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Sommario del 06/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Angelus: la morte di Shahbaz Bhatti sia un monito a difendere la libertà religiosa. Appello a soccorrere le popolazioni libiche sconvolte dagli scontri armati
  • Joaquín Navarro-Valls alla Radio Vaticana: Giovanni Paolo II ha parlato di Dio a tutta una generazione
  • Oggi in Primo Piano

  • A Roma, Messa in suffragio del ministro Bhatti. La commozione dei pakistani cristiani in Italia
  • Libia: a Tripoli manifestazioni pro-Gheddafi, ma nel resto del Paese continuano gli scontri
  • Le rivolte nei Paesi arabi e i rincari delle materie prime: la riflessione dell’economista Vaciago
  • Elezioni legislative in Estonia: per la prima volta, si svolgono via Internet
  • A Cipro, chiusura dell’incontro dei presidenti degli episcopati del Sud-Est Europa. Con noi, il vescovo bulgaro Proykov
  • In preghiera ad Assisi, i familiari dei soldati italiani caduti nelle missioni di pace
  • A Roma, una Conferenza di giornaliste dell’area mediterranea
  • Nelle piazze italiane, le gardenie dell’Associazione Sclerosi Multipla
  • Chiesa e Società

  • Dal Pakistan all’Egitto, ancora violenze contro le minoranze cristiane
  • Iniziativa del Cuamm: per l’8 marzo “cartoline virtuali” per il diritto al parto
  • Angola: l’impegno dell'Ospedale Divina Provvidenza di Luanda
  • Il messaggio della Pontificia Commissione per l’America Latina per la Giornata Ispanoamericana
  • Nepal: il governo intende ridurre i campi profughi bhutanesi
  • L’arcidiocesi di Mexico punta su Internet e i social network
  • Guatemala: iniziativa dei guanelliani contro lo sfruttamento minerario della terra
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Yemen e Bahrein nuove proteste anti-governative
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Angelus: la morte di Shahbaz Bhatti sia un monito a difendere la libertà religiosa. Appello a soccorrere le popolazioni libiche sconvolte dagli scontri armati

    ◊   All’Angelus, in una Piazza San Pietro gremita di fedeli, Benedetto XVI ha ricordato con parole commosse il ministro pakistano Shahbaz Bhatti, ucciso mercoledì scorso da un commando di fondamentalisti islamici. Dal Papa l’auspicio che la sua morte risvegli nelle coscienze l’impegno a tutelare la libertà religiosa. Quindi, ha rivolto il pensiero alla Libia sconvolta dagli scontri armati, assicurando la sua vicinanza alla popolazione. Prima degli appelli, il Papa si era soffermato sulla centralità della Parola di Dio nella vita di ogni cristiano. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Benedetto XVI è vicino a quanti, cristiani e non cristiani, soffrono a causa della violenza. All’Angelus, il Papa confida ai fedeli di seguire “continuamente e con grande apprensione le tensioni” che in questi giorni si registrano in diversi Paesi dell’Africa e dell’Asia. Quindi, rivolge il pensiero al ministro pakistano cattolico Bhatti, ucciso perché si opponeva alla legge sulla blasfemia:

    “Chiedo al Signore Gesù che il commovente sacrificio della vita del ministro pakistano Shahbaz Bhatti svegli nelle coscienze il coraggio e l’impegno a tutelare la libertà religiosa di tutti gli uomini e, in tal modo, a promuovere la loro uguale dignità”.

    Il Papa non manca poi di esprimere attenzione e vicinanza per le sofferenze che la popolazione libica sta vivendo in questi giorni:

    “Il mio accorato pensiero si dirige poi alla Libia, dove i recenti scontri hanno provocato numerose morti e una crescente crisi umanitaria. A tutte le vittime e a coloro che si trovano in situazioni angosciose assicuro la mia preghiera e la mia vicinanza, mentre invoco assistenza e soccorso per le popolazioni colpite”.

    Prima delle parole sul ministro Bhatti e sulla situazione in Libia, il Pontefice aveva commentato il Vangelo domenicale incentrato sulla parabola delle due case, una costruita sulla roccia e l’altra sulla sabbia:

    “In ogni epoca e in ogni luogo, chi ha la grazia di conoscere Gesù, specialmente attraverso la lettura del santo Vangelo, ne rimane affascinato, riconoscendo che nella sua predicazione, nei suoi gesti, nella sua Persona Egli ci rivela il vero volto di Dio, e al tempo stesso rivela noi a noi stessi, ci fa sentire la gioia di essere figli del Padre che è nei cieli, indicandoci la base solida su cui edificare la nostra vita”.

    Ma spesso, osserva il Papa, “l’uomo non costruisce il suo agire, la sua esistenza, su questa identità, e preferisce le sabbie delle ideologie, del potere, del successo e del denaro”. Lo fa, rileva, “pensando di trovarvi stabilità e la risposta alla insopprimibile domanda di felicità e di pienezza che porta nella propria anima”:

    “E noi, su che cosa vogliamo costruire la nostra vita? Chi può rispondere veramente all’inquietudine del cuore umano? Cristo è la roccia della nostra vita! Egli è la Parola eterna e definitiva che non fa temere ogni sorta di avversità, ogni difficoltà, ogni disagio”.

    La Parola di Dio, è stato infine l’auspicio del Papa, possa “permeare tutta la nostra vita, pensiero e azione”:

    “Cari fratelli, vi esorto a fare spazio, ogni giorno, alla Parola di Dio, a nutrirvi di essa, a meditarla continuamente. È un prezioso aiuto anche per mettersi al riparo da un attivismo superficiale, che può soddisfare per un momento l’orgoglio, ma che, alla fine, lascia vuoti e insoddisfatti”.

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    Joaquín Navarro-Valls alla Radio Vaticana: Giovanni Paolo II ha parlato di Dio a tutta una generazione

    ◊   Mancano ormai meno di due mesi alla Beatificazione di Giovanni Paolo II. Un evento che si preannuncia memorabile e che viene preceduto da tantissime iniziative per celebrare la figura del futuro Beato. Grande è poi l’emozione tra quanti furono al fianco di Karol Wojtyla durante il suo Pontificato. E’ il caso dell’ex direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquín Navarro-Valls, che in questa intervista di Alessandro Gisotti racconta innanzitutto con quali sentimenti abbia accolto l’annuncio della Beatificazione del primo maggio:

    R. - Direi con gli stessi sentimenti che ho provato pochi minuti dopo la sua scomparsa, quella sera del 2 aprile del 2005. Cioè con sentimenti di grandissimo ringraziamento a questa persona, a questo Papa, che ci ha parlato di Dio – non a me soltanto, naturalmente, ma a tutta una generazione – in modo diretto. Ci ha fatto capire quel tesoro di valori umani e cristiani di cui un Papa è portavoce.

    D. – Lei ha vissuto per 20 anni al fianco di Giovanni Paolo II, ma quanto e in che modo Karol Wojtyla è presente nella sua vita dopo il 2 aprile del 2005?

    R. – La sua domanda mi riporta a pochi giorni dopo la sua scomparsa, ad una delle conferenze stampa che si continuavano a fare in quel periodo di sede vacante. Una giornalista, mi pare tedesca, mi ha fatto la domanda: “Le manca Giovanni Paolo II, a lei che è stato così vicino a lui per tutti gli anni del suo Pontificato?”. La mia risposta è stata: “No, non mi manca!”. Non mi manca, perché prima potevo – dipendeva dal tipo di lavoro – essere con lui due, tre ore al giorno e adesso posso essere in contatto con lui per 24 ore al giorno. E’ presente 24 ore al giorno, gli chiedo di darmi una mano, come io cercavo, molto modestamente, di dare una mano a lui in un aspetto del Pontificato: nell’aspetto comunicativo.

    D. – Qual è il dono più grande che Giovanni Paolo II le ha fatto come uomo, come credente?

    R. – Penso che la sua grande eredità fosse lui stesso, in quanto esempio di quello che un cristiano cerca di vivere, il Vangelo, e lo si vedeva in lui. Questo è il dono più grande. Altri doni di un’altra dimensione sono l’enorme quantità di ricordi nel contatto quotidiano per tantissimi anni.

    D. – C’è qualche momento, anche qualche parola che ha visto in una nuova luce dopo la sua morte?

    R. – Sì, sicuramente. C’è un pensiero che lui esprimeva in una frase che ricordo a memoria testualmente, che lui ha ripetuto in diversi momenti, in diverse occasioni come all’Unesco... Quel suo pensiero era: “Una fede che non si fa cultura è una fede mal ricevuta, mal vissuta, mal comunicata”. Ecco, quella frase l’ho molto spesso in testa. E’ la grande sfida anche di questo momento storico, da una parte c’è il dato della fede, quello che conosciamo per fede, ma come fare di questo, cultura? Una fede che non si fa cultura è una fede mal vissuta: questo pensiero di Giovanni Paolo II l’ho in mente molto spesso.

    D. – Santo subito! Fin dai funerali la gente attendeva questo momento della Beatificazione. Davvero si può dire che il popolo di Dio abbia riconosciuto immediatamente la Santità di Papa Giovanni Paolo...

    R. – Per molti secoli i Santi si facevano per clamore popolare. E questo lo abbiamo avuto davanti agli occhi quella mattina, il giorno del suo funerale a San Pietro. Perché questo? Perché l’essere umano ha una grande capacità, che è unica, unica e propria dell’essere umano, che è la capacità di conoscere la verità. Abbiamo visto per molti anni, tutti, la congruenza nella vita di Giovanni Paolo II tra quello che lui diceva, quello che lui comunicava e quello che lui viveva, che era lo stesso. Per questo lui trasmetteva i valori cristiani con quello che diceva e con la sua stessa vita.

    D. – Lei ha detto una volta che Karol Wojtyla aveva il buon umore dei Santi. Ecco, è bello pensare che il Santo Padre ci sorrida anche oggi dal cielo!

    R. – Sì, ne sono sicuro, ne sono convito! Il Santo Padre tra le molte, moltissime qualità aveva anche questo: un ottimo buon umore! Era una persona con una visione estremamente positiva dell’esistenza, e questo naturalmente partiva non già da un tratto caratteriale. C’era in lui la convinzione che tutti siamo figli di Dio, questa è una sicurezza, è un ottimismo che era evidente in Giovanni Paolo II. Me lo immagino ora – sorridendo - con molta più solidità di fronte allo sguardo di Dio! (ma)

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    Oggi in Primo Piano



    A Roma, Messa in suffragio del ministro Bhatti. La commozione dei pakistani cristiani in Italia

    ◊   L’Associazione Pakistiani Cristiani in Italia si riunirà oggi pomeriggio in preghiera a Roma per ricordare la figura del ministro cattolico Shahbaz Bhatti, simbolo della lotta per la libertà religiosa. Alle ore 16,30, presso il Pontificio Collegio S. Pietro Apostolo, verrà celebrata una Messa in suffragio di Bhatti, presieduta dal cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Alessandro Gisotti ha intervistato uno dei promotori dell’iniziativa, il sacerdote pakistano, Shahzad Niamat:

    R. – Il motivo di questa Messa è dare un riconoscimento al servizio che il ministro Bhatti ha reso a tutti noi cristiani in Pakistan, che in questi giorni soffriamo per la sua morte. Lui ha sempre detto: “Io sono un cristiano, un cattolico. Conosco il significato della Croce: come Gesù si è sacrificato per noi, io devo sacrificarmi per i miei fratelli”.

    D. – Quali sono le vostre speranze, in particolare dei pakistani cristiani in Italia, che hanno organizzato questa iniziativa?

    R. – La nostra speranza è che questa legge che ha ucciso tante persone, cambi.

    D. – Quindi, l'auspicio è che venga finalmente cancellata la legge sulla blasfemia?

    R. – Sì, questa è la nostra speranza, perché abbiamo perso tante persone a causa di questa legge. Nel 1998 abbiamo perso un vescovo, mons. John Joseph, perché era contrario a questa legge, e ora abbiamo perso questo bravo giovane, il nostro ministro Shahbaz Bhatti …

    D. – Il suo legame è anche personale: da giovane, lei ha avuto modo di incontrare Bhatti. Può ricordarlo?

    R. – Io l’ho conosciuto quando ero piccolo, e lui era il capo dei chierichetti. Quando sono entrato tra i chierichetti, ho conosciuto questa persona, che era una persona molto semplice ma con tanto zelo nei riguardi degli altri. Veramente, lui conosceva il significato della Croce. Ed è rimasto obbediente fino alla fine! (gf)

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    Libia: a Tripoli manifestazioni pro-Gheddafi, ma nel resto del Paese continuano gli scontri

    ◊   È ancora caos in Libia, dove voci non confermate parlano di un’intesa raggiunta nella notte tra Gheddafi e le tribù per la cessazione delle ostilità. Un accordo che potrebbe essere annunciato dallo stesso Gheddafi in un atteso intervento televisivo nelle prossime ore. Proprio la tv di Stato mostra oggi scene di esultanza nella capitale da parte dei fedelissimi del raìs, annunciando la riconquista di tre città dell’Est del Paese, notizia seccamente smentita dai ribelli. Inviata anche una missione tecnica dell’Ue, la prima di questo genere nel Paese dall'inizio delle violenze. Il servizio di Linda Giannattasio:

    Colpi di armi automatiche, poi manifestazioni di esultanza per la città. È la festa dei fedelissimi di Gheddafi a Tripoli dopo l’annuncio della riconquista da parte dell'esercito delle città ribelli, tra cui Al Zawiya, Misurata, Ras Lanuf e Tobruk. Conquiste ancora smentite dai rivoltosi, che hanno annunciato di essere diretti a Sirte e di tenere le proprie posizioni. Ancora scontri, e diversi morti a Ben Jawad, bombe e spari anche a Misurata, raid aerei a Ras Lanuf. Incerto anche il fronte politico: potrebbero essere in atto trattative e secondo voci non confermate nella notte sarebbe stato raggiunto un accordo tra Gheddafi e i capi di alcune tribù per la fine dei combattimenti. Proprio su questo si attende un discorso tv del rais. Intanto, Gheddafi in un’intervista parla dell’emergenza immigrazione e dice: “Nessuno potrà fermare le migliaia di persone provenienti dalla Libia che invaderanno l'Europa, avvertendo poi che il continente “avrà Bin Laden alle porte”. Il colonnello avanza anche ipotesi di successione, che porterebbe al potere, cessate le violenze, il figlio Seif al-Islam. Intanto ha ribadito la richiesta di una commissione di inchiesta delle Nazioni Unite e dell'Unione Africana che si renda conto sul posto di quanto sta succedendo nel Paese.

    Si susseguono, dunque, voci e smentite che rivelano una grande incertezza politica e sul terreno: mentre si combatte ancora in diverse zone, infatti, a Tripoli si festeggia l’annuncio della fine degli scontri. Linda Giannattasio ne ha parlato con il giornalista Cristiano Tinazzi, raggiunto telefonicamente a Tripoli:

    R. – E’ stata una grandissima operazione mediatica, questa. L’unico dato di fatto è che, comunque, la città è invasa non soltanto dai fedelissimi, dai miliziani di Gheddafi. La gente comune è in piazza perché sta festeggiando. Sono decine di migliaia le persone in giro nella Piazza Verde. Sparano in aria perché hanno sentito alla televisione che, in pratica, le città ribelli sarebbero state riconquistate e quindi sarebbe finita questa guerra interna. Dall’altra parte del fronte, a Ras Lanouf non è successo niente; a Bengasi la situazione è sempre la stessa …

    D. – Secondo voci non confermate, sarebbe stato raggiunto un accordo tra Gheddafi e i capi di alcune tribù. Che ruolo hanno queste tribù nel Paese? Potrebbero prevalere sulla volontà degli insorti?

    R. – Sicuramente. Lo scenario della Libia è totalmente diverso da quello della Tunisia o dell’Egitto. Le tribù hanno sempre contato e contano ancora oggi. Non esiste un’unità della Libia se non c’è prima un accordo tra le tribù: questo è sempre stato e continua ad esserlo. Tant’è che anche il portavoce del governo, Ibrahim Moussa, ha ribadito questo concetto: che stanno lavorando per raggiungere un accordo tra le varie tribù. E’ difficile capire cosa stia succedendo, soprattutto oggi. Forse tra oggi e domani potrebbe succedere qualcosa.

    D. – Gheddafi si è rivolto anche all’Europa e ha paventato oggi, nel caso di una eventuale caduta, un’invasione di migliaia di persone provenienti dalla Libia; ha avvertito che l’Europa avrà Bin Laden alle porte. Qual è il senso di queste sue dichiarazioni?

    R. – Sono le minacce di un leader che si sente tradito dai governi occidentali che fino a poco tempo fa comunque lo portavano su un vassoio d’argento. Per quanto riguarda la questione dell’immigrazione, è chiaro che la Libia è una delle porte d’accesso al Mediterraneo; il fatto che non ci siano, o non ci saranno, più controlli sulle frontiere potrebbe portare problemi. Per quanto riguarda invece la menzione dell’integralismo islamico, il colonnello agita lo spauracchio dell’islamismo radicale: non ha tutti i torti. Nel senso che, in questo caso ovviamente è usato come propaganda, ma è un dato di fatto che ci siano elementi islamisti radicali ben conosciuti, tant’è che un documento trovato in un campo di addestramento jihadista tra l’Iraq e la Siria dagli americani nel 2006 rivela, appunto, che di questi 600 jihadisti che erano andati ad addestrarsi per andare poi a combattere in Iraq, circa 200 provenivano dalla Libia. Quindi, di questi 600 provenienti dal Maghreb, un terzo proviene dalla Libia e di questi 200 almeno due terzi provenivano dalla zona tra Bengasi e Derna. Dunque, qualche cosa c’è, in quella zona. E’ chiaro che adesso Gheddafi la sta usando come spauracchio nei confronti dei governi occidentali. (gf)

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    Le rivolte nei Paesi arabi e i rincari delle materie prime: la riflessione dell’economista Vaciago

    ◊   Le insurrezioni politiche nei Paesi arabi, di queste settimane, sono state in parte provocate dalla forte inflazione e dal conseguente aumento del prezzo dei generi alimentari. Le rivolte hanno poi, a loro volta, alimentato il rincaro delle materie prime fra cui il petrolio. Per un’analisi dei risvolti economici della crisi politica nei Paesi arabi, Marco Guerra ha intervisto il prof. Giacomo Vaciago, docente di economia e finanza all’Università Cattolica di Milano:

    R. - La forte crescita delle economie emergenti ha affamato i Paesi che non stanno crescendo. Tutto il Nord Africa è una zona che non è cresciuta in questi anni e molta gente lì sopravvive appena… Quando il prezzo degli alimentari raddoppia, soffrono la fame. I regimi che non se ne accorgono - e sono tutti poco democratici - saltano, uno dopo l’altro. A questo punto è chiaro che il prezzo del petrolio e degli alimentari rimane elevato, finché i Paesi emergenti - Cina, Brasile, India e così via - corrono così forte, come stanno ancora facendo.

    D. - La destabilizzazione della sponda Sud del Mediterraneo può rallentare anche i deboli segni di ripresa dell’economia europea?

    R. - Noi avevamo interessi in Libia e ovviamente il prezzo dell’energia è una cosa importante, ma il grosso della nostra ripresa non viene dal Nord Africa, veniva di nuovo dai Paesi emergenti: i danni che subiamo sono, quindi, modesti. Se il Nord Africa avvia, anche lui, un percorso di crescita, come normalmente fanno le democrazie più che le dittature, alla fine i conti saranno positivi. Tutte le nostre piccole e medie imprese non stavano crescendo in Tunisia, in Egitto e in Libia…

    D. - Quindi in questi Paesi il cambio della classe dirigente può offrire una migliore gestione delle risorse?

    R. - Sì, ma attenzione, perché questi Paesi hanno un mare di problemi - politici, economici, sociali - sono in mano a piccole oligarchie e c’è il pericolo che la situazione possa anche peggiorare: se vincono gli integralisti islamici saranno ulteriormente sottoposti a regimi poco democratici. Ma proprio per questo noi europei dovremmo aiutarli ed io trovo singolare che Francia, Spagna e Italia assieme non si occupino di quello che i romani chiamavano il “mare nostro”.

    D. - La Libia è un partner strategico di molti Paesi del Mediterraneo. Alla luce di questi sconvolgimenti può esserci un nuovo riposizionamento internazionale? Che ruolo stanno giocando le grandi potenze in questo momento?

    R. - Si è vista solo la Casa Bianca. Io comincio a trovare vergognoso che l’Europa deleghi alla Casa Bianca di occuparsi dei “nostri affari”. Questa parte del mondo è strategica per tanti motivi e il futuro dell’Europa è verso il suo mezzogiorno: non è la Norvegia o la Finlandia o la Svezia che devono lavorare qui. La storia dice che siamo noi, insieme a spagnoli e francesi ad occuparci dell'area mediterranea. I legami tra questi Paesi sono nella storia e li vediamo: quando quelli hanno paura e fuggono arrivano qui. Dobbiamo lavorare ad un patto mediterraneo tra tutti i Paesi che lo circondano. (mg)

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    Elezioni legislative in Estonia: per la prima volta, si svolgono via Internet

    ◊   L’Estonia oggi al voto per le elezioni legislative. I sondaggi della vigilia danno vincente la coalizione di centro-destra che appoggia l'attuale governo. Per l’ex Repubblica sovietica del Mar Baltico si tratta di consultazioni particolari, le prime nel mondo che verranno svolte via Internet. “L’Estonia è un esempio straordinario per tutta la comunità internazionale”, ha detto il segretario di Stato americano, Hillary Clinton. Su questa novità Giancarlo La Vella ha intervistato Fulvio Scaglione, vice direttore di “Famiglia Cristiana”:

    R. - Tutto quello che è elettronico comporta un rischio di intervento e di manomissione, però bisogna vedere l’aspetto positivo di questa che è una grande sperimentazione collettiva e che fornirà lezioni utili a tutti gli altri Paesi nel mondo. L’aspetto positivo è che questo è un Paese con un altissimo senso della democrazia, tanto è vero che l’accesso ad Internet è uno dei diritti civili garantiti dalla Costituzione. Il sistema di voto che viene utilizzato è stato già sperimentato nel 2005, anche se su piccola scala, per elezioni locali e successivamente nel 2007, su scala maggiore. Quindi, non è un’avventura. Questo sistema si basa su una carta di identità elettronica, che viene consegnata a tutti i cittadini di età superiore ai 15 anni: è un sistema con diverse procedure successive che garantiscono la privacy di chi vota e la segretezza del suo voto. Sottolineerei anche un’altra cosa. Quella dell’elettronica per l’Estonia è una vera vocazione: già nel 1996 fu avviata nel Paese la computerizzazione di tutte le scuole del Paese. Un risultato che fu compiuto in quattro anni e a cui la Russia è arrivata solo nel 2007. Naturalmente, l’Estonia ha un milione e poco più di abitanti ed è, forse per la sua vocazione e per la sua dimensione, il Paese ideale per sperimentare questi sistemi, che un giorno - forse - potrebbero servire anche a Paesi molto più popolati.

    D. - Che cos’è oggi l’Estonia e che cosa rimane dell’esperienza sovietica?

    R. - Dell’esperienza sovietica rimane ormai molto poco, anche perché l’Estonia, più degli altri Paesi baltici, si è staccata in maniera forse anche un po’ brutale e dolorosa, ma certamente molto netta. L’Estonia fa parte dell’Europa e non vi è dubbio che questa è la sua vocazione e il suo desiderio.

    D. - A quali livelli avviene il dialogo con il resto della comunità internazionale?

    R. - L’Estonia è soprattutto molto collegata ai Paesi del Nord Europa e alla Finlandia in primo luogo. Il rapporto dell’Estonia con l’Europa è mediato, appunto, da quest’appartenenza molto forte all’Europa del Nord. E’, però, un aggancio anche molto solido e che ha una spinta propulsiva molto forte proprio dal desiderio dell’Estonia di marcare la propria differenza dal grande vicino ex sovietico, che costituisce in qualche modo il suo “spauracchio” e il suo riferimento negativo. Va anche detto che l’Estonia, peraltro, è appena entrata nell’area dell’Euro e quindi è un Paese che prosegue questa marcia di inserimento nell’Unione Europea a prescindere da questa sorta di distacco che comunque la caratterizza. (mg)

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    A Cipro, chiusura dell’incontro dei presidenti degli episcopati del Sud-Est Europa. Con noi, il vescovo bulgaro Proykov

    ◊   Si chiude oggi l’incontro dei presidenti delle Conferenze episcopali del Sud-Est Europa, tenutosi in questi giorni a Cipro. I presuli si sono confrontati in particolare sulla pastorale giovanile in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid. La nostra inviata Philippa Hitchen ha chiesto a mons. Christo Proykov, esarca apostolico di Sofia e presidente della Conferenza episcopale bulgara di parlare della pastorale giovanile in Bulgaria prima e dopo la caduta del regime comunista:

    R. - E’ vero che noi siamo la generazione che ha vissuto tutto il tempo del comunismo e fino all’ultimo momento non si immaginava che questo regime potesse crollare. Ed è chiaro che l’ultima parola è sempre la Parola di Dio: questo regime è crollato da solo ed è stata una grazia per noi, una gioia. Durante il regime non potevamo fare catechismo con i giovani, era vietato. Era molto difficile radunarsi con i giovani, anzi, era un pericolo per i sacerdoti per gli stessi giovani; era non solo vietato ma anche pericoloso entrare in chiesa. Si immagini quale assurdità noi abbiamo vissuto per tanti, tanti anni! Ecco, questo noi abbiamo voluto trasmettere ai nostri piccoli, alla nuova generazione che cresce: di essere veramente libera, di essere piena di gioia nella fede di Cristo, di confessare la sua fede senza limiti, senza preoccupazione, senza timore; una generazione, dunque, liberata dalla paura, una generazione che vive nella misericordia del Signore e sa amare.

    D. – Come trasmettere l’importanza di questo ai giovani di oggi?

    R. – Io credo che il perdono sia l’unica strada dalla quale dobbiamo partire, ma sulla quale dobbiamo anche camminare per dare l’esempio ai giovani che nonostante tutto quello che abbiamo vissuto e sofferto, anche, a causa del regime comunista ateo, noi siamo al di sopra di quello che è stato, abbiamo perdonato e dobbiamo trasmettere proprio il perdono, e il perdono vuol dire amore. Io credo che i nostri martiri, che hanno non solo sofferto, ma anche dato la vita, il loro sangue per la fede, e dall’altro canto hanno dato anche il loro perdono, debbano essere un esempio per la nostra generazione. (bf)

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    In preghiera ad Assisi, i familiari dei soldati italiani caduti nelle missioni di pace

    ◊   Si è concluso oggi, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, ad Assisi, l’incontro con le famiglie dei militari caduti nelle missioni internazionali di pace, promosso dall’Ordinariato Militare per l’Italia. E’ la prima volta che genitori, mogli e figli dei soldati italiani colpiti da attentati mortali in missione umanitaria all’estero si sono riuniti per condividere esperienze e sostenersi reciprocamente nella speranza della fede. All’incontro, guidato dall’Ordinario Militare e da cinque cappellani, hanno partecipato per tre giorni una quarantina di familiari dei militari caduti, in particolare, in Afghanistan. Luca Collodi ha chiesto a mons. Vincenzo Pelvi, arcivescovo ordinario militare per l’Italia, come le famiglie hanno accolto l’iniziativa:

    R. - Le famiglie sono famiglie disponibilissime. Inizialmente, da parte nostra e da parte dell’Ordinariato militare, c’era un po’ di timore. Timore di invadere l’esperienza di dolore di queste famiglie. Il coraggio della grazia - direi - ci ha spinto a chiedere alle famiglie di vivere questa grande avventura, che è stata - e che posso dire lo sarà per sempre - un’avventura nello spirito. Le famiglie si sono sentite pensate! Una delle espressioni che più mi hanno segnato interiormente è stata: “Siamo felici, perché stiamo insieme a persone che comprendono cosa sia il dolore e quale senso abbia il dolore”. Credo che anche il luogo - Assisi - ci abbia offerto la possibilità di aprire gli occhi dei familiari dei nostri caduti. Qualcuno ha detto: sul retro della Croce, c’è un posto e quel posto è stato preso da quel papà, da quella mamma, da quella sposa, da quel bambino figlio di un militare per dare il senso al dolore che è innocente, ma proprio perché innocente è un dolore che dà futuro e serenità al mondo. Quasi una Via Crucis degli innocenti e a capo di questa Via Crucis c’è il primo Innocente, il grande innocente della storia, che è Cristo Gesù. Quindi, un’iniziativa accolta, anche per cercare di dare delle risposte che sono ancora sospese nel cuore e nella mente dei familiari dei nostri caduti, dei nostri militari.

    D. - Mons. Pelvi, le mogli, i genitori e i figli dei militari caduti come vivono quotidianamente questo dolore per la mancanza dei loro cari?

    R. - Nella vita quotidiana è cambiato tutto. E’ cambiato il modo di approcciare le situazioni del quotidiano. C’è un senso di sobrietà; c’è una ricerca di essenzialità; c’è un guardare, forse, le difficoltà con maggiore chiarezza ed anche con un coraggio che viene dall’alto. Non cambiano certo i nomi delle persone, non cambia il lavoro delle persone, ma c’è questo stile di grande umanità. E’ cresciuta la grande potenza di un cuore aperto, un cuore più solidale. Il dolore, insomma, matura e apre orizzonti immensi. (mg)

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    A Roma, una Conferenza di giornaliste dell’area mediterranea

    ◊   “Cronache Migranti – Donne fuori dai luoghi comuni”: è il titolo dato alla prima Convention Internazionale di giornaliste e attiviste dell’area mediterranea. Esperte provenienti da Nord africa, Europa e Medio Oriente si sono riunite a Roma per scambiare esperienze, discutere dell’immagine delle donne fornita dai media, del lavoro sul campo e all’interno delle redazioni. Un incontro finalizzato all’elaborazione della “Carta delle giornaliste del Mediterraneo”, uno strumento per il miglioramento dell’offerta informativa al femminile nel suo complesso. L’iniziativa nasce da un’idea dell’Associazione Stampa Romana, realizzata in collaborazione con partner nazionali e internazionali, associazioni di categoria, enti pubblici e network della comunicazione. C’era per noi Silvia Koch:

    Le donne oggetto delle notizie e le professioniste dell’informazione. Si possono riassumere così i tanti temi trattati nel corso di questa tavola rotonda finalizzata alla valorizzazione del contributo delle donne nella comunicazione. Troppo spesso trattate come vittime o corpi nudi e muti quasi mai posizionati alla guida di giornali, radio e televisioni. Agire sull’informazione per migliorare la società nel suo complesso: è l’appello lanciato perché quello che accade nel microcosmo delle redazioni rispecchia l’impostazione culturale dominante anche all’esterno. Ad esempio in Italia, su 118 quotidiani solo tre possono vantare la guida di direttrici. Claudia Padovani, referente di un progetto per la valutazione sulla rappresentazione delle donne nei media, commenta i dati che emergono dalla loro attività di monitoraggio.

    R. - Le donne essenzialmente non sono esponenti di spicco, non sono rappresentate per la loro competenza specifica, non sono esperte, non sono portavoci; sono tendenzialmente l’espressione dell’opinione popolare. Le donne non sono presenti all’interno di quelle che vengono definite le “hard news”, quindi nell’ambito della politica e dell’economia. Sono più presenti come celebrità o nel mondo dell’arte o come persone che si occupano di scienza e di cura e di salute. Ci sono argomenti e temi che sono di appannaggio femminile, ma anche in questo caso è un appannaggio che riguarda il 22 per cento dei soggetti delle notizie. Quindi anche da questo punto di vista c’è una tendenziale sottorappresentazione, una rappresentazione che non corrisponde a quello che è la pluralità e le competenze femminili.

    D. - Quali sono le vostre proposte?

    R. - Per esempio l’istituzione di un archivio delle competenze al femminile a cui i professionisti dell’informazione potrebbero fare riferimento per presentare le tematiche che fanno parte dell’agenda dell’informazione. Per quello che riguarda l’Italia c’è esigenza della formazione dei giornalisti orientata sia alla dimensione maschile che a quella femminile. C’è l'esigenza dell’educazione.

    Padovani conclude ricordando l’importanza per le donne di confrontarsi, mettersi in rete e intraprendere azioni comuni a livello internazionale.

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    Nelle piazze italiane, le gardenie dell’Associazione Sclerosi Multipla

    ◊   In occasione dell’odierna giornata della sclerosi multipla tornano in 3mila piazze italiane le "Gardenie dell’Aism". Acquistandole, si contribuisce alla ricerca su una malattia che affligge soprattutto donne e giovani tra i 20 e i 30 anni. Inoltre fino al 13 marzo è possibile partecipare alla raccolta fondi inviando un sms al 45509. Maggiori informazioni sul sito www.aism.it. Il servizio è di Paolo Ondarza:

    Una malattia cronica, invalidante, imprevedibile, tra le più gravi del sistema nervoso centrale. E’ la sclerosi multipla: in Italia ne soffrono 60mila persone; ogni 4 ore un giovane tra i 20 e i 30 anni scopre di esserne affetto. Particolarmente colpite le donne. Il commento del presidente della Federazione Italiana Sclerosi Multipla, Mario Alberto Battaglia:

    R. – Non si sa perché le donne siano le più colpite, ma è uno degli aspetti che stiamo studiando con un progetto specifico. Quello che si sa sicuramente è che la donna fa molta più difficoltà ad affrontare la sclerosi multipla, essendo mamma, spesso lavorando …

    D. – Come si manifesta la sclerosi multipla?

    R. – Si può manifestare con sintomi che dipendono da dove è localizzata la lesione o le lesioni che colpiscono il sistema nervoso. Possono essere disturbi del movimento fino alla paralisi; disturbi della coordinazione dei movimenti, disturbi della vista con sdoppiamento della vista; disturbi della vescica … Quindi dolori o sintomi che compaiono in punti diversi.

    D. – Come intervenire?

    R. – L’intervento non è soltanto un intervento di farmaci sui sintomi, ma è anche un intervento di riabilitazione, e oggi – è importante dirlo – chi si ammala di sclerosi multipla non arriverà più alla disabilità cui si arrivava una volta perché la realtà della malattia – grazie alla ricerca scientifica – è già cambiata e cambierà ancora. Oggi, per raggiungere la disabilità, le persone impiegano mediamente 25 anni; una volta, in sette anni si raggiungeva una disabilità importante. Quindi, occorre sottolineare una grande speranza che viene dalla ricerca, ma anche chiedere una grande attenzione a finanziare quello che la ricerca – che oggi vede già una luce in fondo al tunnel – ci può dare ancora. Dobbiamo vincere questa malattia per arrivare ad un mondo libero dalla sclerosi multipla.

    Semplici gesti possono aiutare la ricerca: la donazione di 13 euro in cambio di una delle 250 mila gardenie distribuite nelle piazze italiane, oppure anche un sms da cellulare Tim, Vodafone, Wind, 3 e Coopvoce o una telefonata da rete fissa Telecom Italia, Infostrada o Fastweb al numero unico 45509. (gf)

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    Chiesa e Società



    Dal Pakistan all’Egitto, ancora violenze contro le minoranze cristiane

    ◊   Non c’è tregua alle violenze contro le minoranze cristiane in diversi Paesi africani ed asiatici. Quella trascorsa è stata una settimana di gravi lutti e vessazioni, segnata dalla tragedia dell’assassinio del ministro pakistano per le Minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti. Un atto efferato che ha acuito il dramma della minoranza in Pakistan, che ora teme nuovi attacchi scatenati in nome della legge sulla blasfemia. Ieri, presso Rawalpindi, un uomo è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco da un commando di tre aggressori: incarcerato con l’accusa di blasfemia nel 2009, era stato rilasciato per mancanza di prove. Nuovi timori anche per la sorte di Asia Bibi, sulla quale pende ancora la condanna alla pena capitale. E soprusi si moltiplicano anche nel resto del Paese: nella regione del Punjab diverse chiese sono state profanate e circa 150 tombe demolite. Attacchi ingiustificati alle comunità cristiane si registrano anche nella vicina India, dove da giovedì scorso, 4 croci cristiane sono state abbattute a Mumbai, con il pretesto di una “ristrutturazione edilizia”. Ferma la condanna del cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, che definisce “ingiusta e illegale” l’azione del comune e preannuncia possibili azioni formali. Ma le violenze anticristiane non risparmiano nemmeno le comunità d’Egitto: è di due morti, quattro dispersi, fra cui un sacerdote e tre diaconi, una chiesa bruciata e un’altra profanata il bilancio di un assalto compiuto da migliaia di musulmani contro la comunità copta di Soul, a sud del Cairo. Sventato invece in Turchia un attentato contro un personaggio di spicco della comunità cristiana di Istanbul: la polizia ha arrestato due uomini e sequestrato delle armi. (C.D.L.)

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    Iniziativa del Cuamm: per l’8 marzo “cartoline virtuali” per il diritto al parto

    ◊   L’obiettivo è quello di favorire l’acceso gratuito al parto, alla cura del neonato e ai servizi sanitari di base, attraverso piccole donazioni sul sito web dell’organizzazione. Con le cartoline virtuali di "Medici con l’Africa Cuamm" – riferisce l'agenzia Sir - quest’anno gli auguri per la Festa della donna possono trasformarsi in speranza per tante mamme africane: grazie alla campagna di aiuto dell’organizzazione umanitaria – che attualmente opera in 7 Paesi del continente africano, dove ha avviato 37 progetti - con 5 Euro si garantisce ad una mamma la zanzariera per la prevenzione della malaria, con 15 un trasporto in ambulanza per parti complicati, con 25 materiale didattico per un'ostetrica per un anno e con 40 Euro il parto assistito ad una mamma in difficoltà. “La piccola stanza della maternità straripa di donne”, scrive una volontaria di "Medici con l’Africa Cuamm" dall’Angola: “Alcune loro amiche hanno partorito per strada. Altre sono morte nel cammino, altre ancora sono morte appena arrivate qui, stremate”. Sono 265 mila le donne che muoiono ogni anno in Africa in seguito a complicazioni nella gravidanza e nel parto. (C.D.L.)

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    Angola: l’impegno dell'Ospedale Divina Provvidenza di Luanda

    ◊   Nel corso del 2009 e nei primi mesi del 2010, circa 80 mila bambini tra 0 e 14 anni hanno usufruito di cure mediche presso l’Ospedale Divina Provvidenza di Luanda, in Angola, e dell'assistenza sanitaria di base presso i quattro "Posti di Salute" periferici, dove sono state effettuate almeno 106 mila visite. Inoltre, più di 2.500 bambini sono stati ricoverati presso il nosocomio, dei quali almeno 500 presso il Centro Nutrizionale Terapeutico per la cura della malnutrizione grave, insieme ad altri mille casi seguiti ambulatorialmente per la prevenzione dei disturbi legati alla carenza di cibo. L'allestimento di una nuova banca del sangue ha poi consentito di triplicare le trasfusioni ed eseguire oltre 200 mila esami. Sono i dati - diffusi dall'Agenzia Fides - che testimoniano l’intensa attività dell’Ospedale gestito nella capitale angolana dalla Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, presenti a Luanda dal 1984, in collaborazione con l'Unione Medico Missionaria Italiana (Ummi). Una struttura che – con i suoi 54 posti letto, di cui 18 dedicati in particolare ai pazienti malnutriti – rappresenta oggi un punto di riferimento importante per oltre un milione di persone. Una comunità che vive da anni in una situazione di grave povertà e privazione, a causa dei conflitti devastanti, delle trasformazioni demografiche e del declino economico del Paese, dove le cattive condizioni ambientali, la difficoltà di accesso all'acqua potabile, le lunghe piogge, la mancanza di strutture sanitarie di base, espongono le popolazioni povere della città al rischio di malattie. (C.D.L.)

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    Il messaggio della Pontificia Commissione per l’America Latina per la Giornata Ispanoamericana

    ◊   Come da tradizione, ogni prima domenica di marzo le diocesi spagnole osservano la “Giornata Ispanoamericana”, promossa dall’Opera di cooperazione sacerdotale ispanoamericana (Ocsha) con l’obiettivo di mantenere vivo l’impegno missionario della Chiesa in Spagna a favore delle Chiese sorelle dell’America Latina. In un messaggio diffuso in vista dell’evento - quest’anno sul tema “Giovani missionari per un Continente giovane” - il cardinale Marc Ouellet, presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, e il vicepresidente dell’istituto, mons. Octavio Ruiz Arenas, sviluppano una riflessione sulla ricerca di senso da parte dei giovani, alla luce della domanda rivolta a Gesù dal giovane ricco “Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” (Mc 10,17). Una domanda multiforme – spiega il documento – che si manifesta come desiderio esplicito di incontrare Dio, ricerca di un significato esistenziale più alto. Alcuni credono di aver incontrato questo significato definitivo nelle realtà mondane, ponendo a tacere la voce della coscienza - argomenta il testo del messaggio - ma di fronte alle false offerte di felicità, la Chiesa, “esperta in umanità” ricorda la “vera risposta che solo il Maestro possiede: Egli stesso, la persona stessa di Gesù Cristo”. Citando il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Gioventù del 2010, la Pontificia Commissione per l’America Latina evoca le parole del Signore al giovane ricco, “Vieni e seguimi”: “Una proposta d’amore”, che può solo realizzarsi nella vocazione alla vita cristiana, vissuta come autentica risposta di amore. Con uno “sguardo speciale” rivolto ai giovani – continua il documento - oggi come allora il Signore li invita ad essere “suoi discepoli e missionari nel mondo”, chiamando alcuni a seguirLo più da vicino e a consacrare la loro vita all’annuncio del Regno di Dio. Il testo affronta quindi un’ampia riflessione sul senso del sacerdozio nel tempo presente, a partire da un’omelia dell’allora cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nella quale si evidenziava come il mondo abbia bisogno di pastori che si preoccupino dell’anima dell’uomo e lo aiutino a non perderla nel frastuono quotidiano. Oggi più che mai – osservano ancora gli autori del Messaggio – il sacerdote è nel mondo “segno di contraddizione” e “la sua opzione per un cammino di rinuncia e donazione radicale può solo essere spiegata dalla straordinaria forza di attrazione che esercita sui giovani la chiamata personale di Gesù Cristo”. Ciò che meglio definisce il sacerdote è il suo “essere discepolo e missionario, lo stare con Lui ed essere inviato da Lui” – aggiunge il testo, che con questa esortazione si conclude: “Eleviamo dunque al Signore, con l’intercessione di Maria Santissima, una preghiera speciale per tutti i sacerdoti, specialmente per quanti si trovano nel bisogno e per coloro che sono perseguitati per il nome di Cristo. La nostra preghiera perseverante sia anche rivolta al Padrone della Messa, affinché mandi operai sempre più numerosi a lavorare nella sua vigna”. (C.D.L.)

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    Nepal: il governo intende ridurre i campi profughi bhutanesi

    ◊   In Nepal, il governo annuncia la riduzione dei campi profughi da 7 a 2 entro i prossimi due anni. L’annuncio arriva dal responsabile dell'unità nazionale per il coordinamento dei rifugiati nel Paese, Jay Mukunda Khanal, che, "visto il gran numero di persone presenti nei campi”, auspica di portare a termine l’operazione entro il 2012. In Nepal, i campi profughi accolgono cittadini bhutanesi di origine nepalese, fin dai primi anni '90, in seguito allo sfollamento di 108 mila persone dalle loro abitazioni da parte del governo bhutanese. Sono chiamati “Lhotsampas” e, secondo i dati diffusi dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), circa 43.500 di loro dal 2007 sono stati reinsediati in Paesi terzi, la maggior parte, oltre 37 mila, negli Stati Uniti, e molti altri in Canada, Australia, Nuova Zelanda, Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi e Regno Unito. Attualmente nei sette campi in Nepal vivono oltre 69.200 profughi, di cui il 75% ha espresso il desiderio di essere reinsediato in Paesi terzi. L'Unhcr sta cercando di concordare con il governo il processo di smantellamento dei campi per assicurare che venga mantenuto lo stesso livello di servizi e di assistenza per i rifugiati. (C.D.L.)

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    L’arcidiocesi di Mexico punta su Internet e i social network

    ◊   Nuovo sito web per l'arcidiocesi di Mexico (Siame). A quattro anni dalla nascita del portale, riferisce l’Agenzia Fides, l’Ufficio delle Comunicazioni Sociali dell’arcidiocesi di Mexico ha coinvolto giornalisti e scrittori di diverse testate nazionali per modernizzare il proprio sito a vantaggio del crescente numero di visitatori, sia dal Paese che dall'estero. Il nuovo portale presenta elementi rinnovati nella grafica e nei contenuti per meglio incontrare le esigenze degli utenti: nella gestione delle informazioni, il nuovo sito ha integrato più di duemila testi, strutturati e classificati in oltre 50 categorie per facilitare la ricerca, e conta più di 120 testi di formazione come documenti pontifici, preghiere, ecc. Aggiunte sezioni come “Il Vangelo del giorno”, i Santi e un dizionario di termini religiosi. Sul fronte dei contenuti multimediali, sono presenti 99 album con più di 3.500 fotografie e l'audio delle omelie della Domenica nella Cattedrale metropolitana, insieme anche ai video relativi alle attività dell'arcidiocesi di Mexico. Il Siame ha poi trovato cittadinanza anche sui social network Twitter e Facebook, e su quest’ultimo conta in particolare 1.350 amici, poi su Flicker dove sono pubblicati 79 album con circa 2.211 foto, e su You Tube, dove ha un canale proprio. (C.D.L.)

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    Guatemala: iniziativa dei guanelliani contro lo sfruttamento minerario della terra

    ◊   In 5 mila oggi a San Rafael Las Flores, in Guatemala, si sono riuniti per dire “no” alla costruzione di una miniera per la ricerca di oro, argento e nichel. Con una Messa, presieduta dal vescovo locale mons. Bernabé de Jesús, ed una processione silenziosa, nella mattina di oggi, i manifestanti hanno raggiunto il sito dove sorgerà l’ingresso del tunnel lasciando a terra dei fiori. Il progetto, che gode dell’appoggio del governo ed è stato affidato ad una multinazionale canadese, prevede la costruzione di un tunnel lungo 4 chilometri, largo 5 per 6 metri, che consumerà oltre 250 mila litri d’acqua l’ora, insieme a del cianuro. Nonostante le proteste delle comunità locali, secondo il piano dei lavori, a maggio inizierà la costruzione del tunnel per inaugurare la miniera, da concludere entro due anni. “A poco meno di 2 km dal paese, una zona montagnosa, sono già arrivati i mezzi pesanti e gli esplosivi”, scrive in una nota padre Juan Manuel Arija, missionario guanelliano, che spiega: “Hanno un permesso di esplorazione di 50 km quadrati. (…) Un vero e proprio sfruttamento, che lascia l’acqua contaminata e la terra improduttiva alla gente che qui vive di agricoltura e di quanto i parenti inviano loro dagli Stati Uniti. Si parla di progresso, sviluppo. Ma si tratta solo di politiche miopi ed egoistiche. Dare Pane e Signore – come diceva don Guanella – significa anche questo: denunciarle, perchè privano del necessario le persone e non offrono prospettive. Siamo in piazza in difesa della vita, accanto alla gente con amore, per rinnovare i cuori”. Il progetto di sensibilizzazione alla custodia del Creato, con la creazione di un Consejo Diocesano en defensa de la naturalezza – Codidena, nasce due anni fa: “Eravamo 4 persone – ricorda il missionario guanelliano - ora siamo migliaia e molti in Guatemala guardano a noi con speranza (…). Tutto ha avuto inizio quando hanno cominciato a distruggere due boschi vicini che davano acqua al Chapas. Abbiamo fatto sentire la nostra voce, poi si é aggiunta la comunità locale. Dopo un incontro della Conferenza abbiamo deciso di organizzare sistematicamente degli incontri in cui informare bene la gente in modo che non si lasci manipolare. Educare, la missione più impegnativa e appassionante”. “Vogliamo che questa sensibilizzazione arrivi fino a livello nazionale – è l’auspicio finale di padre Arija -, la natura è la risorsa principale che abbiamo per vivere”. Un augurio che trova alimento nell’adesione di molti amministratori locali: 11 sindaci su 14 hanno firmato un documento che avalla la lotta pacifica per l’ambiente. (C.D.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Yemen e Bahrein nuove proteste anti-governative

    ◊   Nuove contestazioni in Yemen, dopo il rifiuto del presidente yemenita, Ali Abdallah Saleh, al potere da 32 anni, di lasciare anticipatamente il proprio mandato, come proposto giovedì scorso dall’opposizione e da alcuni capi religiosi. Saleh ha annunciato che resterà fino alla scadenza naturale del suo incarico, nel 2013. A riferirlo è un comunicato ufficiale, in cui si legge che le proposte dell'opposizione sono ''confuse e contraddittorie''. Sul terreno, intanto, 4 membri della Guardia repubblicana yemenita sono stati uccisi stamani in un attacco attribuito ad Al Qaeda nella città di Maareb, a est della capitale Sanaa. Proteste di piazza anche in Bahrein, dove migliaia di persone si sono radunate a Manama, per la prima volta davanti alla sede del governo, per chiedere le dimissioni del premier Khalifa ben Salman al Khalifa, obiettivo delle contestazioni ormai da settimane. La dinastia al Khalifa, sunnita, regna da oltre 200 anni sul piccolo Stato a maggioranza sciita.

    Egitto - scontri
    Nuovi assalti a edifici della sicurezza dello Stato anche in varie località dell'Egitto e in alcuni quartieri del Cairo. Intanto prosegue la transizione nel Paese: il generale Mansur al Essawi è da oggi il nuovo ministro dell'Interno del governo egiziano guidato da Essam Sharaf. Al Essawi ha annunciato che adotterà le misure necessarie per ricucire il rapporto tra i cittadini e le forze dell'ordine. Secondo quanto riferito da quotidiano Al Ahram, il nuovo governo sarà formato entro alcuni giorni e ne faranno parte undici ministri provenienti dal governo di Hosni Mubarak, tra cui il ministro degli Esteri, Ahmed Abul Gheit.

    Iraq - attentato
    Un nuovo attacco bomba in Iraq ha provocato la morte di sei persone e il ferimento di altre dodici a Bassora, nel Sud del Paese. L’ordigno piazzato al bordo della strada, che aveva come obiettivo un convoglio militare statunitense, è esploso invece al passaggio di un autobus di civili. Tra le vittime si contano molte donne e bambini, secondo quanto riferito dalle autorità locali.

    Pakistan - attacco contro la polizia
    Nuove violenze in Pakistan, dove cinque poliziotti sono stati uccisi e altri due sono rimasti feriti in un attacco lanciato ieri contro un centro di addestramento della polizia pachistana a Karachi. Lo riporta l'emittente Geo News, ricordando che sempre ieri altre quattro persone erano rimaste uccise in altri due diversi attacchi compiuti nella città pachistana.

    Afghanistan - strage di civili
    Nuovi attacchi anche in Afghanistan, dove una bomba esplosa al bordo della strada ha ucciso 12 civili, tra cui cinque bambini e due donne, e ne ha feriti altri cinque nella provincia orientale afghana di Paktika. Lo hanno riferito fonti del governo provinciale.

    Irlanda - accordo per formare il governo
    I due maggiori partiti irlandesi, il Fine Gael di centro-destra e i Laburisti di centro-sinistra, hanno raggiunto nella notte un accordo per formare un nuovo governo di coalizione. Ad annunciarlo, il primo ministro in pectore Enda Kenny, del Fine Gael, che ha spiegato inoltre come alcuni dei dettagli minori sono in via di definizione per essere presentati a entrambi i partiti. La formazione del Fine Gael ha ottenuto il maggior numero di voti alle recenti elezioni legislative, seguito dai Laburisti, mentre il partito al governo nella precedente legislatura, il Fianna Fail, è stato pesantemente sconfitto per la sua gestione della crisi economica.

    Medio Oriente - raid israeliano su Gaza
    Circa sei raid aerei israeliani sarebbero stati effettuati oggi su Gaza City. Lo annunciano fonti palestinesi, secondo cui le azioni non avrebbero provocato vittime né feriti. Tre dei raid sono stati confermati da fonti militari israeliane, che spiegano come si sia trattato di una risposta al lancio di un razzo avvenuto ieri dalla Striscia di Gaza sulla regione di Shaar Hanegev, in territorio israeliano, anche in questo caso senza provocare danni né vittime. (Panoramica internazionale a cura di Linda Giannattasio)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 65

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.