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Sommario del 08/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Venerdì Santo il Papa risponderà in tv alle domande dei fedeli su Gesù. Intervista con il conduttore Rai, Rosario Carello
  • Nomina in Nicaragua
  • I "numeri" che raccontano lo Spirito: la realizzazione dell'Annuario Pontificio descritta da mons. Vittorio Formenti
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • I ribelli rifiutano la trattativa in Libia ma assicurano: nessun processo a Gheddafi se lascia il potere
  • La Giornata internazionale della donna, occasione per riflettere sulle troppe discriminazioni che ancora colpiscono l'universo femminile
  • La Chiesa ricorda San Giovanni di Dio. Il priore generale dell'Ordine: la nostra, una famiglia in ascolto di poveri e malati
  • Pubblicato il "Commento alla Lettera agli Ebrei", opera del cardinale Albert Vanhoye
  • La formazione dei sacerdoti secondo il Concilio, una riflessione sull'"Optatam totius"
  • Chiesa e Società

  • Messaggio del segretario generale dell’Onu per la 100.ma Giornata internazionale della donna
  • Misure urgenti per contrastare la violenza contro le donne in Asia
  • Vietnam: il dramma delle donne costrette ad abortire
  • L’Associazione delle madri cattoliche del Vietnam, un aiuto per la società e la Chiesa
  • Colombia: 20 anni di cammino per l'uguaglianza di uomini e donne
  • Burundi: il cardinale Sarah inaugura la scuola donata dal Papa a Muyaga
  • Egitto: proteste al Cairo davanti alla tv di Stato dopo l’incendio ad una chiesa
  • Pakistan. Asia Bibi ricorda il ministro Bhatti: urge proteggere le minoranze religiose
  • Testamento spirituale di Bhatti sarà letto in tutte le parrocchie di Firenze
  • Turchia: tempo di Quaresima nel ricordo di mons. Padovese
  • Sudan: decine di migliaia di sfollati dopo gli scontri a Abyei, assistiti da Medici senza frontiere
  • Sudafrica: appello dei vescovi a votare politici onesti alle prossime comunali
  • Amnesty International chiede la fine delle violenze sessuali in Nicaragua
  • Bolivia. La Chiesa si mobilita per le inondazioni: avviata una campagna di aiuto alle vittime
  • Sri Lanka: l'impegno della Caritas per profughi e alluvionati
  • Terra Santa: dati Unicef 2010 sui bambini vittime del conflitto
  • Cipro: riunione inter-ortodossa sulla natura della Chiesa
  • Italia: la polizia lancia un sistema di allarme nazionale per i minori scomparsi
  • Monaco: l'ultimo saluto a Toni Spandri, allievo di Ratzinger e missionario in Germania e Olanda
  • Festival del cinema africano: premiato il film del Marocco
  • 24 Ore nel Mondo

  • Pakistan, nuovo attentato nel Punjab provoca almeno 22 morti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Venerdì Santo il Papa risponderà in tv alle domande dei fedeli su Gesù. Intervista con il conduttore Rai, Rosario Carello

    ◊   Una prima assoluta: il prossimo 22 aprile, Venerdì Santo, Benedetto XVI risponderà a tre domande su Gesù, nell’ambito del programma televisivo di Rai Uno, “A Sua Immagine”. Le domande potranno essere inviate sul sito web della trasmissione, per poi essere selezionate. Quindi, l’inedita intervista al Papa sarà registrata pochi giorni prima della messa in onda. Alessandro Gisotti ha chiesto al conduttore di “A Sua Immagine”, Rosario Carello, di raccontare come sia nata questa idea:

    R. - Tutto nasce da questa valutazione: il Venerdì Santo è un giorno particolare e fino a qualche anno fa, anche la televisione si rendeva conto di questa diversità con una programmazione che induceva quantomeno alla riflessione. Si è perso questo sentimento… Oggi il Venerdì Santo televisivo è un giorno come un altro per tutti i canali: addirittura ci sono litigi, pettegolezzi, cose così. Allora, noi qui “A sua immagine” abbiamo provato a recuperare questo storico programma che era “Domande su Gesù” per riportare al centro del pomeriggio di quel giorno, nello stesso orario della morte di Gesù, il caso di Gesù. L’idea era: tante domande su Gesù che arrivano dai telespettatori, che trovano in studio già degli interlocutori per rispondere, ma sarebbe straordinario se fosse proprio il Papa, che è così attento all’ascolto e al dialogo, a rispondere. Quanto sarebbe bello se il pubblico potesse fare delle domande e fosse il Papa a rispondere. Ci sembrava folle addirittura pensarlo. Vedevamo però nello stile di Papa Benedetto qualcosa che ci induceva quantomeno a proporla questa idea: l’abbiamo proposta ed ecco che il Papa ha accettato.

    D. - Davvero già questo rende l’idea della straordinarietà dell’evento: un Papa che parla di Gesù, il Venerdì Santo, in televisione…

    R. - Questo è davvero l’elemento forte di questa vicenda. Il Papa si rende conto, e questo lo ha scritto lui stesso, che se poco conosciamo Cristo - e lo conosciamo poco, lo afferma lui stesso nella prefazione al primo volume “Gesù di Nazaret” - lo amiamo poco e poco possiamo credere in Lui. Quindi, il Papa, attraverso un’attività che vediamo vasta - sta per uscire il secondo volume di “Gesù di Nazaret” e sappiamo che un terzo è in preparazione - è impegnato a far riscoprire chi è Gesù, anzi meglio la verità dell’aderenza del Gesù evangelico al Gesù storico. Questo impegno, che è un impegno della vita, lo vuole proporre fino in fondo anche in una data così importante.

    D. - Come verranno scelte le domande?

    R. - Domenica prossima, lanceremo l’iniziativa e quindi cominceranno ad arrivare: anche se devo dire che, prese dall’entusiasmo, le prime persone già oggi, avendo letto la notizia, ci stanno incominciando a inondare di domande. La nostra idea, quindi, di attendere domenica in qualche modo è già superata dagli eventi. Queste domande arriveranno, noi le leggeremo tutte e cercheremo di capire se prevalgono alcuni interrogativi su altri. Quelle che sembreranno le più forti, le più presenti, ma anche quelle capaci di aprire un dibattito più forte le porteremo al Santo Padre. Il Papa ci ha già assicurato che risponderà a tre domande.

    D. - Da operatore dell’informazione, cosa più ti colpisce dello stile di comunicazione di Benedetto XVI?

    R. - La chiarezza: il Papa riesce ad esprimere concetti, che sono spesso complicati di per sé, in maniera talmente semplice, ma contemporaneamente esauriente, che il cervello li comprende e il cuore se ne sente riscaldato. Questo è un grandissimo dono di questo Papa che, secondo me, pian piano, comincia a scoprire veramente chiunque. Poiché la televisione parla a tutti, questa occasione del Venerdì Santo sarà una dimostrazione straordinaria di questa capacità, di questo dono che il Papa ha e che mette costantemente a disposizione della Chiesa e del mondo. (mg)

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    Nomina in Nicaragua

    ◊   In Nicaragua, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Matagalpa il sacerdote Rolando José Álvarez Lagos, del clero dell’arcidiocesi di Managua, finora parroco di "San Francisco de Asís", segretario del Dipartimento dei mezzi di comunicazione sociale della Conferenza episcopale nicaraguense nonché segretario aggiunto del Segretariato dell’episcopato dell’America Centrale. Il neo presule, 44 anni, ha compiuto gli studi di Filosofia e Teologia in Guatemala e presso la Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha ottenuto la Licenza in Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Ordinato sacerdote, ha svolto fra gli altri diversi incarichi di docente, coordinatore arcidiocesano della pastorale giovanile, direttore della Radio Cattolica di Nicaragua, segretario dell’informazione e portavoce dell’arcidiocesi di Managua, coordinatore nazionale della Pastorale giovanile.

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    I "numeri" che raccontano lo Spirito: la realizzazione dell'Annuario Pontificio descritta da mons. Vittorio Formenti

    ◊   Sacerdoti che aumentano, vocazioni in “trend” positivo, continenti di recente evangelizzazione più dinamici della vecchia Europa. C’è un piccolo numero di persone dietro i grandi numeri della Chiesa mondiale. E il loro lavoro – tra grafici e tabelle – pur se oscuro è in realtà la base ineludibile che rende possibile anzitutto al Papa e ai suoi collaboratori la pianificazione di strategie pastorali efficaci. Nei giorni scorsi, mons. Vittorio Formenti e il prof. Enrico Nenna, rispettivamente l’incaricato e il primo esperto dell’Ufficio Centrale di Statistica della Chiesa, hanno presentato al Papa i dati principali contenuti nell’Annuario Pontificio 2011. Alessandro De Carolis ha intervistato mons. Formenti, chiedendogli di illustrare l’attività del suo Ufficio:

    R. – Ho questa fortuna, questo dono di poter ogni anno presentare la prima copia dell’Annuario Pontificio al Santo Padre, che è sempre interessato alla realtà numerica della Chiesa, perché dalla realtà numerica si parte con la progettualità pastorale.
    D. – In che modo il Papa e i suoi primi collaboratori in Curia hanno accolto gli esiti, i risultati di questo vostro lavoro?
    R. – Quest’anno il Papa è stato – direi – benevolmente impressionato soprattutto da un dato, che è quello dell’aumento dei sacerdoti. Si pensi che dagli anni Sessanta fino alla fine del secolo scorso la compagine sacerdotale nel mondo era in calo. Dal ’98, c’è stato un piccolissimo segno positivo, anche se si trattava di poche unità. Nel Duemila, invece, abbiamo cominciato con un aumento di circa 400 sacerdoti. Adesso, soprattutto durante l’Anno Sacerdotale, abbiamo contato 1.400 sacerdoti in più nel mondo. E questo si accompagna a un piccolo dettaglio numerico, ma importante: noi contiamo ogni anno i sacerdoti che purtroppo lasciano il sacerdozio, ma contiamo anche i sacerdoti che riprendono a fare i preti dopo tanti anni. Ebbene, nell’Anno Sacerdotale non solo abbiamo avuto meno defezioni degli altri anni, ma abbiamo registrato il rientro di 460 sacerdoti, che avevano smesso per vari motivi e che hanno ripreso il sacerdozio. Il Papa è stato molto, molto impressionato e ben contento di questo dato.

    D. – Tra i dati che avete fornito per il 2011, quali sono quelli che, al vostro occhio di esperti, sono apparsi più rilevanti rispetto al passato?

    R. – Cito due numeri, perché sono molto importanti. All’inizio del Pontificato di Giovanni Paolo II avevamo 68-69 mila seminaristi di filosofia e teologia nel mondo. Nel 2009 – in base agli ultimi dati che abbiamo esaminato – erano 117 mila. Però con un dato negativo: l’Europa, da sempre al vertice nel dare nuovi sacerdoti, è passata invece al quarto posto nei continenti. Oggi, il primo posto in questo senso lo riveste l’America, intesa come continente. Anche l’Asia, continente dove i cattolici sono una piccola minoranza, sta dando veramente delle vocazioni solide e ben preparate. L’Africa la diamo per "scontata", anche se soffre la mancanza di formatori.

    D. – Le cifre che vi permettono di raccontare in termini assoluti e percentuali la situazione della Chiesa nel mondo vengono certamente estrapolate da una massa più grande di dati. In che modo arrivate a definirle?

    R. – La raccolta dati attuale è stata un’intuizione e una preoccupazione di Paolo VI, il quale ha voluto dare alla raccolta di dati un carattere scientifico. Dietro Paolo VI c’è stata l’opera del prof. Nenna, che a tutt'oggi lavora con noi e che possiede una grande mente di statistico. Di consueto, a gennaio noi mandiamo circa novemila questionari nel mondo: parte direttamente e soprattutto alla Congregazione per il Clero, parte attraverso le Nunziature apostoliche e quindi alle circoscrizioni, alle diocesi, ecc. Una volta tornati, i questionari vengono letti criticamente, perché si tratta anche di fare confronti comparati con i dati precedenti. Alla fine, vengono assemblati e quindi pubblicati in parte nell’Annuario Pontificio - anche se l’Annuario Pontificio privilegia soprattutto le persone - e parte nell’Annuarium Statisticum Ecclesiae che è in corso di stampa. C'è poi un dato, che è una novità: abbiamo cominciato a raccogliere i dati anche attraverso l’uso dell’e-mail. Inoltre, è ormai pronto il programma per inserire tutti i dati e anche l’Annuario Pontificio in Internet. E’ stato già sperimentato l’uso di Internet in questa direzione con la Segreteria di Stato: il test è andato bene e quindi adesso siamo pronti per usare gli strumenti più moderni della comunicazione. Pensiamo di essere alla vigilia di questo passo.

    D. – La Chiesa è il luogo dello spirito per eccellenza: cosa vuol dire servirla, per lei e per il suo Ufficio, usando ciò che all’apparenza sembrerebbe stare agli antipodi e cioè i numeri?

    R. – Amo dire che il mio ufficio ha un fondamento biblico: San Luca, nel secondo capitolo degli Atti degli Apostoli, dice che la sera di Pentecoste sono state battezzate tremila persone. Quindi, evidentemente è importante: i numeri sono sempre aridi, ma hanno una loro immediatezza di comunione. Pensare che nel mondo vi è un miliardo e 200 milioni di battezzati dà l’idea dell'estensione del Corpo mistico - perché questo è la Chiesa evidentemente - ma anche di quale sia tutta la sua potenzialità, la forza della presenza della Chiesa ad esempio in tutte le attività di servizio ai poveri, le attività culturali, le università. Per cui viene fuori veramente un mondo che molti ci invidiano. E noi siamo così orgogliosi di questo. (mg)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo di Manuel Nin dal titolo “Dammi o Verbo la bevanda della tua Parola: il canone di Andrea di Creta all’inizio della quaresima bizantina”.

    Nel servizio internazionale, in rilievo la crisi libica: la comunità internazionale divisa di fronte a Gheddafi. Nuovi bombardamenti sulle città in mano agli insorti.

    Una task force per le cento catacombe d'Italia: Carlo Carletti sul rinnovamento della Pontificia Commissione d’Archeologia Sacra.

    Un collezionista e antiquario alla corte di Clemente XII: Simonetta Prosperi Valenti Rodinò sulle carte del marchese Alessandro Gregorio Capponi conservate alla Biblioteca Apostolica Vaticana.

    Vie alternative di una femminista pentita: Sandro Barbagallo presenta una mostra antologica dedicata a Carla Accardi.

    Non-uomini in un tempo messianico: Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz sull'“Homo sacer” dalla Roma antica agli emarginati dell’età postmoderna.

    Il genio femminile nella Chiesa: intervista ad Alessandra Ciattini Montanini.

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    Oggi in Primo Piano



    I ribelli rifiutano la trattativa in Libia ma assicurano: nessun processo a Gheddafi se lascia il potere

    ◊   Un medico giordano appartenente all'organizzazione internazionale Medecins sans frontieres è stato condotto via da un albergo di Bengasi da uomini armati. E’ l’ultima notizia che arriva dalla Libia in una mattinata segnata dall’ipotesi di una negoziazione tra Gheddafi e i ribelli. Il vicario di Tripoli lancia un appello perché si eviti altro spargimento di sangue, mentre l'Unione Europea vara nuove sanzioni contro il regime libico e stanzia aiuti per il Paese. Il servizio di Fausta Speranza:

    I ribelli promettono: nessuna accusa e nessun processo a Gheddafi se lascia il potere. Ma nessun altro margine di trattativa con chi – dicono i ribelli – è responsabile dello spargimento di sangue di questi giorni. Della mossa del colonnello per negoziare una sua eventuale uscita di scena parlano un quotidiano saudita e la TV Al Jazira: il leader libico per lasciare il potere sembra avesse chiesto in cambio garanzie sull'incolumita' sua e dei suoi familiari e sul proprio patrimonio, e assicurazioni appunto di non essere portato davanti a un tribunale. Gheddafi proponeva una sessione del Congresso del Popolo per preparare la strada a un suo ritiro indolore. Su questo netto il rifiuto degli insorti, che stamani sono tornati ad attaccare con colpi di artiglieria nei pressi della città di Zawiya, a 40 km da Tripoli, verso il confine occidentale con la Tunisia. C’è poi l’appello lanciato attraverso l’Agenzia Fides dal Vicario Apostolico di Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, “perché non ci sia altro spargimento di sangue”. Mons. Martinelli ritiene che “si possa trovare una formula negoziale per uscire da questa situazione, spiegando che potrebbe “non essere molto difficile trovarla, perché nella cultura beduina vi sono delle strutture sociali che aiutano la riconciliazione”. Mons. Martinelli assicura che “esistono metodi più efficaci della violenza''. Resta da riferire che oggi a Bruxelles i 27 Paesi UE hanno varato nuove sanzioni al regime libico e la Commissione europea ha votato una direttiva che riguarda i Paesi del Mediterraneo e che intende essere una risposta concreta alle emergenze. Della direttiva abbiamo parlato con il vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani:

    R. – La risposta della Commissione europea c’è. Direi che è una risposta forte, alla vigilia della riunione del Consiglio che affronterà la questione Nord Africa. C’è un documento importante che si basa su alcuni pilastri, uno dei quali riguarda il sostegno alla crescita economica e allo sviluppo, quindi una strategia a lungo termine che prevede anche investimenti, ri-orientando la politica di vicinato: quattro miliardi, prestiti della Banca Europea per cinque miliardi, un miliardo potrebbe venire dalla Banca Europea per gli investimenti e lo sviluppo… Insomma, anche una sorta di “Piano Marshall” per garantire crescita economica e stabilità politica a Paesi che, una volta usciti da questo momento difficile, dovranno impedire lo sviluppo del fondamentalismo islamico.

    D. – Parliamo in particolare di Libia: c’è uno sguardo particolare alla Libia?

    R. – La Libia è il Paese dove è in corso una sorta di vera e propria guerra civile. Noi ci auguriamo che possa concludersi in tempi più che rapidi. E’ inaccettabile che si spari, da parte dell’esercito di Gheddafi, contro la popolazione civile e questo è un crimine che deve cessare immediatamente e che l’Europa non può guardare restando in silenzio. E in silenzio, infatti, non è rimasta, denunciando i rischi e i crimini che vengono commessi, ma anche aiutando la popolazione civile ed i profughi che stanno fuggendo dalla Libia.

    D. – I soldi stanziati per questi Paesi e per le attività che riguardano questi Paesi quali obiettivi hanno?

    R. – L’obiettivo è la crescita economica, quindi la nascita di un tessuto economico sempre più forte, lo sviluppo delle piccole e medie imprese, lo sviluppo del commercio, la difesa del sistema imprenditoriale-industriale, che già esiste, favorendone lo sviluppo e rendendolo più competitivo, in forte legame con tutta l’area del Mediterraneo, in particolare con i Paesi europei che si affacciano nell’area del Mediterraneo. (gf)

    All'indomani della decisione della Nato di studiare un'opzione militare per mettere la parola fine alla guerra civile in atto in Libia, anche l'Organizzazione della Conferenza islamica è favorevole alla creazione di una no fly zone. Resta, invece, l’impasse dell’Onu, con Gran Bretagna e Francia che spingono per un’azione militare, mentre la Russia è in posizione diametralmente opposta. La no fly zone è, comunque, una presa di posizione molto forte, che agisce sulla sovranità del Paese. Ma è la strada giusta da seguire? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Ennio Di Nolfo, professore emerito di Storia delle Relazioni internazionali presso l’Università di Firenze:

    R. – Ieri sera, ho sentito in televisione Robert Gates, il ministro americano della Difesa americano che diceva: “Noi non faremo nulla senza l’approvazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. Ma nel Consiglio di sicurezza le parti sono sufficientemente divise: Francia e Gran Bretagna sono a favore della no-fly zone e di misure militari piene. Russia, e verosimilmente anche Cina, sono invece ostili. Per ora gli americani, a parole, sono i più intransigenti, ma con i fatti sono i più prudenti. La cosa più paradossale di tutte è che è stata creata un’istituzione che studierà i termini del problema e riferirà entro sette giorni. Ora, dato che hanno deciso ieri “entro sette giorni”, significa entro lunedì prossimo e in questi sette giorni può accadere di tutto. Sicchè, l’ipotesi di una no-fly zone in questo momento è qualcosa di ipotetico, non ancora di realistico.

    D. – Ecco, dobbiamo ricordare che la no-fly zone”venne imposta per quanto riguarda l’Iraq. I risultati cui si arrivò furono però fallimentari. C’è il rischio di un fallimento anche in questo caso?

    R. – Penso di sì, perché non capisco dove debba essere proibito il volo, dove debba essere proibito il traffico e di quale traffico si tratti. Mi pare difficile individuare persino l’oggetto della no-fly zone.

    D. – Da più parti, si richiede massima cautela, anche perché la situazione è in divenire e la sconfitta di Gheddafi non è poi così scontata…

    R. – Anzi, siccome Gheddafi ha armamenti più moderni, perché era solito comprarseli – diciamo che aveva risorse finanziarie per comprarli – i ribelli hanno armamenti che sono residuati del periodo in cui l’Unione Sovietica e soprattutto l'allora Repubblica democratica tedesca rifornivano di armamenti l’esercito libico. I ribelli possono usare quindi armamenti obsoleti, mentre invece Gheddafi ha a disposizione quantomeno un’aviazione moderna, con la quale può fare grandi danni, pur non potendo vincere sul terreno. (vv)

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    La Giornata internazionale della donna, occasione per riflettere sulle troppe discriminazioni che ancora colpiscono l'universo femminile

    ◊   Oggi, 8 marzo, è la Giornata internazionale della donna: diverse le iniziative in programma per discutere del ruolo politico, sociale ed economico che le donne svolgono in tutto il mondo. Rivolgendo un appello ai Paesi emergenti, la Fao ha sottolineato ieri quanto le donne siano un’arma cruciale per vincere il problema della fame. “L’uguaglianza - ha detto il direttore generale, Jaques Diouf - non è soltanto un nobile ideale, ma una condizione decisiva per lo sviluppo e la sicurezza alimentare”. Maria Cristina Montagnaro ne ha parlato con Simona Lanzoni, responsabile dei progetti Pangea Onlus:

    R. - Le donne al mondo sono il 70 per cento dei poveri: non solo sono coloro che producono a livello agricolo la maggioranza dei prodotti per il fabbisogno familiare, ma sono anche coloro che a causa di discriminazioni vengono meno nutrite, hanno meno accesso all’alfabetizzazione, alla proprietà. E’ chiaro che cambiare questo vuol dire cambiare tutti.

    D. - Quali sono i Paesi in cui queste condizioni sono peggiori?

    R. - Purtroppo l’Afghanistan è uno dei Paesi più famigerati in Asia, ma anche in Africa queste condizioni non sono migliorate.

    D. - Quali sono gli strumenti migliori per contrastare questo stato di cose?

    R. - Fondazione Pangea - nei diversi progetti che ha in Afghanistan, in India, in Nepal, ma anche in Sudafrica ed ora anche in Italia - ha individuato nell’accesso al credito una delle componenti importanti perché le donne possano cambiare e migliorare la loro vita. Accanto a questo - visto che i soldi non fanno le persone, ma sono solo una componente importante - ha affiancato tutti quegli strumenti che sono l’alfabetizzazione e la consapevolezza dei propri diritti e della salute. Questo permette di migliorare sensibilmente la loro vita e non soltanto per loro, ma anche per il loro nucleo familiare.

    D. - In India, che è il Paese del futuro, come agite per le donne di Koppal? E in Afghanistan con il progetto “Jamila”?

    R. - A Koppal, nella provincia di Bangalore, che è una delle province più desertiche di questa area, lavoriamo moltissimo con le donne che si organizzano in gruppi di risparmio. E visto che questo risparmio, purtroppo, non riesce a essere sufficiente per fare degli investimenti, noi garantiamo loro un fondo di garanzia e sulla base di tali garanzie queste donne hanno investito, hanno creato delle piccole imprese e si sono ora costituite in federazioni. Hanno cercato cioè di crescere per poter diventare delle clienti appetibili per le banca e questo permetterebbe loro di essere completamente autonome. Queste piccole imprenditrici fanno, parallelamente, dei corsi di alfabetizzazione per imparare a scrivere, per imparare a leggere e, contemporaneamente, partecipano a corsi di leadership per capire anche come non essere indecise, come non sentirsi inadeguate.

    D. - In Afghanistan, il ruolo della donna può essere fondamentale per costruire la pace?

    R. - Lo è, decisamente lo è. Non si può pensare di costruire la pace in un Paese in cui la metà della popolazione resta chiusa dentro casa. Il progetto “Jamila” in Afghanistan, in realtà, aiuta le donne a restare in contatto con le situazioni della vita attraverso piccole imprese. Inoltre, si cerca attraverso l’informazione di riuscire a educarle al fatto che posseggono equivalenti diritti rispetto anche agli uomini.

    D. - Quest’anno, la festa della donna compie 10 anni: cosa augurarsi per il futuro?

    R. - Che nell’arco di pochissimo le discriminazioni possano diventare un ricordo lontano del passato. (mg)

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    La Chiesa ricorda San Giovanni di Dio. Il priore generale dell'Ordine: la nostra, una famiglia in ascolto di poveri e malati

    ◊   La Chiesa celebra oggi la memoria liturgica di San Giovanni di Dio, patrono dei malati e degli operatori sanitari. In occasione di questa memoria liturgica, il presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, l’arcivescovo Zygmunt Zmowski, si è recato stamani a Roma nei due nosocomi dei Fatebenefratelli, dove ha incontrato medici e pazienti. Quest’anno la Festa del fondatore dei Fatebenefratelli segna anche l’inizio dell’Anno della Famiglia di San Giovanni di Dio. Sulla straordinaria figura di questo Santo, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco il priore generale dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, fra Donatus Forkan:

    R. – Saint John of God was born in 1495...
    San Giovanni di Dio nacque nel 1495 e visse in Spagna. Fu emarginato e considerato pazzo a causa della sua opera in favore dei più poveri e soprattutto di coloro che soffrivano di malattie mentali. Quando cominciò quest’opera fu emarginato, ma il suo impegno durò poco, solo 12 anni, perché poi morì l’8 marzo del 1550. Però, fu grande l’influenza che Giovanni di Dio ebbe sulla gente di Granada e non solo. La sua opera continua in tutto il mondo ed è diffusa oggi in 53 Paesi diversi, con più di 300 centri e servizi, che prestano cure nei posti più disparati: dagli ospedali più complessi alle mense per i poveri, dai centri di riabilitazione ai ripari per la notte, dalle cliniche della salute alle università per la preparazione di operatori sanitari. Ogni anno, più di 20 milioni di persone vengono in contatto con l’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio.

    D. - Il suo esempio e la sua carità diedero vita all’Ordine Ospedaliero che ne continua la missione. Come leggere oggi questa missione?

    R. – We could discover the man and his mission…
    Possiamo scoprire San Giovanni di Dio e la sua missione, il grande carisma che aveva ricevuto – quello dell’accoglienza – e che ci è stato tramandato, il suo rapporto con i collaboratori. Quell’idea ha continuato ad evolversi negli ultimi 450 anni ed ora guardiamo a tutti coloro che insieme lavorano nel perseguire l’opera di Giovanni di Dio nel modo che lui approverebbe, nella maniera che ci ha mostrato. Per questo abbiamo deciso di dedicargli l’intero anno, dall’8 marzo del 2011 all’8 marzo 2012. E’ un’occasione per riflettere sul significato di appartenere a questa grande famiglia di San Giovanni di Dio. Insieme possiamo procedere verso il futuro, con grande speranza e fiducia. Nel mondo ci sono davvero tante persone nella sofferenza e nel bisogno. Naturalmente, in Occidente la gente soffre soprattutto a causa della crisi economica. Affrontiamo poi grandi sfide nei Paesi in via di sviluppo per mantenere i nostri servizi, per migliorare la nostra risposta.

    D. - La giornata di oggi ha un duplice valore…

    R. – The 8th of March is also the day dedicated to women…
    L’8 marzo è anche la Giornata dedicata alle donne. Più dell’8 per cento dei nostri collaboratori, di fatto, sono donne. Un gran numero di donne lavora con noi, dando un apporto con le loro grandi qualità femminili.

    D. - Come comporre oggi quella che lei ha definito “la musica dell’ospitalità”, proprio in questa società, spesso così distratta, per ascoltare la voce dei malati e dei poveri?

    R. – We go listen to them first, to dialogue with them ...
    Dobbiamo prima ascoltarli, dialogare con loro. Insieme collaboratori e fratelli, dobbiamo agire come un’unica orchestra con tanti strumenti diversi – violino, tamburo... – per creare insieme qualcosa di molto piacevole all’orecchio delle persone che ascoltano. Lavorando insieme come famiglia: questa è la possibilità che ci si offre. La musica, la sinfonia dell’ospitalità che cerchiamo di comporre, dobbiamo farla insieme e non con l’assolo di una persona. Dovranno essere i fratelli e i collaboratori insieme a comporre questa musica dell’ospitalità. E abbiamo il sostegno di decine di migliaia di benefattori e di molte migliaia di persone che sono spiritualmente uniti a noi nella preghiera. (ap)

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    Pubblicato il "Commento alla Lettera agli Ebrei", opera del cardinale Albert Vanhoye

    ◊   E' stato presentato ieri alla Pontificia Università Gregoriana il commento alla “Lettera agli Ebrei” del cardinale Albert Vanhoye, segretario emerito della Pontificia Commissione Biblica e uno dei massimi biblisti contemporanei. Il volume, pubblicato simultaneamente in quattro lingue, si presenta come uno degli studi più autorevoli sul testo biblico. Il servizio di Michele Raviart:

    Un capolavoro di teologia e predicazione, commentato da uno dei più insigni esperti in materia. E’ il “Commento alla lettera agli Ebrei” del cardinale Albert Vanhoye, summa di una vita dedicata allo studio di questo scritto neotestamentario. Un’analisi retorica, contenutistica e spirituale del testo biblico, che don Franco Manzi, professore del Seminario arcivescovile di Milano nella Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, ci aiuta a contestualizzare storicamente:

    “Siamo molto probabilmente intorno all'anno 67-68 e, quindi, durante le persecuzioni di Nerone a Roma. Un autore anonimo - quasi sicuramente non Paolo, ma della cerchia missionaria di Paolo - parla in un’assemblea eucaristica del 'sommo sacerdozio di Cristo', dicendo come Gesù Cristo ha mediato il rapporto della nuova alleanza tra noi e Dio. E’ una comunità verosimilmente mista e cioè di persone che credono in Gesù Cristo, ma provengono in parte dal giudaismo e in parte dal paganesimo”.

    Un testo, quindi, che è una lettura cristologica della Rivelazione dell’Antico Testamento, che non viene accantonato, ma diviene il mezzo attraverso il quale lo Spirito Santo parla ai cristiani attraverso i secoli. È l’annuncio di una Nuova Alleanza, basata sulla solennità e la semplicità del rito eucaristico, mentre in quelle comunità protocristiane, a cui la lettera è rivolta, è ancora vivo il ricordo della maestosità dei culti giudaici antichi. La Lettera agli Ebrei è un discorso di esortazione in cui si spiega come l’istituzione del sacerdozio antico venga portata a compimento dal sacrificio personale di Cristo. Il cardinale Albert Vanhoye, autore del volume:

    “La Lettera agli Ebrei è un’opera di grande importanza, perché rivela il sacerdozio di Cristo. Un sacerdozio diverso dal sacerdozio antico, un sacerdozio che dà compimento di tutto il disegno di Dio. La novità è enorme, perché invece di fare sacrifici di animali uccisi, Gesù ha fatto il sacrificio personale, esistenziale, che ha trasformato la natura umana. La natura di Cristo è diventa perfetta, sacerdotalmente, grazie alla sua offerta”. (mg)

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    La formazione dei sacerdoti secondo il Concilio, una riflessione sull'"Optatam totius"

    ◊   Spirito, intelletto, pastorale, disciplina, aspetto umano. Sono i cinque ambiti che i padri conciliari distinsero più di 45 anni fa pensando alla formazione dei sacerdoti. A questa fondamentale responsabilità per la Chiesa è dedicato il decreto Optatam totius, che fu promulgato da Paolo VI nell’ottobre del 1965. Il gesuita padre Dariusz Kowalczyk riflette sui contenuti del documento, nella 18.ma puntata della rubrica dedicata al Vaticano II:

    Non c’è formazione sacerdotale senza coloro che dovrebbero essere formati. Proprio per questo il decreto del Concilio sulla formazione sacerdotale comincia con l’affermazione che “il dovere di promuovere le vocazioni sacerdotali spetta a tutta la comunità cristiana” (n. 2). Il Concilio sottolinea anche: “a tale riguardo il massimo contributo viene offerto […] dalle famiglie, le quali, […] costituiscono come il primo seminario” (n. 2). Le vocazioni sacerdotali nascono dunque, nelle comunità dove c’è una fede viva, e non - come lo suggeriscono alcuni - in funzione dell’abolizione del celibato.

    Il Concilio indica cinque dimensioni della formazione sacerdotale: dimensione spirituale, quella intellettuale, pastorale e disciplinare, e infine dimensione umana. L'approfondimento della relazione con il Signore dovrebbe essere accompagnato da una crescita nella maturità umana. La disciplina dei seminari non può essere soltanto esterna, ma deve contribuire a formare negli alunni un'attitudine ad accogliere l'autorità dei superiori per ragioni di coscienza.

    La formazione intellettuale dovrebbe aiutare i futuri sacerdoti a trovare “la soluzione dei problemi umani alla luce della Rivelazione" e a applicare le verità eterne "alle mutevoli condizioni di questo mondo” (n. 16). Per quanto riguarda la formazione al lavoro pastorale, il Concilio indica due aspetti: la pastorale sacramentale - rivolta ai credenti, e “l’andare incontro agli erranti e agli increduli” (n. 19). Per adempiere bene questi compiti, il sacerdote dovrebbe essere ben istruito “circa il modo di suscitare e favorire l'azione apostolica dei laici” (n. 20).

    Alla fine del decreto troviamo l’asserzione che la formazione sacerdotale non riguarda soltanto i seminaristi, ma deve essere continuata anche dopo la loro ordinazione. E qui un compito significativo spetta ai fedeli laici che non solo sono formati dai sacerdoti, ma sono anche i loro formatori.

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    Chiesa e Società



    Messaggio del segretario generale dell’Onu per la 100.ma Giornata internazionale della donna

    ◊   “In troppi Paesi e società, le donne sono ancora cittadine di seconda classe”, denuncia Ban Ki-moon, nel suo Messaggio. “In casa e a scuola, al lavoro e nella comunità, essere donna vuol dire troppo spesso essere vulnerabile”. Senza sottovalutare i progressi raggiunti dalle donne in cento anni nel cammino di emancipazione e di valorizzazione del genio femminile, il segretario generale dell’Onu rimarca che “restano ampie differenze all’interno e tra gli Stati”. Sebbene il divario nell’istruzione stia scomparendo, “tuttora l’educazione viene negata a troppe ragazze che lasciano gli studi”; “donne e bambine continuano a subire discriminazione e violenze inaccettabili”, spesso per mano di mariti, compagni e parenti; sovente nelle zone di conflitto viene praticata la violenza sessuale “per intimidire le donne e intere comunità”. Rassicura Ban Ki-moon di lavorare “per porre fine all'impunità e operare un cambiamento di mentalità”, attraverso la “campagna “Unite per Porre fine alla Violenza contro le Donne”, collegata “Rete di uomini leader” e coinvolgere le donne in tutti gli aspetti del costruzione e del mantenimento della pace, cosi come indicato della risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza. Se aumentano le donne nei Parlamenti “meno del 10% dei Paesi puo vantare Capi di Stato o di governo donne”, “gravemente sottorappresentate” “anche ai più alti livelli del mondo degli affari e dell'industria”. Ricorda Ban Ki-moon di avere lanciato quest’anno, una nuova agenzia “Un Woman” per la parità uomo donna, che segue la recente iniziativa per rafforzare il ‘potere’ delle donne (Women's Empowerment Principles), sottoscritta da oltre 130 grandi gruppi industriali, al fine di correggere gli attuali squilibri a sfavore delle donne nei processi decisionali nella vita delle comunità. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Misure urgenti per contrastare la violenza contro le donne in Asia

    ◊   La violenza sulle donne in Asia è un fenomeno diffuso che interessa tutto il continente e che i governi dovrebbero affrontare e contrastare con misure urgenti: lo afferma, in una nota inviata all’agenzia Fides, la “Asian Human Rights Commission” (Ahrc), Ong con sede a Hong Kong e terminale di una rete di numerose Ong di tutta la società civile presenti in numerosi Paesi dell’Asia. Nonostante le affermazioni di principio sulla difesa dei diritti delle donne, le Ong asiatiche notano che fra il 2010 e il 2011 continuano a verificarsi numerosi casi evidenti di violenza, oppressione e discriminazione sulle donne in Asia, troppo spesso giustificati da presunte tradizioni culturali o religiose. Le società asiatiche, ancora generalmente dominate da un’impronta maschilista, mancano nel campo dell’uguaglianza di genere e nelle pari opportunità: un Paese come il Pakistan naviga agli ultimi posti del mondo nella classifica del “Global Gender Gap Index 2010” che stima il divario esistente. In Bangladesh o in Indonesia, nota il comunicato dell’Ahrc, la situazione non è migliore: in tali Paesi le donne hanno scarso accesso all’istruzione e allo sviluppo socio-economico, problema che si riscontra anche in India. Qui, come in Cina, la discriminazione in base al genere è legittimata da pratiche culturali e religiose che limitano la libertà della donna, fin dall’infanzia. Il “delitto di onore”, ricorda il testo, è ancora contemplato e accettato in molti paesi dell’Asia del Sud e oltre 5.000 donne ogni anno ne fanno le spese. Il Bangladesh, invece, è tristemente noto per il fenomeno degli attacchi con l’acido nei confronti delle donne che rifiutano le avances maschili. Nel Sudest asiatico spicca il caso di Aceh, la provincia indonesiana dove vige la sharia (legge islamica) e dove le donne spesso subiscono violenze anche di natura sessuale da parte di vigilantes che ne fanno un’interpretazione distorta e restrittiva. Inoltre si nota che l’Asia continua a detenere il primato per il fenomeno del “traffico di donne”, vendute come merce: di conseguenza, in numerose nazioni del Sudest asiatico è fiorente lo sfruttamento della prostituzione di donne e bambine. Nonostante un quadro a tinte fosche – conclude il comunicato – esistono in Asia donne che hanno raggiunto i vertici della politica e della società (in Myanmar, Pakistan, Indonesia, India, Bangladesh, Filippine e altri paesi) e che quindi possono rappresentare la speranza per un reale miglioramento dello status della donna nel continente. (R.P.)

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    Vietnam: il dramma delle donne costrette ad abortire

    ◊   Dalla fine del 1980, in Vietnam, è in vigore la legge che impedisce alle donne di avere più di due figli. Un dramma per molte di loro, costrette ad abortire o all’uso di contraccettivi e prostrate sia fisicamente che spiritualmente. Ma una possibilità di riscatto c’è: nella provincia settentrionale di Yen Bai, in cui si contano 45.000 cattolici, molte donne, dopo l’interruzione di gravidanza, hanno cominciato a lavorare nel volontariato, trovando così un sollievo spirituale nell’offrire un sostegno materiali ai poveri e gli orfani. Spesso, esse si riuniscono nelle parrocchie per animare la Messa con il coro ed organizzano momenti di preghiera per i bambini mai nati, ai quali hanno comunque dato nomi di Santi, come Pietro, Giovanni, Maria. In Vietnam, le famiglie con più di due figli vivono una situazione di forte disagio: alle riunioni locali, i genitori vengono rimproverati aspramente in pubblico, devono pagare una sovrattassa per i documenti di registrazione dei figli, non hanno accesso ai prestiti bancari e spesso vengono licenziati dai posti di lavoro statali. (A.N.)

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    L’Associazione delle madri cattoliche del Vietnam, un aiuto per la società e la Chiesa

    ◊   La festa della donna è molto sentita in Vietnam, dove un antico proverbio dice che la madre è “Thiên chức”, vicina al ruolo di Dio e un altro che “mẹ nào cũng thương con”, ti ama sempre. Oggi, per le strade, poveri e studenti vendono fiori. Un gruppo speciale di donne è conosciuto come “Hiệp hội các bà Mẹ Công giáo”, l’Associazione delle madri cattoliche. Nell’arcidiocesi di Saigon svolgono attività in numerose parrocchie. In quella di Tân Định, una di loro è presidente del Comitato pastorale, in altre sono responsabili di organizzazioni pastorali, segretarie, guide dei cori o altro. L’Associazione - riferisce l'agenzia AsiaNews - è prima di tutto un gruppo di apostolato: offrono il loro sostegno a tutte le famiglie della parrocchie, ai sacerdoti anziani, alle suore malate. L’anno scorso hanno anche pagato le tasse scolastiche a seminaristi e dato contributi per malati, anziani soli e attività di volontariato sociale con 1.068.866.000 Đồng, circa 35mila euro. In 17 parrocchie della zona di Chí Hòa, l’Associazione conta 1.630 iscritte. Esse hanno una Messa mensile durante la quale pregano per la Chiesa e per la società, organizzano seminari per condividere esperienze di lavoro, svolgono attività pastorali e sociali con le parrocchie e attività missionaria. Lo sviluppo del cattolicesimo in questo Paese è anche storia di sacrifici, lavoro, contributi dell’Associazione. Sono testimoni della fiducia in Dio, nel popolo e nella Chiesa. Ce ne sono anche tra i 117 Martiri del Vietnam e le centinaia di migliaia di persone che sono morte per manifestare la propria fede e difendere la Chiesa per la crescita della Chiesa e della società di oggi. (R.P.)

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    Colombia: 20 anni di cammino per l'uguaglianza di uomini e donne

    ◊   “Se venisse applicata la legge attuale, potrebbe essere più breve la distanza tra uomini e donne, ma c'è ancora molto cammino da percorrere”: è quanto afferma il documento "20 anni di cammino verso l'uguaglianza del genere in Colombia", che ripercorre i venti anni di vita della attuale Costituzione politica, che si ricordano il 4 luglio 2011, pubblicato in occasione della Giornata internazionale della donna. La Segreteria nazionale della pastorale sociale (Snps) della Conferenza episcopale della Colombia - riferisce l'agenzia Fides - promuove ogni anno la celebrazione della Giornata internazionale della donna. Tale ricorrenza viene ricordata attraverso una campagna, per evidenziare il continuo impegno delle donne, durante tutta la storia dell'umanità, nel perseguire il riconoscimento della loro dignità ed uguaglianza nella società. Quest’anno 2011 sono stati presi in considerazione i venti anni della Costituzione Politica. Inoltre il documento include alcune leggi emanate nel corso di questi due decenni circa il riconoscimento dei diritti delle donne in Colombia. Riconoscere i diritti delle donne è importante perché permette loro una maggiore partecipazione nella costruzione del mondo visto con gli occhi e l’opera femminile, ed inoltre perché il loro contributo fornisce quella ricchezza che è in grado di trasformare e arricchire tutti gli spazi sociali. Il documento è stato elaborato dalla Segreteria nazionale della pastorale sociale e dalla Caritas Colombia proprio per la Giornata internazionale della donna. (R.P.)

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    Burundi: il cardinale Sarah inaugura la scuola donata dal Papa a Muyaga

    ◊   Il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum, ha inaugurato sabato scorso la scuola elementare intitolata a Benedetto XVI che sorge a Muyaga, in provincia di Cankuzo, diocesi di Ruyigi (Burundi), la cui costruzione è stata finanziata dallo stesso Pontefice. Secondo le informazioni inviate all’agenzia Fides dalla nunziatura apostolica, il cardinale Sarah ha ricordato che la struttura scolastica è stata realizzata in due fasi. La prima ha comportato la costruzione della scuola, con un dono di 180mila dollari americani. La seconda ha visto la realizzazione di una struttura per gli insegnanti ed altre opere per un valore di 157mila dollari, per un totale di 327mila dollari donati da Benedetto XVI. Il cardinale Sarah ha sottolineato che la scuola rappresenta un gesto concreto di solidarietà ed ha chiesto che le sue strutture siano protette dai malviventi perché possano essere realmente messe al servizio degli alunni, degli insegnanti e dei genitori. Il Ministro dell’Istruzione del Burundi nel ringraziare il Papa e il cardinale Sarah, ha sottolineato che il dono è di importanza capitale perché offre un sostegno concreto alla decisione presidenziale di rendere gratuito e obbligatorio l’insegnamento elementare per tutti i bambini di età scolare. Il 3 marzo il cardinale Sarah era stato ricevuto dal Presidente burundese Pierre Nkurunziza. (R.P.)

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    Egitto: proteste al Cairo davanti alla tv di Stato dopo l’incendio ad una chiesa

    ◊   Un migliaio di persone ha manifestato ieri – riferisce l’agenzia Misna - davanti alla sede della Televisione di Stato egiziana, al Cairo, in seguito all’incendio doloso che sabato scorso ha danneggiato una chiesa a Helwan, alla periferia della capitale. Secondo una ricostruzione fornita dal quotidiano indipendente al-Masry al-Youm, il fuoco sarebbe stato appiccato dai componenti di una famiglia musulmana, che osteggiava la relazione di una loro familiare con un uomo cristiano; dissidi all’interno della stessa famiglia avrebbero anche causato la morte di due persone. In seguito a questi fatti e all’incendio dell’edificio di culto, sono state inscenate proteste già a partire da sabato. I danni non sembrano però essere particolarmente gravi e lo stesso Mohamed Tantawi, capo del Consiglio supremo delle Forze armate – l’organismo che sta gestendo la transizione politica in Egitto – ha affermato che il Governo finanzierà la ricostruzione della chiesa così da renderla agibile prima delle prossime festività pasquali. (R.G.)

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    Pakistan. Asia Bibi ricorda il ministro Bhatti: urge proteggere le minoranze religiose

    ◊   Asia Bibi, dalla sua cella di isolamento nel carcere di Sheikhupura, in Punjab, esprime “dolore e preoccupazione per la morte del Ministro Shahbaz Bhatti”. Lo dice all'agenzia Fides il suo avvocato, che l’ha vista ieri. Asia è triste per la morte di una persona che “come il governatore Taseer, l’ha difesa esponendosi pubblicamente, e pagando con la vita”. L’avvocato, contattato tramite le “Masihi Foundation”, che garantisce ad Asia l’assistenza legale, nota che “Asia dice che una parte delle sue speranze è morta con Bhatti, ma vi sono altri elementi che l’aiutano a sperare: il sostegno di tutti i cristiani in Pakistan e nel mondo; la visita dei suoi figli, resa possibile, dopo i problemi burocratici, in questi giorni”. Asia comunque ha paura, dato che potrebbe essere il prossimo obiettivo dei gruppi radicali islamici: nei dintorni del carcere di Sheikhupura sono apparsi dei poster con la figura di Taseer, di Bhatti e con un grande punto interrogativo, accompagnati dalla frase intimidatoria: “Chi sarà il prossimo?”. Gli avvocati di Asia riferiscono che, date le attuali tensioni, è preferibile temporeggiare prima di avviare il processo di appello. E ribadiscono, insieme a tutti gli avvocati cristiani del Punjab, l’urgenza di difendere le minoranze religiose in Pakistan e di tutelare lo “stato di diritto”. La “Christian Lawyers Association in Pakistan” (Clap) ha organizzato ieri una manifestazione pubblica a Lahore, sfilando dal Palazzo dell’Alta Corte fino al Palazzo del Parlamento del Punjab, coinvolgendo anche Asma Jahangir, la donna Presidente dell’Associazione degli Avvocati presso la Corte Suprema. Il presidente della Clap, Akbar Munawar Durrani ha ricordato che l’omicidio di Bhatti è una tragica testimonianza del terrorismo e dell’estremismo che imperversano nel Paese e ha chiesto: l’abolizione di tutte le leggi discriminatorie; il bando delle pubblicazioni che alimentano l’odio contro le minoranze religiose; il perseguimento legale dei leader radicali islamici che hanno invitato pubblicamente a uccidere gli esponenti delle minoranze religiose, perché favorevoli a una revisione della legge sulla blasfemia. “E’ evidente che alla radice di tali persecuzioni c’è la legge sulla blasfemia: continueremo a chiederne l’abrogazione” ha affermato il Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement” (Claas) con sede a Londra, che difende molte vittime innocenti, accusate di blasfemia in Pakistan. (R.P.)

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    Testamento spirituale di Bhatti sarà letto in tutte le parrocchie di Firenze

    ◊   L'arcivescovo di Firenze mons. Giuseppe Betori ha chiesto con una lettera al clero fiorentino di leggere sabato e domenica prossima durante la messa il "testamento spirituale" del ministro pakistano per le minoranze religiose Shahbaz Bhatti, assassinato il 3 marzo scorso a Islamabad. "Carissimi sacerdoti - scrive l'arcivescovo di Firenze - ritengo doveroso che nelle nostre comunità cristiane non venga lasciata cadere la testimonianza offerta dal ministro pakistano, Shahbaz Bhatti”. Mons. Betori - riferisce l'agenzia Sir - ha disposto che "in tutte le Sante Messe che verranno celebrate nella nostra arcidiocesi fiorentina sabato pomeriggio 13 e domenica 14 marzo, prima domenica del tempo di quaresima, venga letto ai fedeli il ‘testamento spirituale’ di Shahbaz Bhatti. Lo potrete fare – conclude l’arcivescovo - al termine dell’omelia o, se lo giudicherete più opportuno, al termine della celebrazione, prima della benedizione finale. Lo ritengo un giusto omaggio a una così limpida figura di testimone della fede e un contributo importante per la crescita della nostra Chiesa nella fedeltà al Vangelo e alla persona di Gesù". (R.P.)

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    Turchia: tempo di Quaresima nel ricordo di mons. Padovese

    ◊   Catechesi, ritiri per presbiteri e solidarietà. Sarà improntata su queste tre direttrici la prossima Quaresima nella comunità di Antiochia, guidata dal parroco padre Domenico Bertogli. “Vogliamo vivere questo tempo di preparazione alla Pasqua come un momento di annuncio e di perdono in comunione con i nostri fratelli ortodossi” dichiara all'agenzia Sir anticipando anche altri appuntamenti come quello con i padri Cappuccini di Cappadocia in aprile. “Attendiamo a breve la visita di mons. Ruggero Franceschini, presidente dei vescovi di Turchia e attuale amministratore del vicariato apostolico di Anatolia al posto del compianto mons. Luigi Padovese. Una presenza importante che intende anche rafforzare i nostri fedeli che attendono l’arrivo di un nuovo pastore dopo l’omicidio di mons. Padovese avvenuto il 3 giugno dello scorso anno”. Non mancheranno momenti di solidarietà grazie alla Caritas locale che, spiega il parroco, ha inviato una lettera ai fedeli per invitarli “alla condivisione materiale con chi è nel bisogno”. Una intenzione particolare di preghiera sarà per la chiesa di Iskenderun, guidata attualmente da una piccola comunità di frati minori conventuali, “rimasta profondamente colpita dalla morte di mons. Padovese. In questo senso l’arrivo di un nuovo vescovo è, a mio avviso, urgente, ma occorre attendere ancora qualche mese, forse un paio. Dovremo attendere, purtroppo, molto di più per avere la celebrazione del processo che faccia giustizia della morte di mons. Padovese”. “Per ricordarlo al meglio – aggiunge padre Bertogli - proseguiamo la nostra missione di annuncio. Dopo tante nostre richieste da giovedì scorso come leader della comunità cattolica, ortodossa ed ebraica non abbiamo più la scorta. Non è necessario e non ci sentivamo liberi, abbiamo dei telefoni cui chiamare per segnalare eventuali problemi, paure o necessità”. Annuncio che riprenderà vigore, secondo le parole del religioso, anche grazie “al ritorno dei pellegrini a Tarso ed Antiochia. Stiamo accogliendo, sin dalla fine di febbraio, diversi gruppi da Portogallo, Italia, Francia, Germania. E’ un frutto dell’Anno paolino, i pellegrini rafforzano la piccola comunità cristiana che così si sente parte della Chiesa universale. E per noi questo è di vitale importanza”. (R.P.)

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    Sudan: decine di migliaia di sfollati dopo gli scontri a Abyei, assistiti da Medici senza frontiere

    ◊   Proseguono in Sudan gli scontri in varie località nei pressi del conteso distretto frontaliero di Abyei. L’organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere (Msf) segnala che a seguito dei combattimenti degli ultimi giorni decine di migliaia di persone sono fuggite dalla città, abbandonandola quasi del tutto. L’ospedale di Msf ad Agok, 40 km a sud di Abyei, ha già ricevuto decine di feriti ed altri sono stati inviati all’ospedale di Muglad. Msf, particolarmente preoccupata, è in trattative con le autorità locali per fornire assistenza alla popolazione più bisognosa presente nella zona. La nostra “è un’organizzazione medica indipendente e neutrale” - ricorda Bruno Jochum, direttore delle operazioni di Msf - sottolineando che obiettivo della più grande organizzazione medico-umanitaria indipendente al mondo “è quello di raggiungere tutti i pazienti, per garantire loro assistenza in modo assolutamente imparziale”. Le équipe mobili di Msf presenti ad Agok e Abyei sono pronte a rispondere ad ulteriori ondate di feriti, se i combattimenti dovessero continuare. Medici Senza Frontiere fornisce in Sudan assistenza medico-umanitaria di emergenza dal 1979 e attualmente ha attivi 27 progetti in 13 regioni del Paese africano. (R.G.)

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    Sudafrica: appello dei vescovi a votare politici onesti alle prossime comunali

    ◊   I vescovi sudafricani invitano i cittadini a votare, nelle elezioni comunali che si terranno a maggio, i candidati che danno concrete garanzie di voler difendere il bene comune e l’interesse di tutti. “Ogni cittadino ha il diritto di voto, di partecipare nello scegliere i rappresentanti pubblici, e di affidare il mandato a coloro che sono incaricati di governare. Ciascuno di noi deve usare il proprio voto in modo saggio e ponderato, per far sì che le nostre città, villaggi e distretti siano governati da persone oneste e competenti, per il bene di tutti, specialmente le persone più povere e vulnerabili” afferma un messaggio inviato all’agenzia Fides, firmato da mons. Buti Tlhagale, arcivescovo di Johannesburg, presidente della Southern African Catholic Bishops’ Conference. Il messaggio offre alcune indicazioni concrete per orientarsi nel voto: “quando votiamo per le elezioni municipali stiamo dando un giudizio su come alcune necessità di base sono state soddisfatte. Siamo soddisfatti dell’erogazione di servizi come l’acqua e l’elettricità? Le nostre strade e i nostri edifici pubblici sono puliti e sicuri? Siamo trattati con rispetto e cortesia dagli impiegati municipali? La risposta a queste domande può aiutarci a decidere se votare per le stesse persone o i partiti di prima, oppure se sia il tempo di concedere una possibilità ad altri candidati”. I vescovi criticano lo spirito con il quale diversi politici locali intendono la politica: “sfortunatamente diversi rappresentanti pubblici in Sudafrica sono entrati nel mondo della politica perché vogliono potere, ricchezza ed uno status sociale, e non perché sono impegnati a servire il pubblico. Questa tendenza danneggia la democrazia e di conseguenza, come cittadini, non godiamo dei suoi benefici. Questa situazione porta la corruzione, il nepotismo e la cura dell’interesse personale, a spese della fornitura di servizi pubblici e del benessere delle nostre comunità. Queste persone non meritano il nostro supporto. Se continuiamo a votare per loro, dobbiamo biasimare solo noi stessi se i servizi municipali vanno in pezzi e i nostri quartieri non sono tenuti nelle condizioni appropriate” conclude il messaggio. (I.P.)

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    Amnesty International chiede la fine delle violenze sessuali in Nicaragua

    ◊   In occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale delle donne, la sezione italiana di Amnesty International promuove in Italia la campagna mondiale dell’organizzazione per i diritti umani per chiedere al governo del Nicaragua di porre fine alla violenza sessuale dilagante nel Paese. Tra il 1998 e il 2008, 14.337 donne e ragazze hanno denunciato di aver subito violenza sessuale. In quasi la metà dei casi, si trattava di ragazze al di sotto dei 17 anni. La maggior parte delle violenze e degli abusi - riferisce l'agenzia Sir - avviene in ambito familiare. Nonostante l’evidente gravità del problema, il governo del Nicaragua non si sta ancora occupando di questa emergenza nascosta dei diritti umani. Amnesty International chiede “di prevenire la violenza sessuale, proteggere le sopravvissute e garantire giustizia e risarcimento alle giovani vittime di stupri”. L’organizzazione per i diritti umani sottolinea come in Nicaragua, così come in altri Paesi dell’America Latina, lo stupro e gli abusi sessuali siano reati poco denunciati, soprattutto se coinvolgono giovani ragazze e se avvengono in famiglia. Il sistema giudiziario non riesce a proteggere le ragazze che hanno denunciato abusi sessuali o stupri alla polizia e molte di loro restano intrappolate in situazioni di violenza senza una via d’uscita né giustizia. (R.P.)

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    Bolivia. La Chiesa si mobilita per le inondazioni: avviata una campagna di aiuto alle vittime

    ◊   La Conferenza episcopale della Bolivia ha espresso il suo “profondo dolore” per i danni che stanno provocando le inondazioni e gli smottamenti nel Paese sudamericano, e ha annunciato che nelle prossime settimane intensificherà la campagna di solidarietà che ha intrapreso insieme a tutte le organizzazioni umanitarie che operano nel Paese. “Con profondo dolore stiamo constatando i gravi danni provocati dalle inondazioni e dagli smottamenti in varie regioni della Bolivia, con centinaia di famiglie colpite che si vedono gravemente danneggiate a livello emotivo e materiale”, affermano i vescovi boliviani in una nota. “Lamentiamo la perdita di vite umane e di beni materiali come abitazioni, ponti e strade che sono andati distrutti e la perdita di bestiame e beni economici che difficilmente verranno riparati o recuperati a breve termine”. La preoccupazione “è maggiore quando le previsioni ufficiali segnalano che gli effetti negativi del fenomeno 'La Niña' saranno ancora persistenti o maggiori nelle prossime settimane”. In particolare, i vescovi mostrano “solidarietà e vicinanza fraterna alle vittime in varie zone della città di La Paz”, ha segnalato il comunicato della Conferenza episcopale boliviana (Ceb), diffuso questo fine settimana. La campagna intrapresa dalla Chiesa cattolica boliviana è già iniziata. Sul tema “C'è più gioia nel dare che nel ricevere”, l'azione congiunta della Chiesa si rafforzerà e acquisirà maggiore rilevanza, vista la portata della crisi soprattutto a La Paz, il cui arcivescovo metropolita, monsignor Edmundo Abastoflor, è stato molto vicino alle vittime e alle loro famiglie. Il comunicato della Ceb aggiunge che si constatano “con gioia tante iniziative pubbliche e private in vari luoghi del Paese che cercano di far fronte alle necessità della popolazione che soffre. La solidarietà è un valore culturale e religioso del nostro popolo che è stato manifestato in molti momenti e continuerà sicuramente a ispirare le risposte alle emergenze del presente e del futuro in Bolivia”. “Esortiamo le autorità pubbliche a continuare il loro lavoro con sforzi coordinati ed efficaci, e chiediamo alle istituzioni e alla società civile che facciano giungere il proprio apporto, attraverso le istanze corrispondenti”, si legge nel comunicato. La seconda domenica di Quaresima, il 20 marzo, la Conferenza episcopale boliviana ha lanciato l'iniziativa di una giornata nazionale di preghiera e aiuto alle vittime. Il segretario generale della Ceb, monsignor Óscar Aparicio, che firma il comunicato dei vescovi, ha spiegato i dettagli della campagna: far visita alle vittime in ciascuna delle giurisdizioni ecclesiastiche, raccogliere cibo e altri beni di prima necessità (vestiario, materassi, utensili da cucina), aprire conti bancari, pregare per le vittime e promuovere “la presa di coscienza della cura del Creato come dono di Dio, invocando i governanti e la società civile ad assumere con responsabilità le misure preventive necessarie e a rispettare in modo rigoroso le norme vigenti”. “Queste attività saranno animate e coordinate dalla Pastorale Sociale Caritas, nelle 18 giurisdizioni e a livello nazionale, come braccio sociale della Chiesa cattolica in Bolivia e referente di coordinamento con le istanze municipali e governative del nostro Paese”, conclude il comunicato della Ceb. (R.P.)

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    Sri Lanka: l'impegno della Caritas per profughi e alluvionati

    ◊   Profughi e alluvionati sono i gruppi che più stanno a cuore alla Caritas Sri Lanka. Con un’attenzione particolare alle famiglie e ai bambini nei distretti settentrionali e orientali del Paese, tra le zone più colpite dalle alluvioni e dalla guerra. “Completo sviluppo dell’essere umano, costruzione della pace, guarigione e riconciliazione: questi sono i punti essenziali su cui ci concentreremo” ha dichiarato all'agenzia AsiaNews padre George Sigamony, direttore nazionale della Caritas Sri Lanka. Nelle aree di Killinochchi e Mullathivu è già in cantiere la costruzione di 500-600 abitazioni, con il sostegno economico della Caritas-Svizzera e della Caritas-Belgio. “Lo sviluppo umano – spiega padre Sigamony – è un programma continuo, che la Caritas Sri Lanka porta avanti da molti anni. Le famiglie di questo Paese sono state distrutte dalla guerra, da cui solo adesso si stanno riprendendo. Questo significa che dobbiamo occuparci degli sfollati interni (Idp – Internally Displaced People), che da tempo cercano di ricominciare una nuova vita. E insieme a loro, del reinsediamento delle vittime delle alluvioni e dell’educazione dei bambini”. Secondo l’ultimo censimento, ci sarebbero ancora più di 327mila Idp in Sri Lanka, relativi al conflitto conclusosi nel maggio 2009. Almeno 195mila persone sarebbero tornate nelle loro zone, ma senza alcun tipo di assistenza e protezione. Le alluvioni di gennaio hanno colpito almeno 1,25 milioni di persone, 11 sono rimaste uccise e altre 3 sono ancora disperse. Solo nel mese di gennaio più di 300mila srilankesi sono stati sfollati a causa delle inondazioni e dalle piogge torrenziali che hanno distrutto le loro case. I distretti più colpiti sono quelli di Bastticaloa, Trincomalee, Anuradhapura, Kandy, Badulla, Mannar, Chillaw e Vanni, dove l’intervento della Caritas Sri Lanka è stato immediato. (R.P.)

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    Terra Santa: dati Unicef 2010 sui bambini vittime del conflitto

    ◊   Pubblicato il rapporto annuale sui minori che nel 2010 sono state vittime del conflitto armato in Terra Santa. Secondo l'Unicef – riferisce l’Osservatore Romano - sono 11 i bambini palestinesi che hanno perso la vita a causa delle armi da guerra, mentre 360 sono rimasti feriti in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Sono invece 2 i bambini israeliani rimasti feriti: il primo durante una sassaiola contro un auto di coloni israeliani nei Territori palestinesi, il secondo in seguito all’esplosione di un razzo caduto sulla città costiera di Ashkelon. Erano alla ricerca di pezzi di metallo da riciclare e rivendere, i cinque degli 11 ragazzi palestinesi caduti sotto i colpi israeliani per essere entrati nella zona cuscinetto imposta dalle forze di difesa per delimitare la Striscia di Gaza. La zona di rispetto, che di fatto dovrebbe estendersi per 300 metri, raggiunge un chilometro e in alcuni tratti anche due. Chi entra in questa fascia di terra può diventare bersaglio dei militari. Altri 2 sono stati uccisi mentre si avvicinavano al confine con in mano un fucile; 3 sono stati stroncati da un colpo di mortaio; due, sempre a Gaza, sono rimasti vittime di un ordigno. I 4 ragazzi morti in Cisgiordania hanno perso la vita in incidenti con i coloni, per colpi sparati dalle forze di sicurezza o dai coloni stessi. I 360 minori feriti sono stati colpiti dalle forze di sicurezza israeliane o da coloni; tra questi 18 bambine e 58 di età inferiore ai 12 anni. Il 17% degli incidenti ha avuto luogo nella Striscia di Gaza, l’83% in Cisgiordania, il 38% a Gerusalemme Est. Secondo il rapporto Unicef, 26 ragazzi in età tra i 13 e i 17 anni sono finiti sotto il fuoco israeliano mentre si trovavano a 800 metri dal confine. Le norme internazionali di guerra vietano di prendere di mira i civili, ma da decenni sono largamente disattese in quasi tutti i conflitti. 11 minorenni hanno riportato danni fisici provocati da ordigni inesplosi, altri 5 si sono feriti mentre maneggiavano armi o esplosivi. Nel 2010, sono 3 i casi documentati di minori utilizzati (in Cisgiordania) come scudi umani dai militari con la stella di Davide. Una sedicenne e un tredicenne sono stati impiegati così nel corso di perquisizioni di abitazioni. Un quattordicenne, a Hebron, è stato costretto a precedere i soldati mentre questi venivano bersagliati con pietre da manifestanti palestinesi. Nel 2009 gli episodi analoghi documentati erano stati 7, occorsi durante l’Operazione Piombo Fuso. Cinque anni prima di casi censiti e provati se ne contavano 16. Al dicembre 2010 erano 213 i palestinesi, tra i 12 e i 17 anni d’età, detenuti dai militari israeliani. Il rapporto Unicef censisce poi 90 casi di maltrattamenti e torture, a fronte di un caso documentato imputabile alle forze di sicurezza palestinesi. Si tratta di ragazzi rimasti a lungo ammanettati o costretti in posture disagevoli, oppure richiusi in isolamento. In tre casi, i minori hanno denunciato di aver subito scariche elettriche sul corpo durante gli interrogatori. Tra le vittime dei maltrattamenti 24 avevano meno di 15 anni (due erano sotto i 10 e uno sotto i 7). È documentato l’abuso sessuale da parte delle forze di sicurezza israeliane su 14 minori (tutti maschi tranne una). Si tratta per lo più di minacce inerenti alla sfera sessuale, tranne un caso. (M.I.)

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    Cipro: riunione inter-ortodossa sulla natura della Chiesa

    ◊   Giovedì 3 marzo ha avuto inizio ad Ayia Napa (Cipro) una riunione inter-ortodossa di una settimana per studiare il documento “La Natura e la Missione della Chiesa”, della Commissione Fede e Costituzione. L'obiettivo dell'incontro, ospitato dalla Chiesa ortodossa di Cipro, è quello di offrire esplicitamente punti di vista ortodossi come parte di una discussione di portata mondiale sulla dottrina della Chiesa, l'ecclesiologia. I partecipanti - riferisce l'agenzia Zenit - sono quasi quaranta, tra leader ecclesiali, docenti universitari, teologi, laici e giovani, la maggior parte dei quali sono membri della Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc). In seguito alla discussione del documento, diffonderanno una risposta ortodossa comune a questo importante testo teologico. Dopo un Te Deum celebrato dall'arcivescovo Chrysostomos II di Cipro nello storico monastero di Ayia Napa, il metropolita Gennadios di Sassima, co-moderatore dell'incontro, ha espresso gratitudine all'arcivescovo per la sua ospitalità e ne ha sottolineato la lotta costante per superare le divisioni, nel suo Paese e altrove. Purtroppo, ha aggiunto il metropolita, “nel mondo esistono ancora muri di separazione e divisione, e una delle nostre priorità come ortodossi è portare avanti la nostra lotta per la pace, la riconciliazione e l'amicizia tra i popoli e le Nazioni”. L'arcivescovo Chrysostomos, dal canto suo, ha sottolineato l'importanza del tema, indicando che “la teologia ortodossa è fondamentalmente ecclesiologica” e che “il cristianesimo non può essere capito se non come Chiesa”. Il segretario generale del Wcc, Olav Fykse Tveit, ha invece rimarcato il contributo ortodosso alla riflessione ecclesiologica in generale e al carattere ecclesiale dell'associazione del Consiglio Mondiale delle Chiese in particolare. “Il nostro compito – ha confessato – consisterà nell'affermare che aspiriamo ad essere una cosa sola, così che il mondo possa credere che una pace giusta è possibile”. (R.P.)

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    Italia: la polizia lancia un sistema di allarme nazionale per i minori scomparsi

    ◊   Diventa attivo anche nel nostro Paese il “sistema di allarme nazionale per i minori scomparsi”. Il progetto sarà presentato oggi presso la Direzione centrale della Polizia criminale di Roma dal prefetto Francesco Cirillo, vice direttore generale della Pubblica sicurezza, insieme ai rappresentanti delle forze di polizia. Il sistema consentirà di diffondere rapidamente sul territorio un messaggio contenente informazioni per il ritrovamento di minori scomparsi, avvalendosi degli strumenti offerti da emittenti radiotelevisive, gestori delle reti stradali ed autostradali, società di trasporto, avvisatori marittimi, editori di siti internet e gestori telefonici. “In questo modo - spiega la polizia - l'Italia compie il primo passo verso l'adeguamento del dispositivo nazionale al dettato dell'Unione europea, già operativo in Belgio, Francia, Olanda, Repubblica Ceca, Regno Unito e Svizzera”. Il nuovo sistema, che si affianca alle procedure già in atto tra le forze di polizia per la ricerca dei minori in caso di scomparsa, è stato progettato grazie ad un finanziamento della Commissione Europea che ha permesso di costituire un partenariato con il dipartimento di Giustizia minorile del Ministero della Giustizia, la Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, la Direzione Centrale per gli Istituti di Istruzione della Polizia di Stato, Formez P.A. e l'onlus Telefono Azzurro. La firma della convenzione costituisce il completamento della fase “europea” del progetto, a cui farà seguito la realizzazione della struttura nazionale e dei necessari strumenti giuridici, nonchè la costituzione dell'apposita unità di crisi presso il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia. (M.I.)

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    Monaco: l'ultimo saluto a Toni Spandri, allievo di Ratzinger e missionario in Germania e Olanda

    ◊   Vasta eco ha suscitato la morte, il 28 febbraio, e poi il funerale di Antonio Spandri, celebrato venerdì scorso nella cattedrale di Nostra Signora, a Monaco di Baviera, dal vicario generale della diocesi, mons. Peter Beer. Tremila persone, fra cui moltissimi giovani, si sono unite alla moglie, Bruna, ai suoi 10 figli e ai 32 nipoti per dare l’ultimo saluto a Toni, 67 anni, catechista itinerante responsabile del Cammino neocatecumenale in Germania e in Olanda. Nato a Venezia nel 1943, Spandri si era laureato in legge. Quindi, assieme alla moglie, era andato a studiare teologia a Tubinga e a Regensburg, in Germania, con l’allora professor Joseph Ratzinger. Attraverso un loro compagno di studi, Stefano Gennarini, avevano conosciuto l’esperienza del Cammino neocatecumenale entrando in una comunità a Venezia e poi, dal 1974, con i figli si erano dedicati a tempo pieno all’evangelizzazione, lasciando tutti i loro beni. Durante i tanti anni spesi nell’annuncio del Vangelo, Toni e Bruna hanno aperto il Cammino anche nella Germania comunista: hanno attraversato tante volte il check point Charlie che divideva le due Berlino e diverse volte sono stati arrestati dai Vopos, le guardie comuniste, e passando la notte in cella, interrogati dalle guardie. “Io ero professore a Tubingen – scrisse nel 1999 il futuro Benedetto XVI – e vennero da me alcuni neocatecumeni, fra cui Toni Spandri che è stato poi mio studente per molti anni e che adesso lavora a Monaco. Quei giovani erano toccati dalla scoperta che la Chiesa ha bisogno di un nuovo catecumenato post battesimale, che deve realizzare di nuovo l’appropriazione personale e comunitaria del Battesimo in un cammino comune… Fui, quindi, felice che si aprisse così un cammino di rinnovamento di questa esperienza fondamentale della Chiesa e questo soprattutto in un tempo in cui la famiglia e la scuola non erano già più, come in passato, luoghi di iniziazione alla fede e alla comunione con Cristo nella Chiesa”. Solo lo scorso settembre Toni e Bruna avevano partecipato all’incontro che Benedetto XVI tiene ogni anno a Castel Gandolfo con i suoi ex-alunni. Al funerale, il cardinale Paul Josef Cordes, presidente emerito del Pontificio Consiglio Cor Unum, ha trasmesso il dolore del Papa alla notizia della morte di Toni. “Caro Toni, ti ringrazio soprattutto perché con la tua morte mi hai concesso il dono di farmi pensare alla mia morte”, ha detto, alle esequie, l’iniziatore del Cammino neocatecumenale, Kiko Arguello. In una lettera la moglie Bruna ha scritto: “il Signore, che gli ha donato di portare per 40 anni la Croce di Cristo nell’evangelizzazione, gli ha donato anche di trovare ristoro in Lui! Cristo è veramente risorto!”. (D.D.)

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    Festival del cinema africano: premiato il film del Marocco

    ◊   È “Pegase”, film del Marocco, ad aggiudicarsi il prestigioso Stallone d’oro di Yennenga nella 22.ma edizione del “Festival panafricano del cinema e della televisione” (Fespaco) di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso. Si tratta del terzo riconoscimento per il cinema marocchino dall’inizio del Fespaco. “Questo premio è un onore, un motivo di orgoglio”, ha commentato Daould Aoulad-Syad, regista del film all’agenzia Misna. “É un riconoscimento incoraggiante che ricompensa il Marocco”, ha continuato il regista spiegando la sua vittoria come “una volontà politica di puntare allo sviluppo culturale”. “Pegase”, primo lungometraggio del regista è un cupo dramma a dimensione familiare, ambientato in campagna, dove la giovane Rihanna, vittima di abusi sessuali, viene manipolata dal padre. Con una ventina di film prodotti ogni anno, il Marocco domina la scena cinematografica continentale, seguito dal Sudafrica che produce annualmente tra otto e dieci film. Aoulad-Syad ha lodato il sostegno economico del governo al settore cinematografico, attraverso un apposito fondo di finanziamento per i produttori alimentato dal ricavato pubblicitario delle televisioni pubbliche e private, ma anche la grande libertà di cui godono gli artisti. Lo Stallone di argento è stato invece assegnato al film “Un homme qui crie” (Un uomo che grida) del ciadiano Haroun Mahamat Saleh, inizialmente dato per favorito. Al terzo posto, con lo Stallone di bronzo, è giunto il giovane registra ivoriano Owell Brown con la sua commedia sentimentale “Le mec idéal” (L’uomo ideale). E’ stata un’edizione fruttuosa anche per il cinema algerino che ha ottenuto il premio per la miglior sceneggiatura con “Voyage à Alger” di Abdelkrim Bahloul e per la migliore interpretazione femminile nello stesso film. Il premio speciale della giuria è andato a “Notre étrangère” (La nostra straniera) della regista burkinabè Sarah Bouyain mentre il titolo di miglior attore è stato assegnato al beninese Sylvestre Amoussou, che è anche il regista del film “Les dessous de la corruption”. (M.I.)

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    24 Ore nel Mondo



    Pakistan, nuovo attentato nel Punjab provoca almeno 22 morti

    ◊   Almeno 22 persone sono morte a causa di un’esplosione che ha distrutto una stazione di rifornimento di gas a Faisalabad, nella provincia orientale del Punjab. Ad innescare la deflagrazione è stata un’auto-bomba, lasciata in sosta dagli attentatori nella stazione di servizio, non distante da diversi edifici governativi. L’attentato non è stato rivendicato ma si sospetta sia stato compiuto da un gruppo radicale locale legato ad Al-Qaeda. La matrice estremista islamica è legata anche all’imboscata compiuta lo scorso 2 marzo da uomini armati ad Islamabad e costata la vita al ministro pakistano per le minoranze religiose, il cattolico Shahbaz Bhatti. Nella regione del Punjab, teatro dell’odierno attentato, sono attivi diversi gruppi fondamentalisti. Lo scorso 4 gennaio è stato ucciso il governatore di questa provincia, Salman Taseer, che chiedeva l’abolizione della legge sulla blasfemia.

    Confine tra Afghanistan e Pakistan, raid contro una base di talebani
    Nuova operazione contro ribelli talebani. Un missile americano ha colpito un covo di talebani in un'area del Pakistan al confine con l'Afghanistan. Secondo fonti locali, sono morti almeno 5 miliziani islamici.

    A luglio, prime fasi del ritiro americano dall’Afghanistan
    La situazione sul terreno dovrebbe consentire alle truppe statunitensi di iniziare, come previsto, il ritiro dall’Afghanistan a partire dal prossimo mese di luglio. E’ quanto ha dichiarato a Kabul il segretario americano alla Difesa, Robert Gates. Durante la conferenza stampa, alla quale era presente il presidente afghano Hamid Karzai, Gates ha anche definito un “incidente di percorso” il raid aereo compiuto dalla Nato la scorsa settimana nel Paese asiatico. Durante l’operazione, sono stati uccisi per errore nove bambini afghani.

    Tunisia, terzo governo dalla caduta di Ben Ali
    In Tunisia un nuovo governo, il terzo dalla caduta di Ben Ali, ha giurato nelle mani del presidente ad interim Fouad Mebazaa. Ne fanno parte 5 nuovi ministri e altri 16 già presenti in quello precedente. All’’84enne premier Beji Caid Sebsi restano la titolarità dei dicasteri di Difesa, Interni, Esteri e Giustizia. Il primo atto del neonato esecutivo è stato lo scioglimento dell’apparato di polizia politica. Il governo dovrebbe traghettare il Paese alle elezioni dell’Assemblea costituente, già fissate per il prossimo 24 luglio.

    Algeria, manifestazione di protesta delle guardie comunali
    Hanno sfidato il divieto di manifestare ad Algeri e sono scese in piazza per chiedere un aumento dello stipendio ed una riduzione delle ore di lavoro. Migliaia di guardie comunali si sono date appuntamento nella piazza dei Martiri della capitale algerina in segno di protesta. Nel corso della manifestazione le guardie – in gran parte in divisa – hanno anche raggiunto la sede del Parlamento. Hanno promesso di manifestare fino a quando le loro richieste non saranno accolte.

    Farc, sequestrate 23 persone in Colombia
    Almeno 23 dipendenti della compagnia petrolifera canadese ‘Talisman Energy’ sono stati sequestrati dalle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) in una zona di frontiera con il Venezuela. Secondo il portavoce della compagnia, Tomas Rueda, il sequestro dei 23 dipendenti, tutti di nazionalità colombiana, è avvenuto vicino a Cumaribo. Nella zona sono in corso operazioni di ricerca da parte dei militari per liberare gli ostaggi.

    Colloqui tra Serbia e Kosovo
    Al via oggi a Bruxelles i primi colloqui diretti tra Serbia e Kosovo da quando Pristina ha proclamato l'indipendenza, il 17 febbraio 2008. L'incontro, presieduto dall'Unione Europea, giunge quando a Belgrado il premier serbo Mirko Cvetkovic ha presentato al parlamento un nuovo governo. E’ incentrato su questioni pratiche riguardanti energia, trasporti, giustizia, forze di sicurezza, licenze commerciali. Sui colloqui però pesano le tensioni riguardanti lo status del Kosovo. Giada Aquilino ne ha parlato con Mauro Ungaro, direttore del settimanale dell’arcidiocesi di Gorizia "Voce Isontina" ed esperto di questioni balcaniche:

    R. – Credo, che prima di tutto, vada salutata con particolare interesse la ripresa dei negoziati tra Pristina e Belgrado. Già il fatto che i due Paesi si ritrovino attorno allo stesso tavolo dopo oltre tre anni di gelo e di silenzio è veramente importante. Nell’agenda dei lavori paiono esserci solo delle questioni tecniche, però è anche vero che Pristina ha indicato come proprio capo delegazione il vice premier Edita Tahiri e anche da parte serba la delegazione è di alto livello. Quindi questioni tecniche, anche se avranno senz’altro carattere politico. Certamente rimangono dei punti in sospeso su quella che può essere tutta la questione del Kosovo.

    D. – Proprio lo status del Kosovo si può definire una questione ancora aperta o, dopo il pronunciamento della Corte internazionale di giustizia e la presa d’atto da parte dell’Onu, non è più in discussione?

    R. – Personalmente ritengo che non sia più in discussione: l’indipendenza del Kosovo di fatto rimarrà tale. Certamente, le due parti in questo momento stanno cercando di portare a casa, entrambe, il maggior risultato possibile. Da una parte c’è Belgrado, che sta continuando a fare dei passi avanti nel cammino di adesione all’Unione Europea e, dall’altra parte, c’è Pristina, che si trova in una situazione economica difficilissima con la disoccupazione ormai al 48 per cento, con il 45 per cento delle famiglie - secondo gli ultimi dati - che vive sotto la soglia di povertà e, soprattutto, con un governo che sta cercando di riacquistare un volto internazionale, dopo gli scandali che hanno interessato il premier Hashim Thaci nei mesi scorsi.

    D. – Alcuni osservatori dicono che, anche se non è mai stato esplicitato, la Serbia si trova di fronte ad uno scambio di fatto tra un riconoscimento del Kosovo e l’ingresso nell’Unione Europea...

    R. – E’ indubbio e anche significativo che il vice premier kosovaro Tahiri giunga a Bruxelles direttamente da Washington, dove si è recato in queste ore per incontrare l’amministrazione Obama. Le pressioni internazionali su entrambe le parti per giungere ad un accordo sono fortissime. Anche alla Serbia in questo momento la cosa che interessa di più è proprio l’adesione all’Unione Europea e l’accordo con Pristina è un passo necessario ed inevitabile se si vuole giungere a questa adesione.

    D. – Il futuro politico del Kosovo, invece, attraverso quale strada passa?

    R. – Indubbiamente l’intera area balcanica sta riacquistando un’importanza fondamentale. Il 2011 avrebbe dovuto essere l’anno fondamentale per la Macedonia, per il Montenegro, per la Serbia e per l’Albania nel cammino di adesione all’Unione Europea. Ci sono stati però dei problemi. Per la Croazia, l’adesione probabilmente slitterà dal 2012 al 2013. Indubbiamente, però, il futuro dell’Europa passa attraverso l’ingresso dei Paesi dei Balcani nell’Unione Europea. (ap)

    Attentato di Stoccolma, fermato un complice del kamikaze
    In Scozia è stato arrestato un uomo di 30 anni sospettato di avere legami con gli organizzatori dell’attentato compiuto lo scorso mese di dicembre a Stoccolma. L’attacco suicida, che non ha causato morti oltre al kamikaze, era stato rivendicato da gruppi islamici. Il kamikaze era un cittadino svedese nato in Iraq.

    Rinviato il processo all’ex presidente francese Chirac
    Il processo per corruzione contro l'ex presidente francese Jacques Chirac è stato rinviato al giugno 2011. E’ quanto ha riferito oggi il tribunale di Parigi, che ha accettato la questione di incostituzionalità sollevata dai legali, che chiedono la prescrizione dei reati. L’ex capo dell’Eliseo, oggi 78.enne, è imputato per appropriazione indebita di fondi pubblici. L’inchiesta si riferisce agli anni in cui Chirac era sindaco di Parigi. Rischia fino a 10 anni di reclusione.

    Costa D’Avorio, nazionalizzata la produzione di cacao e caffè
    Laurent Gbagbo, presidente uscente della Costa d’Avorio che si rifiuta di lasciare il potere, ha dichiarato che “l’acquisto di caffè e cacao dai produttori viene ora condotto esclusivamente dallo Stato”. Alassane Ouattara, presidente eletto a novembre e riconosciuto dalla comunità internazionale, ha più volte chiesto ai produttori di cacao di bloccare le esportazioni in modo da tagliare risorse finanziarie a Gbagbo. La Costa d’Avorio è il primo produttore al mondo di cacao.

    Il presidente italiano Napolitano sulla Giornata internazionale della donna
    Sono ancora “troppe le diversità di genere nella rappresentanza politica, nei media e nelle conduzioni di imprese troppe le strozzature all’accesso del mondo del lavoro”. E’ quanto sottolinea il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, in occasione dell’odierna Giornata internazionale dedicata alla donna. Il capo dello Stato condanna in particolare “un’immagine consumistica che riduce la donna da soggetto a oggetto, propiziando comportamenti aggressivi che arrivano fino al delitto”. Il presidente Napolitano sollecita anche il contributo fondamentale delle donne, anche immigrate, ad una “necessaria opera di rinnovamento morale”.

    ‘Ndrangheta, 41 arresti in Calabria e all’estero
    Proseguono le operazioni delle forze dell’ordine contro cosche della ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria e ramificazioni nel nord Italia e all’estero. Almeno 41 persone, appartenenti all’organizzazione mafiosa, sono state arrestate dai carabinieri del Ros e dalla squadra mobile in Calabria, Australia, Germania e Canada. Le persone fermate sono accusate di associazione per delinquere di stampo mafioso.

    Un maori nominato governatore della Nuova Zelanda
    Jerry Mateparae, 56 anni, è stato nominato governatore generale della Nuova Zelanda. E’ il secondo maori, nella storia del Paese, ad assumere questa prestigiosa carica. Ex capo di Stato maggiore delle forze armate neozelandesi, resterà in carica per 5 anni. Come altre ex colonie britanniche la Nuova Zelanda, pur essendo un Paese indipendente, riconosce la regina Elisabetta come suo capo di Stato. Il governatore generale è tradizionalmente nominato dalla regina su indicazione del governo locale. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 67

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.