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Sommario del 28/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Situazione dei cristiani e libertà religiosa in Medio Oriente al centro dell'udienza del Papa con l'arcivescovo Chrysostomos II, primate della Chiesa ortodossa di Cipro
  • Nel segno della memoria, la visita del Papa alle Fosse Ardeatine: il commento dello storico della Cattolica, Giovagnoli
  • Dal "Cortile dei Gentili", la riflessione del cardinale Ravasi sull’idea di laicità in rapporto ai ‘venti’ riformatori nel mondo arabo
  • Udienza
  • Possessi cardinalizi dei cardinali Mauro Piacenza e Raymundo Damasceno Assis
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Libia: avanzata dei ribelli anti-Gheddafi. Alla vigilia della Conferenza internazionale di Londra, le speranze del vicario apostolico di Tripoli, mons. Martinelli
  • Emergenza sbarchi a Lampedusa: 2 mila nuovi immigrati nelle ultime 24 ore
  • Sempre più alto l’allarme radioattività alla centrale nucleare di Fukushima
  • I problemi irrisolti del Sudan: ancora tensioni, dopo il referendum che ha sancito l’indipendenza del Sud del Paese
  • “Igino Giordani e la sua Tivoli”: in un volume la storia del deputato cofondatore del movimento dei Focolari
  • Chiesa e Società

  • I vescovi del Nord Africa dicono “no alla guerra" e fanno loro l’appello del Papa
  • Incontro in Germania di vescovi tedeschi e africani sulla migrazione
  • Il vescovo caldeo di Kirkuk, in Iraq, non vede segnali positivi nelle rivolte nel mondo arabo
  • La reazione degli estremisti islamici in Pakistan al rogo del Corano del pastore Jones
  • Avvocato pakistano minacciato di morte perchè contro la legge sulla blasfemia
  • Pakistan. Appello di Asia Bibi: “sogno di incontrare il Papa”
  • India: la Chiesa si oppone fermamente alle discriminazioni contro i dalit
  • L’organizzazione cattolica indiana Csf chiede un’indagine per chiarire i pogrom del 2008
  • Rapporto di Amnesty International sulla pena di morte: in Cina il maggior numero di esecuzioni
  • Giappone: la Chiesa aiuterà i pescatori esclusi dal sostegno governativo
  • Myanmar: dopo il terremoto primi soccorsi nei villaggi dello Shan
  • Sri Lanka: vescovo di Mannar dona la terra a 52 famiglie di sfollati interni
  • Canada: gli aiuti della Chiesa per la crisi in Costa d'Avorio
  • Usa: soddisfazione dei vescovi del Dakota e New Hampshire per i provvedimenti contro l'aborto
  • Perù: i vescovi lanciano uno spazio web per “votare con coscienza” alle prossime elezioni
  • Russia: dal 2012 la religione sarà materia di studio nelle scuole
  • Moldova: la Chiesa chiede allo Stato il rispetto del diritto di proprietà dei beni ecclesiastici
  • I Missionari colombani all’estero: un’esperienza che cambia la vita
  • Dottorato ad honorem in Bioetica per il cardinale Sgreccia dall’ateneo “Regina Apostolorum”
  • Gmg 2011: un corso per volontari che vogliono fare la guida a Madrid
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Siria le forze di sicurezza sparano nuovamente sui manifestanti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Situazione dei cristiani e libertà religiosa in Medio Oriente al centro dell'udienza del Papa con l'arcivescovo Chrysostomos II, primate della Chiesa ortodossa di Cipro

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto, stamani in udienza, l'arcivescovo Chrysostomos II, primate della Chiesa ortodossa di Cipro. Durante il colloquio, informa una nota della Sala Stampa vaticana, si sono esaminati, tra l’altro, la situazione dei cristiani in Medio Oriente e il tema della libertà religiosa nell’isola del Mediterraneo. La storia del Paese, dove il 78% degli abitanti sono ortodossi, è profondamente legata a quella della Chiesa cipriota. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Benedetto XVI e l’arcivescovo Chrysostomos II si sono già incontrati in occasione della visita del primate ortodosso a Roma dal 12 al 19 giugno del 2007 e del viaggio apostolico del Santo Padre a Cipro dal 4 al 6 giugno del 2010. La dimensione ecumenica si è rivelata uno degli aspetti principali del viaggio apostolico. In quell’occasione, il Pontefice aveva ribadito “la necessità di consolidare la reciproca fiducia e l’amicizia durevole con tutti quelli che adorano l’unico Dio”. L’arcivescovo Chrysostomos II, prima del viaggio a Cipro di Benedetto XVI, aveva sottolineato che “la volontà di Dio è che tutte le fedi e tutte le Chiese siano unite e siano una cosa sola”.

    Subito dopo l’udienza con Benedetto XVI, l’arcivescovo Chrysostomos II ha incontrato oggi il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. Prima della partenza, prevista il prossimo 30 marzo, sono previsti colloqui anche con il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali ed il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Sono previsti, anche incontri con il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, ed il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso.

    La Chiesa cipriota, ricca di testimonianze che risalgono fino agli albori della cristianità e all’apostolo Barnaba, ha un ruolo centrale anche nella storia recente di Cipro. Subito dopo l’indipendenza avvenuta nel 1960, l’arcivescovo Makarios III, senza lasciare la guida pastorale degli ortodossi, è stato eletto primo presidente della neonata Repubblica di Cipro. Dopo l’occupazione turca della parte settentrionale di Cipro e la separazione nel 1974 tra le due comunità dell’isola, greco-ciprioti e turco–ciprioti, il successore di Makarios III, l’arcivescovo Chrysostomos I, ha accompagnato il Paese verso l’ingresso in Europa. Nel 2006 è stato nominato primate della Chiesa ortodossa l’arcivescovo Chrysostomos II, eletto direttamente dal popolo perché la guida della comunità ortodossa cipriota ha anche la funzione di “etnarca”, ovvero di rappresentante della popolazione greca dell’isola.

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    Nel segno della memoria, la visita del Papa alle Fosse Ardeatine: il commento dello storico della Cattolica, Giovagnoli

    ◊   Un momento storico nel segno della memoria e della dignità dell’uomo: ha avuto ampia eco, a livello internazionale, la visita che Benedetto XVI ha compiuto ieri al sacrario delle Fosse Ardeatine, dove 67 anni fa i nazisti trucidarono 335 civili innocenti. In questo luogo, ha detto il Papa con parole commosse, è stato offeso Dio. Per una riflessione sul significato di questa visita, Alessandro Gisotti ha intervistato lo storico Agostino Giovagnoli, docente all’Università Cattolica di Milano:

    R. – Rappresenta un elemento importante, come del resto anche altre prese di posizione di Papa Ratzinger nei confronti del nazismo, durante le sue visite in Germania, ad Auschwitz ed anche in altre occasioni. Bisogna dire che Benedetto XVI non si è sottratto a queste attese e ancora una volta lo ha rimarcato con grandissima fermezza.

    D. – Questo colpisce anche del discorso che il Santo Padre ha rivolto ieri alle Fosse Ardeatine: “un’offesa a Dio e all’uomo”...

    R. – Volere equiparare il peccato contro l’uomo al peccato contro Dio significa volere in qualche modo sottolineare il carattere assoluto della condanna e anche la violenza del male compiuto in questo modo. Un male che non può conoscere attenuazioni o giustificazioni di carattere storico. Trattandosi poi di una vicenda storica che riguarda il nazismo, ciò colpisce in modo particolare.

    D. – Come già Giovanni Paolo II, anche Benedetto XVI persegue l’impegno della "purificazione della memoria"...

    R. – Benedetto XVI ritiene che occorra avere chiarezza di fronte a ciò che invece potrebbe sembrare ambiguo. La Chiesa deve essere del tutto monda dalle colpe e dalla "polvere della storia", se così si può dire, anche se naturalmente il peccato è sempre presente. Quindi, questa presa di posizione è in linea con altre su diversi campi. C'è la chiarezza, la nettezza tipica del magistero ratzingeriano.

    D. – Da ultimo, senza dubbio, anche una visita nel segno della memoria – abbiamo detto – della dignità dell’uomo, della riconciliazione...

    R. – La gradita presenza degli ebrei è stata, in qualche modo, anche sollecitata. Certamente tra le vittime delle Fosse Ardeatine ci sono stati anche 76 ebrei, ma il modo in cui è stata sottolineata questa presenza con il rabbino Di Segni sta ad indicare ancora una volta che Benedetto XVI ha una particolare attenzione verso il popolo ebraico, sente in modo particolare la responsabilità di chiarire, al di là di equivoci che talvolta si sono creati durante il suo Pontificato, la sua netta presa di posizione a favore di un rapporto chiaro e forte con gli ebrei. (ap)

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    Dal "Cortile dei Gentili", la riflessione del cardinale Ravasi sull’idea di laicità in rapporto ai ‘venti’ riformatori nel mondo arabo

    ◊   Dopo Parigi, saranno Tirana e Firenze ad accogliere il “Cortile dei Gentili”, e poi molte altre città in tutto il mondo, che si sono già offerte di ospitare quest’iniziativa, volta a rilanciare il dialogo tra credenti e non credenti, fortemente voluta da Benedetto XVI e che ha già riscosso, la scorsa settimana, un grande successo nella capitale francese. Roberta Gisotti ha intervistato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, responsabile dell’innovativo progetto:

    D. - Eminenza, quali suggestioni, emerse da queste giornate inaugurali, intendete approfondire nei prossimi appuntamenti?

    R. – L’atmosfera di Parigi è stata di grande aiuto per poter iniziare questo itinerario. C’è stata una partecipazione, soprattutto nell’orizzonte intellettuale, molto forte e molto intensa. A Parigi avevamo veramente tutti gli ambiti possibili, tutti i punti cardinali, che andavano dalla cultura alla società, dai temi scientifici ai temi del diritto, dall’arte alla spiritualità. Poi c’è stata quella conclusione così solenne, con i giovani, nella grande piazza davanti a Notre-Dame. Questo orizzonte così complesso, così vasto, così mutevole, ora noi vorremmo, in un certo senso, renderlo più specifico, svilupparlo per settori. Ed è per questo che vorremmo cominciare a Tirana, erede di un Paese – l’unico al mondo - che ha avuto nella sua Costituzione l’ateismo, come ateismo di Stato in maniera ufficiale, e che ora invece si trova in un’altra prospettiva. Vorremmo iniziare magari più specificatamente sul tema del rapporto tra società e spiritualità o indifferenza religiosa. Questo sarà il primo, ma poi ci allargheremo su temi più specifici. Firenze sarà l’Università in quanto tale, poi ci sarà Barcellona, Stoccolma, Valencia, Quebec, Praga e anche Milano. E’ una sorta di calendario che cresce sempre di più e si ramifica e che in ogni caso diventa sempre più settoriale nel dialogo tra credenti e non credenti.

    D. – Il Papa nel suo videomessaggio, trasmesso a Parigi, ha detto che le religioni non devono avere paura di una laicità giusta e aperta, che lascia ognuno libero di credere o no, rispettosa di fronte al diritto di tutti a rimanere fedeli alle proprie convinzioni, e in fraternità con l’altro. Questa indicazione porta a riflettere anche sugli avvenimenti che stanno attraversando in questo periodo il mondo arabo, dove abbiamo società fortemente impregnate dalla religione islamica, che ora vengono aprendosi alla libertà e quindi anche alla libertà religiosa...

    R. – Questo tema è sicuramente un tema di grande rilievo, perché c’è il rischio che un popolo cercando, in qualche modo, di liberarsi dalla teocrazia, la quale cancella la laicità, unendo trono e altare - come spesso succedeva in questi Paesi, o almeno in alcuni di essi - togliendo perciò certe forme marcatamente di unificazione tra la cultura e la religione, alla fine si abbia un vuoto, un vuoto interiore, un vuoto di ordine generale, che non è soltanto religioso e spirituale, è un vuoto anche culturale. Per questo credo che il tema della laicità anche in questi Paesi – la corretta laicità – diventerà sicuramente uno dei temi capitali. Devo dire che a Parigi io ho vissuto un’esperienza abbastanza suggestiva, perché nel pranzo ufficiale, che mi ha offerto lo chancelier della Sorbona - il grande rettore magnifico di tutte le Università, tra l’altro, di Parigi - uno dei temi che è emerso alla presenza di grandi figure della cultura francese è stato proprio questo: la laicità, che è effettivamente molto più vissuta con rigore e con apertura in Francia di quanto non accada per esempio in Italia, dove ancora, forse, lo scontro tra clericalismo e anticlericalismo è quasi sotteso a questo discorso. Speriamo perciò che, non solo per questi Paesi, che sono ora in questo momento di travaglio, ma anche per noi stessi, ci sia la possibilità di una rimeditazione su questo, che è uno dei temi fondamentali del dialogo tra credenti e non credenti. (ap)

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    Udienza

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto stamani un gruppo di vescovi indiani di rito Siro-Malabarese, in visita ad Limina.

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    Possessi cardinalizi dei cardinali Mauro Piacenza e Raymundo Damasceno Assis

    ◊   Il cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, prenderà possesso sabato 2 aprile della diaconia di San Paolo alle Tre Fontane. Il cardinale Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida, prenderà possesso domenica 3 aprile del titolo dell'Immacolata al Tiburtino.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Dall'abisso del male: in prima pagina, un editoriale del direttore sul pellegrinaggio di Benedetto XVI alle Fosse ardeatine.

    Una comunità solidale che riparte dalla vita e dalla famiglia: nell'informazione religiosa, la prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, per l'apertura del Consiglio permanente.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la crisi libica: la Turchia propone una mediazione.

    Stalin e il patriarca: in cultura, anticipazione dell'introduzione di Adriano Roccucci a un libro sulla difficile convivenza della Chiesa ortodossa russa con il potere sovietico.

    Un articolo di Vicente Cárcel Ortí dal titolo "Corsa contro il tempo per salvare i tesori di Madrid": durante la Repubblica e la guerra di Spagna, Federico Tedeschini spedì alla Città del Vaticano l'archivio della nunziatura.

    E Joy Gresham incontrò C.S. Lewis: Andrea Monda a colloquio con l'attrice Debra Winger.

    Un articolo di Simona Verrazzo dal titolo "Ben oltre le dodici fatiche": Ercole fondò anche numerose città tra cui Brescia che gli dedica una mostra.

    Contro i menù religiosi "à la carte": la meditazione del cardinale Walter Brandmuller in occasione della presa di possesso della chiesa di San Giuliano.

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    Oggi in Primo Piano



    Libia: avanzata dei ribelli anti-Gheddafi. Alla vigilia della Conferenza internazionale di Londra, le speranze del vicario apostolico di Tripoli, mons. Martinelli

    ◊   In Libia, si continua a combattere, mentre domani a Londra è in programma la conferenza internazionale sulla situazione nel Paese. All’appuntamento – ha affermato il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, in risposta a domande dei giornalisti – la Santa Sede sarà rappresentata dal nunzio apostolico a Londra, mons. Antonio Mennini. Sul versante delle operazioni militari, intanto, l’attenzione si concentra su Sirte, la città natale di Gheddafi, che sembra destinata ad assumere un ruolo di primissimo piano nelle prossime ore. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    Centinaia di mezzi dei ribelli sono in marcia sulla strada che conduce a Sirte. Si segnalano i primi scontri ad una cinquantina di chilometri dalla città, dopo il blocco attuato dalle forze lealiste 140 chilometri a est. Smentita la notizia della ritirata dell’esercito regolare circolata stamattina. A Sirte, dove è nato il colonnello, ci sono molte tribù fedeli al rais e pronte a fare di tutto pur di difenderlo. Ne è convinto il collega freelance, Cristiano Tinazzi, che si trova nell’area:

    "E’ impensabile che non combattano in questa città. Mentre in altri posti si potrebbe pensare comunque ad un cambio di alleanze tra tribù, a Sirte la gente è terrorizzata - complice anche un certo tipo di disinformazione e controinformazione – per quello che i ribelli potranno fare. Quindi, è impensabile che non combattano veramente fino all’ultimo proiettile".

    E la battaglia prosegue anche a Misurata ancora, in parte, in mano alle forze leali a Gheddafi, che stamattina sono tornate a bombardare la città dopo gli scontri della notte scorsa. Il bilancio è di almeno 8 morti, una cinquantina, invece, quelli che si contano ad Ajdabya. I ribelli, appoggiati dai raid aerei degli alleati, puntano su Tripoli. Hanno riconquistato Brega e altri importanti centri petroliferi e si dicono pronti a commercializzare l’oro nero. Il Qatar, intanto, ha riconosciuto la legittimità del consiglio transitorio dei ribelli, mentre la Turchia, offrendo la sua mediazione tra le parti, chiede di assumere la gestione dell’aeroporto di Bengasi per organizzare gli aiuti umanitari. Le Ong segnalano il costante aumento degli sfollati, mentre la Russia ha avanzato dubbi sulla legittimità della missione internazionale rispetto alla risoluzione dell’Onu, ricordando che la priorità è proteggere i civili. Rassicurazioni in tal senso sono giunte sia dalla Nato sia dalla Gran Bretagna. Domani alla conferenza di Londra forse emergerà una proposta italo-tedesca, che si fonderebbe sull’apertura di un corridoio umanitario permanente e il coinvolgimento nel dialogo di tutte le tribù libiche. Più di una trentina i Paesi presenti all’appuntamento nella capitale Britannica. Il nunzio a Londra mons. Mennini, rappresenterà la Santa Sede.

    Ha avuto vasta eco in Libia l’appello al dialogo lanciato, ieri all’Angelus, da Benedetto XVI che ha espresso preoccupazione per l’incolumità dei civili esortando le parti ad intraprendere la strada diplomatica. Per una riflessione sulle parole del Papa, Eugenio Bonanata ha intervistato il vicario apostolico di Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli:

    R. – Innanzitutto, nella comunità cristiana c’e tanta speranza che la parola del Papa possa essere veramente ascoltata dai politici e da chi ha responsabilità in questo contesto. Era la parola che noi aspettavamo e sicuramente il Papa ha interpretato il desiderio di tutti gli uomini che lavorano in questo Paese. Proprio questa mattina ho consegnato la nota di questo messaggio del Papa al protocollo, alle autorità libiche, all’ufficio islamico della Islamical Society, per mostrare come il Papa, la Santa Sede, la Chiesa siano attenti a quello che capita in Libia. Accanto alla preghiera, giunge anche il messaggio di interpretare la voce di quanti soffrono. E' un messaggio da far arrivare a chi ha potere e responsabilità .

    D. – Qual è stata la reazione delle istituzioni libiche?

    R. – Difficile dirlo così, nell’immediato, perché non abbiamo ancora reazioni. L’abbiamo consegnata appena questa mattina e ci sembra che comunque abbia già avuto – per quello che mi è dato di apprendere – una grande risonanza positiva. Il Papa si interessa alla pace in un contesto arabo musulmano: questo mi sembra una cosa molto bella. E’ una cosa che va al di là di tutte le interpretazioni che si possano fare. E’ stata, inoltre, una parola molto equilibrata e molto attenta e mi sembra che, nel segnale e nel modo, rispetti e non interferisca nella politica o in altri aspetti, ma che interpreti perfettamente l’animo di questa gente che soffre.

    D. – Domani, la Conferenza di Londra: quali sono le vostre speranze?

    R. – Io mi auguro che non soltanto l’Europa, ma anche l’Unione Africana possa prendere parte a questi concerti politici, perché l’Unione Africana ha un ruolo importante e un ascendente sulla Libia e presso Gheddafi, e quindi fare a meno di loro significa un po’ non dare peso al ruolo della Libia nella storia di oggi in Africa. L’Unione Africana ha già fatto presente che qualsiasi cosa, senza questa realtà africana, rende le istanze e le decisioni non complete.

    D. – Come si vive in queste ore a Tripoli?

    R. – Calma e attesa: dopo la notte di bombardamenti, anche se non direttamente su Tripoli ma fuori Tripoli, l’animo è inquieto. C’è la fila per prendere la benzina, la fila dal panettiere per prendere il pane, la fila per comprare il necessario nelle botteghe … C’è tutto un disagio comune, una tristezza … ecco, sul volto della gente si coglie veramente la tristezza, la tristezza perché non è mai stato così! Adesso si sente tutta l’esasperazione di non poter risolvere questa situazione, e non si vede ancora come la si possa risolvere … (gf)

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    Emergenza sbarchi a Lampedusa: 2 mila nuovi immigrati nelle ultime 24 ore

    ◊   Picco record di arrivi a Lampedusa: sono quasi 2 mila i migranti arrivati nelle ultime 24 ore sull'isola e dai dati forniti dall'ufficio della Regione Sicilia si apprende che al momento il totale delle presenze è di oltre 5500 persone. Purtroppo una rapina fatta nella notte in una casa ad opera di 5 extracomunitari rischia di contribuire a far alzare la tensione. Dal canto suo, il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, dopo aver visitato l’isola, ha affermato che tutti gli Stati membri dell’Ue devono fare la loro parte se si vuole far fronte alle sfide poste dall’immigrazione, rispettando i diritti umani dei migranti. Il servizio è di Gabriele Papini:

    “Lampedusa è da sempre terra di accoglienza di migranti, però non può essere l’unico contenitore di un flusso straordinario”. Queste le parole di don Benedetto Genualdi, direttore della Caritas di Palermo in un’intervista all’agenzia Misna. Don Genualdi afferma che “si sta gestendo male l’emergenza sia nell’assistenza ai migranti sia in quella alla popolazione lampedusana”. La Caritas, sottolinea don Genualdi, “ribadisce il suo ruolo di organismo pastorale, che significa anche servizio all’accoglienza”, ma si pongono problemi obiettivi. Non dimentichiamo - continua il direttore della Caritas - che Lampedusa ha problemi di approvvigionamento in tempi normali, figuriamoci con una popolazione raddoppiata”. “Non è ancora emergenza sanitaria – sottolinea il parroco di Lampedusa, don Stefano Nastasi – e attendiamo il responso degli ispettori inviati dal ministero della Sanità e dalla regione Sicilia, arrivati oggi". Un’azione urgente per allentare la tensione è stata chiesta dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati alle autorità italiane. Visto da Tunisi, il fenomeno migratorio verso l’Europa non è tanto diverso rispetto al passato. “All’origine della scelta di migrare - spiega padre Ramon Echeverria, vicario generale della diocesi di Tunisi - ci sono questioni di tipo economico correlate ad una tradizione per i giovani, quella di viaggiare, acuita dal contesto post crisi e da un maggiore senso di libertà”. Da New York il presidente della Repubblica italiana Napolitano sottolinea che l’Italia è una delle ultime nazioni che dopo essere stati Paesi di emigrazione, sono diventati luogo di immigrazione, e che bisogna governare la nuova situazione che si è creata, anche se non è semplice. Secondo Napolitano, “c’è la stessa ricerca disperata di lavoro e di vita decente”, ma “nel frattempo è cambiato il contesto mondiale”.

    Altri 500 immigrati, la notte scorsa, sono stati trasferiti nel "Villaggio della solidarietà'' di Mineo, nel catanese. Con questi ultimi arrivi il numero di ospiti della struttura etnea sale ad oltre 2 mila. Dal centro però continuano le fughe di diversi migranti. Alessandro Guarasci ha intervistato padre Nuccio Caniglia, direttore della Caritas di Caltagirone, competente su Mineo:

    R. - Sentiamo tutto il peso di questa realtà. Lo sentiamo sia come sensibilità nei confronti di questi fratelli che arrivando da fuori, spesso vengono sballottati a destra e a manca senza che magari si sentano le loro ragioni o le loro esigenze; sentiamo però anche la paura, la difficoltà della gente che naturalmente sta subendo questa presenza così massiccia che, da un certo punto di vista, sta destabilizzando una realtà che già di per sé è destabilizzata per altre motivazioni.

    D. - Alcuni sindaci dell’area, però, hanno denunciato il fatto di essere stati lasciati soli dal governo centrale: voi respirate questo clima di sfiducia normalmente?

    R. – Io posso dirle una cosa: che la Caritas non è stata assolutamente chiamata; che noi non sappiamo assolutamente come muoverci e a chi rivolgerci. Sappiamo una cosa: che la Caritas è presente, è presente attraverso le nostre parrocchie.

    D. - Questa struttura però sta cambiando il modo di vivere del territorio, secondo lei?

    R. - A noi non preoccupa l’accoglienza. Siamo in una fase iniziale e come tutte le cose nuove cambiano l’aspetto del territorio perché la gente si ritrova decine di questi fratelli in mezzo agli agrumeti … Questo è quello che noi captiamo dalla voce della gente comune ... (ma)

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    Sempre più alto l’allarme radioattività alla centrale nucleare di Fukushima

    ◊   La radioattività all'esterno del reattore n.2 di Fukushima ha registrato un ulteriore balzo, superando quota 1.000 millisievert/ora. A renderlo noto la Tepco, la società giapponese che gestisce l'impianto nucleare, che continua a fornire un balletto di cifre sul livello di radiazioni presenti nell’area. Ieri, aveva parlato di una radioattività di 10 milioni di volte superiore alla soglia di normalità; dato, questo, ridimensionato a distanza di qualche ora, fino a raggiungere la soglia di radiazioni di 100mila volte più alte del normale. Ma che effetti comportano radiazioni così alte? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al fisico Valerio Rossi Albertini, esperto di nucleare del Cnr:

    R. – Effetti drammatici su tutto il personale chiamato ad intervenire per tentare di domare il reattore, che sembra stia sfuggendo al controllo. L’unica possibilità, adesso, sarebbe di intervenire con dei droni, con dei robot che svolgano funzioni che finora hanno svolto i tecnici.

    D. – Un uomo fino a che livello di radiazione può sopportare?

    R. – Questa informazione è statistica, quindi non si può dire quale sia esattamente la soglia tollerabile. Convenzionalmente si dice che, prima che si possano avere dei danni irreversibili, il tasso di radiazione sopportabile è di qualche sievert, l’unità di misura di cui si è parlato in questi giorni. All’interno dei reattori di Fukushima sembrerebbe che in pochi minuti di esposizione si assorba la dose di qualche sievert.

    D. – Dal punto di vista territoriale qual è l’aerea maggiormente a rischio?

    R. – Questi dati provengono dall’interno del reattore, quindi non c’è una correlazione diretta con la contaminazione esterna. Bisognerà vedere se il guscio di protezione effettivamente è stato lesionato e come riusciranno i tecnici, ed eventualmente i robot preposti a questo scopo, a limitare la fuoriuscita di materiale radioattivo nell’ambiente circostante.

    D. – Si può fare un parallelo tra quanto sta avvenendo a Fukushima e quanto avvenne invece a Chernobyl?

    R. - Allo stato attuale sembra ancora di no, perché a Chernobyl ci fu la rottura, la frattura completa di tutte le strutture di contenimento, per cui il materiale nucleare, ormai ridotto ad un magma radioattivo, venne direttamente ed interamente a contatto con l’ambiente esterno. In questo caso, invece, ancora si parla di fughe e non di esposizione completa. Certo è che la situazione è ancora in evoluzione e finché non sarà detta l’ultima parola non ci potremo pronunciare.

    D. – C’è addirittura chi parla di una catastrofe che avrà delle ripercussioni sull’intero pianeta: è un po’ esagerato?

    R. – Anche in questo caso, in assenza di dati certi, possiamo soltanto prefigurare degli scenari. C’è un balletto di cifre ed è difficile fare una previsione che possa essere affidabile. Certo è che la situazione non sembra ancora sotto controllo e, quindi, ci potranno ancora essere, senz’altro, evoluzioni negative. (bf)

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    I problemi irrisolti del Sudan: ancora tensioni, dopo il referendum che ha sancito l’indipendenza del Sud del Paese

    ◊   Dopo il referendum, che ha sancito la separazione del Sud Sudan dal resto del Paese, non accennano a diminuire le tensioni. Nei giorni scorsi violenti combattimenti tra l'esercito del Sud e gruppi di ribelli, nelle regioni petrolifere, hanno causato decine di vittime. A questa situazione si aggiungono i problemi mai risolti con Khartoum proprio sul controllo dei giacimenti di petrolio. Per il Paese, in guerra dalla fine del colonialismo, negli anni ’50, rimane ancora in piedi anche la questione del Darfur, altra regione martoriata dai conflitti. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università degli Studi di Torino:

    R. – Il referendum ha confermato la volontà della popolazione del Sud di diventare autonoma, ma non ha risolto una serie di problemi molto gravi, molto delicati che reclamano una soluzione e che stanno provocando delle tensioni, soprattutto nelle zone di confine tra Nord e Sud. Il primo problema è come il Sud Sudan e il Sudan si spartiranno i proventi del petrolio, che sono il grande oggetto del contendere. Il Sud ha gran parte dei giacimenti, ma non ha modo di commercializzarli; in più ci sono problemi tribali secolari che complicano ulteriormente il quadro e che proprio in questi mesi hanno reso alcune regioni di confine particolarmente insicure e, come sempre succede in Africa, le componenti politiche in conflitto non perdono l’occasione di approfittare di queste tensioni per ottenere dei risultati.

    D. – Perché, nonostante un referendum svoltosi con l’accordo di tutte le parti si continua a confrontarsi con le armi e non attraverso il dialogo politico?

    R. – In generale, in Africa, c’è una difficoltà storica da parte dei contendenti a trovare delle soluzioni politiche e il ricorso alle armi è una costante del continente a partire dall’indipendenza.

    D. – E qual è la situazione in Darfur?

    R. – Ormai è un conflitto a bassissima intensità; è, però, anche questa una situazione in stallo, che per il momento non sembra possa trovare una soluzione; un conflitto, che in questo momento è uno dei peggiori dell’Africa, perché si parla di milioni di persone sfollate o fuori dal Paese e di alcune centinaia di migliaia di morti.

    D. – Quali gli interessi in gioco in questo caso?

    R. – Qui, da un lato, nuovamente, c’è una situazione secolare di conflitto tra etnie che hanno esigenze di uso diverso del territorio. In più a squilibrare la situazione e a suscitare il conflitto, nel 2003, si è messo il governo, che ha deciso di sostenere le popolazioni di origine araba contro quelle di origine africana, nell’ambito di quello stesso processo di arabizzazione del Paese, che è stato all’origine della guerra civile in Sud Sudan, conclusa con gli accordi globali di pace del 2005.

    D. – Qualsiasi situazione di conflitto in Africa porta con sé un’emergenza umanitaria grave...

    R. – Il Darfur è una situazione gravissima: ci sono milioni di persone che non vivono più a casa loro messi in fuga dalla paura di essere vittime di violenza e che vivono nei campi profughi allestiti dalle Nazioni Unite. E’ una situazione relativamente stabile, perché comunque la popolazione vive in questa situazione non certo invidiabile, ma relativamente sicura. Il problema grave in Sudan, come in altri Paesi, si ha quando non è possibile allestire un’assistenza efficiente e, quindi, chi fugge, fugge allo sbando, fugge praticamente con quello che riesce a portare con sé in mano, e quindi si trova senza neanche un tetto, sprovvisto di tutto e bisognoso di tutto. E’ quello che succede anche in Somalia da più di 20 anni. (ap)

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    “Igino Giordani e la sua Tivoli”: in un volume la storia del deputato cofondatore del movimento dei Focolari

    ◊   Tutti gli uomini sono figli di Dio e perciò fratelli tra loro. Di qui la necessità di aprirsi al dialogo con chiunque. Ne era convinto Igino Giordani, nato a Tivoli nel 1894, giornalista e scrittore, deputato, cofondatore con Chiara Lubich del Movimento dei Focolari. Di Giordani è in corso la causa di beatificazione. Contrario all’ingresso dell’Italia nella guerra del ’15-’18, nella sua attività politica si impegnò per il superamento di steccati ritenuti allora insuperabili. Della sua testimonianza parla il volume di Paolo Giorgi e Alberto Lo Presti: “Igino Giordani e la sua Tivoli” dell’editrice Città Nuova, presentato di recente a Roma. Adriana Masotti ha intervistato la sociologa, Marina Russo del Centro Igino Giordani che, insieme alla Provincia di Roma, ha promosso l’evento.

    R. – Per Giordani sicuramente la fraternità è un valore che egli percepisce fin dalla sua giovinezza e che, negli anni tremendi che hanno preceduto la Grande Guerra, lo porta a battersi nelle piazze contro l’interventismo; ma lo porta anche, quando si trova a dover combattere nella grande guerra del ’15-’18, a non volere mai sparare un colpo contro gli avversari perché per lui la vita dell’uomo era sacra. Fin dall’inizio c’era in lui il vedere l’altro come un fratello, figlio del medesimo Padre, come qualcuno che bisogna accogliere, anche quando sbaglia. Questo, poi, avrà una valenza fortemente politica e profetica, potrei dire, in quegli anni ’40 dell’immediato dopo guerra quando, nella prima legislatura italiana, si ritrova in parlamento a portare avanti istanze come ad esempio quella dell’obiezione di coscienza, suscitando, chiaramente, un grande scandalo tra le fila dei ben pensanti; e quando, nei primi anni ’50, si ritrova a dialogare persino con Davide Lajolo, che era all’Unità: per Giordani, infatti, la cosa importante era trovare insieme una via di dialogo e di pace, tra l’altro in un momento storico come quello in cui si stavano già delineando i due blocchi che caratterizzeranno tutta la Guerra Fredda degli anni ’50.

    D. - Igino Giordani credeva fortemente nel dialogo …

    R. - Dialogare con i socialisti o con i comunisti in quegli anni ’50 era sicuramente contro corrente e sarà uno dei motivi per cui, poi, verrà in qualche modo escluso dalla vita di partito. Politicamente veniva considerato un ingenuo. Questa ingenuità condannata in politica, in realtà, è la virtù di chi pensa sempre che ci sia un’altra possibilità. Questo libro mette anche in risalto un fatto accaduto nel ’57 a Tivoli: Tivoli era commissariata perché dopo le elezioni non si riusciva a formare un governo della città, i democratici cristiani e i comunisti erano praticamente in parità e l’ago della bilancia erano in quel momento i socialisti e i socialdemocratici. Giordani viene chiamato dal segretario della democrazia cristiana di Tivoli e viene chiamato proprio per la sua capacità di mettere d’accordo le varie parti. Infatti, ci riuscirà e condurrà una mediazione estremamente complessa: erano accaduti i fatti di Ungheria e, quindi c’era, da un lato, una forte contestazione nell’ambito della sinistra comunista e socialista ma, dall’altro lato, dal punto di vista democristiano, c’era un volersi assolutamente tenere al di fuori da qualsiasi dialogo con valori che venivano percepiti come lontani e sicuramente separati. In realtà Giordani, poi, non potrà avviare questo governo della città perché il partito socialista, dalla sede centrale di Roma, vieterà agli esponenti politici di Tivoli di cooperare insieme; però il dialogo c’era stato al punto che, addirittura, gli stessi politici comunisti di Tivoli avevano proposto Giordani come sindaco, come figura che era garanzia di rispetto e di dialogo per tutte le istanze in gioco.

    D. – Ciò che colpisce nel pensiero e nelle parole di Giordani è l’estrema attualità: in Italia, in mezzo a contrapposizioni violente a volte della politica; oppure nel discorso dei rapporti con le altre religioni; oppure - proprio in questo momento - la possibilità di intervenire o meno in altri Stati dove ci sono dei grandi cambiamenti …

    R. – Sì, infatti è anche questo il motivo per cui stiamo cercando di diffondere e di far conoscere la sua figura che può essere sicuramente un modello per la realtà politica e sociale di oggi. E’ significativo che il libro intitolato “Igino Giordani e la sua Tivoli” si concluda con il racconto di Paolo Giorgi, uno dei due autori, dell’iniziativa che il comune di Tivoli sta portando avanti dal 2000: un premio dedicato a Igino Giordani, in cui gni anno vengano premiate personalità della cultura o della politica che si siano distinte su temi affini proprio alla buona politica, al ben vivere sociale, potremmo dire. Contemporaneamente viene organizzato un concorso nelle scuole di tutta l’area di Tivoli in maniera tale da portare ai giovani queste istanze, nella speranza che si possano riprendere effettivamente questi valori: il valore centrale del dialogo ma anche quello di sentirsi partecipi e di volere assumere in prima persona una propria responsabilità; sentire che bisogna partecipare alla vita comunitaria per una società sicuramente più giusta e più pacifica. (bf)

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    Chiesa e Società



    I vescovi del Nord Africa dicono “no alla guerra" e fanno loro l’appello del Papa

    ◊   “I vescovi dell’Africa del nord (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia), che si trovano di fronte a processi di evoluzione storica che riguardano i Paesi arabi e specialmente il Maghreb, desiderano riaffermare il loro pressante appello al fine di trovare a questo doloroso conflitto, una soluzione giusta e degna per tutti. Per questo si uniscono all’appello lanciato ieri all'Angelus da Benedetto XVI” afferma un comunicato inviato all’agenzia Fides, firmato da mons. Vincent Landel, arcivescovo di Rabat (Marocco) e presidente della Cerna (la Conferenza episcopale della Regione del Nord Africa). I vescovi della Cerna riconoscono che nei recenti avvenimenti che si sono verificati nei Paesi del Maghreb vi è “una rivendicazione legittima di libertà, di giustizia e di dignità, in particolare da parte delle giovani generazioni. Questa rivendicazione si traduce nella volontà di essere riconosciuti cittadini responsabili, aventi la possibilità di trovare un lavoro che permetta loro di vivere decentemente, escludendo ogni forma di corruzione e di clientelismo”.“Oggi - continua il comunicato - questo vento di cambiamento attraversa la Libia. E noi ci uniamo in maniera particolare ai nostri fratelli vescovi di Tripoli e di Bengasi, e a tutte le popolazioni del Paese”. Anche i vescovi del Nord Africa riaffermano l’opposizione alla violenza ed alla guerra: “Sappiamo che la guerra non risolve niente e, quando scoppia, è altrettanto incontrollabile quanto l’esplosione di un reattore nucleare! Le prime vittime sono sempre i più poveri e i più svantaggiati. Inoltre, che lo vogliamo o no, la guerra in Medio Oriente, ed ora nel Maghreb, sarà sempre interpretata come ‘una crociata’. E questo avrà conseguenze inevitabili sulle relazioni conviviali che cristiani e musulmani hanno intrecciato e continuano a intrecciare nel quotidiano”. I Vescovi della Cerna chiedono una mediazione diplomatica e lanciano un appello all’aiuto umanitario. “Preghiamo l’Altissimo perché ispiri i responsabili delle nazioni a trovare il cammino che conduce verso la Giustizia e la Pace” conclude il comunicato. (R.P.)

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    Incontro in Germania di vescovi tedeschi e africani sulla migrazione

    ◊   “La migrazione africana verso l’Europa”: è il tema del VII incontro dei vescovi tedeschi e africani in programma da oggi al 2 aprile a Monaco e a Berlino. Al centro della consultazione si colloca l’approfondimento di aspetti della problematica, quali il significato dell’esodo e della dinamica migratoria per gli Stati e le società africane ed europee interessate e le sfide poste alla Chiesa dalla complessità del fenomeno e dalle difficoltà dei migranti in patria e nei Paesi di accoglienza. Nella prima parte dei lavori è prevista, quale momento pubblico, una conferenza stampa il 30 marzo a Monaco, alla quale parteciperanno mons. Ludwig Schick, arcivescovo di Bamberg e presidente della Commissione per la Chiesa nel mondo dell’episcopato tedesco, il cardinale Polycarp Pengo, presidente del Secam (Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e Madagascar) e mons. Maroun Lahham, arcivescovo di Tunisi. I presuli si trasferiranno quindi a Berlino per la seconda parte della riunione, durante la quale una delegazione dei partecipanti sarà ricevuta il 31 marzo dal presidente tedesco Christian Wulff. Nella stessa giornata una santa Messa sarà concelebrata nella parrocchia berlinese di St. Matthias, alla presenza della comunità africana, che i vescovi incontreranno al termine del rito. Prendono parte a questo settimo incontro nove presuli africani, tra cui i cardinali Pengo e Sarr e dodici tedeschi, con il cardinale Marx e vescovi ordinari ed ausiliari. Le riunioni periodiche di vescovi africani e tedeschi, iniziate negli anni ’80, si propongono di approfondire i rapporti tra gli episcopati delle Chiese locali africane e tedesche; durante l’incontro precedente, svoltosi ad Akosombo (Ghana) nel 2004, vennero esaminate le relazioni tra cristiani e musulmani in Africa e in Europa (A cura di Marina Vitalini)

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    Il vescovo caldeo di Kirkuk, in Iraq, non vede segnali positivi nelle rivolte nel mondo arabo

    ◊   Non si vedono segni di ottimismo, nelle rivolte che in questo periodo stanno infiammando buona parte del Maghreb e del Medio Oriente, ma, anzi, si ha l’impressione di una “vampata di estremismo”. Questo il parere dell’arcivescovo di Kirkuk, in Iraq, mons. Louis Sako, raggiunto dall'agenzia AsiaNews in Germania, dove dal 18 al 20 marzo scorsi ha preso parte al convegno mondiale “Welt Kirche in Wuerzburg”, organizzato da Aiuto alla Chiesa che soffre. Nei media si parla sempre dei partiti islamici e molti musulmani vogliono uno Stato islamico, è la testimonianza del prelato caldeo che racconta come la situazione nel suo Paese, a otto anni dall’arrivo degli americani, non sia poi molto cambiata. “Per stabilire la libertà e la democrazia ci vuole tempo e un approccio pedagogico, soprattutto una separazione tra la politica che si basa sugli interessi e la religione che si basa sugli ideali – ha detto – la democrazia non funziona se l’islam non si aggiorna e bisogna lavorare insieme per uno Stato civile in cui l’unico criterio dovrebbe essere la cittadinanza”. La realtà odierna dell’Iraq, è quella di gruppi che lottano l’uno contro l’altro, con una fortissima crescita di settarismo, espulsioni, rapimenti e attacchi, che impauriscono la comunità cristiana, protagonista di un esodo continuo: “Più della metà dei cristiani ha lasciato il Paese – ha concluso il vescovo – in passato un milione di cristiani ha vissuto qui, oggi ne restano appena 400mila e se l’islamizzazione andrà avanti, presto non ce ne saranno più. Ci vuole una decisione chiara e coraggiosa da parte dello Stato e anche da parte della comunità musulmana, che si impegni per il dialogo”. (R.B.)

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    La reazione degli estremisti islamici in Pakistan al rogo del Corano del pastore Jones

    ◊   È di due fedeli uccisi, altrettante chiese assaltate, copie della Bibbia date alle fiamme e diverse manifestazioni anticristiane che si sono succedute in diverse città del Pakistan, il bilancio delle reazioni dei fondamentalisti islamici al rogo del Corano attuato in Florida, negli Stati Uniti, dal pastore Terry Jones. “Un fanatico che promuove un’ideologia violenta – lo ha bollato il vescovo di Islamabad-Rawalpindi, mons. Rufin Anthony, intervistato dall'agenzia AsiaNews – mentre la dottrina cristiana insegna tolleranza e amore”. Venerdì una folla di estremisti ha attaccato una chiesa pentecostale a Hyderabad, inneggiando slogan anticristiani e antiamericani; a Lahore, invece, nella zona di Badami Bagh, è stata attaccata la Full Gospel Assembly Church. Manifestazioni sono state improvvisate anche in altre città, come Peshawar e Islamabad, dove sono state bruciate Bibbie e immagini del pastore americano. La comunità cristiana pakistana, inoltre, pur nella paura di questi giorni, si è mostrata solidale con i fedeli musulmani, condannando il gesto del pastore Jones: “I cristiani sono innanzitutto pakistani – ha sottolineato padre Anwar Patras, sacerdote cattolico – siamo nati in questa terra e qui saremo seppelliti, non abbiamo alcun rapporto con Jones o con le sue idee malate”. Infine, il sacerdote ha espresso il proprio cordoglio per i cristiani uccisi e ha rinnovato i timori per la propria comunità. (R.B.)

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    Avvocato pakistano minacciato di morte perchè contro la legge sulla blasfemia

    ◊   “Tutti coloro che difendono i diritti umani in Pakistan sono in pericolo”: con queste parole Joseph Francis, direttore del Centre for legal aid assistance and settlement e avvocato che fornisce assistenza gratuita a molti cristiani accusati ingiustamente di blasfemia, ha parlato in pubblico dopo aver ricevuto minacce di morte. Le minacce, precisa l’agenzia Fides, gli sono state rivolte dopo essersi presentato in televisione a criticare gli abusi perpetrati attraverso la legge sulla blasfemia che, dopo gli omicidi di Salman Taseer e Shahbaz Bhatti, vanno prese molto sul serio. “Sono un soldato di Cristo e voglio fare di tutto per proteggere quanti sono perseguitati e oppressi da leggi ingiuste, anche se alla fine potrò pagare con il mio sangue – ha aggiunto – continuerò la mia battaglia per l’abolizione della legge sulla blasfemia e di altre leggi discriminatorie”. (R.B.)

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    Pakistan. Appello di Asia Bibi: “sogno di incontrare il Papa”

    ◊   Dal carcere di Sheikupura, dove è rinchiusa in cella di isolamento, Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia, lancia al mondo un appello per realizzare un sogno: quello di incontrare il Papa. Asia, come confida all’agenzia Fides il marito Ashiq, che l’ha visitata di recente, si trova in condizioni di estrema prostrazione fisica e psicologica. Ashiq e gli avvocati della “Masihi Foundation”, che si occupano del caso, temono per la sua salute, aggravata dal digiuno quaresimale che, per ragioni spirituali, la donna sta portando avanti “con coscienza e convinzione”. “Un incontro con il Papa sarebbe per lei come una Risurrezione, dopo la dolorosa esperienza della croce”, spiegano alla “Masihi Foundation”. “Sono frustrata e penso che la mia vita sia ad un punto morto. Sto disperatamente aspettando di uscire da questa prigione e voglio chiedere aiuto a tutti perché facciano qualcosa per liberarmi” ha detto Asia, che è molto preoccupata per la sua famiglia: “Ho paura per la mia vita, per quella dei miei figli e di mio marito, che stanno soffrendo con me: mi sento come se la mia intera famiglia fosse stata condannata. Questo mi rende triste e mi fa sentire come se fossi responsabile, come se avessi fallito in qualcosa. Le donne in questo mondo sono chiamate a costruire una casa, un futuro, insieme alle loro famiglie. Ma io che futuro posso promettere alla mia famiglia? Vorrei offrire loro una vita più sicura in un posto qualunque che non sia il Pakistan. Ma so che forse non vivrò abbastanza per vedere quel giorno. Anche se io uscissi di prigione, se pure l’Alta Corte mi giudicasse innocente, qui non sopravviverei. Gli estremisti non ci lasceranno mai in pace: sono una donna segnata. Ma la mia fede è forte e credo che Dio misericordioso risponderà alle mie preghiere”. Dopo la morte di Salman Taseer e di Shahbaz Bhatti, la donna dice di essere sotto choc e di passare molte notti insonni, temendo che lei stessa o altre persone (come i suoi familiari o i suoi legali) possano diventare bersaglio degli estremisti. Asia ricorda che “la legge sulla blasfemia dovrebbe essere abolita, perché nuoce a tutti, cristiani e musulmani. Nessuno sarà al sicuro in Pakistan finchè questa legge sarà in vigore. Io sono una vittima innocente di questa legge: soffro senza aver commesso nessun crimine”. Un barlume di speranza nei suoi occhi si accende quando parla del Papa: “Il mio sogno più grande è quello di incontrare Benedetto XVI. La ‘Masihi Foundation’ mi ha detto che il Santo Padre ha parlato di me: questo mi ha dato una grande speranza, mi ha spinto a continuare a vivere, mi ha fatto sentire amata, consolata e sostenuta dal mondo intero. E’ un privilegio sapere che il Papa ha parlato per me e che segue il mio caso personalmente. Vorrei vivere abbastanza per vedere il giorno in cui potrò incontrarlo e ringraziarlo di persona”. (R.P.)

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    India: la Chiesa si oppone fermamente alle discriminazioni contro i dalit

    ◊   Continuano a essere oggetto di pesanti discriminazioni, i dalit, in India, e la loro conversione dall’induismo a un’altra religione, quale il cristianesimo, non è che un ulteriore motivo di persecuzione. Le autorità centrale indiane, infatti, riferisce l'agenzia AsiaNews, sono contrarie all’inclusione di cristiani e musulmani nell’elenco delle “Scheduled Castes”, una lista che permette a chi vi è incluso di difendere i propri diritti. La Chiesa cattolica locale si oppone fermamente a questa presa di posizione del governo: “La discriminazione non è qualcosa legato alla fede – ha detto padre Cosmon Arokiaraj, segretario esecutivo della Commissione episcopale che si occupa dell’elenco e in generale dei gruppi sociali più svantaggiati – l’arretratezza causata da discriminazioni storiche e i suoi svantaggi sono le ragioni per una difesa delle classi più colpite e la Costituzione stabilisce che tutte le classi arretrate di cittadini, vittime degli effetti della discriminazione, senza differenza di fede o di religione, ricevano gli stessi benefici”. Intanto la Suprema Corte, in una sentenza, non ha incluso i dalit cristiani e musulmani nell’elenco delle “Scheduled Castes”, decisione contro la quale si è sollevata la Commissione nazionale per le minoranze. “Sta al governo riparare a tutto questo – ha concluso padre Arokiaraj – se non lo fa, non è diverso dalle forze religioso-nazionaliste indù”. (R.B.)

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    L’organizzazione cattolica indiana Csf chiede un’indagine per chiarire i pogrom del 2008

    ◊   Il Catholic Secular Forum (Csf), organizzazione non governativa cattolica che raccoglie cristiani indiani di tutte le confessioni e da sempre attiva in difesa dei loro diritti umani contro gli estremisti indù, denuncia la grave alleanza tra alcuni vertici dell’esercito e i leader dei fondamentalisti, colpevoli delle continue violenze anticristane in India, partite dai pogrom del 2008. Gli Stati dove la persecuzione dei cristiani è maggiore, ricorda l'agenzia Fides, sono Orissa, Karnataka, Madhya Pradesh e Maharashtra. Il Csf chiede, dunque, al governo un’indagine ufficiale e approfondita e a tale proposito ha inviato al ministero degli Interni un memorandum che dimostra alcune relazioni, come quella tra la leader estremista indù Sadhvi Pragya Thakur, arrestata con l’accusa di terrorismo, e il generale Prasad Srikant Purohit, che avrebbe preso parte alle campagne di terrore in diversi Stati, con l’obiettivo di formare una milizia anticristiana, in conformità con l’ideologia dell’ “hindutva”, che vorrebbe l’India solo per i fedeli indù, al fine di colpire luoghi di culto e leader cristiani. (R.B.)

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    Rapporto di Amnesty International sulla pena di morte: in Cina il maggior numero di esecuzioni

    ◊   Nel 2010 sono state 2024 le sentenze di morte comminate nel mondo e ben 527 quelle eseguite contro le 714 dell’anno precedente. Sono i dati che emergono dall’ultimo rapporto annuale di Amnesty International, che fotografa una situazione in evoluzione, ma per la quale c’è ancora molto lavoro da fare. “Un mondo senza la pena di morte non solo è possibile: è inevitabile, ma la domanda è quanto tempo, ancora, ci vorrà”, così, infatti, il segretario generale dell’organizzazione internazionale per i diritti umani, Salil Shatty, chiosa il rapporto appena pubblicato. Tra i 58 Paesi del mondo in cui la pena di morte è ancora in vigore, è la Cina quello in cui più frequentemente viene utilizzata e dove, secondo le stime, molte esecuzioni vengono passate sotto silenzio. In questa triste classifica, seguono l’Iran, la Corea del Nord e in generale le regioni dell’Asia e del Medio Oriente. Amnesty sottolinea, inoltre, che in “un certo numero di Paesi” la condanna a morte viene inflitta anche per reati minori, come quelli legati all’economia, il traffico di droga o la blasfemia, e troppo spesso dopo processi iniqui o confessioni estorte sotto tortura. Ma ci sono anche risultati positivi: oggi, ad esempio, sono 139 gli Stati che hanno abolito la pena capitale; quando Amnesty avviò la sua campagna internazionale, nel 1977, erano appena 16. Inoltre, quest’anno, il presidente della Mongolia ha annunciato la sospensione ufficiale delle esecuzioni e l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la terza risoluzione in favore dell’abolizione della pena capitale, ricevendo il sostegno più alto di sempre. (A cura di Roberta Barbi)

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    Giappone: la Chiesa aiuterà i pescatori esclusi dal sostegno governativo

    ◊   I vescovi giapponesi e l’Apostolato del Mare si concentreranno nell’aiutare quei pescatori e quelle persone che, per diverse ragioni, non riusciranno a beneficiare degli aiuti governativi: è quanto dice all’agenzia Fides mons. Michael Goro Matsuura, vescovo ausiliare di Osaka e promotore dell’opera dell’Apostolato del Mare in Giappone. Il vescovo dice a Fides di essere molto impressionato e preoccupato per la distruzione su larga scala causata dallo tsunami: “Molte comunità di pescatori sono state completamente spazzate via, altre hanno perso le loro barche e le loro case, restando inermi, senza più nulla. Ci vorranno programmi e progetti per ricostruire l’ambiente umano, sociale e lavorativo di queste persone: sarà un processo a lungo termine, anche perchè oggi la gente guarda al mare con estrema paura” nota il vescovo. “Come Apostolato del Mare e come Chiesa cattolica – aggiunge – cercheremo di dare il nostro contributo, che si rivolge specialmente alle comunità e alle persone che non riusciranno ad ottenere aiuti dal governo”. Mons. Matsuura intende ringraziare la Chiesa cattolica a livello universale ma anche tutti i fedeli cattolici giapponesi per la grande testimonianza di solidarietà che stanno offrendo alla popolazione: “Invitiamo tutti a contribuire con donazioni alla nostra raccolta per poter elaborare i progetti di aiuto di cui beneficeranno queste comunità, ma chiediamo anche preghiere, perché la gente non si scoraggi e trovi nuova forza per rifarsi una vita”. Per la Chiesa cattolica “questa sciagura rappresenta una grande opportunità di mostrare solidarietà e amore verso il prossimo”, conclude il vescovo ausiliare di Osaka. Rispondendo alle sollecitazioni del Papa, l’Apostolato del Mare – che è già intervenuto in Asia per lo tsunami del 2004 e vanta dunque una esperienza in questo tipo di azioni – ha messo in moto la sua rete a livello regionale e internazionale, istituendo un fondo speciale per venire incontro alle perdite subite dai pescatori giapponesi. L’Apostolato del Mare, noto anche come “Stella Maris”, è l’opera ufficiale della Chiesa cattolica per il servizio pastorale della gente di mare. Per far fronte a questa responsabilità, opera nell’ambito del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti. (R.P.)

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    Myanmar: dopo il terremoto primi soccorsi nei villaggi dello Shan

    ◊   Operazioni di sostegno e assistenza sono in corso in alcuni villaggi dello stato orientale di Shan, colpiti venerdì scorso da un terremoto di magnitudo 7 sulla scala Richter, che ha provocato almeno 74 vittime, secondo il bilancio ufficiale diffuso dal governo. Fonti umanitarie, tra cui la Croce Rossa, citate da fonti di stampa indipendente, riferiscono che i morti potrebbero essere almeno 120. I dati ufficiali riferiscono anche di oltre 100 feriti, 244 abitazioni, 9 edifici governativi e 14 monasteri distrutti; anche sette chiese cattoliche sono andate totalmente distrutte, riferisce l’agenzia stampa asiatica ‘Ucanews’. Tra le organizzazioni umanitarie che in queste ore stanno fornendo cibo, acqua, coperte e beni di prima necessità alle vittime del terremoto - riferisce l'agenzia Misna - c’è anche la ‘Karuna Kengtung social services’ (Kkss), la ‘caritas’ della diocesi di Kengtung, quella più vicina all’area colpita dal sisma. La Kkss ha aperto due uffici di coordinamento nelle parrocchie di Mong Lin e Thiri, due dei villaggi interessati dal terremoto. L’epicentro è stato localizzato a 10 chilometri di profondità nella zona di confine tra il Myanmar, la Thailandia e il Laos. Scosse sono state avvertite anche nella provincia cinese dello Yunnan. Il governo di Pechino ha annunciato uno stanziamento di 500.000 dollari, erogati dal ministero del Commercio. Il governo del Myanmar, dal canto suo, ha annunciato che sono già stati riparati i danni subiti dall’autostrada Kengtung-Tachileik e dal ponte di Tarlay, consentendo la riapertura al traffico. (R.P.)

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    Sri Lanka: vescovo di Mannar dona la terra a 52 famiglie di sfollati interni

    ◊   Mons. Rayappu Joseph, vescovo della diocesi di Mannar, ha donato un pezzo di terra a 52 famiglie cattoliche tamil, sfollate dal proprio villaggio di Mullikkulam (distretto di Mannar), perché possano costruire delle case e iniziare lì una nuova vita. La marina srilankese - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha preso infatti possesso del villaggio “per ragioni di sicurezza”, senza fornire ulteriori spiegazioni agli abitanti espulsi. Padre Victor Soosai, vicario generale della diocesi, spiega che a Mullikkulam è stato eretto il Commando navale nordoccidentale della Marina. Alle 287 famiglie che vivono lì, è stato offerto in cambio l’area di Kayakuli: un pezzo di terra nella giungla, a otto chilometri dalla Chilawathurai junction. Di queste, 125 famiglie hanno accettato l’offerta, per le difficoltà legate alla convivenza con i militari. “Il problema principale – sottolinea padre Soosai – è la pesca: a Valkaipettankandal, dove si trovano ora, è quasi impossibile praticarla. Almeno a Kayakuli c’è spazio per pescare”. Il vicario generale denuncia inoltre che la deforestazione della giungla sta ricadendo sulle spalle delle sole famiglie: nessun aiuto è arrivato dal governo, né da alcuna organizzazione non governativa. La proposta fatta dal governo non è stata accettata da tutti. “52 famiglie di Mullikulam hanno scritto una lettera a mons. Joseph, rifiutando il reinsediamento a Kayakuli e chiedendogli un posto dove andare”. Nessuna famiglia si è detta disposta ad accettare alcun luogo alternativo, se non il loro stesso villaggio. Ricevuta la lettera, il vescovo della diocesi ha accordato loro la zona di Tharavankottai, quattro chilometri a sud-ovest dell’isola di Mannar, di proprietà del vescovado di Mannar. Il villaggio cattolico tamil di Mullikkulam si trova a circa 80 chilometri dalla città di Mannar e ha una storia antica almeno 300 anni. Le famiglie che vi abitavano hanno sempre vissuto di pesca e agricoltura. I primi sfollati interni (Idp – Internally Displaced People) risalgono al 1991, durante la prima fase della guerra civile. Nel 2007, con il riaccendersi del conflitto, c’è stata una nuova grande ondata di Idp. Al momento, in tutto il Paese più di 327mila persone sono ancora sfollate, dopo il trentennale conflitto conclusosi nel maggio 2009. Almeno 195mila persone sono tornate nei loro luoghi d’origine, ma non sono ancora autosufficienti e hanno bisogno di protezione e assistenza. (R.P.)

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    Canada: gli aiuti della Chiesa per la crisi in Costa d'Avorio

    ◊   Ammontano a 50mila dollari gli aiuti per la Costa d’Avorio, raccolti dalla Chiesa cattolica del Canada, attraverso il suo organismo di solidarietà “Sviluppo e Pace”. Dalla fine del 2010, infatti, Abidjan sta vivendo una grave crisi politica, seguita alla elezioni presidenziali vinte dal candidato Ouattara, che però non ha avuto il riconoscimento ufficiale del capo di Stato uscente Gbagbo. La tensione politica, che ha comunque radici anche negli anni passati, ha scatenato anche una forte crisi umanitaria: ad oggi si contano 350mila sfollati privati dell’accesso al cibo e alle cure mediche. Per questo, attraverso la Caritas locale, la Chiesa canadese si sta attivando per fornire ai rifugiati alloggi, alimenti, acqua potabile, kit igienico-sanitari, utensili domestici ed assistenza per i bambini malnutriti. E secondo le ultime sfide, il numero di sfollati è destinato ad aumentare vertiginosamente. “In Costa d’Avorio si sta verificando una situazione umanitaria critica – afferma Barbara Trachel, responsabile del Programma Emergenze di Sviluppo e Pace – Non possiamo dimenticarlo. La gente vive nella paura ed ha bisogno di aiuto”. Per incrementare la raccolta fondi, i vescovi canadesi hanno inoltre deciso di destinare ai Paesi del Sud del mondo il 10% delle collette quaresimali. (I.P.)

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    Usa: soddisfazione dei vescovi del Dakota e New Hampshire per i provvedimenti contro l'aborto

    ◊   Giro di vite contro l’aborto nel Sud Dakota. Un nuovo provvedimento promulgato martedì dal Governatore dello Stato, Dennis Daugaard, prevede, infatti, che le madri intenzionate ad abortire debbano ricevere una consulenza presso Centri di aiuto alla gravidanza e attendere tre giorni prima dell’eventuale intervento. La legge – riferisce l’agenzia Cns – entrerà in vigore il 1° luglio e i suoi oppositori sono già sul piede di guerra. Soddisfatti invece i vescovi dello Stato. Secondo un comunicato della diocesi di Sioux Fall la nuova legge aiuterà le madri a prendere coscienza “delle implicazioni e delle conseguenze della grave decisione di porre fine al dono più sacro che è la vita”. Intanto, la Conferenza cattolica del vicino Nord Dakota ha dato un parere favorevole a un progetto di legge che si muove nella stessa direzione. La proposta, in sostanza, vuole rendere obbligatoria la prescrizione e la presenza di un medico per l’assunzione di una pillola abortiva. E un progetto di legge che mira a regolare in modo più restrittivo l’aborto è stato approvato anche dalla Camera dei Rappresentanti dello New Hampshire, che impone l’obbligo di informare i genitori o tutori di una minore che vuole abortire almeno 48 ore prima dell’intervento. Una iniziativa salutata positivamente dai vescovi dello Stato che in una nota hanno elogiato i legislatori per aver voluto “riconoscere il prezioso ruolo dei genitori nella cura dei propri figli e nel loro sostegno quando devono affrontare decisioni così importanti per la loro vita”. I presuli hanno peraltro espresso rammarico per la decisione della stessa Camera dei Rappresentanti di estendere l’applicazione della pena di morte nel New Hampshire. Il loro auspicio è che al prossimo passaggio in Senato, venga riconosciuta la necessità di una “coerente etica della vita in cui questa sia rispettata dal concepimento fino alla morte naturale”. (L.Z.)

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    Perù: i vescovi lanciano uno spazio web per “votare con coscienza” alle prossime elezioni

    ◊   Uno spazio virtuale con cui documentarsi e stimolare così la riflessione personale su temi fondamentali quali il lavoro, l’istruzione, la sanità, la famiglia, la questione controversa dell’Amazzonia, ma anche la corruzione e la violenza che affliggono la società. Con questo obiettivo i vescovi del Perù hanno preparato un nuovo sito web per informare la popolazione affinché questa “scelga con coscienza” alle elezioni presidenziali del 10 aprile prossimo, cui concorrono tre candidati, per ora tutti allo stesso livello di preferenze. La nuova sezione aperta nel sito della Chiesa peruviana si chiama “Conciencia civica”, riferisce all'agenzia Fides l’arcivescovo di Trujillo e presidente della Conferenza episcopale locale, mons. Miguel Cabrejos Vidarte, che sottolinea come i contenuti della nuova pagina concretizzino le preoccupazioni dei presuli e fungano da esortazione ai candidati a presentare piani di governo che possano davvero ridurre povertà e disuguaglianza sociale. È possibile anche lasciare i propri commenti su Facebook e Twitter. (R.B.)

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    Russia: dal 2012 la religione sarà materia di studio nelle scuole

    ◊   Si è concluso con successo l’anno di sperimentazione (che in realtà è durato solo un quadrimestre) dell’insegnamento della religione nelle scuole della Russia, tanto che nel 2012 sarà esteso all’intero anno e a tutto il territorio nazionale. Lo ha comunicato, riferisce AsiaNews, il ministero dell’Istruzione russo che ha tenuto una conferenza stampa con i rappresentanti delle quattro religioni fondamentali coinvolte nel progetto pilota. È la prima volta, questa, che la religione torna nelle aule scolastiche dopo la caduta dell’Urss: gli studenti di elementari e medie hanno potuto scegliere se seguire uno degli insegnamenti storici sulle quattro religioni tradizionali, cristianesimo ortodosso, islam, ebraismo e buddismo, o se preferire un corso generico di “fondamenti di cultura religiosa” o “fondamenti di etica pubblica”. Ancora da affrontare, secondo il responsabile del Ministero, Elena Romanova, i problemi relativi ai libri di testo, preparati troppo in fretta, e della formazione più approfondita degli insegnanti. “Non ha provocato alcun conflitto religioso – è stato il commento all’iniziativa dell’arciprete Vsevolod Chaplin, presidente del Dipartimento per i rapporti della Chiesa con la società presso il Patriarcato di Mosca – al contrario, notiamo un cambiamento nell’ambiente morale tra i ragazzini che li frequentano”. L’iniziativa, invece, non è vista di buon occhio dalle confessioni minoritarie presenti nel Paese, che leggono nel progetto del Cremlino il tentativo di affermare l’ortodossia come elemento portante dell’identità nazionale. (R.B.)

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    Moldova: la Chiesa chiede allo Stato il rispetto del diritto di proprietà dei beni ecclesiastici

    ◊   La diocesi cattolica di Chisinau ha citato in giudizio lo Stato della Repubblica Moldova perché “non ha avviato alcun percorso di dialogo o trattative concrete”, nonostante le “ripetute richieste” circa la restituzione e la rivendicazione del diritto di proprietà dei beni della Chiesa durante il periodo sovietico. In un comunicato diffuso oggi tramite il Consiglio delle Conferenze episcopali europee e ripreso dall'agenzia Sir, si legge che: “Durante il periodo sovietico i luoghi di culto e gli altri beni immobili di proprietà della Chiesa cattolica in Moldavia sono stati espropriati, confiscati e trasferiti nella proprietà dello Stato. Dopo la proclamazione dell’indipendenza e con l’istituzione della sovranità della Repubblica Moldava, la Chiesa cattolica più volte si è rivolta alle autorità rivendicando il diritto di proprietà dei beni precedentemente confiscati. Invece fino al momento presente, lo Stato non ha manifestato alcuna disponibilità nella soluzione del problema”. Secondo la diocesi moldava, “il rispetto del diritto di proprietà dei beni della Chiesa, dei luoghi di culto e di quanto è stato espropriato dovrebbe essere una realtà non formale ma sostanziale. Tale diritto deve essere assicurato realmente, nella legalità e nel rispetto delle verità storiche”. (R.P.)

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    I Missionari colombani all’estero: un’esperienza che cambia la vita

    ◊   È l’essere laici “come tutti quelli cui offriamo il nostro servizio missionario” il segreto dell’efficacia dei missionari laici di San Colombano, che allo stato attuale sono una sessantina, comprese quattro famiglie missionarie, provengono da 8 Paesi e sono attivi in 12 regioni in tutto il mondo. L’agenzia Fides riporta la testimonianza della filippina Gracia Kibad, che da sei anni lavora accanto agli zingari in una parrocchia irlandese: “Le persone, quindi, ci danno più fiducia, ci capiamo meglio, sia per la vita che per il lavoro. L’evangelizzazione all’estero ha cambiato la nostra vita, ha arricchito la nostra fede e la nostra visione del mondo”, ha aggiunto. Ciò sicuramente premia il sacrificio per essersi separati dalla propria famiglia, dalla propria patria e dalla propria lingua: “Ma siamo sicuri: abbiamo ricevuto tanto durante la missione dell’evangelizzazione”, afferma la coordinatrice generale, Serafina Vuda, delle Isole Fiji. L’iter di preparazione per i missionari laici colombani è particolarmente lungo: gli aspiranti devono seguire due anni di discernimento spirituale, poi, una volta ottenuta l’approvazione dal padre spirituale, ci sono altri 9 mesi di formazione, diventano membri ufficiali e solo allora iniziano i primi tre anni di esperienza missionaria. (R.B.)

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    Dottorato ad honorem in Bioetica per il cardinale Sgreccia dall’ateneo “Regina Apostolorum”

    ◊   Il 25 marzo scorso, in occasione della ricorrenza dell’Annunciazione, anniversario dell’enciclica di Giovanni Paolo II “Evangelium Vitae” e giorno di festa per il decimo anno dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum”, l’ateneo stesso, che ospita la prima facoltà di Bioetica al mondo, ha conferito il primo dottorato honoris causa in Bioetica al cardinale Elio Sgreccia, promotore della bioetica personalista in Italia e nel mondo. L’ordinario della facoltà di Bioetica, padre Gonzalo Miranda, ha voluto ricordare il porporato come pioniere del personalismo ontologicamente fondato e ne ha sottolineato l’impegno a sostegno della sinergia tra Fede e Ragione, nonché gli importanti ruoli da lui ricoperti, come la presidenza della Pontificia Accademia per la Vita e della Federazione internazionale dei centri e istituti di bioetica di ispirazione personalistica, la fondazione dell’associazione Donum Vitae e la realizzazione del primo Manuale di bioetica, oggi alla quarta edizione e tradotto in ben nove lingue, che costituisce un irrinunciabile punto di riferimento per gli studiosi e gli allievi di tutto il mondo. Nella sua Laudatio, inoltre, secondo quanto riporta la Zenit, padre Miranda, ha evidenziato la necessità di una rinnovata riflessione su un Dio creatore e provvidente, che un diffuso secolarismo ha oscurato, e richiamandosi alla Creazione ha ripreso l’essenzialità della relazione uomo-donna, il senso della generazione e della morte: è dalla connessione tra Dio e l’uomo, infatti, che derivano quelle tra spirito e corpo e, appunto, tra uomo e donna. (R.B.)

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    Gmg 2011: un corso per volontari che vogliono fare la guida a Madrid

    ◊   “Vuoi essere una guida di Madrid?”. Insegnare il fascino che racchiude la città di Madrid sarà l’impegno di alcuni volontari della Giornata Mondiale della Gioventù, che si celebrerà ad agosto di quest’anno. Prima di essere guide, però, bisogna tornare in classe. A partire dal prossimo 4 aprile - riferisce l'agenzia Sir - comincerà un corso di formazione per questi volontari a Madrid. Due gli strumenti principali: la formazione storico-artistica e i fondamenti teologici e storici della Chiesa. La prima parte sarà affidata a personale qualificato del Museo della cattedrale della Almudena; la seconda, invece, sarà curata da professori della Facoltà di Teologia San Dámaso di Madrid. Il progetto vuole formare i giovani volontari negli aspetti artistici, storici ed ecclesiali che sono alla base di queste creazioni artistiche che saranno illustrate ai partecipanti alla Giornata Mondiale della Gioventù. Grazie alla documentazione presentata, le lezioni e la possibilità di essere seguiti da tutor, le guide potranno preparare con maggiore facilità le visite alle bellezze della città. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Siria le forze di sicurezza sparano nuovamente sui manifestanti

    ◊   Le forze di sicurezza siriane hanno aperto il fuoco su centinaia di dimostranti che protestavano contro le leggi di emergenza nella città meridionale di Daraa. Lo affermano testimoni in primi flash di agenzia. Per oggi in realtà era atteso il discorso del presidente Assad, annunciato già da ieri come imminente. Ricordiamo che nei giorni scorsi ci sono state proteste di piazza e almeno 12 morti. E che ieri era stato abrogato lo stato d’emergenza generale, in vigore nel Paese da quasi 50 anni.

    Yemen: esplosione di una fabbrica di munizioni; interrotta la trattativa tra presidente e opposizione
    Sono almeno 70 i morti nell'esplosione di una fabbrica di munizioni nel sud dello Yemen che è stata saccheggiata da presunti terroristi di Al Qaeda. Inoltre, altre 90 persone sono rimaste ferite, fra le quali dei bambini. Anche lo Yemen è stato teatro di manifestazioni nei giorni scorsi e si era parlato di negoziati per un eventuale uscita di scena del presidente Ali Abdullah Saleh. Ma ieri sera un portavoce della principale coalizione di opposizione ha confermato che la trattativa è stata interrotta.

    A settembre elezioni parlamentari in Egitto
    Le prossime elezioni parlamentari in Egitto - dove il parlamento è sciolto da circa due mesi – si terranno a settembre, mentre non è stata ancora fissata una data per quelle presidenziali. Lo ha annunciato uno dei componenti del Consiglio Supremo delle Forze Armate, Mamdouh Shaheen, che gestisce il Paese dalle dimissioni dell'ex presidente Mubarak. La comunicazione è stata data durante una conferenza stampa del Consiglio, riservata ai corrispondenti militari.

    In Tunisia confermato lo scioglimento del partito di Ben Ali
    Lo scioglimento del partito dell’ex presidente della Tunisia si farà. La Corte d'appello di Tunisi ha respinto, questa mattina, il ricorso contro lo scioglimento del Rassemblement Constitutionnel democratique (RCD), il partito dell'ex presidente Ben Ali. La sentenza appellata, emessa dal tribunale civile di prima istanza, aveva stabilito anche di liquidare “fondi e beni” del partito, secondo quelle che saranno le indicazioni del Ministero delle Finanze.

    In Germania nessun rimpasto di governo dopo la sconfitta ieri alle regionali del partito della Merkel
    La cancelliera tedesca, Angela Merkel, non prevede alcun cambiamento dell'esecutivo dopo la sconfitta della coalizione alle elezioni regionali di ieri nel Baden-Wuerttemberg (Sud) e nella Renania-Palatinato (sud ovest). Lo ha detto oggi il portavoce del governo, Steffen Seibert. La sconfitta dei cristiano-democratici della cancelliera Angela Merkel è senza precedenti mentre l’affermazione del partito dei Verdi è sorprendente. Giovanni Maria Del Re:

    Per la prima volta da 60 anni, il partito della cancelliera Angela Merkel non avrà più il posto di governatore del land Baden-Wuerttemberg, perché in questa regione di quasi 11 milioni di abitanti ieri si è assistito al trionfo dei Verdi, - complice anche il disastro giapponese - i quali hanno raddoppiato i voti, diventando secondo partito davanti ai Social-Democratici. Questi ultimi incassano il peggiore risultato dal 1952. Ma, insieme, i due partiti di sinistra hanno ora i numeri per formare un governo, che sarà guidato con ogni probabilità dal leader dei Verdi locale, Wienfried Kretschmann: sarà il primo capo di governo locale verde nella storia della Germania. Per la coalizione finora al governo, che è la stessa della Merkel a Berlino e, dunque, di cristiano democratici e liberali, è invece un’autentica debacle. La Cdu perde oltre 5 punti, mentre i Liberal-Democratici del ministro degli Esteri, Guido Westerwelle, solo per un soffio hanno superato la soglia di sbarramento del 5 per cento. (ap)

    La BCE studia come sostenere le banche in difficoltà, specie quelle irlandesi
    La Banca centrale europea starebbe dando gli ultimi ritocchi a un nuovo meccanismo per fornire liquidità alle banche in difficoltà dell'area euro su un arco di tempo più lungo, fornendo un'ancora di salvezza immediata all'Irlanda. Lo scrive l'agenzia Reuters citando una fonte di una banca centrale della zona euro secondo cui inizialmente il piano, che sostituirà l'attuale 'Emergency Liquidity Assistance' (ELA), sarà “su misura per le banche irlandesi”. Il nuovo schema potrebbe essere annunciato nei prossimi giorni, con i risultati degli 'stress test' sulle banche del Paese. Successivamente il nuovo programma dovrebbe essere reso disponibile per l'intera zona euro sotto il controllo del Consiglio direttivo della Bce, che definirà caso per caso le condizioni dei prestiti. A febbraio la liquidità d'emergenza fornita attraverso l'ELA alle banche irlandesi dalla Bank of Ireland, la banca centrale, era pari a 60 miliardi di euro. A questa cifra vanno aggiunti 117 miliardi forniti dalla Bce attraverso le operazioni tradizionali.

    Kamikaze nel sud dell’Afghanistan: almeno 20 morti
    Un kamikaze si è fatto esplodere oggi nell'Afghanistan meridionale, con un bilancio di almeno 20 morti e 50 feriti, in particolare a sud di Paktika. Rivendicando l'azione in un comunicato, i talebani hanno indicato che l'attentato è opera di un mujaheddin proveniente dalla provincia di Herat.

    Diverse esplosioni su vari autobus in Nepal
    Una serie di attentati su vari autobus hanno colpito negli ultimi giorni il Nepal meridionale, ed in particolare i distretti della regione del Terai, causando almeno un morto e decine di feriti. Alcune fonti sostengono che almeno tre persone sarebbero morte a causa dell'ultima esplosione, avvenuta ieri sera su un autobus in viaggio nella città di Butwal, ma stamani il quotidiano on-line Nepalnews assicura che il bilancio di quell'attentato è di un morto e oltre 25 feriti. Nessuno ha rivendicato finora queste azioni terroristiche su automezzi per il trasporto di passeggeri realizzate anche venerdì e sabato a Rautahat e Banke. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 87





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