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Sommario del 27/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • La violenza dell’uomo sull’uomo è offesa gravissima a Dio: così il Papa alle Fosse Ardeatine
  • La via del dialogo sostituisca le armi: l’appello del Papa per la Libia e il Medio Oriente
  • Verso la Beatificazione di Papa Wojtyla. Mons. Piero Marini: Giovanni Paolo II amico di tutta l’umanità
  • Oggi in Primo Piano

  • Libia: prosegue l'avanzata degli insorti verso ovest. Oggi la Nato prende il comando della missione
  • Siria, nuove violenze: almeno 4 persone uccise dai cecchini a Latakia
  • Costa d’Avorio: opinioni a confronto in un Paese che soffre
  • “Libertà negata: sofferenze delle minoranze cristiane nel mondo”: se ne è parlato in una tavola rotonda a Roma
  • Chiesa e Società

  • In un libro la vita di Giovanni Paolo II raccontata ai bambini
  • I Carmelitani Scalzi in aiuto dei cristiani in Medio Oriente
  • “Missione ed Ecologia”: primo Incontro dell’Infanzia e Adolescenza missionaria dello Stato brasiliano di São Paulo
  • Nigeria, la Chiesa organizza corsi per i giovani partecipanti alla GMG di Madrid
  • Commissioni diocesane “Giustizia e Pace" in Repubblica Democratica del Congo
  • Uruguay, Cospe: un progetto per restituire dignità e lavoro ai detenuti e alle loro famiglie
  • Un acquedotto in Rwanda entro il 2011: è l’impegno della Fondazione Avsi
  • 24 Ore nel Mondo

  • Giappone, allarme al reattore 2 a Fukushima: radioattività 10 milioni di volte i livelli normali
  • Il Papa e la Santa Sede



    La violenza dell’uomo sull’uomo è offesa gravissima a Dio: così il Papa alle Fosse Ardeatine

    ◊   "Lo spirito umano rimane libero anche nelle condizioni più dure": così il Papa stamane alle Fosse Ardeatine. Benedetto XVI, a tre giorni di distanza dal 67° anniversario dell’eccidio del 24 marzo 1944, si è recato in visita al Sacrario delle Fosse Ardeatine su invito dell’Associazione Nazionale tra le Famiglie Italiane dei Martiri caduti per la libertà della Patria. ''Ciò che qui è avvenuto il 24 marzo 1944 – ha detto Benedetto XVI - è offesa gravissima a Dio, perché è la violenza deliberata dell'uomo sull'uomo”. Il servizio di Rosario Tronnolone.

    Una folla composta, radunata nel piazzale antistante al Sacrario delle Fosse Ardeatine, ha accolto il Papa. Prima della sua visita il Santo Padre si è soffermato a lungo con queste persone, per un saluto, una parola, una stretta di mano ad una donna anziana, una carezza sul capo di un bambino. Prima di entrare nel Sacrario, Benedetto XVI ha offerto un cesto di rose rosse che è stato posto davanti alla lapide che ricorda la strage. Accompagnato, tra gli altri, dal Cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, figlio di una delle vittime dell’eccidio, dal Cardinale Agostino Vallini, Vicario generale per la Diocesi di Roma, dalla signora Rosina Stame, Presidente dell’Associazione Nazionale tra le Famiglie Italiane dei Martiri caduti per la libertà della Patria, e dal Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, il Papa ha poi raggiunto l’interno del Sacrario e si è inginocchiato in preghiera silenziosa davanti alle tombe delle 335 vittime. Il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni ha poi recitato in ebraico il salmo 129, il “De Profundis”, e Benedetto XVI ha recitato in italiano il salmo 23, “Il Signore è il mio Pastore, non manco di nulla”.
    Il Papa si è poi soffermato davanti a tre tombe: quella del padre del Cardinale Cordero Lanza di Montezemolo, quella di don Pietro Pappagallo, che collaborò intensamente alla lotta clandestina e si prodigò in soccorso di ebrei, antifascisti e perseguitati, e quella di Alberto Funaro, appartenente ad una famiglia ebrea che ha sofferto la perdita di due parenti alle Fosse Ardeatine e di altri venti ad Auschwitz. All’uscita dal Sacrario, nel piazzale dove erano radunati i fedeli, tra cui molti familiari delle vittime, il Papa ha rivolto ai presenti un breve discorso, a partire dalle testimonianze di due delle vittime:

    “Credo in Dio e nell’Italia / credo nella risurrezione / dei martiri e degli eroi / credo nella rinascita / della patria e nella / libertà del popolo”. Queste parole sono state incise sulla parete di una cella di tortura, in Via Tasso, a Roma, durante l’occupazione nazista. Sono il testamento di una persona ignota, che in quella cella fu imprigionata, e dimostrano che lo spirito umano rimane libero anche nelle condizioni più dure. Chi ha scritto quelle parole l’ha fatto solo per intima convinzione, come estrema testimonianza alla verità creduta, che rende regale l’animo umano anche nell’estremo abbassamento. Ogni uomo è chiamato a realizzare in questo modo la propria dignità: testimoniando quella verità che riconosce con la propria coscienza.
    Un’altra testimonianza mi ha colpito, e questa fu ritrovata proprio nelle Fosse Ardeatine. Un foglio di carta su cui un caduto aveva scritto: “Dio mio grande Padre, noi ti preghiamo affinché tu possa proteggere gli ebrei dalle barbare persecuzioni”. In quel momento così tragico, così disumano, nel cuore di quella persona c’era l’invocazione più alta: “Dio mio grande Padre”. Padre di tutti! Sì, dovunque sia, in ogni continente, a qualunque popolo appartenga, l’uomo è figlio di quel Padre che è nei cieli, è fratello di tutti in umanità. Ma questo essere figlio e fratello non è scontato. Lo dimostrano purtroppo anche le Fosse Ardeatine. Bisogna volerlo, bisogna dire sì al bene e no al male."

    Uscendo dal Sacrario, lasciando la sua firma nel Libro dei visitatori illustri, il Papa ha aggiunto un verso del salmo 23: “Non timebo, quia Tu mecum es” (Non temerò, perché Tu sei con me).

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    La via del dialogo sostituisca le armi: l’appello del Papa per la Libia e il Medio Oriente

    ◊   La ricchezza del tempo quaresimale, momento di ascolto di Dio, al centro della riflessione del Papa che all’Angelus lancia un forte appello per la Libia e per il Medio Oriente. Benedetto XVI chiede che dalle armi si torni all’impegno diplomatico e che autorità e cittadini privilegino la via del dialogo e della riconciliazione. Il servizio di Fausta Speranza:

    “Di fronte alle notizie, sempre più drammatiche, che provengono dalla Libia, cresce la mia trepidazione per l’incolumità e la sicurezza della popolazione civile e la mia apprensione per gli sviluppi della situazione, attualmente segnata dall’uso delle armi.” Sono le parole del Papa che lancia un appello al dialogo:

    “Nei momenti di maggiore tensione si fa più urgente l’esigenza di ricorrere ad ogni mezzo di cui dispone l’azione diplomatica e di sostenere anche il più debole segnale di apertura e di volontà di riconciliazione fra tutte le Parti coinvolte, nella ricerca di soluzioni pacifiche e durature.

    In questa prospettiva, assicurando la sua preghiera, il Papa si rivolge a chi ha ruoli istituzionali:

    "Rivolgo un accorato appello agli organismi internazionali e a quanti hanno responsabilità politiche e militari, per l’immediato avvio di un dialogo, che sospenda l’uso delle armi.”

    E il pensiero del Papa si allarga ai Paesi del Medio Oriente:

    “Il mio pensiero si indirizza, infine, alle Autorità ed ai cittadini del Medio Oriente, dove nei giorni scorsi si sono verificati diversi episodi di violenza, perché anche là sia privilegiata la via del dialogo e della riconciliazione nella ricerca di una convivenza giusta e fraterna.”

    “L’onnipotenza dell’Amore rispetta sempre la libertà dell’uomo; bussa al suo cuore e attende con pazienza la sua risposta.” Queste sono le parole con cui Benedetto XVI, sempre all'Angelus, partendo dalla liturgia di oggi, commenta l’episodio evangelico del dialogo di Gesù con la donna Samaritana e chiama tutti a riflettere sul valore della Quaresima:

    “Fermiamoci un momento in silenzio, nella nostra stanza, o in una chiesa, o in un luogo appartato.”

    Il Papa spiega che Dio Padre ha mandato Cristo a saziare la nostra sete di vita eterna “ma per farci questo dono Gesù chiede la nostra fede”. Dunque la nostra risposta che può venire solo da un ascolto attento.

    “Grazie all’incontro con Gesù Cristo e al dono dello Spirito Santo, la fede dell’uomo giunge al suo compimento, come risposta alla pienezza della rivelazione di Dio.”

    Dell’incontro con la Samaritana, il Papa inoltre sottolinea alcuni valori simbolici:

    “Risalta in primo piano il simbolo dell’acqua, che allude chiaramente al sacramento del Battesimo, sorgente di vita nuova per la fede nella Grazia di Dio. Questo Vangelo, infatti, - come ho ricordato nella Catechesi del Mercoledì delle Ceneri - fa parte dell’antico itinerario di preparazione dei catecumeni all’iniziazione cristiana, che avveniva nella grande Veglia della notte di Pasqua. ... Quest’acqua rappresenta lo Spirito Santo, il “dono” per eccellenza che Gesù è venuto a portare da parte di Dio Padre. Chi rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo, cioè nel Battesimo, entra in una relazione reale con Dio, una relazione filiale, e può adorarLo “in spirito e verità” (Gv 4,23.24), come rivela ancora Gesù alla donna Samaritana.”

    “Ognuno di noi può immedesimarsi con la donna Samaritana” afferma il Papa che invita ad ascoltare la voce di Gesù che ci dice: “Se tu conoscessi il dono di Dio…”.

    Nei saluti in varie lingue, torna l’invito a porsi in ascolto di Dio. In particolare, in portoghese un pensiero agli alunni e ai professori del Colégio de São Tomás a Lisbona che – come dice – gli ricordano la sua visita pastorale in Portogallo dello scorso anno. E in italiano un pensiero particolare al Cardinale Elio Sgreccia e ai partecipanti al convegno sul tema: “Bambini non nati: l’onore e la pietà”, che – sottolinea – “ha richiamato al sacro rispetto per i nascituri abortiti”. Inoltre, anche per le famiglie del Movimento dell’Amore Familiare e quanti questa notte, nella chiesa di San Gregorio VII, hanno vegliato pregando per la drammatica situazione in Libia.

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    Verso la Beatificazione di Papa Wojtyla. Mons. Piero Marini: Giovanni Paolo II amico di tutta l’umanità

    ◊   Gruppi di preghiera, nuove pubblicazioni, social network, eventi culturali: con l’avvicinarsi della data di Beatificazione di Giovanni Paolo II, si moltiplicano le iniziative per celebrare la figura e il Pontificato di Karol Wojtyla. Un uomo che è stato "amico di tutta l’umanità". E’ quanto sottolinea l’arcivescovo Piero Marini, che di Papa Wojtyla fu Maestro delle celebrazioni liturgiche e che ora presiede il Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali. Nell’intervista di Alessandro Gisotti, mons. Marini rivela innanzitutto con quali sentimenti si stia preparando alla grande festa ecclesiale del primo maggio:

    R. – E’ una grande gioia la Beatificazione di una persona cara, una persona che per me è diventata un po’ una persona di famiglia, con una relazione quasi da padre a figlio. Devo dire che anch’io, dopo l’annuncio della Beatificazione, sento questa gioia perché in fondo mi sento un po’ beato anch’io, essendo stato per tanti anni vicino a lui! La Beatificazione è per tutti un’occasione per re-incontrare questo amico dell’umanità, e anche io devo incontrare di nuovo Giovanni Paolo II, sentirlo parlare di nuovo, interpretare di nuovo i suoi gesti, essere di nuovo preso dal suo amore per l’evangelizzazione, dalla sua testimonianza celebrativa … Sono tutti sentimenti che ho nel cuore in vista di questa Beatificazione.

    D. – Qual è il dono più grande che Giovanni Paolo II le ha fatto dopo la sua morte? Quanto dunque è presente adesso nella sua vita?

    R. – E’ stato – per così dire – il Papa dei primati, ma il dono più grande che mi ha fatto è stato di ricordarmi che la santità è qualcosa che si costruisce nella quotidianità della nostra vita. Ciascuno di noi – laico, sacerdote – deve costruire la santità rispondendo alla vocazione che il Signore gli ha dato nella propria vita con umiltà, con semplicità, come ha fatto Giovanni Paolo II che ha speso tutta la sua vita per annunciare il Vangelo, per creare l’unità.

    D. – Lei è stato accanto al Santo Padre nei momenti più forti della vita di un Papa, come in quella di un sacerdote, cioè la celebrazione della Messa. Che cosa la colpiva di più in queste situazioni?

    R. – La vicinanza al popolo santo di Dio. Ricordo il gesto che ha fatto proprio durante la Messa dell’inaugurazione del suo Pontificato, quando è sceso a salutare i fedeli in Piazza San Pietro e il cerimoniere di allora era quasi preoccupato ... Ecco, questo per me è stato il segno emblematico di tutto il Pontificato di Giovanni Paolo II: andare verso la gente, andare verso le comunità, anche le più piccole. E in questo modo è riuscito, anche attraverso l’annuncio della Parola, attraverso la celebrazione dell’Eucaristia, dei Sacramenti a creare attorno a sé, attorno alla persona del Papa, veramente l’unità della Chiesa.

    D. – Lei ha vissuto con Giovanni Paolo II momenti gioiosi come le Gmg, e anche drammatici come quello emblematico dell’appello contro la Mafia ad Agrigento. C’è un evento, tra i tantissimi, che ricorda – anche personalmente – con maggiore intensità?

    R. – Mi hanno riempito il cuore le celebrazioni con queste folle immense, vedere tutti questi poveri che quasi volevano gettarsi su di lui … mi hanno fatto pensare a scene evangeliche … Momenti gioiosi, ma anche momenti di difficoltà come ad esempio quando eravamo a Sarajevo: il Papa era in difficoltà per continuare la Messa. Si vedeva che già quando era arrivato alla celebrazione non stava bene: siamo negli anni difficili per quanto riguarda la sua salute; e al tremore del Parkinson si unì il tremore del freddo. Uno dei momenti più belli fu quando potei prendergli la mano, gliela tenni stretta cercando di comunicargli un po’ di calore. E vidi che il Papa, alla cui ombra ero vissuto per tanto tempo, il Papa si rianimò, riprese coraggio e poté terminare la celebrazione …

    D. – Da ultimo, qual è il suo auspicio per la Beatificazione di Giovanni Paolo II?

    R. – Il mio auspicio è che tutta la Chiesa – i credenti, i non credenti – tutti considerino Giovanni Paolo II un amico, lui che ha voluto essere l’amico di tutti; perché solo quando dentro di noi abbiamo questo senso dell’amicizia, possiamo incontrarlo di nuovo, riascoltare le sue parole, rivedere i suoi gesti e possiamo capire, in fondo, il suo agire in favore della Chiesa. (gf)

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    Oggi in Primo Piano



    Libia: prosegue l'avanzata degli insorti verso ovest. Oggi la Nato prende il comando della missione

    ◊   In Libia prosegue la controffensiva degli insorti sostenuta dai raid aerei della coalizione internazionale. Ieri i ribelli hanno riconquistato Ajdabiya e Brega e nelle ultime ore sono entrati anche nel terminal petrolifero di Ras Lanuf. Intanto un esponente del regime di Gheddafi ha chiesto il blocco immediato dei raid aerei, mentre le potenze occidentali lavorano per mettere a punto una soluzione diplomatica da presentare al vertice della coalizione martedì a Londra. Il punto nel servizio di Marco Guerra:

    Le principali città della Cirenaica sono tornate sotto il controllo degli insorti che avanzano verso ovest con il determinate sostegno degli aerei della coalizione che hanno messo completamente fuori uso l’aviazione di tripoli. Brega e Ajdabiya sono saldamente nelle mani degli antigovernativi che, in mattinata, hanno conquistato anche il terminal petrolifero di Ras Lanuf per poi arrivare fino alla cittadina Bin Jawad sulla per Sirte, città natale del rais, dove stanno ripiegando le forze fedeli a Gheddafi, incalzate dai bombardamenti dal cielo. Ora l'obiettivo dei ribelli è raggiungere Misurata, terza città del Paese assediata dai governativi fin dal 19 febbraio e considerata la porta per raggiungere Tripoli. Alla luce dell’avanzata degli insorti, ieri Obama ha detto che la missione sta avendo successo e che è stata evitata una “catastrofe umanitaria”. Da Tripoli, invece, un portavoce del governo chiede di bloccare immediatamente i bombardamenti e di “convocare una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell'Onu”. L’esponente del regime parla anche di attacchi “illegali” e di “numerose vittime militari e civili”. Intanto, oggi a Bruxelles la Nato definisce le regole di ingaggio per il passaggio del comando della missione dalla Coalizione dei volenterosi all'Alleanza Atlantica. Martedì a Londra sarà poi la volta della riunione del vertice dei ministri degli Esteri della Coalizione. Al tavolo sarà presentato il piano diplomatico italo-tedesco, che prevede il cessate il fuoco, un corridoio umanitario permanente, il coinvolgimento dei gruppi tribali e della Lega Araba e un eventuale esilio per Gheddafi.

    Oggi il Papa ha lanciato un nuovo appello a tutta la comunità internazionale per l’immediato avvio di un dialogo che sospenda l’uso delle armi. E sono diversi i Paesi europei che puntano sulla carta diplomatica. Per un’analisi sullo stato delle trattative Marco Guerra ha intervistato Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana:

    R. – Tutti a parole dicono di puntare sulle trattative, tutti sostengono di avere un piano per un’azione diplomatica ma bisogna anche essere molto chiari e realisti, considerata la personalità di Gheddafi e considerati i mezzi, non solo militari, di cui il rais ancora dispone. La trattativa diplomatica, sostanzialmente, al momento consiste nell’intervenire militarmente fino a convincerlo appunto a intraprendere una trattativa diplomatica. Fino alle ultime ore Gheddafi non aveva dato alcun segnale di voler trattare.

    D. – Senza un intervento sul terreno non si rischia una guerra civile di lunga durata che possa portare alla divisione tra Tripolitania controllata dal rais e la Cirenaica in mano agli insorti?

    R. – Sicuramente il rischio c’è e non sarei proprio fermo nell’escludere l’ipotesi che qualcuno voglia proprio praticare quella strada lì, cioè quella di una sostanziale divisione del Paese, “de lege”, come peraltro è avvenuto di recente anche in Sudan. Nel Sudan del sud è nato uno Stato autonomo ed è - come sarebbe anche la Cirenaica - un piccolo Stato ricco di risorse petrolifere. E’ una prospettiva che potrebbe anche interessare molti.

    D. – Che strategia stanno adottando i ribelli? Sono mossi da piani e intenti condivisi o fanno affidamento solo sull’appoggio dell’Occidente?

    R. - In generale per tutto quello che sta accadendo in questi Paesi del Maghreb e in Medio Oriente è molto difficile anche solo concepire un’idea unica unitaria di questi fronti di rivolta. Sappiamo che c’è qualche ex uomo di Gheddafi e per il resto non sappiamo quasi nulla. Tutto sommato è una fase ancora embrionale di queste rivolte. In tutto il Medio Oriente assistiamo ad una sollevazione dal basso che è ancora lontana dal passare da una dimensione orizzontale, che è appunto quella della sollevazione di popolo, con qualche capopopolo qua e là, ad una dimensione verticale, cioè una dimensione in cui si crea una struttura di governo. Anche per questo l’Europa avrebbe dovuto cercare di star dentro gli avvenimenti non di tenersene così alla larga per settimane. (bf)

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    Siria, nuove violenze: almeno 4 persone uccise dai cecchini a Latakia

    ◊   Resta altissima la tensione in Siria, dove non si arrestano le proteste anti-regime e le autorità hanno già preso la decisione di abrogare la legislazione di emergenza in vigore nel Paese dal 1963. Ieri in serata l'esercito siriano è entrato in forze nella città nord occidentale di Latakia, teatro dell'uccisione di almeno quattro persone da parte di ignoti cecchini. Oggi nuovi appelli allo sciopero generale sarebbero stati lanciati dal web dagli attivisti siriani per la democrazia. Israele, intanto, si è detto estraneo alla rivolta popolare nel Paese, smentendo voci siriane relative a “interventi stranieri” nei disordini. È di poco fa il rilascio di una attivista di Daraa, il cui arresto ha contribuito a innescare le proteste contro il partito al governo Baath. Il servizio di Linda Giannattasio:

    Ancora sangue in Siria. Questa volta, un numero imprecisato di cecchini, secondo i media ufficiali, parte di un ignoto ''gruppo armato'', hanno fatto fuoco sui civili dai palazzi uccidendo almeno 4 persone a Latakia. Il governo nega che a sparare siano state forze di sicurezza. Il teatro dell’attacco è un luogo simbolo perché capitale della regione alawita da cui provengono la famiglia presidenziale Al Assad e l’intera cerchia di suoi alleati al potere. Israele, intanto, ha ribadito la sua estraneità ai movimenti di protesta in Siria, smentendo dichiarazioni siriane che facevano riferimento all’invio di messaggi allo scopo di acuire i disordini. Israele ha confermato di seguire la situazione lungo i propri confini settentrionali, nell’eventualità che la Siria provochi frizioni per allentare la tensione interna. Un forte appello a non reprimere con violenza proteste pacifiche è giunto dall’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Navi Pillay, che ha chiesto alla Siria di ''di imparare la lezione dei recenti avvenimenti in Medio Oriente e Nordafrica, dove, ha detto, “l’uso della forza ha contribuito solo a un rapido deterioramento della situazione”. Anche il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, si è detta "scioccata" dalla violenta repressione nei confronti dei dimostranti e ha esortato le autorità locali "a soddisfare le legittime richieste del popolo" e a "fermare le violenze subito".

    Per capire qualcosa di più della Siria, della popolazione, dell’organizzazione sociale del Paese, Fausta Speranza ha parlato con il collega della sezione documentazione della nostra emittente, Salim Ghostine:

    R. – In Siria, come negli altri Paesi arabi, c’è un livello alto di istruzione, c’è una demografia che è esplosiva, non ci sono controlli delle nascite, non c’è quello che viene chiamato planning famigliare. La demografia sta esplodendo al punto tale che in alcuni Paesi più della metà della popolazione ha meno di 30 anni e questi sono giovani che hanno studiato, che non trovano sbocchi professionali perché l’economia è controllata dal centro; per centro intendo il centro politico. Dunque, c’è una richiesta di partecipazione alla produzione che si chiama occupazione - l’occupazione non è altro che partecipare alla produzione nel Paese - questo a un livello un po’ superiore, la partecipazione alla gestione della cosa pubblica.

    D. – In particolare la Libia ci ha fatto parlare molto di tribù di clan locali. C’è una cosa di questo genere in Siria?

    R. - In Siria esiste una struttura dello Stato- è uno Stato centrale e centralizzato, centralizzatore - che è coadiuvata, sostenuta, come negli atri Paesi arabi da una trilogia, se vogliamo: partito al potere, forze armate-intelligence e la lobbie degli affari. Questo è comune a tutti i Paesi arabi e non credo che se ne possa escludere nemmeno uno da questa architettura del potere.

    D. – E’ interessante cercare di capire qualcosa del ruolo dell’esercito in Siria …

    R. – L’esercito, si è visto, in Libia si è praticamente spaccato. L’esercito nello Yemen, per esempio, dove ci sono le sommosse anche lì abbiamo visto comandanti di brigate, di reparti interi, che si sono schierati nella piazza a difesa dei manifestanti, dunque contro il potere centrale. In Siria l’esercito è granitico, l’esercito ha la sua lealtà assoluta verso il potere, però - torniamo alla lezione di umiltà - forse questa sera quello che stiamo dicendo sarà smentito dai fatti.

    D. – E’ stato detto che questo è l’89 dei Paesi arabi. Tu l’avresti una definizione?

    R. – Io definirei questo momento come la fine dell’era della paura. E’ venuta meno la paura perché prima per esprimersi avevi bisogno di un canale tv, di una radio o di un quotidiano. Oggi su facebook ogni adolescente può esprimersi e la gente non ha più paura: parla, si esprime, si fa riprendere dalle telecamere e questa è un cosa inaudita, senza precedenti in tutti i Paesi arabi. E’ venuta meno la paura. Praticamente quanto è accaduto è una grande lezione di umiltà intellettuale. Noi leggiamo, ci documentiamo, pensiamo di sapere e, invece, conosciamo un mondo virtuale. Si vede che il mondo vero i media gli analisti, gli specialisti, gli esperti, non hanno colto il polso della situazione. Quando pensiamo al mondo arabo pensiamo che sia un mondo simile al nostro: è una banalità. In realtà, c’è uno sfasamento spazio-temporale: la società orientale non è allo stesso punto di evoluzione della società occidentale. Sfasamento, dunque, spazio-temporale perché anche l’identità geografica con confini stabiliti politicamente non regge più.

    D. - Non può essere un giudizio di valore quello di dire che il mondo arabo sta in un’altra fase di evoluzione storica, no? Vogliamo spiegarlo meglio?

    R. - Non è assolutamente un giudizio di valore. I Paesi arabi sono usciti dal colonialismo per finire sotto i regimi totalitari. Possiamo dire che il mondo arabo è in una fase post coloniale perché la società non s’è destata, non si è ripresa, non ha costruito, non si è costruita. Il grande “alibi” dei regimi arabi era Israele: Israele quando si era in guerra contro un nemico comune all’esterno e quindi bisognava serrare i ranghi. Questo ha soffocato la voce delle varie opposizioni che non erano opposizioni, per forza, politiche ma erano poi richieste sociali, richieste di occupazione o di partecipazione, semplicemente, senza grandi ideologie. Non ci sono le strutture partitiche che esistono in Europa. (bf)

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    Costa d’Avorio: opinioni a confronto in un Paese che soffre

    ◊   Settecentomila, forse un milione di sfollati, e quasi 500 civili rimasti uccisi nelle violenze tra opposte fazioni. E’ questa la drammatica attualità, aggiornata dai dati forniti dall’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati, della Costa D’Avorio, un Paese che sta soffrendo di fronte alle continue violenze tra i fedeli del presidente uscente, Laurent Gbagbo, e quello eletto, Alassane Ouattara. E proprio ieri gli Stati Uniti, per voce del capo della Casa Bianca, Obama, hanno riconosciuto ufficialmente la vittoria di Ouattara. Per capire meglio che cosa sta succedendo nel Paese africano abbiamo messo a confronto le opinioni, raccolte da Giancarlo La Vella di due ivoriani di opposto orientamento politico. Gatto Silve, del partito di Laurent Gbagbo:

    R. – Volendo si sarebbe anche potuti arrivare ad un accordo se il problema fosse stato lasciato nelle mani dei due dirigenti ma adesso non si può più, perché ci sono troppi interessi dietro questa situazione. Per cui anche se c’è la volontà da entrambi le parti sarebbe molto difficile trovare una soluzione pacifica in questo momento.

    D. - Qual è il suo giudizio sull’andamento del voto che avrebbe dato la vittoria a Ouattara?

    R. - Io non ho mai visto un Paese civile dove si va alle elezioni e una parte è armata e l’altra parte no e dove si impedisce ai militanti dell’altro candidato di andare a votare. Non so se queste si possano chiamare elezioni. In base ai documenti che abbiamo, Alassane Ouattara non ha vinto le elezioni.

    D. - Secondo lei, a questo punto, la soluzione di un governo di unità nazionale sarebbe quella più giusta?

    R. – E’ stato il primo messaggio che ha lasciato Laurent Gbagbo, che è stato rifiutato da Alassane Ouattara, che rifiuta sempre di collaborare e di accettare di fare un governo di unità nazionale.

    D. – Di che cosa ha bisogno secondo lei oggi la Costa d’Avorio? Un Paese che sta soffrendo …

    R. – La Costa D’Avorio ha bisogno prima di tutto che gli ivoriani stessi possano risolvere il problema e che la smettano di manipolare la popolazione perché dopo la schiavitù c’è stato il colonialismo, adesso la popolazione viene manipolata e ci sono troppi interessi: facendo così si porta sempre la popolazione a soffrire. Ci sono persone che muoiono, persone che sono malate e che non possono più curarsi e prima di tutto bisogna risolvere questi problemi.

    Cisse Seydou, rappresentante in Italia del partito di Ouattara:

    R. – Il presidente eletto ha sempre proposto il dialogo per risolvere la crisi politica. Però constatiamo, purtroppo, che il presidente uscente non ha recepito la nostra proposta della formazione di un governo di unità nazionale e, quindi, oggi, la situazione è drammatica: vengono uccisi i cittadini con armi da guerra anche in presenza dei Caschi Blu e questo è davvero doloroso per tutti gli ivoriani.

    D. – L’entourage di Laurent Gbagbo rimprovera al presidente Ouattara, comunque, di aver vinto in modo non chiaro...

    R. – Bisogna dire una cosa chiara: ci sono stati gli osservatori dell’Unione Europea, gli osservatori della sede Onu, gli osservatori dell’Unione Africana, le Ong, la società civile, e tutti quanti hanno constatato che le elezioni si sono svolte correttamente. Dopo il primo turno delle elezioni, il presidente uscente ha mandato 1500 soldati per controllare il secondo turno. Anche loro hanno fatto un rapporto, un resoconto, dicendo che praticamente le elezioni si sono svolte senza incidenti. Quindi, il presidente uscente deve prendere atto che ha perso queste elezioni e tirare le conseguenze.

    D. – Che cosa le manca in questo momento: lei non si trova là?

    R. – In questo momento mi manca la pace, perché senza la pace non si può avere uno sviluppo economico e sociale. Il primo cibo che vogliono oggi gli ivoriani è il ritorno della pace nel nostro Paese.(ap)

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    “Libertà negata: sofferenze delle minoranze cristiane nel mondo”: se ne è parlato in una tavola rotonda a Roma

    ◊   “Libertà negata: sofferenze delle minoranze cristiane nel mondo”: è il titolo della conferenza organizzata, nei giorni scorsi, a Roma dall’Accademia Angelica costantiniana. Tra i partecipanti anche il cardinale Achille Silvestrini, Prefetto emerito della Congregazione per le Chiese orientali e mons. Mikhael Al-Jamil, procuratore a Roma del Patriarcato di Antiochia dei Siri. Ad intervenire anche Taysser Ammary, giordano, cristiano cattolico. Attualmente è impegnato anche come portavoce di un gruppo arabo democratico, formato da cristiani e musulmani, nato per aiutare i cristiani a non emigrare dai Paesi arabi. Debora Donnini l’ha intervistato.

    R. - Vogliamo sensibilizzare il mondo, specialmente l’Occidente, del pericolo dell’emigrazione dei cristiani dai Paesi arabi, specialmente l’Iraq, la Palestina e anche l’Egitto. Vogliamo lavorare insieme perché i cristiani rimangano nei loro Paesi, altrimenti, senza fedeli, le chiese diventano musei.

    D. - Lei diceva che i cristiani in Giordania vivono con gli stessi diritti dei musulmani …

    R. - E’ l’unico Paese in cui abbiamo tutti i nostri diritti politici, economici, sociali…

    D. - Come vivono i cristiani negli altri Paesi arabi?

    R. - Non come in Giordania. In Egitto non vengono considerati cittadini di primo grado; in Iraq attualmente vengono ammazzati; in Arabia Saudita non è permessa la costruzione di chiese; in Siria vengono trattati meglio.

    D. - Il gruppo che lei ha costituito vorrebbe appunto lottare contro l’emigrazione dei cristiani dai Paesi arabi. Cosa chiedete ai governi occidentali?

    R. - Ai governi occidentali che quando trovano un Paese musulmano che tratta male i cristiani devono intervenire almeno a parole.

    D. - Lei come vede queste rivolte nel Nordafrica?

    R. - Sono sicurissimo che se ci fossero democrazia e giustizia sociale i giovani non diventerebbero estremisti e quindi non finirebbero per venire a Lampedusa: perché vengono a Lampedusa, in Europa, perché scappano? Perché sono disoccupati, hanno fame e perché nel loro Paese manca la giustizia sociale. (bf)

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    Chiesa e Società



    In un libro la vita di Giovanni Paolo II raccontata ai bambini

    ◊   Spiegare per la prima volta ai più piccoli la vita di Giovanni Paolo II attraverso le pagine di un libro. E' l'obiettivo del volume “L’amico Karol. Giovanni Paolo II. La sua vita raccontata ai bambini”, pubblicato proprio alla vigilia della beatificazione di Giovanni Paolo II dalle edizioni Marcianum Press del patriarcato di Venezia e curato da Filippo e Katerina von Ketteler. Un volume riccamente corredato da disegni a colori - fa sapere l'agenzia Fides - scritto in un linguaggio semplice e diretto. Il libro riesce così a raccontare ai bambini e ai ragazzi, definiti dal Pontefice “piccoli amici di Gesù”, la sua adolescenza, gli orrori del nazismo e del regime stalinista, ma anche la vocazione, il Concilio, l’elezione al soglio pontificio e gli anni del pontificato fino alla morte, il 2 aprile 2005. Proprio l’amore che Karol Wojtyla manifestava nei confronti dei bambini, un sentimento fortemente ricambiato dai piccoli, è il tema cardine del volume, sottolineato anche dal segretario del Papa, Stanislav Dziwisz, nella prefazione al testo. Il vescovo metropolita di Cracovia ricorda quando nel dicembre del 1994 Giovanni Paolo II dedicò ai bambini una Lettera pastorale, in occasione dell’anno della famiglia, un gesto unico nella storia della Chiesa. “Cari bambini – scriveva il Papa – vi scrivo pensando a quando anch’io, molti anni fa, ero bambino come voi. Allora anch’io vivevo l’atmosfera serena del Natale e, quando brillava la stella di Betlemme, andavo in fretta al presepe insieme ai miei coetanei”. (L.G.)

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    I Carmelitani Scalzi in aiuto dei cristiani in Medio Oriente

    ◊   Il servizio più importante che si può rendere ai cristiani del Medio Oriente è aiutarli a non emigrare. È quanto sottolineato padre Raymond Abdo, provinciale dei Carmelitani Scalzi del Libano, all'associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), citata dall'agenzia Zenit. I Carmelitani, infatti, ritengono fondamentale che i cristiani restino in Medio Oriente e stanno collaborando a questo scopo fornendo lavoro e dando speranza ai fedeli locali. Padre Abdo ha ribadito l'importanza di convincere i cristiani a non vendere le proprie case e ha rimarcato la necessità di creare opportunità di impiego, denunciando che i cristiani sono spesso discriminati nella ricerca di un lavoro. Ha dunque portato l'esempio della collaborazione dei Carmelitani con un uomo cristiano che ha realizzato una compagnia di software internazionale grazie al monastero di Kobayat, creando già 45 posti di lavoro nel villaggio, dove se ne attendono altri 100 per il prossimo anno. “Se siamo uniti a Cristo allora stiamo dando testimonianza e speranza agli altri”, ha detto padre Abdo, che ha aggiunto: “Stiamo dando anche speranza ai musulmani e ad altre comunità, perché senza di noi non avrebbero l'opportunità di conoscere Cristo”. Il sacerdote ha sottolineato anche i segni di speranza nella collaborazione tra musulmani e cristiani nelle scuole e nelle università, spiegando che anche nella politica c'è “un buon dialogo”. I Carmelitani del Libano hanno sei monasteri con 31 monaci, più della metà dei quali hanno 35 anni o meno e continuano a sorgere vocazioni. Quaranta anni fa il Libano era l'unico Paese del Medio Oriente a maggioranza cristiana. Oggi la maggior parte della popolazione è musulmana, e i cristiani rappresentano circa il 45% degli abitanti. (L.G.)

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    “Missione ed Ecologia”: primo Incontro dell’Infanzia e Adolescenza missionaria dello Stato brasiliano di São Paulo

    ◊   Avrà come tema “Missione ed ecologia” e sarà dedicato ai bambini e agli adolescenti missionari il primo incontro regionale dell’Infanzia e Adolescenza Missionaria (ERIM), in programma il 16 e 17 luglio nella città brasiliana di Embù. A renderlo noto è l’Agenzia Fides, che rivela come l’organizzazione dell’evento sia stata anche al centro della riunione dell’équipe regionale dell’Infanzia e Adolescenza Missionaria (IAM) dello Stato di San Paolo, tenutasi il 20 marzo nella sede dell’Obra dos Cenáculos Missionários, a Lapa; un’equipe, quest’ultima, formata da membri dell’Arcidiocesi di São Paulo, e delle diocesi di Santo André, Santos, São Miguel Paulista e Taubaté. Il primo ERIM si svilupperà attraverso lezioni, teatro, laboratori, testimonianze, preghiere e scambio di esperienze, evidenziando il ruolo dei bambini e degli adolescenti missionari. Sarà un momento di animazione e di condivisione di esperienze, ha sottolineato Fusinato Nadia Maria da Silva, Coordinatrice dello IAM nello Stato. Circa 150 i partecipanti attesi provenienti da tutte le diocesi dello Stato. Il tema dell’incontro è inoltre in linea con la Campagna di Fraternità e Missionaria di quest’anno, come fa sapere Rodrigo Alves Piatezzi, della Diocesi di São Miguel Paulista, spiegando come con questo tema l’IAM voglia ribadire l’impegno di lottare per la difesa di tutta la vita sul pianeta, non solo per difendere l’ambiente, ma anche gli esseri umani, in particolare i bambini, costantemente minacciati dalle guerre, dalla fame, dalla mancanza dell’alimentazione di base, dalla violenza e dalla schiavitù del lavoro. (L.G.)

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    Nigeria, la Chiesa organizza corsi per i giovani partecipanti alla GMG di Madrid

    ◊   Due corsi di formazione per preparare, sia spiritualmente che socialmente, i ragazzi che vogliono partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù, in programma a Madrid dal 16 al 21 agosto. È l’iniziativa lanciata, nei giorni scorsi, dal Segretariato cattolico della Nigeria. I corsi, rivolti a circa 400 giovani provenienti dalle 52 diocesi del Paese, si sono svolti ad Abuja, sotto la direzione di mons. John Ayah, presidente della Commissione episcopale nigeriana per la gioventù. “La GMG – ha detto padre Peter Okonkwo, membro del Segretariato – non è una festa o una gita turistica, ma è davvero un pellegrinaggio spirituale e solo coloro che vengono ritenuti preparati dal punto di vista spirituale e umano potranno parteciparvi, rappresentando così la Nigeria in un contesto mondiale”. “I partecipanti alla GMG – ha sottolineato il religioso – sono ambasciatori del proprio Paese e della Chiesa cattolica in esso residente”. Naturalmente, non tutti i giovani nigeriani potranno recarsi a Madrid; per questo, il Segretariato locale ha organizzato, dal 14 al 17 aprile, una Giornata nazionale della gioventù che si terrà presso il Centro cristiano nazionale di Abuja. (L.G.)

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    Commissioni diocesane “Giustizia e Pace" in Repubblica Democratica del Congo

    ◊   Il rafforzamento delle Commissioni diocesane “Giustizia e Pace”, l’osservazione del processo elettorale in vista della tornata presidenziale e legislativa del prossimo 27 novembre, la lotta alla corruzione e la pratica della non violenza: sono gli argomenti attorno ai quali si è svolta, dal 20 al 24 marzo, la Commissione episcopale “Giustizia e Pace” della Conferenza episcopale del Congo. Il tema dell’incontro, tenutosi a Kintambo, è stato “Elezioni e le maggiori questioni della governance”. Si tratta, secondo la Chiesa locale, “di sviluppare una visione condivisa delle sfide attuali del Paese e di rendere più dinamica la collaborazione tra le varie Commissioni Giustizia e Pace”. “I lavori – informa una nota – hanno permesso una riflessione non solo sulle questioni legate alla tornata elettorale, ma anche su quelle attinenti alla sicurezza, alla sfera fiscale, al debito pubblico, allo sfruttamento delle risorse naturali, alle strategie di crescita e di riduzione della povertà, così come alla lotta della corruzione”. Punto centrale dell’incontro è stato poi il ruolo delle donne: vista la numerosa presenza femminile, il presidente di Giustizia e Pace, mons. Fridolin Ambongo, ha ribadito l’importanza della donna come “educatrice alla cittadinanza”, per costruire un “Paese portatore di speranza” e migliorare “le condizioni di vita della popolazione”. (L.G.)

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    Uruguay, Cospe: un progetto per restituire dignità e lavoro ai detenuti e alle loro famiglie

    ◊   Un progetto a sostegno dei detenuti uruguayani e delle loro famiglie. Si chiama “Alternativa Solidaria” ed è l’iniziativa del Cospe (l’associazione per la Cooperazione lo sviluppo dei Paesi emergenti) che interviene nel contesto penitenziario del Paese sud americano. Grazie al progetto – spiega l’agenzia Sir - oltre 250 detenuti e i loro familiari potranno partecipare a laboratori formativi ed educativi, dentro e fuori le carceri, ma anche avere l'opportunità di superare le difficoltà sociali causate dalla reclusione e ritornare a una vita libera e dignitosa attraverso l'inserimento lavorativo. “Alternativa solidaria”, sottolineano, infatti, i promotori, vuole “rompere le logiche di divisione tra l’istituzione carceraria e il resto della società e prevede principalmente formazione professionale e consulenza giuridico legale oltre a facilitazioni all’accesso al credito bancario per gruppi di detenuti che svilupperanno attività produttive sostenibili”. Il piano, che vede il finanziamento del Gruppo corpo vigili giurati, ha l’obiettivo di contribuire in particolare al miglioramento delle condizioni di vita delle persone recluse nelle prigioni di Canelones, in provincia di Montevideo, uno dei centri che registra le peggiori condizioni igieniche, di sovraffollamento e di sicurezza, in un contesto nazionale carcerario già molto complesso, definito di recente “allarmante” dal relatore Onu sulla tortura. (L.G.)

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    Un acquedotto in Rwanda entro il 2011: è l’impegno della Fondazione Avsi

    ◊   Costruire un acquedotto in Rwanda, nel distretto di Gicumbi, in una zona dove la rete idrica è talmente compromessa che soltanto 39 chilometri su 290 si trovano in buone condizioni. È la promessa che la Fondazione Avsi si è impegnata a mantenere entro quest’anno, secondo quanto rende noto l’agenzia Sir. L’acqua, oggi, nella zona è, infatti, accessibile solamente al 37% della popolazione locale, una situazione che ha comportato la diffusione di malattie come il colera, il tifo e la dissenteria bacillare, colpendo soprattutto donne e bambini. L’intervento di Avsi e Mlfm, denominato “Rwanda water facility”, sarà costituito da 4 fasi integrate: verranno dapprima realizzate infrastrutture di base per la fornitura di acqua e servizi igienico-sanitari (tramite la riabilitazione di un acquedotto di 37,2 chilometri nei settori di Rutare, Giti, Rwamiko e Muko per la fornitura di acqua a 13.674 abitanti), quindi si passerà alla promozione dell’igiene rivolta ai residenti più bisognosi delle zone rurali, tramite la sensibilizzazione e la costruzione di servizi igienici nelle scuole, procedendo infine a miglioramenti nel settore della sanità. Verranno inoltre potenziate le capacità degli attori chiave del progetto: gli operai che lavorano all’acquedotto seguono, infatti, un corso per incrementare le competenze necessarie per la corretta manutenzione dell’infrastruttura. (L.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Giappone, allarme al reattore 2 a Fukushima: radioattività 10 milioni di volte i livelli normali

    ◊   Nuovo allarme nella centrale di Fukushima, dove la radioattività dell'acqua al reattore n.2 è risultata elevatissima, pari a 10 milioni di volte i livelli normali. Lo riferisce l'Agenzia per la sicurezza nucleare, per la quale è stata necessaria l'evacuazione immediata dei tecnici al lavoro. L'emergenza contaminazione, dunque, sale mentre i tentativi di messa in sicurezza sono frenati dalla minaccia di radiazioni. Secondo quanto dichiarato dal direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, il giapponese Yukiya Amano, l’allarme nucleare in Giappone potrebbe durare ancora settimane, o persino mesi. I tecnici hanno riscontrato alti tassi di radioattività in mare, vicino alla centrale, il che fa temere che uno o più reattori non abbia più una tenuta stagna. Amano ha detto di vedere “segni positivi'' nel parziale ristabilimento dell'energia elettrica della centrale, ma ha auspicato ''più sforzi per porre fine all'incidente''.

    Nuovi raid aerei israeliani a Gaza: 1 morto e 3 feriti
    Nuovi attacchi aerei israeliani sono stati condotti questa mattina nel nord della Striscia di Gaza. Il bilancio è di un morto e tre feriti, secondo quanto rendono noto fonti ospedaliere sul posto. In base alle prime informazioni si tratterebbe di miliziani della Jihad islamica. Secondo Israele l'attacco è stato lanciato per sventare un nuovo lancio di razzi Qassam contro il Neghev. “Non vogliamo un’escalation di violenza ma non possiamo tollerare che si colpiscano i nostri cittadini”, ha annunciato oggi il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, sottolineando che l’obiettivo di Israele è “ripristinare la calma”.

    Yemen, il presidente Saleh pronto a lasciare il potere ma non subito
    Prosegue la protesta anti-regime nello Yemen: ieri il presidente, Ali Abdallah Saleh, ha affermato di essere disposto a lasciare il potere ''con dignità'', come chiedono da tempo manifestanti e opposizione, ma ha negato il raggiungimento di un accordo immediato sul trasferimento di poteri. Lo riferisce la tv satellitare Al Arabiya. Intanto sei soldati yemeniti sono stati uccisi in un agguato attribuito ad Al Qaeda nella provincia di Marib.

    Pakistan, Asia Bibi: “Sto male, sono innocente”. “Il mio sogno è incontrare il Papa”
    ''Sto male...ogni minuto che passa mi sembra l'ultimo''. Sono le parole di Asia Bibi, la donna pakistana condannata a morte per blasfemia, in un’intervista pubblicata oggi sul quotidiano La Repubblica. La donna è rinchiusa in isolamento nel carcere di Sheikpura. “Ho paura – ha confessato la donna – mi hanno condannata e sono innocente”. Asia Bibi ha parlato anche dell’assassinio del governatore del Punjab e del ministro per le minoranze religiose Shahbaz Bhatti. ''Hanno dato la vita per una causa importante – ha detto - vorrei che il mondo riconoscesse la loro lotta e il loro sacrificio”. Il suo sogno più grande, una volta fuori dal carcere, è incontrare Papa Benedetto XVI. ''Il Santo Padre ha parlato di me, mi ha dato moltissima speranza – ha concluso - mi ha spinta a continuare a vivere''.

    Libano: esplosa una bomba davanti a una chiesa siriaco-ortodossa
    Alta tensione anche in Libano. Oggi una bomba è esplosa davanti alla chiesa siriaco ortodossa di Santa Maria, nella città orientale di Zahle, provocando solo danni materiali. L'ordigno, confezionato con due chili di tritolo, è stato azionato a distanza. L'attentato non è stato per ora rivendicato. La chiesa di Santa-Maria si trova nell'area industriale di Zahle, una città a maggioranza cristiana a una cinquantina di chilometri da Beirut. Proprio in questa zona sette ciclisti estoni sono stati rapiti mercoledì scorso da uomini armati. Le ricerche sono ancora in corso.

    Lampedusa, proseguono gli arrivi: 1200 migranti nelle ultime 24 ore
    A Lampedusa proseguono senza sosta gli arrivi di migranti, nonostante gli accordi appena siglati dal governo italiano con la Tunisia per frenare le partenze dei barconi. Secondo l’ultimo bollettino sono oltre 1200 i migranti sbarcati nelle ultime 24 ore nell’isola. E per la prima volta dall’inizio dell’emergenza si segnala l’arrivo di 3 imbarcazioni dalle coste libiche, a bordo di una delle quali si trovavano, fra gli altri, 284 profughi eritrei ed etiopi, tra cui 80 donne e 12 minori e un neonato partorito durante l’attraversata. Sull'isola si trovano in questo momento oltre 5 mila immigrati, un numero superiore agli stessi abitanti dell'isola. E oggi dovrebbe approdare a Lampedusa anche una nave passeggeri in grado di imbarcare circa 850 persone da trasferire nei centri di accoglienza sulla terra ferma. Intanto in Italia la maggioranza si divide sulla proposta di elargire soldi a chi accetta il rimpatrio volontario. Il ministro degli Esteri Frattini si è detto possibilista, mentre è fortemente contraria la Lega Nord.

    Londra, ieri corteo anti-tagli: oltre 200 gli arresti
    Sono oltre 200 i manifestanti fermati ieri a Londra nel corso delle proteste di piazza contro i tagli decisi dal governo guidato dal premier conservatore David Cameron. La manifestazione, organizzata dai sindacati e che ha visto un’ampia partecipazione, è stata segnata da gravi scontri nel centro della città fra la polizia e una frangia marginale di anarchici che ha distrutto vetrine di negozi e banche a Piccadilly e a Trafalgar Square. In precedenza il leader laburista Ed Miliband aveva parlato alla folla ad Hyde park. "Combatteremo contro i tagli – aveva detto - e non lasceremo che siano distrutti servizi, posti di lavoro e la vita delle persone".

    Canada, elezioni anticipate il 2 maggio
    All’indomani della caduta del governo conservatore, in Canada sono state indette le elezioni anticipate per il prossimo 2 maggio. Lo ha annunciato il primo ministro Stephen Harper, dopo che David Johnston, governatore generale del Canada che rappresenta la regina Elisabetta II, ha formalmente sciolto il Parlamento di Ottawa. Venerdì il governo guidato da Harper è caduto in seguito a una mozione di sfiducia presentata dalle forze di opposizione. “Il 2 maggio sceglieremo tra un governo nazionale stabile o una coalizione spericolata”, ha ammonito Harper, dando di fatto il via alla campagna elettorale.

    Germania al voto per il rinnovo dei governi regionali
    Importante test elettorale oggi in Germania dove si vota per il rinnovo dei governi regionali del Baden-Wuerttemberg e della Renania-Palatinato. Se i sondaggi della vigilia verranno confermati, la prevista sconfitta della Cdu del cancelliere tedesco, Angela Merkel, potrebbe rendere molto più difficili le cose per il governo di Berlino, anche alla luce di un ulteriore indebolimento della coalizione alla Camera alta dei rappresentanti regionali. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Linda Giannattasio)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 86

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.