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Sommario del 20/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Raid in Libia, Benedetto XVI all'Angelus invoca l'incolumità per la popolazione e l'accesso agli aiuti umanitari
  • Il Papa consacra al culto la parrocchia romana di San Corbiniano: "Fate conoscere il volto di Dio, aiutate le famiglie in difficoltà"
  • Al via domani a Roma il Corso sul “Foro interno” della Penitenzieria Apostolica
  • Oggi in Primo Piano

  • Libia nella morsa dell'operazione “Odissey Dawn”. Gheddafi: difesa all'ultimo sangue. Le opinioni degli esperti
  • Giappone, bilancio sale a 20 mila tra morti e dispersi. Nucleare, Fukushima sarà fermata
  • Crocifisso-Ue, il prof. Cardia: la tradizione per eccellenza di quasi tutti i Paesi europei è quella cristiana
  • Il Rapporto del Comitato media e minori: troppi programmi inadatti anche in fascia pomeridiana
  • Chiesa e Società

  • “Verso la guarigione e il rinnovamento”: il documento dei vescovi irlandesi sugli abusi
  • Ucraina: Sinodo della Chiesa greco-cattolica dovrà eleggere il successore del cardinale Husar
  • Giappone: Medici Senza Frontiere mette in guardia dai rischi salute per gli anziani
  • Giamaica: attese oltre mille persone per la Domenica della Pace, il 22 maggio
  • Svizzera: i vescovi celebrano oggi il “Dies iudaicus” nel segno del dialogo con gli ebrei
  • Francia: a Cernay il Colloquio internazionale ecumenico sugli anziani con disabilità
  • Consegnato a Benevento il Premio Fraternità, creato per promuovere il dialogo
  • India: nel Kerala una felice esperienza per conoscere la Bibbia
  • Incontro all’Onu sull’attività caritativa di Pio XII durante la II Guerra Mondiale
  • 24 Ore nel Mondo

  • Proseguono le manifestazioni nel mondo arabo: in piazza anche i sauditi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Raid in Libia, Benedetto XVI all'Angelus invoca l'incolumità per la popolazione e l'accesso agli aiuti umanitari

    ◊   I responsabili dei governi e delle forze armate abbiano a cuore "l’incolumità" dei civili in Libia e assicurino loro gli aiuti umanitari. Sono i due aspetti che, all’Angelus di stamattina in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha chiesto siano garantiti dalla comunità internazionale, dopo che nel pomeriggio di ieri la coalizione formatasi in seguito alla risoluzione 1973 dell’Onu ha aperto le ostilità contro lo Stato nordafricano, con i primi bombardamenti aeronavali. Il Papa ha invocato il ritorno della concordia in Libia e in tutta la regione del Nord Africa. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La Libia è sconvolta dalle nubi della guerra, il Papa prega perché su di essa si schiuda presto un “orizzonte di pace”. Le ultime parole dell’Angelus sono per un appello sofferto, per giorni custodito con preoccupazione nel cuore da Benedetto XVI, trasformato in preghiera durante gli esercizi spirituali della Quaresima, e oggi liberato pubblicamente davanti alle migliaia di persone che a mezzogiorno lo hanno ascoltato in Piazza San Pietro:

    “Seguo ora gli ultimi eventi con grande apprensione, prego per coloro che sono coinvolti nella drammatica situazione di quel Paese e rivolgo un pressante appello a quanti hanno responsabilità politiche e militari, perché abbiano a cuore, anzitutto, l’incolumità e la sicurezza dei cittadini e garantiscano l’accesso ai soccorsi umanitari. Alla popolazione desidero assicurare la mia commossa vicinanza, mentre chiedo a Dio che un orizzonte di pace e di concordia sorga al più presto sulla Libia e sull’intera regione nord africana”.

    La Libia, dunque, ma anche tutte le altre nazioni della fascia settentrionale africana, da molte settimane preda di violenti sconvolgimenti interni, che nello Stato libico hanno toccato le punte più drammatiche. Stridente allora il contrasto tra il tenore delle ultime parole dell’Angelus e quello della riflessione offerta da Benedetto XVI prima della preghiera mariana. Dall’odio della guerra a una delle pagine più intensamente descrittive del Vangelo, quelle della Trasfigurazione, di cui parla la liturgia della seconda domenica di Quaresima. Pagine dove letteralmente brilla, ha ricordato il Papa, “la gloria divina di Gesù” molto più della luce del sole, “la più intensa che si conosca”, eppure inferiore a quella che i discepoli videro sul Tabor:

    “La Trasfigurazione non è un cambiamento di Gesù, ma è la rivelazione della sua divinità, ‘l’intima compenetrazione del suo essere con Dio, che diventa pura luce. Nel suo essere uno con il Padre, Gesù stesso è Luce da Luce’. Pietro, Giacomo e Giovanni, contemplando la divinità del Signore, vengono preparati ad affrontare lo scandalo della croce”.

    All’inizio della sua riflessione, Benedetto XVI aveva ricordato i giorni dell’ultima settimana, trascorsi nel tradizionale ritiro spirituale di inizio Quaresima. Riferendosi a questo periodo liturgico e alla “visione soprannaturale” della Trasfigurazione di Cristo, il Pontefice ha concluso:

    “Specie in questo tempo di Quaresima, esorto, come scrive il Servo di Dio Paolo VI, “a rispondere al precetto divino della penitenza con qualche atto volontario, al di fuori delle rinunce imposte dal peso della vita quotidiana”.

    Dopo un breve saluto in sette lingue ai circa 50 mila presenti in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha menzionato in lingua italiana, fra gli altri, i fedeli in arrivo da Venezia, promotori della campagna “Adotta un papà nel sud del mondo”, e i membri del Movimento di Vita Cristiana provenienti da Salerno.

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    Il Papa consacra al culto la parrocchia romana di San Corbiniano: "Fate conoscere il volto di Dio, aiutate le famiglie in difficoltà"

    ◊   “Chi vuole vivere secondo la volontà di Dio, deve seguire Gesù, ascoltarlo, accoglierne le parole e approfondirle”: è l’invito che Benedetto XVI ha rivolto ai fedeli della parrocchia romana di San Corbiniano, consacrata al culto questa mattina. Nella sua omelia, il Papa ha parlato soprattutto alla comunità cristiana di Casal Palocco, dove è stata costruita la nuova chiesa, sottolineando che la missione dei credenti “è quella di recare a tutti il messaggio dell’amore di Dio, far conoscere a tutti il suo volto”. Il servizio di Tiziana Campisi:

    (musica)

    Ha preso spunto dal mistero della Trasfigurazione, narrato dal Vangelo della II domenica di Quaresim,a Benedetto XVI per spiegare che Dio si rivela in Cristo. “La Trasfigurazione è una rivelazione della persona di Gesù, della sua realtà profonda”, ha detto. “Chi vuole conoscere Dio, deve contemplare il volto di Gesù”; è in Lui, ha proseguito il Papa, che si manifesta la santità, la Misericordia e la volontà di Dio:

    “La volontà di Dio si rivela pienamente nella persona di Gesù. Chi vuole vivere secondo la volontà di Dio, deve seguire Gesù, ascoltarlo, accoglierne le parole e, con l’aiuto dello Spirito Santo, approfondirle”.

    Quindi il Pontefice si è rivolto esplicitamente ai parrocchiani di San Corbiniano:

    “E’ questo il primo invito che desidero farvi, cari amici, con grande affetto: crescete nella conoscenza e nell’amore a Cristo, sia come singoli, sia come comunità parrocchiale, incontrateLo nell’Eucaristia, nell’ascolto della sua parola, nella preghiera, nella carità”.

    Particolare gioia ha espresso Benedetto XVI ai fedeli descrivendo il suo stretto legame con San Corbianiano. Anzitutto per essere stato vescovo per quattro anni della diocesi fondata dal Santo nella Baviera, a Frisinga, e ancora per aver scelto, nel suo stemma episcopale, il simbolo dell’orso che Corbianiano avrebbe incontrato durante un pellegrinaggio verso Roma e che avrebbe ammansito con le parole.

    Raccontando di San Corbiniano, il Papa ha poi sottolineato come la sua testimonianza dimostri che “i Santi stanno per l’unità e l’universalità della Chiesa”, fondata su Pietro e costruita sulla roccia. E prima di consacrare l’altare della nuova parrocchia di Casal Palocco, ungendolo con olio e facendo bruciare su di esso l’incenso, il Pontefice ha parlato ancora alla comunità parrocchiale specificando che…

    “…la missione di ogni comunità cristiana è quella di recare a tutti il messaggio dell’amore di Dio, far conoscere a tutti il suo volto (…) la mia visita desidera incoraggiarvi a realizzare sempre meglio quella Chiesa di pietre vive che siete voi (…) anch’io vi esorto a fare della vostra nuova chiesa il luogo in cui si impara ad ascoltare la Parola di Dio, la ‘scuola’ permanente di vita cristiana da cui parte ogni attività di questa parrocchia giovane e impegnata”.

    E non è mancata l’esortazione ad avere attenzione per le famiglie, soprattutto quelle “in difficoltà, o che si trovano in una condizione di precarietà o di irregolarità”:

    “Non lasciatele sole, ma state loro vicino con amore, aiutandole a comprendere l’autentico disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”.

    Infine, il Papa ha indirizzato speciali parole ai giovani, nelle cui mani sono “l’oggi e il domani della comunità ecclesiale e civile”. “La Chiesa – ha detto Benedetto XVI – si aspetta molto dal vostro entusiasmo, dalla vostra capacità di guardare avanti e dal vostro desiderio di radicalità nelle scelte di vita”.

    (musica)

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    Al via domani a Roma il Corso sul “Foro interno” della Penitenzieria Apostolica

    ◊   Prende il via domani a Roma, presso il Palazzo della Cancelleria, il corso annuale sul Foro interno, promosso dalla Penitenzieria Aspostolica. Il corso privilegia la parte pratica relativa alla retta amministrazione del Sacramento della Penitenza e alla soluzione di casi complessi o particolarmente delicati, che nel Sacramento vengono sottoposti al giudizio della Chiesa. Destinatari del corso sono soprattutto i presbiteri di recente ordinazione, che si accingono a dare inizio alla loro missione pastorale e a esercitare, in particolare, le loro funzioni di ministri della Riconciliazione. Introduce e conclude il corso il cardinale Fortunato Baldelli, penitenziere maggiore. A tenere le lezioni saranno, tra gli altri, il gesuita padre Ján Ďačok, prelato teologo della Penitenzieria Apostolica, il vescovo Gianfranco Girotti, reggente della Penitenzieria, il vescovo Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, prelato canonista della Penitenzieria e segretario del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, il salesiano don Manlio Sodi, professore di Liturgia sacramentaria e pastorale liturgica nella Pontificia Università Salesiana e presidente della Pontificia Accademia di Teologia, e mons. Jean-Marie Gervais, officiale della Penitenzieria.

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    Oggi in Primo Piano



    Libia nella morsa dell'operazione “Odissey Dawn”. Gheddafi: difesa all'ultimo sangue. Le opinioni degli esperti

    ◊   In Libia, è guerra aperta contro l’esercito di Gheddafi. Ieri pomeriggio è scattata l’operazione militare internazionale per la creazione di una no fly zone, allo scopo di tutelare la popolazione civile duramente colpita dal conflitto tra i soldati di Tripoli e gli insorti. Bombardate numerose postazioni antiaeree e distrutti carri armati e automezzi libici. Intanto, da qualche ora sono riprese le incursioni. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Alle 17.45 di ieri è scattata inesorabile l’operazione internazionale “Odissea all’alba” con l’obiettivo di indurre al cessate il fuoco immediato il colonnello Gheddafi. L’avvio delle operazioni è stata preceduta da un vertice urgente “per il sostegno al popolo libico”, tenutosi a Parigi, sotto la guida del capo dell’Eliseo, Sarkozy, per decidere la strategia da osservare e in ottemperanza delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sull’istituzione di una no fly zone a scopo umanitario e senza l’ingresso in Libia di truppe di terra. Paesi coinvolti sinora nelle incursioni: Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, l’Italia, che ha messo a disposizione sette basi militari. A Parigi presenti tra gli altri anche tre Paesi arabi: Qatar, Emirati Arabi e Giordania. I primi raid dei bombardieri francesi hanno colpito e neutralizzato postazioni antiaeree libiche e numerosi mezzi blindati dell’esercito di Tripoli. A questa fase è seguito, nella notte, il lancio di oltre un centinaio di missili Cruise dalle portaerei americane e britanniche. Quasi settanta le vittime di questa prima fase, secondo fonti libiche. Immediata la risposta verbale – attraverso la radio nazionale – di Gheddafi, che ha parlato di intervento armato di barbari, terroristi e colonialisti. “Tutto il popolo libico è in armi – ha detto ancora, confermando l’apertura degli arsenali ai civili – Siamo pronti a una guerra lunga, volete solo il nostro petrolio”. Sulla situazione libica è intervenuto il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. “Speriamo che si svolga tutto rapidamente, in modo giusto ed equo – ha detto il porporato nel corso di una visita ad una parrocchia di Genova – col rispetto e la salvezza di tanta povera gente che in questo momento è sotto gravi difficoltà e sventure. Preghiamo per la salvezza del popolo libico”. Da qualche ora sono ripresi i raid sulla Libia.

    E si teme, intanto, per la sorte dell’equipaggio di un rimorchiatore d’altura, trattenuto da ieri pomeriggio nel porto di Tripoli. Le persone a bordo sono otto italiani, due indiani e un ucraino. Secondo le scarne ricostruzioni d’agenzia, mentre il natante stava sbarcando a Tripoli dei lavoratori libici, alcuni uomini armati - tra cui uno che si sarebbe qualificato come comandante del porto - hanno fermato il rimorchiatore, impedendogli di ripartire. Mario Mattioli, amministratore delegato della Augusta Offshore spa, armatrice della nave – che dall’inizio della vicenda, insieme con le autorità italiane, ha cercato invano di ottenere un contatto con l’equipaggio – ha spiegato che il rimorchiatore era giunto nel porto di Tripoli, nonostante l'avvio dell'operazione militare, poiché il suo gruppo è impegnato in Nord Africa e in Brasile, “a supporto delle piattaforme petrolifere” e che in Libia lavora con “un cliente locale partner dell'Eni''. Il ministro della Difesa italiano, Ignazio La Russa, ha affermato in una intervista che le forze italiane sono, nel caso, “a disposizione per un'evacuazione del personale del rimorchiatore bloccato in Libia con ogni strumento possibile''.

    La speranza generale, dunque, è che effettivamente questa nuova fase della crisi libica, con il coinvolgimento della comunità internazionale, duri il tempo necessario per ristabilire il rispetto dei diritti umani della popolazione civile e del diritto all’autodeterminazione del popolo libico. Su questo aspetto, Giancarlo La Vella ha raccolto il parere di Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana:

    R. - Ho qualche dubbio che questa operazione duri proprio pochissimo, perché di solito le dittature sembrano non conoscere la parola ragionevolezza, la parola resa, la parola compromesso. Temo che Gheddafi, prima di rassegnarsi al fatto che la comunità internazionale lo voglia fuori dalla Libia, sacrificherà ancora molti dei suoi e cercherà di tenere duro ancora per diverso tempo.

    D. - Da parte della coalizione internazionale sarà possibile agire con operazioni mirate, "chirurgiche" o – come sembra sia già avvenuto – c’è il rischio di un coinvolgimento esteso della popolazione civile?

    R. - Il coinvolgimento della popolazione civile ci sarà di sicuro e in parte sarà, credo, cercato anche da Gheddafi, per far ricadere sulla comunità internazionale almeno la responsabilità delle vittime civili. Questo delle operazioni chirurgiche, come abbiamo visto dal Kosovo all’Iraq, è esclusivamente un mito. Ci può essere molta attenzione, ma i civili ci andranno di mezzo di sicuro e questo va detto subito. E’ una ipocrisia, questa, che dobbiamo assolutamente rifiutare.

    D. - A questo punto, si può già immaginare, nel caso vi sia la caduta del regime di Gheddafi, quale potrà essere il prossimo assetto istituzionale della Libia?

    R. - Questo è molto difficile da dire. Io credo che il discorso vada allargato al di fuori dei confini della Libia: il progetto è quello di un nuovo Maghreb, un po’ più democratico e sicuramente molto più aperto all’influenza degli Stati Uniti e dei Paesi, evidentemente, che si sono schierati in prima linea in questa operazione. Credo che a questo punto – per quanto sia doloroso e ai limiti del cinismo dirlo – la questione militare sia importante, ma sia la minore delle questioni: la questione vera è quale sarà l’assetto del Maghreb domani, con una Tunisia liberata da Ben Alì, l’Egitto liberato da Mubarak e la Libia liberata da Gheddafi. (mg)

    E le prime immagini dei raid aerei francesi, diffuse dalle emittenti televisive di tutto il mondo, hanno ricordato molto da vicino quelle, drammatiche e ancora vive nella memoria di tutti, delle operazioni militari in Iraq. Ma come ha vissuto la popolazione di Tripoli questo primo giorno di bombardamenti? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Cristiano Tinazzi, uno dei pochi giornalisti stranieri rimasti nella capitale libica:

    R. - Ieri notte, la contraerea del governo libico ha iniziato a sparare, con i traccianti che solcavano nel cielo per cercare di intercettare - vanamente - i missili cruise che colpivano la parte est di Tripoli. Non è stata colpita, come è stato invece inizialmente riferito dalle agenzie di stampa, la caserma dove risiede il presidente Gheddafi, la caserma Bab al-Azizia.

    D. - Qual è la reazione della popolazione libica, almeno a Tripoli? Si riconoscono ancora nel rais?

    R. - La popolazione ha reagito quasi in modo paradossale: ieri sera, decine di auto e di persone sono uscite in strada, manifestando a favore del regime, cantando canzoni di guerra e ridendo. Forse si è trattato anche di una reazione in parte isterica, ma che comunque contraddistingue la volontà di voler resistere fino alla fine in questa che è ormai una guerra a tutti gli effetti. Ieri sera, ho avuto un colloquio telefonico con una persona che conosco da anni, che fa il professore universitario, e mi ha detto: “da oggi sono un soldato!”; mi ha fatto sentire lo scarrellamento del suo kalashnikov e mi ha detto che stava andando sulle montagne a sud di Tripoli a combattere. (mg)

    Difesa dei civili con tutti i mezzi. E’ quello che chiedono con forza le Nazioni Unite. Ma quanta certezza c’è che questo intervento armato sia veramente di carattere umanitario e che quindi possa essere considerato legittimo? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto ad Antonio Papisca, docente di Relazioni internazionali dell'Università di Padova:

    R. - Nel caso specifico della Libia, c’è un principio, sempre più affermato nel diritto della comunità internazionale, e cioè la responsabilità di proteggere la popolazione civile, che viene massacrata. Qui siamo in presenza di una decisione adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e sollecitata non soltanto da singoli Stati, ma addirittura da organizzazioni internazionali regionali: dalla Lega degli Stati arabi e dalla stessa Organizzazione della Conferenza islamica e, alla fine, anche dall’Unione Europea. E’ molto importante, quindi, la piattaforma legale, la legittimazione anche formale: ci troviamo di fronte a una legittimazione a tutto tondo. In questo caso specifico, si deve sottolineare come l’Onu abbia funzionato - e quindi il Consiglio di sicurezza - da entità legittimante. La stessa Onu, poi, agirebbe in termini di coordinamento politico dell’operazione, attraverso un qualcosa che è invece nuovo nella prassi: il Consiglio di sicurezza, con la Risoluzione 1970 e con la Risoluzione 1973, ha istituito una sorta di “cabina di regia” al plurale, dove troviamo insieme gli Stati, le organizzazioni regionali, ai quali si aggiunge l’Unione Europea. Ci troviamo di fronte ad un caso nuovo.

    D. - Nella Risoluzione che legittima la no-fly-zone è specificato che l’operazione non deve tradursi in occupazione territoriale…

    R. - Qui ha funzionato la lezione dell’Iraq e di altre vicende belliche avventurose. Il fatto di escludere l’occupazione territoriale deve sgombrare l’orizzonte da velleitarismi post-colonialisti. Bisogna che anche i generali, oltre che i politici, si mettano nell’ottica dell’uso del militare per fini di polizia militare internazionale: l’atteggiamento da usare è l’animus iustitiae e non l’animus destruendi che significa, prima di tutto, salvaguardia della vita delle popolazioni e significa poi perseguire i presunti criminali. (mg)

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    Giappone, bilancio sale a 20 mila tra morti e dispersi. Nucleare, Fukushima sarà fermata

    ◊   In Giappone, nuovo allarme al reattore 3 della centrale di Fukushima, mentre è stata quasi completamente ripristinata l’elettricità necessaria per far funzionare l’impianto di raffreddamento. Cresce il livello di radiazioni: dopo Tokyo anche a Gunma l’acqua del rubinetto sembra essere stata contaminata. Intanto, sale ancora il bilancio delle vittime: 20 mila tra morti e dispersi. Ma dalle macerie arriva anche la notizia di un "miracolo": a 9 giorni dal sisma le squadre di soccorso hanno estratto vive due persone. Il servizio di Cecilia Seppia

    Il governo di Tokyo continua a ribadirlo: con le opportune precauzioni non ci saranno rischi per la salute umana neanche in caso di pioggia, ma la gente ha paura e non esce di casa. In più, molti cibi risultano contaminati e dopo la capitale il materiale radioattivo ha raggiunto anche l’acqua potabile di Gunma. Le autorità assicurano che si tratta di quantità minime, ma intanto hanno ordinato lo stop alla vendita di generi alimentari provenienti dalla zona di Fukushima e dalle prefetture vicine. Lo sciame sismico non lascia tregua alla popolazione, l’ultima scossa di magnitudo 5.9 è stata registrata al largo della costa sud orientale di Taiwan. La situazione dei profughi resta drammatica, aggravata dal gelo e dalla neve di questi giorni, mentre il numero delle vittime del terremoto e dello tsunami continua a salire spaventosamente: 20 mila tra morti e dispersi. E’ probabile che i numeri finali siano ancora più alti, perchè nella sola zona di Miyagi sono state stimate circa 15 mila vittime. Proprio da qui però, oggi arriva un segno di speranza: nonna e nipote, rispettivamente di 80 e 16 anni, sono stati estratti vivi dalle macerie a nove giorni dal sisma e nel complesso le loro condizioni di salute sono buone. Progressi anche nella centrale nucleare di Fukushima, dove i tecnici sono riusciti a ripristinare la corrente nel reattore 2 e ora, attraverso un cavo, stanno tentando di portarla all’1. I reattori 5 e 6 sono invece in fase di stabile arresto. Ed è rientrato l’allarme che proveniva dal reattore 3, il reattore più pericoloso perché contiene plutonio altamente radioattivo, sembra si sia stabilizzato dopo essere stato bersagliato dagli idranti con tonnellate d’acqua. Il governo plaude agli sforzi dei 50 ingegneri ancora nel ventre della centrale, sei dei quali sono stati esposti oltre il limite alle radiazioni e annuncia che l’intero impianto sarà totalmente disattivato.

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    Crocifisso-Ue, il prof. Cardia: la tradizione per eccellenza di quasi tutti i Paesi europei è quella cristiana

    ◊   La Corte europea dei diritti dell’uomo che fa capo al Consiglio d’Europa ha chiuso venerdì scorso il caso Lautsi relativo all’Italia, con una sentenza che ha dato speranza all’Europa. Moltissimi i commenti positivi in questi giorni da parte di esponenti di Chiesa, ma anche di tanti ambiti politici e istituzionali. Da un punto di vista giuridico, nel 2009 la prima sentenza riconosceva alla signora Lautsi il presunto diritto a non avere il Crocifisso nelle aule scolastiche per non influenzare l’educazione dei minori. Dopo il ricorso dell’Italia e un ampio dibattito, la Corte europea ha affermato come il margine di manovra di uno Stato in questioni che attengono alla religione e al mantenimento delle tradizioni sia molto ampio. Fausta Speranza ha chiesto al giurista Carlo Cardia, docente di Diritto ecclesiastico all’Università Roma Tre, un commento circa il ritorno alla linea che aveva guidato tutte le precedenti sentenze:

    R. – Sì, è senz’altro così, perché la sentenza del 2009 aveva causato uno "strappo" molto forte alla giurisprudenza della Corte. Era una giurisprudenza trentennale, continua, coerente, che si rifaceva poi alla normativa europea. Nella normativa europea, ci sono – tra le tante cose – due punti fermi: uno, che l’Europa rispetta e valorizza le tradizioni dei Paesi. Questo sta scritto nella Cedu, la Convenzione europea per i diritti dell’uomo, e sta scritto nel Protocollo che istituì il Consiglio d’Europa. Quindi, rispetto e riconoscimento, rispetto delle tradizioni spirituali. In secondo luogo, questo margine di manovra vuol dire che ciascuno Stato - che possiede sfumature diverse di tradizioni - ha poi il diritto di interpretare, valorizzare, in sintonia con i diritti di libertà, queste tradizioni. Ricordiamo che, altrimenti, l’Europa non sarebbe nata. La tradizione per eccellenza di quasi tutti i Paesi europei è quella cristiana. Dire che la tradizione per eccellenza dell’Italia è quella cattolica, mi sembra ancora più facile. Quindi, questo cardine è stato ripristinato dopo lo strappo della sentenza del 2009. Questo fa stare tranquilli tutti gli Stati europei, perché tale sentenza riguarda l’Italia nel caso specifico ma è rivolta a tutti gli Stati europei. Anche perché, assieme all’Italia, si sono costituiti in giudizio, davanti alla “Grande Chambre”, diversi Paesi, molti ortodossi, e quasi tutti quelli europei avevano manifestato sconcerto e rifiuto della sentenza, per così dire, di primo grado.

    D. – Si nega un’influenza sugli alunni: questa era la tesi della richiedente che sosteneva di essere lesa nel suo diritto ad educare i propri figli a non credere dalla presenza del Crocifisso nelle aule. La Corte ha stabilito che non è così, anche perché nel curriculum didattico in Italia non esiste un corso obbligatorio di religione cristiana e l’ambiente scolastico italiano è comunque aperto ad altre religioni. Anche questa è stata una battaglia giuridica: il riconoscimento di una condizione di apertura nelle scuole italiane…

    R. – Questi sono due punti di merito di eccezionale rilevanza. La concezione da cui partiva la famiglia Lautsi era che il simbolo religioso comportasse un turbamento psicologico dei bambini e dei ragazzi. L’affermazione della Corte è importante, perché ricorda che il simbolo di per sé non è un simbolo di parte, che si oppone alle altre parti: non condiziona la coscienza perché riflette in modo libero un sentire comuneì, che riguarda la nostra tradizione religiosa. Questo è un punto essenziale. L’altro aspetto - mi permetto di dire che l’avevo fatto risaltare in maniera notevole quando posi le basi per la difesa dell’Italia – è che la scuola italiana è una delle scuole più pluraliste che esistano. Anzitutto, l’insegnamento religioso cattolico è del tutto facoltativo, tanto che c’è un 20-30% di ragazzi che non lo scelgono. Poi, vi è un aspetto che non si conosce: vi sono facoltà legittimate per legge per altre confessioni religiose che possono, se vogliono, seguire dei corsi di religione dal punto di vista storico, dal punto di vista religioso per l’ebraismo… E poi aggiungo: tutti sanno che nella scuola italiana entrano imam, vescovi – anzi, forse per i vescovi qualche volte fanno pure qualche obiezione – entrano pastori protestanti, rappresentanti di organizzazioni filosofiche … E’ una delle scuole più libere d’Europa, e mi riferisco almeno agli ultimi trent’anni. Quindi, il fatto che la Corte abbia colto questo aspetto, dà un fondamento più forte alla sentenza, perché non è solo un pronunciamento in punta di legittimità - ciascuno Stato deve regolarsi secondo le proprie tradizioni - ma anche nel merito, perché afferma che per chi ha una scuola libera, pluralista, il Crocifisso accentua questa libertà e questo pluralismo, non lo nega e non lo offende.

    D. – C’è un altro punto: la Corte stabilisce, in pratica, che non è sua materia interferire su queste cose per quanto riguarda l’Italia. Poi, però, aggiunge che questo è anche perché in Italia c’è un dibattito aperto tra le istituzioni sulla presenza dei Crocifissi. Ci aiuta, dal punto di vista giuridico, a ricordare le posizioni di questo dibattito aperto?

    R. – Sì. Questa affermazione della Corte si potrebbe estendere ad altri Paesi. Solo in uno Stato non vi è discussione, in Francia, perché sono stati esclusi radicalmente tutti i simboli religiosi, tutti. Quindi, una laicità molto restrittiva. Coerente – attenzione – però restrittiva. In diversi Paesi, la Corte costituzionale o l'entità che rappresenta la nostra Corte di Cassazione, si sono trovate di fronte ad alcuni – non molti – ricorsi. C’è dunque un dibattito, e cosa dice la sentenza di Strasburgo della “Grande Chambre”? Che tale dibattito deve svilupparsi autonomamente: noi non possiamo entrare nel merito. Ciò non esclude che in futuro vi siano degli accomodamenti. Le faccio un esempio molto concreto. Con la multiculturalità, noi potremmo avere delle classi composte da ragazzi di diversissimo orientamento religioso. Se da qui a cinque, dieci anni – perché i tempi sono lunghi per la multiculturalità – si trova una formula di presenza del Crocifisso o di qualche altro simbolo, non c’è niente per cui scandalizzarsi. Ma tutto è fondato su un presupposto: che le radici italiane sono quelle, e che altre presenze, altri contributi sono bene accolti sulla base del principio che il simbolo religioso non divide. Il simbolo religioso – e la Croce in primo luogo – deve unire le persone sui valori che esso rappresenta. Ecco perché, ancora una volta, la Corte, la “Grande Chambre”, ha toccato un elemento importante relativo all’autonomia dei singoli Stati.

    D. – Siamo di fronte alla sfida tra laicità e laicismo. Questa sentenza difende la laicità, ma è stata anche l’occasione per ricordare che la Chiesa difende e si spende per la laicità. Diverso è il laicismo, che vorrebbe essere una sorta di “tabula rasa” di qualunque trascendenza o sentimento religioso. Anche dal punto di vista giuridico, questa sentenza mette un punto fermo in questa confusione tra laicità e laicismo?

    R. – Io preferisco usare un altro termine, che però è praticamente contiguo a quello che ha usato lei. Io preferisco parlare di laicità aperta e positiva, rispetto alla laicità negativa e astiosa. La laicità negativa e astiosa, - quella che lei chiama laicismo - è quella per la quale qualunque cosa - simbolo, presenza, pratica religiosa - venga dalle religioni turba, offende e dev’essere chiusa dentro una scatola. In ogni caso, ciascuno se la deve coltivare in casa propria. La laicità positiva riconosce invece il contributo di tutte le religioni. Naturalmente, quella religione che rappresenta la tradizione. Nel caso dell'Italia e dell'Europa è il cristianesimo, ma si pensi al buddhismo che rappresenta la tradizione di buona parte dell’Asia: a nessuno viene in mente di chiedere in Asia di togliere le statue di Buddha, onnipresenti. Quindi, l’elemento del simbolo religioso diventa uno degli spartiacque tra la concezione positiva e la concezione negativa della laicità. Questa sentenza dà un contributo importante al riconoscimento della nostra laicità positiva, che non offende e non esclude nessuno, ma cerca di integrare tutti – ripeto – sempre attorno a quei valori positivi che ci vengono dalle nostre religioni.

    D. – Tra l’altro, diciamolo, è proprio il Crocifisso, è proprio Cristo ad avere insegnato “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”, che è il primo vero insegnamento alla laicità...

    R. – Certo. Con il cristianesimo per la prima volta le gerarchie, le istituzioni ecclesiastiche si distinsero da quelle civili: per la prima volta. Inoltre, il passo evangelico che lei ha ricordato ha portato – lentamente – alla maturazione del principio di separazione dei poteri e di laicità. E’ stato un processo lungo, però viene da noi: non viene dall’Asia, che ha dato altri contributi su altri terreni. Non viene da Paesi lontani e da altre religioni. Quindi, questo elemento della laicità è un po’ il coronamento di un cammino che è iniziato con il cristianesimo ed è per questo che la nostra laicità è potuta diventare una laicità inclusiva, aperta, positiva. (gf)

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    Il Rapporto del Comitato media e minori: troppi programmi inadatti anche in fascia pomeridiana

    ◊   “Nel mondo della comunicazione sta avvenendo un vero e proprio tsunami che travolge i giovani. Bisogna reagire e difendere i minori da violenza e imbarbarimento culturale”. Così il prof. Giuseppe De Rita, presidente del Censis, commenta i dati emersi dal Rapporto del Comitato media e minori, presentato in questi giorni a Roma. Il documento evidenzia, a fronte di una crescente offerta televisiva, anche un aumento esponenziale delle violazioni del Codice di autoregolamentazione che tutela i minori. Sotto accusa soprattutto film e telefilm, ma anche i programmi di intrattenimento e i cartoni animati destinati a un pubblico adulto. L’incontro è stato anche occasione per ribadire alle emittenti la necessità di un orientamento comune verso la tutela dei più piccoli. Cecilia Seppia ne ha parlato con il presidente del comitato Media e Minori, Franco Mugerli:

    R. - Noi lavoriamo essenzialmente su segnalazioni. L’anno scorso ne sono arrivate 320, quindi quasi una al giorno. Naturalmente, noi sappiamo che ci sono molte più variazioni all’interno della programmazione ma, soprattutto, vorremmo essere aiutati anche a dare una sollecitazione alle emittenti perché possano sempre produrre programmi buoni. Quando viene fatta una buona televisione aumentano gli ascolti e se c’è da discutere se deve venire prima il diritto dell’impresa o il diritto del minore, la stessa convenzione delle Nazioni Unite dice che deve venire prima l’interesse del minore.

    D. - Oltre ai film e ai telefilm, gran parte delle violazioni accertate riguardano i programmi di infotainment che, tra l’altro, monopolizzano la fascia pomeridiana dei palinsesti sia delle tv private che di quelle pubbliche. Vogliamo spiegare di cosa si tratta?

    R. – Sì. Dopo i film, la maggiore classificazione dei contenuti che vengono proposti in televisione riguarda proprio l’infotainment, cioè programmi di intrattenimento dove l’attualità e la cronaca diventano oggetto di dibattito e anche di spettacolo. Vengono proposte, anche con modalità che non sono assolutamente pertinenti, tematiche che non si addicono proprio ai minori, e sotto questo aspetto c’è da fare una profonda riflessione anche da parte di chi produce questo tipo di televisione.

    D. - Da un lato, allora, le sanzioni alle emittenti come elemento giuridico per limitare le violazioni del codice e, dall’altro, l’importanza di recuperare il ruolo educativo che la tv sembra aver dimenticato, ma che non può essere nemmeno solo prerogativa della televisione…

    R. – Certo, da un lato occorre che le istituzioni svolgano sempre un lavoro di attenzione, anche coinvolgendo l’attenzione dei genitori e degli operatori, ma al contempo è fondamentale sviluppare un’opera di educazione all’interno delle scuole, all’interno delle reti sociali. Davanti a un’offerta sempre più variegata della televisione e dei mezzi di comunicazione è fondamentale che il minore non sia lasciato a se stesso, ma sia accompagnato a educarsi, a trovare quello che veramente può aiutarlo nella sua crescita.

    D. - Il Comitato media e minori ha fatto anche delle proposte concrete?

    R. – Certo. Davanti a fatti di cronaca importanti, come quelli che purtroppo hanno visto protagonisti i minori, abbiamo sollecitato proprio una maggiore attenzione da parte di chi fa televisione perché un dramma non può essere proposto in maniera così disgustosa: bisogna fare in modo che venga accompagnato con quella discrezione che è fondamentale perché tutti, a cominciare dai minori stessi, vengano aiutati a guardarlo e anche e a giudicarlo. (bf)

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    Chiesa e Società



    “Verso la guarigione e il rinnovamento”: il documento dei vescovi irlandesi sugli abusi

    ◊   A un anno dalla Lettera Pastorale di Benedetto XVI ai cattolici d’Irlanda dopo la vicenda degli abusi sui minori, la Conferenza episcopale del Paese, su iniziativa del primate e arcivescovo di Armagh, il cardinale Seán Brady, ha pubblicato una risposta pastorale dei vescovi intitolata “Verso la guarigione e il rinnovamento”, che ieri è stata distribuita nelle parrocchie. Gli abusi sui minori da parte dei religiosi sono stati uno sbaglio spaventoso, ma lo è stata anche l’iniziale e inadeguata risposta della Chiesa che ha lasciato nelle vittime un’altra profonda ferita difficile da rimarginare. Così i vescovi d’Irlanda esordiscono nel documento di 16 pagine, pubblicato in occasione del primo anniversario della Lettera che il Santo Padre inviò sulla scia di due rapporti del 2009 su casi di violenze ai danni di minori, verificatisi all’interno di istituti cattolici e nel clero dell’arcidiocesi di Dublino. “Verso la guarigione e il rinnovamento”, infatti, vuole essere una risposta pastorale al dolore dei minori abusati, affrontato attraverso sei passi da compiere: la preghiera per le vittime, l’ascolto dei loro racconti, il supporto spirituale, la costruzione di un futuro sicuro per i bambini all’interno della Chiesa, il rinnovamento delle diocesi, delle Congregazioni religiose e della società, in collaborazione con il Consiglio nazionale per la tutela dei minori nella Chiesa cattolica d’Irlanda, e il sostegno economico a strutture che si occupano di prevenzione e salvaguardia dei minori. La preghiera, soprattutto, ha un ruolo fondamentale in questo processo di rinnovamento, sottolineano i vescovi nel documento, proponendo di dedicare ogni primo venerdì del mese al digiuno e alla liturgia penitenziale in riparazione agli abusi del clero e alla colpa della Chiesa che non si è messa prontamente in ascolto delle vittime. Il cardinale Brady ha evidenziato, inoltre, come la pubblicazione del documento sia un segno tangibile dell’impegno della Chiesa d’Irlanda verso i suoi figli vittime di abusi, la cui fede in Dio e nella Chiesa stessa sono state fortemente danneggiate: il mese scorso, la Conferenza episcopale irlandese, in collaborazione con la Conferenza dei religiosi d’Irlanda e con l’Unione missionaria locale, ha lanciato un vasto servizio di sostegno e consulenza e una linea telefonica gratuita e confidenziale, che mette le vittime in comunicazione con esperti e professionisti. (A cura di Roberta Barbi)

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    Ucraina: Sinodo della Chiesa greco-cattolica dovrà eleggere il successore del cardinale Husar

    ◊   Si riunisce domani a Lviv, il Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina, per eleggere il nuovo arcivescovo maggiore. Composto attualmente da 50 vescovi provenienti dall’Ucraina e dall’estero, il Sinodo costituisce l’organo legislativo della Chiesa greco-cattolica ucraina e in tale veste individua l’orientamento e l’azione interna ed esterna della Chiesa stessa, prendendo decisioni in materia pastorale, ecumenica e didattica. Si riunisce, di regola, una volta l’anno. L’elezione del successore del cardinale Lubomyr Husar avverrà secondo le norme del canone 128 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. I membri del Sinodo dei Vescovi resteranno nel luogo di svolgimento dell’assise fino alla conferma dell’elezione da parte del Santo Padre e alla proclamazione ufficiale del nuovo capo della Chiesa. La liturgia d’intronizzazione del nuovo arcivescovo maggiore dovrebbe aver luogo domenica 27 marzo, nella Cattedrale di Cristo Risorto a Kyiv. (M.V.)

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    Giappone: Medici Senza Frontiere mette in guardia dai rischi salute per gli anziani

    ◊   Medici senza frontiere (Msf), si è mobilitata immediatamente dopo il terremoto e il successivo tsunami che l’11 marzo scorso hanno colpito il Giappone. Grazie agli operatori giapponesi coordinati dalla sede di Tokyo, Msf ha iniziato un’azione di supporto all’intervento del governo. L'équipe di medici, formata da 12 persone, mercoledì scorso ha stabilito una base operativa a Tome, nel nord della prefettura di Miyagi e si è divisa in tre gruppi. Un primo gruppo ha continuato a lavorare con i medici locali, un’altra équipe è andata nell’isola di Oshima, la terza squadra ha compiuto, invece, una valutazione nella città di Kesennuma dove sono presenti medici del sistema sanitario nazionale. “Per il momento, nei centri di evacuazione che abbiamo visitato, le principali criticità sono legate alle malattie croniche delle persone più anziane: hanno interrotto le loro cure abituali, perciò i nostri medici stanno cercando di ripristinarle per scongiurare che il loro stato di salute peggiori”, spiega in una nota diffusa oggi Eric Ouannes, direttore generale di Msf Giappone. L’organizzazione si è anche attivata per trovare donazioni di alimenti, acqua e altri generi di conforto diretti ai centri sfollati. Inoltre, entro domenica distribuirà cinquemila coperte. (R.P.)

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    Giamaica: attese oltre mille persone per la Domenica della Pace, il 22 maggio

    ◊   Nel corso di una cerimonia celebrata nei giorni scorsi a Kingston, in Giamaica, organizzata dal Consiglio delle Chiese giamaicane e dal Consiglio delle Chiese caraibiche, le Antille sono state designate come sede dell’imminente International Ecumenical Peace Convocation (Iepc), incontro ecumenico sulla pace che si terrà nel campus Mona dell’Università della città dal 17 al 25 maggio e al quale prenderanno parte media e leader della Chiesa giamaicana. In una breve nota giunta all’agenzia Fides dal World Council of Churches, l’arcivescovo Donald Reece, presidente della Conferenza delle Chiese Caraibiche, ha indicato la Giamaica come il posto più idoneo per questo incontro. “Abbiamo la sede giusta nella quale poter esaminare il percorso dalla violenza verso la pace”, ha detto riferendosi alla storia di violenza del Paese, compresa la schiavitù. “Noi non siamo chiamati a sperimentare la guerra e l'odio, ma l'unità e la pace” ha aggiunto. L’Iepc valorizzerà il lavoro svolto nell’ultimo decennio per superare la violenza e sarà anche occasione per le Chiese di rinnovare il loro impegno per la non violenza e la pace. In un messaggio video, il segretario generale del Wcc, Rev. Olav Fykse Tveit, ha descritto l’Iepc come una iniziativa di collaborazione tra Consiglio delle Chiese giamaicane, Consiglio delle Chiese caraibiche, Chiese locali e gruppi comunitari. La Domenica della Pace sarà celebrata il 22 maggio e non solo in Giamaica. Tutte le Chiese del mondo si uniranno alla preghiera dei partecipanti dell’Iepc, agli eventi speciali e ai servizi religiosi, che tra l’altro comprendono l'uso di una preghiera caraibica per la pace, tradotta in oltre 20 lingue. È previsto l’arrivo di mille persone provenienti da tutto il mondo. (R.P.)

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    Svizzera: i vescovi celebrano oggi il “Dies iudaicus” nel segno del dialogo con gli ebrei

    ◊   La Conferenza episcopale svizzera celebra oggi, per la prima volta, il “Dies iudaicus”, una giornata di riflessione dedicata al popolo ebraico, che ha il duplice obiettivo di ricordare le radici ebraiche della fede cristiana e di rendere i cristiani consapevoli dei loro rapporti con il popolo dell’Alleanza. In vista del “Dies”, i presuli hanno diffuso un messaggio dal titolo “Sono irrevocabili i doni e la chiamata”, firmato da mons. Vitus Huonder, vescovo di Coira e delegato dell’episcopato nella Commissione svizzera di dialogo tra ebrei e cattolici. Il testo inizia motivando la scelta della data odierna con le letture liturgiche della seconda Domenica di Quaresima, in cui Abramo viene indicato come “padre nella fede” e padre del popolo di elezione, Israele. La storia della salvezza prende quindi inizio dai Patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe, mediante i quali Dio stringe l’antica alleanza con il popolo ebraico, fondamento della fede cristiana. Nella seconda lettura, tratta dalla Lettera ai Romani – spiega ancora il documento – San Paolo sottolinea i privilegi del popolo dell’alleanza del Sinai, un popolo da cui è nata Maria, la Vergine Madre: “In lei e da lei Gesù Cristo, nostro Signore, avrebbe assunto la sua natura umana”. Il legame con il popolo della Bibbia deve, inoltre, ricordare la responsabilità permanente e sempre attuale della Chiesa nei confronti delle comunità ebraiche, vittime di atrocità durante la seconda Guerra mondiale. I vescovi citano in proposito la Dichiarazione conciliare Nostra Aetate e ribadiscono l’esecrazione da parte della Chiesa di persecuzioni e manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in qualsiasi tempo e da chiunque”. Nel prendere atto del nuovo dilagare dell’antisemitismo, i vescovi svizzeri riaffermano i loro legami e la loro solidarietà con il popolo ebraico e concludono il messaggio commentandone il titolo. “L’irrevocabilità dei doni e della chiamata – sottolinea il Messaggio – indica che Dio continua ad attuare il suo piano di salvezza per Israele, accompagnando il popolo eletto anche nei nostri giorni affinché tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità” (1 Tim 2,4). (M.V.)

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    Francia: a Cernay il Colloquio internazionale ecumenico sugli anziani con disabilità

    ◊   Si apre domani a Cernay, in Francia, il 14.mo Colloquio internazionale ecumenico di pastorale specializzata, sul tema “Aspettativa di vita e handicap mentale: quale futuro e quale accompagnamento in Europa?”. A organizzare l’iniziativa, che si concluderà il 25 marzo, è il progetto “Gruntwig”, sviluppato da membri di organizzazioni della società civile di Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi, con l’obiettivo di avviare una rete europea permanente in grado di condividere e scambiare cognizioni specifiche in materia di inclusione ed educazione non formale di persone anziane affette da disabilità mentale. Ogni due anni, i colloqui internazionali ecumenici riuniscono persone preposte alla cura di bambini, giovani, adulti o anziani, in situazione di handicap mentale, residenti nella propria abitazione o in istituti di accoglienza. Sono attesi all’incontro di Cernay circa 70 operatori personali del settori cattolici e protestanti, provenienti da Lussemburgo, Belgio, Germania, Francia, Svizzera e Paesi Bassi. Con la tematica scelta si intende approfondire il processo dell’invecchiamento, esaminandolo nel contesto dell’intero arco vitale in rapporto alle precedenti tappe dell’adolescenza e della maturità. Si parlerà anche di come ravvivare la speranza in un contesto personale e familiare particolarmente fragile, allo scopo di evidenziare le possibilità per ogni malato di cogliere i frutti della stagione finale della vita, mediante un itinerario di fede che possa illuminare e confortare la sua esistenza quotidiana. Interverranno al Colloquio la psicologa e psicanalista francese, Charlotte Herfray, la rev.da Angelika Krause, pastore della Chiesa Riformata di Francia e Rianne Meeusen, ortopedagogista e ricercatrice olandese. (M.V.)

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    Consegnato a Benevento il Premio Fraternità, creato per promuovere il dialogo

    ◊   Si è conclusa oggi a Benevento la IV edizione del “Premio Fraternità-Città di Benevento”, organizzato dall’amministrazione comunale, dal Movimento dei Focolari di Campania, Puglia, Basilicata e Albania, dal Centro “La Pace” di Benevento e dall’associazione Focus. La manifestazione si era aperta domenica scorsa con l’inaugurazione delle mostre degli artisti Roberto Cipollone, John Lau Kwok Hung e Antonio Borrelli con l’obiettivo di assegnare un riconoscimento a persone, associazioni o enti che si sono particolarmente distinti nella difficile arte del dialogo, per valorizzare le esperienze positive che, in vario modo, promuovono lo spirito di fraternità tra tutti gli uomini, di convinzioni religiose e non, attraverso valori condivisi quali giustizia, solidarietà, pace, legalità e rispetto dell'ambiente. I vincitori dell’edizione 2011 sono la giornalista Manuela Dviri Vitali Norsa, impegnata nel dialogo tra israeliani e palestinesi; la scrittrice e giornalista Maria Pia Bonanate; l’assessore alla Cooperazione internazionale della regione Toscana, Massimo Toschi, e il Progetto “Arrevuoto” dell'Associazione Teatro Stabile di Napoli, volto al coinvolgimento artistico di giovani e ragazzi di quartieri a rischio. Nel programma della manifestazione (www.premiofraternita.it.) mostre, spettacoli teatrali e musicali, proiezioni, workshop e laboratori artistici. Tre i Forum previsti, dei quali uno ha visto persone di confessioni, religioni e culture diverse confrontarsi sul tema: “Dialogo e fraternità: l’eredità di Chiara Lubich” a tre anni dalla scomparsa della fondatrice del Movimento dei Focolari. (A.M.)

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    India: nel Kerala una felice esperienza per conoscere la Bibbia

    ◊   Oltre 3200 parrocchie coinvolte e circa 500 mila partecipanti: sono i numeri raggiunti dall'iniziativa “Logos Prathibha”, promossa dalla Kerala Catholic Bible Society in India, in collaborazione con la Bible Commission del Kerala Catholic Bishops' Council (Kcbc). Si tratta di un concorso annuale a quiz sulla Bibbia, che riguarda le diocesi dello Stato del Kerala, la cui prima edizione risale al Giubileo del 2000. La Bible Commission ha resi noti i temi dell'edizione 2011, sui quali saranno chiamati a cimentarsi i partecipanti: Esodo, 16-24; Vangelo secondo Matteo, 15-28; Prima lettera di Pietro. Il materiale di preparazione al concorso è stato già distribuito alle diocesi da parte dell'organismo dell'episcopato, mentre i quiz verranno svolti nelle parrocchie. Alle prove possono partecipare tutti, dai bambini fino agli anziani, che saranno suddivisi in cinque gruppi in base all'età anagrafica. Dopo lo svolgimento dei quiz, le prime tre persone risultate vincitrici per ciascun gruppo di età nelle diocesi potranno partecipare alla gara finale, che si svolgerà a Kochi dove ha sede il Kerala Catholic Bishops' Council. La gara finale prevede vari test, tra cui una prova scritta e la recita orale di alcuni brani biblici. L'edizione 2010, riferisce L’Osservatore Romano, ha visto come vincitore del concorso Logos Prathibha uno studente di 16 anni. Il segretario della Bible Commission del Kcbc, il reverendo Joshy Mayyattil, sottolinea che l'iniziativa “ha creato tra i fedeli, giovani e anziani, un grande interesse nella lettura attenta e analitica delle Sacre Scritture e ha aiutato molte persone a dedicare più tempo alla riflessione sulla Parola, che imparano con il cuore”. Padre Mayyattil considera la felice esperienza del Kerala anche come un esempio che “potrebbe ispirare altre comunità”. Le edizioni del concorso, anno dopo anno, hanno visto un incremento considerevole dei partecipanti: dai 125 mila di quella del 2000 si è, infatti, passati ai 483.170 del 2010. Il Kerala conta una presenza cattolica considerevole: dei circa sette milioni di fedeli delle varie confessioni cristiane, quattro sono cattolici. Alla Bibbia, nel 2008, la Chiesa in Kerala ha dedicato un anno speciale, in concomitanza del Sinodo dei vescovi che si è svolto a Roma. Da alcuni anni, inoltre, è a disposizione la Bibbia in formato interattivo nella lingua malayalam, che in Kerala è parlata da oltre 30 milioni di persone. Si tratta di un cd prodotto, in particolare, per le nuove generazioni che fanno un ampio utilizzo dei computer. (A.T.)

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    Incontro all’Onu sull’attività caritativa di Pio XII durante la II Guerra Mondiale

    ◊   La Missione di Osservazione permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite promuove per domani a New York un incontro dal titolo “Sospetto e cospirazione. Difendere la reputazione di nobili persone”, in occasione della riedizione rivista e ampliata del libro di Ronald J. Rychlak “Hitler, la Guerra e il Papa” (Our Sunday Visitor, 2010), pubblicato per la prima volta nel 2000. Docente di Diritto all’Università del Mississippi, l’autore ha condotto una rigorosa analisi sulla vita e l’operato di Eugenio Pacelli-Pio XII dalla prima Guerra mondiale al periodo successivo alla morte del Pontefice, lavorando anche in stretto contatto con studiosi presso la Congregazione delle Cause dei Santi. Il libro pone in luce l’incessante attività di soccorso e assistenza svolta dal Papa durante il secondo conflitto mondiale, smantellando i tentativi dei regimi totalitari, negli anni della Guerra Fredda, di screditarne la figura e rispondendo alle accuse mosse contro il Pontefice in tempi più recenti. In apertura della conferenza, l’arcivescovo Francis Chullikat, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Onu, rivolgerà un indirizzo introduttivo. Seguirà il contributo del gesuita padre Joseph Koterski, docente di Filosofia alla Fordham University, dal titolo “Papa Benedetto sui maestri del sospetto”: l’intervento presenta il pensiero di Benedetto XVI su Freud, Marx e Nietszche, alla cui scuola del sospetto l’avversario è attaccato con insinuazioni e dubbi sulle sue motivazioni, una strategia che evita il confronto aperto e leale e l’esposizione argomentata delle rispettive posizioni. A illustrare i contenuti salienti del volume sarà, infine, lo stesso professor Rychlak, consigliere della Missione della Santa Sede alle Nazioni Unite. L’incontro si tiene presso il Lincoln Center della Fordham University, che promuove l’evento insieme con la Missione della Santa Sede all’Onu e la Fondazione Path to Peace. (A cura di Marina Vitalini)

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    24 Ore nel Mondo



    Proseguono le manifestazioni nel mondo arabo: in piazza anche i sauditi

    ◊   Non accennano a fermarsi le proteste antigovernative che stanno scuotendo i Paesi arabi: dopo la discesa in piazza di manifestanti anche in Siria, in Arabia Saudita decine di persone si sono riunite oggi davanti al Ministero dell’interno. In Bahrein, si conta una nuova vittima, mentre nello Yemen grande commozione al funerale delle vittime negli scontri di venerdì scorso a Sana’a. Ci riferisce Roberta Barbi:

    Una folla commossa si è riunita oggi a Sana’a, capitale dello Yemen, per i funerali delle 52 vittime degli scontri di venerdì scorso tra polizia e manifestanti, che hanno causato anche 200 feriti. Un duro monito contro “l’uso eccessivo della violenza” da parte delle autorità è arrivato anche dalla Conferenza islamica, organizzazione che riunisce 56 Paesi musulmani. Il governo di Saleh, intanto, continua a perdere pezzi: si è dimessa in mattinata Houda al-Baan, ministro per i Diritti umani, che ha spiegato di volersi dissociare nettamente dal “massacro dei dimostranti”. In Siria, intanto, le autorità hanno annunciato la liberazione dei 15 giovani, tutti al di sotto dei 16 anni, detenuti da una decina di giorni a Damasco per aver scritto slogan contro il regime. Il loro arresto ha scatenato la protesta in corso per il terzo giorno consecutivo nella città meridionale di Deraa, dove venerdì erano rimasti uccisi quattro civili. L’opposizione sciita in Bahrein riferisce della morte di un uomo fermato due giorni fa dalla polizia, mentre nella notte è stato arrestato il capo del Centro locale per i diritti umani, Nabil Rajab, che nei giorni scorsi aveva diffuso sui media accuse contro il governo, colpevole di reprimere nel sangue le rivolte. Infine, stamani, decine di persone vestite in abiti tradizionali si sono riunite davanti alla sede del Ministero dell’interno a Riad, in Arabia Saudita, per chiedere il rilascio dei loro parenti incarcerati durante le proteste dei giorni scorsi: una quindicina di loro sono stati tratti in arresto.

    Egitto
    Il “sì” agli emendamenti costituzionali ha vinto nel referendum che si è svolto ieri in Egitto. Lo ha riferito l'agenzia Mena, secondo la quale in quattro regioni il voto a favore ha ottenuto fra il 75% e il 90% dei consensi. Secondo i primi dati, l'affluenza alle urne ha superato l'80%.

    Algeria: presidente annuncia riforme politiche
    “Si apre un nuova pagina di riforme per l'Algeria”. Lo ha detto oggi il presidente, Abdelaziz Bouteflika, assicurando che dopo la fine dello stato di emergenza nel Paese sarà possibile procedere sul sentiero del cambiamento. L’annuncio arriva al termine di una manifestazione convocata attraverso Facebook, alla quale hanno preso parte centinaia di giovani davanti alla Grande Posta di Algeri.

    Pakistan: esplosione in miniera carbone, aumentano le vittime
    E’ salito ad almeno cinque morti e a una cinquantina di minatori intrappolati il bilancio di tre successive esplosioni di metano in una miniera di carbone nella provincia pakistana del Baluchistan. Lo riferiscono i media ad Islamabad. Proseguono intanto le operazioni di soccorso per riportare in superficie i lavoratori, ma si teme che il bilancio delle vittime possa ulteriormente aggravarsi.

    Terremoti: forte scossa nelle Filippine
    Una forte scossa di terremoto di magnitudo 6.4 ha colpito il nord delle Filippine. Lo afferma l’Istituto di vulcanologia dell’arcipelago. Per ora non ci sono notizie di vittime o danni rilevanti agli edifici. Le autorità hanno fatto sapere che non sono stati diffusi allarmi tsunami, ma la situazione sulle coste settentrionali viene costantemente monitorata. Il sisma è stato localizzato a una profondità di 36 chilometri a nordest della città di Laoag, sull’isola di Luzon.

    Messico, strage in un bar ad Acapulco
    Ennesimo episodio di violenza in Messico legato al narcotraffico. Uomini armati hanno sparato contro i clienti di un bar di Acapulco uccidendo 10 persone e ferendone quattro. Le vittime, secondo la polizia avevano dai 20 ai 45 anni.

    Immigrazione: 144 migranti sbarcati a Lampedusa
    Ancora sbarchi a Lampedusa. Un’imbarcazione con 144 immigrati a bordo provenienti dalla Tunisia ha attraccato nel porto dell’isola siciliana. Due di loro, in gravi condizioni di salute, sono stati trasferiti all’ospedale. Si tratta del primo sbarco della giornata sull’isola, dove sono ancora presenti circa 3.800 immigrati e il centro di accoglienza è al collasso. In mattinata, proteste da parte dei cittadini e del sindaco contro le due tendopoli che dovrebbero essere allestite per ospitare gli immigrati.

    Unità d’Italia: Napolitano, bilancio positivo
    “Tutte le celebrazioni del 150.mo anniversario dell'unità d’Italia hanno colpito nel segno”. Questo il primo bilancio del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, appena giunto a Milano, dopo le due intense giornate torinesi. Il capo dello Stato ha sottolineato la grande partecipazione degli italiani e il risveglio di “una sensibilità che sembrava sopita”. (Panoramica internazionale a cura di Cecilia Seppia)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 78

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.