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Sommario del 26/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai lavoratori di Terni: la Chiesa sostiene ogni sforzo per garantire un lavoro sicuro e dignitoso
  • Credenti e non credenti ritrovino la via del dialogo: così il Papa nel videomessaggio per il Cortile dei gentili a Parigi
  • Cortile dei gentili a Parigi: i commenti del cardinale Ravasi e padre Lombardi
  • Altre udienze
  • Visita del Papa alle Fosse Ardeatine: la testimonianza del cardinale Cordero Lanza di Montezemolo
  • Lettera di Benedetto XVI all'arcivescovo di Taranto per il 50.mo di sacerdozio
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Libia: controffensiva degli insorti. Obama: evitata catastrofe umanitaria. Ma le milizie pro-Gheddafi non cedono
  • Siria: incendiata sede del partito Baath, 150 morti a Daraa. Liberati 200 prigionieri politici
  • Lampedusa: nuovi sbarchi. Il governo italiano: "dote" per i rimpatri
  • Allerta nucleare in Giappone. Il governo: situazione stabile, ma i cittadini iniziano a protestare
  • Algeria: 15 anni fa la strage dei 7 monaci trappisti di Tibhirine
  • Mostra a Roma per i 20 anni del ristabilimento dei rapporti tra Bulgaria e Santa Sede
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • I vescovi del Pakistan: Bhatti “martire e patrono della libertà religiosa”
  • Filippine. Migliaia di cattolici in piazza contro la legge sulla salute riproduttiva
  • I vescovi canadesi pubblicano una Guida per le elezioni federali
  • Monaci di Tibhirine: la testimonianza dell'ultimo confratello sopravvissuto all'eccidio
  • I cattolici della Cina si preparano alla Pasqua con ritiri spirituali
  • Il cardinale Schrerer: la violenza nella società è segno di assenza di valori etici
  • Cei: si apre lunedì il Consiglio permanente
  • Gran Bretagna: campagna video per incoraggiare i giovani a partecipare alla Gmg di Madrid
  • Torna a preoccupare la tubercolosi in Myanmar
  • In 131 Paesi del mondo si celebra l’Ora della Terra
  • Sardegna: villaggio per giovani disagiati donato dall’Enel a Orizzonti di speranza alla presenza del cardinale Bertone
  • 24 Ore nel Mondo

  • Yemen: accordo in vista per l’avvio di un processo di transizione politica
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai lavoratori di Terni: la Chiesa sostiene ogni sforzo per garantire un lavoro sicuro e dignitoso

    ◊   Un appassionato discorso sulla prospettiva cristiana del lavoro: è quello pronunciato stamani da Benedetto XVI in un’Aula Paolo VI gremita, che ha accolto gli 8 mila partecipanti al Pellegrinaggio della diocesi di Terni-Narni-Amelia, nel 30.mo anniversario della visita di Giovanni Paolo II alle Acciaierie della città. Il Papa ha affrontato il tema della disoccupazione, della precarietà giovanile e, ancora, della piaga degli infortuni sul lavoro. Quindi, ha ribadito che la Domenica deve rimanere il giorno dedicato al Signore e non al consumo. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal vescovo di Terni, Vincenzo Paglia. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La Chiesa “sostiene, conforta, incoraggia ogni sforzo diretto a garantire a tutti un lavoro sicuro, dignitoso e stabile”: è quanto ribadito da Benedetto XVI che, parlando ai lavoratori della diocesi di Terni, ha innanzitutto rammentato come anche lui, nel giorno della sua elezione, si presentò come “un umile lavoratore nella vigna del Signore”. Quindi, ricordando l’amore mostrato da Giovanni Paolo II per Terni e il mondo del lavoro, si è soffermato sulla crisi dell’assetto industriale, che sta mettendo a dura prova la comunità ternana:

    “E’ importante tenere sempre presente che il lavoro è uno degli elementi fondamentali sia della persona umana, che della società. Le difficili o precarie condizioni del lavoro rendono difficili e precarie le condizioni della società stessa, le condizioni di un vivere ordinato secondo le esigenze del bene comune”.

    Il Papa ha espresso la sua vicinanza alle famiglie che vivono con ansia e preoccupazione questo momento di crisi alle prese con disoccupazione e precarietà. Né ha mancato di riferirsi al grave problema della sicurezza sul lavoro:

    “So che più volte avete dovuto affrontare anche questa tragica realtà. Occorre mettere in campo ogni sforzo perché la catena delle morti e degli incidenti venga spezzata. E che dire poi della precarietà del lavoro, soprattutto quando riguarda il mondo giovanile? E’ un aspetto che non manca di creare angoscia in tante famiglie!”

    Ha così auspicato che “nella logica della gratuità e della solidarietà” si possa superare la crisi economica ed “assicurare un lavoro” rispettoso della persona. Il lavoro, ha soggiunto, “aiuta ad essere più vicini a Dio e agli altri”. Gesù stesso, ha rammentato il Papa, “è stato un lavoratore, anzi ha passato buona parte della sua vita terrena a Nazaret nella bottega di Giuseppe”. Già questo, è stata la riflessione del Papa, “ci parla della dignità” del lavoro umano, “che viene inserito nel mistero stesso della redenzione”:

    “Spesso, invece, viene visto solo come strumento di guadagno, se non addirittura, in varie situazioni nel mondo, come mezzo di sfruttamento e quindi di offesa alla stessa dignità della persona. Vorrei accennare pure al problema del lavoro nella Domenica. Purtroppo nelle nostre società il ritmo del consumo rischia di rubarci anche il senso della festa e della Domenica come giorno del Signore e della comunità”.

    Il Papa ha, quindi, rivolto il pensiero all’Eucaristia, fulcro dell’azione pastorale della diocesi ternana. Ha così invitato i fedeli a vivere in maniera eucaristica, come un “unico Corpo, un’unica famiglia”. L’Eucaristia, ha ribadito, è “forza per edificare una società più giusta e più degna dell’uomo”:

    “Dall’Eucaristia, infatti, in cui Cristo si rende presente nel suo atto supremo di amore per tutti noi, impariamo ad abitare da cristiani la società, per renderla più accogliente, più solidale, più attenta ai bisogni di tutti, particolarmente dei più deboli, più ricca di amore”.

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    Credenti e non credenti ritrovino la via del dialogo: così il Papa nel videomessaggio per il Cortile dei gentili a Parigi

    ◊   “Credenti e non credenti ritrovino la via del dialogo” nel rispetto reciproco, senza negare le differenze, ma abbattendo le barriere dell’indifferenza e della paura: è l’appello lanciato ieri sera da Benedetto XVI in un videomessaggio accolto tra gli applausi di migliaia di persone raccolte davanti alla Cattedrale di Notre-Dame a Parigi. L’evento ha concluso la due giorni del Cortile dei gentili, promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura e voluto dal Papa per rilanciare il dialogo tra credenti e non. Da Parigi, Jean Charles Putzolu:

    Unesco, Sorbona, Accademia Francese e ieri sera il sagrato della Cattedrale di Parigi, questo è stato il percorso del Cortile dei gentili, che si è concluso ieri sera con una serata decisamente più festiva e con il messaggio di Benedetto XVI alle diverse migliaia di persone radunatesi davanti a Notre-Dame.

    "La question de Dieu n'est pas un danger pour la société ..."
    Ai credenti e i non credenti invitati a partecipare all’evento, il Santo Padre ha ribadito che “la questione di Dio non è un pericolo per la società, essa non mette in pericolo la vita umana! La questione di Dio non deve essere assente dai grandi interrogativi del nostro tempo”.

    "Chers amis, vous avez à construire des ponts entre vous ..."
    Siete chiamati a costruire dei ponti tra voi - dice il Papa - perché nel vostro Paese e in Europa, credenti e non credenti ritrovino la via del dialogo. Riprendendo i valori della Repubblica francese “libertà uguaglianza e fraternità”, Benedetto XVI spiega che le religioni non devono avere paura di una laicità giusta e aperta, che lascia ognuno libero di credere o no, rispettosa di fronte al diritto di tutti a rimanere fedeli alle proprie convinzioni, e in fraternità con l’altro.

    "N'ayez pas peur! Sur la route d'un monde nouveau ..."
    “Non abbiate paura - conclude il Santo Padre - sulla strada che percorrete insieme verso un mondo nuovo, siate cercatori dell’Assoluto e cercatori di Dio”. Sul sagrato di Notre Dame, quando il volto del Papa è apparso, la folla si è fatta silenziosa. Occhi puntati sui megaschermi, ha attentamente ascoltato il videomessaggio accolto con un caloroso applauso finale. E in molti si sono diretti verso l’interno della Cattedrale dove ad aspettarli c’erano i membri della Comunità ecumenica di Taizé, con i quali hanno potuto condividere un momento di preghiera, se credenti, o avvicinarsi al “Dio sconosciuto”. Da Parigi per la Radio Vaticana, Jean Charles Putzolu.

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    Cortile dei gentili a Parigi: i commenti del cardinale Ravasi e padre Lombardi

    ◊   L’evento di Parigi è stato un successo. Una manifestazione intensa che ha visto una grande e attenta partecipazione. Su questo appuntamento francese del Cortile dei gentili, Jean-Charles Putzolu ha intervistato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che ha organizzato l’incontro:

    R. – La mia impressione è triplice: da una parte, l’incontro a Parigi è stato per eccellenza l’incontro con una città-simbolo, che nella tradizione è la città della laicità, quindi della libertà, dell’indipendenza tra Chiesa e Stato e, devo dire, che questo incontro ha rivelato, invece, una particolare attenzione e sensibilità. Una seconda considerazione riguarda i temi che sono stati tutti di alto livello e si sono svolti nei vari luoghi, con tagli diversi ma anche con molta passione. La terza esperienza, la terza sensazione è quella che l’incontro di Parigi diventa veramente un modello che, però, dovremo continuamente trascrivere in altre forme per altre città, tenendo conto soprattutto di questo punto terminale serale, quando il coinvolgimento è anche veramente con la massa, con la folla, con l’orizzonte più ampio. Di fatti, in futuro dobbiamo affrontare non soltanto l’ateismo o le domande che i non credenti di alto profilo pongono, ma anche – forse – la superficialità, l’assenza di domande nei confronti della fede che spesso si registrano a livello più basso.

    D. – Si è sentito spesso dire da parte dei partecipanti, in questi giorni, che c’è un desiderio di proseguire, di continuare questa iniziativa …

    R. – La richiesta è molto forte, tant’è vero che ho voluto affidare al Collège des Bernardins di Parigi il progetto, in modo tale che sia un’istituzione della Chiesa cattolica francese che la continui. Infatti, noi della Santa Sede veniamo solo per deporre un seme, un germe; sarà compito loro farlo poi fiorire. Nel frattempo, abbiamo avuto dalle città che ci attendono – come Stoccolma, come Tirana, Praga, Québec e Firenze – abbiamo avuto presenze proprio qui a Parigi, che sono venute a verificare e già abbiamo avuto domande sulle modalità che vorremmo certamente applicare in modo diverso da queste.

    D. – Parigi non era un successo garantito. E’ stata una scelta forte, da parte sua …

    R. – E’ stata una scelta un po’ rischiosa, questo è vero! Ma vorrei dire che il rilievo è tale da essere rappresentato, per quanto riguarda il risultato positivo, da un fatto, un piccolo episodio. Uno dei maggiori filosofi francesi non credenti, Luc Ferry, ha chiesto un incontro con me perché vuole che insieme a lui, con uno dei maggiori editori francesi, facciamo un testo comune – e questa è la cosa curiosa – sul Vangelo di Giovanni.

    D. – E quindi il seme piantato a Parigi, già da frutti?

    R. – L’interesse è proprio caratteristico, anche perché il “cortile”, a differenza del “palazzo” e del “tempio” - che sono chiusi con la loro ricchezza interna - il “cortile” è aperto. Quindi, ci si guarda negli occhi, ci s’incontra, si dialoga e il respiro della ragione e della fede s’intreccia e può costruire armonie colorate. (gf)

    Sul videomessaggio del Papa ascoltiamo il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    “Voi volete stare insieme per incontrarvi e dialogare a partire dai grandi interrogativi dell’esistenza umana”. “Voi non credenti, volete chiamare in causa i credenti, esigendo da loro la testimonianza di una vita coerente con ciò che essi professano e rifiutando qualsiasi deviazione che renda disumana la religione…Voi credenti, volete dire che la questione di Dio non è un pericolo per la società, non mette in pericolo la vita umana! La domanda di Dio non deve essere assente dai grandi interrogativi del nostro tempo”. “Avete tanto da dirvi gli uni agli altri…Credo profondamente che l’incontro tra la realtà della fede e della ragione permetta all’uomo di trovare se stesso”. Benedetto XVI si rivolge così a credenti e non credenti – soprattutto giovani - in dialogo sul sagrato di Notre-Dame di Parigi, con un appello appassionato alla ricerca comune della via verso l’Assoluto, senza paure e diffidenze reciproche. Un messaggio tutto e solo positivo, incoraggiante, per distruggere le barriere. Il Dio conosciuto nella fede è pur sempre un Dio misterioso, e i suoi adoratori non si sentono affatto lontani da chi cerca veramente un Dio sconosciuto. Perciò il Papa invita tutti a non avere paura e a percorrere insieme “il cammino verso un mondo nuovo”. Cammino faticoso e “senza scorciatoie”, ma cammino entusiasmante “di libertà, uguaglianza e fraternità”. Parole di grande speranza. Papa Benedetto ci ha detto fin dal primo giorno del suo pontificato che la questione di Dio è la prima di tutte. E che ci riguarda tutti, senza distinzioni e limiti. Riusciremo ad approfondirla di nuovo, insieme? Il “Cortile dei gentili” è un ottimo luogo di partenza per questo cammino.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e alcuni presuli indiani siro-malankaresi in visita "ad Limina". Ieri ha ricevuto mons. Gerhard Ludwig Müller, Vescovo di Regensburg (Germania).

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    Visita del Papa alle Fosse Ardeatine: la testimonianza del cardinale Cordero Lanza di Montezemolo

    ◊   Domani mattina il Papa si recherà in visita alle Fosse Ardeatine per rendere omaggio alle vittime dell’eccidio del 24 marzo 1944. Furono trucidati 335 civili e militari per mano dei nazisti. L’esecuzione venne decisa in seguito alla morte, il giorno prima, di 33 soldati tedeschi in un’azione definita di guerra da parte di un gruppo di partigiani. Vennero scelti 10 italiani per ogni soldato tedesco ucciso. Tra questi c’era anche il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, padre dell’allora diciottenne Andrea, oggi cardinale. Il porporato farà parte del seguito di Benedetto XVI al Sacrario delle Fosse Ardeatine. Tiziana Campisi ha chiesto al cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo con quali sentimenti sarà al fianco del Pontefice:

    R. – Il Papa compie una visita che è un gesto di omaggio, di ricordo di una pagina della storia. Quindi, non può essere altro che commovente per i familiari di chi è stato sacrificato in quell’occasione, vedere che il Papa va a compiere una visita privata per pregare, ricordare e far ricordare. E’ la prima volta che mi capita di accompagnare il Papa in questa visita. Sono grato al Papa di questo suo gesto, ricordando che anche lui – essendo di origine germanica – non può non avere sentimenti particolari. Quindi, è sempre apprezzabile questa sua semplicità e umiltà di fronte a certe pagine della storia…

    D. – Quanto sono cambiati i suoi sentimenti?

    R. – Io direi che non sono molto cambiati, perché allora io avevo 18-19 anni, un’età in cui uno non solo comprende e capisce, ma si affaccia alla vita. Perdere il padre non è semplicemente una ferita: è un’amputazione. Una ferita si può rimarginare, l’amputazione non si cambia. E per me, come per tutta la mia famiglia, è stata una cosa molto dolorosa. Ogni anno, ricordare questo non è altro che ricordare il sacrificio che mio padre ha fatto, ben sapendo a cosa sarebbe andato incontro; ha voluto farlo per questo suo sentimento di fede nella Patria, nei valori che con quel gesto ha ancora di più trasmesso a noi tutti.

    D. – Nel tempo, in che modo ha vissuto questo dolore?

    R. – Non coltiviamo sentimento di vendetta o di odio: la carità cristiana e la fede cristiana ci fanno coprire tante cose, ma non certamente la memoria, non certamente il dolore che rimane anche se per certi aspetti si attenua per la distanza del tempo. Però, rimane sempre con la sua forza, con il suo significato e con il suo insegnamento.

    D. – Che tipo di rapporti ha avuto con i familiari delle altre vittime?

    R. – All’inizio c’è stata una comunanza tra tutte queste famiglie che pensavano di avere lì un loro familiare, perché l’evidenza non c’è stata finché non c’è stato il riconoscimento. Molti erano militari, altri civili, altri ci si sono trovati per motivi diversi… Poi, c’era un numero considerevole di ebrei … Poi, con il tempo, le famiglie si sono allontanate; ci sono stati incontri negli anniversari del 24 marzo, ma oggi sono rimasti poche persone di quel tempo…

    D. – C’è un insegnamento che può lasciarci?

    R. – L’insegnamento è dato da un evento della storia che oggi è diventata una pagina della storia passata, che deve continuare ad insegnare e a ricordare: da una parte, c’è stato il fatto violento, dall’altra parte – devo dire – ha rappresentato anche un accomunare persone di fedi diverse che hanno sacrificato la propria vita – chi per un motivo, chi per un altro, chi in un modo, chi in un altro – ma sempre con fede, con una fede viva. E questo rimane forte! Queste sono pagine della storia che danno forza alle generazioni attuali e future. (gf)

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    Lettera di Benedetto XVI all'arcivescovo di Taranto per il 50.mo di sacerdozio

    ◊   Benedetto XVI ha inviato una lettera all’arcivescovo metropolita di Taranto, mons. Benigno Luigi Papa, in occasione dei 50 anni della sua ordinazione sacerdotale. Nel documento il Santo Padre sottolinea l’illustre prova di fede e carità offerta dal presule, fin dalla sua ordinazione come sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. “Nell’esercizio del tuo ministero episcopale – scrive il Pontefice – abbiamo ammirato il connubio di dottrina e pietà, di erudizione e virtù, di verità e carità”. E riconosce come “profondamente riempito dalla sapienza della Sacra Scrittura”, l'arcivescovo di Taranto è “stato soprattutto dottore buono, vigile e avveduto nella spiegazione della dottrina dei Sacri Testi” rimanendo “del tutto alieno da ogni spirito di contesa”. Benedetto XVI ricorda dunque il contributo dato dal presule alla Conferenza episcopale italiana, “con abbondanza di lavoro, di opere e di autorità”. Infine, lo ringrazia per la sua esperienza, la sua magnanimità e forza d’animo messe al servizio della Chiesa.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Da Gerusalemme a Parigi: in prima pagina, un editoriale del direttore sul messaggio di Benedetto XVI per l’inaugurazione del Cortile dei Gentili.

    Dagli orrori di via Tasso alle Fosse ardeatine: in cultura, Giampaolo Mattei intervista il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo in vista della visita del Papa al luogo dell’eccidio, con un articolo di Francesco Motto dal titolo “Quando il sospetto divenne realtà” (Giovanni Fagiolo, Giuseppe Perrinella ed Enrico Bolis furono i primi a vedere le cataste di cadaveri mal coperte da pozzolana e terriccio), una sua intervista a Fausto Felciangeli, uno degli ultimi testimoni della strage.

    Un lavoro sicuro, dignitoso e stabile per tutti: nell'informazione vaticana, l’appello del Papa durante l’udienza ai fedeli di Terni.

    Nell’informazione internazionale, in rilievo le iniziative diplomatiche per uscire dalla crisi libica.

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    Oggi in Primo Piano



    Libia: controffensiva degli insorti. Obama: evitata catastrofe umanitaria. Ma le milizie pro-Gheddafi non cedono

    ◊   Dopo furiosi combattimenti notturni i ribelli libici riconquistano la città costiera di Ajdabiya e puntano ora verso Brega, importante porto petrolifero più ad ovest. Intanto, le forze lealiste, duramente colpite dai bombardamenti alleati anche a Misurata sono in rotta. Il presidente USA Obama parlando alla nazione dichiara: è stata evitata una catastrofe umanitaria. Il servizio di Stefano Leszczynski:

    Dopo una notte di combattimenti, con il sostegno degli aerei della coalizione, i ribelli sono entrati nella città di Ajdabiya. Per gli insorti è la prima vittoria, dopo che l'intervento internazionale li ha salvati da una sicura disfatta. Le forze lealiste sono ora incalzate dagli insorti sulla strada per Brega, strategico porto petrolifero. Non si fermano i raid aerei della coalizione che nella notte hanno colpito Tripoli centrando una caserma ed un radar militare. Aerei della coalizione hanno bombardato anche postazioni delle forze di Gheddafi nelle vicinanze di Misurata, inclusi depositi di armi. Misurata, circa 200 chilometri ad est di Tripoli, è controllata dagli insorti ma assediata dalle forze governative, che la bombarda con l'artiglieria, e, nel centro della città, la popolazione è sotto il tiro costante dei cecchini appostati sui tetti. La missione in Libia ''sta avendo successo'' – ha dichiarato il presidente Usa Barack Obama nel discorso settimanale alla nazione, sottolineando che è stata evitata una catastrofe umanitaria. Intanto, è passato sotto il controllo della Nato il pattugliamento navale destinato a garantire l’embargo Onu contro Tripoli. Da Mosca tuttavia giunge un avvertimento alla Nato a non intraprendere un'operazione di terra in Libia, che la Russia non appoggerebbe mai. Un rischio che anche gli insorti sembrano voler evitare. Il capo del Consiglio nazionale di transizione di Bengasi, riconosciuto dalla Francia ha, infatti, scritto una lettera aperta al presidente Sarkozy in cui esprime la riconoscenza del popolo libico, ma respinge ogni ipotesi di intervento di truppe di terra straniere.

    I raid aerei della coalizione hanno dunque indebolito le forze fedeli a Gheddafi che assediano le città in mano agli insorti. Per conoscere la situazione in Tripolitania Marco Guerra ha raccolto la testimonianza del giornalista free lance, Cristian Tinazzi, presente a Tripoli:

    R. – La situazione è ancora sotto controllo. Pochi minuti fa il vice-ministro degli Esteri, Khaled Kaim, ha riferito dell’effettivo ritiro delle truppe governative da Adjabiyah, per via del continuo attacco delle forze aeree della coalizione che metterebbero in pericolo i civili. Attacchi che si sono verificati anche all’interno della città. Intanto, ieri, sono stati comunicati, da parte del governo, dei dati ufficiali sul numero delle vittime: si parla di 114 morti e 445 feriti durante i bombardamenti tra il 20 ed il 25 marzo.

    D. – Come al solito c’è una guerra anche nella propaganda. Da quello che puoi vedere, quali sono le reali ripercussioni sulla popolazione civile?

    R. – La fila di ore davanti ai distributori di benzina. Ora stanno iniziando a mancare i rifornimenti: dentro i supermercati, quelli più grandi, gli scaffali sono ormai vuoti. La gente ha paura per i bombardamenti che avvengono la notte e che, chiaramente, colpiscono obiettivi militari. Molti di questi obiettivi, però, si trovano vicino ad edifici civili.

    D. – Il popolo di Tripoli come ha reagito alle operazioni della coalizione internazionale? Il fronte pro-Raìs è più unito o disgregato dopo l’intervento dell’Occidente?

    R. – Qui a Tripoli è più unito. La gente è molto arrabbiata, vengono continuamente gridati slogan contro l’Occidente, si parla di jihad. E’ una situazione dove la gente che sta da questa parte ha una visione totalmente condizionata dalla propaganda governativa, e quindi prende acriticamente posizione.

    D. – Secondo alcune fonti, Gheddafi starebbe già trattando un cessate il fuoco in cambio di un’uscita sicura...

    R. – Non è confermato, non si sa niente. Prima è stato chiesto anche al vice-ministro cosa stia facendo il figlio di Gheddafi, Seif al Islam, perché pare che si stia tentando questa mediazione attraverso di lui. Il ministro ha detto che Seif al Islam non rappresenta il governo. Comunque si sta cercando una mediazione. Mediazione che è l’unico modo per uscire da questa situazione, che pare ormai avviata verso una sanguinosa guerra civile, che da questa parte, al momento, nessuno sta mollando. Non si notano cenni di cedimento nella struttura militare della Tripolitania e del Fezzan.

    D. – Anche perché, senza un intervento sul terreno, i ribelli è difficile che prendano completamente il sopravvento solo con l’appoggio aereo...

    R. – Sì, assolutamente. Oggi c’è stata appunto la dichiarazione che l’esercito governativo si è ritirato da Ajdabiya, però è chiaro che non hanno la struttura logistica, i mezzi né tantomeno le persone per arrivare fino a Tripoli, anche se hanno – ed avranno anche in futuro – l’appoggio aereo. (vv)

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    Siria: incendiata sede del partito Baath, 150 morti a Daraa. Liberati 200 prigionieri politici

    ◊   Sale la protesta in Siria: migliaia di persone hanno dato alle fiamme la sede del Partito governativo Baath a Tafas, presso Daraa, teatro della dura repressione contro i manifestanti e che avrebbe causato circa 150 morti. Le autorità di Damasco hanno liberato oltre 200 prigionieri politici. Lo fa sapere l’Osservatorio per i diritti umani in Siria mentre da fonte governativa viene la rassicurazione che c’è calma nel Paese. Tuttavia, siti web denunciano almeno 25 morti e parlano di dimostrazioni e scontri in diverse città. Il servizio di Fausta Speranza:

    Oltre 200 persone che avevano firmato una domanda di libertà, ieri sera, hanno potuto lasciare la prigione di Sednaya. Si tratta per la maggior parte di islamici. L’Osservatorio per i diritti umani lo comunica senza ulteriori spiegazioni. La notizia giunge oggi dopo che ieri si sono moltiplicati sul web i messaggi e i filmati relativi a scontri in diverse città compresa la blindatissima capitale Damasco. La tv di Stato manda in onda le immagini delle bandiere di quanti inneggiano al presidente Assad ma i video amatoriali pubblicati sulla Rete raccontano che anche nella capitale ci sono stati disordini con tre morti. La regione di Hawran, di cui Daraa, epicentro delle proteste è il capoluogo, è stata definita “la porta della liberazione”. E infatti in tutta l’area il dispiegamento di militari dell'esercito è ingente. Ma, cortei anti-regime si sono avuti anche in maniera minore in quasi tutte le città della Siria: da Homs a Hama al centro della striscia di territorio fertile che da Damasco conduce fino ad Aleppo, e poi a Latakia, porto simbolo del potere dei clan alawiti alleati della famiglia Assad. Ad Aleppo il tentativo di manifestare a partire dalla Grande moschea è stato represso a manganellate all'interno della sala di preghiera: un video su Youtube conferma quanto raccontato da testimoni. Perfino a Raqqa nell'estremo nord e a Qamishli, nel nord-est curdo ai confini con Turchia e Iraq, centinaia di persone sono scese in strada. Resta da dire che un appello alla rivolta popolare in tutte le province siriane è stato lanciato per oggi su Facebook.

    Ma quali le cause del profondo malcontento in Siria? Linda Giannattasio ha chiesto un’analisi a Marcella Emiliani, docente di sviluppo politico del Medio Oriente all’Università di Bologna:

    R. – La Siria è un Paese che, fin dal 1963, ha mantenuto lo stato d’emergenza, quindi è uno Stato poliziesco a tutti gli effetti. Ieri è stato promesso di togliere questo stato d’emergenza, però bisognerà vedere i tempi e i modi in cui verrà tolto. Per il resto, è un Paese che ha anche forti problemi dal punto di vista economico, è un Paese che non ha grandi risorse. La cosa più importante, però, è che fin da quando è salito al potere, nel 2000, alla morte di suo padre - Hafez al Assad -, il giovane presidente Bashar al Assad ha avviato un processo di liberalizzazione economica che ha messo in moto dei fenomeni che sono poi quelli che hanno fatto arrabbiare la popolazione. E’ una liberalizzazione che ha aggravato il divario tra ricchi e poveri. Ad approfittare delle nuove possibilità economiche è stato, soprattutto, tutto l'entourage della famiglia al Assad e della minoranza che con gli Assad è andata al potere, che è la minoranza alawita. Questo è il vero punto debole della delegittimazione degli Assad al potere: la stragrande maggioranza della popolazione è sunnita; gli alawiti, sono una setta, quasi un’etnia, sciita, e questo la maggioranza della popolazione non lo dimentica.

    D. – Si tratta quindi, secondo lei, anche di uno scontro confessionale?

    R. – Certamente questo dominio della famiglia e della minoranza non è gradito alla popolazione, però il tutto non ha ancora i connotati di uno scontro confessionale. Qui quello che si sta facendo è protestare contro un regime che non è riuscito, con le riforme messe in moto dal 2000 ad oggi, a garantire alla popolazione un minimo di benessere. Certo, se continua la repressione a suon di decine di morti al giorno e se non verranno avviate in tempi brevi delle riforme, allora c’è anche il pericolo che il tutto prenda una deriva di tipo confessionale.

    D. – Che ruolo ha, nella situazione attuale, anche l’esercito nel Paese?

    R. – Va detto che, siccome dal 1970 ad oggi la famiglia Assad ha badato a mettere alla testa dello Stato e soprattutto dell’esercito gli alawiti, non possiamo aspettarci che, d’improvviso, l’esercito si schieri al fianco della popolazione, perché oggi, a meno che non si spacchi lo stesso esercito – com’è successo altre volte nella storia della Siria -, quest’ultimo sta dalla parte del presidente.

    D. – Quale può essere oggi, secondo lei, il ruolo della comunità internazionale nel caso-Siria?

    R. – Il caso-Siria è un caso molto delicato, perché la Siria è il miglior alleato di area del Medio Oriente e dell’Iran, anzi, l’unico. Dunque, lo scopo dell’amministrazione Obama è quello di staccare la Siria dall’Iran, cioè portare la Siria dalla propria parte e, per questo, sono state fatte precise pre-offerte a Bashar al-Assad. Sul piatto dei negoziati con la Siria c’è il Golan e c’è anche una buona dose di aiuti economici. Non dimentichiamo poi un ultimo tassello, che è rappresentato dal Libano. La Siria soprattutto – ma anche il suo alleato Iran – ha il controllo del Libano. Quindi, la minaccia di ri-destabilizzare il Libano potrebbe essere un’altra di quelle minacce che Bashar al Assad può agitare qualora la comunità internazionale prendesse provvedimenti pesanti nei suoi confronti. (vv)

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    Lampedusa: nuovi sbarchi. Il governo italiano: "dote" per i rimpatri

    ◊   Non si arresta l'ondata di sbarchi a Lampedusa, dove si trovano ancora oltre 4 mila immigrati nonostante i trasferimenti in nave e con un ponte aereo. Intanto, rientrato ieri dalla Tunisia, il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha proposto una "dote" fino a 2500 dollari per ogni profugo che accetterà volontariamente di rimpatriare nel suo Paese. Dall’esecutivo anche la decisione di trasferire gli immigrati da Lampedusa nelle varie regioni italiane. Nel frattempo la Comunità di Sant’Egidio invoca una politica europea di responsabilità nel Mediterraneo e chiede al governo italiano di adottare un provvedimento straordinario di accoglienza temporanea come previsto dalla Legge Bossi-Fini. Paolo Ondarza ne ha parlato con Daniela Pompei, responsabile per il servizio agli immigrati della Comunità di Sant'Egidio.

    R. – Si chiede essenzialmente di fare, da parte del governo italiano, un provvedimento d’accoglienza temporanea per i profughi, che è previsto già nella cosiddetta legge Bossi-Fini sull’immigrazione. Le persone cui viene concessa questa tipologia di permessi di soggiorno, possono anche inserirsi nel mercato del lavoro oppure si può provvedere per loro – visto che si tratta di tunisini che magari hanno parenti in Francia, in Germania o in Belgio – ad un ricongiungimento familiare, fatto nella legalità.

    D. – Questo comporterebbe un coinvolgimento anche dell’Unione Europea...

    R. – Sì. Anche perché, forse, in tutta questa vicenda, c’è poca partecipazione attiva da parte di tutti i Paesi dell’Unione Europea.

    D. – Parlava di un provvedimento straordinario. Ma c’è un’effettiva disponibilità di accoglienza nel territorio italiano? E, se sì, non tutti i profughi – che sono ormai un numero considerevole – potranno essere inseriti nel mercato del lavoro...

    R. – Certo. Però l’Italia, in questi giorni, ha emanato il decreto flussi dei lavoratori stagionali. Abbiamo ritenuto di aver bisogno di 60 mila persone. Un mese e mezzo fa, invece, è terminata la richiesta del decreto flussi per il lavoro stabile, altre 80-100 mila persone. Effettivamente, quindi, c’è una richiesta. L’altra constatazione sul numero – che a questo punto è arrivato a quota circa 15 mila persone – è anche che la domanda di parte di questi cittadini non è sempre quella di rimanere sul territorio italiano.

    D. – La Comunità di Sant’Egidio esprime poi preoccupazione per la popolazione di Lampedusa e definisce positiva la decisione del governo di trasferire i profughi nelle varie regioni italiane, anche se singole città hanno già espresso un certo dissenso rispetto a questa idea...

    R. – Dobbiamo anche ricordarci che nella storia dell’immigrazione in Italia, il nostro Paese ha già affrontato dei flussi massicci - anche molto più consistenti di quelli che avvengono attualmente -, come ad esempio la vicenda degli albanesi nel 1990-1991. L’Italia scelse, anche all’epoca, di suddividere in tutte le regioni italiane le persone che arrivavano in Puglia. Penso che tutte le regioni, come anche alcune grandi città, possano, in qualche modo, accogliere queste persone, perché c’è una disponibilità.

    D. – Dal ministro degli Esteri Franco Frattini arriva la proposta: 2.500 dollari di dote per ogni profugo perché possa essere rimpatriato ed avviato a crearsi un’attività nel suo Paese...

    R. – E’ una via che si può percorrere. Tutto, però, andrà accompagnato anche con degli interventi un po’ più a lungo termine da parte sicuramente dell’Italia ma anche da parte di altri Paesi europei, per un discorso di cooperazione rinnovata, sia in Tunisia, sia in Egitto, sia in altri Paesi.

    D. – Per favorire lo sviluppo proprio in quei Paesi da cui provengono i profughi...

    R. – Sì, esattamente. (vv)

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    Allerta nucleare in Giappone. Il governo: situazione stabile, ma i cittadini iniziano a protestare

    ◊   In Giappone sale a oltre diecimila morti accertati e circa 17mila dispersi il bilancio della tragedia dell’11 marzo. Secondo quanto affermano le autorità, la situazione è stabile nella centrale nucleare di Fukushima, dove proseguono le operazioni di raffreddamento dei reattori. L’Agenzia locale della sicurezza nucleare ha rilevato nell’acqua marina livelli di radioattività di 1250 volte più alti della norma, che ha definito “relativamente elevati”. Sulla percezione dei rischi nucleari da parte della popolazione, fa il punto al microfono di Sergio Centofanti, uno degli ultimi italiani rimasti in Giappone, Antonio Sgro:

    R. - C’è un senso di allerta e c’è molta più consapevolezza di quelli che potrebbero essere i rischi. La preoccupazione qual è? Non sapere quello che potrebbe succedere nei prossimi giorni, perché di fatto i reattori sono stati - dicono - lesionati, quindi potrebbero avere delle crepe: non si riescono a contenere queste uscite di radioattività, non si sa in che modo potrebbero eventualmente propagarsi se dovessero cedere in misura più ampia. Quindi c’è questo timore. Comunque tutta la popolazione si interessa, legge, domanda e inizia a porsi anche dei dubbi su quelle che sono state le scelte del governo. Alcuni sparuti gruppi di giapponesi – cosa, comunque, molto rara - hanno iniziato a protestare, ponendosi il dubbio sulla necessità di avere centrali nucleari in posti ad alto rischio sismico. Quindi, anche il popolo giapponese inizia a svegliarsi da questo torpore che, per cultura e tradizione, tende a non reclamare, ad essere composto, a rispettare le autorità e non porsi troppe domande. Invece, adesso le domande, iniziano a porsele anche loro perché naturalmente quello che è successo non ha precedenti, almeno negli ultimi decenni.

    D. - Tu che sei a Tokio quali prospettive vedi?

    R. - Il Giappone è una potenza economica che ha avuto, ha e dovrà necessariamente avere nel futuro un ruolo economico di primaria importanza. Non è possibile immaginare un Giappone in grado di riprendersi nel brevissimo periodo, perché è stato colpito da una calamità di una potenza inaudita che metterebbe in ginocchio chiunque. Il Giappone è sempre proteso alla rinascita e al recupero; è abituato a questi recuperi e dovrà rimboccarsi le maniche ancora di più questa volta. Però, nel breve periodo i giapponesi soffriranno molto e soffrirà un’economia che invece avrebbe bisogno di riprendersi e della quale anche il mondo occidentale ha bisogno. Quindi, la mia visione del Giappone è una visione di ripresa a lungo termine. Sicuramente ce la faranno, hanno le capacità, hanno la forza e l’organizzazione per farlo. Nel breve periodo sicuramente no, dovranno affrontare grandi difficoltà, quindi dovremmo aiutarli, avranno bisogno dell’aiuto di tutti, a cominciare da quello dei giapponesi stessi. Questo è un Paese che adesso non può chiudersi in se stesso, ha bisogno di ripartire con l’entusiasmo e con il supporto di tutti, perché non sarà facile. (ma)

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    Algeria: 15 anni fa la strage dei 7 monaci trappisti di Tibhirine

    ◊   Quindici anni fa, nella notte fra il 26 e il 27 marzo 1996, sette dei nove monaci trappisti che formavano la comunità di Tibhirine, località a sud di Algeri, venivano rapiti da un gruppo terroristico. Il 21 maggio di quello stesso anno, dopo inutili trattative, il sedicente “Gruppo Islamico Armato” annunciò la loro uccisione. Le loro teste furono ritrovate qualche giorno dopo, ma mai i loro corpi. Il servizio di Fabio Brenna:

    Da quel tragico fatto, il monastero non può più contare su una presenza monastica stabile. Ma in tutti questi anni è rimasto aperto, come segno di speranza ed eredità vivente del messaggio dei sette martiri. Una continuità garantita dal “giardiniere di Tibhirine”, ovvero padre Jean-Marie Lasausse, prete della Mission de France. Proprio in questi giorni è uscito in libreria, per i tipi della “San Paolo”, la versione italiana del suo libro di memorie e testimonianza, intitolato “Il giardiniere di Tibhirine”, curato da Anna Pozzi, giornalista di “Mondo e Missione”. Padre Jean Marie lo ha presentato a Milano, dove lo abbiamo incontrato, chiedendogli innanzitutto qual è l’eredità dei sette monaci a 15 anni di distanza dal loro martirio:

    R. – Ce qui reste aujourd’hui de la présence des moins pendant 60 ans a Tibhirine …
    Quel che resta oggi di una presenza di circa 60 anni di monaci cistercensi, monaci cristiani che hanno vissuto in un contesto musulmano, è innanzitutto il legame profondo con la popolazione; un legame che, ancora oggi, mi viene testimoniato dalla gente del posto che continua a dire che questi monaci amavano profondamente la popolazione.

    D. – Quali sono le attività che permettono di tenere aperto ancora oggi il monastero di Tibhirine?

    R. – Un monastère cistercien on peut le décrire par des hommes …
    La presenza di un monastero in un contesto come quello di Tibhirine è una presenza innanzitutto di una comunità con i piedi ben saldi sulla terra, perché erano essenzialmente una comunità di agricoltori, con le mani rivolte in preghiera al cielo. Oggi noi diamo continuità a questo lavoro agricolo, ma al tempo stesso cerchiamo di mantenere le porte aperte ai visitatori e di portare avanti alcuni progetti di sviluppo attraverso un’associazione, “Gli amici di Tibhirine”. Oggi Tibhirine resta un luogo di preghiera e celebrazioni secondo le richieste dei visitatori e dei pellegrini, in un contesto essenzialmente arabo-musulmano. Non bisogna dimenticare che l’Algeria è un Paese che ha seri problemi, soprattutto dal punto di vista dell’agricoltura; per questo, noi ci riproponiamo di essere anche un piccolo polo di sviluppo.

    D. – La vicenda dei monaci trappisti assassinati ha ispirato lo scorso anno il film, pluripremiato in Francia, “Uomini di Dio”. Che ne pensa padre Jean-Marie?

    R. – Les échos sont un peux différents, évidemment. …
    E’ stato accolto, ovviamente, in maniera diversa. Il film è stato globalmente bene accolto in tutti i Paesi francofoni e se n’è parlato molto, anche perché ci sono legami molto stretti tra l’Algeria e la Francia che derivano da 138 anni di colonizzazione e dal fatto che molte famiglie algerine hanno parenti in Francia. Quindi, nel bene e nel male, esiste un legame molto forte. Nei Paesi vicini, come Tunisia e Marocco, il film è stato proiettato e complessivamente l’accoglienza è stata positiva; la stessa cosa non vale per l’Algeria, dove in realtà sul film c’è stato il silenzio stampa … (gf)

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    Mostra a Roma per i 20 anni del ristabilimento dei rapporti tra Bulgaria e Santa Sede

    ◊   “Dalle icone bulgare ai tessuti dell’arte contemporanea, un percorso affascinante delle tradizioni di un popolo attraverso il tempo”: questo il tema della Mostra “L’Anima di un popolo” inaugurata in questi giorni al Piano nobile del Palazzo del Vicariato Maffei Marescotti a Roma, in occasione del 20.mo anniversario del ristabilimento dei rapporti diplomatici tra Bulgaria e Santa Sede. La mostra presenta alcune riproduzioni delle più famose icone del XVI e XVII secolo, concesse per l’occasione dalla Comunità Ortodossa Bulgara “Santi Cirillo e Metodio di Roma” e da alcuni rappresentanti della comunità bulgara. Inoltre arazzi, sculture e installazioni di due artiste contemporanee bulgare di prestigio internazionale, Tania Kalimerova e Marussia Kalimerovi: si tratta di una delle poche proposte dedicate all’affascinante arte della fibra, così amata e sentita in Bulgaria.

    La mostra conferma gli ottimi rapporti fra la Bulgaria e la Santa Sede, ha detto durante l’inaugurazione Nikola Kaludov, ambasciatore bulgaro presso la Santa Sede. Questo anniversario, ha aggiunto, segna “un nuovo periodo di collaborazione fra la Bulgaria e la Santa Sede nell’affermazione dei valori universali basati sulla fede per servire la causa della pace e della giustizia”:

    “In qualità di membro dell’Unione Europea, la Bulgaria ora è chiamata con le altre nazioni europee a promuovere e testimoniare quelle radici cristiane che discendono dagli insegnamenti dei Santi Cirillo e Metodio, ancor oggi quanto mai attuali e necessari. Oggi siamo obbligati a considerare le radici della nostra cultura e società più profondamente che in qualunque altro momento del secolo scorso”.

    Infatti, la Bulgaria è stata uno dai primi Paesi europei che ha aderito alla mozione italiana in difesa del Crocefisso nel caso “Lauzi” alla Corte europea.

    La mostra è stata organizzata con la collaborazione del Vicariato di Roma e dall’Opera Romana Pellegrinaggi che, secondo il suo vice presidente, mons. Liberio Andreatta, rappresenta il primo segno di un dialogo con la Bulgaria. Come si colloca dunque la Bulgaria nell’Opera Romana Pellegrinaggi:

    “Noi abbiamo sempre fatto i nostri itinerari all’interno della Bulgaria, nei Santuari, nei grandi conventi, monasteri attraverso la spiritualità, la musica, il canto, la liturgia. La Bulgaria è un punto di riferimento per il pellegrino molto importante. Ma la vogliamo inserire in un cammino dell’Europa. Noi abbiamo come obbiettivo i tre grandi Santuari del mondo: Gerusalemme, Santiago e Roma. Ecco il cammino di Gerusalemme passa attraverso la Bulgaria. Noi lo stiamo organizzando e preparando anche in ricordo di Papa Giovanni XXIII, che da nunzio in Bulgaria fece quel pellegrinaggio sul dorso di un mulo assieme ad un gruppo di pellegrini verso Gerusalemme. Quindi questa unità di popoli, di culture, di intenti per poter costruire insieme una civiltà dell’Europa che abbia la coscienza di quell’unità nel rispetto delle diversità”.

    Ospite d’Onore il direttore dei Musei Vaticani, prof. Antonio Paolucci. A lui abbiamo chiesto come si colloca l’arte tessile delle sorelle Kalimerovi in questo 20.mo anniversario dei rapporti tra la Santa Sede e la Bulgaria:

    “Tania e Marussia Kalimerovi sono due artiste bulgare che però sono ben conosciute in Italia. A Roma hanno fatto mostre, sono riuscite a farsi conoscere e sono molto apprezzate perché loro hanno saputo portare, qui da noi a Roma e in Italia, il sapore, il profumo del loro Paese. La Bulgaria è un Paese molto colorato, la tradizione tessile è molto antica: risale al mondo bizantino, a quello turco-islamico, a quello slavo. Tutto questo vuol dire una straordinaria profusione di colori e di tessuti. Loro, utilizzando il mezzo espressivo del tessuto, che governano in modo meraviglioso riescono davvero a restituirci il fascino del loro Paese. Ecco perché io sono venuto qui. Perché volevo esprimere la mia ammirazione e la mia gratitudine a queste due giovani artiste della Bulgaria”.

    I rapporti tra la Santa Sede e la Bulgaria hanno radici antiche. I legami tra il Paese e Roma si instaurano nell’anno 863, quando il re bulgaro Boris I proclama il cristianesimo come religione ufficiale. Il sostegno del papato per lo sviluppo del cristianesimo è immenso e i risultati rimarranno nel tempo. Proprio il cristianesimo conduce la Bulgaria fuori da un isolamento politico religioso, trasformandola in un elemento importante nei rapporti politico-religiosi europei. (A cura del Programma Bulgaro)

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa terza Domenica di Quaresima, la liturgia ci propone l’intenso dialogo tra Gesù e una donna samaritana giunta presso un pozzo per attingere acqua. Gesù le dice:

    «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Un dialogo vivace a ritmo di donna quello che il Vangelo di oggi ci offre. Presso un pozzo, nell’ora più calda, Gesù solo e assetato chiede dell’acqua ad una samaritana che va ad attingerla, tutta sola. Da lì si apre un dialogo, che svela reciprocamente l’uno all’altra, in un gioco curioso di provocazioni, civetterie e paziente ascolto. Gesù non ha fretta di far capire alla donna che la conosce, e sa quanta sete di affetto mal vissuto essa abbia nel cuore. Ma arriva anche il momento in cui la donna si sente conosciuta e rispettata, nonostante tutto. E Gesù rivela se stesso – a lei per prima! – come il Messia atteso. Quella donna, nonostante cinque mariti e ora un sesto compagno, non ha saziato la sete di amore. Questo strano rabbì, ha scoperto la ferita profonda, ma senza umiliarla: si sente conosciuta, eppure rispettata. Proprio per questo si convince che ha incontrato un uomo straordinario: “Mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?”. È la prima annunciatrice di una presenza che tutti attendevano. Un intero villaggio esce a incontrare l’ospite, e alla fine in tanti riconoscono in Gesù “il Salvatore del mondo”. Possiamo riconoscere la forza di circostanze fragili, di risorse che sembrano senza valore. Quando la nostra sete si incontra con l’acqua viva di Dio, tutto si rinnova.

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    Chiesa e Società



    I vescovi del Pakistan: Bhatti “martire e patrono della libertà religiosa”

    ◊   La Conferenza episcopale pakistana ha deciso in una riunione conclusasi ieri, di inoltrare richiesta ufficiale alla Santa Sede per proclamare “martire della fede e patrono della libertà religiosa” Shahbaz Bhatti, il ministro pakistano per le Minoranze religiose ucciso il 2 marzo scorso a causa delle sue battaglie contro la legge sulla blasfemia in vigore nel Paese. L’agenzia Fides precisa che la richiesta, approvata all’unanimità, è stata presentata dal vescovo di Multan e delegato per il Dialogo interreligioso, mons. Andrew Francis, che ha ricordato in particolare l’autentica testimonianza di fede dell’esponente politico che è arrivato a donare la vita per la propria missione. Nella seconda settimana di aprile, inoltre, i presuli si riuniranno a Islamabad per commemorare Bhatti a 40 giorni dalla morte. Sulla difficile situazione delle comunità cristiane in Pakistan, inoltre, i vescovi hanno scritto una Lettera pastorale che sarà diffusa in tutte le chiese a partire dal 3 aprile prossimo, nella quale incoraggiano i cristiani “a tenere viva la fiamma della speranza”. L’assemblea è stata turbata da alcune brutte notizie come l’uccisione di due cristiani a Hyderabad e il rogo del Corano avvenuto negli Stati Uniti. (R.B.)

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    Filippine. Migliaia di cattolici in piazza contro la legge sulla salute riproduttiva

    ◊   Migliaia di cattolici filippini hanno partecipato ieri a Manila alla mobilitazione indetta dalla Conferenza episcopale (Cbcp) contro la discussa legge sulla salute riproduttiva (Reproductive Health Bill – RH). A guidare la manifestazione all’insegna dello slogan “Filippini unitevi sotto l’egida di Dio per la vita!” – riferisce l’agenzia Ucan - l’arcivescovo di Manila card. Gaudencio Rosales che ha presieduto una Messa per la vita in cattedrale. All’iniziativa hanno partecipato associazioni pro-vita e fedeli da tutte le parrocchie di Manila che si sono ritrovati nel Parco Rizal, nel cuore della capitale, con manifesti e statue della Vergine per chiedere alle autorità filippine di investire nello sviluppo del Paese piuttosto che nella contraccezione. Manifestazioni analoghe si sono tenute in altre città filippine. Critici nei confronti dell’iniziativa, naturalmente, i sostenitori della legge, secondo i quali la posizione della Chiesa non ha il sostegno della maggioranza silenziosa dei filippini. Continua intanto a ritmo serrato il dibatto alla Camera dei Rappresentanti dove sempre ieri, poco prima della manifestazione, i promotori della legge hanno ritirato alcune delle norme più controverse, tra cui quella che mirava ad “incoraggiare” le coppie a non avere più di due figli. Nei giorni scorsi i vescovi avevano deciso di sospendere temporaneamente il dialogo con l’Esecutivo, dopo la decisione di quest’ultimo di ricorrere al rito abbreviato per velocizzare l’iter di approvazione senza le modifiche concordate con la Chiesa. Essi hanno peraltro assicurato la ripresa dei colloqui entro fine di marzo. (Lisa Zengarini)


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    I vescovi canadesi pubblicano una Guida per le elezioni federali

    ◊   In vista delle prossime elezioni federali in Canada, la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale canadese (Cecc/Cccb) ha pubblicato una guida in cui i fedeli sono invitati ad esercitare il loro diritto di voto con responsabilità e discernimento. Intitolato “Fare sentire la propria voce”, il documento si propone di aiutare gli elettori cattolici a meglio valutare i programmi e le scelte politiche dei candidati alla luce degli insegnamenti della Chiesa. “Esercitando il loro diritto di voto - si legge nell’introduzione - gli elettori adempiono al dovere di scegliere un governo e inviano un segnale chiaro ai candidati” che con il loro impegno “contribuiscono generosamente al bene comune della società”. Il documento richiama in particolare l’attenzione su cinque questioni importanti: il rispetto della vita e della dignità della persona umana dal concepimento fino alla morte naturale; la giustizia sociale; la promozione umana e della famiglia; la pace nel mondo e la tutela responsabile dell’ambiente e delle risorse naturali. Optare per la vita, afferma tra l’altro, significa “esigere il diritto alla vita per i più piccoli tra di noi: gli embrioni e i feti”; proteggere ogni persona da qualsiasi strumentalizzazione tecnologica; rispettare la vita e la dignità delle persone giunte alla fine della vita; rifiutare la pena di morte; prendersi cura delle persone più vulnerabili e povere e sostenere e accompagnare i disabili, gli anziani, i malati e i sofferenti. L’elettore cattolico è chiamato inoltre a valutare i programmi dei partiti politici e dei candidati sulla lotta alla povertà e all’esclusione sociale, nonché il loro impegno in difesa della famiglia e per la promozione umana, compresa quella degli immigrati. Allo stesso modo dovrà chiedersi quale ruolo i vari candidati vogliono ritagliare per il Canada nella promozione della giustizia e della pace nel mondo. Infine, dovrà egli valutare le politiche proposte in materia di tutela dell’ambiente nell’interesse delle future generazioni. Anche se i cattolici in alcuni casi possono trovarsi di fronte a “scelte difficili”, sottolinea in conclusione il documento, “la Chiesa ci ricorda che “la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge” incompatibile con i contenuti fondamentali della fede e della morale’ [cfr. la Nota Dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede circa l'impegno dei cattolici nella vita politica]”. (A cura di Lisa Zengarini)


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    Monaci di Tibhirine: la testimonianza dell'ultimo confratello sopravvissuto all'eccidio

    ◊   “Ciò che è successo è opera di Dio … parlo per la memoria dei miei confratelli e perché sarebbe bello che la loro esperienza fosse conosciuta, amata”: si è espresso con queste parole, in una intervista concessa alla testata www.leprogres.fr, frate Jean-Pierre Schumacher, l’ultimo dei monaci francesi sopravvissuto della comunità trappista di Tibhirine, in Algeria, dove, nella notte tra il 26 e 27 marzo del 1996, 7 religiosi sono stati rapiti e poi uccisi. Frate Jean-Pierre, 87 anni, oggi nel monastero di Nostra Signora dell’Atlas, a Midelt, in Marocco, racconta di essersi chiesto per molto tempo il perché del suo diverso destino rispetto a quello dei suoi confratelli e di avere trovato risposta soltanto in una lettera ricevuta da una badessa: “Ci sono dei fratelli ai quali è stato chiesto di testimoniare con il dono della loro vita, ce ne sono altri ai quali è chiesto di testimoniare attraverso la loro vita”. Per il religioso gli eventi di Tibhirine insegnano che il martirio è come una prova d’amore, come prova di fedeltà. “I nostri confratelli sono morti perché hanno scelto di restare – dice frate Jean-Pierre – questa fedeltà è costata loro la vita. Questo dono, che è giunto fino all’estremo, era considerato una eventualità per la quale erano pronti, qualunque cosa fosse accaduta”. Il religioso trappista confida inoltre di essersi molto emozionato nel vedere il film “Des hommes et des dieux” sulla storia della comunità algerina di cui faceva parte e ne ha apprezzato il fedele contenuto sottolineando che la pellicola lascia emergere la convivialità, la condivisione, la mutua e calorosa accoglienza tra credenti dell’islam e discepoli di Cristo realmente vissuta a Tibhirine, un messaggio di apertura a Dio, non solamente nella preghiera, ma anche nella sottomissione coraggiosa nella quotidianità e nel pericolo. (T.C.)


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    I cattolici della Cina si preparano alla Pasqua con ritiri spirituali

    ◊   Le comunità cattoliche della Cina, all’interno delle varie diocesi, entrano nel vivo della preparazione quaresimale alla Pasqua, in comunione con la Chiesa universale. Dal 14 al 19 marzo scorsi, i sacerdoti della diocesi di Hang Zhou, nella provincia di Zhe Jiang, si sono riuniti in un ritiro spirituale sul tema “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. Il giorno della conclusione, coincisa con la solennità di San Giuseppe, è stata celebrata una solenne Eucaristia nel corso della quale i religiosi hanno confermato il proprio impegno missionario in obbedienza al Santo Patrono della Cina. L’agenzia Fides, inoltre, riporta anche molte altre iniziative che sono state intraprese nel grande Paese asiatico: nella diocesi di Yi Bin, ad esempio, provincia del Si Chuan, la congregazione diocesana ha convocato un ritiro di un mese in preparazione non solo alla Resurrezione del Signore, ma anche alla festa dell’Annunciazione di Maria, che si è celebrata ieri. I membri della Comunità della piscina di Sìloe, nella diocesi di Wen Zhou, provincia di Zhe Jiang, hanno seguito per cinque giorni gli insegnamenti dei preti e delle suore delle Piccole Sorelle di Santa Teresina che li hanno guidati in una riflessione sul tema “la Sacra Scrittura con te, con me e con noi tutti”. La comunità, fondata nel 2002, conta oggi 300 adepti attivi soprattutto nei campi dell’evangelizzazione, dell’adorazione comunitaria, della predicazione e della musica sacra. Ritiro spirituale anche per i fedeli del distretto di Lin Shui, provincia del Si Chuang, sul tema “Conoscere la Misericordia di Dio nella vita quotidiana e convertirci in modo autentico”. (R.B.)

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    Il cardinale Schrerer: la violenza nella società è segno di assenza di valori etici

    ◊   In un articolo pubblicato dal periodico brasiliano "O Estado de S. Paulo", l’arcivescovo di San Paolo, cardinale Odilo Scherer, ha trattato il tema della violenza che affligge la società del Brasile, definendola “un segno di disorientamento culturale”, ma anche “assenza di sensibilità” e “disprezzo per i valori fondamentali della condotta”. È lucida l’analisi, riportata dalla Zenit, che il porporato fa della realtà che lo circonda, in cui rileva “poca adesione a riferimenti etici condivisi” che a volte “mancano del tutto”. È difficile ritrovare, dunque, in questa società “valori altamente apprezzabili come la vita umana, la dignità della persona, il bene comune, la giustizia, la libertà e l’onestà, che cadono a terra quando vengono loro sovrapposti altri ‘valori’, quali il vantaggio individuale a qualsiasi costo, la soddisfazione delle passioni cieche, l’odio, l’avarizia, la lussuria o la vanità egocentrica”. I tanti episodi di violenza che si riscontrano sono quindi ascrivibili a tale “radicale mancanza di considerazione per la dignità umana, per i diritti più elementari della persona e per i valori etici che devono orientare le decisioni della vita”. Di questa epoca di imperante “pragmatismo individualista senza principi”, il cardinale individua le cause: “La spettacolarizzazione della violenza; il cattivo esempio che viene dall’alto; l’impunità che porta a credere che il crimine paghi; lo sfruttamento economico della corruzione dei costumi e la capitolazione del potere costituito di fronte al crimine organizzato, che guadagna molto con il commercio letale della droga: di tutto questo il trascinarsi della violenza è conseguenza naturale”. “La legge esteriore è di per sé costrittiva perché accompagnata dalla minaccia, non molto efficace, della pena – ha aggiunto – ma l’assenza dell’autorità incaricata di applicare tale legge non legittima il crimine”. Il porporato ha voluto poi concludere l’articolo dando un segno di speranza: “Valori e principi sono insegnati e appresi e l’intelligenza umana è capace di riconoscerli, di distinguere tra ciò che è bene e ciò che è male", – ha scritto. "La coscienza personale e la volontà, quando ben chiarite e motivate, si inclinano verso il bene e rifiutano il male”. (A cura di Roberta Barbi)

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    Cei: si apre lunedì il Consiglio permanente

    ◊   La Conferenza episcopale italiana ha comunicato ieri che dal 28 al 31 marzo prossimi a Roma si svolgerà il Consiglio episcopale permanente, nel corso del quale verrà approvato l’ordine del giorno dell’Assemblea generale in programma nel prossimo mese di maggio e sarà dato il nulla osta per l’invio ai vescovi della seconda parte dei materiali della terza edizione del Messale Romano. Il Sir ricorda che lunedì il Consiglio sarà aperto con l’adorazione eucaristica e con la prolusione del presidente, cardinale Angelo Bagnasco. Fra i temi trattati dai presuli riuniti ci sarà l’approvazione dei piani quinquennali di lavoro delle Commissioni episcopali regionali; la questione dei fedeli cattolici orientali in Italia, privi di gerarchia propria, e la proposta di modifica dell’intesa sull’insegnamento della religione cattolica. Infine, venerdì primo aprile, presso la Sala Marconi di Palazzo Pio, sede della Radio Vaticana, sarà presentato il documento finale dal segretario generale, mons. Mario Crociata. (R.B.)

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    Gran Bretagna: campagna video per incoraggiare i giovani a partecipare alla Gmg di Madrid

    ◊   Una campagna per esortare i giovani inglesi a partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù (Gmg) di Madrid attraverso la diffusione in rete di video promozionali: è questa l’idea, secondo la Zenit, portata avanti dagli organizzatori delle visita di Papa Benedetto XVI in Gran Bretagna nel settembre scorso. L’idea raccoglie l’invito rivolto dal Santo Padre direttamente ai giovani a Hyde Park: “Si tratta sempre di una splendida occasione per crescere nell’amore per Cristo ed essere incoraggiati nella vostra gioiosa vita di fede assieme a migliaia di altri giovani", aveva detto. "Spero di vedere là molti di voi!”. Come protagonisti dei nuovi video sono stati scelti due giovani già selezionati per rivolgersi al Papa nella sua visita alla cattedrale di Westminster: la pellegrina blogger Claz Gomez e Paschal Uche. La Gomez ha dichiarato che aver partecipato alla Gmg di Sydney nel 2008 le ha cambiato la vita; Uche ha concordato sul fatto che “è un evento che porti con te per il resto della vita”. (R.B.)

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    Torna a preoccupare la tubercolosi in Myanmar

    ◊   Si alza l’attenzione sul tema della diffusione della tubercolosi in Myanmar, dove, secondo un’indagine condotta tra il 2009 e il 2010 e riportata dalla Fides, una grande percentuale dei casi non viene diagnosticata. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha registrato, nel periodo preso in considerazione, 300mila casi su una popolazione totale di 53 milioni di abitanti e un incremento di nuovi contagi pari al 64 per cento. Per la maggior parte si tratta di uomini che vivono in aree urbane, dove la pandemia prosegue a velocità doppia rispetto alle aree rurali. Uno dei problemi più gravi è che molti dei contagiati non sanno di esserlo perché vivono lontano da strutture sanitarie, non ricevono adeguata assistenza medica, oppure si curano, ma quando si sentono meglio interrompono i trattamenti, rischiando di peggiorare il proprio quadro clinico. Secondo l’Oms, ogni anno nel mondo un milione e 700mila persone muoiono di tubercolosi e il tasso di diffusione globale è molto più alto che in altri periodi storici, con un picco preoccupante in Asia, dove raggiunge il 55 per cento. (R.B.)

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    In 131 Paesi del mondo si celebra l’Ora della Terra

    ◊   Corre oggi di meridiano in meridiano l’Ora della Terra, iniziativa nata dal Wwf nel 2007 nella città australiana di Sydney e rapidamente estesasi in tutto il mondo. Alle 20.30 ore locali, chiunque vorrà partecipare a questa iniziativa in favore dell’ecologia e del risparmio energetico, compierà l’atto simbolico di spegnere per un’ora la luce e tutti gli impianti non necessari. Molte le adesioni eccellenti, dal Palazzo di Vetro a New York, sede dell’Onu, al grattacielo più altro del mondo a Dubai, fino alla Torre Eiffel di Parigi e al Colosseo di Roma, tanto che l’organizzazione prevede, contando i privati, una partecipazione totale di un miliardo di persone in 131 Paesi. La data di oggi, inoltre, che cade poco dopo l’equinozio di primavera, permetterà di assicurare il buio contemporaneamente nei due emisferi. La staffetta benefica è partita dalle Isole Chatman, nel Pacifico, ha toccato le nazioni dell’Asia per avanzare poi verso l’Europa e l’Africa e, infine, l’America, concludendosi nelle Isole Samoa nel Pacifico. L’avamposto più a sud sarà la base antartica australiana di Davis, dove, ovviamente, non sarà però spento il riscaldamento. Infine, molti degli eventi in programma saranno introdotti da un minuto di silenzio per le vittime del terremoto e dello tsunami in Giappone. Per l'occasione il segretario generale dell'Onu Ban-Ki-moon ha inviato un messaggio: "Uniamoci tutti per celebrare questa ricerca comune per proteggere il pianeta e garantire il benessere umano. Restiamo 60 minuti al buio per aiutare il mondo a vedere la luce". (R.B.)

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    Sardegna: villaggio per giovani disagiati donato dall’Enel a Orizzonti di speranza alla presenza del cardinale Bertone

    ◊   Uno scambio di chiavi simbolico per donare un centro di accoglienza giovanile. È quanto avvenuto questa mattina nella sala delle udienze della Segreteria di Stato, tra Enel Cuore, che lo ha realizzato a Oschiri, in provincia di Olbia-Tempio, e l’associazione Orizzonti di speranza, che lo gestirà. Lo riferisce L’Osservatore Romano. A rappresentare le due realtà sono stati rispettivamente il presidente dell’assemblea Piero Gnudi e il presidente don Luigi Delogu. Testimoni d’eccezione, il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, il vescovo Enrico dal Covolo, rettore magnifico della Pontificia Università Lateranense, don Gianfranco Saba, rettore del Pontificio Seminario regionale sardo, e vari rappresentanti delle due istituzioni interessate. Il complesso sarà adibito a centro non solo di accoglienza, ma anche di riabilitazione residenziale per giovani che vivono in condizioni di disagio, con problemi di dipendenza, psicologici o penali. Il progetto del villaggio di Oschiri, promosso dall’associazione Orizzonti di speranza, è stato valutato positivamente da Enel Cuore che ne ha riconosciuto la validità per il territorio sardo, dove ad oggi ci si affida a strutture extra regionali nel 65 per cento dei casi. Costituito da 24 villini unifamiliari su due piani, da una sala che fungeva da cinema, una palazzina polivalente di tre livelli e una struttura che veniva utilizzata come edificio scolastico, il villaggio era nato negli anni Cinquanta ed è stato abitato sino agli anni Novanta dalle famiglie dei dipendenti Enel occupati nell’adiacente centrale idroelettrica del Coghinas. Adeguatamente ammodernata, la struttura permetterà ora l’accoglienza residenziale di circa 160 giovani, che seguiranno specifici programmi innovativi di ricostruzione integrale della persona, con interventi psico-pedagogici, umani e spirituali. L’area del villaggio e le superfici di pertinenza sono particolarmente indicate per l’attuazione di programmi pedagogici e riabilitativi con esperienze di vita familiare e lavorative. È infatti possibile l’utilizzo agricolo dei terreni — produzione orticola e vitivinicola, allevamento di animali domestici — e vi sono strutture per la qualificazione professionale, come artigianato, falegnameria, restauro, nonché per programmi educativi artistico-culturali e attività sportive. Nata nel 2003 con lo scopo di dar vita a iniziative di solidarietà sociale in Italia e all’estero, «Enel Cuore» è l’Organizzazione non lucrativa di utilità sociale dell’omonima azienda elettrica. Gli interventi che essa promuove si inquadrano in aree specifiche quali: l’assistenza sociale e socio-sanitaria, l’accoglienza dei soggetti svantaggiati, in particolare i bambini e gli anziani; l’educazione, attraverso la costruzione di scuole e centri di formazione nei Paesi in via di sviluppo. Un’attenzione speciale va alle persone disabili, a favore delle quali Enel Cuore sostiene progetti di socializzazione e di integrazione soprattutto attraverso lo sport. Orizzonti di speranza è nata grazie all’incoraggiamento del vescovo di Ozieri, monsignor Sergio Pintor, e alla disponibilità di un gruppo di giovani e di alcuni sacerdoti, ed è impegnata a promuovere un progetto di accoglienza.

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    24 Ore nel Mondo



    Yemen: accordo in vista per l’avvio di un processo di transizione politica

    ◊   Nello Yemen, sembra stia maturando un accordo tra l'opposizione e il presidente Ali Abdullah Saleh per il trasferimento dei poteri nel Paese. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Abubakr al-Qirbi, spiegando che potrebbe essere negoziato un calendario del processo di transizione. Solo ieri, però, il presidente Saleh ha detto ai suo sostenitori che lascerà il potere solo in mani sicure e non nelle mani di una “minoranza” di “avventurieri”. È da oltre un mese che nel Paese si svolgono manifestazioni anti-governative, mirate principalmente a ottenere le dimissioni di Saleh, al potere da 32 anni. Le proteste, represse duramente dalle forze dell'ordine, sono culminate circa una settimana fa nel “massacro di Sanaa”, con decine di morti.

    Giordania
    La situazione resta tesa in diversi altri Paesi del mondo arabo. In Giordania 16 dei 23 membri del comitato di dialogo nazionale, istituito dal governo per dar vita alle riforme democratiche, si sono dimessi in queste ore. La decisione è stata presa a causa della violenta repressione delle forze di sicurezza contro i manifestanti, che ieri ha provocato una vittima e decine di feriti.

    Afghanistan
    Il presidente afghano Karzai si è rivolto ieri sera via radio ai talebani invitandoli ad accettare il dialogo unendosi, così, ai processi di pace e preparando la strada al ritiro delle truppe straniere da dieci anni nel Paese. Intanto, il contingente internazionale dell’Isaf ha fatto sapere che un numero imprecisato di civili sono rimasti uccisi accidentalmente nel corso di un’operazione condotta nella provincia meridionale di Helmand. Nella stessa zona, anche un soldato è stato ucciso nel corso di un attacco di ribelli.

    Pakistan
    Nella notte due scuole dipendenti dal governo pakistano sono state fatte saltare in aria a Peshawar, da un gruppo di militanti talebani che si oppongono alla diffusione dell’istruzione, soprattutto femminile. Intanto, il ministro degli Interni, Rehman Malik, ha fatto sapere che sono stati arrestati i mandanti e gli esecutori dell’omicidio dell’ex primo ministro pakistano Benazir Bhutto, uccisa nel dicembre 2007, e che presto saranno resi noti i nomi.

    Costa d’Avorio
    Ouattara è il leader legittimo della Costa D’avorio. Lo ha detto il presidente statunitense Obama, precisando che se il presidente uscente Gbagbo si ostinerà a mantenere il potere, le violenze e le vittime nel Paese aumenteranno come anche l’isolamento diplomatico ed economico. Fino ad ora – secondo l’Onu – gli scontri tra le opposte fazioni hanno provocato 500 morti e forse un milione di sfollati.

    Canada
    Il governo di minoranza conservatore canadese di Stephen Harper è caduto ieri a seguito del voto di sfiducia espresso dal parlamento. La mozione promossa dal partito liberale era basata su un rapporto della commissione interna secondo cui i Conservatori avrebbero mentito al Parlamento per non aver completamente divulgato i costi di alcuni provvedimenti. Dopo lo scioglimento dell'assemblea legislativa, in Canada ci saranno all'inizio di maggio le quinte elezioni federali degli ultimi dieci anni.

    Portogallo
    ''Il Portogallo non ha bisogno di aiuto''. Così, il premier portoghese dimissionario, Socrates, ha negato qualsiasi richiesta di finanziamento al Fondo salva-stati da parte di Lisbona. Il tema però resta al centro dei timori e del dibattito europeo. Il servizio di Riccardo Carucci:

    Rimane una grande incertezza sull’eventuale ricorso del Portogallo ad un aiuto esterno e, almeno pubblicamente, le pressioni europee in questo senso sembrano essersi attenuate. L’impegno del Portogallo, vittima di interessi sempre più alti sui mercati internazionali, è di ridurre, quest’anno, il deficit al 4,6 per cento, al 3 l’anno prossimo ed al 2 per cento nel 2013. Su questo è d’accordo anche il leader del partito socialdemocratico di centro destra, Pedro Passos Coelho, probabile futuro primo ministro. Più prudente in materia di aiuto esterno, contrario a nuove tasse senza escludere un aumento dell’Iva, Passus Coelho chiede sia fatta piena chiarezza sullo stato reale delle finanze del Portogallo, dopo i dubbi dell’Eurostat sul reale deficit del 2010. I portoghesi, insomma, non sfuggiranno a nuovi sacrifici e alla recessione, che sia per imposizione esterna o per decisione di un governo nazionale. Governo che dovrà essere di maggioranza assoluta e di massimo consenso, anche per meglio affrontare le inevitabili proteste sociali.

    Russia economia
    D'ora in poi gli investitori stranieri potranno acquistare, senza l'approvazione preventiva di una commissione governativa presieduta dal premier Vladimir Putin, sino al 25% delle azioni delle societa' strategiche russe, ossia tutte quelle che possiedono una licenza d'esplorazione di grandi giacimenti di materie prime, a partire da gas e petrolio. Lo riferisce la stampa russa riferendo l'esito di una riunione presieduta ieri dallo stesso Putin. Obiettivo dell'emendamento è di attirare e agevolare l'accesso degli investitori stranieri, anche in vista dei colossali progetti di esplorazione dei giacimenti artici.

    Domani torna l’ora legale
    Alle ore 2.00 di domenica notte, 27 marzo, entrerà in vigore l’ora estiva europea, con conseguente spostamento in avanti di un’ora delle lancette degli orologi. L’ora legale resterà in vigore fino alla notte tra il 29 e il 30 ottobre. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 85

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.