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Sommario del 16/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Messaggio del Papa per l’Unità d’Italia: la Chiesa e i cattolici hanno rafforzato l’identità nazionale
  • La riflessione del prof. Cardia sul Messaggio di Benedetto XVI per i 150 anni dell'Unità d'Italia
  • Esercizi spirituali in Vaticano dedicati alla "piccola via" di Santa Teresa di Lisieux e a Sant'Anselmo
  • Nomina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Giappone. Nuovo incendio nella centrale nucleare di Fukushima: stranieri in fuga da Tokyo
  • Le truppe di Gheddafi verso Bengasi. Il vescovo: battaglia vicina, pregate per la pace!
  • Al Consiglio di sicurezza dell’Onu una bozza di risoluzione per una "no-fly zone" in Libia
  • Rapporto Meter sulla pedofilia on line. Don Di Noto: 70mila i bambini coinvolti
  • Concerti a Roma per l'Unità d'Italia
  • Chiesa e Società

  • Caritas Giappone: paura diffusa, grande solidarietà e tanti volontari
  • Mobilitazione di Vietnam e Nepal per il Giappone; iniziativa della Chiesa birmana
  • Giappone. Centri europei trapianti midollo pronti ad aiutare le vittime delle radiazioni
  • Solidarietà alla Chiesa e al popolo del Giappone dai vescovi dell'Africa australe
  • Il Patriarca di Mosca Kirill vicino alle vittime del terremoto in Giappone
  • 47 tonnellate di aiuti dell’Unicef al confine tra Tunisia e Libia
  • Nicaragua: per l'episcopato è incostituzionale la sesta candidatura del presidente Ortega
  • Colombia: riunione a Bogotà dei segretari delle Conferenze episcopali latinoamericane
  • Pakistan: la Chiesa chiede chiarezza sul cattolico accusato di blasfemia morto in carcere
  • Indonesia: i cristiani protestano contro la nuova chiusura della Yasmin Church a Bogor
  • Malaysia: il governo sblocca le 35mila Bibbie fermate per la diatriba sul termine “Allah”
  • La Chiesa in Sud Sudan: fermare le violenze dei ribelli, frenano il processo d’indipendenza
  • Burkina Faso: la Chiesa chiede di incentivare istruzione e alfabetizzazione delle donne
  • Italia: accesso gratuito al parto e cura del neonato in 15 ospedali dell'Africa
  • Germania: il viaggio del Papa e l'ecumenismo al centro della Conferenza dei vescovi
  • Vescovi del Triveneto: la visita del Papa a maggio un'occasione per ravvivare il dono della fede
  • Celebrazioni a Roma per mons. Romero fino al 2 aprile
  • Il preposito generale dei Gesuiti annuncia cambiamenti per rispondere alle sfide della missione
  • Internet: nuova direttiva europea impone il consenso degli utenti per registrare i loro dati
  • 24 Ore nel Mondo

  • Proteste nel mondo arabo: vittime tra i manifestanti in Bahrein e Yemen
  • Il Papa e la Santa Sede



    Messaggio del Papa per l’Unità d’Italia: la Chiesa e i cattolici hanno rafforzato l’identità nazionale

    ◊   L’identità nazionale italiana è radicata nella tradizione cattolica: è quanto sottolinea Benedetto XVI in un messaggio al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione del 150.mo anniversario dell'Unità d'Italia, che ricorre domani. Il testo è stato consegnato, stamani, al presidente italiano dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, in visita al Quirinale. Nel messaggio, il Papa rammenta che, anche durante il Risorgimento, i cattolici offrirono un significativo contributo alla costruzione dell’identità italiana. E indica negli attuali rapporti tra Chiesa e Stato italiano un esempio di sana laicità. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Un’intensa e appassionata riflessione sul contributo che il cristianesimo ha dato all’identità della nazione italiana: è questa la cifra dell’ampio messaggio di Benedetto XVI al presidente Napolitano per il 150.mo dell’Unità d’Italia. Il Papa ricorda innanzitutto l’apporto offerto dalla Chiesa alla costruzione dell’identità italiana, fin dal medioevo, con l’educazione, le attività assistenziali, l’arte e l’esempio di grandi Santi quali San Francesco d’Assisi e Santa Caterina da Siena. Del resto, rileva come l’apporto della Chiesa e dei credenti prosegua anche quando parti della penisola “furono assoggettate alla sovranità di potenze straniere”. Anzi, sottolinea come, proprio grazie a tale identità, la nazione italiana “poté continuare a sussistere e ad essere consapevole di sé”. Per questo, afferma il Papa, l’unità d’Italia realizzatasi nella seconda metà dell’Ottocento rappresenta il “naturale sbocco politico di una identità nazionale forte e radicata”.

    Il Papa rivolge poi il pensiero al Risorgimento. Quest’ultimo, riconosce, “è passato come un moto contrario alla Chiesa” e al Cattolicesimo. Il Pontefice non nega “il ruolo di tradizioni di pensiero” anche marcate da venature laiciste. E tuttavia, osserva, “non si può sottacere l’apporto di pensiero – e talora di azione – dei cattolici alla formazione dello Stato unitario”. Benedetto XVI ricorda tra gli altri le figure di Gioberti, Rosmini, Manzoni e San Giovanni Bosco. Il messaggio affronta così il delicato tema della “Questione romana” e dei suoi “effetti dilaceranti nella coscienza individuale e collettiva dei cattolici italiani”, divisi tra gli opposti sentimenti di fedeltà alla nazione nascente e all’appartenenza ecclesiale. Il documento annota che, se pure vi fu conflitto tra Stato e Chiesa, in seguito al processo di unificazione, nessun conflitto si verificò nel corpo sociale, giacché la società italiana era caratterizzata da una “profonda amicizia tra comunità civile e comunità ecclesiale”. E ciò perché l’identità nazionale italiana “è fortemente radicata nelle tradizioni cattoliche”. Del resto, rammenta che in seguito al “non expedit” e dunque all’astensione dalla vita politica, i cattolici si rivolsero verso una grande assunzione di responsabilità nel sociale a beneficio di una società coesa e solidale.

    Il Papa prosegue ricordando che la vertenza apertasi tra Stato e Chiesa con la proclamazione di Roma, capitale d’Italia, è un caso tutto italiano. E che la Santa Sede, “pur reclamando la più piena libertà e la sovranità che le spetta”, ha “sempre rifiutato la possibilità di una soluzione della ‘Questione romana’, attraverso imposizioni dall’esterno”. Nota, dunque, come con la firma dei Patti Lateranensi, si apre per il papato una nuova e più feconda stagione di ministero universale. E non manca di rammentare l’apporto fondamentale dei cattolici all’elaborazione della nuova Costituzione repubblicana del 1947. Da lì, soggiunge, prende avvio “un impegno molto significativo dei cattolici italiani” nella vita politica, economica e sociale che offre “un contributo assai rilevante alla crescita del Paese”. Benedetto XVI cita così con parole commosse le “testimonianze di sangue” di Aldo Moro e Vittorio Bachelet, quale simbolo dell’ “assoluta fedeltà allo Stato e di dedizione al bene comune” da parte dei cattolici italiani. Guardando all’oggi, il Papa ribadisce il fattivo contributo della Chiesa al bene comune, in particolare intervenendo a sostegno delle persone più emarginate e alimentando il corpo sociale di quei valori morali essenziali “per la vita di una società democratica, giusta, ordinata”. Ancora, il Pontefice constata come l’Accordo di revisione del Concordato del 1984 abbia contribuito largamente “alla delineazione di quella sana laicità che denota lo Stato italiano e il suo ordinamento giuridico”. Un laicità che, come evidenzia il Concilio Vaticano II, esorta la Chiesa e la comunità politica, pur nella distinzione dei loro ambiti, a collaborare per il bene della società civile.

    La Chiesa, scrive ancora il Papa, “è consapevole non solo del contributo che essa offre alla società civile per il bene comune, ma anche di ciò che riceve dalla società civile”. Riconosce infine che la nazione italiana “ha sempre avvertito l’onore, ma al tempo stesso il singolare privilegio dato dalla situazione peculiare” per cui la Sede del Successore di Pietro si trova a Roma, in Italia. Conclude, dunque, benedicendo il popolo italiano e ringraziando lo Stato per la preziosa collaborazione che continua ad offrire alla Santa Sede.

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    La riflessione del prof. Cardia sul Messaggio di Benedetto XVI per i 150 anni dell'Unità d'Italia

    ◊   Per un commento sul Messaggio del Papa a Napolitano per i 150 anni dell’Unità d’Italia, Sergio Centofanti ha intervistato il prof. Carlo Cardia, docente di diritto ecclesiastico all’Università Roma Tre:

    R. – A me è sembrato, nel leggerlo, quasi un affresco di “storia patria” o di storia nazionale. Infatti, Benedetto XVI si richiama all’essere Nazione dell’Italia, all’essere Nazione che si è costruito nei secoli. E un aspetto molto bello è che lui richiama i diversi apporti, culturali, religiosi, di cultura giuridica, di cultura artistica … cioè un respiro storico molto ampio che dà fondamento alla Nazione che “poi” si fa Stato. Questo, forse, da parte di un Pontefice è l’aspetto più bello che viene per noi italiani: nel farci sentire questo sentimento nazionale più profondo, radicato non solo in un singolo momento storico importante – il Risorgimento – al quale il Papa dedica parole molto belle, ma anche di una Nazione che è il frutto di una coralità di voci, di esperienze e di sentimenti.

    D. – Il Papa ha sottolineato come il cristianesimo abbia contribuito in modo fondamentale alla formazione di una identità nazionale …

    R. – Il cristianesimo ha contribuito all’identità nazionale e io direi anche alla polifonia di questa identità. Il cristianesimo ha posto quelle radici di civiltà che conosciamo tutti e che, diciamo la verità, non riguardano solo l’Italia: riguardano l’Europa, l’Occidente e tante altre parti del mondo. Però, per l’Italia vi è stata questa identità che si è mantenuta solida nel tempo, nei secoli e questo è un elemento caratteristico nostro. E’ passato il Medio Evo, è passato il Rinascimento, è passato l’Ottocento, sempre animati da un cristianesimo che ha vissuto anche dei conflitti: questo bisogna dirlo con franchezza, ma la storia è anche conflitto. Quindi, ha ricordato questo aspetto del cristianesimo che ha animato e che anima la polifonia della Nazione italiana.

    D. – Ci sono state parole interessanti sul Risorgimento …

    R. – Ci sono state parole interessanti sul Risorgimento, sa da quale punto di vista? Della piena legittimità della Nazione italiana a farsi Stato. E il Papa ha ricordato che il dissenso di Pio IX non riguardava lo Stato che si faceva unitario in sé, ma le modalità, anche per motivi storici: più di mille anni, millecinquecento anni di presenza del Papato creavano momenti di conflitto. La classe dirigente liberale, in alcuni aspetti, è stata aspra. Però, ecco, tutto questo non portava a negare lo Stato unitario in sé, ma il modo in cui non si erano risolti determinati problemi.

    D. – E ha ricordato il contributo degli stessi cattolici al Risorgimento …

    R. – Guardi, il Risorgimento ha avuto due anime: quella liberale e quella – come si chiamava – “neoguelfa”, ovvero quella cattolica. Da lì sono partiti poi altri filoni: quello mazziniano, quello repubblicano, quello liberale-radicale. Ma quello cattolico non è mai venuto meno! Poi si è espresso – come ricorda il Papa – anche a livello delle più grandi personalità del mondo artistico e culturale. L’Italia è indissociabile dalla sua cultura!

    D. – C’è stato poi un riferimento anche alla partecipazione dei cattolici all’elaborazione della Costituzione repubblicana del 1947 …

    R. – Qui il discorso è anche più ampio, perché il Papa dice che anche nel conflitto risorgimentale dell’Ottocento, i cattolici non hanno mai smesso di agire per l’unità, per la coesione sociale. Lui ricorda, ad un certo punto, che le più grandi organizzazioni a livello associativo – le prime! – sono state quelle cattoliche, anche se in quel momento in uno spirito di polemica. Dopo, questo potenziale cattolico si è espresso al massimo livello nel mantenimento dell’autonomia nei confronti del regime e poi nella Costituzione e nella direzione dello Stato democratico.

    D. – Che dire dei rapporti odierni tra Stato e Chiesa?

    R. – Noi siamo un Paese che abbiamo mille qualità, ma qualche difettuccio ce l’abbiamo … Fra questi difettucci io metterei quello di tenere alta una polemica che non ha più ragione storica essenziale. Oggi si parla di attriti tra Stato e Chiesa, tra cultura cattolica e cultura laica … Se noi scremiamo gli aspetti polemici che ci sono un po’ connaturati, noi vediamo che non c’è stata – forse – fase storica in cui le relazioni istituzionali, giuridiche e sociali tra Stato e Chiesa sono forse al massimo livello. Non c’è forse Paese in cui esista questa armonia, che fra l’altro si esprime anche in un rapporto molto bello tra il presidente della Repubblica e il Pontefice: un rapporto molto stretto, che si è manifestato in tanti modi; non ultimo l’invio di questo messaggio del Papa per i 150 anni dell’Unità, che io penso possa fare piacere un po’ a tutti … (gf)

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    Esercizi spirituali in Vaticano dedicati alla "piccola via" di Santa Teresa di Lisieux e a Sant'Anselmo

    ◊   Quarta giornata di Esercizi spirituali, in Vaticano, per il Papa e la Curia Romana. Le prime due meditazioni, proposte oggi dal padre carmelitano scalzo Francois-Marie Lethél, sono dedicate a Santa Teresa di Lisieux: “La sua nuova scoperta della Misericordia Infinita e dell’Amore Misericordioso, fonte di una speranza senza limiti. La «piccola via di fiducia e di amore», cammino sicuro di santità per tutti”; e poi “La passione di Teresa vissuta con Maria nella kenosi della fede (cf Redemptoris Mater, n. 18) per la salvezza di tutti i suoi fratelli atei del mondo moderno. La scoperta del «Cuore della Chiesa»”. Chiude la giornata una meditazione su Sant’Anselmo d’Aosta, Dottore della “scientia fidei come theologia Crucis”.

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    Nomina

    ◊   Benedetto XVI ha nominato vescovo ausiliare della diocesi di San Jose in California (Usa) il rev. Thomas A. Daly, del clero dell’arcidiocesi di San Francisco, finora direttore delle vocazioni sacerdotali e presidente della Marin Catholic High School a Kentfield, assegnandogli la sede titolare vescovile di Tabalta. Il rev. Thomas A. Daly è nato a San Francisco, nell’arcidiocesi omonima, il 30 aprile 1960. Ha ottenuto il B.A. presso l’University of San Francisco a San Francisco. Ha compiuto gli studi ecclesiastici presso il St. Patrick Seminary a Menlo Park. Successivamente, ha ottenuto un Masters in Educazione presso il Boston College (Massachusetts). È stato ordinato sacerdote il 9 maggio 1987 per l’arcidiocesi di San Francisco. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto i seguenti incarichi pastorali: vicario parrocchiale dell’Our Lady of Loreto Parish a Novato (1987-1992); insegnante e cappellano della Marin Catholic High School a Kentfield (1992-2003); vicario parrocchiale della St. Cecilia Parish (1995-1999) e cappellano a mezzo tempo del San Francisco Police Department (1995-2003). Dal 2002 è direttore delle vocazioni sacerdotali e dal 2003 è anche presidente della Marin Catholic High School. Inoltre, è consultore e membro del Consiglio presbiterale.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nel messaggio per il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia, il Papa ricorda il contributo fondamentale del cristianesimo e della Chiesa cattolica.

    In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo “Una storia per l'unità”.

    Nel servizio internazionale, in rilievo il Giappone: la centrale di Fukushima continua a far paura. L’imperatore Akihito chiede al Paese di mostrare coesione e compassione.

    E i cattolici diventarono i difensori dell’unità: Silvia Guidi intervista Ernesto Galli della Loggia sull’identità italiana.

    L’arte nelle capitali d’Italia: Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, presenta la mostra alle Scuderie Juvarriane della Reggia di Venaria a Torino.

    La patria perduta del Nabucco: Marcello Filotei sull’opera verdiana.

    Cristiani controcorrente per il bene dell’Irlanda: l’intervento dell’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin.

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    Oggi in Primo Piano



    Giappone. Nuovo incendio nella centrale nucleare di Fukushima: stranieri in fuga da Tokyo

    ◊   La crisi nucleare continua a sconvolgere il Giappone: nella centrale di Fukushima le squadre addette alla messa in sicurezza della centrale sono tornate al lavoro nonostante gli altissimi rischi per la salute. Ma nuove esplosioni continuano ad alimentare la nube radioattiva che si disperde nell’ambiente. Questa mattina è scoppiato un altro incendio, il quarto da quando l’impianto è stato gravemente danneggiato dalla scossa. Il servizio di Amedeo Lomonaco:La crisi nucleare continua a sconvolgere il Giappone: nella centrale di Fukushima le squadre addette alla messa in sicurezza della centrale sono tornate al lavoro nonostante gli altissimi rischi per la salute. Ma nuove esplosioni continuano ad alimentare la nube radioattiva che si disperde nell’ambiente. Questa mattina è scoppiato un altro incendio, il quarto da quando l’impianto è stato gravemente danneggiato dalla scossa. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Le fiamme si sono spente spontaneamente ma poco dopo si è levata una colonna di fumo. Un elicottero militare si è subito alzato in volo per versare acqua sul reattore ma ha dovuto sospendere l’operazione di raffreddamento a causa dell’elevato livello di radioattività. Sempre nella centrale di Fukushima, potrebbe non essere più integra la capsula di contenimento di un altro reattore. Il governo nipponico ha annunciato che oltre i 30 km dalla centrale non c’è un “immediato rischio per la salute”. Ma i livelli di radioattività sono alti anche a Tokyo, ad oltre 230 chilometri dalla centrale, dove sono stati superati di dieci volte i valori normali. Suscitano preoccupazione anche le previsioni meteorologiche. Il vento dovrebbe soffiare nelle prossime ore proprio verso la capitale, dove l’agglomerato urbano conta 30 milioni di abitanti. L’imperatore Akihito, in un messaggio trasmesso in televisione, si è detto “profondamente preoccupato”. Per scongiurare il rischio di un disastro ancora più grave, il governo giapponese ha chiesto aiuto all’esercito statunitense e tre navi militari americane sono in rotta verso la costa orientale del Giappone.

    Ma non è solo l’emergenza nucleare a spaventare la popolazione: nuove forti scosse di assestamento hanno colpito, in particolare, la zona a sud e ad est di Tokyo. E in città scarseggiano, ormai, cibo e generi di prima necessità. In questo scenario, dove le informazioni date dai media locali alternano dichiarazioni rassicuranti ad altre allarmanti, si aggrava di ora in ora il bilancio del disastro. Secondo gli ultimi dati, ancora provvisori e resi noti dal dipartimento di polizia, i morti e i dispersi sono almeno 12 mila. Il maggior numero di vittime è stato provocato dallo tsunami seguito al violento sisma di magnitudo 9 della scala Richter. Tutti gli esperti ribadiscono che un simile terremoto non era prevedibile. Sarebbe invece stato sottovalutato il rischio di un disastro nucleare.

    Secondo il sito Wikileaks, già nel 2008 un funzionario dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica aveva riferito al governo giapponese che le norme di sicurezza delle centrali nipponiche erano obsolete e che un violento sisma avrebbe posto “problemi seri” agli impianti. Nel documento, riportato oggi dal Telegraph, si afferma anche che le autorità giapponesi si sono opposte alla sentenza emessa da una Corte che chiedeva di chiudere una centrale perché ritenuta insicura in caso di sisma. Per garantire elevati livelli di sicurezza, intanto, la Commissione Europea ha deciso di effettuare dei test sulle 153 centrali nucleari presenti in 14 dei 27 Paesi dell’Unione Europea. La Germania chiude temporaneamente sette reattori, la Russia ordina controlli nel settore dell'energia atomica, la Francia prevede un'imminente “riunione di crisi”, mentre l’Italia continua a sostenere il piano per la realizzazione di impianti nucleari. Da segnalare infine che l’economia giapponese, nonostante l’incubo nucleare, mostra segnali di ripresa. L’indice Nikkei ha chiuso oggi con un +5,68%. L’incremento è dovuto alle misure straordinarie decise dal governo: la Banca centrale giapponese ha immesso altri 43 miliardi di dollari nel mercato proprio per attenuare l’impatto del disastro.

    Sulla situazione nella capitale giapponese ascoltiamo, al microfono di Sergio Centofanti, la testimonianza di Antonio Sgrò, tra gli ultimi cittadini italiani che ancora si trovano a Tokyo:

    R. - C’è una situazione che, da un punto di vista di comunicazione prodotta dalle autorità giapponesi, direi stabile: nel senso che c’è una grande calma e non c’è nessuna richiesta di evacuazione, non c’è nessuna richiesta d’allerta. E’ opposta, invece, la reazione e la comunicazione inviata da tutte le ambasciate straniere ai propri cittadini, giustamente: nell’escalation della pericolosità delle centrali nucleari, evidentemente, la maggior parte dei cittadini stranieri sono scappati, sono andati via. C’è stata la consapevolezza crescente, negli ultimi giorni, che la situazione possa a questo punto rappresentare veramente un alto rischio per tutti. Questa è una situazione anomala, che porta i giapponesi a starsene tranquilli, a starsene a Tokyo come se nulla fosse, mentre porta gli stranieri a scappare via. Per quanto riguarda le anomalie, posso dire che non si trovano pile, non si trovano torce, ci sono file lunghissime ai distributori di benzina. C’è un traffico inesistente…

    D. - Come vedi le prospettive adesso?

    R. - Al di là della direzione dei venti che può portare, più o meno, scorie radioattive su una città piuttosto che su un’altra, al di là delle scosse che continuano ancora e che sono molto forti - ne abbiamo una o due al giorno con intensità intorno ai 6° e quindi continuano ad essere molto forti - se io dovessi darti il mio parere, ti direi che prima si va via dal Paese e meglio è, evidentemente; prima si va via da Tokyo e ancora meglio è. Da lì a dire che fra una settimana saremo tutti contaminati o cosa succederà tra un mese, chi lo sa: ci sono questi esperti che adesso sono al lavoro. E’ chiaro che i messaggi non sono positivi. (mg)

    Le sostanze radioattive fuoriuscite dalla centrale nucleare giapponese di Fukushima potrebbero contaminare acqua e cibo. Secondo gli esperti, l’esposizione a materiale radioattivo può provocare vari tipi di malattie. Sui danni alla salute che può provocare una radioattività così alta, Salvatore Sabatino ha intervistato Umberto Tirelli, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell'Istituto Nazionale Tumori di Aviano, in provincia di Pordenone:

    R. - Per quanto riguarda i danni acuti, che sono immediati, coinvolgono il midollo osseo, la pelle, l’intestino, i polmoni, gli organi riproduttivi: tutti gli organi, cioè, che hanno una più rapida proliferazione cellulare sono quelli che sono maggiormente interessati. Tutto questo dipende sia dal dosaggio, sia dalla durata dell’esposizione. Per quanto riguarda, invece, i danni cronici, che possono verificarsi mesi ed anni dopo, sono soprattutto a livello di tumori: in particolare leucemie, linfomi, ma anche tumori della tiroide. Per quanto riguarda la tiroide, il motivo per cui si dà lo iodio come misura preventiva è per far sì che la tiroide stessa - bloccata dallo iodio che somministriamo - non riceva lo iodio radioattivo, che è quello che potrebbe essere rilasciato dalla nube tossica, qualora ci fosse.

    D. - E’ vero che sono i bambini i soggetti più a rischio?

    R. - Certo, perché hanno tutti i tessuti molto più attivi e proliferanti rispetto agli anziani o agli adulti in generale.

    D. - Si riesce a fare una media: dopo quanti anni si assiste al picco dei tumori?

    R. - Anche qui dipende: se guardiamo Hiroshima e Nagasaki o se guardiamo Chernobyl, sono situazioni completamente diverse, perché i dosaggi stessi e le esposizioni sono stati diversi. Per quanto riguarda Chernobyl, a esempio, gli unici tumori che sono aumentati significativamente sono stati quelli alla tiroide e questo a distanza di cinque, dieci, vent’anni.

    D - Ci sono pericoli anche in Europa, nonostante le distanze?

    R. - Dipende dalla nube eventuale che gira per il mondo, se gira e dove va. E’ impossibile dirlo in questo momento. Certo è che se si verificano altre scosse del genere ed altri tsunami, si capisce che la cosa sarebbe diversa. Per cui è un po’ difficile fare delle previsioni. (mg)

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    Le truppe di Gheddafi verso Bengasi. Il vescovo: battaglia vicina, pregate per la pace!

    ◊   In Libia, si profila sempre di più un ribaltamento delle posizioni tra esercito di Tripoli e insorti. Prosegue l’avanzata delle truppe di Gheddafi, che si trovano vicine a Bengasi, roccaforte dei ribelli. Di fronte a questo mutamento radicale dello scenario bellico, ieri a Parigi i ministri degli Esteri del G8 hanno rinviato al Consiglio di sicurezza dell’Onu la decisione sull’istituzione di una possibile “zona di non volo” sulla Libia. Il servizio di Marco Guerra:

    Le forze pro-Gheddafi sono vicine a Bengasi e “tutto sarà finito in 48 ore”. Lo ha detto questa mattina il figlio del rais, Saif al Islam, mentre le forze di Tripoli, guidate da Khamis, un altro figlio del colonnello, entravano nella periferia di Misurata, terzo centro del Paese ed ultimo bastione dei ribelli nella parte occidentale del Paese. Poche ore prima, a Tripoli si era festeggiato per la caduta di Ajdibiya, città cruciale per il successo della controffensiva verso est. Gli insorti e alcuni media arabi parlano però di una avanzata ancora lontana dal concludersi. Secondo 'Al-Jazeera' le milizie fedeli al regime non sono ancora entrate nel centro di Misurata, che sarebbe sottoposto ad un duro bombardamento che ha già ucciso almeno 5 persone. La tv araba riferisce di combattimenti in corso anche a Ajdibiya. Qui il bilancio è più pesante: da ieri, si contano 25 morti e 70 feriti. Il fronte è comunque arrivato a soli 200 chilometri da Bengasi. La periferia della roccaforte degli insorti è già stata colpita da alcuni raid aerei e i vertici dell’esercito regolare di Tripoli hanno intimato alla popolazione di deporre le armi prima dell’offensiva finale. Ma la rabbia dei rivoltosi oggi si rivolge soprattutto verso le esitazioni delle potenze occidentali che ieri al G8 hanno deciso di rimettere nelle mani dell’Onu ogni decisione su un eventuale intervento militare. E sul tavolo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che si riunirà oggi New York, è già arrivata la proposta sostenuta dalla Lega Araba. Il progetto illustrato dal rappresentante permanente del Libano Nawaf Salam prevede l’istituzione di una no-fly zone, oltre a nuove sanzioni contro il regime libico. Sulla stessa linea sembra schierarsi la Francia che con il suo ministro degli Esteri fa sapere che molti Paesi arabi sono pronti a un intervento militare per fermare le truppe del colonnello.

    In Libia sembra quindi inevitabile lo scontro aperto tra le forze governative e quelle dell’opposizione. Dopo la battaglia di Ajdibiya, sembra ormai imminente l’attacco contro Bengasi, roccaforte degli insorti. La televisione di Stato ha trasmesso un messaggio rivolto alla popolazione precisando che “non ci sarà alcuna vendetta contro i civili”. La comunità cattolica vive questa drammatica situazione nella preghiera. Ecco la testimonianza del vescovo di Bengasi, mons. Sylvester Carmel Magro, intervistato da Amedeo Lomonaco:

    R. – Quando si sente la guerra così vicina, si prova anche molta apprensione e preoccupazione. Viviamo con la speranza e nella preghiera; tutti noi, le religiose e i sacerdoti, contiamo molto sulla preghiera: questo è il nostro rifugio e la nostra speranza. Finora la situazione nella città è normale: le strade sono piene di macchine, come accade normalmente, in tempo di pace. Non ci sono in giro soldati né armamenti, ad eccezione di alcune aree sulla spiaggia.

    D. – In questo momento così difficile, quale è il suo appello?

    R. – Noi chiediamo che tutti preghino per la pace, perché è il dono più grande che possano farci. Perché veramente, senza la pace ci si sente smarriti, mentre con la pace e con la preghiera – che ci aspettiamo da tutti – ci viene il soccorso dall’Alto: questa è la nostra fiducia. Ogni giorno abbiamo l’adorazione eucaristica, la recita del Rosario, naturalmente la Santa Messa; i cristiani – quei pochi che sono rimasti – vengono alla Messa, malgrado le difficoltà … Per questo, ci sentiamo vicini gli uni agli altri mediante la presenza di Dio e di Cristo sofferente, specialmente in questo tempo di Quaresima, che quotidianamente ci dà molto coraggio e grande consolazione.

    D. – Se le truppe del colonnello Gheddafi dovessero riprendere il controllo di Bengasi, come pensa che si possa poi reimpostare il futuro, dopo tutto quello che è accaduto in Libia e in particolare a Bengasi?

    R. – E’ una domanda difficile, perché non possiamo sapere cosa succederà. Non siamo in grado di prevedere niente, perché la situazione è molto fluida.

    D. – Da parte della Chiesa l’auspicio è che la situazione sul piano politico e sociale possa trovare comunque un momento di riconciliazione e di dialogo…

    R. – La Chiesa continua ad operare con la sua presenza, specialmente qui a Bengasi: abbiamo tante suore che lavorano negli ospedali con i malati. Eroicamente, tutti insieme rimaniamo qui, al nostro posto di lavoro con i sofferenti. Questo è un grande segno di solidarietà, soprattutto in questi tempi difficili in cui tantissimi lavoratori sono fuggiti dal Paese. La nostra presenza è di incoraggiamento spirituale ma anche psicologico, di sostegno anche ai locali che ammirano la decisione che abbiamo preso: quella di non abbandonare il nostro ruolo di messaggeri di pace e anche di soccorso tramite le suore infermiere che lavorano negli ospedali della città.

    D. – Questa vostra presenza è davvero importante. Come già ha detto, sembra che a Bengasi si stia avvicinando la guerra. Nonostante questo, la Chiesa continua ad accompagnare la popolazione locale. Questa presenza verrà sempre assicurata?

    R. – Sì, al limite del possibile noi rimarremo qui per questa vocazione che ci viene dal Signore e per la quale noi sentiamo che bisogna stare e rimanere nel posto che la Provvidenza ci ha assegnato.

    D. – Sentite l’affetto della popolazione?

    R. – Sì, specialmente dopo aver visto che noi siamo rimasti: è stato per loro un grande sollievo. Anche i direttori degli ospedali hanno manifestato grande apprezzamento per questo gesto e per questa decisione, vorrei dire, quasi eroica: rimanere nonostante la paura che ciascuno di noi sente. E’ un segno, una testimonianza veramente di valore, una testimonianza cristiana.

    D. – Quale è adesso la vostra speranza?

    R. – La nostra speranza è che questo ciclone finisca al più presto per il bene di tutti. Questa è la nostra preghiera, la nostra speranza perché – come diceva Papa Pio XII – “nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra!”. Questa è la nostra preghiera quotidiana alla quale chiediamo che si uniscano tutte le anime che ascoltano il nostro appello tramite la Radio Vaticana. (gf)

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    Al Consiglio di sicurezza dell’Onu una bozza di risoluzione per una "no-fly zone" in Libia

    ◊   La comunità internazionale sta vagliando se adottare una qualche decisione sull’intervento in Libia. In particolare il Consiglio di sicurezza dell’Onu esaminerà una bozza di risoluzione per un'eventuale istituzione di una "no-fly zone". Quali i motivi di questa attesa? Francesca Baronio lo ha chiesto a Marina Ottaway, analista della Carnegie di Washington, esperta di Medio Oriente, Africa e movimenti islamisti:

    R. - Perché nessuno vuole affrontare un’altra guerra in un Paese arabo. C’è molta simpatia per la posizione dei ribelli, ma l’idea di mandare ancora sia aerei sia, soprattutto, una forza terrestre, in questo momento viene rifiutata da tutti. C’è un desiderio di un intervento umanitario, ma non credo che l’idea prevalga per il Dipartimento di Stato e la Casa Bianca e, a giudicare da quello che sta succedendo, direi senz’altro non in Europa.

    D. - In cosa, la rivolta libica si differenzia da quella tunisina e da quella egiziana?

    R. - E’ partita nello stesso modo: la folla nelle strade delle città che chiede i suoi diritti … Purtroppo, siccome una parte delle truppe di Gheddafi sono passate dalla parte dell’opposizione si è trasformata in una guerra: neanche una guerriglia, ma proprio una guerra con i carri armati, con gli armamenti pesanti. E in questa guerra, i ribelli perdono senz’altro, perché Gheddafi è armato molto meglio e ha forze molto maggiori.

    D. - Che tipo di previsioni si possono fare? Che cosa può succedere, che scenari ci dobbiamo aspettare?

    R. - Ci sono due scenari, secondo me: uno è che Gheddafi poco alla volta riesca a riconquistare Bengasi e l’altro è che il Paese si divida in due parti. Non so se ora Gheddafi abbia ancora abbastanza truppe e abbia un esercito che resti abbastanza unito per riuscire a rioccupare Bengasi. Bengasi non è uno di quei paesini sulla costa che sono stati recentemente riconquistati da Gheddafi, e non so se di fronte a un attacco molto importante, quello che resta dell’esercito di Gheddafi rimarrà unito o se ci potranno essere altre unità a passare dalla parte dei ribelli.

    D. - Qual è il ruolo dell’Italia?

    R. - Il ruolo dell’Italia è stato importante in passato, nel senso che l’Italia negli ultimi anni ha avuto una relazione più stretta con Gheddafi. A questo punto l’Italia da sola non può fare niente: non è l’Italia che può intervenire, né dalla parte di Gheddafi, né dalla parte dei ribelli. Direi che a questo punto la questione è diventata troppo ampia perché un solo Paese possa avere un’influenza importante. Può darsi che, come rappresaglia contro l’Europa, Gheddafi decida di facilitare il transito di africani attraverso la Libia verso l’Europa: questo non è impossibile. Direi che l’emigrazione dalla Tunisia resterà quella che era prima, perché la situazione economica non migliora da un momento all’altro, e a breve scadenza continuerà a peggiorare perché ci vorrà un po’ prima che ricominci il turismo verso la Tunisia. (bf)

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    Rapporto Meter sulla pedofilia on line. Don Di Noto: 70mila i bambini coinvolti

    ◊   Sono 13.766 i siti web con contenuto pedofilo denunciati nel 2010 dall’associazione Meter, con un aumento del 100% rispetto all’anno precedente. Lo rende noto il fondatore di Meter, don Fortunato Di Noto che oggi ha presentato il Rapporto 2010 sulla pedofilia e pedopornografia online. La conferenza stampa presso la nostra emittente. A seguirla per noi Debora Donnini.

    I dati dell’orrore parlano del coinvolgimento di quasi 70mila bambini che Meter ha contato durante il monitoraggio di Internet e nella segnalazione dei siti pedopornografici. Hanno un’età compresa fra 0-12 anni. L’infantofilia è, infatti, un fenomeno sempre più diffuso, mette in evidenza don di Noto che si sofferma anche sull’operazione antipedofilia scattato stamani in 13 Paesi che ha portato all’arresto di oltre 100 persone. L’indagine è partita dalla polizia postale di Catania. Sentiamo lo stesso don Fortunato Di Noto:

    R. - Nasce da una nostra segnalazione del 2007: avevamo scoperto un sito, ma anche dei dialoghi di ideologi, che rivendicavano il loro diritto ad avere relazioni sessuali. Oggi c’è la conferma, dopo quattro anni di indagini della polizia postale di Catania e dell’Europol, di quello che dicevamo tempo fa delle lobby pedofile e culturali: che fossero una realtà oscura, ma una realtà che è possibile sconfiggere.

    D. – Chi sono queste lobby culturali che vorrebbero rendere la pedofilia normale?

    R. – Tantissimi soggetti: dai soggetti dell’intellighenzia culturale europea e non solo ai soggetti semplici, che promuovono la pedofilia attraverso dei siti, quindi attraverso l’orgoglio pedofilo, attraverso il Fronte liberazione pedofili in Italia e all’estero.

    Il 57% delle pagine web di pedofilia si trovano in Paesi europei, seguiti dall’America con il 38% e dagli altri continenti. Per l’Africa il 100% dei domini è registrato in Libia. Su Internet i pedofili normalmente operano su siti con domini generici come “.com” o “.net”. Scendono le segnalazioni da social network da 851 a 315. Da segnalare anche che nel 2008 Meter ha avviato una cooperazione con la polizia postale italiana per il monitoraggio della rete. Importante la risposta dell’associazione per contrastare il fenomeno. Al numero verde 800.455.270 sono giunte dal 2002 al 2010 oltre 21mila chiamate e il Centro di Ascolto e prima accoglienza ha seguito 862 casi. Ma Meter, spiega il Rapporto, promuove anche convegni, incontra gli studenti nelle scuole e si impegna per promuovere incontri nelle diocesi italiane. Alla conferenza stampa era presente anche il direttore della Sala Stampa vaticana e della nostra emittente, padre Federico Lombardi che ha espresso gratitudine e incoraggiamento verso il lavoro svolto da Meter.

    “Noi sappiamo quanto tutta la questione degli abusi sessuali, nei confronti dei minori, sia stata dibattuta in questi anni, quanto anche la Chiesa ne sia coinvolta per i motivi che sappiamo. L’attività di Meter è, in concreto, la dimostrazione che la Chiesa è coinvolta per lottare contro gli abusi sessuali dei minori, a tutto campo, anche nelle forme nuove che questo terribile dramma prende nella nostra società”.

    L’impegno significativo di Meter sarà evidente anche nella Giornata nazionale dei bambini vittime della violenza, dello sfruttamento e dell’indifferenza dal 25 aprile alla prima domenica di maggio: un appuntamento per combattere la pedofilia ma anche ridare speranza a chi vive e ha vissuto questo dramma.(ap)

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    Concerti a Roma per l'Unità d'Italia

    ◊   La Notte Tricolore di Roma ricorda il Risorgimento attraverso la musica: impegnate le maggiori istituzioni della Capitale, l’Accademia Filarmonica Romana alla Chiesa Nuova con un concerto di Musica sacra risorgimentale, il Teatro dell’Opera a San’Andrea al Quirinale con musiche scelte per il loro sentimento patriottico e l’Accademia di Santa Cecilia in Piazza del Quirinale e del Campidoglio con Verdi, Beethoven, Rossini e le voci bianche all’Altare della Patria per l’esecuzione dell’Inno d’Italia. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Riccardo Muti lo definisce “la preghiera dolorosa di un popolo smarrito”: il verdiano "Va’ pensiero" fin dal suo apparire ha incarnato gli ideali risorgimentali, l’anelito a una patria unita e libera, la presa di coscienza di una identità nazionale. Alla musica, dunque, questa sera il compito di ricordare e attualizzare questi concetti, questi pensieri, questi ricordi. Abbiamo chiesto ai responsabili delle Istituzioni impegnate perché, secondo loro, la musica in Italia ha giocato un ruolo di primo piano nella costruzione e difesa dell’idea di patria e di una identità culturale condivisa. Risponde Sandro Cappelletto, Direttore Artistico della Filarmonica Romana.

    “Vorrei iniziare, riprendendo la famosa definizione di Fedele D’Amico: nell’Ottocento il melodramma è stato il solo fatto socialmente unitario del nostro Paese; si cantava italiano ovunque, da Palermo a Trieste; c’erano oltre mille teatri attivi; il teatro musicale era lo spettacolo più frequentato, non soltanto dall’aristocrazia, ma dalla borghesia e da alcuni ceti popolari, in un’Italia in cui il livello di analfabetismo era altissimo; nei teatri d’opera si veicola una forte emozione unitaria, di identità nazionale, di voglia di libertà e di indipendenza”.

    Ecco il parere di Bruno Cagli, presidente dell’Accademia di Santa Cecilia:

    “Come io ribadisco sempre, l’unità d’Italia è esistita prima nella musica che nella politica e nei confini, se noi pensiamo a ciò che in maniera compatta le grandi città, i centri musicali, hanno dato al mondo e si sono scambiate: Venezia, Napoli, Milano - per citarne tre - e Bologna al centro. Un pesarese che domina tutta l’Europa come Rossini, un bergamasco che diventa un grande compositore napoletano: questa era l’unità d’Italia! Anche la lingua italiana, nella sua alta espressione, deriva dai libretti d’opera e a sua volta deriva dal Tasso, che è il grande maestro di tutta la lingua melodrammatica successiva”.

    Infine Alessio Vlad, direttore Artistico del Teatro dell’Opera di Roma:

    “Ogni Paese ha un suo patrimonio da salvaguardare: l’Italia, soprattutto nell’Ottocento, si è identificata con l’opera lirica. L’opera lirica ha rappresentato un veicolo trainante per quanto riguarda la lingua e, quindi, ne consegue, la cultura. Oggi si tende a perdere o non riconoscere i valori di una tradizione”. (ap)

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    Chiesa e Società



    Caritas Giappone: paura diffusa, grande solidarietà e tanti volontari

    ◊   La popolazione reagisce con “grande compostezza e dignità, ma anche grande solidarietà, sia pur in una comprensibile situazione di paura diffusa”. Così il direttore di Caritas Giappone, padre Dasuke Narui sintetizza il comportamento del popolo giapponese. Le dimensioni della catastrofe che ha colpito il Paese sono sempre più preoccupanti, la terra non smette di tremare e cresce il timore per le conseguenze dei danni agli impianti nucleari. Caritas Giappone e la Chiesa, attraverso le 4 diocesi, le numerose parrocchie, i volontari e lo staff stanno contribuendo in maniera coordinata allo sforzo che a livello nazionale si sta facendo per fornire gli aiuti alla popolazione. Confortante è la disponibilità di moltissimi volontari, soprattutto giovani, che da tutte le diocesi chiedono di poter andare nelle zone più colpite per rendersi utili. Lì il problema principale è la mancanza di cibo e di carburante. Chi riesce ad allontanarsi si sposta principalmente verso sud. Caritas Giappone ha messo a disposizione le proprie strutture e si sta coordinando col governo per assistere i casi più bisognosi, in particolare le persone anziane, disabili e le famiglie con bambini piccoli. Oggi a Sendai si è svolto un incontro di tutti i vescovi, con la partecipazione del presidente di Caritas Giappone mons. Isao Kikuchi e di padre Narui, per condividere un piano globale di aiuti come Chiesa cattolica. Caritas italiana, dopo aver messo a disposizione un primo contributo di centomila euro, si tiene in costante collegamento con Caritas Giappone e con la rete internazionale attraverso aggiornamenti e teleconferenze per coordinare gli interventi, analizzare i bisogni di tutta l’area colpita dal terremoto e dallo tsunami, cercare di raggiungere anche le zone più lontane e inaccessibili. Innumerevoli i messaggi di vicinanza e gli aiuti offerti dalle Caritas di tutto il mondo. In particolare va segnalata la mobilitazione delle Caritas dei Paesi asiatici colpiti dallo tsunami del 2004 o da successive emergenze, che hanno sempre ricevuto anche il sostegno di Caritas Giappone. In costante coordinamento con le altre realtà presenti sul terreno, Caritas Giappone ha confermato che pur essendo già attiva in questa fase di emergenza, si concentrerà in particolare nelle fasi di riabilitazione e sviluppo, nel medio e lungo periodo, con grande attenzione anche al sostegno psicologico. (R.P.)

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    Mobilitazione di Vietnam e Nepal per il Giappone; iniziativa della Chiesa birmana

    ◊   Continua la gara di solidarietà della comunità internazionale dopo il terribile terremoto, seguito da un devastante tsunami, che ha colpito il nord-est del Giappone. Tra i tanti Paesi, anche Vietnam e Nepal si sono attivati per sostenere il Giappone ferito. Il governo vietnamita – riferisce l’agenzia AsiaNews - ha deciso lo stanziamento di 200mila dollari in aiuti, mentre dal Nepal sono partiti 15 membri delle forze speciali di esercito e polizia oltre a spedizioni di viveri, coperte, beni di prima necessità, medicinali e personale per assistere le squadre di soccorso giapponesi,
    già presenti nell’area. Attualmente, sono oltre 3mila gli studenti vietnamiti che studiano in Giappone e circa 300 tra sacerdoti, religiosi e suore che svolgono attività missionaria nel Paese. Al momento – ha riferito Nguyễn Phú Bình, ambasciatore a Tokyo - non ci sarebbero vietnamiti tra le persone colpite dal disastro. Diversa, invece, la situazione per il Nepal. Nel Paese si prega per le vittime dello tsunami e per i circa 30 migranti nepalesi dispersi nella catastrofe che ha messo in ginocchio il Giappone. Intanto, il governo si è mobilitato per inviare aiuti nella città di Sendai. Parlando dei nepalesi dispersi, Bhusan Ghimire, cattolico e corrispondente da Tokyo per il Nepali Weekly, sottolinea che “a tutt’oggi è difficile avere notizie sulla loro indentità e sulle loro condizioni”. “Nelle aree più colpite è impossibile comunicare – aggiunge – e secondo i media locali quattro ristoranti gestiti da nepalesi sono stati spazzati dallo tsunami nella prefettura di Miyagi”. Intanto, anche il popolo birmano, provato dal dramma del ciclone Nargis nel 2008, intende dimostrare vicinanza e solidarietà alle popolazioni giapponesi. La Chiesa cattolica in Myanmar – riferisce l’agenzia Fides – ha indetto per domenica prossima una Giornata speciale dedicata alle vittime del terremoto. L’arcivescovo di Yangon, mons. Charles Bo, in accordo con gli altri vescovi del Paese, ha invitato tutte le parrocchie a indire una speciale colletta (da destinare alla Caritas giapponese) nella celebrazione delle Sante Messe in programma in diverse Chiese nepalesi il prossimo 20 marzo. (M.I.)

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    Giappone. Centri europei trapianti midollo pronti ad aiutare le vittime delle radiazioni

    ◊   Il Gruppo europeo per il trapianto di midollo osseo (Ebmt) ha chiesto ai 500 Centri europei di trapianto del midollo di tenersi pronti per aiutare le vittime di radiazioni in Giappone, se ce ne fosse bisogno, ed ha già messo in allerta i suoi membri, tra cui 3000 medici delle unità specialistiche. A riportarlo è la Bbc. Non è ancora chiaro quante persone in Giappone potrebbero aver bisogno del loro aiuto, ma i Centri europei hanno dei piani e dei protocolli pronti in caso di azione. ''Stiamo chiedendo ai centri - spiega Alejandro Msdrigal, presidente dell'Ebmt - di dirci il loro livello di risposta e capacità in modo da capire il livello di impegno”. Secondo Ray Powles, direttore del Comitato per gli incidenti nucleari dell'Ebmt, ''20-30 persone della centrale di Fukushima, che stanno lottando per contenere le radiazioni, potrebbero aver bisogno di una terapia. Anche se è ancora troppo presto per dirlo, è meglio essere preparati. Abbiamo contattato direttamente il Giappone ed offerto i nostri servizi tramite l'Oms''. Se i lavoratori della centrale nucleare sono stati esposti a dosi di radiazioni pericolose, ''ci sono pochi giorni per pianificare un intervento terapeutico - continua - prima che si ammalino. Potrebbero aver bisogno solo di antibiotici o di antibiotici e altri medicamenti, come sangue e piastrine. Si tratta di una terapia non dissimile da quella per la leucemia. Per pochi potrebbe esserci bisogno di un trapianto di midollo''. (R.G.)

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    Solidarietà alla Chiesa e al popolo del Giappone dai vescovi dell'Africa australe

    ◊   A nome dei vescovi della Southern African Catholic Bishops’ Conference (Sacbc), mons. Buti Tlhagale, arcivescovo di Johannesburg e presidente della Sacbc, ha inviato un messaggio di solidarità a mons. Peter Takeo Okada, arcivescovo di Tokyo e presidente della Conferenza episcopale del Giappone. Il messaggio, rilanciato dall’agenzia Fides, afferma: “Seguiamo la crisi in Giappone, con tristezza, sgomento e orrore. A nome della Conferenza dei vescovi cattolici dell'Africa meridionale e della Comunità cattolica di Botswana, Sudafrica e Swaziland, desidero assicurarvi la nostra solidarietà nella preghiera. Molti di noi - si legge nel messaggio - sentono l'enormità del compito che vi attende e la disperazione dei milioni di persone colpite dalle recenti calamità naturali. Vogliamo assicurarvi che noi siamo con voi, con i vescovi e la comunità cattolica in Giappone e con tutte le persone del Giappone. Ci auguriamo - concludono i vescovi - che attraverso il nostro piccolo contributo di preghiera e di solidarietà, il senso di impotenza non si trasformi in un sentimento di disperazione. Ci impegniamo a continuare a pregare per la vostra Chiesa e il vostro Paese durante la Quaresima. Chiediamo a Maria, Madre addolorata di Gesù, di aiutare i cristiani a pregare con noi per voi”. (R.P.)

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    Il Patriarca di Mosca Kirill vicino alle vittime del terremoto in Giappone

    ◊   “Dio conceda che la partecipazione della Russia, fra gli altri Paesi, agli aiuti al Giappone, possa contribuire alla riconciliazione fra i due popoli. Dobbiamo stare insieme nel dolore, cosicché, anche in tempo di pace, siamo in grado di interagire serenamente e di supportarci l’un l’altro”. Così il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, Kirill, - riporta l’agenzia Interfax-Religion – ha commentato l’ “enorme tragedia” che ha colpito il Paese asiatico. In caso di calamità naturali - ha sollecitato - bisogna “reciprocamente”, aiutarsi tutti, “la solidarietà fra le persone deve costituire un fattore decisivo nell’affrontare queste terribili circostanze”. Nei giorni scorsi Kirill – riferisce L’Osservatore Romano - ha inviato le proprie condoglianze al primo ministro giapponese, Naoto Kan, al metropolita di Tokyo e di tutto il Giappone, Daniele, e al vescovo di Sendai, Serafino. “La Chiesa ortodossa russa – si legge nella lettera - condivide l’afflizione del popolo giapponese, rivolgendo a esso un messaggio di consolazione e di sostegno. Prego per tutte le vittime, affinché le conseguenze di questa catastrofe naturale siano prontamente superate”. Il sisma ha distrutto la chiesa ortodossa dell’Annunciazione a Yamada, mentre ha risparmiato la chiesa di Sendai, situata nella zona più colpita. Fra le tre confessioni cristiane tradizionali, quella ortodossa è la meno rappresentata: in Giappone si contano infatti solo novemila fedeli. (R.G.)

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    47 tonnellate di aiuti dell’Unicef al confine tra Tunisia e Libia

    ◊   47 tonnellate di aiuti dell'Unicef sono arrivati nella città di Ben Guerdane vicino al confine tra Tunisia e Libia. "Mentre sempre più famiglie attraversano il confine per fuggire dalla violenza, l’Unicef e i suoi partner stanno intensificando la risposta per soddisfare le loro esigenze umanitarie", ha detto Maria-Luisa Fornara, rappresentante Unicef in Tunisia. L'Unicef si sta anche preparando per una risposta immediata all'interno della Libia, non appena l'accesso sarà consentito e siano migliorate le condizioni di sicurezza. Gli aiuti attualmente disponibili nei pressi del confine comprendono: circa 300 pedane igieniche per latrine, che sono attualmente in fase di installazione per migliorare le condizioni igienico-sanitarie al campo; un totale di 10.000 coperte; circa 5.000 kit igienici, quasi 100 kit di sviluppo della prima infanzia, con giocattoli educativi e materiali per disegnare. Sono in oltre disponibili: vaccini, kit di primo soccorso, contenitori di acqua e kit ricreativi. Il campo Choucha al confine libico-tunisino attualmente ospita circa 300 famiglie e 120 bambini, molti dei quali di età inferiore ai due anni. Per evitare qualsiasi focolaio di malattia, il Ministero della Salute, in collaborazione con l'Unicef e altri partner in loco, hanno lanciato una campagna per vaccinare i bambini contro le malattie infantili. Mentre il numero di famiglie in fuga dalla Libia è ancora relativamente limitato, l'Unicef continua ad essere preoccupato per la situazione lungo il confine e l'impatto della violenza sul benessere delle donne e dei bambini. Notizie di bambini e gli adolescenti che stanno prendendo parte alle ostilità sono particolarmente allarmanti. L'Unicef esorta tutte le parti a garantire che i diritti dei bambini siano protetti in ogni momento. Nell’ambito del Regional Flash Appeal delle Nazioni Unite, l'Unicef ha lanciato un appello di raccolta fondi per 8,1 milioni di dollari per rispondere ai bisogni immediati di donne e bambini colpiti dalle violenze in Libia. In questa crisi, l’Unicef coordina le attività nel settore acqua e servizi igienico-sanitari e collabora nell’ambito della protezione dell’infanzia, della salute e della nutrizione. (R.P.)

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    Nicaragua: per l'episcopato è incostituzionale la sesta candidatura del presidente Ortega

    ◊   Mons. Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua e presidente dell’episcopato nicaraguense, ritiene che la sesta candidatura alla rielezione del presidente Daniel Ortega sia incostituzionale e, al tempo stesso, considera che le massime istituzioni della nazione si sono rese colpevoli del medesimo comportamento: in particolare, si legge nella nota pubblicata sul sito dell’episcopato, l’Assemblea nazionale, la Corte suprema e il Consiglio elettorale, che nulla hanno fatto per impedire questa violazione. Il presule è convinto che queste istituzioni non hanno adempiuto ai loro doveri e soprattutto non hanno voluto arginare i comportamenti illegali di una persona che di fronte alla legge è come qualsiasi altro cittadino. “Chi non fa rispettare la Costituzione, pur sapendo che quello è il suo dovere, finisce per incorrere nella medesima mancanza di chi viola la Carta magna”, ha osservato l’arcivescovo. “Chiunque può avere un impeto contro la legge – ha continuato - e perciò esistono le istituzioni che devono far sì che ciò non accada”. Allo stato attuale delle cose, secondo mons. Brenes, “non si deve dare la colpa solo al governante che cerca per la sesta volta la sua rielezione, ma anche a quelle istituzioni che nulla fanno per bloccare quest’illegalità e al contrario aprono spazio e creano possibilità”. Il divieto costituzionale che impedisce una tale candidatura, in qualche modo, con comportamenti al limite della legalità se non apertamente illegali, oggi viene superato di fatto e ciò crea una situazione istituzionale delicata, in un Paese di per sé già colpito da una fragile storia democratica e costituzionale. “Ogni cittadino deve saper distinguere tra i politici, chi lavora per raggiungere i propri progetti personali e chi invece lavora per servire il popolo e il bene di tutti”, ha esortato mons. Brenes. “Anche se il processo elettorale si apre all’insegna dell’illegalità – ha concluso - auspico, insieme con tutti i vescovi, che la campagna si svolga in armonia e rispetto”. (A cura di Luis Badilla)

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    Colombia: riunione a Bogotà dei segretari delle Conferenze episcopali latinoamericane

    ◊   Da ieri, a Bogotà, presso la sede del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) sono riuniti i segretari generali delle 22 Conferenze episcopali della regione con il duplice scopo di analizzare l’andamento della Missione continentale permanente, lanciata nel 2007, e al tempo stesso la preparazione dell’Assemblea ordinaria dell’organismo di coordinamento ecclesiale. Nel caso della Missione continentale, i presuli si sono proposti un bilancio e un aggiornamento alla luce dell’esortazione postsinodale “Verbum domini” di Benedetto XVI. I punti specifici dell’agenda sono quattro e fanno riferimento innanzitutto al “battezzato che vive la fede nella fedeltà e nel rinnovamento”; la Parola di Dio quale fonte perenne del compito pastorale e della missione evangelizzatrice della Chiesa e dunque di tutti i suoi membri, discepoli e perciò anche missionari; i cambiamenti opportuni e necessari per adeguare le strutture dell’ ordinamento ecclesiale regionale alle nuove sfide e, infine, l’Assemblea ordinaria prossima nel corso della quale si rinnoveranno le autorità. Riguardo l’Assemblea, che si svolgerà a Montevideo in Uruguay, i presuli si sono proposti l’aggiornamento delle linee-guida per il periodo 2011/2015, nonché il bilancio del periodo che termina, alla luce del documento di Aparecida, in cui gli episcopati hanno tradotto in piano pastorale organico della regione. Per questi scopi i presuli hanno pregato ieri nel corso dell’Eucaristia per l’apertura dei lavori presieduta dal segretario generale del Celam mons. José Leopoldo González González, vescovo ausiliare di Guadalajara, Messico. (L.B.)

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    Pakistan: la Chiesa chiede chiarezza sul cattolico accusato di blasfemia morto in carcere

    ◊   Sul caso di Qamar David, il cattolico condannato all’ergastolo per blasfemia e trovato morto ieri, 15 marzo, nel carcere di Karachi, la Chiesa cattolica “chiede chiarezza” e “vuole verificare la versione ufficiale dei fatti, che indicano l’infarto come causa della morte”: è quanto dice all’agenzia Fides padre Mario Rodriguez, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie, sacerdote della diocesi di Karachi. La Chiesa cattolica ai Karachi, tramite la Commissione “Giustizia e Pace” della diocesi, si sta occupando del caso, offrendo sostegno morale e materiale alla famiglia. La Chiesa intende convincere la famiglia di David ad autorizzare una autopsia, alla presenza di personale medico di fiducia, per accertare in modo inequivocabile le cause della morte. “La notizia della morte di David ci ha scosso. Ieri abbiamo interrotto il ritiro spirituale quaresimale per fare fronte alla situazione. Abbiamo contattato le autorità del carcere e parlato con il detenuto che era in cella con David. Ci ha confermato che David stava bene ma che aveva molta paura, essendo accusato di blasfemia, e che spesso era stato malmenato. La versione dell’infarto non convince” nota padre Rodriguez. Haroon Barkat Masih, direttore della “Masihi Foundation”, che si occupa di Asia Bibi, commenta a Fides: “E’ un fatto molto grave: una morte in carcere solleva sempre molti interrogativi: non dimentichiamo altri casi di cristiani accusati di blasfemia e uccisi in carcere. Sono convinto che David sia morto a causa delle percosse subite dagli agenti e da altri detenuti. La polizia, e l’ospedale civile governativo, vogliono coprire la vera causa del decesso. A causa della povertà e della paura, spesso le famiglie delle vittime non chiedono nuove indagini mediche e non hanno il coraggio di denunciare le autorità carcerarie. Per questo la famiglia di David oggi ha bisogno del pieno sostegno della Chiesa e della società civile: solo così si potrà andare a fondo e far emergere la verità”. Anche Asia Bibi, che ieri ha ricevuto la visita di suo marito in carcere, è stata informata dei fatti, e ha reagito con queste parole: “Ogni minuto che passa, penso possa essere l’ultimo. Ogni volta che la porta della mia cella si apre, il cuore mi batte a mille. Sono nelle mani di Dio, non so cosa potrà accadermi. In prigione ognuno può ergersi a giudice e killer”. (R.P.)

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    Indonesia: i cristiani protestano contro la nuova chiusura della Yasmin Church a Bogor

    ◊   La comunità cristiana protesta contro l’incapacità del governo centrale di “garantire la libertà religiosa” e la “testardaggine” dei funzionari di Bogor – municipalità del West Java – che hanno messo di nuovo i sigilli alla Yasmin Church. Le pressioni esercitate dai fondamentalisti islamici - riferisce l'agenzia AsiaNews - sconfessano il principio della supremazia del diritto e mostrano un Paese sempre più vittima dell’estremismo. Ieri tre diversi pacchi bomba sono stati recapitati negli uffici di attivisti e leader musulmani moderati: l’intervento degli artificieri ha neutralizzato due ordigni; l’esplosione del terzo ha causato lievi feriti. In seguito alle manifestazioni lanciate da circa 150 fondamentalisti islamici, lo scorso fine settimana le autorità di Bogor hanno bloccato gli accessi alla Yasmin Church, al centro di una lunga battaglia legale fra la comunità cristiana e il governo locale. Il Sinodo delle chiese indonesiane (Pgi) condanna il gesto “poco amichevole”: il rev. Gomar Gultom spiega che il proposito di spostare in un altro luogo l’edificio non è la soluzione migliore, perché “favorisce la divisione fra fedeli” in una società che dovrebbe essere “pluralista”. I funzionari di Bogor avrebbero ritirato il permesso di costruzione, perché l’Imb è stato ottenuto mediante sottoscrizione di “firme false”. Il leader islamico locale aggiunge che “la comunità musulmana è sempre stata contraria alla realizzazione di una chiesa”. Il Pgi parla invece di “testardaggine” delle autorità di Bogor e chiede l’intervento del governo centrale; l’esecutivo deve garantire l’applicazione della sentenza della Corte suprema, che ha stabilito la piena legittimità della Yasmin Church. L’iter per la costruzione di una chiesa in Indonesia – cattolica o protestante – come per tutte le costruzioni è regolato dall’Izin Mendirikan Bangunan (Imb), una sorta di delibera scritta delle autorità locali che permette l’apertura di un cantiere, accompagnata dal nulla osta di almeno 60 residenti dell’area. Pur disponendo delle autorizzazioni, spesso la costruzione viene interrotta e il permesso revocato dietro pressioni dell’ala fondamentalista islamica ai governi locali, espressione di fanatismo religioso. (R.P.)

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    Malaysia: il governo sblocca le 35mila Bibbie fermate per la diatriba sul termine “Allah”

    ◊   Il governo ha sbloccato 35mila bibbie in lingua malay ferme al porto di destinazione. E’ stato il governo stesso ad annunciare la decisione, dopo la polemica legata all’uso della parola “Allah” per significare “Dio”. Il governo - riferisce l'agenzia AsiaNews - aveva proibito l’uso del termine Allah da parte dei cristiani, in particolare del giornale cattolico “Herald”. La Corte suprema ha dato ragione ai cristiani, ma il governo ha fatto appello, e nel frattempo ha bloccato due carichi di Bibbie provenienti dall’Indonesia. Il rilascio è legato a una legge del 1982 che permette“una limitata e controllata importazione e circolazione di Bibbie in lingua malay, con la sovrascritta: ‘Solo per cristiani’”, ha spiegato Idris Jala, un funzionario del dipartimento del Primo ministro. “Questo è un compromesso ragionevole per gestire la polarizzazione di opinioni fra cristiani e musulmani nel Paese”, ha aggiunto il funzionario. Il governo aveva detto in precedenza che l’uso del termine “Allah” per indicare Dio da parte della minoranza cristiana potrebbe causare confusione e incoraggiare le conversioni dall’islam, illegali nel Paese a maggioranza musulmana. Il 60% dei malaysiani sono musulmani sunniti (religione ufficiale del paese); circa il 19% pratica il buddismo; il 9% sono cristiani e il 6% induisti. Il restante è diviso fra religioni cinesi e filosofie e credenze tradizionali. Il 14 marzo il vescovo della diocesi di Malacca-Johor, Paul Tan, aveva protestato ufficialmente, con una rara presa di posizione, contro il blocco delle Bibbie (“Al Kitab”, in malay) definendo la decisione “un flagrante esempio di ipocrisia”, e “una violazione del diritto fondamentale della libertà di religione garantito dalla Costituzione federale, ed è difeso da Benedetto XVI come il diritto di proteggere la dignità della persona umana e la sua libertà di coscienza”. (R.P.)

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    La Chiesa in Sud Sudan: fermare le violenze dei ribelli, frenano il processo d’indipendenza

    ◊   Il vescovo Eduardo Hiiboro Kussala di Tombura-Yambio nel Sud Sudan, chiede – riferisce l’agenzia Zenit - un'azione decisa per fermare le violenze, che teme possano frenare il processo d'indipendenza della regione dal resto del Paese, dopo i risultati del referendum di gennaio per la separazione. Riferendo di un'impennata degli attacchi ad opera dell'Esercito di Resistenza del Signore (Lra) nella zona sud-occidentale del Sudan, il presule ha diffuso una lettera aperta chiedendo pressioni politiche per far sedere il capo dell'Lra, Joseph Kony, al tavolo dei negoziati. In un'intervista rilasciata all'associazione caritativa cattolica Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs), mons. Hiiboro ha affermato che la minaccia di ulteriori violenze potrebbe far sprofondare nel conflitto le regioni vicine, con conseguenze devastanti per il neonato Governo di quello che sembra destinato a diventare il più giovane Paese africano. Nelle ultime settimane l'Lra, noto per la brutalità dei suoi crimini, si è macchiato di una serie di omicidi e rapimenti, tra cui l'assassinio di suor Angelina, una religiosa di 37 anni dell'Istituto locale di Sant'Agostino, uccisa lo scorso 17 gennaio, mentre viaggiava nella diocesi di Dungo, nella vicina Repubblica Democratica del Congo, dove stava fornendo assistenza medica ai rifugiati del Sud Sudan. Il vescovo Hiiboro teme che la violenza possa aumentare se l'Lra approfitterà della maggiore vulnerabilità delle persone che dovranno uscire per coltivare i campi durante l'imminente stagione delle piogge. “Il problema dell'Lra nelle nostre comunità non verrà risolto finché Joseph Kony e gli altri leader non verranno fatti uscire dalla foresta”, ha dichiarato. “Molti dei nostri bambini sono ancora nelle mani dell'Lra”, ha denunciato. “Non sappiamo se sono vivi o morti. Quanti sono riusciti a fuggire dall'Lra portano le cicatrici fisiche e psicologiche di ciò che hanno subito e non saranno mai più gli stessi”. Dal 22 al 25 dicembre, ha proseguito il vescovo, 9 persone sono morte e 7 sono state ferite in attacchi dell'Lra nelle contee di Maridi, Ibba e Yambio, tutte situate nella sua diocesi. 17 persone sono state rapite. Da allora, gli attacchi sono continuati, culminando sabato 5 febbraio, quando 8 persone sono state trovate mutilate e torturate a morte nella regione di Source Yubu, a 130 miglia dalla città di Tombura. Mons. Hiiboro ha avvertito della minaccia rappresentata dall'Lra da quando è diventato vescovo, nel 2008. I suoi timori sono diventati realtà nell'estate e nell'autunno 2009, quando i guerriglieri hanno rapito 17 giovani che stavano pregando in una chiesa cattolica. (R.G.)

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    Burkina Faso: la Chiesa chiede di incentivare istruzione e alfabetizzazione delle donne

    ◊   Favorire l’accesso all’istruzione e all’alfabetizzazione alle donne, aiutarle a crescere umanamente e a trovare la loro dimensione nella società: sono gli obiettivi che la Chiesa di Ouahigouya, nel Burkina Faso, si pone considerando la realtà femminile della diocesi. Lo ha detto il vescovo, mons. Justin Kientega, in visita pastorale nella parrocchia Nostra Signora dell’Immacolata Concezione di Tikare, dove domenica scorsa, si legge sul sito www.egliseduburkina.org, si è concluso un Congresso dedicato alla donna. “Noi vogliamo incoraggiare le donne a continuare il loro impegno nella vita spirituale, nei movimenti e soprattutto attraverso l’associazione delle donne cattoliche” ha aggiunto il presule che intende anche impegnarsi perché l’istruzione scolastica possa essere garantita nei suoi diversi livelli. Sulla realtà della sua diocesi che si estende su una vasta superficie, in una intervista pubblicata nel portale “Eglise-Famille du Burkina”, il presule ha specificato che durante le sue visite pastorali ha potuto costatare una coabitazione pacifica e un grande rispetto fra cristiani e musulmani oltre ad una buona partecipazione di protestanti e di musulmani stessi alle celebrazioni eucaristiche. Mons. Kientega ha aggiunto che con i musulmani, dai quali è stato anche invitato a prendere la parola nelle loro moschee, vengono pure condivisi momenti di agape. Situata nel nord del Paese, la diocesi di Ouahigouya conta circa 1 milione e 200 mila abitanti, di cui 120 mila cattolici; i sacerdoti diocesani sono 67. (T.C.)

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    Italia: accesso gratuito al parto e cura del neonato in 15 ospedali dell'Africa

    ◊   Dal 1950 l'organizzazione Medici con l’Africa Cuamm lavora a fianco degli africani, affrontando le emergenze ma avendo come obiettivo finale la gestione di una sana quotidianità. Giorno dopo giorno, i volontari si impegnano a garantire aiuto, assistenza, cure, per cancellare la parola sopravvivenza e sostituirla con sviluppo, vita, salute. L'obiettivo - riporta l'agenzia Fides - è garantire servizi accessibili ai più poveri sostenendo piccoli dispensari-maternità, appoggiando ospedali distrettuali e regionali, facendo formazione nelle Università. Per far crescere professionalità e sensibilità su ciascun territorio sino al grande sogno: un'Africa che non abbia più bisogno di nessuno dall'esterno, un'Africa in grado di gestire in autonomia i bisogni delle proprie popolazioni. In questo contesto si inserisce una delle ultime iniziative del Cuamm, nata dall'incontro con lo scrittore italiano Paolo Rumiz che ha dato vita al libro “Il bene ostinato”, destinato a sostenere la campagna per l'accesso gratuito al parto e la cura del neonato, salvando una mamma e il suo bambino in 15 ospedali dell'Africa. Solo nell'ultimo anno Medici con l'Africa Cuamm, all’interno dei servizi che sostiene, ha realizzato 437.492 visite ambulatoriali, 108.442 ricoveri, 123.016 vaccinazioni, 19.491 parti, portando speranza e futuro là dove il diritto alla salute è più disatteso e negato. Attualmente l'organizzazione è presente in Angola, Etiopia, Kenya, Mozambico, Sud Sudan, Tanzania, Uganda con 15 ospedali serviti; 25 distretti sostenuti per attività di sanità pubblica, assistenza materno-infantile, lotta all’Aids, alla tubercolosi e alla malaria; 3 centri di riabilitazione motoria, 4 scuole infermieri e 3 università appoggiate. (R.P.)

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    Germania: il viaggio del Papa e l'ecumenismo al centro della Conferenza dei vescovi

    ◊   Sono stati presentati ieri a Paderborn il logo, lo slogan e i momenti salienti del viaggio di Benedetto XVI in Germania a settembre. In una conferenza stampa, mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale (Dbk), il vescovo di Erfurt, mons. Joachim Wanke, l’amministratore diocesano dell’arcidiocesi di Berlino, mons. Matthias Heinrich, e il segretario della Dbk, padre Hans Langendörfer, - riferisce l'agenzia Sir - hanno illustrato i diversi aspetti della visita del Papa. “La Chiesa cattolica tedesca, anzi la Germania, si rallegra per il Papa”, ha affermato mons. Zollitsch, riferendo di molte reazioni positive nel Paese per la visita del pontefice: “Sono convinto, e noi vescovi ci auguriamo, che questa visita porti un rafforzamento della fede. Abbiamo un periodo molto difficile alle nostre spalle. Ora guardiamo avanti con coraggio”. Mons. Zollitsch ha annunciato che la visita del Papa comprenderà anche incontri con i rappresentanti ebraici e musulmani, nonché con i cristiani ortodossi, oltre ai rappresentanti evangelici. Mons. Wanke ha sottolineato l’aspetto ecumenico del viaggio: “Siamo riconoscenti al Papa per il fatto che durante il suo viaggio dedichi un’importanza particolare all’ecumenismo”, ha sottolineato, dicendo di attendersi “da questo incontro frutti spirituali che ci faranno avanzare nel cammino ecumenico”. E sul tema dell'ecumenismo è tornato oggi il cardinale Karl Lehmann, vescovo di Magonza ddurante i lavori della Conferenza. Il porporato ha invitato a non dimenticare gli “importanti passi” compiuti in 50 anni di cammino ecumenico. “Si rischia spesso di non sapere più cosa abbiamo già raggiunto” ma - ha detto - “occorre andare avanti” proprio per via delle sfide esistenti, evitando di “superare gli ostacoli della separazione con compromessi discutibili”. “Non possiamo cullarci nell’illusione che il consenso debba avvenire a qualsiasi prezzo”, ha proseguito il cardinale Lehmann, sottolineando anche il rischio della “stanchezza e della capitolazione davanti agli sforzi costanti di cercare una verità comune”, accontentandosi dei successi ottenuti. (R.P.)

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    Vescovi del Triveneto: la visita del Papa a maggio un'occasione per ravvivare il dono della fede

    ◊   È stata dedicata in gran parte alla preparazione e alla verifica dei vari aspetti organizzativi legati alla visita del Papa del 7 e 8 maggio 2011 ad Aquileia e Venezia la riunione di ieri della Conferenza episcopale Triveneto a Zelarino (Venezia). I vescovi del Nordest - riferisce l'agenzia Sir - hanno nuovamente sottolineato come questa visita rappresenti una grande occasione offerta alle comunità ecclesiali e civili di queste regioni in cammino verso il secondo Convegno ecclesiale di Aquileia (aprile 2012): “Nell’incontro diretto con Benedetto XVI ci è data l’opportunità di ridestare e ravvivare il dono più bello. Ci parlerà di Gesù, vera speranza del mondo. Ci aiuterà a riscoprire che Egli è vivo, vicino e contemporaneo a noi, tocca e interessa le corde più profonde e quotidiane della nostra esistenza”. Il momento culminante sarà la grande Messa della mattina di domenica 8 maggio al Parco di San Giuliano di Mestre. Per questo, i vescovi hanno espresso l’auspicio che da parrocchie, associazioni, movimenti ecclesiali si converga in gran numero e raccomandano di fornire al più presto l’adesione (secondo le modalità indicate nel sito www.ilpapaanordest.it o telefonando allo 041/5464417). Per garantire a tutti “la possibilità di partecipare pienamente e in modo ordinato” alla Messa dell’8 maggio, l’area del Parco sarà allestita con punti di ristoro e soccorso (con ambulanze e servizio medico), servizi igienici e maxischermi. I vescovi invitano le diocesi più lontane a valutare l’opportunità di raggiungere Mestre in treno, anche attraverso l’organizzazione di appositi treni speciali. Previsti parcheggi di scambio da cui partiranno in continuazione le navette per San Giuliano. “Con il progredire dell’organizzazione dell’evento – si legge ancora nella nota - si registra un crescente coinvolgimento di varie realtà ed espressioni della società civile che desiderano esprimere il loro particolare benvenuto al Papa”. Ad esempio la speciale accoglienza che lo schieramento di barche delle associazioni di “Vela al terzo” (le tipiche imbarcazioni con vela quadrata di vari colori) farà a Benedetto XVI al suo arrivo al molo di San Marco nella serata di sabato 7 maggio, o il corteo acqueo delle società remiere veneziane che accompagnerà il Papa la mattina di domenica 8 maggio, per il trasferimento dal Parco di San Giuliano a San Marco. Mentre si stanno completando le collette straordinarie nelle varie diocesi, continua la raccolta di offerte e donazioni secondo le modalità indicate sul sito per contribuire concretamente alla preparazione dell’evento. (R.P.)

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    Celebrazioni a Roma per mons. Romero fino al 2 aprile

    ◊   Una veglia ecumenica, un dibattito sull’America Latina, un libro, un film e altri incontri e celebrazioni da domani al 2 aprile: sono le iniziative organizzate quest’anno dal “Comitato romano Oscar Romano” per l’anniversario del martirio di mons. Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, ucciso il 24 marzo 1980. Il Comitato - riferisce l'agenzia Sir - riunisce numerose organizzazioni cattoliche e congregazioni religiose, tra cui Pax Christi, Cipax, Sal-Solidarietà con l’America Latina. Quest’anno la ricorrenza avrà ancora più valore, visto che l'Onu, lo scorso anno, ha dichiarato il 24 marzo “Giornata mondiale per il diritto alla verità” in memoria di mons. Romero, “icona e simbolo di tutti i martiri per la giustizia e la pace”. Si inizia domani 17 marzo alle 17 con la proiezione del film “Romero” nella chiesa di S.Maria della Luce, cappellania delle comunità latinoamericane. Il 23 marzo sarà presentato il libro di Ettore Masina “L’arcivescovo deve morire” (ore 18, via Ostiense 152/b), mentre il 24 marzo (ore 17, sala Di Liegro, via IV novembre 119) si terrà il dibattito su “America Latina: il coraggio della verità”, con la giornalista messicana Anabel Hernández García, Lucia Annunziata e don Luigi Ciotti. Il 25 marzo (ore 19) si svolgerà la tradizionale veglia ecumenica, nella chiesa di San Marcello al Corso (Piazza S. Marcello 5) con la pastora valdese Letizia Tomassone e padre Alberto Maggi. (R.P.)

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    Il preposito generale dei Gesuiti annuncia cambiamenti per rispondere alle sfide della missione

    ◊   Una generale revisione del governo centrale della Compagnia di Gesù è stata annunciata in una lettera del preposito generale, padre Adolfo Nicolás, rivolta a tutti i membri dell’Ordine. Nel messaggio - riferisce L’Osservatore Romano - il superiore sottolinea che le modifiche da lui decise sono una diretta conseguenza degli orientamenti espressi dai delegati dell’Ordine riuniti in occasione della trentacinquesima congregazione generale, tenutasi dal 7 gennaio al 6 marzo 2008. I cambiamenti annunciati dal preposito generale riguardano principalmente la ristrutturazione dei segretariati della curia della Compagnia. Nel messaggio viene annunciata l’istituzione di tre «segretariati principali», il cui oggetto e responsabilità risponderanno a tre importanti dimensioni della missione: il servizio della fede, la promozione della giustizia, la collaborazione con gli altri. Avranno pure un segretariato alcune forme particolari di apostolato che riguardano una gran parte della missione della Compagnia: l’educazione secondaria e di base, l’educazione superiore e l’apostolato intellettuale. Nel testo il preposito generale annuncia l’istituzione di una “piccola commissione”, all’interno del Consiglio generale, per discutere, discernere e proporre all’organo direttivo temi connessi con la missione. Questa commissione sarà formata da tre membri dei segretariati principali, da due consiglieri generali e dal padre generale. Padre Adolfo Nicolás sottolinea la creazione di un gruppo di riflessione denominato «gruppo gregoriano» perché si riunisce periodicamente presso la sede dell’Università Gregoriana a Roma ed è composto in maggioranza da docenti dell’Istituzione accademica. Tale gruppo ha la funzione di analizzare e comprendere le differenti realtà della missione. I sei membri dell’ordine che attualmente lo compongono sono esperti in diverse discipline e provenienti da vari Paesi. I componenti attuali - specifica la lettera - sono: Giovanni Cucci (per la cultura, della Civiltà Cattolica); José Funes (per la scienza e in particolare l’astronomia, direttore della Specola Vaticana); Michael Paul Gallagher, (per la teologia, dell’Università Gregoriana); Daniel McDonald (per la sociologia, dell’Università Gregoriana); Theoneste Nkeramihigo (per la filosofia, dell’Università Gregoriana); Hans Zoller (per la psicologia, dell’Università Gregoriana). (R.G.)

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    Internet: nuova direttiva europea impone il consenso degli utenti per registrare i loro dati

    ◊   L’Unione Europea ha stabilito che, dal 25 maggio, i titolari dei siti web saranno tenuti a chiedere il consenso degli utenti per registrare i loro comportamenti sul web, ovvero immagazzinare informazioni sulle loro identità o attività online, attraverso i cookie, informazioni memorizzate nel computer da siti web visitati. L’obbligo viene dalla direttiva europea chiamata ”ePrivacy”, che ha concluso il suo iter in difesa della riservatezza degli internauti, suscitando però proteste e allarmi. A contestare il provvedimento sono anzitutto le agenzie pubblicitarie, che ipotizzano gravi danni economici e chiedono di ridiscutere la questione. Mentre sul fronte degli utenti si paventa il rischio di trovarsi sommersi da continui e noiosi avvertimenti per ogni sito che viene aperto all’interno del browser. Meglio sarebbe - secondo alcuni esperti - educare chi naviga a controllare in prima persona i propri dati personali, attraverso software che permettono la gestione dei cookie, la loro cancellazione o eliminazione selettiva, il tutto in pochi click. (R.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Proteste nel mondo arabo: vittime tra i manifestanti in Bahrein e Yemen

    ◊   Resta tesa la situazione in Bahrein. Almeno 5 persone sono state uccise dalle forze anti sommossa che hanno ripreso il controllo della piazza della Perla a Manama, dopo aver dato l’assalto ai manifestanti sciiti che vi erano accampati da circa un mese. Poco dopo, le autorità hanno imposto il coprifuoco in città fino alle 4:00 di domani mattina e, in un discorso alla tv di Stato, un ufficiale dell’esercito ha inviato tutti i cittadini “a non effettuare raduni”. Secondo un parlamentare dell’opposizione, le forze di sicurezza si sono dispiegate in tutto il Bahrein. Due giorni fa Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno inviato, in aiuto del re sunnita del Bahrein, rispettivamente 1000 e 500 soldati.

    Yemen, attivista dell'opposizione ucciso in scontri
    Anche in Yemen si registrano nuovi sanguinosi scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Ieri, nella provincia settentrionale di Al-Jawf, un attivista del principale gruppo di opposizione è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco. È invece di 120 feriti il bilancio degli scontri avvenuti oggi nella città portuale di Al-Hudaida, nello Yemen occidentale. Gli agenti sono intervenuti sparando proiettili di gomma e lacrimogeni dopo che i lealisti del regime di Ali Abdullah Saleh, bersaglio delle proteste, avevano attaccato con bastoni e pietre una folla di oppositori.

    Siria, disordini in piazza
    Le forze di sicurezza siriane hanno disperso stamani un raduno di un centinaio di persone di fronte al ministero dell'Interno di Damasco. Lo riferisce la televisione satellitare al Arabiya. Cinque persone sarebbero state arrestate dalla polizia di Damasco tra i manifestanti che chiedevano di alcuni detenuti politici. Anche ieri forze dell’ordine sono intervenute contro una dimostrazione per la libertà. Il ministro degli Esteri Walid Muallem ha promesso che il governo varerà riforme entro l'anno dopo un incontro con l'omologo spagnolo Trinidad Jimenez.

    Striscia di Gaza, Hamas disperde dimostranti con la forza
    A Gaza ieri agenti di sicurezza di Hamas hanno disperso con la forza gruppi di dimostranti che invocavano “l’unità nazionale” fra i palestinesi. Diversi i feriti. Intanto, commando israeliani hanno intercettato ieri una nave con a bordo alcuni missili terra-mare, con una gittata di 35 chilometri.

    Egitto, visita del segretario di Stato Usa Clinton
    Gli stravolgimenti politici e le crisi che stanno attraversando il mondo arabo sono state al centro dei colloqui tra il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ed i vertici del governo egiziano. Il capo della diplomazia americana ha incontrato in mattinata il primo ministro egiziano, Essam Sharaf, e il capo del Consiglio supremo delle forze armate, Hussein Tantawi, dopo avere visitato piazza Tahrir, luogo simbolo della rivoluzione del 25 gennaio. Durante il colloquio con Tantawi, Clinton ha ribadito l'impegno degli Usa a cooperare e a sostenere la transizione democratica in Egitto, continuando a ritenere l'Egitto un partner strategico nella regione.

    Costa D’Avorio
    Spiragli di dialogo in Costa D’Avorio. Alassane Ouattara, il presidente riconosciuto dalla comunità internazionale, ha invitato ad un confronto pacifico e onesto il suo rivale, il capo di Stato uscente Laurent Gbagbo, battuto nel ballottaggio del novembre scorso. Intanto si aggrava nel Paese l’emergenza umanitaria. Sarebbero oltre 500 mila i profughi in fuga dai violenti combattimenti tra le fazioni dei due leader.

    Somalia
    In Somalia gli scontri tra forze governative sostenute dalle truppe dell’Unione africana e ribelli islamici shabaab continuano a seminare vittime. Ieri 17 civili hanno perso la vita nelle violenze. I combattimenti sono nettamente diminuiti stamani, ma si sentono ancora sporadici colpi di artiglieria. Intanto il Burundi ha inviato altri mille 'caschi verdi' in Somalia, portando così a 4.400 propri militari dispiegati sotto le insegne dell'Unione africana.

    Lampedusa, emergenza immigrazione
    Lampedusa al collasso. Sull’isola sono ormai oltre 2.700 i migranti presenti, mentre i ponti aerei verso altre strutture in Italia vanno a rilento. Si fa strada, intanto, la soluzione della tendopoli.

    Cina: incidente in miniera, 9 morti
    Ennesima sciagura in una miniera della Cina. Nove persone sono morte e altre due sono rimaste ferite per una fuga di gas avvenuta in un sito di carbone nella provincia sud occidentale dello Yunnan. A riferirlo, l’Agenzia Nuova Cina. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 75

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.