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Sommario del 17/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • I Papi e l'Italia, un vincolo di affetti e cooperazione al servizio del bene integrale della persona
  • Tommaso d'Aquino, Caterina da Siena e Giovanna d'Arco al centro della quinta giornata di esercizi spirituali in Vaticano
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • 150 anni dell’Unità d’Italia. Napolitano: ‘siamo parte di qualcosa di più grande’. Bagnasco: ‘serviamo il Paese secondo il Vangelo’
  • La festa del 150.mo: i commenti di Antonio Baggio e Francesco Perfetti
  • Giappone: aumenta il livello di radioattività a Fukushima. Forse 20 mila le vittime di terremoto e tsunami
  • Libia: Gheddafi bombarda Bengasi, ultima roccaforte degli insorti
  • Aumentano intolleranza e discriminazione contro i cristiani in Europa
  • Presentato a Milano il nuovo Antifonale ambrosiano
  • Chiesa e Società

  • Giappone. La Caritas: “Pronti a lavorare al fianco del governo per l’emergenza e la ricostruzione”
  • Algeria. Mons. Rault sulla protesta araba: musulmani e cristiani uniti dalla sete di dignità e giustizia
  • Testimonianza di una suora in Costa d’Avorio: presenti per dare serenità alla popolazione
  • Congo. I leader religiosi: affrontare in modo nuovo la questione dei ribelli ugandesi del Lra
  • La Cattedra Giovanni Paolo II in aiuto ai degenti dell'ospedale di Ngaliema, a Kinshasa
  • Cina: chiese nuove o restaurate per alcune comunità del continente in vista della Pasqua
  • Cina. Adorazione eucaristica animata dalle famiglie nella diocesi di Wen Zhou
  • India: creata, in collaborazione con i salesiani, una nuova "scuola mobile" per i poveri
  • La costruzione di una nuova chiesa a Port-au-Prince, segnale di speranza per Haiti
  • El Salvador: appelli al presidente Obama perché sostenga la riforma sull’immigrazione
  • Spagna: lanciata la campagna dei vescovi per la Giornata per la vita
  • Regno Unito: a Pasqua entreranno nella Chiesa cattolica più di 4.700 persone tra cui 900 ex anglicani
  • L'arcivescovo di Dublino: cristiani controcorrente per il bene dell'Irlanda
  • L’assemblea della Conferenza episcopale austriaca si riunisce per la prima volta in Italia
  • L'Ufficio Filatelico vaticano dedica un'emissione di francobolli ai 150 anni dell'Unità d'Italia
  • 24 Ore nel Mondo

  • Costa d’Avorio: nuovi scontri tra le fazioni fedeli ai due presidenti
  • Il Papa e la Santa Sede



    I Papi e l'Italia, un vincolo di affetti e cooperazione al servizio del bene integrale della persona

    ◊   Roma e le città italiane sono avvolte oggi dal Tricolore. Con grande solennità, le massime autorità istituzionali, nazionali e locali, celebrano il 150.mo dell’unità nazionale, raggiunta il 17 marzo 1861 con la proclamazione del Regno d’Italia. In questa circostanza, molta eco ha suscitato il Messaggio inviato ieri da Benedetto XVI al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Un Messaggio che conferma il particolare vincolo di affetto che ogni Pontefice ha sempre nutrito nei confronti della nazione italiana, sulla base dei nuovi assetti nei rapporti Stato-Chiesa ridisegnati dai Patti Lateranensi del 1929. Nel servizio, Alessandro De Carolis ritorna sul contenuto del Messaggio e su alcune analoghe affermazioni rese da Benedetto XVI durante la sua ultima visita al Quirinale nel 2008:

    (musica)

    Lo dice la storia degli ultimi 70 anni: tornare in visita nella “loro” vecchia sede sul colle del Quirinale suggerisce ai Papi parole di grande affetto verso l’Italia e gli italiani. Tra quelle mura – che per trecento anni furono la residenza estiva dei Pontefici, e che dal 1946 sono la residenza del presidente della Repubblica italiana – si rinnova ogni volta il vincolo di una vicinanza che non ha eguali, nel quadro dei rapporti Stato-Chiesa, in nessuna nazione del mondo. L’ultimo a fare questa esperienza, due anni e mezzo fa, è stato Benedetto XVI. Il 4 ottobre 2008, di fronte al presidente Giorgio Napolitano, afferma:

    “Il Quirinale e il Vaticano non sono colli che si ignorano o si fronteggiano astiosamente; sono piuttosto luoghi che simboleggiano il vicendevole rispetto della sovranità dello Stato e della Chiesa, pronti a cooperare insieme per promuovere e servire il bene integrale della persona umana e il pacifico svolgimento della convivenza sociale”.

    Un’intesa riconosciuta dal Papa del 21.mo secolo con accenti quasi identici del Papa che per primo, dieci anni dopo la Conciliazione del ‘29, fece il passo di tornare al Quirinale. Le passioni e i conflitti della “Questione Romana” erano in fondo cosa di ieri, ma non per Pio XII, il quale – ricorda Benedetto XVI – espresse, con lo stile dell’epoca, un’identica convinzione. È il 28 dicembre 1939:

    “Il Vaticano e il Quirinale, che il Tevere divide, sono riuniti dal vincolo della pace coi ricordi della religione dei padri e degli avi. Le onde tiberine hanno travolto e sepolto nei gorghi del Tirreno i torbidi flutti del passato e fatto rifiorire le sue sponde dei rami d’olivo".

    “La religione dei padri e degli avi”: ecco l’innegabile radice dell’Italia. “L’identità nazionale degli italiani così fortemente radicata nelle tradizioni cattoliche, costituì in verità la base più solida della conquistata unità politica”, scrive Benedetto XVI nel Messaggio inviato ieri al presidente Napolitano. “In definitiva – osserva con franchezza - la Conciliazione doveva avvenire fra le Istituzioni, non nel corpo sociale, dove fede e cittadinanza non erano in conflitto”. La dimostrazione di quanto inestricabili siano i valori cristiani con la cultura italiana, al di là dei relativismi di volta in volta preminenti, la offre Giovanni Paolo II. È il 4 ottobre 1985 e Papa Wojtyla, anch’egli in visita al Quirinale, individua nel Patrono, Francesco di Assisi, un tratto fra i più profondi dell’“italianità”:

    "In un tempo in cui l’affermarsi dei liberi Comuni andava suscitando fermenti di rinnovamento sociale, economico e politico, che sommuovevano dalle fondamenta il vecchio mondo feudale, - continuava Papa Wojtyła - Francesco seppe elevarsi tra le fazioni in lotta, predicando il Vangelo della pace e dell’amore, in piena fedeltà alla Chiesa di cui si sentiva figlio, e in totale adesione al popolo, di cui si riconosceva parte".

    Ancora un 4 ottobre e ancora un Papa che parla dell’Italia e all’Italia con un affetto che sembra quasi poesia. È il 1962 e lo scenario non è il Quirinale, ma la città di Assisi. A parlare è Giovanni XXIII e le sue sono le stesse parole scelte da Benedetto XVI per concludere la visita al Quirinale del 2008. Un modo, bello e intenso, per ribadire il primato di Roma e di una nazione che da sempre accoglie il cuore della Chiesa:

    "Tu, Italia diletta, alle cui sponde venne a fermarsi la barca di Pietro - e per questo motivo, primieramente, da tutti i lidi vengono a te, che sai accoglierle con sommo rispetto e amore, le genti tutte dell'universo - possa tu custodire il testamento sacro, che ti impegna in faccia al cielo e alla terra". Iddio protegga e benedica l’Italia e tutti i suoi abitanti!

    (musica)

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    Tommaso d'Aquino, Caterina da Siena e Giovanna d'Arco al centro della quinta giornata di esercizi spirituali in Vaticano

    ◊   La quinta giornata di esercizi spirituali della Quaresima in Vaticano vede le tre meditazioni in programma incentrate su altrettante colonne della cristianità. Al cospetto di Benedetto XVI e dei membri della Curia Romana, il predicatore, padre Lethél, si è soffermato nella prima meditazione su San Tommaso d’Aquino, “dottore della scientia fidei come theologia Lucis”. La seconda riflessione è dedicata a Santa Caterina da Siena, “Dottore del Corpo e del Sangue di Cristo”, impegnata per la Riforma di quella che amava definire la “Dolce Sposa”, la Chiesa. La terza meditazione affronta, come recita il titolo, “La passione di Santa Giovanna d’Arco nella Chiesa Sancta simul et semper purificando (Lumen Gentium, n.8)”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, la crisi giapponese: inutile per il momento l’intervento degli elicotteri che lanciano tonnellate d’acqua sui reattori colpiti dal sisma. Peggiora la situazione dei terremotati.

    L’Italia celebra i 150 anni di unità: le cerimonie in tutto il Paese. All’interno l’omelia del presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, durante la Messa nella Basilica romana di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri.

    La libertà religiosa ricchezza per le società: l’intervento dell’osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, arcivescovo Silvano M. Tomasi.

    Nella casa della Sapienza: Timothy Verdon sul restauro della Sala del tesoro nel santuario della Santa Casa di Loreto.

    Un libro che non lascia indifferenti: Marta Lago sulla presentazione del “Gesù di Nazaret” di Benedetto XVI all’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede.

    L’Italia prima dell’Italia: Giuseppe Zecchini sulla storia della penisola dalla Roma repubblicana al Risorgimento.

    Don Sturzo e l’unità d’Italia: un articolo di Oscar Gaspari sull’inaugurazione del Vittoriano il 4 giugno 1911.

    La cultura digitale e l’evangelizzazione: Mario Ponzi intervista l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

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    Oggi in Primo Piano



    150 anni dell’Unità d’Italia. Napolitano: ‘siamo parte di qualcosa di più grande’. Bagnasco: ‘serviamo il Paese secondo il Vangelo’

    ◊   L’Italia, e non solo, in festa per i 150 anni dell’Unità. Le celebrazioni aperte ieri sera a Roma dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sono proseguite stamane a nella capitale. Tantissime le iniziative e le manifestazioni di piazza, dalla scorsa notte in tutta la penisola, ma anche in molte città all’estero, che hanno coinvolto centinaia di migliaia di persone. A suggellare i festeggiamenti la Santa Messa, promossa dalla Conferenza episcopale italiana, presieduta questa mattina dal cardinale Angelo Bagnasco nella Basilica romana di Santa Maria degli Angeli. Il servizio di Roberta Gisotti.

    “Festeggiamo il meglio della nostra storia”, se “fossimo rimasti in otto staterelli saremmo stati spazzati via dalla storia, non saremmo diventati un grande Stato europeo”. Così il presidente Napolitano, in un appassionato intervento a braccio, dal palco allestito in Piazza del Quirinale, in collegamento con Torino, prima capitale d’Italia ed altre piazze del Paese:

    ''Ne abbiamo passate tante e passeremo anche le prove che abbiamo di fronte in un mondo forse più difficile. Ognuno ha i suoi problemi, i suoi interessi e le sue idee. Discutiamo e battagliamo. Ma ciascuno di noi deve sempre ricordare che è parte di qualcosa di più grande, che è appunto la nostra nazione, la nostra patria, la nostra Italia. E se saremo uniti sapremo vincere tutte le difficoltà che ci attendono''.

    Il pensiero di Napolitano è poi volato fuori dai confini nazionali, dove anche si festeggia questo anniversario in molte città del mondo, e così pure tra i soldati italiani impegnati in missioni all’estero. La giornata di oggi si è aperta con l’omaggio delle più alte cariche dello Stato all’Altare della Patria.

    (musica Inno d’Italia)

    Dopo la cerimonia al Vittoriano - presenti oltre il capo di Stato e il presidente del Consiglio, Berlusconi, i presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani, e il presidente della Corte Costituzionale De Siervo - gli stessi si sono recati prima al Pantheon, sulla tomba del primo Re d’Italia Vittorio Emanuele II, presenti anche i membri della famiglia Savoia, quindi al Gianicolo dove è stata scoperta una targa della Costituzione, e al nuovo Museo di Porta San Pancrazio, dedicato alla storia della Repubblica Romana. Dalla folla applausi ripetuti per Napolitano e contestazioni per Berlusconi. La mattinata celebrativa si è chiusa con la Messa nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, presieduta dal cardinale Bagnasco, presidente dei vescovi italiani. Ecco le sue parole:

    “Da questo altare, da dove eleviamo un’intensa preghiera per il nostro Paese, la Chiesa rinnova il suo amore per l’Italia e la gioia di servire il popolo italiano secondo il Vangelo”.

    “Non è retorica, né tantomeno nostalgia – ha spiegato il porporato - quella che ci muove, ma la consapevolezza che la Patria che ci ha generato è una preziosa eredità e insieme una esigente responsabilità”. “L’unificazione – ha ripreso il cardinale Bagnasco le parole del Papa al presidente della Repubblica – è il naturale sbocco di un’identità nazionale forte e radicata, sussistente da tempo.”

    “E’ questa la vera forza della società e dello Stato, il tesoro più grande da custodire con amore e da trasmettere alle giovani generazioni”.

    Ha sottolineato il presidente della Cei, “l’identità plurale variegata” dell’Italia, “in cui convivono peculiarità e tradizioni che si sviluppano in modo armonico e solidale, secondo quello che don Luigi Sturzo chiamava ‘il sano agonismo della libertà’ e potremmo aggiungere – ha detto - della operosità”, ricordando il ruolo delle comunità cristiane che “sono state e sono lievito accanto alla gente”, di “condivisione e di speranza evangelica”, sorgente generatrice del senso della vita, memoria permanente di valori morali”:

    “Come non esprimere, poi, affetto ed ammirazione per Roma, capitale d’Italia, memoria vivente della nostra storia plurimillenaria e provvidenziale sede del Successore di Pietro, centro della Cattolicità!”

    Riferendosi all’oggi il cardinale Bagnasco ha invitato ad uscire “dalla trappola di un individualismo che ha mostrato chiaramente le sue falle e i suoi inganni” per ritrovare “un bene più ampio e a misura umana, che “tutti desideriamo”. “L’uomo non è una monade gettata per caso nel caos” “ma è relazione di persone, come Dio-Creatore è relazione di persone nell’intimità del suo essere”. Da qui l’ammonimento a non perdersi “in una libertà innamorata di sé”, dove “l’individuo è destinato a trovarsi solo con se stesso”, e la società a divenire “frammentata e insicura”, “pauorosa e aggressiva, ripiegata e autoreferenziale.”

    Le celebrazione per l’Unità d’Italia proseguono nel pomeriggio nell’Aula di Montecitorio: c’è attesa per il discorso del capo di Stato al Parlamento e alla Nazione.

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    La festa del 150.mo: i commenti di Antonio Baggio e Francesco Perfetti

    ◊   Sul contributo dei cattolici all’unità d’Italia ascoltiamo il commento del prof. Antonio Maria Baggio, docente di filosofia politica all’Istituto universitario Sophia di Loppiano, fondato dai Focolari. L’intervista è di Luca Collodi:

    R. - Il contributo cattolico al Risorgimento è stato - intanto - di partecipazione diretta per tutti quei cattolici che condividevano un disegno unitario in Italia. Teniamo presente che allora i cattolici si dividevano politicamente e culturalmente tra liberali e democratici e c’erano sia moderati che conservatori. Molto interessanti i “conciliatoristi”, che pensavano che si potessero appunto conciliare le esigenze della Chiesa - che andavano rispettate - e quelle di una modernità - anche politica - che si stava facendo strada e che richiedeva la formazione di uno stato-nazione, come cosa inevitabile. Uno dei più favorevoli - ricordo - fu Manzoni: certamente una persona di cui, in alcun modo, può essere messa in dubbio la sincerità della fede religiosa.

    D. - Professor Baggio, qualche studioso dà una lettura antipapale del processo unitario italiano…

    R. - Certamente fu una rottura, perché un mondo tramontava. Teniamo, presente che anzitutto esisteva un conflitto ideologico fortissimo. Io mi permetto di fare riferimento ad uno studio che è in corso di pubblicazione di un grande studioso italiano, il prof. Rocco Pezzimenti, che sottolinea da parte di Rosmini la denuncia del pericolo dello Stato etico, di uno Stato, quello che andava a formarsi, che fosse animato da una ideologia profondamente anticlericale e che dava, essa stessa delle visioni morali: cosa, questa, inaccettabile per noi oggi e quindi una mancanza di laicità, piuttosto un laicismo militante. Questo certamente provocava delle fratture. Possiamo sottolineare, per esempio, che da parte di Pio IX, che fu protagonista assoluto di questa vicenda, c’era il senso di una inevitabilità ormai delle cose e che certamente la Chiesa non poteva opporsi in armi. Quando ci fu il caso della presa di Roma, attraverso la Breccia di Porta Pia - che è successiva alla data che oggi noi festeggiamo, perché avvenne il 20 settembre 1870 - già dal 10 settembre a San Pietro c’era la bandiera bianca. Pio IX aveva dato ordini stretti al generale Hermann Kanzler, che comandava la difesa, di non opporsi: l’opposizione doveva essere semplicemente una protesta, perché certamente il Papa non poteva far versare del sangue. Quindi a volte ci sono ricostruzioni di comodo ed esaltazioni del gesto della presa: certamente poi c’è stata anche una resistenza, perché ad un soldato è difficile dire di deporre le armi. Però c’è molta ideologia che copre invece il fatto che all’interno del cattolicesimo ci si preparasse a dare una grande mano a costruire l’unità del Paese. Ci si ricordi che l’espressione “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani” è una cosa che i cattolici hanno preso molto sul serio.

    D. - Nel messaggio del Papa si sottolinea il ruolo del cristianesimo nella nostra storia e molti cattolici hanno pensato al processo unitario come anche alla creazione di una grande comunità sociale per il Paese…

    R. - Sì. Ci sono i precedenti: la stessa cultura che noi possiamo chiamare italiana, che affonda le radici ai tempi del Rinascimento, dei Comuni e ancora prima, è cultura di forte ispirazione religiosa. Quando c’è stata l’unificazione politica, noi avevano un Paese fortemente diviso: è qui che si vede l’azione dei cattolici. Le faccio un esempio: casualmente, pochi giorni fa, ero a Marsala e sono andato a visitare il Museo Garibaldi con un amico, frate Egidio del Convento di Assisi, e lui mi diceva: “Però, accidenti, che razza di unità è stata qua?”, perché il Museo era pieno di pistole, di schioppi, di sciabole… Un’unità, quindi, fatta attraverso una divisione. E in effetti l’Italia era spaccata. Il brigantaggio meridionale, che abbiamo avuto dopo l’unità di Italia, non fu un episodio di pochi delinquenti, ma fu un fatto di popolo; e poi la società che ha potuto condividere l’idea risorgimentale - e questo in tutta Italia - era molto ristretta. Che hanno fatto i cattolici? Hanno costruito il sociale con il loro lavoro: nelle campagne, nelle formazione di cooperative e con l’istruzione hanno allargato la base sociale dell’Italia. Hanno veramente costruito l’Italia come ci si auspicava e anche gli italiani, facendo in modo che essi fossero molto più che l’élite ristretta che aveva condotto ed operato il Risorgimento. (mg.)

    Ma in quale contesto nacque l’Unità d’Italia? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Francesco Perfetti, direttore della rivista “Nuova Storia Contemporanea” e docente di Storia Contemporanea all’Università Luiss Guido Carli di Roma.

    R. – L’unità d’Italia è nata per un’azione concorde e combinata di Mazzini, Garibaldi, Cavour e Vittorio Emanuele, con sullo sfondo – io aggiungerei – Pio IX e Napoleone III. Questa immagine oleografica, alla fin fine, è una immagine che coglie una verità sostanziale. La seconda osservazione è che anche a livello popolare, erano presenti una serie di pulsioni filo-unitarie che affondavano le loro radici nel passato storico-culturale della nostra area geografica, ma che soprattutto erano il riflesso di un fenomeno europeo. Il Risorgimento, e quindi l’unità, sono un aspetto italiano del fenomeno europeo più generale della rivoluzione delle nazionalità.

    D. – Al di là delle celebrazioni che si stanno svolgendo in tutta Italia, quanta memoria storica c’è, oggi, di questi fatti?

    R. – C’è poca memoria, perché il Risorgimento è praticamente scomparso dai libri di testo degli ultimi decenni ed è stato relegato – come dire – in un paragrafo. Però, detto questo, c’è anche da dire che l’interesse è un interesse notevole, soprattutto quello che si percepisce dai giovani.

    D. – Accennava all’assenza del Risorgimento nelle pagine dei manuali di storia: come mai?

    R. – Intanto, perché da un certo momento in poi è cambiata un’impostazione storiografica nell’educazione della scuola. Si è incominciato a parlare di una storia che non fosse più una storia centrata sulle vicende nazionali, ma una storia proiettata a livello mondiale o planetario. Ma poi, nel caso italiano, c’è tutta l’eredità del Sessantotto, che ha comportato una contestazione nei confronti dell’autorità e quindi anche – tutto sommato – nei confronti dei padri e quindi anche della storia nazionale.

    D. – A livello politico si registrano ancora polemiche proprio su questi festeggiamenti. L’unità è ancora un ideale da raggiungere o forse è una realtà che però vede idee divergenti?

    R. – Io direi che è una realtà, mentre le contestazioni ai festeggiamenti sono sostanzialmente di due tipi: da una parte ci sono le contestazioni di carattere squisitamente politico, portate avanti dal mondo della Lega; e dall’altra parte ci sono contestazioni di carattere storico. Ma si tratta nel primo caso, di un discorso strumentale e politico, anche perché viene presentato in maniera funzionale ad un progetto di federalismo, dimenticando che il federalismo fu una delle grandi opzioni della rivoluzione risorgimentale. Nel secondo caso si tratta di contestazioni che recuperano la nostalgia per vecchi Stati, ma la recuperano sostanzialmente sul piano del folklore. Se c’è invece un elemento che io noto – lo sottolineava Polito sul Corriere della Sera – è che in questi festeggiamenti sono state messe da parte Casa Savoia e la monarchia, che poi sono state le artefici, di fatto, del Risorgimento … (gf)

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    Giappone: aumenta il livello di radioattività a Fukushima. Forse 20 mila le vittime di terremoto e tsunami

    ◊   Prosegue la corsa contro il tempo in Giappone per mettere in sicurezza i rettori della centrale di Fukushima. I tentativi con gli idranti per il momento sembrano fallire, mentre si fa sempre più drammatico il bilancio delle vittime del terremoto. Il servizio di Marco Guerra:

    L’emergenza si aggrava ancora, nonostante gli sforzi per mettere in sicurezza quattro rettori danneggiati della centrale di Fukushima. Il livello di radiazioni impedisce una continuità nei tentativi di raffreddamento del reattore numero 3, quello più pericoloso in quanto alimentato con una miscela particolarmente radioattiva. Per tutta la giornata di oggi, le squadre dell’esercito hanno alternato l’utilizzo dei cannoni ad acqua a quello degli elicotteri. Al momento, però, i risultati sono tutt’altro che positivi. La Tepco, la compagnia che gestisce la centrale, riferisce che intorno all'impianto sono in aumento le radiazioni dopo il getto d’acqua sparato dagli idranti. E mentre si continua a combattere strenuamente per evitare un disastro nucleare, aumenta anche il rischio un black-out su larga scala, se i consumi non saranno ridotti a causa del calo della produzione di elettricità. Lo ha detto il ministro dell'Industria durante la presentazione del piano di emergenza per la fornitura di carburante alle aree colpite dal terremoto, dove, nel frattempo, continua a salire il numero delle vittime. L’ultimo bilancio parla di oltre cinquemila morti accertati e circa diecimila dispersi, ma si teme che le vittime possano essere almeno 20 mila. Intanto, dagli Usa arriva un allarme secondo cui la situazione sarebbe più grave di quella descritta da Tokyo: il presidente, Barck Obama, ha parlato al telefono con il premier giapponese, Naoto Kan, assicurandogli “tutto l'appoggio necessario”. L’offerta di assistenza, “inclusa quella nello spegnimento degli incendi alle centrali”, poche ore dopo è arrivata anche dalla Russia. Altre cancellerie stanno invece invitando i propri cittadini a lasciare il Paese. Infine, sul fronte economico, il governo giapponese denuncia movimenti speculativi sullo yen, mentre la Banca centrale continua a immettere liquidità. Per una testimonianza sulle ripercussioni sulla popolazione giapponese, la testimonianza da Osaka di Stefano Vecchia:

    R. – Il processo di oscuramento continua senz’altro: è già in corso da alcune notti e proseguirà. Bisogna tener presente che, ad esempio, la situazione di approvvigionamento del carburante comincia a farsi pesante. Si cerca veramente di risparmiare su tutto. L’energia elettrica è un bene essenziale, ma ormai in certe zone non viene garantito neanche il servizio minimo e necessario.

    D. – Il dramma delle aree colpite dal terremoto e dallo tsunami è momentaneamente finito in secondo piano: come stanno procedendo i soccorsi in quelle zone?

    R. – Sì, il problema è stato un po' accantonato, anche se resta il vero dramma in questo momento, perché quello delle centrali è un problema in divenire, mentre quello degli sfollati è un problema gravissimo: sono circa 400 mila. In alcune zone sono stati costretti a spostarsi, perché l’area di sicurezza di 30 km, in effetti, è stata allargata ufficiosamente e quindi molti devono spostarsi. In parte si dirigono verso Tokyo e in parte verso altre aree. La loro situazione è aggravata dal fatto che mancano di cibo a sufficienza, di riscaldamento e del gas per cucinare. (ap)

    I timori di contaminazione nucleare si stanno allargando anche al di fuori del Giappone. L'allerta ai massimi livelli si registra in Cina, dove gli effetti delle esplosioni nella centrale di Fukushima stanno rimettendo in discussione il programma nucleare di Pechino. Il tutto nell’incertezza di quanto stia realmente avvenendo in territorio giapponese. Sul punto, l'opinione di Francesco Sisci, corrispondente del quotidiano la Stampa da Pechino, intervistato da Stefano Leszczynski:

    R. - Ormai ci sono state ben tre esplosioni e il fatto che vi siano delle radiazioni, fuoriuscite da queste centrali nucleari a causa delle esplosioni, è una situazione oggettiva molto, molto preoccupante. L’altro elemento preoccupante è la confusione delle notizie e tutto questo sta creando gravissimo allarme in Cina e intorno alla Cina. Le conseguenze - direi - sono forse incalcolabili, perché soltanto tra qualche giorno noi sapremo a che punto è il livello di radiazione e quale sia la sicurezza intorno a questa centrale.

    D. - Quindi, a livello di società cinese, possiamo dire che c’è una certa paura nei confronti del nucleare…

    R. - C’è un allarme forse più profondo. In Cina c’era un grandissimo programma di costruzione di centrali nucleari: se ne dovevano costruire in un ventennio, forse, oltre 60. Oggi è arrivata la notizia che questo programma di costruzione sarà almeno temporaneamente interrotto. Non è chiaro cosa sia successo in Giappone, e quindi è difficile oggi stabilire perché sia avvenuto quello che è avvenuto. (mg)

    Anche negli Stati Uniti cresce l’allarme per quanto avviene in Giappone. Gli eventi drammatici della centrale di Fukushima potrebbero costringere l’amministrazione Obama a rivedere la propria posizione sul nucleare. Da Washington Francesca Baronio:

    Secondo gli esperti americani, impegnati a trovare una soluzione per la centrale di Fukushima, l’allarme è altissimo, tanto da ritenere ormai impossibile qualsiasi intervento. Ecco qui che la Casa Bianca, sfidando la suscettibilità delle autorità giapponesi, chiede ai propri connazionali una distanza di sicurezza di almeno 80 chilometri ed autorizza parte del personale diplomatico a lasciare Tokyo. Intanto, anche a Washington si riaccende il dibattito sull’energia nucleare: quella di Obama è la prima amministrazione che dal ’79 - data dell’incidente della centrale di Three Mile, in Pennsylvania - investe sull’atomo: il governo ha stanziato 18 miliardi e ne prevede altri 36. Negli Stati Uniti ci sono 104 reattori nucleari, due dei quali proprio in California sulle faglie del Sant’Andrea, dove gli esperti prevedono uno dei più forti terremoti della storia. Ieri, però, il segretario di Stato, Hillary Clinton, ha lanciato i primi dubbi ufficiali sulla sicurezza dell’energia nucleare: forse un primo passo verso un cambio di rotta. (mg)

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    Libia: Gheddafi bombarda Bengasi, ultima roccaforte degli insorti

    ◊   In Libia continua inesorabile la controffensiva delle truppe fedeli a Gheddafi contro le milizie degli insorti ormai asserragliati nella sola regione di Bengasi. E proprio contro il capoluogo della Cirenaica si sono scatenati gli attacchi dell’aviazione di Tripoli. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Le prime bombe hanno colpito l’aeroporto di Bengasi, poi nuovi raid su alcuni quartieri della città, ultimo baluardo dei ribelli, che a questo punto potrebbero capitolare da un momento all’altro. Stamani era stata riconquistata anche la città di Misurata, a metà strada tra Tripoli e Bengasi. Sul fronte commerciale, rientrano poi i timori di un mutamento dei rapporti italiani con Tripoli. Il ministro per il petrolio, Ghanem, ha annunciato la riconferma dei contratti con l’Eni, per la fornitura di gas. Intanto, la comunità internazionale, dopo essersi dichiarata possibilista sull’avvio di rapporti con i ribelli, rimane in attesa e rinvia alla odierna riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per l’adozione di eventuali misure militari almeno a tutela della popolazione civile. Un atteggiamento che potrebbe influire in modo decisivo sugli immediati sviluppi del confronto armato. Sulla posizione della comunità internazionale, abbiamo intervistato Luciano Ardesi, esperto di nord Africa:

    R. – Sicuramente siamo in un’altra situazione molto delicata perché l’opposizione libica ha fatto un passo senza ritorno: trovarsi, improvvisamente, militarmente in una posizione ormai difensiva e, direi, da ultima spiaggia, con una comunità internazionale che a parole ha manifestato simpatia, però incapace di adottare delle misure efficaci e che al tempo stesso rispettassero la volontà di sovranità dell’opposizione e, quindi, della nuova Libia.

    D. – Per quale motivo la comunità internazionale - come invece è successo in altri casi - non ha voluto coinvolgersi più di tanto in questa situazione?

    R. – Naturalmente ci sono le esperienze precedenti - quella dell’Afghanistan, dell’Iraq - che inducono alla prudenza. In una situazione come quella della Libia qualsiasi intervento straniero non era facile però c’erano sicuramente delle misure da prendere. Innanzitutto, una misura politica: riconoscere ufficialmente l’opposizione come rappresentante della nuova Libia e con il consenso di questa opposizione studiare misure efficaci di intervento, se necessario anche militari. C’erano tutte le possibilità per farlo.

    D. - Alla luce di tutto questo, qualsiasi sia l’esito della crisi libica, a questo punto i rapporti - soprattutto tra l’Europa e la Libia - saranno molto difficoltosi nel futuro?

    R. – Saranno da reinventare ma credo che anche Gheddafi dovrà misurare attentamente la propria politica. E’ stato apertamente contestato dal suo popolo e non potrà più presentarsi come un leader incontrastato. Se, come sembra, riuscirà a mantenere il potere si apre anche per lui una stagione complessa.

    D. – La Libia è uno dei Paesi che sta vivendo momenti importanti, epocali. Come vedi tutta la fascia del Nordafrica? Si sta creando una nuova situazione geopolitica nel Mediterraneo?

    R. – Io credo che noi dobbiamo attendere ancora un po’ per dare giudizi definitivi. Le opposizioni, che sono apparentemente andate al potere in Tunisia e in Egitto, si trovano di fronte a una difficile fase di transizione. Ci sono le vecchie forze che naturalmente, cercano di resistere e cercheranno di cambiare tutto per non cambiare niente. L’esito è ancora molto aperto. Certo nulla sarà più come prima. Ci sarà sicuramente una dinamica politica maggiore nei prossimi anni ma non credo che la democrazia nel Nordafrica sia definitivamente installata dopo la spallata delle rivolte popolari. Credo che il percorso sia ancora lungo e molto complesso. (bf)

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    Aumentano intolleranza e discriminazione contro i cristiani in Europa

    ◊   Intolleranza e discriminazione contro i cristiani in Europa: su questo tema, accademici ed europarlamentari di diversi Paesi europei e non solo hanno discusso nel seminario organizzato ieri pomeriggio a Bruxelles presso il Parlamento Europeo. Ha introdotto i lavori il prof. Joseph Weiler, dell’Università di New York. Il servizio della nostra inviata a Bruxelles, Fausta Speranza:

    “In my work as the director of the Observatory on intolerance against …
    La signora Gudrun Kugler, direttore dell’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani, che si trova in Austria, presenta un rapporto relativo agli ultimi cinque anni e conferma: in Europa aumenta la cristianofobia. Fa un esempio per tutti: una docente portata in tribunale in Croazia per aver espresso la posizione della Chiesa sull’omosessualità.

    Poi la professoressa Lourdes Ruano Espina parla della situazione in Spagna, dove nella legislazione si fa strada la marginalizzazione di ogni credo religioso. Il professor Richard Komicki del Regno Unito ricorda il caso della hostess della compagnia nazionale alla quale è stato proibito di portare un piccolo Crocifisso al collo, e chiede ai cristiani di restare vigili sui basilari diritti umani tra cui c’è la libertà religiosa. Il professor Massimo Introvigne, rappresentante su questi temi presso l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, parla di fondamentalismo crescente: un fondamentalismo che sposa le ideologie senza ‘se’ e senza ‘ma’ e che promuove un sentimento di antireligiosità che si fa intolleranza. Il professor Joseph Weiler dell’Università di New York, ebreo, ai nostri microfoni dice:

    “La cosa che trovo più allucinante non è il fatto che ci sia discriminazione, odio, cristianofobia, ma che questo sia accettato, che nessuno protesti, che questo evento qui, a Bruxelles, sia uno dei primi del genere. Se la stessa cosa accadesse agli ebrei o ai musulmani, farebbe scalpore nei giornali! Quando tocca ai cristiani, sembra normale amministrazione. Questo non si può più sopportare!”.

    Il pensiero va alle drammatiche situazioni di violenze contro i cristiani in diverse aree del mondo: basti pensare all’Asia e all’Iraq. Certamente in Europa si parla di qualcosa di diverso. Il professor Weiler lo spiega così:

    “Ci sono tante piccole cose: non è persecuzione. I cristiani sono perseguitati nel mondo e anzi, anche questo è uno scandalo. In Europa, è più sottile, più ‘sociale’”.

    L’Europarlamentare Mario Mauro, promotore del seminario insieme con il collega austriaco Othmar Karas, sottolinea l’importanza di portare il tema dell’intolleranza contro i cristiani in Europa tra i temi in discussione per l’opinione pubblica così come sul tavolo delle sedi politiche. (gf)

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    Presentato a Milano il nuovo Antifonale ambrosiano

    ◊   E' stato presentato ieri pomeriggio a Milano, nella Chiesa di Santa Maria Annunciata in Camposanto, il nuovo Antifonale ambrosiano. Ce ne parla Fabio Brenna:

    Un contributo alla riscoperta dell’antico canto ambrosiano: è il nuovo Antifonale ambrosiano, presentato 70 anni dopo l’ultima pubblicazione voluta dal cardinale Schuster. Si tratta di 140 brani, che fanno parte dell’autentico repertorio ambrosiano; la musica occidentale-europea più antica che sia ancora oggi eseguita, come ci conferma Alberto Rusconi, fra i curatori dell’opera:

    “Tanti pezzi possono essere ricondotti in maniera abbastanza agevole al IV, al V, al VI secolo. Dal punto di vista musicale, oltre ad un linguaggio musicale proprio e diverso dal canto gregoriano, ha la particolarità di avere alcuni pezzi molto semplici, estremamente semplici, elementari, costruiti su poche note ed altri, invece, fioriti di infiniti melismi e vocalizzi. Passa fra questi due estremi. Il gregoriano è più equilibrato”.

    Il nuovo Antifonale si rivolge soprattutto alle Scholae, adeguatamente preparate, anche se non esclude la partecipazione attiva dell’assemblea nel corso delle varie celebrazioni liturgiche. Un canto, quello ambrosiano, che è “esegesi della Parola”, e ne spiega musicalmente i significati più profondi, proponendosi come opportunità di approfondimento per i compositori d’oggi. Un canto perfettamente a suo agio, anche nel rito moderno:

    “Non dobbiamo, però, pensare - attenzione! - che il canto ambrosiano, come molti canti gregoriani, sia incompatibile con la partecipazione dell’assemblea. Partecipazione dell’assemblea non vuol dire che tutti devono cantare tutto: vuol dire che ci sono dei pezzi che sono adatti, che hanno un carattere più meditativo e quindi anche più complessi esecutivamente, che possono essere canti dalla Schola, dal coro, dalla Schola cantorum; tanti altri sono però cantabilissimi dall’assemblea, come tutto l’ordinario della Messa, ma anche moltissimi canti possono ridiventare patrimonio non già delle sole Scholae cantorum, ma anche dell’assemblea che canta”. (mg)

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    Chiesa e Società



    Giappone. La Caritas: “Pronti a lavorare al fianco del governo per l’emergenza e la ricostruzione”

    ◊   La Caritas del Giappone, con il sostegno del network della Caritas Internationalis, è pronta a lavorare a fianco del governo giapponese per l’emergenza e la riabilitazione delle popolazioni colpite dal terremoto e dallo tsunami: è quanto dichiara all’Agenzia Fides p. Bonnie Mendes, Direttore del Dipartimento Asia di Caritas Internationalis, che da Bangkok sta svolgendo un ruolo di coordinamento fra il Giappone, il network internazionale e gli uffici centrali. “L’opera della Caritas in Giappone – spiega a Fides – per ora è quella di prepararsi e attrezzarsi per rispondere alle necessità che il governo solleverà nel campo degli aiuti umanitari. Per questo abbiamo istituito un Centro di Emergenza a Sendai. Le operazioni di soccorso sono condotte da personale della protezione civile nipponica, altamente specializzato, a livello di risorse e tecnologie. Dunque, in questo caso, dove il disastro ha colpito una società molto ben organizzata, non occorrono volontari armati solo di buona volontà, ma servono aiuti mirati. La Caritas è una delle organizzazioni che, se chiamate in causa, saranno pronte a entrare in campo per cogestire l’emergenza”. P. Mendes rimarca, infatti, anche “il problema della possibile contaminazione nucleare, che impone massima prudenza e personale specializzato anche fra i soccorritori”. “Il nostro lavoro – puntualizza il direttore di Caritas Asia – si farà più utile, ampio e intenso nella seconda fase, quella della riabilitazione post-emergenza. Allora ci sarà da profondere il massimo sforzo”. P. Mendes si dice “molto incoraggiato dalla risposta che giunge dai paesi asiatici: hanno raccolto fondi le Caritas di Singapore, Macao, Taiwan e anche di Myanmar e Vietnam, paesi molto poveri e con difficoltà interne. Molto attiva risulta la Caritas Corea che, con altri gruppi cristiani, si sta attivando per sostenere con risorse umane e tecnologiche la Caritas giapponese. Anche in India e Pakistan le comunità cattoliche hanno avviato collette e stanno accompagnando il popolo giapponese con la preghiera. E’ una grande manifestazione di solidarietà che ci conforta molto”. Sull’atteggiamento che oggi vivono i cattolici e tutto il popolo giapponese, p. Mendes cita le parole del salmo 50: “Un cuore contrito e affranto, tu o Dio non disprezzi”. “Sono certo – conclude – che il Signore accoglierà il grido e le preghiere di questo popolo provato dalla sofferenza”.

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    Algeria. Mons. Rault sulla protesta araba: musulmani e cristiani uniti dalla sete di dignità e giustizia

    ◊   “Se vogliamo essere lievito e sale della terra … ciò non può che essere in una forma di resistenza non violenta alle forze del male, alla maniera di Gesù”: è quanto scrive mons. Claude Rault sul numero di marzo del mensile della diocesi di Laghouat-Ghardaïa, in Algeria. Commentando i recenti fatti di cronaca del nord Africa, il presule osserva che i movimenti che si sono potuti osservare hanno dato prova di una stupefacente maturità. “Sovente i fenomeni sociali sono violenti, distruttivi e ciechi … ma a parte gli inevitabili incidenti locali e il caso più particolare della Libia – osserva il vescovo di Laghouat-Ghardaïa – si è potuta osservare una sorta di intelligenza collettiva, di partito preso di non violenza, ad accompagnare questa protesta generalizzata, una esigenza di cambiamenti profondi nella governance e nella giustizia sociale”. Nell’analizzare quanto sta accadendo nei Paesi arabi, il presule rimarca che non è la pressione islamista ad aver originato manifestazioni, rivolte e reazioni popolari, ma che si tratta di qualcosa che scaturisce “dal profondo della coscienza umana, avida di dignità, di rispetto, di giustizia e di democrazia”, “una sorta di lucidità collettiva che non manca né d’intelligenza né di saggezza”, qualcosa che ha unito musulmani e cristiani nello stesso slancio. “Certo, i popoli coinvolti adesso devono gestire questo movimento e condurlo verso l’avvenire senza che venga sviato dal suo scopo – scrive ancora mons. Rault – ma come non sperare di vedere il corso della storia svilupparsi nel senso delle aspirazioni profonde della persona e delle società umane? Non è in questo senso che soffia lo Spirito? Ciò conduce noi cristiani a molta umiltà. Noi non facciamo la storia, ma possiamo essere coloro che ne risvegliano al senso”. Infine il presule ricorda un pensiero di Christian Chessel, uno dei padri bianchi assassinati a Tizi Ouzou nel dicembre del ’94: “La debolezza dell’apostolo deve essere ad imitazione di quella di Cristo, radicata nella forza del mistero pasquale e nella forza dello Spirito. Lungi dall’essere un’attitudine di passività o di rassegnazione, suppone molto coraggio e spinge ad un impegno per la giustizia e la verità denunciando l’illusoria seduzione della forza e del potere”. Ed è su questo pensiero che il vescovo di Laghouat-Ghardaïa propone ai fedeli della sua diocesi di riflettere durante la Quaresima. (T.C.)

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    Testimonianza di una suora in Costa d’Avorio: presenti per dare serenità alla popolazione

    ◊   “Nella parte di Abobo dove ci troviamo, la situazione è un po’ più calma, anche se l’area è controllata dagli uomini del cosiddetto commando invisibile” dice all’Agenzia Fides suor Rosaria, della Congregazione della Santa Famiglia di Spoleto, parlando da Abobo, il comune di Abidjan da dove sono iniziati i combattimenti tra le forze di sicurezza rimaste fedeli al presidente uscente Laurent Gbagbo e gli uomini del “commando invisibile”, un gruppo vicino al presidente eletto Alassane Ouattara. “In altre aree di Abobo la situazione è più tesa – prosegue suor Rosaria -. Ad esempio a Williamsville da ieri la popolazione è bloccata in casa e anche la circolazione stradale è bloccata”. I ribelli sembrano aver fatto alcuni progressi. La caserma della gendarmeria Adjamé è stata conquistata dalla guerriglia Gli scontri si stanno spostando verso altre zone di Abidjan, come il comune di Yopougon. “La nostra situazione è come quella del resto della popolazione – spiega suor Rosaria -. Siamo vicine alle persone, cercando di rincuorarle, magari anche con qualche battuta di spirito. La nostra presenza è già una forma di aiuto, perché la nostra serenità, anche se non è sempre facile mantenerla, aiuta le persone a sopportare questa situazione”. Un'altra congregazione di religiose, le Suore della Provvidenza, è stata costretta ad abbandonare la loro casa ad Abobo, a causa degli attacchi militari e degli scontri violenti già da alcuni giorni. Le religiose hanno perso nel saccheggio della loro missione due autoveicoli ed altri beni.

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    Congo. I leader religiosi: affrontare in modo nuovo la questione dei ribelli ugandesi del Lra

    ◊   “I leader religiosi vogliono realizzare il loro sogno di intensificare la sensibilizzazione circa la problematica dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra)”: è quanto ha affermato padre Victor Mbatu, segretario della presidenza della rete dei leader religiosi della Repubblica Democratica del Congo al termine dell’incontro che si è svolto la scorsa settimana a Kisangani e nel corso del quale si è discusso dell’insicurezza provocata dalla Lra. Al “Week-end per la pace” hanno preso parte i rappresentanti di diverse religioni per cercare vie e strumenti che possano risolvere le problematiche legate alla presenza dei ribelli ugandesi nel Congo. Come riferisce la testata on line www.lepotentiel.com e secondo la cronaca di radio okapi.net, l’incontro ha proposto proiezioni di filmati sulle atrocità commesse dalla Lra, conferenze sulla psicologia di tali gesti e sull’impegno dei leader religiosi nelle negoziazioni per la risoluzione della crisi che vede protagonisti i ribelli ugandesi. Al week-end hanno preso parte politici, rappresentanti delle Chiese, giovani studenti e universitari. Per padre Mbatu, il clima di paura creato dalla Lra nel nord-est del Paese va affrontato con dialogo e negoziazioni pacifiche oltreché con una promozione di convivialità. (T.C.)

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    La Cattedra Giovanni Paolo II in aiuto ai degenti dell'ospedale di Ngaliema, a Kinshasa

    ◊   Viveri, indumenti e tutto il necessario per l’igiene personale sono stati donati la scorsa settimana dalla “Cattedra Giovanni Paolo II” dell’Università Cattolica del Congo ai degenti dell’ospedale della comune di Ngaliema, a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. I beni di prima necessità, riferisce la testata on line www.lepotentiel.com, sono stati consegnati a 35 famiglie da una delegazione della Conferenza episcopale guidata dal segretario generale della cattedra e della stessa conferenza episcopale padre Léonard Santedi che ha sottolineato l’importanza del gesto di solidarietà in questo periodo di Quaresima ed ha voluto ricordare che la Cattedra Giovanni Paolo II ha dato vita all’iniziativa in memoria della dedizione che il pontefice ha avuto per i malati e i poveri. “I nostri degenti devono essere sostenuti attraverso il coraggio, la competenza e la devozione che dimostriamo al Paese e al mondo – ha detto ancora padre Santedi – si tratta di una sfida per tutto il corpo degli insegnanti e per gli studenti dell’Università Cattolica del Congo”. (T.C.)

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    Cina: chiese nuove o restaurate per alcune comunità del continente in vista della Pasqua

    ◊   Se tutte le comunità cattoliche del continente cinese stanno vivendo intensamente la Quaresima con la preghiera, il digiuno e l’elemosina, in comunione con la Chiesa universale, alcune in modo particolare pregustano la gioia di celebrare la Santa Pasqua in una nuova chiesa o in un tempio restaurato. Secondo le informazioni pervenute all’Agenzia Fides, mons. Giuseppe Xing Wen Zhi, ausiliare della diocesi di Shang Hai, ha presieduto il 5 marzo la consacrazione della nuova chiesa dedicata a San Michele Arcangelo. Oltre un migliaio di fedeli ha preso parte al suggestivo rito della consacrazione, che è stato concelebrato da 27 sacerdoti. Nello stesso giorno, la diocesi di Zhang Zhou nella provincia di Fu Jian, ha consacrato la nuova chiesa di Xia Zhou. Mons. Cai Bing Rui, Vescovo della diocesi di Xia Men, ha presieduto il rito, affiancato dai sacerdoti provenuti da tutta la provincia. Secondo quanto ha ricordato uno dei sacerdoti locali, “la chiesa era stata fondata nel 1923, ma con gli anni era diventata pericolante. La costruzione della nuova chiesa è cominciata nel 2009. Oggi è un simbolo della città, ma soprattutto della fede cristiana. Finalmente possiamo celebrare la Pasqua in una casa degna di essere la Casa del Padre”. In vista della Santa Pasqua, la diocesi di Bao Ding della provincia dell’He Bei ha iniziato il lavoro di restauro della Cattedrale, costruita nel 1898 dai missionari francesi e dedicata ai Santi Pietro e Paolo. Anche la diocesi di Zhou Zhi nella provincia dello Shaan Xi ha iniziato il restauro della chiesa fondata nel 1901 e dedicata a Nostra Signora.

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    Cina. Adorazione eucaristica animata dalle famiglie nella diocesi di Wen Zhou

    ◊   “Perché ogni famiglia possa vivere una Quaresima piena della grazia del Signore e avere un incontro intimo con Lui”. Con queste parole la diocesi di Wen Zhou, nella provincia cinese di Zhe Jiang, ha dato inizio, per il secondo anno consecutivo, all’adorazione eucaristica, 24 ore su 24, animata dalle famiglie. Il sacerdote responsabile dell’iniziativa – riferisce l’agenzia Fides - lo scorso 2 marzo ha mandato una lettera alle famiglie, intitolata “La Pace sia con voi”, invitandole a partecipare all’evento. “Dal 9 marzo, giorno del Mercoledì delle Ceneri, ogni mattina alle 9 – ha spiegato il sacerdote - il ministro straordinario porta l’Eucaristia nella famiglia che si è resa disponibile, prega insieme a loro per un quarto d’ora e lascia il Santissimo Sacramento all’adorazione dei membri della famiglia”. “Il giorno dopo – aggiunge - alle ore 9, torna a prendere il Santissimo e lo porta in un'altra famiglia preparata ad accogliere Gesù”. “La famiglia che partecipa a questa iniziativa spirituale - continua il sacerdote - deve essere disponibile a soddisfare 4 condizioni: tutta la famiglia deve essere disponibile ad adorare il Santissimo Sacramento, a turno, lungo l’arco delle 24 ore senza interruzione; deve essere adeguatamente preparata una stanza o almeno un angolo della casa per il raccoglimento spirituale; si deve predisporre un piccolo altare per accogliere Gesù dignitosamente, con la Sacra Scrittura esposta, candele accese e possibilmente fiori; al momento dell’arrivo e del congedo del Santissimo, tutta la famiglia deve essere presente”. La tradizione dell’adorazione eucaristica della diocesi di Wen Zhou è iniziata nel 2008, con 12 ore al giorno. L’anno seguente, nel giorno del Corpus Domini (11 giugno 2009), la diocesi ha lanciato la tradizione dell’adorazione eucaristica pubblica 24 ore su 24, risvegliando così la grande devozione eucaristica dei fedeli. Dal 2010, ogni parrocchia organizza l’adorazione eucaristica continua di tutta la famiglia, mettendo a disposizione circa venti luoghi di adorazione per parrocchia, nelle chiese e cappelle, facendo i turni organizzati. “La diocesi – conclude il sacerdote - ha deciso di continuare l’adorazione eucaristica per tutto l’anno liturgico, perché la fiamma eucaristica di Gesù Cristo è sempre accesa nel cuore di ognuno di noi, fonte di forza e di acqua viva, perché tutti si riconcilino con la grazia del Signore. (M.I.)

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    India: creata, in collaborazione con i salesiani, una nuova "scuola mobile" per i poveri

    ◊   Una “scuola mobile” per 40 studenti dei villaggi disagiati nel distretto di Hooghly, nel Bengala Occidentale. Questa l’iniziativa promossa dalle autorità amministrative locali insieme alla collaborazione dell’Istituto salesiano “Don Bosco Bandel” di Calcutta. Sono stati messi a disposizione - riferisce l'agenzia Fides - tre insegnanti della scuola e un autobus, ormai noto come “Bhramyaman Pathabhavan” (scuola mobile), l’unico del suo genere nello Stato indiano, dotato di tutti gli elementi necessari ad una classe, come la lavagna, lampade, sedie, armadi, oltre a TV e impianto audio. La scuola sosterà in un unico centro per sei mesi, offrendo lezioni ed istruzione a circa 40 studenti, dal lunedì al venerdì. Terminato questo periodo si muoverà e offrirà lo stesso servizio in un altro villaggio, secondo le indicazioni date dalle autorità distrettuali. (M.I.)

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    La costruzione di una nuova chiesa a Port-au-Prince, segnale di speranza per Haiti

    ◊   A oltre un anno di distanza dal terremoto che provocò 230.000 morti e 300.000 feriti, oltre un milione di persone vivono ancora in condizioni oltremodo difficili nelle tendopoli allestite nel sud di Haiti e nella capitale Port-au-Prince. Nella morsa dell’emergenza, alla difficile situazione sociale si aggiunge anche l’epidemia di colera. Nella drammatica situazione la comunità ecclesiale, attraverso sacerdoti, religiosi e religiose, gruppi laicali di ispirazione cristiana continuano a offrire un prezioso servizio, ponendosi quale punto di riferimento per la popolazione. Il violento sisma insieme con la quasi totalità delle abitazioni ha raso al suolo ospedali e anche numerosi luoghi di culto. In particolare per un quartiere della capitale haitiana, noto come Delmas 33 – riferisce L’Osservatore Romano - la costruzione di una chiesa sta diventando una priorità. L’idea, nata subito dopo il sisma, si sta, anche se con lentezza, concretizzando grazie alla raccolta di fondi. Sino a ora i fedeli della comunità parrocchiale di San Francesco si sono riuniti sotto una tenda per la celebrazione della Messa domenicale. Una spinta determinante al progetto di costruzione della nuova chiesa è giunta da monsignor Pierre Andrew Pierre, presidente dell'Università di Notre Dame di Haiti, il quale, ora, vive con i genitori nel quartiere Delmas 33, dove ha preso la residenza nella canonica della cattedrale di Nostra Signora dell'Assunta distrutta dal terremoto. «Sono venuto qui come rifugiato», ha detto monsignor Pierre, scampato «miracolosamente» alla morte insieme con i genitori. «È confortante — ha evidenziato — che pur tra difficoltà di ogni genere, personali e sociali, si pensi a un luogo di preghiera per l’incontro con Dio. È questo un segno d’una maturità di fede e di una profondità di vita che testimoniano il vero volto della rinascita di un popolo. I sopravvissuti al sisma di Haiti cominciano a ricostruire le loro vite». Intanto, continua il programma di ricostruzione, attraverso prefabbricati, nelle periferie delle città più colpite di Haiti. Il progetto è portato avanti dal Catholic relief services e finanziato dalla US Agency for international Development. Di recente padre Massimo Joaquim Cipriano, responsabile delle missioni dei camilliani ad Haiti, ha avviato a Jeremie, dove opera insieme con altri tre volontari, un progetto per la costruzione del nuovo ospedale della missione. «Occorre continuare a lavorare per il futuro — sottolinea — anche in una situazione così disperata. Da questi germi di cambiamento e di bene può nascere un futuro migliore per questo Paese così duramente provato».

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    El Salvador: appelli al presidente Obama perché sostenga la riforma sull’immigrazione

    ◊   In occasione della prossima visita del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in El Salvador, il 22 e il 23 marzo, sia l'arcivescovo di San Salvador, mons. Jose Luis Escobar Alas, che il presidente Mauricio Funes, hanno rinnovato il loro appello affinché si impegni a portare avanti la riforma sull’immigrazione. "Vorremmo che, nel corso del suo mandato, il presidente degli Stati Uniti confermasse la sua buona volontà per l’attuazione di una riforma sull’immigrazione" si legge in una dichiarazione dell’arcivescovo Escobar Alas diffusa dalla Catholic News Agency. Anche il presidente di El Salvador, Mauricio Funes, intende rivolgersi ad Obama per sollecitare questa riforma e per concedere benefici permanenti a quanti godono dello status di protezione temporanea. Attualmente negli USA lavorano 217 mila salvadoregni. La proposta prevede lo status legale agli immigrati provenienti da Paesi coinvolti in conflitti armati o vittime di catastrofi naturali, come quelli dei diversi paesi dell’America Centrale colpiti da uragani e terremoti. "Sappiamo che non dipende tutto dal presidente Obama - ha detto mons. Escobar Alas -, ma ci piacerebbe sentire una parola che in qualche modo dia la speranza di raggiungere questo obiettivo. Le leggi che penalizzano gli innocenti sono ingiuste, le leggi che separano le famiglie, i padri dai propri figli, non sono giuste. Per questo motivo spero di avere presto buone notizie in materia” ha concluso l’arcivescovo invitando a pregare Dio affinchè "illumini le menti e muova i cuori dei nostri leader per la migliore decisione."

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    Spagna: lanciata la campagna dei vescovi per la Giornata per la vita

    ◊   La Conferenza episcopale spagnola ha presentato la campagna per la vita 2011 che ha come tema “C’è sempre una ragione per vivere”. La Giornata per la vita si celebrerà il 25 marzo, festa dell’Incarnazione del Signore. In una nota della Subcommissione episcopale della famiglia e della vita – riferisce l’agenzia Sir - si spiega il senso della campagna: “La vita di ciascun essere umano è sacra, è un bene e proteggere la vita un dovere. Tuttavia, attualmente vi è un buio che porta a non apprezzare la grandiosità e la bellezza di ogni vita umana amata eternamente da Dio”. Per i presuli della Subcommissione, “questa oscurità sull’origine sacra e la dignità assoluta della vita umana si estende ad altri momenti dell’esistenza delle persone, in cui si mostra e si sperimenta la fragilità. Sono molti quelli che non riescono a vedere che la vita è un bene prezioso quando è accompagnata da infermità gravi, disabilità mentale o fisica, momenti di povertà, di solitudine, di debolezza che segna il passaggio del tempo o nel momento del tramonto della propria vita”. Secondo i vescovi spagnoli, “quando la società non sa dare un senso al dolore o alla fragilità umana e abbandona le persone alla loro solitudine, come membri della Chiesa, ci sentiamo invitati a rispondere con l'amore di Cristo e a generare speranza nelle persone”. A giudizio dei vescovi spagnoli queste persone, “sentendosi amate e accompagnate nella loro sofferenza o solitudine, possono superare inganni e dolori; cioè possono trovare la ragione per vivere”. Oltre al materiale distribuito nelle diocesi spagnole (poster, opuscoli informativi, sussidio liturgico e nota dei vescovi), quest’anno per diffondere la campagna è stato realizzato anche un video di due minuti e mezzo, che si può vedere su YouTube e condividere sui social network. Il video spiega che “c’è sempre una ragione per vivere” attraverso quattro storie parallele: un anziano che si trova in ospedale, insieme con il figlio; un bambino malato che riceve un regalo dai familiari e amici; due disabili che si scambiano un gesto di affetto; una nonna che legge un racconto ai suoi nipoti. Tutte le iniziative che si sviluppano intorno alla campagna ruoteranno attorno ad un nuovo micro-sito che servirà come punto d'incontro. In www.siemprehayunarazonparavivir.com si possono trovare il video e il resto del materiale della Giornata per la vita. Il sito ospiterà una sezione in cui le persone sono invitate a dare la propria ragione per vivere e a condividerla con gli altri”. Il micro-sito sarà collegato al sito della Conferenza episcopale e a quelli dei principali social network su cui sarà presente la campagna.

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    Regno Unito: a Pasqua entreranno nella Chiesa cattolica più di 4.700 persone tra cui 900 ex anglicani

    ◊   Circa 900 anglicani entreranno nella Chiesa cattolica inglese e gallese a Pasqua. Nei giorni scorsi - riferisce un comunicato dei vescovi – hanno partecipato, insieme ad altre 3.800 persone, al cosiddetto “Rito della scelta” (Election Rite), in cui i catecumeni vengono invitati dai rispettivi vescovi a prepararsi con la preghiera all’ingresso nella Chiesa cattolica. Essi entreranno a far parte dell’Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham previsto dalla Costituzione apostolica “Anglicanorum Coetibus” in risposta alla richiesta di alcuni anglicani di entrare in piena comunione con Roma mantenendo alcune forme e tradizioni della liturgia della Chiesa d’Inghilterra. La data in cui diventeranno cattolici e riceveranno il Sacramento della Cresima sarà decisa dall’ordinario insieme con il vescovo diocesano responsabile. La cerimonia si svolgerà durante la Messa del Giovedì Santo o la Veglia Pasquale. Tra gli anglicani che hanno chiesto di diventare cattolici all’inizio di questa Quaresima in Inghilterra e Galles vi sono anche 61 pastori. Se la loro richiesta sarà accettata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, verranno riordinati come sacerdoti cattolici il giorno di Pentecoste. Il vescovo Kieran Conry, presidente del Dipartimento per l’evangelizzazione e la catechesi della Conferenza episcopale, ha commentato con soddisfazione l’alto numero di aspiranti cattolici registrato quest’anno nella Chiesa inglese e gallese: “La testimonianza di così tante persone che prendono questa decisione che cambierà la loro vita - ha detto - è molto incoraggiante. La comunità cattolica dà loro il benvenuto con affetto, amicizia e l’assicurazione delle sue preghiere”. (L.Z.)

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    L'arcivescovo di Dublino: cristiani controcorrente per il bene dell'Irlanda

    ◊   Una presenza cristiana rinnovata e sempre più fedele al Vangelo, che sappia confrontarsi con una società pluralista, ma rispettosa della storia e delle tradizioni del popolo irlandese. È l’auspicio formulato dall’arcivescovo di Dublino e primate d’Irlanda, Diarmuid Martin, intervenuto martedì sul rapporto tra Chiesa e Stato al Mater Dei Institute of Education. Lo riferisce L’Osservatore Romano. Incontro programmato da tempo, ma che di fatto è avvenuto a pochi giorni dall’insediamento del nuovo Governo. Circostanza — ha tenuto a precisare il presule — che non incide minimamente con le considerazioni sul rapporto tra la comunità ecclesiale, le istituzioni civili, la società irlandese. «Come la Chiesa non è composta solo da vescovi, così anche le istituzioni e lo Stato sono qualcosa di più dei partiti di Governo e della politica», ha chiosato il presule, che ha spaziato a tutto campo, passando in rassegna i grandi temi del Paese, dalla crisi economica alle generali debolezze nella gestioni dei servizi pubblici. Soffermandosi anche sulle difficoltà registrate all’interno della Chiesa, come il calo dei praticanti e, non ultimo, il tema del noto scandalo legato ai casi di abusi su minori. In particolare, ha sottolineato come il «rinnovamento della Chiesa esige un rinnovamento delle strutture», ma da sola tale operazione sarebbe «inutile». Infatti, ha rilevato, «la Chiesa non è soltanto una realtà sociologica, che può essere rinnovata solo mediante l’applicazione di modelli sociologici di consultazione e il cambiamento della classe dirigente». La Chiesa «è la comunità dei battezzati, che vivono come veri discepoli di Gesù Cristo». In questo senso, i «grandi riformatori della Chiesa sono i santi». E gli «strumenti per la riforma della Chiesa sono quelli che figurano nel programma tradizionale per la Quaresima: preghiera, penitenza e opere di carità». E tra le maggiori insidie per la comunità cristiana, il presule individua il rischio di preferire la comodità del «politically correct», del facile «conformismo», piuttosto che scegliere la strada stretta del Vangelo. «La Chiesa deve sempre avere la libertà di prendere posizioni che sono culturalmente impopolari». Poiché «la novità del messaggio del Vangelo trascende ogni cultura». C’è spazio anche per una sottolineatura di quanto di buono la Chiesa ha fatto e continua a fare per la società irlandese. «La Chiesa non è in via di estinzione». E nel corso degli anni essa «non è stata mai assente», soprattutto facendosi prossima ai settori più bisognosi della società. Quanto al prospettato più ampio pluralismo in tema di gestione del sistema dell’istruzione, il presule ha salutato con «grande favore» l’annuncio del ministero della Pubblica istruzione di un National Forum on School Patronage. Ma ha precisato: «Mentre non è irragionevole supporre che il desiderio di istruzione specificamente cattolica sia minore rispetto al passato, questo non significa che l’educazione cattolica sia di per sé una cosa del passato». Va dunque difeso il diritto di scelta dei genitori, come pure lo Stato ha il dovere di tutelare il matrimonio, quale «bene fondamentale per la società».

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    L’assemblea della Conferenza episcopale austriaca si riunisce per la prima volta in Italia

    ◊   L’assemblea plenaria della Conferenza episcopale austriaca si riunirà per la prima volta in Italia a Bressanone, dal 21 al 24 marzo prossimi. Lo ha annunciato Peter Schipka, nuovo segretario generale della Conferenza episcopale, in un incontro svoltasi martedì scorso a Vienna. “I vescovi austriaci - ha puntualizzato Schipka all'agenzia Sir - si consulteranno sulle questioni attuali relative alla società, allo Stato e alla Chiesa, nonché sui preparativi per le elezioni dei consigli parrocchiali in Austria e gli obiettivi della politica in ambito giuridico”. L’assemblea inizierà nel pomeriggio di lunedì 21 marzo, nel seminario di Bressanone. Martedì 22, alle ore 18, è prevista invece una Messa solenne presso il Duomo della cittadina, presieduta dal presidente della Conferenza episcopale austriaca, cardinale Christoph Schönborn, alla quale potranno partecipare anche i fedeli. Al termine della plenaria, il 25 marzo, il cardinale Schönborn riferirà in una conferenza stampa i risultati dell’incontro dei vescovi. (M.I.)

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    L'Ufficio Filatelico vaticano dedica un'emissione di francobolli ai 150 anni dell'Unità d'Italia

    ◊   Il prossimo 21 marzo l'Ufficio Filatelico del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano emetterà una serie di francobolli e un foglietto celebrativi del 150.mo anniversario dell'Unità d'Italia. Il foglietto sarà emesso congiuntamente da Italia e Città del Vaticano e sarà oggetto di una presentazione ufficiale che si svolgerà a Villa Madama lunedì 21 marzo alle ore 19.30, alla presenza delle autorità italiane, tra le quali il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gianni Letta, e di quelle vaticane, tra le quali il presidente del Governatorato, il cardinale Giovanni Lajolo.

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    24 Ore nel Mondo



    Costa d’Avorio: nuovi scontri tra le fazioni fedeli ai due presidenti

    ◊   In Costa d’Avorio ancora gravi tensioni tra le fazioni dei due presidenti: Gbagbo, sconfitto alle elezioni di novembre, e Ouattara, internazionalmente riconosciuto come nuovo capo dello Stato. Nuovi scontri armati ieri ad Abidjan e a Duékoué hanno fatto salire a 410 il numero delle vittime dall’inizio delle violenze, secondo l’ultimo bilancio dell’Onu. Intanto è sempre più preoccupante l’emergenza umanitaria per quanti fuggono – circa mezzo milione – dai combattimenti. Ci riferisce Giulio Albanese:

    Da un punto di vista strettamente militare Ucru è una cittadina strategica, lungo la strada che conduce alle piantagioni di cacao, in mano ai militari del presidente uscente Laurant Gbagbo. Comunque, i ribelli del nord, quelli delle forze nuove che appoggiano il presidente internazionalmente riconosciuto, Alassane Ouattara, hanno negato un loro coinvolgimento nei combattimenti, anche se la smentita non convince. Insicurezza e penuria di medicinali rendono comunque molto difficile per le vittime delle violenze ricevere assistenza - la denuncia viene da Medici senza frontiere - e solo un ospedale continua a funzionare normalmente, per esempio ad Abobo, nel distretto di Abidjan, dove risiedono circa 2 milioni di persone. Gli spostamenti sono pericolosi a causa delle violenze e soprattutto dei blocchi nelle strade, presidiate da uomini armati con kalashnikov e machete. Ormai, inutile nasconderselo, è guerra civile a tutti gli effetti.

    Yemen
    Ancora scontri tra manifestanti e polizia nello Yemen. Oggi 14 persone sono rimaste ferite nella capitale Sana’a e nella città di Taiz, in seguito al lancio di lacrimogeni contro la folla da parte delle forze dell’ordine.

    Bahrein
    Resta tesa la situazione in Bahrein: oggi la polizia ha aperto il fuoco su un gruppo di manifestanti a Deih, città a ovest della capitale Manama, dove le autorità del Bahrein hanno posticipato l’inizio del coprifuoco di quattro ore. Intanto l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani ha denunciato gli assalti condotti dalla polizia locale in ospedali e centri medici. Sarebbero almeno sei, inoltre, i leader dell’opposizione sciita arrestati nella notte dalle forze di sicurezza con l’accusa di aver guidato le proteste di piazza contro la monarchia sunnita al governo, di aver avuto contatti con Paesi stranieri e di aver istigato all’omicidio e alla distruzione di proprietà pubbliche.

    Iraq
    Una manifestazione di grandi dimensioni, rispetto a quelle che ci sono già state nei giorni scorsi, è stata indetta per domani, al termine della preghiera del venerdì, a Kerbala, città santa della comunità sciita, in solidarietà con i manifestanti del Bahrein, anch’essi sciiti. Lo scrive il Guardian.

    Siria
    Una nuova manifestazione di carattere pacifico è stata indetta a Damasco e in altre città del Paese per domani, “venerdì della dignità”. L’annuncio è stato diffuso via facebook dalla pagina “La rivoluzione siriana contro Bashar al Assad”. Da tre giorni, inoltre, è in corso nella capitale una protesta per il rilascio di alcuni detenuti politici.

    Iran - nucleare
    Materiale sospetto, che potrebbe essere utilizzato in impianti nucleari, sarebbe stato sequestrato negli ultimi mesi dalle autorità della Corea del sud e di Singapore a bordo di cargo diretti in Iran, in piena violazione alle sanzioni Onu contro Teheran. La notizia, diffusa solo oggi, sarebbe contenuta in un rapporto diretto alle Nazioni Unite.

    Iran – carcere
    Ben 14 detenuti sono rimasti uccisi e 33 feriti nel tentativo di evasione fallito che c’è stato in un carcere vicino Teheran. Alcuni carcerati, tra i quali condannati a morte per traffico di droga, avrebbero aggredito le guardie e appiccato incendi, ma il personale è riuscito a far rientrare la situazione evitando fughe.

    Pakistan - attentati
    Almeno quattro persone sono morte oggi nelle esplosioni di due bombe nel Beluchistan, sud-ovest del Pakistan. Il primo attentato, rivendicato da un gruppo separatista di Islamabad, è avvenuto lungo una strada nel distretto di Naseerabad con un ordigno azionato a distanza; una seconda deflagrazione si è verificata nella periferia di Quetta. Due camion di rifornimenti diretti alle truppe Nato in Afghanistan, inoltre, sono stati distrutti in un incendio doloso appiccato stanotte nei pressi di Peshawar. Intanto sale a 22 il bilancio delle vittime dell’attacco aereo da parte di un drone americano che si è svolto stamattina nel nord del Waziristan, dove è stata colpita una costruzione usata come base dai talebani.

    Pakistan – contractor Usa
    Violente proteste sono scoppiate in diverse città del Pakistan dopo il rilascio dell’agente segreto americano Raymond Davis, avvenuto ieri in seguito al pagamento di un risarcimento per l’uccisione di due cittadini pakistani. Gli scontri più duri si sono verificati a Lahore, dove sono rimaste ferite una decina di persone.

    Afghanistan
    Un incendio dalle origini ancora non accertate si è sviluppato ieri nei pressi di una base militare australiana nella provincia centrale di Uruzgan, in cui sono andate distrutte 12 autobotti per il trasporto di carburante e sono morti due autisti. Intanto l’Isaf fa sapere che decine di talebani sono stati uccisi nelle diverse operazioni condotte negli ultimi due giorni nelle province di Helmand e Kunar.

    Tibet
    Il Dalai Lama ha respinto oggi ufficialmente gli appelli del Parlamento tibetano in esilio che gli chiedevano di rivedere la propria decisione - annunciata la settimana scorsa - di abbandonare la vita politica. “É la decisione migliore a lungo termine”, ha detto.

    India
    Almeno 17 persone, tra cui 9 donne, sono morte oggi in un incidente stradale avvenuto nei pressi di Maharastra, nell’India centrale, dove un autobus è precipitato da un ponte. A bordo del mezzo c’era un gruppo di fedeli indù di ritorno da un pellegrinaggio nello Stato del Madhya Pradesh. Altre quattro persone, inoltre, sono rimaste vittime, nella notte, del crollo di una palazzina a Mumbai. Ancora ignote le cause.

    Pirateria
    Un’imbarcazione indonesiana, il Sinar Kudfus, è stata catturata oggi al largo dello Yemen da un folto gruppo di pirati, che aveva tentato l’attacco senza successo anche ad un’altra nave. Intanto la nave mercantile tunisina Hannibal II, battente bandiera panamense, sequestrata da pirati somali nel novembre scorso, è stata liberata e sta facendo rotta verso il Gibuti, da dove i 32 membri dell’equipaggio saranno rimpatriati.

    Israele - nave Victoria
    È stata rilasciata oggi dalle autorità israeliane la nave Victoria, di proprietà tedesca ma battente bandiera liberiana, a bordo della quale, due giorni fa, erano state trovate armi probabilmente destinate alla Striscia di Gaza. Il rilascio è stato deciso dopo aver appurato l’estraneità dell’equipaggio al trasporto: secondo Israele le armi sequestrate provenivano dall’Iran, che ha prontamente reagito accusando lo Stato ebraico di diffondere “menzogne” nei suoi confronti.

    Italia – Lampedusa
    Seconda notte consecutiva senza sbarchi a Lampedusa, dove, però, la situazione resta critica: sono circa 2800, infatti, i migranti accolti nel Centro di prima accoglienza dell’isola, che ha una capacità di sole 850 persone, e nella Casa della fraternità gestita dalla parrocchia. Intanto domani dovrebbe diventare operativo a Mineo, nel catanese, il centro d’accoglienza per i richiedenti asilo, che vi saranno trasferiti gradualmente, mentre è atteso per sabato l’arrivo a Lampedusa di un centinaio di militari, che affiancheranno le forze dell’ordine nella gestione del flusso di immigrati. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Barbi)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 76

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