abusi sessuali dei giovani nella nostra società. Noi vescovi ci rifacciamo ai rigorosi mandati della Carta, e rinnoviamo la nostra fiducia nella sua efficacia. Restiamo particolarmente saldi nel nostro impegno di rimuovere in modo permanente dal ministero pubblico qualsiasi sacerdote che abbia perpetrato un'offesa così intollerabile”. L'arcivescovo Dolan ha quindi ribadito che “i progressi compiuti devono continuare. Vogliamo rafforzare la Carta sempre più”, ha aggiunto. “Non possiamo smettere di lavorarci, perché ogni bambino e ogni giovane deve essere al sicuro, amato e curato nella Chiesa”. (R.P.)

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    Quaresima: i vescovi statunitensi invitano alla confessione e alla penitenza

    ◊   In occasione dell’inizio di Quaresima, i vescovi degli Stati Uniti rivolgono un invito alla confessione e alla penitenza a tutti i fedeli cattolici delle loro diocesi in modo che si arrivi a celebrare la Pasqua della resurrezione di Cristo con animo puro e con una maggiore consapevolezza del valore del sacrificio. Nel messaggio diffuso per la celebrazione del Mercoledì delle ceneri, mons. José Horacio Gómez, nuovo arcivescovo di Los Angeles, ha rivolto ai suoi fedeli un “invito alla confessione”. “Questo è un invito — ha sottolineato — che rivolgo specialmente a chi da lungo tempo non si avvicina al confessionale”. Nel messaggio, ripreso dall’Osservatore Romano, il presule sottolinea che nella Chiesa dei tempi antichi, i fedeli chiamavano la confessione come “la seconda conversione in lagrime”. San Pietro pianse per il dolore di aver negato di essere un discepolo di Gesù e con grande misericordia Cristo si rivolse a lui con tenere parole di perdono e di pace. “In questo sacramento, anche noi possiamo ricevere parole di compassione per i nostri peccati”. Nel messaggio quaresimale, l’arcivescovo Gómez prende come esempio dalle sacre scritture la parabola del figliol prodigo. “Questo — sottolinea — è uno dei brani che preferisco. Amo questa storia per la sua drammaticità e perché trasmette emozione, inoltre è una storia profondamente vera”. Il presule aggiunge che la parabola viene rallegrata da Dio stesso: “Mio figlio era morto ed ora è tornato in vita”. Quando egli dà al figlio una nuova veste, significa la purezza dell’abito bianco che ci ricopre in occasione del battesimo. Quando dà l’ordine perché si appronti una festa di ringraziamento, questa assume il significato dell’eucaristia. Il significato del pellegrinaggio del figliol prodigo è quindi la storia della nostra vita”. Anche mons. Timothy Michael Dolan, arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, in occasione della ricorrenza di San Patrizio ha esortato i suoi fedeli a tornare al confessionale: “Tutti noi abbiamo bisogno del perdono per i nostri peccati. Tutti abbiamo bisogno della grazia!”. Per mons. Paul Sirba, vescovo di Duluth, “la Quaresima è forse l’unico periodo religioso che ancora non è stato sfruttato sul piano commerciale”. Eppure nel Mercoledì delle ceneri, anche se non è una festa di precetto, “sempre più cattolici ritornano in chiesa per ricevere il perdono e cospargere di cenere la loro testa. Credo che questa celebrazione sia tra quelle che più rafforzano la fede in Dio e nel suo perdono”. (A.L.)

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    Il Patriarcato di Mosca avrà un Consiglio supremo

    ◊   L’istituzione di un nuovo organismo collegiale al fine di svolgere regolari consultazioni tra i presidenti di tutte le commissioni sinodali. E’ quanto ha deciso, nei giorni scorsi, il sinodo della Chiesa ortodossa russa, riunitosi a Mosca sotto la presidenza del Patriarca Kirill. L’idea di un Consiglio ecclesiale supremo — questo il nome della nuova struttura — risale al 1917, quando il Consiglio ecclesiale di tutta la Russia stabilì la creazione di un organismo simile, idea poi tramontata a causa della “rivoluzione d’ottobre”, a cui seguirono decenni di persecuzioni per la Chiesa ortodossa, da parte del regime sovietico. A febbraio il Consiglio episcopale, venendo incontro al desiderio del Patriarca Kirill, ha ripreso in mano il progetto. Nella prossima riunione verrà approvata la relativa normativa e si conoscerà la composizione ufficiale del Consiglio ecclesiale supremo. Ne dovrebbero comunque far parte diciotto membri: tra questi, il metropolita di Volokolamsk, Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, l’arciprete Vsevolod Chaplin, responsabile del Dipartimento sinodale per le relazioni tra Chiesa e società, e Vladimir Legoida, capo del Dipartimento per l’informazione, unico laico. I membri verranno nominati dal Patriarca Kirill, che presiederà anche il nuovo organismo. Il sinodo – ricorda l’Osservatore Romano - ha provveduto inoltre alla nomina dell’igumeno Filarete (Bulekov), fino ad ora rappresentante della Chiesa ortodossa russa al Consiglio d’Europa, a vice-presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne. Al suo posto, a Strasburgo, andrà l’igumeno Filippo (Riabykh), attuale vice-presidente del dicastero. La riunione ha affrontato diversi temi: dalla vita interna del Patriarcato alle relazioni esterne, dai rapporti tra Chiesa e società all’educazione teologica). All’esame del sinodo anche le procedure, più uniformi e trasparenti, relative alla perdita dei titoli e all’interdizione dei chierici. Presi in considerazione inoltre gli emendamenti al testo concernente le lettere di ordinazione, tenendo conto delle decisioni prese a febbraio dal Consiglio episcopale riguardo il clero celibatario. E sempre dei giorni scorsi è l’annuncio che sessanta nuove chiese saranno presto costruite a Mosca su terreni liberi del Comune. A dare la notizia è stato lo stesso sindaco di Mosca, Sergey Sobianin, dopo un incontro con il Patriarca Kirill. Il primo edificio potrebbe sorgere in prossimità del teatro Dubrovka, dove, nell’ottobre 2002, morirono 130 persone tenute in ostaggio da un commando armato ceceno. La chiesa verrà edificata in memoria delle vittime. “Salutiamo questa decisione senza precedenti”, ha commentato il portavoce del Patriarcato, padre Vladimir Vigiljanskij, secondo cui, nella capitale russa, c’è una chiesa ortodossa ogni venticinquemila abitanti contro una media di una per diecimila abitanti nel resto del Paese. Dopo ottant’anni di ateismo sovietico, ha detto ancora il portavoce, “Mosca conta oggi trecentocinquanta chiese ortodosse, ossia un numero cinque volte inferiore rispetto a prima della rivoluzione bolscevica” del 1917. (G.P.)

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    Nepal: continua la protesta dei cristiani che chiedono la sepoltura dei propri morti

    ◊   Continua in Nepal la protesta dei cristiani per chiedere al governo locale un posto dove seppellire i propri morti. Da sette giorni ormai – riferisce l’agenzia Ucan - decine di cristiani nella capitale Kathmandu rifiutano di mangiare e pregano intorno a una finta bara in una tenda nel centro della capitale. Domenica i cristiani hanno nuovamente manifestato per le strade di Kathmandu per dire che non interromperanno lo sciopero della fame finché le loro richieste non verranno esaudite. “Nessun partito politico ha preso posizione a nostro favore, ma crediamo che i cristiani nepalesi siano con noi”, ha dichiarato il pastore protestante Chari Bahadur Gahatraj, uno dei leader della manifestazione a cui hanno aderito anche diversi attivisti per i diritti umani. Un altro esponente cristiano, il pastore Sunde Thapa, presidente della commissione consultiva cristiana per la nuova costituzione, ha affermato che se il Governo non farà nulla, la protesta crescerà. Secondo la comunità cristiana nepalese l’inerzia delle autorità nepalesi costringe molti fedeli a cremare i propri cari. I leader cristiani sottolineano che gli indù impediscono le sepolture anche in altre regioni del Nepal e chiedono al governo un provvedimento per assegnare aree adibite a cimiteri in tutti i 75 distretti del Paese. In questi anni la speculazione edilizia a Kathmandu ha ridotto le aree per la sepoltura e i costi dei terreni liberi sono così alti che nessuna comunità cristiana può acquistarli. Fino al 2006 l’induismo è stata la religione ufficiale del Nepal. Per tradizione gli indù cremano i propri morti e nel Paese non esistono cimiteri ufficiali. Costretti a utilizzare una tomba per più corpi, cristiani, musulmani, baha’i e indigeni chiedono di concedere a basso costo delle aree da adibire a cimitero. (L.Z.)

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    Regno Unito: nuova iniziativa di promozione vocazionale promossa dalla Chiesa

    ◊   Si intitola “Voci sulle vocazioni” (“Vocation Voices”) la nuova iniziativa di promozione vocazionale promossa dall’Ufficio nazionale per le vocazioni della Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles per la 48ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Domenica 15 maggio, al termine della Messa per la Giornata, centinaia di giovani tra i 18 e i 35 anni porteranno nelle parrocchie inglesi e gallesi la loro testimonianza personale. Tra essi ci saranno soprattutto seminaristi e novizi, ma anche giovani laici sposati e single. Ad ispirare l’iniziativa del nuovo direttore dell’Ufficio per le vocazioni, il monaco benedettino Christopher Jamison, scrittore e autore di programmi di successo della Bbc come “The Monastery” e “The Big Silence”, è stata la celebre frase del Beato John Henry Newman: “Dio mi ha creato per renderGli un determinato servizio. Per creare una cultura vocazionale - spiega padre Jamison - occorre prendere a cuore questa sua intuizione. Per la Domenica delle vocazioni abbiamo bisogno di tante persone che la testimonino nella loro vita, richiamando allo stesso tempo l’attenzione sullo straordinario dono di sacerdoti e religiosi fatto alla Chiesa”. Insieme alle “Voci sulle vocazioni” le diverse parrocchie che hanno aderito all’iniziativa riceveranno anche una icona del cardinale Newman che verrà collocata in chiesa come centro significativo delle preghiere e delle meditazioni volte a discernere la propria vocazione. (L.Z.)

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    Premio Vieira De Mello all’Ong irachena Al Mesalla

    ◊   “Per aver veicolato in tutto il Paese, nonostante le divisioni ideologiche, religiose ed etniche, un messaggio di non violenza come unico strumento efficace per risolvere le differenze e costruire un Iraq democratico e pacifico”. E’ questa la motivazione del premio consegnato ieri a Ginevra dal presidente della Commissione Europea Barroso all’Ong irachena Al Mesalla Center for Human Resoucres Development. Il premio è intitolato a Sergio Vieira de Mello, rappresentante speciale del segretario delle Nazioni Unite ucciso in un attentato in Iraq nel 2003. Come riferisce l’agenzia Sir, Francesca Manfroni, responsabile dell’ufficio stampa dell’Ong italiana “Un ponte per”, da sette anni partner con l’omologa irachena, ha dichiarato che “le attività promosse da Al Mesalla si concentrano sulla formazione della società civile, sui metodi non violenti e sulla costruzione della pace attraverso l’organizzazione di workshop formativi, forum, iniziative a sostegno dei sindacati, attività di sensibilizzazione e di educazione nelle scuole e nelle università, fino alla preparazione di una maratona di pace a Baghdad, prevista il prossimo mese di ottobre”. (G.P.)

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    La Caritas dell'Aquila risponde alla generosità dei giapponesi

    ◊   Una veglia di preghiera per il popolo giapponese e una raccolta fondi. Così – fa sapere oggi con un comunicato la Caritas Italiana ripreso dall'agenzia Sir - la Caritas diocesana dell’Aquila risponde alla generosità che i giapponesi avevano manifestato in occasione del terremoto che nel 2009 colpì la città abruzzese. A quasi due anni quindi dal sisma, la Caritas diocesana dell’Aquila ha promosso per domani, una veglia di preghiera a Pile e sta raccogliendo fondi per il Giappone. “Proprio come fece Caritas Giappone che, in occasione del sisma del 6 aprile, tramite la colletta di Caritas Italiana donò 62.400 euro”. Si tratta – commenta la Caritas Italiana – di “una vicinanza e una solidarietà che nel dolore si rafforza e diviene reciprocità”. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Giappone: nuovi timori per la fuoriuscita di plutonio dalla centrale di Fukushima

    ◊   Massima allerta in Giappone. Il governo di Tokyo ritiene "possibile" una fuoriuscita di plutonio dalla centrale nucleare di Fukushima. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Ad ammetterlo davanti alla stampa è stato il capo di gabinetto, Yukio Edano: si tratterebbe – il condizionale è d’obbligo - di livelli di plutonio ancora bassi, senza rischi immediati per la popolazione ma nuovi pericoli sì per i tecnici impegnati a porre in sicurezza la centrale. Intanto il premier Naoto Kan ha riferito al Parlamento che il governo è "in stato di massima allerta" per Fukushima, dove la situazione resta "imprevedibile" perché i sistemi di raffreddamento di molti reattori sono guasti e le fughe radioattive si sono moltiplicate dal giorno del sisma. Atteso a breve l’arrivo di due tecnici dell’Areva, colosso francese dell’energia nucleare, per aiutare la Tepco, gestore dell’impianto, a rimuovere il materiale radioattivo contenuto nell'acqua, sopratutto dal reattore n.2; qui la radioattività è pari a quattro volte il livello massimo di esposizione annuale per un lavoratore in condizioni d'emergenza. L'uso dell'energia pulita – ha annunciato il capo di gabinetto, Edano - sarà alla base dei piani di ricostruzione delle aree devastate dal sisma e dallo tsunami del'11 marzo scorso. Tracce di materiale radioattivo sono state riscontrate nell'aria di Shanghai e in altre aree costiero-orientali cinesi, senza problemi per ambiente e salute pubblica secondo il Comitato nazionale cinese per il coordinamento delle emergenze nucleari, che ha diffuso i dati. Sale la preoccupazione anche nella comunità internazionale. La compagnia di bandiera svizzera Swiss ha deciso di controllare i livelli di radiazioni di bagagli e merci provenienti dal Giappone, dove i nuovi timori si riflettono sulla Borsa, in calo dello 0,21%. Solidarietà a Tokyo da parte del G20 arriverà per voce del presidente francese Sarkozy, atteso giovedì in Giappone.

    Russia: operazione anti-terrorismo in Inguscezia
    Operazione anti-terrorismo di Mosca in Inguscezia, nel primo anniversario dell'attentato nella metropolitana di Mosca, che fece 40 morti e un centinaio di feriti. In una battaglia in cui sono stati uccisi 16 terroristi, è stata sgominata una cellula estremista che ruotava attorno al capo guerrigliero caucasico Doku Umarov, forse tra le vittime. L'attacco è avvenuto a Sunzhenskom, poco distante dalle frontiere di Cecenia e Ossezia del nord, riferiscono i giornali locali “Kommersant” e “Rossiskaja Gazeta”, citando fonti degli organi di sicurezza federali.

    Oman: esercito disperde manifestanti a Sohar
    L'esercito dell'Oman ha disperso oggi con la forza un gruppo di manifestanti, raccolti da oltre un mese in un sit-in a Sohar, 200 chilometri a nord della capitale Muscat, per denunciare la corruzione e chiedere riforme politiche e sociali. Le forze di sicurezza - secondo l'agenzia di stampa ufficiale Ona - hanno arrestato ''alcune persone ricercate'' per aver ''bloccato le strade e aggredito poliziotti''. A scatenare le proteste, la morte di un giovane, ucciso dalle Forze di sicurezza alla fine di febbraio, nei pressi di una stazione di polizia di Sohar. Il malcontento non si è placato nonostante che all'inizio di marzo, il sultano Qabus abbia proceduto ad un ampio rimpasto ministeriale ed abbia annunciato la creazione di 50 mila nuovi posti di lavoro.

    India-Pakistan: colloqui su terrorismo e criminalità
    Secondo giorno di colloqui a New Dheli - i primi dopo tre anni - tra India e Pakistan per discutere di lotta al terrorismo e criminalità. I negoziati fanno parte del processo di pace ripreso all'inizio dell'anno e coincidono con una fase di disgelo tra i due Paesi asiatici, che domani sera si sfideranno nella semifinale mondiale di cricket, nello stadio di Mohali, nel Punjab. Atteso evento sportivo, che sarà seguito da oltre un miliardo di tifosi nel mondo e che vedrà anche un incontro fuori programma tra il premier indiano Manmohan Singh e quello pachistano Raza Yusuf Gilani, invitato dal governo indiano per l'occasione.

    Pakistan: scontri con ribelli nelle aree tribali, 13 soldati uccisi
    Tredici soldati pakistani sono rimasti uccisi nel corso di scontri con i ribelli filotalebani nelle aree tribali del Pakistan nordoccidentale, vicino al confine con l'Afghanistan. I soldati sarebbero morti a causa di un bombardamento errato delle stesse truppe di Islamabad. L'incidente sarebbe avvenuto lunedì notte durante un raid delle guardie frontaliere nel distretto di Khyber, area abitata dai clan, come ha ammesso il generale Asif Yasin Malik, comandante delle forze armate nel Pakistan nordoccidentale.

    Afghanistan: talebani conquistano distretto nel Nuristan
    I talebani afghani hanno conquistato il distretto di Waint Waigal nella provincia orientale del Nuristan, al confine con il Pakistan. Lo hanno reso noto responsabili locali della sicurezza, sollecitando l'invio urgente di uomini e mezzi per preparare una controffensiva. Da parte talebana è stato confermato il buon esito dell'operazione, che ha anche permesso di acquisire molte armi ed equipaggiamento militare.

    Cuba: il cardinale Ortega incontra l’ex presidente Usa Carter
    L’ex presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, è stato ricevuto ieri a Cuba dal cardinale Jaime Ortega, arcivescovo de L’Avana, al suo arrivo nell’isola caraibica nell’ambito di una visita di tre giorni, in compagnia della moglie e di alcuni collaboratori. Il colloquio a porte chiuse si è svolto nella sede dell’arcivescovado. Un incontro – riferisce una nota del porporato - “cordiale ed ameno”, durante il quale Carter ha manifestato “la sua soddisfazione per il processo di dialogo che conduce la Chiesa a Cuba con il governo del presidente Raul Castro Ruz” e che “ha portato alla scarcerazione di più di cento prigionieri cubani”. L’ex presidente Carter ha inoltre manifestato “vivo interesse per il lavoro pastorale della Chiesa cattolica a Cuba”.

    Cina: ‘sparizione’ di un dissidente
    Uno scrittore australiano di origine cinese è ''sparito'' da domenica scorsa all'aeroporto di Guangzhou, nel sud della Cina, dopo essere stato seguito da tre uomini. Lo ha denunciato il quotidiano Sidney Morning Herald, secondo il quale lo scrittore, Yang Henjun, potrebbe essere l'ultima vittima di un'ondata di ''sparizioni'' di dissidenti cinesi, che ha già avuto tra le sue vittime alcuni degli avvocati democratici più in vista del Paese. La repressione del dissenso si è intensificata dopo il lancio, in febbraio, delle cosiddette ''passeggiate dei gelsomini'', manifestazioni pacifiche pro-democrazia organizzate attraverso Internet.

    Italia: arresti eccellenti nel crimine organizzato
    La Polizia di Caserta ha arrestato il latitante Carmine Morelli, esponente di spicco del clan ''dei Casalesi-gruppo Schiavone''. Latitante dal luglio 2010, l'uomo era ricercato per il triplice omicidio di Papa-Minotolo-Buonanno, affiliati della stessa organizzazione camorrista. Con la cattura di Morelli sono stati arrestati tutti i componenti del gruppo che ideò, organizzò ed eseguì il triplice omicidio, tra cui anche il mandante, Nicola Schiavone, figlio di Francesco ''Sandokan'' e Francesco Salzano, catturato il mese scorso in Brasile, dove aveva trovato rifugio. Arrestate per favoreggiamento aggravato anche quattro persone sorprese nell'abitazione dove il latitante è stato arrestato. In un’altra operazione antimafia, beni per oltre 10 milioni di Euro sono stati sequestrati, dalla Dia di Caltanissetta e dai Carabinieri, a Salvatore Seminara, considerato dai magistrati un capo delle cosche dell'ennese, che sta scontando in carcere 10 anni. I sigilli sono stati posti a più di 40 immobili tra terreni e fabbricati, numerosi conti correnti bancari e aziende di allevamento. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Gisotti)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 88

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.