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Sommario del 14/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Seconda giornata di esercizi spirituali della Quaresima in Vaticano
  • Nomina
  • Papa Wojtyla su Facebook grazie a Radio Vaticana e Ctv. Padre Lombardi: il nostro un messaggio positivo attraverso i social network
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Giappone, emergenza nucleare nella centrale di Fukushima. Il bilancio sale a 5 mila vittime. Il nunzio: la Chiesa in prima linea nei soccorsi
  • Terzo anniversario della morte di Chiara Lubich. Il cardinale Antonelli: ha reso la santità a portata di tutti. Pubblicata la biografia ufficiale
  • Aperta in Italia la prima struttura ospedaliera pubblica per la cura dei pazienti in stato vegetativo
  • Il laboratorio Cei sulla cultura sportiva. Intervista con don Mario Lusek
  • Chiesa e Società

  • Patriarca Bartolomeo I: appello agli Stati sui rischi dell'energia nucleare
  • Cina: preghiere e solidarietà dei cattolici per i terremotati e le vittime del Giappone
  • Pakistan: la polizia sminuisce l'assassinio del ministro Bhatti. Timori per Asia Bibi
  • India: pastori cristiani arrestati in Karnataka e nuovi atti vandalici in un cimitero cattolico
  • Egitto: l’esercito ricostruisce la chiesa copta distrutta dai musulmani
  • Etiopia: radicali musulmani bruciano 12 chiese protestanti. Un morto e decine di feriti
  • Congo: i vescovi criticano la revisione costituzionale sull’elezione del Capo dello Stato
  • El Salvador: mons. Alas chiede al presidente Usa Obama impegni sulla politica migratoria
  • L’arcidiocesi di Mexico denuncia lo scarso impegno Usa contro il traffico di armi in Messico
  • Costa Rica: giovani e famiglia tradizionale nel documento dei vescovi in chiusura della plenaria
  • Colombia: come la maggioranza dei cittadini, la Chiesa dice "no" alle adozioni per le coppie gay
  • Argentina: appello per 23 mila bambini aborigeni a rischio di vita per fame a Salta
  • La Chiesa argentina critica l’ambiguità dei sussidi scolastici in materia di droga
  • Perù: la Caritas chiede solidarietà per le vittime delle inondazioni
  • La diocesi di Callao in Perù riflette sulla grande sfida della Missione continentale
  • Malaysia: cristiani contestano il governo per il blocco di 30 mila Bibbie in lingua malay
  • Germania: da oggi a Paderborn plenaria dei vescovi sul tema dell'ecumenismo
  • Vescovi del Piemonte: l'Unità d'Italia diventi sempre più unione morale e spirituale
  • 24 Ore nel Mondo

  • Tra notizie di offensive e contro offensive, le truppe di Gheddafi avanzano contro Bengasi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Seconda giornata di esercizi spirituali della Quaresima in Vaticano

    ◊   Benedetto XVI e la Curia Romana sono impegnati oggi nella seconda giornata di esercizi spirituali della Quaresima. Una giornata caratterizzata da temi mariani, ma non solo, in rapporto a Giovanni Paolo II. Il titolo della prima delle tre riflessioni proposte dal predicatore – il carmelitano scalzo padre François-Marie Léthel – recita così “La grande scienza dei santi” (S. Luigi Maria de Monfort) in Cielo come in Terra: Scientia beata, scientia fidei, scientia amoris (dalla Fides et Ratio alla Novo Millennio Ineunte). La seconda meditazione riguarderà il Totus Tuus cristocentrico e mariano di Karol Wojtyła, come filo conduttore di tutta la sua vita (Gv 19, 25-27 e Lettera ai Religiosi e alle Religiose delle Famiglie Monfortane dell’8 dicembre 2003), mentre la terza meditazione tratterà dello splendore della carità, della fede e della speranza vissute da Giovanni Paolo II con Maria Santissima. Durante la settimana di esercizi spirituali, che termineranno sabato prossimo, sono sospese tutte le udienze del Papa, compresa l'udienza generale del mercoledì.

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    Nomina

    ◊   In Vietnam, Benedetto XVI ha nominato coadiutore della diocesi di Phú Cuong il sacerdote Joseph Nguyen Tan Tuoc, direttore del Centro di formazione di candidati al sacerdozio nella medesima diocesi. Il presule, 53 anni, è originario della diocesi di Phú Cuong. Ha studiato nel Seminario Minore e nel Seminario Maggiore di Phú Cuong. Ordinato sacerdote, ha svolto i seguenti ministeri: vicario parrocchiale e poi parroco di Tha La; studente all’Istituto cattolico di Parigi, dove ha conseguito una Licenza in Diritto canonico e una specializzazione in Teologia biblica e sistematica. Dal 2006 è direttore del Centro di formazione di candidati al sacerdozio, e al tempo stesso responsabile per le vocazioni sacerdotali della diocesi.

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    Papa Wojtyla su Facebook grazie a Radio Vaticana e Ctv. Padre Lombardi: il nostro un messaggio positivo attraverso i social network

    ◊   Una nuova pagina vaticana su Facebook e Youtube dedicata a Giovanni Paolo II in occasione della prossima Beatificazione. E’ l’iniziativa lanciata oggi in sinergia dalla Radio Vaticana e dal Centro Televisivo Vaticano, concordata con il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. L’obiettivo, spiega una nota, è di accompagnare il percorso verso la Beatificazione, utilizzando gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione e valorizzando il vasto patrimonio documentale della nostra emittente e del Ctv. Ce ne parla Alessandro Gisotti:

    Karol Wojtyla approda su Facebook grazie a Radio Vaticana e Centro Televisivo Vaticano: da oggi è attiva sul social network una pagina dedicata a Giovanni Paolo II in vista della Beatificazione (www.facebook.com/vatican.johnpaul2). In questa pagina vengono inserite contemporaneamente tutte le videoclip presenti su una pagina di Youtube, a sua volta dedicata specificamente a Papa Wojtyla. Si tratta di videoclip sul Pontificato anno per anno e con la voce del futuro Beato, in diverse lingue e in diverse situazioni (www.youtube.com/giovannipaoloii). Gli audio, informa un comunicato, sono forniti e selezionati dai Programmi linguistici della Radio Vaticana, sui quali il Ctv ha realizzato un montaggio video. L’audio del Papa sarà nella lingua originale in cui è stato pronunciato mentre in sovraimpressione, in inglese, viene indicato il luogo e la data dell’avvenimento. Al tempo stesso, il canale tradizionale vaticano di Youtube verrà alimentato dalle videoclip di attualità e informazione dei giorni della Beatificazione. L’obiettivo, soggiunge la nota, è di diversificare gli strumenti “per dare il massimo risalto possibile e la massima diffusione a questa iniziativa”, che diversamente da altre, riconducibili a privati, porta la firma congiunta di Radio Vaticana e del Ctv. L'iniziativa è naturalmente aperta a tutti gli utilizzatori di Facebook.

    Per un commento sul significato di questa inedita iniziativa, Alessandro Gisotti ha intervistato il direttore della Radio Vaticana e del Ctv, padre Federico Lombardi:

    R. – Sappiamo quante persone sono emozionate all’avvicinarsi della Beatificazione di Giovanni Paolo II, quanti giovani che lo hanno conosciuto nelle Giornate mondiali della gioventù e così via… E allora abbiamo cercato un’ulteriore via, oltre a quelle già disponibili, per permettere a tutte le persone interessate di riprendere contatto con la figura di Giovanni Paolo II anche attraverso immagini e parole che sono state molto amate nel suo lunghissimo Pontificato. Ecco, questo è lo scopo di aprire una nuova pagina specifica su Giovanni Paolo II, sia su Youtube sia, questa volta, anche su Facebook.

    D. – Radio Vaticana, Centro Televisivo Vaticano: un’iniziativa concordata con il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, c’è questo aspetto molto forte della sinergia…

    R. – Certamente. Noi lavoriamo tutti per uno stesso scopo e quindi facciamo convergere le nostre risorse, le nostre iniziative, per uno scopo comune. Siamo contenti se tutti coloro che, anche da altri siti, da altre pagine personali di Facebook, vogliono collegarsi per condividere questa ricchezza di immagini e di suoni, lo vogliano fare.

    D. – In qualche modo Giovanni Paolo II torna a parlare ai suoi giovani, definiti da lui stesso “la mia speranza”, attraverso i social network…

    R. – Certamente: questa è una via in più. Credo che nella memoria dei giovani sia rimasto sempre vivissimo, non è mai scomparso. E poi, noi crediamo ad una sua presenza spirituale efficace, la sua presenza viva. Ma anche i social network si prestano ai messaggi del Santo Padre degli ultimi anni, che hanno invitato ad un uso positivo di queste nuove tecnologie, ci dicono che questa è una grande occasione in cui far fruttare le potenzialità proprio per rendere questa presenza che già c’è ancora più facilmente attingibile tramite l’immagine e il suono.

    D. – Nel messaggio per l’ultima Giornata mondiale per le comunicazioni sociali, Benedetto XVI sottolinea che le nuove tecnologie danno “inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione”…

    R. – Dobbiamo cercare di immettere una grande onda di positività, di amicizia, di valori spirituali attraverso le vie aperte dai social network, e cosa di più bello e di più potente che l’immagine e la voce di un Papa che è stato così amato da tutta l’umanità?

    D. – Proprio recentemente sono stati pubblicati e presentati i Lineamenta per il Sinodo sulla nuova evangelizzazione: una nuova evangelizzazione che passa anche attraverso i “continenti digitali”, come vengono chiamati oggi...

    R. – Credo che, effettivamente, possano passare anche dei messaggi positivi, che siano attesi, che soprattutto i giovani – ma non solo i giovani – desiderino farsi anche parte attiva del diffondere, del collaborare a diffondere i messaggi positivi, i messaggi di speranza tramite i social network, tramite le vie offerte oggi dalla tecnologia. Noi diamo un messaggio positivo e lo mettiamo a disposizione della condivisione, perché possa essere rilanciato anche e proprio dall’iniziativa delle singole persone. (gf)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   All'Angelus il Papa esprime la sua vicinanza alle popolazioni del Giappone colpite dal terremoto.

    Nel servizio internazionale, in primo piano la situazione in Libia: mentre la comunità internazionale disserta, le truppe fedeli a Gheddafi marciano verso Bengasi.

    La Costituzione e l'unità d'Italia: il presidente emerito della Corte costituzionale italiana, Giovanni Maria Flick, sulla centralità della persona espressa dalla Carta.

    I suoni del Mercante: Enrico Reggiani sul rapporto tra musica e parole nel teatro di Shakespeare.

    Se Kashima lotta col pesce gatto: Maria Maggi sul fenomeno dei terremoti e dello tsunami.

    Tolleranza e ragione sulle due sponde del Tevere: Arturo Colombo su Stato e Chiesa nel processo unitario secondo Giovanni Spadolini.

    Nell'informazione religiosa, il dramma degli sfollati in Costa d'Avorio: l'appello del vescovo di Man.

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    Oggi in Primo Piano



    Giappone, emergenza nucleare nella centrale di Fukushima. Il bilancio sale a 5 mila vittime. Il nunzio: la Chiesa in prima linea nei soccorsi

    ◊   In Giappone, è sempre più alto l’allarme nucleare. Fonti locali rendono noto che non si può escludere una fusione in un reattore dell’impianto nucleare di Fukushima. Il circuito di raffreddamento del reattore da ore ha cessato di funzionare e il livello dell’acqua è talmente basso che le barre di combustibile nucleare sono al momento totalmente esposte. Sempre più pesante, poi, il bilancio delle vittime provocate dal terremoto e, soprattutto, dallo tsunami che venerdì scorso hanno colpito il Paese. I morti e i dispersi sono almeno cinquemila. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il mare restituisce migliaia di cadaveri e il bilancio delle vittime si aggrava di ora in ora. La città-simbolo di questa catastrofe è Minamisanriku, ormai deserta e muta. Migliaia di edifici, le strade e le case sono ora avvolte da un pantano impastato di sabbia, petrolio e acqua. L’allarme tsunami è stato lanciato poco dopo la scossa, ma l’onda si è abbattuta su una popolazione che stava cercando di capire cosa fosse successo. Si sono salvati solo coloro che, al momento dell’arrivo dello tsunami, avevano trovato riparo nei quartieri in collina. Adesso, anche in questa zona, le strade sono interrotte, non c’è acqua potabile e la corrente elettrica è sospesa.

    Il premier giapponese, Naoto Kan, ha affermato che per il Paese “è il momento più difficile dalla fine della seconda Guerra mondiale”. Resta molto preoccupante anche la situazione della centrale di Fukushima, dove si sono verificate due nuove deflagrazioni provocate da fughe di idrogeno. Al momento, il livello di radioattività è comunque basso ma per l'Agenzia nucleare francese, invece, le emissioni radioattive sarebbero molto più consistenti. E non è ancora scongiurata l’ipotesi peggiore, quella catastrofica della fusione del nocciolo. L’Agenzia per la Sicurezza nucleare nipponica esclude comunque che si possa ripetere un disastro come quello di Chernobyl.

    A subire gravi ripercussioni, infine, è anche l’economia giapponese. Sulla base delle informazioni attualmente disponibili, Credit Suisse stima che il terremoto costerà all’economia giapponese 14-15 trilioni di yen. La Banca centrale giapponese ha reso noto che immetterà 7 mila miliardi di yen, pari a 85,5 miliardi di dollari, per cercare assicurare stabilità ai mercati finanziari. Secondo diversi esperti, un’eventuale recessione in Giappone potrebbe coinvolgere molti Paesi, minando seriamente le stime di crescita previste dagli esperti in relazione alla crisi economica mondiale.

    La popolazione giapponese segue con grande apprensione le notizie sull’emergenza nucleare e sul bilancio delle vittime. Amedeo Lomonaco ha raggiunto telefonicamente a Tokyo il collega e collaboratore della Radio Vaticana, Stefano Vecchia:

    R. – E' un Paese certamente intimorito e un Paese che da questa sera è anche sotto una specie di black-out per la necessità di conservare energia. I giapponesi si sono in qualche modo auto-limitati: la stessa capitale Tokyo oggi ha spento i suoi monumenti più famosi. E’ un Paese che teme fortemente la possibilità di una drammatica emissione di radiazioni dalle centrali, in particolare quella di Fukushima due, con sistemi che in questo momento sembrano sfuggire al controllo.

    D. – Dunque, resta sempre alto l’allarme nucleare. Quali informazioni arrivano dai media locali?

    R. – Le informazioni date dalla televisione sono puntuali e frequenti. Evidentemente, sono informazioni ufficiali che i giapponesi, un po’ per abitudine ma un po’ anche per fiducia nelle autorità, prendono per affidabili. C’è però un forte timore, nel momento in cui le stesse autorità hanno dichiarato che per la centrale numero due di Fukushima, in particolare, un reattore non è controllabile con i sistemi tradizionali. Domani, probabilmente, ci sarà l’ultimo tentativo di alleggerire la pressione e di abbassare la temperatura prelevando acqua marina e inserendola, appunto, nel reattore.

    D. – Dunque, è alto l’allarme nucleare e sempre più pesante il bilancio delle vittime; emblematico in questo senso è lo scenario della città di Minamisanriku, ormai deserta e muta…

    R. – Questa, in realtà, è una delle città più colpite, ma è una. Il problema è che per un Paese importante, noto proprio per la facilità di comunicazione, in questo momento ci sono molte aree che sono praticamente isolate. Da oggi, le ferrovie giapponesi che da Tokyo vanno verso Nord sono sostanzialmente bloccate e funziona soltanto il servizio di autobus. Questo problema vale in parte anche per le strade che vanno verso il nord. Quindi, è un Paese molto isolato. E quando vengono raggiunte le zone isolate, si scopre la vastità del dramma.

    D. – Il Giappone è un Paese che ha comunque bisogno dell’aiuto internazionale, anche se ha uno stato tecnologico molto avanzato…

    R. – Assolutamente sì, proprio perché questa è una situazione che nessun Paese si è mai trovato ad affrontare. E il fatto che sia successo in Giappone e che abbia messo in ginocchio questo Paese, fa capire proprio la drammaticità della situazione. Continuano ad arrivare squadre di soccorso che sono assolutamente benvenute. Vengono organizzate come forse soltanto i giapponesi riescono a fare.

    D. – E a tremare adesso è anche l’economia giapponese. Si teme un impatto a livello globale?

    R. – Vi è una forte preoccupazione. Chiaramente è impossibile allo stato attuale quantificare i costi che saranno enormi, molto superiori al bilancio del terremoto di Kobe del 1995. Il Paese è praticamente diviso a metà. C’è un Paese “normale” è un Paese che manca di tutto. Uno stato dove mancano anche cibo e materie prime. Nella stessa Tokyo, negli scaffali di molti supermercati, ci sono spazi vuoti che prima non si erano mai visti.

    D. – Parlando con la gente, cosa si percepisce?

    R. – Una forte attesa. Sostanzialmente, la gente attende. Tenendo presente che Tokyo è al centro di un agglomerato urbano che conta 30 milioni di persone e le centrali a rischio sono a 200-250 chilometri, la gente è in attesa. In questo momento teme soprattutto le radiazioni anche se chiaramente è colpita e prostrata dalla vastità dei danni provocati dal terremoto e, soprattutto, dalla grande perdita di vite umane. Aspetta di sapere con certezza quale sia questo bilancio; chiaramente, piange i suoi morti. E’ un Paese molto unito, drammaticamente unito anche in questa circostanza. (gf)

    Dalle Chiese cattoliche di vari Stati asiatici e da organizzazioni appartenenti a diverse confessioni religiose arrivano segni di solidarietà e vicinanza al Giappone. La Caritas ha inviato 100 mila euro e altri contributi sono stati messi a disposizione da Caritas Giappone e dall'arcidiocesi di Seoul, in Corea del Sud. Nel Paese asiatico, intanto, anche la comunità cattolica è stata drammaticamente colpita dal sisma. Ascoltiamo il nunzio apostolico in Giappone, mons. Alberto Bottari de Castello, intervistato da Federico Piana:

    R. - Siamo molto preoccupati. Prima, vedendo le immagini di questi nostri fratelli che sono su al nord. Siamo riusciti a parlare con il vescovo di Sendai che è ancora isolato. Le comunicazioni qui a Tokyo sono ancora saltuarie. Quindi, stiamo partecipando un po’ tutti a questa situazione di gravità.

    D. - Eccellenza, la Chiesa come sta vivendo questo momento drammatico?

    R. - Partecipando in pieno. C’è impegno, c’è stata già ieri una prima apertura delle sottoscrizioni ed è stato diffuso il messaggio del Papa per animare e per sentirci in prima linea nella partecipazione spirituale e anche materiale. La Caritas sta già mandando qualcuno a Sendai per organizzare gli aiuti ed è ancora difficile andare lassù, le strade sono interrotte. Solo le autorità e l’esercito riescono ad andare ma per noi è anche sconsigliato a causa dei problemi che ci sono nella centrale atomica.

    D. - Mons Bottari, lei ha parlato anche del vescovo di Sendai che è riuscito a contattare dopo tante difficoltà, sta bene?

    R. - Ho parlato col vescovo e so che sta bene. Abbiamo ricevuto un messaggio fax con informazioni sulla situazione. Abbiamo saputo che un padre missionario canadese è tra le vittime e finora è la sola vittima tra i religiosi. Tra i sacerdoti locali e le religiose non ci sono altre segnalazioni.

    D. - Per quanto riguarda i dispersi, avete notizia di sacerdoti missionari dispersi?

    R. – Per questo, ci rimettiamo un po’ alle autorità. Ci sono persone che non si riescono a contattare già da tre giorni e non si hanno ancora notizie. Quindi si comincia ad avere paura. Anche sul posto si danno da fare; mi ricordo che abbiamo chiesto notizie di una persona che sarebbe di solito a mezz’ora di strada, però ci hanno detto: chiamate domani, vi daremo notizie. Anche per loro è difficile muoversi. (bf)

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    Terzo anniversario della morte di Chiara Lubich. Il cardinale Antonelli: ha reso la santità a portata di tutti. Pubblicata la biografia ufficiale

    ◊   Il 14 marzo di tre anni fa, si spegneva a Rocca di Papa, in provincia di Roma, la fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich. A ricordarne la figura è stato ieri sera il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia. Nella Messa di ringraziamento presieduta nella Basilica romana dei Santi XII Apostoli, assieme a due vescovi e a una ventina di sacerdoti e di fronte a una folta comunità romana dei focolari, il porporato ha ricordato i pilastri della spiritualità di Chiara Lubich: l’impegno a vivere la Parola di Dio e a compiere la Sua volontà, ma anche la meta della santità collettiva e la ricerca del dialogo con tutti. Ma in che modo il carisma dell’unità di Chiara Lubich dà forma al dialogo dei Focolari? Claudia Di Lorenzi lo ha chiesto a Roberto Catalano, incaricato per il Movimento dei Focolari per il dialogo interreligioso, per molti anni in India:

    R. - Il carisma di Chiara Lubich è il carisma della comunione e dell’unità e quindi come tale non può non essere ideologico. Infatti, il fine specifico del Movimento è proprio quello del dialogo a 360 gradi all’interno della Chiesa cattolica: il dialogo ecumenico, il dialogo con fedi di altre religioni, il dialogo con persone di buone volontà senza un riferimento religioso.

    D. – Quanto è difficile tradurre nella pratica quello che a livello teorico si può individuare come punto d’incontro?

    R. – Non è semplice, anzitutto perché l’idea di Dio che abbiamo noi cristiani non è l’idea di Dio che hanno i musulmani, non è l’idea di Dio che hanno le persone di altre fedi. Si tratta, fondamentalmente, di sapere che non sappiamo, e che dunque dobbiamo metterci in un atteggiamento di ascolto, di apprendimento, cosa che non è mai facile. Se lo si fa, emergono però dei momenti di scambio nei quali ci rendiamo conto che sono molte le cose che si hanno in comune e molte le cose diverse. E la diversità non viene confusa, anzi aiuta a mantenere quello che siamo e, allo stesso tempo, a metterci in contatto e in comunione.

    D. – Quali sono i frutti più importanti del dialogo?

    R. – Innanzitutto, si sperimenta una profonda unione interiore con Dio e, in secondo luogo, ci si incontra come fratelli e sorelle: si fa l’esperienza per cui è possibile vivere come una famiglia all’interno dell’umanità, non perché qualcuno ce lo ha detto, ma perché lo abbiamo sperimentato. Ci sono poi tanti altri aspetti molto concreti. Per esempio, l’accettare il diverso per quello che è, con il conseguente crollo dei pregiudizi, e poi il collaborare: magari non crediamo nella stessa cosa, magari non pensiamo la stessa cosa, ma possiamo lavorare per delle finalità comuni.

    D. – Come si concilia il fatto che noi cristiani crediamo che esista una sola verità con le tante religioni?

    R. – Che la verità è una è un fatto, ma non è unica. La verità una vuol dire che è una verità che è vera per tutti gli uomini, a qualsiasi religione essi appartengano. Una verità unica è una verità che esclude alcuni. Il cristianesimo ha un Dio che è trinitario: non è un Dio unico, è un Dio uno, è molto diverso. Si tratta di partire da questa coscienza: la verità è una e rivelata pienamente in Gesù, ma questo non vuol dire che gli altri non hanno accesso a questa verità e che gli altri non possano conoscere questa verità, sia perché questa verità è già presente nelle altre religioni in qualche modo e in modi diversificati, e anche perché la rivelazione della verità una in Gesù è per tutto il genere umano. (ap)

    E questa sera, sempre a Roma, la figura della fondatrice del Movimento dei Focolari sarà ricordata in un incontro dal titolo “Chiara Lubich, una donna in dialogo. Spunti di dialogo interreligioso e con il mondo della cultura contemporanea”, con la partecipazione di esperti del mondo cattolico, ebraico e islamico. Intanto, in occasione del terzo anniversario della scomparsa, l’editrice Città nuova ne pubblica la prima biografia ufficiale. Il titolo è “PortarTi il mondo tra le braccia. Vita di Chiara Lubich” e raccoglie le testimonianze di chi l’ha conosciuta insieme ad ampio materiale inedito. L’autore è Armando Torno, editorialista del Corriere della sera. Gabriella Ceraso lo ha intervistato:

    R. – Il titolo “PortarTi il mondo tra le braccia” è una frase che riassume meglio di ogni altra quello che è stato il suo ideale di vita e, ovviamente, la sua visione del cristianesimo.

    D. - Lei non ha mai incontrato o conosciuto personalmente Chiara Lubich, lo fa attraverso una biografia. Che esperienza ne ha tratto?

    R. - Non l’ho mai conosciuta personalmente, tuttavia mi sono reso conto che l’ideale di Chiara Lubich anticipava gli ideali del Concilio, anticipava quello che il Concilio Vaticano II ha fatto. Poi, ovviamente, c’è un ideale di vita cristiano: “Tutti siano uno”, una sua frase che ritorna. Io l’ho conosciuta attraverso queste pagine: una figura che non si lascia catturare facilmente, però estremamente affascinante, estremamente rivoluzionaria e più moderna, forse, delle figure che stanno all’interno della Chiesa, con tanto silenzio ma anche con tanta dedizione.

    D. - Dal suo punto di vista, in che cosa consiste questa modernità?

    R. - Chiara ha sfidato alcune proposte della modernità e forse le ha vinte in maniera diversa rispetto alle mille soluzioni politiche che si sono avvicendate, prospettate nel Novecento. Il grande tema economico, che ha fatto versare fiumi di lacrime e oceani di inchiostro, Chiara l’aveva risolto semplicemente attraverso il cristianesimo, in una comunità. Inoltre, Chiara è riuscita a essere particolarmente moderna per un dialogo senza frontiere e senza preclusioni, ma vissuto in nome di un amore verso tutti e verso tutto, prendendo ciò che ognuno ha di buono. Direi che questo principio alla base del movimento di Chiara sia – tra gli aspetti che lei ci ha lasciato – quello da attualizzare costantemente. Io aggiungo anche che Chiara si è aperta a tutti rimanendo fissa al suo Gesù, a quel Cristo che per lei è il punto di partenza di ogni cosa. Ma a ben guardare – e tra l’altro lo prova anche il libro del Papa, appena uscito – la figura di Cristo resta sempre attualissima e stimolante. Poi, sono gli uomini, le istituzioni, le circostanze che l’hanno letto e poi “costretto” in una qualche angolazione. Ma Cristo è la persona più scandalosamente aperta che si possa incontrare. Ecco, Chiara è stata una persona scandalosamente aperta in una società che aveva ancora delle chiusure.

    D. - E’ un libro che tutti potranno leggere, secondo lei?

    R. - Assolutamente sì. La vita di Chiara è una vita lineare, una vita fatta di cose semplici, di un amore integrale, quasi arrendevole nei confronti del Vangelo. Tutte le ideologie sono fallite, la politica è in crisi, l’economia non ha dato grandi garanzie: su quali valori dobbiamo puntare? A mio giudizio, l’unica scommessa da fare è puntare tutto su Cristo: non esistono altre vie per le grandi soluzioni del mondo moderno. (bf)

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    Aperta in Italia la prima struttura ospedaliera pubblica per la cura dei pazienti in stato vegetativo

    ◊   E’ stata inaugurata in questi giorni nell’Ospedale romano San Camillo Forlanini l’Unità di Cure Residenziali Intensive (Ucri) per i pazienti in stato vegetativo o minima coscienza. Si tratta della prima struttura in Italia nel suo genere interamente pubblica. Al momento sono stati attivati i primi dieci posti letto, ma un volta a regime regime l’Ucri potrà offrire cure e assistenza a 30 persone. La nuova unità è stata anche dotata di spazi dedicati ai familiari dei pazienti perché possano vivere giorno e notte con i loro cari ricoverati. Paolo Ondarza ne ha parlato con il primario, il prof. Remo Orsetti:

    R. - Questa è un’esperienza a livello nazionale che introduce il concetto di paziente in gravi condizioni che viene trattato in ospedale, quindi in un posto pubblico. Questi pazienti si possono avvalere, oltre che dei medici, delle più ampie specializzazioni possibili di cui hanno necessità in questo - purtroppo lungo - decorso della malattia.

    D. - C’è un termine entro il quale il paziente viene tenuto presso la struttura?

    R. - No, non esistono termini. I pazienti la lasciano se tornano a uno stato di coscienza, tutto il resto è legato ai parenti. E’ comunque difficile mantenere, nell’ambito di una famiglia, un paziente in stato vegetativo permanente. Per questo la struttura pubblica si deve far carico di questi pazienti.

    D. - Si tratta di una novità, perché finora i pazienti in stato vegetativo non avevano la possibilità di essere ricoverati negli ospedali…

    R. - No, sono sempre stati trattati in strutture private, convenzionate poi con quelle pubbliche.

    D. - Inoltre, un aspetto che sicuramente non è secondario è quello della presenza dei parenti…

    R. - Ho dato disposizioni che questo centro debba rimanere “out”, cioè chiuso per i parenti, soltanto dalle 8 alle 11, per permettere di fare pulizie e sistemare i pazienti. Per il resto, il centro è comunque sempre aperto ai parenti.

    D. - Questo perché la vicinanza di un parente contribuisce sicuramente alla cura…

    R. - E’ fondamentale per cercare di far venir fuori da questo stato di veglia, ma anche di incoscienza, i pazienti.

    D. - L’auspicio, espresso anche dal presidente Napolitano, è che il vostro esempio contagi anche altre strutture…

    R. - Questo è un auspicio che facciamo tutti: che in ogni regione italiana ci sia un centro, come il nostro, in grado di accudire tutti i pazienti - e sono 2.500 in Italia - in stato vegetativo. Se ogni regione si attrezza, 2.500 pazienti possono essere trattatati sicuramente nell’ambito delle strutture ospedaliere. La realizzazione di progetti di questo tipo, con contenuti tecnologici elevati, potrebbe permettere alla cittadinanza di avere un minor numero di stati di coma vegetativi. Che cosa vuol dire? Vuol dire che se io riesco a trovare subito una via d’uscita dalle rianimazioni grazie a posti come questi, le possibilità di recuperare il paziente dal punto di vista neuropsicologico sono senz’altro maggiori.

    D. - L’esistenza di un reparto come questo è senz’altro sintomo di un passo in avanti nella civiltà di un Paese…

    R. - E’ un passo avanti verso il raggiungimento degli obiettivi che dovrebbero essere patrimonio comune di ogni cittadino. (vv)

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    Il laboratorio Cei sulla cultura sportiva. Intervista con don Mario Lusek

    ◊   Un laboratorio di pensiero e di ricerca aperto a tutti coloro che sono interessati a rilanciare un progetto di cultura sportiva. L’iniziativa, promossa dall’Ufficio Nazionale per la pastorale del Tempo Libero, Turismo e Sport della Cei, si inserisce nel quadro degli orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 della Chiesa italiana, con l’obiettivo di formare una nuova generazione di educatori sportivi che “non mettano Dio in panchina”. Il laboratorio di cultura sportiva, iniziato nei giorni scorsi presso il Centro San Lorenzo di Roma, vedrà fino al novembre prossimo, con incontri a cadenza mensile, la partecipazione di una cinquantina di persone, tra dirigenti sportivi, allenatori, insegnanti, formatori, universitari e seminaristi. Luca Collodi ne ha parlato con don Mario Lusek, direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale del Tempo Libero, Turismo e Sport:

    R. – Abbiamo pensato a una scuola di pensiero, che metta in rete e in collaborazione diverse realtà ecclesiali, che si occupano di sport: la Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport, il nostro ufficio e la cappellania universitaria dell’Istituto di scienze motorie presso il Foro Italico. E vorremmo dimostrare anche che attraverso questa strategia di rete è possibile agire poi nei territori locali delle nostre diocesi, delle nostre Chiese locali, avviando quelle alleanze strategiche che possono, attraverso lo sport, raggiungere i ragazzi che non solo lo praticano, ma che attraverso lo sport vogliono crescere come persone e raggiungere anche un equilibrio, una maturità, che guarda all’intera persona, alla totalità dell’essere.

    D. – Lo sport, quindi, diventa un elemento fondamentale per il progetto culturale dei vescovi italiani, che riguarda proprio l’educazione...

    R. - Esatto. Anche negli orientamenti vengono indicati i luoghi del tempo libero, dello sport e della vita oratoriale come luoghi propri per passare e veicolare un progetto educativo. Noi siamo convinti che lo sport veicoli dei valori di per sé, e a volte i disvalori esterni lo condizionano e lo inquinano. Con questa scuola di pensiero vorremmo fare emergere i valori positivi, che possono poi diventare, attraverso la nostra azione, anche orientamenti di evangelizzazione e catechesi nel mondo dello sport.

    D. – Concretamente, di cosa si tratta?

    R. – Il progetto si basa su tre momenti. Il primo, è un itinerario formativo che procederà mensilmente fino al mese di novembre, attraverso una serie di incontri che prevedono un momento di riflessione e di Lectio divina, un confronto su alcune tematiche che sono già in elenco, soprattutto il cristianesimo come motore di sviluppo dello sport, per vedere come l’esperienza cristiana possa dare allo sport un’anima e un suo significato, e i passi per entrare in questo mondo dello sport. Terzo momento, da questa scuola di pensiero dovrebbero nascere degli orientamenti, degli atteggiamenti che noi vorremmo veicolare attraverso una pubblicazione dallo stampo un po' catechetico e arrivare poi a disseminare nei territori locali – nelle diocesi e nelle parrocchie – ciò che è stato intuito e professato all’interno di questo percorso e quindi agire con il mondo associativo. Le associazioni di ispirazione cristiana nel mondo dello sport sono molto presenti nei territori – il Csi in modo particolare – e con loro vorremmo poi attivare una rete di collaborazioni locali. (ap)

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    Chiesa e Società



    Patriarca Bartolomeo I: appello agli Stati sui rischi dell'energia nucleare

    ◊   Forte appello del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, perché “gli Stati rivedano la loro politica in favore dell’energia nucleare”. E’ contenuto in un messaggio – diffuso oggi dall’agenzia greca “amen.gr” - che il Patriarca ha scritto in seguito al terremoto in Giappone e all’esplosione della centrale nucleare di Fukoshima. Il Patriarca – da sempre strenuo difensore della causa ecologica e promotore di iniziative internazionali per la salvaguardia dell’ambiente – così scrive nel messaggio: “Si elevano preghiere da tutte le parti per i dispersi ma anche per coloro che sono ancora provati e messi in pericolo dalle esplosioni post-sismiche. Purtroppo, l’esplosione della centrale nucleare di Fukoshima è sopraggiunta come altra conseguenza tragica del terremoto, rendendo più terribile ancora l’incubo del Giappone. E le sue orribili conseguenze si faranno sentire su scala ancora più ampia. Sui terremoti, l'uomo non ha nulla da dire perché le sue cause sono più grande di lui. Ma sull’esplosione di una centrale nucleare e più in generale sull’energia atomica, egli ha diritto a parlare”. “Con tutto rispetto per la scienza – prosegue il messaggio di Bartolomeo I – noi proponiamo al posto dell’energia atomica così pericolosa per la sopravvivenza dell’umanità, le diverse forme di energia verde che sono inoffensive, rispettano sia l’ambiente sia l’uomo, e sono capaci di rispondere sufficientemente ai bisogni. Il creatore ci ha offerto il sole, l’aria, le onde del mare e degli oceani, a partire dai quali possiamo produrre energia. La scienza rispettosa dell’ambiente ha messo a punto tecniche che permettono di produrre energia. Per questo ci domandiamo: perche avventurarsi in imprese così pericolose?”. “Dal Patriarcato ecumenico, eleviamo preghiere ferventi per il popolo giapponese amico, afflitto e provato e lanciamo un appello in tutte le direzioni in vista di una revisione della politica degli Stati a favore dell’energia nucleare”. (R.P.)

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    Cina: preghiere e solidarietà dei cattolici per i terremotati e le vittime del Giappone

    ◊   Il mondo cattolico cinese si è mobilitato subito dopo aver appreso la notizia del terremoto e dello tsunami che ha colpito duramente il Giappone, con la preghiera e con gesti concreti di solidarietà per soccorrere i terremotati giapponesi. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, dal continente a Taiwan e Hong Kong, dai vescovi ai fedeli, agli enti e organizzazioni cattoliche, tutti stanno rispondendo all’appello alla solidarietà rinnovato ieri dal Papa all’Angelus: “incoraggio quanti, con encomiabile prontezza, si stanno impegnando per portare aiuto. Rimaniamo uniti nella preghiera”. Nella stessa notte del terremoto, mons. Giuseppe Li Lian Gui, presidente di Jinde Charities, ha inviato subito un telegramma a mons. Isao Kikuchi, presidente della Caritas giapponese, per esprimere tutta la solidarietà e la vicinanza dei cattolici cinesi, assicurando la loro preghiera e la raccolta di fondi per aiutare i terremotati. Inoltre Jinde Charities ha lanciato un appello sul suo sito, invitando tutti a mobilitarsi con la preghiera per la popolazione giapponese in gravi difficoltà, indicando i modi possibili attraverso cui offrire il proprio contributo. Mons. John Tong, vescovo di Hong Kong, ha lanciato un appello a tutti i sacerdoti, religiosi/e, seminaristi, la sera dell’11 marzo, perché “preghino per la popolazione colpita dal terremoto e dallo tsunami della zona di Yun Nan, nella Cina continentale (colpita il 10 marzo), in Giappone e in Indonesia, invocando la misericordia di Dio, che abbia pietà dei terremotati”. La diocesi di Hong Kong pubblicherà al più presto le modalità concrete per la raccolta di fondi. Anche la diocesi taiwanese di Tai Chung esorta tutti i fedeli a fare una breve preghiera prima del pasto per tutte le popolazioni che sono state colpite dai disastri naturali (dal terremoto e dallo tsunami del Giappone, al terremoto in Nuova Zelanda, all’eruzione del vulcano in Indonesia …) e a compiere un gesto di carità ogni giorno di Quaresima, dall’11 marzo al 17 aprile. Inoltre la diocesi ha indicato tre siti per la raccolta delle offerte, destinati al Giappone, alla Nuova Zelanda e alla regione cinese continentale dello Yun Nan. (R.P.)

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    Pakistan: la polizia sminuisce l'assassinio del ministro Bhatti. Timori per Asia Bibi

    ◊   Sconcertanti dichiarazioni dell’ispettore generale di polizia, Wajid Ali Durrani, secondo cui alla radice dell’assassinio di Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze pakistano potrebbe esserci “un’inimicizia personale”. “Stiamo esaminando i dettagli della situazione - ha affermato l’ispettore all’agenzia AsiaNews - dal momento che aveva cattive relazioni con alcuni gruppi locali”. Molto critico il vescovo di Islamabad, mons. Rufin Anthony: “La polizia di Islamabad sta cercando di trovare un capro espiatorio per salvarsi e nascondere la sua incapacità”. “É chiaro che Shahbaz Bhatti – ha sottolineato il porporato - era sotto minaccia degli estremisti. É stato martirizzato – ha continuato - per aver parlato di una modifica alla legge sulla blasfemia. Questo fatto tragico - ha aggiunto il vescovo - ha unito i cristiani in tutto il Pakistan. Non lasceremo che il sangue di questo martire vada sprecato”, ha sottolineato il presule. Intanto, Asia Bibi, la donna cristiana accusata ingiustamente di blasfemia e il cui caso ha suscitato polemiche in tutto il Pakistan, è sconvolta e teme per la sua vita. Secondo la “Masihi Foundation”, Asia Bibi “digiuna e prega”. “É stata colpita duramente dalla notizia dell’uccisione – ha dichiarato un portavoce dell’associazione - e teme di poter essere uccisa fra le mura della prigione”. “Stiamo facendo tutto il possibile per assicurare la sua sicurezza”, ha affermato il portavoce. (M.I.)

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    India: pastori cristiani arrestati in Karnataka e nuovi atti vandalici in un cimitero cattolico

    ◊   Nuovi episodi di violenza sui cristiani emergono nello Stato di Karnataka, nell’India sud occidentale: un cimitero cattolico a Mysore è stato oggetto di atti vandalici, mentre due pastori evangelici sono stati arrestati dalla Polizia nel distretto di Tumkur, con l’accusa di compiere “conversioni forzate”. Il 10 marzo scorso - riferisce l’agenzia Fides - nel cimitero presso la parrocchia di Gesù Bambino a Pushpagiri, sobborgo di Mysore, sono state distrutte una statua di Cristo ed alcune tombe. Gli autori potrebbero essere alcuni sconsiderati o ubriachi ma resta nella comunità la preoccupazione di essere vittime di un clima d’intolleranza. Nel distretto di Tumkur alcuni giorni prima, la Polizia ha arrestato due pastori evangelici accusati da alcuni estremisti indù di compiere “conversioni forzate”. I militanti hanno fatto irruzione in una chiesa e l’hanno saccheggiata, portando via bibbie e libri cristiani. In seguito, gli stessi militanti hanno avvertito la Polizia del posto, denunciando presunte “conversioni illecite” e gli agenti hanno arrestato due pastori. Il Karnataka è da settimane al centro delle attenzioni dell’opinione pubblica e delle cronache per il dibattito sul mancato riconoscimento degli attacchi contro i cristiani avvenuti nel 2008. Leader e fedeli cristiani del luogo, di tutte le confessioni, continuano a denunciare che le violenze non si sono fermate, ma proseguirebbero nell’indifferenza, o anche nella complicità, delle istituzioni civili, governate dal partito nazionalista indù Baratiya Janata Party, fiancheggiatore di gruppi estremisti indù. (R.G.)

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    Egitto: l’esercito ricostruisce la chiesa copta distrutta dai musulmani

    ◊   L’esercito egiziano inizia la ricostruzione della chiesa copta di S. Mina e San Giorgio di Soul, incendiata dai musulmani lo scorso 5 aprile. E’ quanto affermano, fonti dell'agenzia AsiaNews, anonime per motivi di sicurezza. La fonte sottolinea che i lavori sono iniziati oggi e saranno a carico del governo. “La chiesa – afferma la fonte - verrà costruita sullo stesso luogo e con le stesse dimensioni della precedente, nonostante l’opposizione dei radicali islamici”. La comunità copta ha accolto con favore la notizia, ma ha annunciato che continuerà a manifestare davanti alla sede della Tv egiziana per chiedere uguali diritti per i cristiani, a tutt’oggi negati dalla costituzione egiziana. “La ricostruzione della chiesa è un segno di buona volontà da parte dei militari”, continua la fonte. “In questi giorni anche una delegazione dell’Università di al–Azhar ha incontrato i cristiani del villaggio di Soul per comunicare la propria vicinanza”. Dopo l’incendio della chiesa copta di San Mina e San Giorgio a Soul (30 km a sud del Cairo), nella capitale sono avvenuti scontri tra copti e musulmani costati 13 morti e oltre 50 feriti. Lo scorso 11 marzo, centinaia di cristiani copti e musulmani con in mano i simboli di croce e mezzaluna si sono radunati in piazza Tahrir per ribadire l’unità interconfessionale del popolo egiziano. Secondo la fonte, al Cairo vi è un clima positivo e non vi sono notizie di nuovi scontri tra cristiani e musulmani, ma resta la paura dell’estremismo islamico. “I Fratelli musulmani – aggiunge - sono l’unico gruppo organizzato e armato presente nel Paese. Nonostante le divisioni interne essi saranno uniti nel portare avanti le idee dell’islam radicale alle prossime elezioni parlamentari”. (R.P.)

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    Etiopia: radicali musulmani bruciano 12 chiese protestanti. Un morto e decine di feriti

    ◊   Continua l’ondata di violenza dei radicali islamici contro i cristiani evangelici nella zona di Asendabo, in Etiopia. Negli ultimi giorni - riferisce l’agenzia AsiaNews - sarebbero state distrutte dodici chiese protestanti, due case di predicatori evangelici e diverse abitazioni di cristiani della zona. I radicali avrebbero cominciato i loro attacchi il 2 marzo scorso, dopo aver accusato i cristiani di aver dissacrato il Corano. Una folla di musulmani, gridando “Allahu akbar” (Dio è il più grande) ha attaccato tre chiese evangeliche incendiandole. Le forze di polizia non sono riuscite ad impedire la distruzione dei luoghi di culto. Con il passare dei giorni le violenze non sono diminuite. Secondo fonti evangeliche, un cristiano avrebbe perso la vita, parecchi altri sarebbero feriti e oltre a decine di abitazioni e luoghi preghiera sarebbero state bruciate una scuola, un orfanatrofio e gli uffici di una chiesa. Circa tremila cristiani sarebbero sfollati a causa dell’ondata di violenza. Un leader cristiano locale ha dichiarato che gli attacchi sono stati organizzati dai membri di Kwarej, un gruppo islamico radicale che avrebbe l’obiettivo di creare uno stato islamico nel Paese, a maggioranza musulmana. I responsabili degli attacchi proverrebbero da diverse regioni del Paese, comprese quelle vicine alla Somalia. “É molto triste che un gruppo islamico radicale cerchi di destabilizzare la convivenza fra cristiani e musulmani”, ha dichiarato il responsabile di una chiesa locale. “Chiediamo a tutti i responsabili di aiutarci – ha continuato - che le autorità prevengano il ripetersi di simili attacchi in futuro”. Il governo etiopico, a causa delle difficoltà della polizia a gestire la situazione, sarebbe stato obbligato a mandare l’esercito nella zona. (M.I.)

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    Congo: i vescovi criticano la revisione costituzionale sull’elezione del Capo dello Stato

    ◊   I vescovi della Repubblica Democratica del Congo affermano che la revisione della Costituzione è stata effettuata in “modo precipitoso e sbrigativo”. L’affermazione è contenuta nell’esortazione “Année electorale: Que devono-nous faire?”, elaborata dal Comitato permanente della Conferenza episcopale congolese (Cenco). Il 22 gennaio il Presidente Joseph Kabila ha promulgato la legge costituzionale che modifica la norma precedente, in base alla quale il Capo dello Stato veniva eletto con uno scrutinio in due turni. Con la modifica costituzionale le elezioni presidenziali del 27 novembre saranno a turno unico. La modifica costituzionale ha suscitato un vivo dibattito nel Paese ed anche i vescovi avevano espresso le loro perplessità al riguardo. Nel documento, inviato all'agenzia Fides, la Conferenza episcopale ricorda che la Costituzione è stata elaborata attraverso “un consenso laboriosamente ottenuto” ed è stata approvata da un referendum. La revisione costituzionale, invece, scrivono i vescovi “è stata votata e promulgata in meno di due settimane, alla fine di una sessione straordinaria del Parlamento dove non era stata inizialmente iscritta all’ordine del giorno, quando si sarebbe potuto intervenire in tutta tranquillità, in precedenza, sulla base di un’ampia concertazione e di un aperto dibattito pubblico e parlamentare”. I vescovi sottolineano la preoccupazione suscitata nel Paese da questa procedura: “temiamo che questa revisione costituzionale preluda ad altre revisioni che condurranno al ritorno del monopartitismo, alla fine della democrazia e all’instaurazione di una nuova dittatura”. I vescovi notano che “le elezioni in diversi Paesi africani hanno spesso dato lo spettacolo deplorevole di violenze, di contestazioni e di disordini” ed ammoniscono che la Rdc sappia trarre le dovute lezioni perché le elezioni del 27 novembre siano “libere e democratiche”. (R.P.)

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    El Salvador: mons. Alas chiede al presidente Usa Obama impegni sulla politica migratoria

    ◊   La Chiesa cattolica in El Salvador aspetta dal Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama, durante la sua prossima visita nel paese, il 22 e 23 marzo, una "parola di impegno" da parte sua per promuovere l’approvazione della riforma dell'immigrazione. Durante la consueta conferenza stampa della domenica dopo la Messa, - riferisce l'agenzia Fides - l'arcivescovo di San Salvador, mons. Escobar Alas, ha detto ieri che considera questa occasione come "un momento opportuno", in quanto Obama "arriva in un Paese che davvero ha molto bisogno. Vorremmo chiedere al signor Presidente degli Stati Uniti, il suo sforzo, la sua buona volontà, in modo che la riforma integrale dell'immigrazione avvenga durante la sua presidenza" ha detto l'arcivescovo di San Salvador. "Sappiamo che non dipende tutto da lui, ma vorremo comunque che ci fosse una parola di impegno, una parola che in qualche modo dia speranza che si otterrà la riforma dell'immigrazione" ha aggiunto. Il ministro degli Esteri, Hugo Martinez, ha detto che El Salvador sta valutando la possibilità di chiedere a Obama una "soluzione migratoria definitiva" per i suoi cittadini che vivono negli Usa e che godono del beneficio migratorio dello "Status di Protezione Temporanea". (R.P.)

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    L’arcidiocesi di Mexico denuncia lo scarso impegno Usa contro il traffico di armi in Messico

    ◊   L’arcidiocesi di Mexico ha denunciato il "cinismo" di alcune autorità degli Stati Uniti d’America riguardo al traffico di armi e la mancanza di impegno per fermare questo fenomeno, direttamente legato alla violenza che insanguina il Paese. "Purtroppo queste armi sono responsabili di più di 30.000 morti messicani in quattro anni. Migliaia di loro erano criminali, senza dubbio, ma molti altri erano cittadini, senza alcuna responsabilità, tra cui bambini innocenti" è scritto in un editoriale pubblicato dal sistema informativo dell'arcidiocesi di Mexico, la più grande del Paese. L'articolo sostiene che le autorità degli Stati Uniti si "preoccupano per la situazione in Messico", solo quando un funzionario americano è coinvolto dalle armi che essi stessi vendono, senza che rappresenti nulla la vita di molte migliaia di uomini e donne che sono vittime del loro atteggiamento irresponsabile in questo nefasto commercio". L’arcidiocesi - riferisce l'agenzia Fides - considera come responsabili di questa situazione Stati come l’Arizona, al confine con il Messico, "dove si permette il passaggio di armi illegali che vengono a finire nelle mani di criminali messicani", ma anche il Texas, il Colorado o la California. L'editoriale appare al termine di una settimana segnata dalla tensione tra Messico e Stati Uniti, dopo la rivelazione che grazie alla disposizione normativa "Fast and Furious", agenti dell'ufficio di controllo di Alcool, Tabacco, Armi da fuoco ed esplosivi (Atf) del Dipartimento di Giustizia degli Usa, hanno consentito il passaggio in Messico di circa 2.000 armi. (R.P.)

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    Costa Rica: giovani e famiglia tradizionale nel documento dei vescovi in chiusura della plenaria

    ◊   I vescovi del Costa Rica, nel documento conclusivo della 101.ma Plenaria, ricordano le celebrazioni in corso a 375 anni del ritrovamento dell’immagine di “Nuestra Señora de los Ángeles” e si rivolgono in particolare alle giovani generazioni e alla famiglia, due priorità fondamentali della pastorale. I presuli ricordano quanto sottolineato dal Papa al nuovo ambasciatore del Costa Rica, presso la Santa Sede, come una questione fondamentale: che le nuove generazioni si convincano che i conflitti non si vincono con la mera forza, bensì convertendo i cuori al bene e alla verità. Al raggiungimento di questo scopo, scrivono i presuli citando le parole del Santo Padre, “contribuirà in grande misura il rafforzamento nella società di quel pilastro fondamentale e irrinunciabile costituito dalla stabilità e dall’unione della famiglia, istituzione che sta subendo, forse più di qualunque altra, l’attacco delle trasformazioni ampie e rapide della società e della cultura, e che, tuttavia, non può perdere la sua vera identità, poiché è chiamata a essere vivaio di virtù umane e cristiane, dove i figli possano imparare dai loro genitori in modo naturale a rispettarsi e a comprendersi, a maturare come persone, credenti e cittadini esemplari. Di conseguenza, nulla di ciò che favorisce, tutela e sostiene la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna risulterà vano. In tal senso, la Chiesa non si stancherà d'incoraggiare in modo particolare i giovani, affinché scoprano la bellezza e la grandezza che comporta il servire fedelmente e generosamente l'amore matrimoniale e la trasmissione della vita”. I vescovi, con riferimento alla vita umana, diritto sacro e inviolabile, rinnovano il loro rifiuto al progetto di legge sulla fecondazione in vitro e chiedono di essere ascoltati dalla Commissione speciale dell’Assemblea nazionale. D’altra parte, i presuli osservano che la recente decisione della Corte dell’Aja, nel caso della controversia di confini con il Nicaragua, che congela la situazione odierna in attesa della sua sentenza finale, “conferma che il sentiero è quello del diritto e della ragione” e seguendo il quale si deve rinforzare la “fratellanza fra i nostri popoli, respingendo gli orrori della guerra, e al tempo stesso consolidando tutti i principi che contribuiscono a risolvere il conflitto” pacificamente. La Conferenza episcopale incoraggia le autorità a non abbandonare mai questa strada ed esprime il suo sostegno anche a tutti coloro che nel Nicaragua hanno scelto la via del dialogo e del negoziato. (A cura di Luis Badilla)

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    Colombia: come la maggioranza dei cittadini, la Chiesa dice "no" alle adozioni per le coppie gay

    ◊   Si riaccende in Colombia – riferisce L’Osservatore Romano - il dibattito sulla controversa possibilità di adottare figli per le coppie omosessuali. “Non ci devono essere dubbi - ha affermato il segretario generale aggiunto della Conferenza episcopale della Colombia, padre Pedro F. Mercado Cepeda - che la Chiesa è profondamente preoccupata per come sono riconosciuti e protetti efficacemente i legittimi diritti di tutti i colombiani, senza discriminazioni”. Nel condannare quindi fermamente “ogni possibile atto di abuso sociale o di violenza contro gli omosessuali”, il religioso ribadisce però, che l'attuale legislazione nazionale, che impedisce l’adozione a coppie dello stesso sesso, non può essere considerata discriminatoria. A sostegno di tale tesi, il segretario generale dei vescovi porta sostanziali argomentazioni giuridiche, sociali e psicologiche. I vescovi hanno indirizzato un documento ai membri della Corte costituzionale per chiedere che non sia legalizzata la possibilità che le coppie omosessuali adottino figli. “In concreto chiediamo alla Corte - precisa padre Mercado Cepeda - di non autorizzare le adozioni di figli in questi casi, tenendo presente i diritti dei minorenni. Secondo il diritto internazionale, ma anche secondo il nostro Codice, per i minorenni l’adozione è, al di sopra di ogni cosa, una protezione del bambino (articolo 88)”. Sempre secondo il segretario dell’episcopato colombiano, quando lo Stato autorizza un’adozione si propone di dare il suo patrocinio sociale e la sua protezione a persone che hanno bisogno di essere accolte in una famiglia “sia per ragioni di tenera età sia per manifesto stato di indifesa”. Perciò è evidente che l’interesse primo e supremo sia quello della persona che ha bisogno di essere adottata, il minore, e quindi “è questa la motivazione e il fondamento dell’adozione in quanto figura giuridica”. Infatti secondo quanto i vescovi affermano nella loro lettera alla Corte, “l’adozione può essere concessa soltanto in funzione dei diritti del minore e in caso di un qualsiasi conflitto sono questi diritti quelli che devono prevalere sempre”. “L’adozione - ha osservato il segretario aggiunto dell’episcopato colombiano - non è un diritto delle persone che desiderano adottare, sia nel caso di coppie omosessuali o eterosessuali, perciò stabilire quanto credono i vescovi non costituisce una violazione di un diritto fondamentale. Tale presunto diritto, infatti, non esiste”. Il segretario, di fronte ad alcune critiche, ha voluto ribadire come “agendo in questo modo non si configura nessuna discriminazione delle persone che desiderano adottare”. Infine, il segretario aggiunto dei vescovi evidenzia l’importanza di tenere in considerazione la volontà della “stragrande maggioranza dei colombiani, che hanno dimostrato visibilmente la propria contrarietà all’adozione di bambini da parte di coppie dello stesso sesso e l'esistenza di studi scientifici che rivelano gravi dubbi e riserve circa l'idoneità delle coppie omosessuali a dare ai bambini uno spazio eccellente per lo sviluppo e l'integrazione psico-sociale”. Padre Pedro F. Mercado Cepeda, a nome della Conferenza episcopale colombiana, auspica dunque che la Corte costituzionale, nell’esercizio delle competenze che gli sono riconosciute, “adotti una decisione nel pieno rispetto dei cittadini e dei valori costituzionali che hanno fondato e continuano ad arricchire la vita” della Nazione colombiana. (R.G.)

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    Argentina: appello per 23 mila bambini aborigeni a rischio di vita per fame a Salta

    ◊   Oltre 23 mila bambini aborigeni sotto i 6 anni, nella provincia di Salta in Argentina, rischiano la morte per fame – riferisce l’agenzia Sir - a causa delle misere condizioni di vita. “Solo nelle ultime tre settimane sono stati 26 i decessi di bambini indigeni”, denuncia l’associazione dei professionisti della salute di Salta (Apsades). “La gente - sottolinea Cristina Nesrala, segretaria dell’associazione - vive in condizioni indegne per un essere umano, senza casa e acqua potabile. La denutrizione colpisce tutte le fasce sociali. È morto anche un anziano: le politiche di salute nel Nord del Paese non sono adeguate, e questo viene segnalato regolarmente dai nostri medici”. “È uno scandalo che nel 2011 bambini e anziani muoiano per questi motivi”, commenta Guido Barbera, presidente di Cipsi, il Coordinamento nazionale che unisce attualmente 48 associazioni di solidarietà internazionale. Per questo Barbera lancia “un appello alla comunità internazionale” “affinché questa emergenza abbia fine”, informando che “un gruppo di associazioni Cipsi è presente in Argentina con un progetto a Salta per il sostegno della produzione di Amaranto, alimento fondamentale per migliorare la nutrizione delle fasce deboli della popolazione”. “Non possiamo rimanere indifferenti – conclude il presidente del Cipsi - di fronte a questa tragedia”. (R.G.)

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    La Chiesa argentina critica l’ambiguità dei sussidi scolastici in materia di droga

    ◊   Critiche della Chiesa argentina - riferisce l'agenzia Fides - ad un’iniziativa governativa in tema di lotta alla droga. Il presidente della Commissione per la pastorale sociale mons. Jorge Lozano ha contestato il titolo "Consumo problematico di stupefacenti, un approccio educativo" di un libro di Graciela Touzé, distribuito lo scorso anno in tutte le scuole statali. "Parlare di un uso problematico della droga - ha detto mons. Lozano - fa parte di un linguaggio ambiguo, che non è sufficiente a dire che cosa realmente accade quando si prende la droga". Il presule, che lavora con i giovani che hanno problemi di droga, mette in rilievo che in alcune pubblicazioni consegnate ai giovani con l'obiettivo di ridurre i danni causati dal consumo di droga "si spiega, per esempio, come inalare in modo di ridurre i rischi. Questa finisce per essere una lama a doppio taglio, perché suggerisce l'idea che ci sono modi sicuri di assumere delle droghe che non sono dannosi". Mons. Lozano aggiunge: "ho sentito dire da qualche funzionario pubblico che per il 75% dei giovani il consumo di droga è ricreativo. Ma qualcosa che è dannoso per la salute non è qualcosa di ricreativo, come un gioco". In realtà la legge che istituisce un programma nazionale di prevenzione e di educazione in materia di abuso e dipendenza da droghe attende un regolamento da più di un anno. E' intanto partita nel febbraio scorso la campagna lanciata dalla Conferenza episcopale argentina intitolata "Entrare nella droga è più facile che uscirne", dove si riporta anche la classifica stilata dall’Onu dei Paesi con un maggior consumo di droghe, che vede l’Argentina al primo posto in America Latina. (R.G.)

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    Perù: la Caritas chiede solidarietà per le vittime delle inondazioni

    ◊   La sierra e la foresta del Perù stanno vivendo momenti difficili per le forti piogge che hanno provocato inondazioni e smottamenti. Caritas Perù ha lanciato un appello alla solidarietà per aiutare le vittime. Le inondazioni e gli smottamenti hanno provocato la distruzione di abitazioni, coltivazioni e infrastrutture. Migliaia di persone sono colpite dalle calamità naturali nei dipartimenti di Apurímac, Ayacucho, Ancash, Arequipa (Chuquibamba), Pucallpa, Loreto (Yurimaguas), Junín (Satipo), Madre de Dios (Puerto Maldonado), Cusco, Huancavelica, Huánuco e Puno. Secondo l'ultimo rapporto dell'Istituto Nazionale di Difesa Civile (Indeci), finora sono 141.559 le persone coinvolte dalla catastrofe. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - riferisce l'agenzia Zenit - ha dichiarato lo stato d'emergenza per piogge in tutto il dipartimento di Huancavelica e in alcune province dei dipartimenti di Apurímac e Ayacucho. Di fronte a questa situazione, il presidente di Caritas Perù, mons. Miguel Irizar Campos, ha lanciato un appello chiedendo a tutti i peruviani di contribuire generosamente alla campagna “Solidarietà con le vittime delle inondazioni”, che mira a raccogliere fondi per beneficiare circa 2.500 famiglie povere che vivono nelle zone rurali colpite. Le azioni che verranno realizzate includono assistenza con aiuti umanitari (cibo, alloggio temporaneo, acqua e kit igienici), campagne sanitarie integrali - dando priorità ai bambini al di sotto dei cinque anni e agli anziani - e sviluppo di attività volte a rafforzare la capacità delle autorità locali e comunali di affrontare situazioni d'emergenza per eventi climatici avversi. Fino a questo momento, Caritas Perù, attraverso la sua rete di Caritas diocesane, sta assistendo le zone più colpite dalle inondazioni, implementando anche progetti per la riduzione dei rischi a Yurimaguas, Puerto Maldonado e Abancay. “Con tutte queste azioni – afferma una nota dell'organizzaziozne umanitaria cattolica – speriamo di far fronte alle necessità più urgenti dei nostri fratelli e di aiutarli a migliorare le loro condizioni di vita”. (R.P.)

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    La diocesi di Callao in Perù riflette sulla grande sfida della Missione continentale

    ◊   Sono stati tre giorni, dal 3 al 5 marzo, di intenso lavoro per i rappresentanti di tutta la comunità diocesana di Callao, in Perù, riuniti per la IX Assemblea pastorale convocata dal vescovo Miguel Irizar e guidata da Eduardo Pena, esperto della Commissione episcopale latinoamericano (Celam). Oltre 400 sacerdoti, suore, rappresentanti dei consigli parrocchiali, di comunità e commissioni diocesane – riferisce l’agenzia Fides - sono arrivati al Santuario della Virgen del Carmen de la Legua, dove si sono svolti i lavori incentrati sul tema: "Promuovere la conversione pastorale della Chiesa diocesana dalla Missione continentale alla luce di Aparecida". "Mi dà gioia vedere come i laici di Callao si siano entusiasmati attraverso la Scuola Missionaria in questi quattro anni”, ha sottolineato mons. Irizar. “Ora sono circa duemila i missionari che abbiamo nella nostra diocesi e già stanno facendo l’operazione contatto per le strade di Callao. Attraverso questo incontro – ha aggiunto il presule - vogliamo evidenziare che la comunità parrocchiale deve portare avanti il lavoro missionario e i movimenti devono unirsi a questo impegno". Nel terzo e ultimo giorno dell'Assemblea, è stata celebrata la Santa Messa presieduta dal nunzio apostolico, mons. Bruno Musarò, che ha espresso la sua gioia e la sua soddisfazione per i progressi compiuti nella pastorale dalla diocesi di Callao e per l'adesione alla chiamata missionaria contenuta nel documento di Aparecida. (R.G.)

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    Malaysia: cristiani contestano il governo per il blocco di 30 mila Bibbie in lingua malay

    ◊   “Sembrerebbe che le autorità stiano portando avanti un programma continuo, surrettizio e sistematico contro i cristiani in Malaysia, negando loro l’accesso alla Bibbia in lingua malay”. Questa la dichiarazione della Federazione dei cristiani della Malaysia, che in un comunicato stampa - riferisce l’agenzia AsiaNews - esprime la disillusione, l’ira e lo sconforto dei cristiani e parla di un affronto alla libertà religiosa. È una protesta piuttosto rara, quella portata avanti dall’organizzazione cristiana della Malaysia, un Paese a maggioranza musulmana. Ma è anche un segnale della crescente impazienza, fra le minoranze religiose, per la disputa, ormai vecchia di anni, sulla proibizione da parte del governo di usare la parola “Allah” come traduzione del termine “Dio” nella Bibbia e nei testi religiosi cristiani in lingua malay. Il presidente della Federazione, il vescovo Ng Moon Hing, ha dichiarato che le autorità stanno bloccando 30mila copie della Bibbia in Malay in un porto dell’isola del Borneo. Il ministero dell’Interno non ha reagito alla protesta. In realtà, il problema nasce dalla posizione del governo, secondo cui l’uso del termine “Allah” in testi non musulmani, potrebbe confondere i musulmani e addirittura condurli alla conversione al cristianesimo. Quasi due terzi dei 28 milioni di cittadini sono musulmani malay, mentre il 25% sono cinesi e l’8% sono indiani. Le minoranze etniche sono in grande maggioranza cristiani, buddisti e induisti. Nel dicembre 2009, il tribunale ha deciso che i cristiani hanno il diritto costituzione di usare il termine “Allah”. Questa decisione, ha causato, nel gennaio 2010, tensioni momentanee e l’ira degli estremisti musulmani. Undici chiese erano state attaccate. Intanto, la Chiesa cattolica ha ristampato un dizionario latino-malese, vecchio di 400 anni, per dimostrare l’antico uso del termine “Allah” in senso cristiano nel Paese. (M.I.)

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    Germania: da oggi a Paderborn plenaria dei vescovi sul tema dell'ecumenismo

    ◊   Si riunisce da oggi al 17 marzo a Paderborn, la Conferenza episcopale tedesca, per la plenaria di primavera, cui prendono parte 69 presuli sotto la direzione del presidente dell’episcopato, l’arcivescovo Robert Zollitsch. Al centro dell’incontro si colloca l’elaborazione di un’iniziativa di dialogo a tutto campo - sia all’interno della conferenza episcopale, sia con i fedeli nell’ambito delle singole diocesi, – iniziativa che era stata deliberata nella plenaria di settembre 2010 a Fulda. La tradizionale “giornata di studio” sarà dedicata al tema dell’ecumenismo, con particolare riferimento alle Chiese della Riforma; al riguardo, oltre a tracciare un bilancio della discussione ecumenica a cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, l’analisi dei vescovi si soffermerà in particolare sulla situazione dell’ecumenismo in Germania e sullo stato attuale della discussione teologica e della collaborazione pratica. Mediante contributi di esperti verranno individuati strumenti idonei a rafforzare le prospettive dell’ecumenismo in Germania, anche nell’ottica del quinto centenario dell’inizio della Riforma, da osservarsi nel 2017. Altri temi di discussione includono la visita in Germania di Benedetto XVI, la ripresa della redazione di un repertorio comune di preghiere e di canti e la pubblicazione di un pronunciamento dei vescovi sul futuro della previdenza di anzianità. Ha partecipato oggi alla sessione inaugurale della Plenaria, il nunzio apostolico in Germania, arcivescovo Jean-Claude Périsset; a rappresentare la Chiesa universale saranno ospiti dell’assemblea i cardinali Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay (India) e Jorge Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, insieme a mons. Martin Musonde Kivuva, vescovo di Machakos (Kenya). In segno di conversione e di invocazione dell’aiuto divino, la Celebrazione Eucaristica inaugurale inizierà con uno speciale atto penitenziale. (A cura di Marina Vitalini)

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    Vescovi del Piemonte: l'Unità d'Italia diventi sempre più unione morale e spirituale

    ◊   “Con l’impegno di tutti, l’unità nazionale diventi sempre più unione morale e spirituale, dove ciascuno, e ogni gruppo sociale, si impegni a promuovere il bene comune, nel rispetto, nell’ascolto e nel dialogo con le diverse culture e impostazioni di vita di cui sono ricche le nostre comunità, per far crescere la solidarietà e la giustizia sociale, il rispetto della vita e della dignità di ogni persona umana, la centralità della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, e dei suoi diritti fondamentali in fatto di lavoro e di educazione delle nuove generazioni”. L’incoraggiamento è dei vescovi di Piemonte-Valle d’Aosta (Cep) che in un messaggio, diffuso oggi e ripreso dall'agenzia Sir, si rivolgono alle chiese locali e alla società civile per riflettere sui 150 anni dell’unità di Italia. “La civiltà di un popolo si rivela dal modo con cui esso accoglie e sostiene coloro che sono più deboli, sofferenti, poveri, indifesi, stranieri. Sono essi che ci indicano le vie per costruire una nazione unita nell’amore e nella pace”. Nel testo la Cep, pur riconoscendo che “parte del mondo cattolico fece fatica” ad accettare il processo di unificazione politica, anche “a causa di provvedimenti anticlericali e anticattolici”, ricorda che la Chiesa, “contribuì lealmente a formare gli italiani, continuando una lunga tradizione educativa e culturale e avviando nuove opere di solidarietà e di promozione umana”. A Torino poi, “contribuirono al bene degli italiani e dell’Italia in fieri, con la loro vita e le loro opere, soprattutto i ‘Santi sociali’, i figli migliori delle nostre Chiese e della nostra terra”. E sulle orme tracciate da questi testimoni “noi vescovi intendiamo guidare le nostre Chiese del Piemonte e della Valle d’Aosta ed invitiamo le nostre comunità, e i giovani in particolare, a farsi protagonisti di una nuova stagione di cammino unitario del nostro popolo, valorizzando le risorse in una giusta prospettiva federale e solidale insieme, cementando i valori religiosi e civili sulla roccia solida della fede e della cultura cristiana”. Di fronte alle crescenti sfide in atto nel Paese, conclude la Cep, “c’è bisogno di una forte e decisa ripresa spirituale da parte delle varie componenti familiari, politiche, economiche, sociali, per sostenere con fiducia il cammino della nazione, di cui ciascuno é responsabile, chiamato a fare la sua parte anche con sacrificio personale, per coltivare la speranza di un domani migliore”. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Tra notizie di offensive e contro offensive, le truppe di Gheddafi avanzano contro Bengasi

    ◊   In Libia, continuano in modo cruento i combattimenti tra insorti ed esercito fedele a Gheddafi. I militari di Tripoli stanno riconquistando posizioni importanti, come la città di Brega, ed ora puntano a riprendere Bengasi. Intanto, la diplomazia internazionale prosegue le consultazioni sulla crisi libica, per giungere ad un cessate-il-fuoco immediato o all’imposizione di una “no fly zone” sul Paese nord africano. Ma quali conseguenze avrebbe, a livello interno ed internazionale, una ripresa del controllo totale della Libia da parte di Gheddafi? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Enrico Casale, della rivista dei Gesuiti “Popoli”:

    R. - Credo che alla ripresa, soprattutto della Cirenaica, seguirebbe subito una durissima repressione da parte di Gheddafi, che non tarderebbe a regolare i conti con gli oppositori. Dal punto di vista internazionale, la politica di Gheddafi, che negli ultimi anni si era indirizzata soprattutto verso l’Europa e in particolare verso l’Italia, potrebbe spostare il suo asse verso Oriente. Gheddafi ha già annunciato che, nel caso dovesse riprendere il controllo dell’intero Paese, i contratti commerciali legati soprattutto al petrolio, al gas, verrebbero rescissi con l’Italia e verrebbero affidati a società russe o a società cinesi. I contratti principali sono con l’Italia, con l’Irlanda e con altri Paesi europei. Questo dal punto di vista commerciale. Poi c’è tutta la partita dell’immigrazione: Gheddafi ha già annunciato che qualora dovesse riprendere il controllo non rispetterebbe gli accordi per il contenimento dell’immigrazione africana che ha siglato nel 2008 con l’Italia.

    D. - Alla luce del fatto che da questi rivolgimenti potrebbe derivare una divisione della Libia attuale in Tripolitania e Cirenaica, la decisione di alcuni Paesi europei di riconoscere immediatamente il governo degli insorti, risulterebbe lungimirante?

    R. - Se guardiamo in modo cinico dal punto di vista economico, potrebbe essere lungimirante soprattutto se questo Stato della Cirenaica controllasse i pozzi petroliferi e i giacimenti di gas naturale. In questo caso, potrebbe essere conveniente, però non è detto che questa Cirenaica autonoma riesca a prendere il controllo su questi giacimenti.

    D. - In questa situazione è opportuno che rimanga in una fase di stallo la decisione di intervento militare o la creazione di una “no fly zone” sulla Libia?

    R. - Probabilmente sarebbe opportuna una “no fly zone” in modo tale da tarpare le ali all’aviazione libica, che è l’elemento tattico-strategico in più, che l’esercito di Gheddafi ha nei confronti delle altre milizie. Tutto sta a vedere se effettivamente può essere instaurata questa “no fly zone”, perché non è detto che nel Consiglio di Sicurezza la Cina e la Russia, che hanno il diritto di veto, votino a favore di questo provvedimento o comunque magari votano a favore, ma ponendo tanti e tali limiti, che di fatto risulta inapplicata. (ma)

    Barroso in Italia: parla di crisi libica, emergenza Giappone e economia
    Per affrontare la crisi libica “è molto importante che sia chiaro che noi non invieremo le truppe contro le persone”. Lo ha dichiarato il presidente della Commissione europea, Barroso, che all'inaugurazione dell'anno accademico della Luiss ha ricevuto una Laurea Honoris Causa. L’Ue lavora per valutare tutte le opzioni, ha assicurato. Della tragedia in Giappone, Barroso ha detto che l’Ue è impegnata per limitare le conseguenze da un punto di vista umanitario e sta inviando aiuti. Per quanto riguarda le conseguenze economiche, "non sono buone notizie e c'è molta preoccupazione”. In generale sul fronte economia il presidente della Commissione europea, ha parlato di ripresa fragile e difforme tra i vari Stati membri, di "incertezza" e "di un tasso di disoccupazione troppo alto, per poi spiegare però che sembra si stia arrivando a un livello di stabilizzazione".

    Crisi libica al centro del vertice dei ministri degli Esteri del G8
    Il tema della crisi libica è al centro del vertice dei ministri degli Esteri del G8 in programma in Francia. Nell’ottica del sostegno all’opposizione libica, oggi a Parigi il segretario di Stato americano Clinton incontrerà un membro del movimento anti regime e il rappresentante di Tripoli all’Onu, che ha abbandonato il colonnello Gheddafi.

    In Egitto e Tunisia, in missione la Clinton e la Ashton
    Clinton si recherà anche in Egitto e Tunisia per la prima volta dopo le rivolte. E oggi al Cairo c’è l'Alto Rappresentante europeo per la politica estera e la sicurezza, Ashton. Anche in questo caso si tratta della prima missione ufficiale dopo i fatti degli ultimi mesi. In programma: faccia a faccia con esponenti del governo egiziano sulla politica interna e con la Lega Araba che verteranno invece sulla crisi libica.

    Un kamikaze uccide 36 persone in Afghanistan
    Almeno 36 morti e decine di feriti in un attentato suicida contro un centro di reclutamento dell’esercito locale avvenuto in queste ore a Kunduz, nel nord del Paese. E oggi il presidente americano Obama, incontra a Washington il generale Petraeus, comandante della forza internaizonale in Afghanistan e il segretario generale della Nato in merito alla richiesta del presidente Karzai di porre fine alle operazioni Isaf nel Paese per le continue morti di civili.

    Attentato anche in Iraq: a nord est di Baghdad, almeno 9 morti
    Una base militare è stata attaccata con un camion imbottito di esplosivo. Il bilancio provvisorio è di nove vittime e molti feriti. E’ successo a Dyala a nord est di Baghdad. Sul posto i soccorritori stanno scavando tra le macerie alla ricerca di altri cadaveri.

    La condanna di Abu Mazen per la strage della famiglia di coloni israeliani
    Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) ha espresso in un’intervista alla radio statale israeliana una dura condanna per l’uccisione di cinque israeliani - due genitori e tre dei loro figli, fra cui una bimba di pochi mesi – da parte di uno o più attentatori palestinesi nell'insediamento di Itamar, presso Nablus in Cisgiordania. Intanto, fa discutere la decisione senza precedenti in Israele del ministro per l’Informazione Yuli Edelstein (Likud) che ha ordinato la divulgazione alla stampa delle immagini dei membri della famiglia Fogel. Secondo la stampa l'assenso dei congiunti delle vittime è giunto la scorsa notte, durante un loro incontro con il premier Netanyahu. Edelstein ha affermato che si è voluto spiegare al mondo “la natura del terrorismo” con cui Israele deve cimentarsi. Anche oggi infuria sulla stampa il dibattito sull’opportunità o meno della pubblicazione di quelle immagini.

    Ferma reazione in Bahrein delle autorità alle manifestazioni di questi giorni
    In Bahrein sono arrivati soldati delle forze armate del Consiglio di Cooperazione del Golfo, organismo creato nel 2009 e composto da Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, ed Oman. L’obiettivo è di aiutare le forze del Bahrein a mantenere l’ordine pubblico dopo le giornate particolarmente violente che hanno scosso la capitale Manama. Ieri, ci sono state manifestazioni antigovernative represse dalla polizia anche in Yemen e Marocco.

    Dedicata una piazza di Tunisi a uno dei primi oppositori a Ben Ali
    Fu uno dei primi oppositori del regime di Ben Ali, subendo vessazioni e violenze, sino a morire, trentasettenne, per le loro conseguenze. La Tunisia del “dopo Ben Ali” ha deciso di rendergli omaggio, intitolandogli una delle piazze - quelle su cui s'affaccia la Casa della Cultura e la Galleria d'arte - di Ben Arous che da oggi porta il nome di Zouheir Yahyaoui. Nel corso della cerimonia di intitolazione, Chokri Letaief, membro dell'Organizzazione tunisina di lotta contro la tortura, citato alla Map, ha detto che in questo modo si è voluto rendere omaggio ad una delle figure emblematiche di lotta contro l'apparato politico e mediatico dittatoriale instaurato dall'ex presidente. Nato nel 1967, per la sua opposizione al regime fu arrestato nel giugno del 2002 e ottenne la libertà condizionale nel dicembre dell'anno successivo, solo dopo diversi scioperi della fame. Morì, nel 2005, a 37 anni per un attacco di cuore. Nel 2001 aveva fondato un giornale on line, “TUNeZINE”, nel quale pubblicava articoli molto critici nei confronti del regime di Ben Ali.

    Il Parlamento in esilio tibetano discute le dimissioni presentate dal Dalai Lama
    Il Parlamento in esilio tibetano ha cominciato oggi una cruciale riunione in cui dovrà esaminare la mozione del Dalai Lama contenente le sue dimissioni e la proposta di trasferimento dell'autorità politica ad un esponente “democraticamente eletto”. Lo riferiscono i media a New Delhi. Anticipata come una ipotesi in novembre, la decisione di dimettersi dal ruolo politico è stata formalizzata dalla Guida spirituale dei tibetani, che ha 75 anni, giovedì scorso. L'esito di questa richiesta è molto incerto perchè sia il premier tibetano in esilio Samdhong Rinpoche sia molti parlamentari si sono detti contrari ad un passo indietro del Dalai Lama. Quella cominciata oggi è l'ultima sessione del 14.mo Parlamento in esilio, che dovrà anche procedere al rinnovo dei suoi organi. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 73

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.