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Sommario del 05/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai seminaristi per la Festa della Madonna della Fiducia: l'amore cristiano è vincolo che libera
  • Udienze e nomine
  • Il cardinale Tauran: Shahbaz Bhatti è un martire, da lui mai una parola d’odio contro i suoi nemici
  • Il musulmano e il cristiano: editoriale di padre Lombardi
  • Il Papa ricorda Madre Clelia Merloni, nel 150.mo anniversario della sua nascita
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Libia: controffensiva delle truppe fedeli a Gheddafi
  • L’Egitto prepara la nuova Costituzione: giura il nuovo premier
  • Proteste in Nord Africa e Medio Oriente. Mons. Giordano: portino più democrazia e libertà religiosa
  • La questione di Cipro: intervista con il presidente Christofias
  • Cina. Il premier Wen Jabao: malcontento nel Paese
  • La Federazione Alzheimer presenta il Dvd del film di Pupi Avati “Una sconfinata giovinezza”
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Egitto. Folla di musulmani assalta i copti: due morti, bruciata una Chiesa, dispersi un prete e tre diaconi
  • La società civile pakistana: la missione di Bhatti continuerà
  • Pakistan: uomo assolto per blasfemia ucciso per strada
  • India: abbattute 4 delle 729 croci a Mumbai. Ferma condanna del cardinale Gracias
  • Libia: la Chiesa continua a infondere speranza nei fedeli
  • Il cardinale Turkson sugli sfollati dal Nord Africa: “Garantire la giusta accoglienza” a tutti
  • “Essere Unicef”: campagna di reclutamento volontari. Mobilitazione per i ragazzi del Nord Africa
  • Costa d’Avorio, grave la situazione nell’ovest. Msf: consentire l’accesso ai feriti
  • “Un altro passo nel dialogo”: così la Comunità ebraica sul secondo volume del Papa su Gesù
  • Cina: la comunità cattolica di Tang Shan vicina ai terremotati della Nuova Zelanda
  • Cuba: nuove liberazioni di prigionieri politici
  • La Chiesa in Brasile per l’ambiente: al via la Campagna di Fraternità 2011
  • Brasile: il cardinale Scherer chiede la “conversione pastorale e missionaria” delle parrocchie
  • Pakistan: sono 90 mila i bambini malnutriti nella provincia del Sindh
  • Burundi: il progetto sanitario «Luce» per i bambini non vedenti
  • Usa: la Chiesa in aiuto dei cattolici dei Paesi ex comunisti dell’Est Europa
  • Ungheria: ricordati i 60 anni dal martirio del vescovo Meszlényi
  • I vescovi spagnoli scrivono al giovani per la prossima Gmg di Madrid
  • Spagna: l’arcidiocesi di Madrid celebra la XXVI Giornata dell’Insegnamento
  • Spagna. Previsti circa 40.000 pellegrini al castello-santuario di Xavier
  • Simposio di Missionologia: allo studio nuove forme di sostegno al lavoro missionario
  • Mons. Nichols alla «London School of Economics»: "la religione medicina della finanza"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Manifestazioni in Algeria, Giordania e Bahrein
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai seminaristi per la Festa della Madonna della Fiducia: l'amore cristiano è vincolo che libera

    ◊   “L’unità della Chiesa non è data da uno stampo imposto dall’esterno, ma è frutto di una concordia, di un comune impegno di comportarsi come Gesù, in forza del suo spirito”. Così il Papa ieri sera nella visita al Seminario Romano Maggiore alla vigilia della Festa della Madonna della Fiducia, Patrona dell’Istituto. Durante l’incontro Benedetto XVI ha tenuto una lectio divina a tutti i seminaristi della Diocesi di Roma incentrata su un brano della lettera di San Paolo agli Efesini. Il servizio è di Paolo Ondarza:

    (canto)

    “L’amore cristiano è un vincolo che libera”, lo testimoniava San Paolo “prigioniero” a motivo del Signore e lo ha ricordato Benedetto XVI ai seminaristi della diocesi di Roma. “Un vincolo con il quale ci leghiamo sia gli uni agli altri, sia con Dio. “Non una catena che ferisce o dà crampi alle mani, ma le lascia libere. Conservare l’unità dello spirito – ha proseguito – comporta “improntare il proprio comportamento all’umiltà, dolcezza e magnanimità di Gesù Cristo nella Passione. “Bisogna avere mani e cuore legati da quel vincolo d’amore che Lui stesso ha accettato per noi facendosi nostro servo”:

    “L’unità della Chiesa non è data da uno ‘stampo’ imposto dall’esterno, ma è il frutto di una concordia, di un comune impegno di comportarsi come Gesù, in forza del suo Spirito".


    C’è dunque un impegno che rinnova il dono del Battesimo. La Grazia di questo sacramento, infatti, non produce automaticamente una vita coerente, ma necessita di una collaborazione fatta di volontà e impegno perseverante. “Un impegno che costa e comporta un prezzo da pagare di persona”. Ciascuno è chiamato personalmente e deve rispondere personalmente. E’ questa la vocazione che tutti abbiamo ricevuto: chiamata ad essere di Cristo e a vivere in Lui. Dio – ha proseguito il Papa – instaura con ognuno una relazione:

    “…ognuno è chiamato con il nome suo. Dio è così grande che ha tempo per ciascuno di noi, conosce me, conosce ognuno di noi con il nome, personalmente. È una chiamata personale per ognuno di noi… Dio, il Signore, ha chiamato me, chiama me, mi conosce, aspetta la mia risposta…”.

    La chiamata è sì individuale, ma anche ecclesiale. Chiamata a vivere nel corpo della Chiesa, nella realtà concreta del seminario o della parrocchia. E anche quando questo corpo non ci piace – ha detto il Santo Padre – la Chiesa resta vincolo che unisce a Cristo:

    “…proprio così siamo in comunione con Cristo, accettando questa corporeità della sua Chiesa, dello Spirito che si incarna nel corpo”.

    Dio ci chiama dunque ad inserirci in una comunità, ad essere membra del corpo:

    “Dobbiamo anche tenere presente che è molto bello essere in una compagnia, camminare in una grande compagnia di tutti i secoli, avere amici in cielo e in terra, sentire la bellezza di questo corpo, essere felici che il Signore ci ha chiamati in un corpo e ci ha dato amici in tutte le parti del mondo".


    Ma senza il soffio dello Spirito Santo la vocazione cristiana non si spiega, perde la sua linfa vitale. Ecco perché - ha aggiunto Benedetto XVI citando Santa Teresa di Gesù Bambino - la chiamata di ogni cristiano è un Mistero trinitario: il mistero dell’incontro con Gesù, mediante il quale Dio Padre ci chiama alla comunione con Sé e per questo ci vuole donare il suo Spirito.

    Rivolto ai seminaristi Benedetto XVI ha indicato gli Apostoli e la Vergine Maria come modello di risposta alla chiamata. Ai primi Cristo disse: “Venite e Vedrete”. Alla Vergine si presentò nell’Annunciazione e ottenne la risposta: “Eccomi”:

    “La vita cristiana comincia con una chiamata e rimane sempre una risposta fino alla fine”.

    “Essere sacerdoti implica umiltà – ha aggiunto – conformarsi a Cristo:

    “Imitare il Dio che scende fino a me, che è così grande che si fa mio amico, soffre per me, è morto per me. Questa è l’umiltà da imparare”.

    Palpabile l’entusiasmo della comunità del Seminario che ha salutato il Successore di Pietro con applausi e cori.

    (applausi)

    Al termine della celebrazione la cena con i membri della comunità del Seminario Romano.

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    Udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi; mons. Leopoldo Girelli, arcivescovo tit. di Capri, nunzio apostolico in Singapore e in Timor Orientale, delegato apostolico in Malaysia e in Brunei, e rappresentante pontificio non-residente per il Vietnam; alcuni presuli della Conferenza episcopale delle Filippine, in visita “ad Limina”.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Lodwar (Kenya), presentata da mons. Patrick Joseph Harrington, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede mons. Dominic Kimengich, finora vescovo titolare di Tanaramusa ed ausiliare della medesima diocesi.

    Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Santissima Trinità in Almaty (Kazakhstan), presentata da mons. Henry Theophilus Howaniec, per raggiunti limiti di età.

    Gli succede il rev. José Luís Mumbiela Sierra, attualmente rettore del Seminario Maggiore interdiocesano di Karaganda. Il rev. José Luís Mumbiela Sierra è nato a Monzón (Huesca), diocesi di Lleida (Spagna), il 27 maggio 1969. E’ stato ordinato sacerdote il 25 giugno 1995 per la diocesi di Lleida.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Orvieto-Todi (Italia), presentata da mons. Giovanni Scanavino, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico, ed ha nominato amministratore apostolico ad nutum Sanctae Sedis della medesima diocesi mons. Giovanni Marra, arcivescovo emerito di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela.

    Il Papa ha nominato vescovo della diocesi di Bafoussam (Camerun), mons. Dieudonné Watio, finora vescovo di Nkongsamba.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo esarca dell’Esarcato Apostolico di Miskolc (Ungheria) padre Atanáz Orosz, monaco di Dámóc, attualmente superiore dell’Anno propedeutico nel Seminario Centrale di Budapest, assegnandogli la sede titolare vescovile di Panio. Padre Atanáz Orosz è nato l’11 maggio 1960 a Nyíregyháza, nell’eparchia di Hajdúdorog (Ungheria).
    Dopo aver compiuto gli studi presso l’Università Cattolica di Péter Pázmány a Budapest, è stato ordinato sacerdote il 4 agosto 1985. Nel 1999 ha fondato insieme con l’attuale vescovo di Hajdúdorog, Mons. Péter F. Kocsis, il Monastero di Dámóc.

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    Il cardinale Tauran: Shahbaz Bhatti è un martire, da lui mai una parola d’odio contro i suoi nemici

    ◊   Migliaia di persone tra cui il premier pakistano Gilani, leader religiosi e diplomatici stranieri hanno partecipato ieri ai funerali del ministro per le Minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti, ucciso brutalmente il due marzo scorso da un commando di fondamentalisti islamici. La Messa si è tenuta nella chiesa cattolica di Islamabad, mentre tantissime persone manifestavano con cartelli e striscioni contro il terrorismo. Dal canto loro, i vescovi pakistani affermano che Bhatti è morto come un martire e si impegnano a proseguire sulla via del dialogo e della riconciliazione da lui tracciata. Intanto, ha destato grande emozione uno scritto di Shahbaz Bhatti, pubblicato sul sito web della Fondazione Oasis del cardinale Angelo Scola, che appare come un vero e proprio testamento spirituale del ministro pakistano. Nel servizio di Alessandro Gisotti, proponiamo alcuni passaggi di questo documento:

    “Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia – scrive Shahbaz Bhatti – ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita”. La mia risposta, si legge in questo testo pubblicato da “Marcianum Press”, “è sempre stata la stessa: ‘No, io voglio servire Gesù da uomo comune’. Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù”. Voglio, scrive ancora il ministro cattolico, “che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora – in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita”. E ribadisce con parole commuoventi: “Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno cercato di uccidermi e di imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia”. Gli estremisti, racconta poi Bhatti, “qualche anno fa, hanno persino chiesto ai miei genitori, a mia madre e mio padre, di dissuadermi dal continuare la mia missione in aiuto dei cristiani e dei bisognosi, altrimenti mi avrebbero perso. Ma mio padre mi ha sempre incoraggiato”. Io, conclude, “ dico che, finché avrò vita, fino all’ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri”.

    La straordinaria testimonianza di Shabbaz Bhatti verrà ricordata, domani pomeriggio alle 16.30, al Pontificio Collegio San Pietro Apostolo in Roma, dove verrà celebrata una Messa in suffragio del ministro pakistano ucciso mercoledì scorso. La celebrazione, promossa dall’Associazione pakistani cristiani in Italia, verrà presieduta dal cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Al microfono di Alessandro Gisotti, il porporato si sofferma con parole commosse sulla figura di Shahbaz Bhatti:

    R. – Devo dire che mi sono commosso profondamente leggendo il testamento spirituale che – secondo me – è all’altezza di un testo di uno dei Padri della Chiesa: “Non ho più alcuna paura, dedico la mia vita a Gesù. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere: voglio solo un posto ai piedi di Gesù”. Sono frasi che realmente colpiscono. Io l’avevo incontrato a Roma e poi, alla fine di novembre, in Pakistan. L’ultima volta che ci siamo incontrati all’aeroporto di Lahore, verso mezzanotte, prima che io mi imbarcassi sul volo per Roma, quando ci siamo separati, mi disse: “So che morirò assassinato, ma do la mia vita come testimonianza per Gesù e per il dialogo interreligioso”. Lui sapeva, ed aveva già offerto la sua vita. Penso che sia un vero martire.

    D. – Anche i vescovi del Pakistan dicono che quest’uomo è un martire …

    R. – Sì, lo penso anch’io, perché è stato ucciso perché cristiano. Era un uomo, un cristiano autentico.

    D. – E questo essere cristiano autentico si vede anche dal fatto che non odiava i suoi nemici …

    R. - … mai una parola d’odio: mai! Aveva assimilato il Vangelo in maniera esimia!

    D. – Ogni volta che succedono tragedie come questa, ci si chiede cosa avrebbe potuto fare la comunità internazionale …

    R. – Certo: si dovrebbe avere una risposta corale. Ma io devo dire che ricevo lettere di ambasciatori musulmani, che dicono che ovviamente questo non è l'islam: sono persone che usano l’islam e compiono questi atti che sono aberranti.

    D. – Forse questa testimonianza straordinaria aiuta anche noi cristiani dell’Occidente, a volte un po’ indifferenti e un po’ stanchi …

    R. – Ah, certo: siamo piccoli piccoli di fronte a questo grande esempio. Un uomo di 42 anni – giovanissimo! – che viveva un po’ come un consacrato, senza esserlo. Sono rimasto molto impressionato perché si percepiva l’intensità della sua vita interiore. (gf)

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    Il musulmano e il cristiano: editoriale di padre Lombardi

    ◊   L'assassinio del ministro cattolico pakistano Shabbaz Bhatti segue quello del governatore musulmano del Punjab, Salman Taseer, accomunato a Bhatti dall’opposizione alla legge sulla blasfemia. Proprio da queste due tragiche morti muove la riflessione del nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Tutti e due sono stati uccisi per lo stesso motivo: perché si opponevano alla legge sulla blasfemia, una legge che in sé è veramente blasfema, perché in nome di Dio è causa di ingiustizia e di morte. Ma uno era musulmano, Salman Taseer, governatore del Punjab; l'altro cristiano, Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze del governo pakistano. Tutti e due sapevano bene che rischiavano la vita, perché erano stati esplicitamente minacciati di morte. E tuttavia non hanno rinunciato alla loro lotta per la libertà religiosa, contro il fanatismo violento, e ne hanno pagato il prezzo più alto con il loro sangue.

    Nel grande discorso al Corpo diplomatico sulla libertà religiosa, in gennaio, il Papa aveva reso omaggio al sacrificio coraggioso del musulmano Taseer.

    E poche settimane fa Bhatti aveva detto: "Pregate per me. Sono un uomo che ha bruciato le sue navi alle sue spalle: non posso e non voglio tornare indietro in questo impegno. Combatterò l'estremismo e mi batterò per la difesa dei cristiani fino alla morte". Ora la sua figura già grandeggia come quella di un valoroso testimone della fede e della giustizia.

    Mentre questi due assassinii ci riempiono d'orrore e d'angoscia per la sorte dei cristiani del Pakistan, allo stesso tempo ci ispirano paradossalmente anche un sussulto di speranza, perché associano un musulmano e un cristiano nel sangue versato per la stessa causa. Non vi è più solo dialogo di conoscenza reciproca o dialogo negli impegni comuni per il bene delle persone. Dal dialogo nella vita si passa al dialogo della testimonianza nella morte, a prezzo del proprio sangue, perché il nome di Dio non sia stravolto a strumento d'ingiustizia.

    Nella memoria di Taseer e di Bhatti, nella commossa gratitudine per come hanno vissuto e come sono morti, i veri adoratori di Dio continueranno a lottare - e se necessario a morire - per la libertà religiosa, la giustizia e la pace. Quale più forte incoraggiamento a camminare insieme verso Assisi?

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    Il Papa ricorda Madre Clelia Merloni, nel 150.mo anniversario della sua nascita

    ◊   Una “significativa figura di religiosa ed apostola del Sacro Cuore di Gesù, sollecita nel fare il bene, premurosa specialmente verso i poveri nel corpo e nello spirito”: sono le parole con cui Benedetto XVI ricorda Madre Clelia Merloni, fondatrice dell’Istituto delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù, in occasione del 150° anniversario della sua nascita, che ricorre il 10 marzo. In un messaggio a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, il Papa rivolge il suo augurio alle Figlie spirituali di Clelia Merloni ed auspica che questo importante anniversario “susciti un rinnovato impegno per la salvezza delle anime, nell’adesione generosa a Cristo e nella sempre più fervida testimonianza cristiana”. Nata a Forlì il 10 marzo del 1861, Clelia Merloni vive un’infanzia difficile a causa della morte della madre e dei continui trasferimenti del padre, dovuti ad esigenze lavorative. Il 30 maggio 1894, a Viareggio, con sole tre consorelle, fonda l’Istituto, per offrire assistenza ai bambini, ai più bisognosi e agli emigranti. Le Apostole del Sacro Cuore di Gesù crescono rapidamente, tanto che dal 1900 ad oggi si sono estese in 14 nazioni, arrivando a contare circa 1.200 membri. “Il carisma dell’Istituto – spiegano le religiose – si caratterizza per la devozione al Sacro Cuore di Gesù, che consiste nell’amore, nella riparazione, nell’imitazione e nella diffusione del suo culto, attraverso le varie forme di apostolato: educazione, assistenza sanitaria, pastorale catechetica, servizio sociale, promozione umana e attività missionaria”. D’altronde, il motto di Madre Clelia è: “Dio solo! Il Sacro Cuore di Gesù sia il nostro tutto”. Ammalatasi gravemente, la religiosa muore a Roma il 21 novembre 1930. Per ricordarla nel modo migliore, durante tutto il 2011 sono in programma molte iniziative commemorative, sia in Italia che all’estero. Il culmine delle celebrazioni sarà, naturalmente, il 10 marzo, quando, nella Casa generalizia delle Apostole, a Roma, si terrà una Messa solenne. (I. P.)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il discorso di Benedetto XVI agli allievi del Pontificio Seminario Romano Maggiore in occasione della festa della Madonna della Fiducia.

    In prima pagina, la crisi libica: la rivolta non si ferma, colpi di cannone sulle città strategiche di Al Zawiyah e Ras Lanuf controllate dagli insorti.

    Nel servizio internazionale, intervista a Josette Sheeran, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale (Pam), di ritorno dai campi profughi al confine tra Libia e Tunisia.

    La liturgia è tradizione e innovazione: l’intervento di Carlo di Cicco al convegno «Liturgie e culture tra l’età di Gregorio Magno e Leone III. Aspetti rituali, ecclesiologici e istituzionali».

    Contraddizioni di un’alternativa illusoria: Giovanni Cucci sul marxismo secondo Augusto del Noce.

    Proviamo ad abbagliare il mondo che respinge: Michael Paul Gallagher su Flannery O’ Connor e l’immaginazione.

    Si cela nel colore il destino del pianeta: Gaetano Vallini sulle immagini dei fotografi della National Geographic Society in mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma.

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    Oggi in Primo Piano



    Libia: controffensiva delle truppe fedeli a Gheddafi

    ◊   In Libia proseguono i combattimenti tra gli insorti e l’esercito fedele a Gheddafi. Dopo gli scontri di ieri a Tripoli e in altre città, tra le milizie fedeli al colonnello e i ribelli, anche stamani si segnalano combattimenti isolati, soprattutto nella regione orientale della Cirenaica. Numerose vittime anche a Bengasi dove è esploso un deposito di munizioni. Intanto, il governo Libico ha chiesto la sospensione delle sanzioni decise dall’Onu. Sentiamo Marco Guerra:

    Lo scontro armato tra le forze fedeli a Gheddafi e gli insorti si è concentrato presso i centri di Zawiya, verso il confine con la Tunisia, e a Ras Lanouf, strategica cittadina petrolifera sul mare nell'est della Libia. Le sorti dei combattimenti sono ancora avvolte nell’incertezza più completa alimentata dalle notizie contrastanti fornite dai ribelli e dai governativi. Secondo fonti vicine all’opposizione almeno 70 persone sono morte e circa 300 sono rimaste ferite nella battaglia di Zawiya, che per il momento sembra ancora nelle mani dei rivoltosi che all’alba hanno respinto un attacco dell’esercito di Tripoli. In queste ore le truppe fedeli al colonnello assediano di nuovo il centro abitato e detengono il controllo di molti check-point attorno alla città. Notizie contraddittorie anche da Ras Lanouf, dove ieri si sono verificati violenti combattimenti che hanno lasciato sul terreno almeno 8 morti e 26 feriti. I ribelli hanno riferito oggi di essere stati attaccati dai miliziani pro-Gheddafi con armi pesanti. È invece andata completamente distrutta la base degli insorti a un ventina di chilometri da Bengasi. I rivoltosi parlano di un incidente nel deposito di armi, ma alcuni del posto riferiscono di un raid aereo dell’aviazione fedele al governo. E oggi terrà la sua prima riunione formale in un luogo tenuto segreto il “Consiglio nazionale” creato dall'opposizione libica. Gheddafi però non mostra segni di cedimento e rilancia la sua azione anche sul fronte internazionale, chiedendo al Consiglio di Sicurezza dell'Onu la revoca delle sanzioni imposte 27 febbraio scorso. Nella missiva, Tripoli chiede che l'interdizione all'espatrio e il congelamento dei beni di Gheddafi e del suo 'entourage' vengano "sospesi fino a quando la verità non verrà accertata".

    Dunque la sensazione generale è che le forze di Gheddafi stiano riprendendo il controllo di gran parte del Paese. Giancarlo La Vella ne ha parlato con l’inviato Cristiano Tinazzi, raggiunto telefonicamente a Tripoli:

    R. – Ormai Tripoli e la parte ovest del Paese, la Cirenaica e il Fezzan sono quasi ormai sotto controllo, rimangono solo alcune poche città isolate in mano ai ribelli. Ho sentito un collega che sta a Brega nella parte est della Cirenaica e siamo molto preoccupati perché queste notizie che arrivano sono il segno che l’esercito comunque è saldamente nelle mani del colonnello. Non ci sono state defezioni e comunque la popolazione da questa parte è molto solidale con il governo. Ci sono state anche ieri manifestazioni di solidarietà, ieri, in piazza verde c’erano circa tremila persone che manifestavano per il colonnello. Sono passati anche in formazione degli elicotteri da trasporto, truppe militari. Quindi pare che tutto tenga e anzi che la controffensiva sia solo all’inizio in questo momento.

    D. – Questa eventualità della ripresa di forza di Gheddafi pone una serie di problemi chiaramente interni ma anche a livello internazionale erano stati molti i governi che avevano esortato il Rais a cedere il potere…

    R. – Sì, forse hanno agito prematuramente nel senso che il Paese è diviso in due. Adesso è chiaro che molte persone in queste due regioni ad ovest probabilmente non sono con il governo ma nessuno adesso ha il coraggio di dirlo. Hanno perso l’occasione appunto per portare la rivolta in Tripolitania e nel Fezzan. Le reazioni internazionali adesso dovranno essere valutate attentamente perché non fanno altro che cementare la posizione dei libici contro i ribelli e contro l’intervento internazionale. C’è un forte nazionalismo che viene anche utilizzato a fini propagandistici appunto per far vedere come la Libia sia stata continuamente messa sotto attacco da parte delle potenze straniere appunto per avere il petrolio. Insomma, questi sono giochi di propaganda che si fanno e che chiaramente sulla popolazione hanno effetto.(bf)

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    L’Egitto prepara la nuova Costituzione: giura il nuovo premier

    ◊   Ha giurato ieri al Cairo, in piazza Tahrir, il nuovo premier egiziano Essam Sharaf, subentrato dopo le dimissioni dell'ex primo ministro Ahmed Shafiq. “Ora è giunto il momento di ricostruire il Paese – ha detto di fronte a migliaia di manifestanti - cercherò di raggiungere i vostri obiettivi, se non ci riuscirò mi unirò a voi nella piazza”. Ed è stato fissato per il 19 marzo il referendum sulle modifiche alla Costituzione. Oggi si apre il processo all'ex ministro dell'Interno, Habib al-Adli, primo componente della squadra di governo del deposto presidente Mubarak a finire sotto processo. E’ accusato di riciclaggio e appropriazione di denaro pubblico. Ma intanto, come ieri, anche oggi ci sono dimostranti che chiedono lo scioglimento dei servizi di sicurezza dello Stato. Si tratta di un corpo del ministero dell'Interno che svolge investigazioni anche segrete. In più occasioni, agenti di questo corpo, che sono sempre in abiti civili, sono stati visti aggredire, provocare e arrestare persone che partecipavano a manifestazioni pacifiche. Ma torniamo al cambiamento in atto in Egitto con la revisione della Costituzione: Fausta Speranza ne ha parlato con Luigi Bonanate, dicente di relazioni internazionali all’Università di Torino:

    R. - Vedere questa primavera che è sbocciata, non può ricordarci - in primo luogo - che noi avevamo fatto finta che tutta quella zona di mondo non esistesse e che si trattasse sempre e soltanto di possibili immigrati. Invece abbiamo dovuto scoprire che - perbacco - anche fuori dall’Occidente ricco, fortunato e privilegiato, esiste l’anelito alla libertà, alla democrazia, alla giustizia sociale. Mi sono un pochino vergognato, come occidentale, del fatto che noi avessimo trascurato totalmente questa dimensione della realtà e che mi fa venire in mente che il futuro del mondo appartiene proprio a questo tipo di eventi.

    D. - Professore, guardando in particolare al futuro dell’Egitto: al momento c’è l’annuncio del Consiglio Supremo delle Forze Armate e se guardiamo a questi punti forti che stanno elaborando per il referendum, che si farà il 19 marzo, c’è la modalità di presentazione delle candidature alla carica di capo di Stato, la durata del mandato… Siamo sui punti chiave per costruire una democrazia?

    R. - Certo, direi che siamo più o meno all’interno dei manuali di scienza politica di quelli che si occupano della teoria delle transizioni. Quello che noi vediamo oggi in Egitto è davvero, per la prima volta e finalmente, un procedimento. Tante volte ci siamo detti: la democrazia è "procedura" prima di tutto. Qui la procedura ha veramente il suo ruolo e viene seguita, tra l’altro, dai militari. E’ vero che abbiamo tutti quanti smesso di avere paura del militare in quanto tale. I militari non sono più necessariamente in tutto il mondo dei golpisti, possono esserlo, ma come abbiamo visto non sono tutti uguali. I militari sono oggi i tutori della tradizione. Naturalmente speriamo che poi al momento delle elezioni e dell'immediato seguito, questo processo continui.

    D. - Professore, dal punto di vista delle relazioni internazionali, che cosa può significare un Egitto che dichiara la durata del mandato presidenziale solo di quattro anni e rinnovabile una volta sola?

    R. - A me pare un segno che ci deve dare grande, grande coraggio ed ottimismo. Se il futuro del mondo, si muove in questo modo, possiamo allora avere anche qualche speranza. (mg)

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    Proteste in Nord Africa e Medio Oriente. Mons. Giordano: portino più democrazia e libertà religiosa

    ◊   I presidenti delle Conferenze episcopali europee del Sud-Est sono in questi giorni a Cipro per affrontare il tema della pastorale giovanile in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid del prossimo agosto. Durante l’incontro, che si concluderà domani, si sta parlando anche delle proteste in Nord Africa e Medio Oriente che vede come i principali protagonisti proprio i giovani. Su questa tematica ascoltiamo mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa. L’intervista è della nostra inviata a Cipro Philippa Hitchen:

    R. – L’Europa e il mondo intero sono stati sorpresi nel vedere che sono stati i giovani i protagonisti di questo movimento: i giovani capaci, anche, di cogliere le nuove metodologie, il legame tra queste “rivoluzioni” e i nuovi media. Come sappiamo, c’è una speranza che questo grande movimento non sia luogo di violenza, quindi la prima speranza è che cessino le violenze: siamo tutti rattristati dalle tragedie segnate dal sangue. D’altra parte, c’è la speranza che tutto questo porti ad una maggiore democrazia, ad una maggiore libertà. E noi speriamo anche che porti ad una maggiore libertà religiosa, naturalmente: questa è una preoccupazione che abbiamo sempre. Speriamo anche che questa rivoluzione non sia sfruttata poi in futuro – cosa che a tutt’oggi non sembra – per diventare poi luogo di potere o di fondamentalismi. Questo movimento storico interroga anche l’Europa, interroga le istituzioni internazionali: il Consiglio d’Europa si occupa dei diritti dell’uomo, però ci interroghiamo su cosa abbiamo fatto per salvare i diritti dell’uomo presso questi nostri vicini di casa: cosa abbiamo fatto, in questi anni? Come l’Europa potrà parlare ancora in futuro dei diritti dell’uomo, senza riflettere sul fatto che i diritti dell’uomo sono universali? O valgono per tutti i popoli, oppure è difficile difenderli e promuoverli! Quindi credo che questo movimento stia interrogando – e questo mi sembra positivo, se sapremo rispondere – sulla responsabilità dell’Europa in certi capitoli …

    D. – Nelle Chiese, in Medio Oriente, si parla spesso delle difficoltà delle piccole comunità cattoliche. Forse si può allargare lo sguardo anche alla sete di libertà di questi giovani, cercando di lavorare insieme a questa energia anche se non viene da comunità cattoliche o cristiane…

    R. – Da un lato siamo preoccupati di difendere la libertà di religione e di osservare con attenzione dove c’è violazione o persecuzione: in questi tempi, per fortuna, abbiamo assistito ad una nuova sensibilità anche nei riguardi delle persecuzioni contro i cristiani. D’altra parte credo che lei abbia ragione: dovremmo sottolineare e promuovere questo discorso positivo. Ci sono persone e realtà, a livello ecclesiale, ci sono movimenti, comunità vive – li abbiamo visti anche in queste regioni, in questi Paesi – che veramente possono dare un contributo. Il mondo dei giovani esprime l’attesa che c’è e l’attesa è grande, e quando oggi trovi persone capaci di proporre qualcosa credo che possano trovare il terreno favorevole. Ecco perché credo sia necessario spingere per fare proposte positive su tutti i temi, e quindi anche spingere i giovani ad impegnarsi in politica e conseguentemente anche presso le istituzioni, per far sentire la loro voce. Anche a livello europeo si percepisce questo distacco tra le istituzioni e il popolo dell’Europa, che sembra non esistere. Forse i giovani potrebbero cominciare a far sentire la loro voce, e credo che questo avrebbe influsso sulle istituzioni che comunque devono essere attente all’opinione pubblica e soprattutto ai giovani, perché loro costituiscono il futuro e anche il presente. (gf)

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    La questione di Cipro: intervista con il presidente Christofias

    ◊   I vescovi europei del Sud-Est, nel corso del loro incontro a Nicosia, nell’isola di Cipro, hanno incontrato anche il presidente cipriota Demetris Christofias. Al centro dei colloqui la questione di Cipro, divisa dal 1974 con l’occupazione turca nel Nord, il problema della riconciliazione, il dialogo interreligioso e il ruolo dell’Europa. La nostra inviata Philippa Hitchen ha intervistato lo stesso Christofias:

    R. – I mentioned during my intervention, during this meeting here, …
    Nel corso del mio intervento in occasione dell’incontro che si sta svolgendo qui ho detto che il presidente Makarios aveva preso una decisione coraggiosa: quella di far sì che lo Stato unitario diventasse uno Stato federale bi-zonale e bi-camerale. Tenendo presente il fatto che a Cipro non abbiamo mai avuto le precondizioni per una federazione, perché la popolazione ha sempre vissuto mista in ogni angolo dell’Isola, accettare oggi il concetto di una federazione bi-zonale e bi-camerale significa che i turco-ciprioti potrebbero continuare a mantenere il Nord mentre i greco-ciprioti dovrebbero mescolarsi tra di loro, tornando alle loro case. I turco-ciprioti hanno ottenuto uguaglianza politica, e uguaglianza politica significa che prenderanno parte agli affari dello Stato in maniera tale che i greco-ciprioti, che rappresentano la grande maggioranza, non potranno imporre la loro volontà ai turco-ciprioti; dovrà esserci un’effettiva partecipazione da parte dei turco-ciprioti negli affari dello Stato e nelle istituzioni. Questa è una grande concessione da parte dei greco-ciprioti ai compatrioti turco-ciprioti; ma stiamo parlando di “uno” Stato con una sovranità indivisibile, con persona giuridica a livello internazionale. Altrimenti, si parla di due Stati. Questa è la differenza nel punto di vista tra la Turchia e noi. Infatti, a parole la Turchia accetta la federazione, ma se si esaminano le richieste poste dai leader turco-ciprioti nel corso dei negoziati non si può non giungere alla conclusione che, di fatto, essi chiedono una “confederazione” e non una “federazione”. Sono loro che devono cambiare il loro atteggiamento: la Turchia dovrà comprendere che Cipro è per i ciprioti, ed i ciprioti devono essere lasciati da soli per poter risolvere i loro problemi tra di loro. Diversamente, continueremo a torturare questo popolo per molti anni ancora perché – come ho sempre detto – sono il presidente della Repubblica e capo della comunità greco-cipriota, non sono un commerciante: non posso “vendere” gli interessi ed i conflitti della mia stessa comunità non solo per il bene dell’altra comunità, ma per il vantaggio di stranieri!

    D. – Qual è il ruolo dell’Unione Europea nell’esercitare la sua pressione al fine di trovare una soluzione?

    R. – It plays a positive role, but it could play a more decisive role. …
    Il suo ruolo è positivo, anche se potrebbe essere più decisivo. L’Unione Europea ha interesse alla riunificazione, ma deve esercitare maggiori pressioni sulla Turchia e spiegare al Paese che la politica da essa perseguita è ormai anacronistica. Gli europei devono essere più coraggiosi e più incisivi. (gf)

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    Cina. Il premier Wen Jabao: malcontento nel Paese

    ◊   Per la prima volta il premier cinese Wen Jabao ha riconosciuto che nel Paese c’è un certo malcontento popolare dovuto all’aumento dei prezzi e al crescente divario tra ricchi e poveri. Parlando all’Assemblea Nazionale del Popolo - il Parlamento cinese - ha annunciato che l’obiettivo per quest’anno è mantenere bassa l’inflazione e anche la crescita economica. Ma come valutare queste preoccupazioni? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Francesco Sisci, corrispondente de La Stampa a Pechino:

    R. – Sono molto importanti e hanno vari aspetti. Un primo aspetto ovvio è che la realtà è complicata: c’è il divario tra ricchi e poveri che porta anche insoddisfazione sociale e possibili proteste. Ma un secondo aspetto, meno ovvio ma più profondo, è il fatto che se il premier dichiara che ci sono scontenti sociali vuol dire che la situazione è sotto controllo e che attraverso un’espressione maggiore di scontento popolare, in qualche modo tiene sotto controllo la stabilità complessiva della società.

    D. – Le proteste nel mondo arabo e musulmano hanno avuto delle eco anche in Cina. Quanto questa situazione preoccupa i vertici di Pechino?

    R. – Le eco sono state minime: non dobbiamo dimenticarci che la rivoluzione dei Gelsomini in Tunisia, in Egitto e negli altri Paesi sono state accese ed alimentate dall’inflazione sui prezzi alimentari, che è il vero grande motore: questa inflazione dei prezzi alimentari, la fame diffusa tra ampie fasce della popolazione semplicemente non c’è. C’è un dissenso limitato ad un gruppo di intellettuali. Il fatto, però, che il governo sia estremamente preoccupato dimostra – a mio avviso – l’estrema fragilità di questo sistema politico che si preoccupa molto solo per qualche decina di manifestanti che vuole fare una rivoluzione davanti a McDonald!

    D. - Wen Jabao ha anche annunciato che la spesa militare aumenterà del 12 per cento promettendo che il Paese continuerà a costruire un potente esercito. Questa attenzione alla difesa può essere interpretata come una strategia destinata ad imporsi sulla scena internazionale come potenza non solo economica?

    R. – L’aumento della spesa militare da un certo punto di vista è naturale e ovvio perché le spese militari procedono di pari passo con la crescita economica però creano nel lungo termine una potenza militare che è in grado di torreggiare rispetto alle forze militari dei Paesi vicini. Questo sul lungo termine è un elemento che potrebbe essere di grave instabilità, di grande preoccupazione, ed è forse il singolo elemento più pericoloso della sua attuale situazione cinese. (gf)

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    La Federazione Alzheimer presenta il Dvd del film di Pupi Avati “Una sconfinata giovinezza”

    ◊   Una lodevole iniziativa organizzata oggi pomeriggio alle 17.30 dalla Federazione Alzheimer Italia presso l’Acquario Civico di Milano: protagonisti giovani laureati vincitori di un concorso particolare dedicato all’Alzheimer e il regista Pupi Avati che presenta l’uscita in Dvd del suo ultimo film “Una sconfinata giovinezza” in cui si seguono con affetto e intensità i momenti difficili di una coppia segnata dalla malattia. Il servizio di Luca Pellegrini:

    (Clip audio: “Che cosa facciamo?” – “Eh, fa parte del decorso della malattia: la mente di suo marito si sta via via allontanando dalla realtà. Il non poter disporre di quella macchina meravigliosa che era la sua mente, lo incattivirà. Ma oggi ci sono istituti di accoglienza attrezzati …” – “No, io Lino non lo affido a nessuno. Se c’è un modo perché la sua mente e la mia continuino a comunicare, io lo devo trovare!”)

    L’Alzheimer: questa malattia così difficile e così diffusa trova spesso impreparate famiglie, amici e strutture. E’ difficile accoglierla, organizzare una doverosa assistenza. Il parlarne senza paure, senza dubbi diffusi, è l’impegno della Federazione Alzheimer, la maggiore organizzazione nazionale non profit dedicata a promuovere la ricerca medica e scientifica in un orizzonte interdisciplinare. L’iniziativa milanese si caratterizza per due fatti di rilievo: la premiazione degli otto giovani laureati che si sono distinti nella realizzazione di tesi sulla malattia di Alzheimer, e la presentazione dell'uscita in Dvd di uno dei più toccanti e coraggiosi film di Pupi Avati, “Una sconfinata giovinezza”, in cui con estrema tenerezza il regista segue i giorni difficili di una coppia di sposi mentre l’uomo si allontana sempre più dal presente, verso il passato e l’infanzia, e la donna decide di stargli accanto, con grande sacrificio, per non perdere questo contatto d’amore. Abbiamo chiesto a Gabriella Salvini Porro, presidente della sezione italiana della Federazione, le ragioni di questo concorso:

    R. – E’ estremamente importante che si parli – e con competenza – dell’Alzheimer. Quindi bisogna partire dalle persone più giovani, dagli studenti e da quelli che si laureano facendo una tesi sull’Alzheimer. Non solamente per quanto riguarda la medicina, ma la psicologia, l’architettura e l’economia, anche. Quindi, noi abbiamo pensato proprio di dare un premio in modo da incentivarli ad occuparsi di Alzheimer anche più avanti, e raggiungere anche le persone più giovani”.

    D. – I tanti problemi che scaturiscono all’apparire della malattia possono essere trattati e meglio compresi anche dalla capacità del cinema di raccontarli:

    R. – Perché occorre parlare di questo argomento in tutti i modi, affinché possa entrare realmente nella nostra cultura, nel nostro modo di pensare per cercare di far capire che abbiamo davanti un problema enorme – parliamo di 600 mila malati in Italia, e si tratta di persone malate che hanno bisogno di aiuto: malati e famiglie. Non si può parlare solamente di medicina. Quindi, mettere insieme argomenti che sembrano contrari l’uno all’altro, può aiutare proprio a far capire questo problema e a farlo accettare: infatti, è un problema “sotterraneo”, a volte anche la famiglia non riesce ad accettare una malattia così difficile!”.

    D. – Pupi Avati, lei ha voluto affrontare sullo schermo i giorni difficili di Lino e Francesca, interpretati con grande compostezza da Fabrizio Bentivoglio e Francesca Neri, raccontando anche una bellissima storia d'amore...

    R. – Sì, è una storia d’amore perché essendomi occupato seriamente, anche con l’aiuto di consulenti autorevoli, di questa problematica ho scoperto l’amore, soprattutto, delle persone vicine, quelle che riescono ancora a stabilire, a tenere in vita, a tenere insieme una sorta di rapporto, di comunicazione con malati che altrimenti sfuggirebbero a qualsiasi tipo di contatto.

    D. – Pupi, questa “giovinezza sconfinata” in cui precipita il personaggio di Lino, che cosa ci insegna?

    R. – Probabilmente, che nella circolarità del tempo e della vita è quello che ognuno di noi in qualche modo si augura: non certamente di ammalarsi di Alzheimer, ma di fare ritorno alla propria infanzia, fare ritorno alla propria famiglia. Io credo che quando non esistono elementi traumatici che interrompono la vicenda umana di un essere, poter chiudere facendo “ritorno a casa” è il modo che sicuramente ognuno di noi auspica. (gf)

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa nona Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci propone il passo evangelico in cui Gesù invita i suoi discepoli ad ascoltare le sue parole e a metterle in pratica. Chi opera in questo modo è come chi costruisce la sua casa sulla roccia che resiste all’urto di venti e tempeste. Ma non basta compiere grandi azioni e miracoli. Infatti Gesù afferma:

    «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli».

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Per tante domeniche abbiamo ascoltato e meditato l’ampio discorso della montagna. Oggi Gesù stesso tira la conclusione: tutto si gioca sulla fedeltà alla volontà del Padre, conosciuta attraverso l’ascolto attento di quanto Gesù ha detto. Non si tratta di contrapporre pratiche generose all’ascolto della Parola; ma di imparare a fondare l’agire, tutte le forme dell’agire cristiano, sull’ascolto obbediente della Parola di Cristo. Vero discepolo è chi mette in pratica quello che ha ascoltato. Per parafrasare una espressione di Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte, non vi è autenticità di santità, di preghiera e di carità, se non a partire da un rinnovato ascolto della Parola di Dio (n. 39). Chi vuole costruire la propria identità cristiana in maniera solida - appunto quanto una casa sulla roccia - deve dare il primato alla Parola di Dio, ascoltarla per praticarla, con cuore generoso. Da qui nasce la coerenza della vita, da qui viene la luce che chiama a conversione e a nuovo impegno. Qui la Chiesa intera, come diceva il Sinodo sulla Parola, “trova l’annuncio della sua identità, la grazia della sua conversione, la fonte della sua profezia, la ragione della sua speranza”. Siamo prossimi alla Quaresima: apriamo la Bibbia e ascoltiamo la Parola di Dio con cuore attento e volontà di viverla!

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    Chiesa e Società



    Egitto. Folla di musulmani assalta i copti: due morti, bruciata una Chiesa, dispersi un prete e tre diaconi

    ◊   Due morti, un sacerdote e tre diaconi dispersi, una chiesa bruciata: questo il bilancio di un assalto compiuto questa notte da circa 4mila musulmani del villaggio di Soul (30 km a sud del Cairo) contro la locale comunità copta. Gli islamici hanno assaltato le abitazioni dei cristiani e dato alle fiamme la chiesa di San Mina e San Giorgio. A scatenare le violenze, - riferisce l'agenzia AsiaNews - la relazione tra un ragazzo copto e una giovane musulmana. Testimoni riferiscono che la folla ha impedito ai Vigili del fuoco di entrare nel villaggio. Padre Yosha, parroco della piccola comunità, e altri tre diaconi risultano dispersi e vi sono voci contrastanti circa la loro sorte. Secondo fonti locali essi sono morti nell’incendio divampato nella chiesa. Altre fonti affermano invece, che sarebbero tenuti prigionieri dai musulmani all’interno di uno dei locali della parrocchia. I musulmani hanno attaccato la chiesa, facendo esplodere all’interno sei bombole di gas, profanato le croci e distrutto le copule. Truppe dell’esercito sono stazionate a Bromil, circa 7 km da Soul, ma per il momento si rifiutano di intervenire. Tre pattuglie giunte sul luogo dell’assalto sono state rimandate indietro dai musulmani, dicendo che tutto “era a posto”. Gli oltre 12mila cristiani copti residenti nel villaggio si sono chiusi in casa per evitare nuove violenze. L’incidente è stato innescato dalla relazione tra un cristiano copto, Ashraf Iskander, e una donna musulmana. Il padre della ragazza si è rifiutato di sacrificare la figlia e uccidere il giovane cristiano, nonostante le pressioni della comunità islamica e ieri le due famiglie si erano riconciliate. Ad Ashraf era stato imposto di abbandonare il villaggio, ma la situazione è però precipitata in serata, quando un cugino della ragazza ha deciso di uccidere lo zio per aver preferito la vita della figlia all’onore della famiglia. L’omicidio ha portato il fratello della donna a vendicare la morte del padre uccidendo il cugino. La serie di omicidi ha sconvolto la comunità musulmana, che ha subito additato i cristiani come principali responsabili della vicenda. (R.P.)

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    La società civile pakistana: la missione di Bhatti continuerà

    ◊   L’omicidio di Shahbaz Bhatti è un ferita per la nazione, ma “la sua missione è viva e continuerà”: è quanto dicono all’agenzia Fides esponenti della società civile pakistana, impegnanti per la tutela dei diritti delle minoranze. Najmi Saleem, la responsabile in Punjab della “All Pakistan Minorities Alliance”, organizzazione fondata da Bhatti, sottolinea che “il movimento non si fermerà di fronte a questa tragedia. La missione di Bhatti – proteggere le minoranze religiose, promuovere la dignità, i diritti umani e lo sviluppo sociale delle comunità svantaggiate, difendere i perseguitati, come quanti sono ingiustamente accusati di blasfemia – continuerà. Il suo esempio ci darà maggiore coraggio, anche in questo momento di estrema sofferenza. Anche se i terroristi vorranno ucciderci, non riusciranno a fermare questa missione” conclude. Haroon Barkat Masih, direttore della “Masihi Fuondation”, che si occupa dell’assistenza legale e materiale di Asia Bibi, in Pakistan, afferma che: “Il sacrificio di Shahbaz Bhatti non sarà dimenticato. La sua battaglia contro il male, l’ipocrisia, la cecità del cuore, l’odio e la mancanza di carità, proseguirà negli anni a venire. Continueremo l’opera di Bhatti per la pace, l’armonia e la giustizia”. “La sua vita è stata spezzata da una cospirazione e dalla politica sporca, il suo omicidio a sangue freddo invia al mondo un segnale che la democrazia è maltollerata in Pakistan. E’ il momento che il mondo si unisca per contrastare l’estremismo e la violenza ai danni delle comunità emarginate e vulnerabili che vivono in Pakistan”. Valeria Martano, che segue i paesi asiatici nella Comunità di Sant’Egidio, attualmente in Pakistan per una missione sul posto, sostiene che: “L’eredità di Bhatti, che conoscevo personalmente, è quella di una fede che ha cercato di costruire ponti di dialogo, per tutta la vita e in tanti modi”. “Bhatti si era subito riconosciuto nello spirito della Comunità di Sant’Egidio e l’11 settembre 2010 era a Santa Maria in Trastevere, a Roma, nell'anniversario dell’attentato alle Torri gemelle. “Stavamo preparando alcuni incontri interreligiosi” racconta Martano. “Bhatti era molto gioioso e pieno di speranza. La speranza è il tratto principale che mi ha colpito, in quell'ultimo giorno della sua vita. Non temeva la morte, ma guardava con fede e speranza al futuro”. “Stava organizzando un incontro interreligioso in ricordo di Salman Taseer. L’ultimo suo pensiero e l’ultimo suo gesto – conclude – intendeva costruire ponti tra islam e cristianesimo: quello che ha fatto tutta la vita”. (R.P.)

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    Pakistan: uomo assolto per blasfemia ucciso per strada

    ◊   Incarcerato con l’accusa di blasfemia nel 2009, era stato rilasciato per mancanza di prove, ma ora è stato ucciso in strada, probabilmente proprio da colui che due anni fa lo accusava. Mohammad Imran è stato freddato a colpi d’arma da fuoco da un commando di tre uomini nel villaggio di Danada, presso Rawalpindi. Lo riferisce l'agenzia AsiaNews. Era stato accusato di aver fatto osservazioni insultanti sul profeta Maometto durante una conversazione in un caffè. Un tribunale ne aveva poi disposto la scarcerazione perché la procura non aveva prodotto elementi di prova. Secondo il fratello della vittima, fra gli assassini ci sarebbe anche sarebbe un uomo proveniente da un villaggio vicino, lo stesso che lo aveva originariamente accusato di blasfemia. L’assassinio avviene a due giorni da quello di Shahbaz Bhatti, ministro per le Minoranze religiose ucciso a Islamabad, la cui cerimonia funebre si è svolta ieri. (C.D.L.)

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    India: abbattute 4 delle 729 croci a Mumbai. Ferma condanna del cardinale Gracias

    ◊   Il Brihanmumbai Municipal Corporation (Bmc) di Mumbai giovedì scorso ha iniziato ad abbattere le 729 croci che vuole demolire per “ristrutturazione edilizia”. Ferma condanna del cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, che definisce “ingiusta e illegale” l’azione del comune e preannuncia possibili azioni formali. Appena 48 ore prima, . Ma il Bmc ha abbattuto un’edicola religiosa a Hathibaug, Lovelane, Mazgaon (Mumbai). Sono pure state demolite 2 croci a D’Lima Street a Byculla. Gli abitanti di Hathi Baug a Byculla protestano che la croce era “legale” e che inoltre aveva “grande significato anche per gli abitanti non cristiani della zona”. Il Bmc dice che la demolizione rientra in un programma di miglioramento di strutture e infrastrutture, che prevede l’eliminazione di luoghi di culto costruiti dopo il 1964 e ritenuti “illegali”, perché d’intralcio all’ampliamento di strade, miglioramento della viabilità, o costruiti su terreni destinati a servizi pubblici. A seguito delle pacifiche proteste dei cristiani locali, l’ufficio aveva assicurato che non avrebbe demolito strutture precedenti al 1964, ma ha poi subito ripreso, nonostante le prove indicate dai cristiani circa l’epoca delle costruzioni. Ieri pomeriggio i cristiani hanno organizzato un incontro presso Cross Maidan, nella parte sud di Mumbai, con la partecipazione del cardinale Gracias. Il porporato ha manifestato all'agenzia AsiaNews “tristezza e frustrazione” per “un’azione iniqua contraria alla legge e alla pacifica comunità cristiana. L’ufficio comunale ha agito in modo ingiusto e illegale, perché ci aveva assicurato che le croci non sarebbero state demolite. L’altra notte ho visitato il luogo dove la croce sorgeva dal 1936, è stato straziante vedere lo sconforto della nostra gente, anziani e giovani, bambini e famiglie, tutti smarriti davanti alle macerie”. “La croce demolita era sentita come una protezione da tutti loro”. “In primo luogo, il Bmc è stato davvero privo di sensibilità ad attaccare gli avvisi [di demolizione] proprio sulle croci, è una denigrazione del nostro simbolo religioso. Gli avvisi invitavano i proprietari a fornire prova della legalità delle croci [ovvero a provare che erano state edificate prima del 1964] entro 48 ore. Inoltre, nel 2003 tutti i relativi documenti sono stati dati al Bmc e non è colpa dei cristiani se l’ufficio non li ritrova. Queste croci sono state costruite da famiglie e per la gran parte sorgono su proprietà private, ma con gli anni sono finite su suolo ritenuto pubblico per tante ragioni, come la creazione di strade abusive. “Il Capo Ministro, che ora è fuori Mumbai, mi ha chiamato e si è scusato per le demolizioni, ha detto che aveva dato istruzioni che le croci non fossero abbattute. Lo incontrerò al suo ritorno - ha detto il cardinale Gracias - e gli chiederò che il Bmc ricostruisca le croci, sullo stesso luogo e di uguali dimensioni. E’ ironico che, mentre il Cm si scusava con me, è giunta notizia della demolizione di un’altra croce a Dadar, e così sono 4. Sono stati anche feriti in modo grave i sentimenti religiosi della comunità, e questo non è accettabile”. Anche i membri della locale sezione del partito nazionalista indù Bharatiya Janata Party (Bjp), considerano illegale l'azione del comune. (R.P.)

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    Libia: la Chiesa continua a infondere speranza nei fedeli

    ◊   “La situazione è quanto mai incerta e tutto ormai è possibile". Lo dice all’agenzia Fides mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli. "A mio modo di vedere, - afferma il presule - l’embargo e le minacce da parte internazionale difficilmente convinceranno le autorità libiche a cedere. Sono forse un idealista, ma credo ancora in una possibilità di dialogo per cercare una via di uscita. Mi rendo conto che non è facile in questo contesto, perché ormai abbiamo oltrepassato il limite delle violenze”. Mons. Martinelli descrive così la situazione della comunità cattolica: “Ogni venerdì celebriamo 3 o 4 Messe in diverse lingue: inglese, tagalog, coreano. Ieri, per prudenza, ne abbiamo celebrata una sola, per un centinaio di fedeli, in maggioranza africani e filippini. Abbiamo celebrato la Messa per infondere speranza in queste persone che sono costrette a restare per forza, soprattutto per le donne filippine che lavorano negli ospedali e sono veramente molto coraggiose. Dalla Messa acquistano nuova energia per continuare a fare il loro dovere, come anche gli africani, che lavorano in impieghi manuali, e sono molto fedeli alla Chiesa”. “Ogni giorno celebriamo la Messa presso uno dei centri dove lavorano le suore di una delle 4 comunità religiose che operano a Tripoli. Celebriamo la Messa anche in un centro sanitario dove operano delle filippine che faticano a spostarsi a causa dei turni serrati di lavoro” continua il vicario apostolico di Tripoli. “Padre Sandro, che da tempo è incaricato di seguire i rifugiati eritrei, è riuscito a tornare a Tripoli in maniera un po’ fortunosa, tramite un aereo di linea da Malta. Così stiamo procedendo alla registrazione di queste persone, in modo da avere documenti concreti da presentare agli organi competenti. Speriamo che qualche Paese possa farsi carico della sorte di queste persone” conclude mons. Martinelli. (R.P.)

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    Il cardinale Turkson sugli sfollati dal Nord Africa: “Garantire la giusta accoglienza” a tutti

    ◊   “Stimolare il progresso e l’equità sociale, promuovere la pace e la giustizia, promulgare la dottrina sociale, condurre alla consapevolezza e alla pace”. Questa la missione del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace ricordata ieri dal presidente del dicastero, cardinale Peter Turkson, all’incontro con i presidenti e i segretari generali delle Commissioni europee giustizia e pace, riuniti a Roma in un convegno. “Insieme – ha spiegato il porporato - dobbiamo essere promotori della Dottrina sociale cattolica, strumento privilegiato di evangelizzazione e principale risorsa per animare la Chiesa locale, le comunità cristiane e i movimenti, anche non cattolici. Seppure all’interno della situazione privilegiata che si vive in Europa, non possiamo ignorare la povertà scandalosamente grande e sfortunatamente crescente all’interno di molti Paesi” - ha aggiungo il cardinale Turkson che ha ricordato ai presenti la dimensione drammatica della piaga della povertà nel continente europeo: “Secondo i dati del 2009, 85milioni di persone, cioè il 17% della popolazione europea, vive al di sotto della soglia di povertà, manifestando, in Europa come altrove, l’ingiustizia di un mondo nel quale vivono persone immensamente ricche e persone disperatamente povere”. Il presidente del Pontificio Consiglio ha poi individuato nella disoccupazione “la principale causa di esclusione sociale” perché “è intollerabile che il numero dei disoccupati continui a crescere (23.127.000 nel maggio 2010) mentre i lavoratori poveri, cioè quanti non guadagnano abbastanza per affrontare una vita dignitosa, nell’Unione Europea sono 15.000.000 (pari all’8%)”. Rispetto alle rivolte in corso nel nord Africa, il cardinale Turkson ha osservato che “i Paesi europei non sono abbastanza preparati a gestire situazioni come quelle della Libia, dell’Egitto, della Tunisia” e ha ribadito la necessità di “garantire la giusta accoglienza a qualunque essere umano, specialmente nel bisogno, assicurando il necessario sia agli abitanti locali che ai nuovi arrivati affinché tutti vivano in modo dignitoso e pacifico”. Per il porporato infatti “l’etica gioca il suo ruolo essenziale anche in ambito economico” e “l’economia ha un profondo bisogno di essere rinnovata alla luce della Dottrina sociale della Chiesa. Dobbiamo risvegliare nel popolo di Dio la consapevolezza della sua missione oggi. Così verrà il progresso delle nazioni più povere e la giustizia sociale a livello internazionale”. (C.D.L.)

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    “Essere Unicef”: campagna di reclutamento volontari. Mobilitazione per i ragazzi del Nord Africa

    ◊   “Mentre sto parlando, 22.000 bambini muoiono nel mondo. Come ogni giorno. Sono gli esclusi, i dimenticati, gli ultimissimi tra gli ultimi. Povertà e discriminazione possono essere sconfitte. Ciascuno di noi può fare qualcosa per fermarle. Basta un po’ del proprio tempo. Dobbiamo fare di più, dobbiamo essere di più. Dobbiamo tutti insieme “Essere Unicef”. E’ l’appello del presidente di Unicef Italia, Vincenzo Spadafora, nella giornata dedicata al reclutamento dei volontari. Un’occasione che i giovani dell’organizzazione umanitaria, riuniti nel movimento “Younicef”, vogliono dedicare ai loro coetanei del nord Africa, ed in particolare della Libia: oggi, alle 18.00, in 25 piazze italiane, con attrettanti “flash mob”, brevi e apparentemente spontanei raduni di massa, i ragazzi dell’Unicef faranno sentire la propria voce per sensibilizzare l’opinione pubblica intorno ai temi dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. (C.D.L.)

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    Costa d’Avorio, grave la situazione nell’ovest. Msf: consentire l’accesso ai feriti

    ◊   “Medici Senza Frontiere (Msf) è preoccupata per il deterioramento della situazione nell’ovest della Costa d’Avorio e al confine con la Liberia. La popolazione fugge dalle violenze e il personale medico abbandona le strutture sanitarie”. E’ l’allarme lanciato dall’organizzazione umanitaria internazionale che, di fronte all’intensificazione degli scontri, chiede alle parti in conflitto di consentire l’accesso ai feriti: “E’ essenziale che i pazienti possano avere accesso alle strutture sanitarie e che le équipe di Msf, che rispettano rigorosamente i principi di imparzialità e neutralità, possano curare tutti i feriti, non importa di quale fazione” spiega Mego Terzian, responsabile dell’emergenza per Msf. Nell’ovest del Paese – è lo scenario attuale secondo un comunicato ufficiale dell’organismo – “un’équipe di Msf aveva iniziato a fornire cure mediche di base nel nord del distretto di Duékoué, dato che il personale medico ha abbandonato le strutture sanitarie. Ma il 3 marzo, Msf ha dovuto interrompere le proprie attività per ragioni di sicurezza. Gli abitanti della zona sono fuggiti. Inoltre, anche le persone sfollate nei dintorni della città di Toulepleu, situata vicino al confine liberiano e inaccessibile al momento, stanno fuggendo via”. Non meno grave è poi la situazione in Liberia, dove – dice Helga Ritter, coordinatore di Msf nel Paese - “dal 24 febbraio si è registrato l’arrivo di una seconda ondata di rifugiati. La gente ha paura, non può parlare di ritorno e ha anche paura per coloro che sono rimasti in Costa d'Avorio”. Nel distretto di Nimba, le équipe di Msf stanno intensificando l'assistenza alle popolazioni locali e ai rifugiati, oltre 70mila: “i centri sanitari hanno bisogno di un supporto in termini di personale medico e di farmaci” - spiega Helga Ritter – e “i rifugiati hanno urgente bisogno di ripari e di acqua”. Le équipe di Msf – si legge nel comunicato - lavorano attraverso cliniche mobili, supportano i centri sanitari e stanno creando una struttura medica nel campo di Bahn, dove è previsto l’arrivo di 15.000 persone. “E’ importante continuare a fornire assistenza dove ci sono i rifugiati e dove la popolazione locale è sotto pressione a causa di questo massiccio afflusso di persone” conclude la coordinatrice di Medici Senza Frontiere in Liberia. (C.D.L.)

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    “Un altro passo nel dialogo”: così la Comunità ebraica sul secondo volume del Papa su Gesù

    ◊   Con l’ultimo libro del Papa su Gesù di Nazareth “Prosegue quel processo di riconciliazione iniziato nel 1965 con la dichiarazione Nostra aetate”, anche perché nell’opera “viene ribadita con forza l’infondatezza dell’accusa di deicidio che per secoli è stata usata per diffondere odio nei confronti degli ebrei”. Così Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei), in una intervista sul Corriere della Sera del 4 marzo, commenta le anticipazioni sul secondo volume del saggio di Benedetto XVI “Gesù di Nazaret. Dall’ingresso a Gerusalemme fino alla risurrezione”, pubblicate sull’Osservatore Romano. “Nei rapporti fra ebraismo e cristianesimo molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare. Siamo in un mondo in continua evoluzione; la situazione di oggi non è più paragonabile con il passato” osserva Gattegna che evidenzia i numerosi punti di contatto fra le due religioni monoteiste: “Siamo partiti da comuni origini; ai primordi del cristianesimo le catacombe di Roma venivano frequentate anche dagli ebrei. Oggi le sfide più impegnative del mondo vedono ebrei e cristiani dalla stessa parte; ci avvicina il monoteismo, la lotta contro l’idolatria, intesa come la liberazione dell’umanità dalla tentazione dei falsi valori e da stili di vita che arrivano fino all’autolesionismo, la lotta contro il fanatismo e l’intolleranza, una chiara presa di posizione per la laicità dello Stato”. Il presidente dell’Ucei ha evidenziato che, per un futuro di dialogo fra cristiani ed ebrei, “è indispensabile” fare coraggiosi e decisivi passi avanti nella reciproca comprensione, verso un rapporto impostato sulla pari dignità e sul rispetto, e che “il passo ulteriore sta anche in un serio, impegnativo e approfondito lavoro teologico”. Analogo apprezzamento per il volume del Papa – si legge ancora sul quotidiano della Santa Sede - emerge dalle parole del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che in una lettera inviata a Benedetto XVI scrive: “La ringrazio per aver rigettato nel suo libro la falsa affermazione che è stata usata come base per l’odio contro gli ebrei nel corso di centinaia di anni”. E commenti positivi sono espressi anche dall’Ambasciata d’Israele presso la Santa Sede: “Accogliamo con tutto il cuore l’enfasi rimarcata dal Papa nel suo nuovo libro, in cui solleva gli ebrei dalla responsabilità per la morte di Gesù — si legge in un comunicato stampa — è una conferma della ben nota posizione del Papa a favore del Popolo Ebraico e dello Stato d’Israele. Non dovremmo dimenticare che senza la Nostra Aetate non ci sarebbe stato un processo di riconciliazione tra ebrei e cattolici da una parte e Santa Sede e Israele dall’altra”. L’atteggiamento positivo del Papa – è l’auspicio dell’ambasciatore Mordechay Lewy – “sia di ispirazione per più di un miliardo di cattolici sparsi in tutto il mondo”. (C.D.L.)

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    Cina: la comunità cattolica di Tang Shan vicina ai terremotati della Nuova Zelanda

    ◊   La comunità cattolica di Tang Shan della provincia dell’He Bei, guidata dal suo vescovo, mons. Fang Jian Ping, prega per i terremotati di Christchurch in Nuova Zelanda. Secondo quanto riferisce Faith all’agenzia Fides, mons. Fang ha subito lanciato un appello a tutte le parrocchie e ai fedeli perché si dedicassero ad una intensa preghiera per i terremotati, i feriti, i sopravissuti e i soccorritori, offrendo per questa intenzione la Santa Messa, la recita del Rosario e offerte concrete. Durante la Messa dedicata alle vittime, celebrata il giorno dopo il terremoto, il 23 febbraio, don Dong Zhi Yuan ha invitato i parrocchiani a mobilitare tutte le forze perché “i terremotati della Nuova Zelanda non manchino della nostra preghiera e della nostra solidarietà”. “Ci sentiamo particolarmente legati a loro in questo momento e toccati dalla situazione perché abbiamo vissuto lo stessa dramma”. Secondo Faith, le parrocchie di Tang Shan stanno rispondendo attivamente all’appello del vescovo organizzando le Messe e la raccolta di fondi. Alle 3,42 del 28 luglio 1976, ora locale di Pechino, la città di Tang Shan nella provincia dell’He Bei, che si trova a 150 km di distanza dalla capitale, ha subito un terremoto di 7.8° che ha causato 242.769 morti (tra cui tantissimi cattolici), 7.200 famiglie completamente cancellate, 164.000 feriti gravi. Inoltre il terremoto ha lasciato 4.204 orfani, 5.3 milioni di case distrutte, danni economici diretti per 5,4 miliardi di Yuan. E’ stato il secondo terremoto più grave della storia cinese (il primo fu il 23 gennaio 1556 con circa 830.000 morti). (R.P.)

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    Cuba: nuove liberazioni di prigionieri politici

    ◊   La Chiesa cattolica cubana ha annunciato ieri sera, il rilascio di altri otto prigionieri in più come conclusione del suo dialogo con il governo del presidente Raul Castro. Tra i detenuti rilasciati - riporta l'agenzia Fides - c'è Pedro Argüelles, membro del gruppo dei 75 dissidenti arrestati nel marzo 2003 durante la cosiddetta “Primavera Negra”. Argüelles, considerato prigioniero di coscienza da Amnesty International, è stato direttore della Cooperativa dissidente dei giornalisti indipendenti e potrà restare a Cuba dopo il suo rilascio dalla prigione. Stava scontando una pena di 20 anni di carcere. Dopo il suo rilascio, resteranno in carcere solo quattro dei detenuti del "Gruppo dei 75" anche loro restii ad andare in esilio una volta usciti di prigione. Il portavoce dell'arcidiocesi dell'Avana, Orlando Marquez, ha annunciato anche il rilascio e il trasferimento in Spagna di altri sette detenuti, che non sono membri del movimento di opposizione: Ricardo Lázaro Chacón, Luis Caro, Antonio Rodríguez, Agustín Cervantes, Ricardo Galván, Luis Mariano Delis e Yoel Rodríguez. Questi prigionieri sono stati condannati per i reati di "pirateria", "insulti", "minacce" e "tentativo illegale di lasciare il territorio nazionale", tra gli altri. Cinque di loro appaiono nella lista dei prigionieri politici preparata dalla Commissione Cubana per i diritti umani e la riconciliazione nazionale, organismo illegale ma tollerata. Secondo Orlando Marquez, dall'inizio di luglio ad oggi "sono 85 i prigionieri che hanno accettato la proposta di uscire di prigione e di trasferirsi in Spagna". Quando iniziò il processo di rilascio, c'erano 52 detenuti del gruppo della “Primavera Negra”: 40 sono andati in Spagna con le loro famiglie, mentre il resto ha rifiutato l’esilio. Nel mese di gennaio, la Chiesa ha dato il suo sostegno alle riforme economiche da parte del presidente Raul Castro e ha annunciato il rilascio di altri prigionieri politici nel 2011, ribadendo così l’importanza del suo ruolo dopo decenni di tensioni con il governo di Cuba. (R.P.)

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    La Chiesa in Brasile per l’ambiente: al via la Campagna di Fraternità 2011

    ◊   Si vuole favorire “la presa di coscienza delle comunità cristiane e delle persone di buona volontà sulla gravità del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici”, per motivare la partecipazione a dibattiti e ad azioni che mirano ad affrontare il problema e a preservare le condizioni di vita sul pianeta. E’ questa la finalità dell’iniziativa promossa dalla Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (Cnbb) per la Campagna di Fraternità 2011 (Cf) sul tema “Fraternità e Vita sul Pianeta”, al via il 9 marzo, Mercoledì delle Ceneri. Secondo il segretario generale della Cnbb, mons. Dimas Lara Barbosa, è la fede che spinge la Chiesa a discutere temi come questo: “La nostra base è teologica e si fonda sullo stesso progetto di Dio nei confronti della creazione e dell'essere umano”, ha affermato sulla pagina web della Cnbb. Il presule spiega che l'ecologia umana non distingue la vita del pianeta da quella degli esseri umani ma la tratta come un tutt'uno e ricorda: “L'ecologia umana è un tema fondamentale affrontato da Giovanni Paolo II e poi da Benedetto XVI. Per il Papa, il centro dell'universo è nella persona umana, e molte volte le politiche pubbliche non tengono conto di questi aspetti”. La Campagna di Fraternità 2011 – ha aggiunto il segretario esecutivo della Cf, padre Luiz Carlos Dias - esprime la “preoccupazione sociale della Chiesa che vuole risvegliare le persone all'educazione ambientale perché, a partire dal nostro quotidiano, abbiamo bisogno di diminuire i consumi e di prendere alcune misure che implichino meno spese e più educazione per la vita del nostro pianeta”. Tra gli obiettivi specifici della CF anche la volontà di mettere a disposizione mezzi per la formazione della coscienza ambientale, e poi promuovere discussioni sul tema, mostrare la gravità e l'urgenza dei problemi ambientali, denunciare situazioni e sottolineare responsabilità sui problemi ambientali che derivano dal riscaldamento globale. Per operare concretamente verso questi obiettivi, una Colletta della Solidarietà verrà realizzata in tutte le Diocesi brasiliane il 17 aprile: i fondi raccolti verranno convogliati nei fondi nazionale e diocesano della solidarietà. (C.D.L.)

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    Brasile: il cardinale Scherer chiede la “conversione pastorale e missionaria” delle parrocchie

    ◊   Le parrocchie “devono mettere in pratica, come chiede la Chiesa, una decisa conversione pastorale e missionaria delle loro persone, organizzazioni e strutture pastorali”. Lo ha affermato l'arcivescovo di San Paolo, in Brasile, il cardinale Odilo Scherer, nella Lettera Pastorale diffusa in questi giorni sul tema “Parrocchia, diventa ciò che sei”. Nella lettera consegnata al clero il 15 febbraio - come riferisce un articolo pubblicato sulla rivista arcidiocesana “O São Paulo”, ripreso da Zenit - il porporato invita a domandarsi cosa si può fare perché la parrocchia “sia una vera comunità di discepoli missionari di Gesù Cristo”, e osserva anzitutto che la parrocchia “è nell'espressione locale e concreta ciò che la Chiesa è nel suo insieme. Nella parrocchia, la Chiesa manifesta in modo percettibile la sua vita e la sua missione”, essa è dunque “la Chiesa alla base, cellula viva del Corpo di Cristo, in cui la maggioranza dei battezzati ha la possibilità di fare un'esperienza concreta dell'incontro con Cristo e della comunione ecclesiale”. Ben più che una realtà giuridica e burocratica – spiega il cardinale Scherer - la parrocchia “è il volto più visibile e concreto del Mistero della Chiesa, “sacramento della salvezza” nel mondo; è una comunità di fedeli riuniti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, che vive la fede, la speranza e la carità; è unita intorno a Cristo, presente sacramentalmente nell'Eucaristia e negli altri sacramenti, nella Parola di Dio proclamata e accolta con fede, nei poveri, nei malati, nei sofferenti e in ogni persona servita con amore, in nome di Cristo”. Nella parrocchia, aggiunge ancora l'arcivescovo di San Paolo, “la Chiesa intera si esprime e realizza la missione ricevuta da Cristo: annunciare e accogliere la Parola di Dio; testimoniare la vita nuova ricevuta nel Battesimo, cercando la santità; vivere la carità pastorale, su esempio e nel nome di Gesù, Buon Pastore”. La parrocchia è pertanto “la comunità missionaria dei discepoli di Cristo nel mondo. E' una comunità di piccole comunità, famiglie, persone, gruppi, organizzazioni e istituzioni, che testimoniano la varietà, la ricchezza e la bellezza dei doni di Dio e sono al servizio della missione ricevuta da Cristo”. E’ per questo – continua il porporato - che se la parrocchia va bene “lì funziona anche la Chiesa; se la parrocchia va male, lì la Chiesa non funziona” e che “se le parrocchie non vivessero bene la loro identità e la loro missione come comunità vive e dinamiche, la Chiesa potrebbe essere ridotta a una serie di strutture, istituzioni e organizzazioni, senza arrivare alle persone concrete”. Questa centralità della parrocchia nella vita della Chiesa rende “essenziale” il rinnovamento delle parrocchie stesse, attraverso il superamento “della preoccupazione relativa al mantenimento di ciò che siamo e abbiamo” e all’adozione di “un nuovo atteggiamento, che traduca un chiaro obiettivo missionario”. (C.D.L.)

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    Pakistan: sono 90 mila i bambini malnutriti nella provincia del Sindh

    ◊   Uno studio condotto dal governo della provincia pakistana del Sindh, con il sostegno dell'Unicef, rivela una grave crisi nutrizionale tra i bambini. Con una stima di circa 90 mila bambini al di sotto dei cinque anni di età malnutriti la ricerca, pubblicata recentemente, mostra un tasso di malnutrizione acuta globale (Gam) del 23.1% nei bambini tra i sei mesi e i cinque anni nella zona settentrionale e del 21.2% in quella meridionale del Sindh, livelli simili a quelli registrati nell'Africa subsahariana. In seguito a questa indagine, il governo ha lanciato un piano strategico di risposta insieme a Unicef, Fao e altre Ong in 19 dei 23 distretti della provincia. Se trascurata, la malnutrizione può causare danni fisici e psichici irreversibili. Nei bambini può aggravare il rischio di contrarre malattie e morire a causa di malattie diarroiche, polmonite, infezioni respiratorie e tubercolosi. Gli studiosi - riferisce l'agenzia Fides - sostengono che, nonostante la zona sia favorita dall'agricoltura, l'instabilità politica, la povertà, le disuguaglianze, i cambiamenti climatici ed ambientali, e l'insicurezza alimentare costituiscano alcune tra le cause principali che portano alla crisi nutrizionale. (R.P.)

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    Burundi: il progetto sanitario «Luce» per i bambini non vedenti

    ◊   Il progetto «Luce» dedicato a padre Luigi Colnaghi, nato «quasi per caso» nell’ambito del settore «Life, interventi sanitari nel mondo» della «Semi di pace International», ha raggiunto un altro successo: restituire la vista a Niyonyshu Blaise, 3 anni, fino a ora completamente cieco perché affetto da cataratta congenita a entrambi gli occhi. Il bimbo ora vede «e sorride alla vita». Una suora burundese in pellegrinaggio a Tarquinia - riferisce L'Osservatore Romano - raccontò a un responsabile dell’associazione Semi di Pace della disastrosa situazione sanitaria nella loro provincia e della mancanza assoluta di specialisti oculisti. «Abbiamo pensato — sottolinea Claudio Bondi, responsabile del settore Life, interventi sanitari nel mondo — che potevamo provare a fare qualcosa, anzi dovevamo fare qualcosa per cercare di alleviare almeno in parte le sofferenze di questa povera gente. Ed è iniziata questa avventura, non molto diversa dalle altre affrontate come volontari. Tutta la congregazione delle discepole di Cristo nonché il vescovo di Bururi, Venant Bacinoni, ci hanno supportato». (R.P.)

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    Usa: la Chiesa in aiuto dei cattolici dei Paesi ex comunisti dell’Est Europa

    ◊   L’iniziativa nasce dalla consapevolezza che la Chiesa dell’Europa dell’Est, nei Paesi ex comunisti, si trova ancora in uno stato di grave necessità: la campagna lanciata dalla Chiesa degli Stati Uniti in favore dei cattolici dell'Europa centrale e orientale si chiama “Great Needs Remain” (“Continuano ad esserci grandi necessità”) e intende risvegliare le coscienze sull'impoverimento della Chiesa in quella regione, gravata da “l'invecchiamento delle strutture fisiche, il finanziamento insufficiente e la mancanza di personale laico e religioso adeguatamente qualificato”. Lo si legge in un comunicato ufficiale della Conferenza dei vescovi degli Stati Uniti ripreso dall'agenzia Zenit, che trova sostegno nelle parole del cardinale Justin Rigali, arcivescovo di Philadelphia e presidente del sottocomitato della Conferenza per l'Aiuto alla Chiesa nell'Europa Centrale e Orientale, il quale ha ribadito che “il nostro aiuto è fondamentale per la crescita e il rafforzamento della Chiesa in quelle regioni”. Lo scorso anno, con le donazioni raccolte, il sottocomitato è riuscito ad assegnare 112 borse di studio a studenti di quella regione d’Europa, ed ha offerto 6,3 milioni di dollari per finanziare 314 progetti in 21 Paesi. Ad esempio, sono stati inviati fondi per aiutare a riparare il sistema di riscaldamento di un convento di clarisse a Przasnysz, in Polonia, dove 22 religiose si sono ammalate gravemente per il freddo dei rigidi inverni della zona. Ma molte restano le situazioni di grave necessità, come quella dell’Albania, dove – riferisce Declan Murphy, direttore della raccolta di donazioni – l'“eredità comunista” rispetto alla religione, e “concretamente alla Chiesa cattolica”, è terribile, e dove “il 95% dei luoghi di culto del Paese è stato abbattuto o trasformato per usi secolari. La Cattedrale cattolica di Shkoder, ad esempio, è stata usata come stadio sportivo” ha spiegato, ma “il costo umano è stato ancor maggiore: nel 1944 in Albania c'erano 300 sacerdoti cattolici. Dopo la caduta del comunismo ne restavano 30. Attualmente l'antica comunità cattolica dell'Albania, che risale ai tempi di San Paolo, è di nuovo un territorio di missione eroica in cui i vescovi e i sacerdoti lavorano duramente per una rinascita del cattolicesimo - ha concluso Murphy - serviranno decenni per poter riparare i danni”. (C.D.L.)

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    Ungheria: ricordati i 60 anni dal martirio del vescovo Meszlényi

    ◊   “Mai abbandonerò Cristo Pastore e la nostra Chiesa” aveva giurato, ed era stato arrestato nel 1950 nel quadro della feroce persecuzione antireligiosa messa in atto dal regime comunista. Il vescovo Zoltán Lajos Meszlényi, ausiliare di Esztergom, moriva il 4 marzo 1951, dopo ripetute torture fisiche e morali, nel campo di concentramento di Kistarcsa, presso Budapest, in Ungheria A sessant’anni dal suo martirio la Chiesa ungherese ne ha celebrato il ricordo, ieri, con una messa nella cattedrale di Esztergom, presieduta dal cardinale Péter Erdö, arcivescovo di Budapest e primate d’Ungheria. Il vescovo Meszlényi (la cui memoria liturgica ricorre il 4 marzo) è riconosciuto “martire della fede” ed è stato proclamato beato il 31 ottobre 2009, nella stessa cattedrale, dal cardinale Erdö e da mons. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, in rappresentanza del Papa. (C.D.L.)

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    I vescovi spagnoli scrivono al giovani per la prossima Gmg di Madrid

    ◊   I vescovi spagnoli, nella 97.ma Assemblea plenaria che si è conclusa ieri a Madrid, hanno redatto un messaggio rivolto ai giovani, per invitarli a partecipare alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù (Madrid, 16-21 agosto 2011) e a farlo come espressione della loro adesione a Cristo e appartenenza alla Chiesa. “La Giornata Mondiale della Gioventù – scrivono i vescovi spagnoli nel messaggio diffuso ieri e ripreso dall'agenzia Sir - sarà un’autentica festa della fede, che mostrerà come sono i cristiani di cui ha bisogno il mondo di oggi: ‘artefici di pace, promotori di giustizia, animatori di un mondo più umano, un mondo secondo Dio’, che s’impegnano nei differenti ambiti della vita sociale, con competenza e professionalità, contribuendo efficacemente al bene di tutti’. La vostra responsabilità come giovani del Paese che accoglie è molto grande. Voi sarete in un certo senso il volto della Chiesa giovane che riceverà i pellegrini di tutto il mondo”. Durante l’Assemblea è stato approvato anche un “Direttorio della cooperazione missionaria tra le Chiese per le diocesi spagnole”, che mira a unificare i criteri tra i diversi organismi che contribuiscono con la collaborazione dei fedeli ai progetti missionari. (R.P.)

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    Spagna: l’arcidiocesi di Madrid celebra la XXVI Giornata dell’Insegnamento

    ◊   L’arcidiocesi di Madrid celebra oggi la XXVI Giornata dell’Insegnamento, connotata quest’anno dal riferimento alla Giornata Mondiale della Gioventù del prossimo agosto a Madrid. In una lettera pastorale indirizzata agli educatori cattolici il cardinale arcivescovo Antonio María Rouco Varela si sofferma, tra l’altro, sul motto della XXVI Giornata “Sono il futuro! Evangelizzare nella scuola”, slogan che invita a guardare al futuro considerando anzitutto i giovani, “autentica speranza del mondo e della Chiesa”. Invitati dal Santo Padre a Madrid, i giovani potranno vivere un’esperienza che può rivelarsi decisiva per la loro vita: l’esperienza del Signore risorto e del suo amore per ogni persona. Il documento sottolinea in particolar modo la funzione preminente della scuola, complemento e prolungamento dell’educazione familiare, quella di essere “luogo di formazione integrale della persona mediante l’assimilazione sistematica e critica della cultura. Nella scuola i giovani si preparano ad aprirsi alla realtà e a formarsi come persone, per poter apportare il loro contributo al bene della comunità. Sono tuttavia molte le voci – rileva il cardinale - che davanti allo sconcerto nell’ambito dell’educazione si levano per esigere un’autentica educazione integrale che non si riduca agli aspetti puramente tecnici e funzionali”. Evento centrale della “Giornata” è l’incontro di oggi presso l’auditorium Angel Herrera Oria della Capitale. Dopo la prolusione del cardinale Rouco Varela, il rev.do Javier Prades López, decano della Facoltà di Teologia San Dámaso, ha tenuto una riflessione sul tema “La testimonianza cristiana nel campo educativo: carattere integrale dell’esperienza educativa”. A seguire, la presentazione dei materiali didattici sulla Gmg di Madrid 2011 approntati per le lezioni di Religione. E’ successivamente prevista una tavola rotonda sul tema “Evangelizzare nella scuola”, con la partecipazione di docenti universitari ed educatori di diversi istituti cattolici. Sarà infine lo stesso cardinale arcivescovo di Madrid a presiedere la celebrazione dell’Eucaristia a chiusura della “Giornata”. (A cura di Marina Vitalini)

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    Spagna. Previsti circa 40.000 pellegrini al castello-santuario di Xavier

    ◊   Gli organizzatori hanno previsto la partecipazione di circa 40.000 persone nei due pellegrinaggi di questa settimana al castello-santuario di San Francesco Xavier nella Navarra, in Spagna. Risale ormai al 10 marzo del 1940 la celebrazione della prima marcia al santuario di Xavier, sempre in occasione della cosiddetta “novena della grazia” al santo missionario, che ogni anno si tiene tra il 4 e il 12 marzo. Il motto o slogan approvato per quest’ anno é lo stesso proclamato per la Giornata Mondiale della gGioventù che si celebrerà a Madrid, alla presenza di Benedetto XVI, il prossimo mese d’agosto: “Radicati e fondati in Cristo”. Come preparazione al raduno di Madrid, si prevede, per il 13 agosto prossimo, la presenza di 5.000 giovani al castello di Xavier. Centinaia di pellegrini stanno camminando in questo momento verso Xavier, provenienti dalle più diverse città non solo della Navarra ma anche delle diverse regioni di Spagna. La maggior parte dei pellegrini percorre a piedi gli oltre 50 chilometri tra Pamplona, capoluogo della Navarra ed il Castello di Xavier, ma sono molti coloro che fanno anche altri percorsi di 80 e 100 chilometri sempre a piedi. Alcune centinaia di giovani studenti arriveranno stasera e pernotteranno nei locali del santuario. Ma la maggior parte arriverà domani mattina alla città di Sanguesa, a otto chilometri dal castello, da dove partirà a piedi una Via Crucis alle 8 del mattino per arrivare verso le 10 al piazzale del castello. L’anno scorso sono stati oltre 9mila i pellegrini di questa prima marcia. Una volta arrivati a Xavier avrà inizio all’aperto, ai piedi del castello una solenne eucaristia presieduta da mons. Francisco Perez Gonzalez, arcivescovo di Pamplona e vescovo di Tudela. Nella sua lettera ai diocesani, mons. Perez Gonzalez lancia un appello in particolare ai giovani come preparazione alla Giornata Mondiale di Madrid. E, ricordando le parole di Benedetto XVI nel suo messaggio dell’anno scorso ai fedeli presenti a Xavier, afferma che in questo pellegrinaggio i fedeli sono chiamati a riflettere sulla vocazione cristiana, ad approfondire nella vera conversione, a rafforzare i vincoli con la Chiesa alla quale appartengono e ad accogliere Cristo che viene al nostro incontro “per illuminare le nostre vite ed invitarci a portare il vangelo a tutti gli ambienti, ad esempio del grande missionario san Francesco Xavier”. Mons. Perez invita poi a chiedere al santo “che ci aiuti a vivere come lui stesso: come araldi fedeli del vangelo e pronti ad accettare la volontà di Dio sulla nostra vita non secondo i nostri desideri ma secondo il piano di Dio su di noi”. Sabato prossimo 12 marzo, ultimo giorno della novena al santo missionario si terrà il secondo pellegrinaggio al quale, l’anno scorso, hanno partecipato circa 20.000 persone. I pellegrini, dopo aver fatto la via Crucis lungo gli 8 chilometri tra la città di Sanguesa e Xavier, parteciperanno alla eucaristia che si terrà nel piazzale del castello alle ore 17.00. Sebbene alcuni partecipanti affrontino la marcia in spirito sportivo, il sentimento dominante nella stragrande maggioranza é quello di un vero pellegrinaggio alla casa dove é nato san Francesco Xavier, grande evangelizzatore, venerato in tutto il mondo e uno tra i più grandi missionari della storia della Chiesa. (Dalla Navarra, in Spagna, Ignacio Arregui)

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    Simposio di Missionologia: allo studio nuove forme di sostegno al lavoro missionario

    ◊   Il XXV Simposio di Missiologia che si è concluso ieri a Burgos, in Spagna, ha avuto come scopo principale la ricerca di nuovi modi per sostenere il lavoro missionario: lo ha detto il direttore dell'Istituto di Missiologia presso la Facoltà di Teologia del Nord della Spagna, padre Eloy Bueno de la Fuente, intervenuto all’apertura e alla conclusione dei lavori. Padre Eloy - riporta l'agenzia Fides - ha aggiunto che, attraverso il Simposio dedicato alla “Cooperazione missionaria”, si intende offrire "una nuova prospettiva teologica e pastorale" per le missioni. Parlando all'inizio dell’evento, il direttore dell'Istituto di Missiologia ha indicato che attualmente c'è "una grande mobilità internazionale" della società e si possono trovare lavori nel volontariato che fungono da "sostegno al lavoro missionario e dell’evangelizzazione". Padre Vito Del Prete, segretario generale della Pontificia Unione Missionaria (Pum), è intervenuto la mattina del 3 marzo sul “futuro della cooperazione missionaria”. Padre Del Prete ha sottolineato che "la cooperazione missionaria e l'attività di evangelizzazione vanno insieme, di pari passo" e che "oggi, cooperazione non vuol dire assistenza o supporto alla missione, ma piuttosto partecipazione diretta alla missione universale e impegno concreto nell’evangelizzazione". A questo proposito, ha detto che "solo se vi è un risveglio del vero spirito apostolico, anche le Pontificie Opere Missionarie potranno conoscere il proprio sviluppo, e molte più persone saranno conquistate dalla causa delle missioni". (R.P.)

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    Mons. Nichols alla «London School of Economics»: "la religione medicina della finanza"

    ◊   «La religione è necessaria se vogliamo costruire una società civile forte». Lo ha detto l’arcivescovo di Westminster, mons. Vincent Gerard Nichols, presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, nel corso di un convegno dal titolo: «Good life in hard times», svoltosi giovedì scorso alla London School of Economics di Londra. «La libertà religiosa — ha spiegato l’arcivescovo — non è motivo di divisione, ma piuttosto è necessaria per l’edificazione del bene comune». Nel corso del convegno - riferisce L'Osservatore Romano - il presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles ha focalizzato la sua attenzione su tre temi importanti per la promozione della libertà religiosa nella società. In primo luogo, ha approfondito il tema di cosa significa essere pienamente umano alla luce del rispetto della libertà religiosa, sottolineando che ciò che si intende oggi per diritti umani «ha molto in comune con un’idea religiosa di ciò che deve essere umano. Questa — ha detto mons. Nichols — è l’idea di persona che il progetto dei diritti umani cerca di promuovere oggi: un individuo, certamente, ma il cui essere persona dipende dai rapporti con gli altri. Questa persona prospera relazionandosi con gli altri, non vivendo isolata, ma mischiandosi liberamente nella società». E non ci si può relazionare se non partendo dalla propria identità e dalle proprie convinzioni religiose. In secondo luogo, l’arcivescovo ha evidenziato il contributo altamente positivo della fede nella costruzione di una società civile più forte. «La religione — ha precisato — contribuisce in maniera reale e dimostrabile al bene comune che è costituito dalla filantropia, dall’amore per il prossimo e dal volontariato». Il contributo religioso al rinnovamento della società civile — ha continuato mons. Nichols — «è forse più significativo di quanto si possa pensare. Sebbene ci si aggrovigli con la questione politica dei tagli alle spese, il modo migliore per ottenere un rinnovamento è porre la questione morale al centro dell’idea della “Big Society”». Il presule ha evidenziato infine che «una ricca comprensione della libertà religiosa potrebbe contribuire a garantire un pluralismo attuabile nella società secolare. Ciò che garantisce la libertà di tutti è il rispetto per la dignità umana. Nella nostra società oggi — ha concluso — c’è molta inquietudine riguardo all’idea di identità e cultura, pertanto sono necessari processi di assimilazione e di integrazione delle minoranze». (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Manifestazioni in Algeria, Giordania e Bahrein

    ◊   La protesta non si ferma in Nord Africa e Medio Oriente: nella capitale algerina, Algeri, si sono svolte oggi almeno tre manifestazioni in punti diversi della città. Rafforzate le misure di sicurezza, mentre alcuni scontri si sono registrati tra i sostenitori del presidente Abdelaziz Bouteflika e gli oppositori del regime.

    Giordania, in piazza per le riforme
    In Giordania migliaia di persone appartenenti per lo più al Fronte d'azione islamico (Fai) sono tornate ieri in piazza ad Amman per chiedere riforme urgenti all'indomani del rifiuto del nuovo premier, Maaruf Bakhit, di concedere una monarchia costituzionale che limiti il potere del re Abdallah II. Il Fai chiede una riforma costituzionale che consenta l'elezione diretta del premier e che dia più libertà alle formazioni politiche. Nel tentativo di placare le proteste, il governo di Amman aveva di recente approvato un piano di incentivi e sussidi alle fasce più povere della popolazione per un costo totale di 225 milioni di dollari.

    Proteste in Bahrein per chiedere le dimissioni del governo
    Decine di migliaia di persone hanno marciato ieri anche a Manama, capitale del Bahrein, per chiedere le dimissioni del governo e una nuova costituzione. La protesta è particolarmente forte fra la maggioranza sciita della popolazione del Paese, guidato da una dinastia sunnita. Un appello a evitare però ogni fondamentalismo è stato lanciato dal leader del partito di opposizione sciita al Wefaq, Sheikh Ali Salman, dopo gli scontri scoppiati fra sciiti e sunniti la scorsa notte ad Hamad in cui sono rimaste ferite 8 persone.

    Emergenza profughi
    La crisi libica continua a provocare anche un aumento del numero di profughi che affolla la frontiera con la Tunisia. Il Paese, primo protagonista delle proteste nordafricane con la caduta del presidente Ben Alì, entro domani avrà un nuovo esecutivo, secondo quanto annunciato dal nuovo premier Al-Baji Ca'ed al-Sebsi. Ieri, nel suo primo discorso pubblico da capo del governo, Al-Sebsi ha promesso di “lavorare con la massima trasparenza”, sottolineando che la priorità dell’esecutivo è “ricostruire le istituzioni nazionali per poi riportare la sicurezza nel Paese”.

    Immigrazione: 34 migranti salvati a Lampedusa, riprese le ricerche di 2 dispersi
    Sul fronte immigrazione, proseguono gli sbarchi sulle coste siciliane. Poche ore fa è stata tratta in salvo al largo di Lampedusa una nuova imbarcazione con 34 migranti tunisini a bordo. Intanto, continuano le ricerche dei due dispersi nel naufragio di un barcone avvenuto ieri sera nel Canale di Sicilia, tra Marsala e l’isola di Marettimo. Sull'imbarcazione viaggiavano 30 migranti. I 28 superstiti sono giunti in nottata nel porto di Mazara del Vallo.

    Italia, Berlusconi scenderà “in campo per difendersi”
    Il premier Berlusconi ritiene opportuno “scendere in campo in prima persona per difendersi”. Così l'avvocato Niccolò Ghedini, uno dei legali del presidente del Consiglio, ha spiegato la volontà del premier di partecipare a tutte le udienze dei suoi processi a Milano. Ghedini - all'indomani dell'incontro con il presidente del tribunale di Milano, Livia Pomodoro - ha offerto la disponibilità a celebrare una doppia udienza il lunedì. Già fissate la prossima udienza del processo Mediaset, l'11 aprile, e quella del procedimento Mediatrade, rinviata al 28 marzo.

    Attentato in Pakistan, distrutte due scuole
    Ancora violenza in Pakistan: due scuole governative sono state distrutte oggi in un attentato dinamitardo nel distretto tribale nord-occidentale di Khyber, al confine con l’Afghanistan, dove sono attivi numerosi gruppi di ribelli. Un altro istituto scolastico è stato invece parzialmente devastato in un terzo attentato. Intanto, sul terreno, sono stati uccisi 8 militanti talebani nei distretti nord occidentali di Kohat e di Kurram.

    Afghanistan: morto un militare Isaf
    Un soldato della forza internazionale Isaf è morto ieri nell'Afghanistan meridionale a causa dello scoppio di un ordigno rudimentale. Lo rende noto oggi la stessa Isaf. Sono quattro i soldati stranieri morti in Afghanistan solo dal mese di marzo e 74 dall’inizio dell’anno.

    Costa D’avorio: 200 mila i profughi in fuga dalle violenze
    Proseguono i combattimenti in Costa D’Avorio tra i sostenitori del presidente uscente Gbagbo - sconfitto alle scorse elezioni ma che non ha voluto lasciare il potere - e il neoeletto Ouattara, riconosciuto dalla comunità internazionale quale vincitore delle consultazioni. Un appello a cessare le violenze è giunto da tutti i mediatori internazionali, compresa la commissione dei cinque presidenti africani incaricata di trovare una soluzione alla crisi nel Paese. Intanto secondo le Nazioni Unite sono almeno 200 mila gli ivoriani in fuga dagli scontri e le violenze ostacolano le operazioni di assistenza umanitaria.

    Benin: elezioni presidenziali rinviate al 13 marzo
    Il governo del Benin ha rinviato al 13 marzo prossimo le elezioni presidenziali previste per questo fine settimana. Lo ha annunciato il ministero degli Esteri dopo le proteste dell’opposizione e delle organizzazioni sindacali per la mancata registrazione di circa 1 milione di aventi diritto al voto.

    Estonia domani al voto
    Domani Estonia al voto per le elezioni legislative. Si tratta delle prime nel mondo che verranno svolte via internet. Sul fronte politico, gli analisti indicano quale favorito il Partito delle riforme (PR) del premier conservatore Andrus Ansip. Secondo gli ultimi sondaggi il PR sarebbe appoggiato dal 30 per cento dell'elettorato. Secondo partito nelle intenzioni di voto sarebbe poi la formazione di centrosinistra Partito del Centro (PC) di Edgar Savisaar, con il 22%. (Panoramica internazionale a cura di Linda Giannattasio e Maria Pia Iacapraro)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 64

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