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Sommario del 03/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il dolore del Papa per l'assassinio del ministro Bhatti. La testimonianza del fratello: ora sia abolita la legge sulla blasfemia
  • Mons. Tomasi: violenze contro i cristiani in aumento perché sono in pochi a difenderli
  • Il Papa riceve il presidente del Cile, Piñera: vita, famiglia e sviluppo al centro del colloquio
  • Il Papa ai vescovi filippini: dialogo con le altre religioni, via per la pace
  • Mons. Jan Vokál nominato vescovo di Hradec Králové
  • Il cardinale Bertone alle reclute della Guardia Svizzera: lo spirito di servizio vince il miraggio del potere
  • Mons. Celli: la Chiesa impari il linguaggio della cultura moderna se vuole farsi capire
  • Comitato cattolico-ebraico: sostegno alle minoranze religiose discriminate
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Libia: bombardamenti a Brega. L’Ue blocca i beni di Gheddafi. il dramma dei profughi
  • Libia. La Corte penale internazionale apre un'inchiesta per crimini contro l'umanità
  • Campagna per proteggere le donne dagli abusi di alcol e droga
  • Chiesa e Società

  • Pakistan: appello ad una riforma della Polizia per sventare complicità con l'estremismo
  • Ecuador: i vescovi plaudono alla legge sull’educazione ma non alle norme sull’istruzione religiosa
  • Il cardinale Sarah in Burundi: soddisfazione per la buona collaborazione tra Chiesa e Stato
  • Conclusi a Maynooth i lavori dell’assemblea primaverile dei vescovi irlandesi
  • Il nunzio Mennini ricevuto dalla Regina Elisabetta a Buckingam Palace
  • Allarme della Fao: record nel rialzo dei prezzi alimentari, mentre sale anche il costo del petrolio
  • Clima: l’Onu chiede ai Governi di fare chiarezza sul futuro del Protocollo di Kyoto
  • Forum dell’Onu in Senegal per la rafforzare la lotta all’Aids
  • Fiaccolata ad Otranto vent’anni dopo i primi sbarchi dei profughi albanesi sulle coste italiane
  • Per la Pentecoste 2011, la Chiesa di Pistoia invita gli artisti a creare un’opera d’arte
  • Incontro a Bruxelles, organizzato dal Consiglio d’Europa, su giornalismo etico e diritti umani
  • Simposio teologico sulla Verbum Domini alla Pontificia Università Salesiana di Roma
  • 24 Ore nel Mondo

  • Celebrati a Roma i funerali dell’alpino morto in Afghanistan
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il dolore del Papa per l'assassinio del ministro Bhatti. La testimonianza del fratello: ora sia abolita la legge sulla blasfemia

    ◊   Il Papa, in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, inviato a mons. Lawrence Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale del pachistana, ha espresso il suo profondo dolore per l’assassinio, ieri in Pakistan, del ministro per le minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti, ucciso durante un agguato teso da un commando di fondamentalisti islamici ad Islamabad. La comunità cristiana pachistana sta partecipando a manifestazioni di solidarietà spontanee, alle quali prendono parte anche musulmani, e a veglie di preghiera. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La comunità cattolica e tutti i cristiani nella diocesi di Faisalabad, da cui proveniva il ministro Bhatti, hanno organizzato un corteo pubblico di preghiera per le vie della città. Sono stati anche annunciati tre giorni di lutto pubblico, da domani a domenica prossima. Ad Islamabad si terrà questa sera una fiaccolata con “preghiere e canti spirituali”. Si tratta di iniziative che intendono offrire “una testimonianza di fede per commemorare il ministro e ricordare il suo messaggio”. Domani la salma di Shabaz Bhatti sarà portata nella chiesa di Nostra Signora di Fatima, a Islamabad, dove il vescovo mons. Anthony Rufin, celebrerà una Santa Messa di suffragio. Successivamente – ricorda l’agenzia Fides - la comunità cristiana si riunirà, a Kushphur il villaggio cattolico nella diocesi di Faisalabad dove era nato il ministro Bhatti. Nella chiesa di questo villaggio sarà celebrato il funerale, che verrà presieduto da mons. Joseph Coutts, vescovo di Faisalabad. E’ prevista una massiccia presenza di autorità civili, di leader religiosi cristiani, indù e musulmani, di attivisti per i diritti umani.

    Ieri, dopo il diffondersi della notizia dell’omicidio, manifestazioni spontanee si sono tenute in tutte le principali città del Pakistan. In una dichiarazione congiunta, la Chiesa cattolica e le Chiese protestanti del Pakistan ricordano il ministro Bhatti come “uno statista impegnato per l’armonia interreligiosa”, affermando che il suo assassinio solleva ancora una volta “la questione della protezione delle minoranze religiose, della loro vita e della libertà”. Le Chiese cristiane invitano il governo a fare “passi concreti per fermare l’estremismo in Pakistan”. Se non si fermeranno gli omicidi di democratici e liberali, che esercitano “la libertà di coscienza e di espressione”, estremisti e fanatici saranno legittimati a prendere il potere. Le Chiese nel Paese stigmatizzano anche l’uso della religione come “strumento di minaccia e di sofferenza per la gente” e annunciano tre giorni di lutto. Tutte le scuole e gli istituti cristiani resteranno chiusi. Le comunità cristiane di tutte le confessioni vivranno momenti di preghiera e di digiuno.

    L’assassinio del ministro cattolico per le per le Minoranze Shahbaz Bhatti mette a tacere la voce di chi ha sempre difeso persone discriminate e più deboli. Ma questo brutale omicidio non può impedire che venga proseguito il cammino intrapreso per “un futuro di pace e di speranza per i cristiani e per tutti i pachistani”. E’ quanto sottolinea Paul Bhatti, medico specialista in chirurgia d'urgenza da anni in Italia e fratello del ministro. Amedeo Lomonaco lo ha raggiunto telefonicamente poco prima della partenza per il Pakistan, dove domani nel villaggio di Kushphur saranno celebrati i funerali di Shahbaz Bhatti.

    R. – Sto partendo per il Pakistan, dove mi stanno aspettando per i funerali. Non so quello che dico, perché veramente sono rimasto sconvolto da quanto accaduto. Ma tutti ce lo aspettavamo, perché lui non si è mai tutelato, si è sempre esposto per gli altri, soprattutto per la gente più povera. Mio fratello combatteva per i diritti dei cristiani e di tutte le minoranze oppresse in Pakistan; in particolare contro la legge sulla blasfemia che condanna a morte chi offende Maometto. Da qui, noi avevamo l’impressione che questa legge venisse usata spesso contro i cristiani per rancori personali. Lui ha lottato molto per questo, al punto da ricevere anche consensi internazionali dagli Stati Uniti, dal Vaticano e anche da molti Paesi occidentali. E questo ha colpito il governo locale, al punto che era quasi riuscito a presentare un disegno di legge in Parlamento. Ma chi sostiene che l’attuale legge sia giusta o chi sostiene che il Parlamento sia manipolato dall’Occidente, probabilmente non è d’accordo con il suo progetto. Era molto tempo che mio fratello riceveva minacce di morte. Poi c’è stato il caso di Asia Bibi, una donna proveniente da un ceto molto povero condannata a morte sulla base di quella legge sulla blasfemia. Mio fratello ha lottato molto, insieme anche con il governatore del Punjab che è stato ucciso qualche mese fa.

    D. – Dr. Paul Bhatti, ci può ricordare chi era suo fratello, quale la sua famiglia, quale l’educazione religiosa ricevuta?

    R. – Noi veniamo da una famiglia cattolica che vive in un villaggio cattolico, cristiano del Pakistan, e che si chiama Kushphur. Qui abbiamo ricevuto un’educazione cattolica. Mio fratello si era laureato in legge e poi aveva anche seguito un corso in relazioni internazionali; ha iniziato ad interessarsi alla politica in maniera particolare quando ha iniziato a vedere delle ingiustizie in Pakistan. Il primo evento è stato quando si propose una carta d’identità diversa tra cristiani e musulmani. Lui era molto giovane ancora, avrà avuto 23 anni… Iniziò a protestare, guidando varie manifestazioni. Alla fine, riuscirono addirittura a far cambiare idea al governo e da lì iniziò ad impegnarsi contro ogni ingiustizia. E non solo in questo caso di Asia Bibi: in passato ha lottato per altre persone che erano state condannate sempre sulla base della legge contro la blasfemia.

    D. – Dopo l’assassinio brutale di suo fratello, cosa si può sperare per il Pakistan?

    R. – Penso che questo possa essere un momento di riflessione sia per la gente del Pakistan – perché mi hanno telefonato tanti amici pakistani musulmani, che condannano questo omicidio e non condividono la discriminazione - sia per l’Occidente. Si dovrà promuovere una riflessione all’insegna del dialogo con quei Paesi che hanno una legge contro la blasfemia, affinché questa legge venga abolita. Qualcosa dovrà esser fatto, a livello internazionale, per continuare questa lotta. Conoscendo l’obiettivo ed anche il sacrificio di mio fratello, spero che la gente lo segua …

    D. – Quindi, il lavoro e l’impegno di suo fratello non risulteranno vani …

    R. – Credo di no, perché sicuramente anche io personalmente – non a modo suo, ovviamente – ma per quello che posso fare, ho deciso di impegnarmi nella maniera più intensa possibile, perché questa è una causa giusta, è una causa che lui ha portato avanti e noi lo seguiamo, lo appoggiamo. Io sono medico qui, in Italia, ma quello che posso fare sono disposto a farlo, perché sono convinto che questa opera vada continuata, che vada appoggiata sui diversi fronti.

    D. – Dr. Bhatti, secondo lei dietro a questo assassinio ci sono i talebani oppure altri gruppi estremisti in Pakistan?

    R. – Questo non lo so. Ho sentito dire che sarebbero stati lasciati dei volantini dei talebani locali del Punjab, che si sarebbero assunti la responsabilità dell’omicidio. Ma quando il mese scorso sono stato in Pakistan lui mi aveva detto di avere ricevuto molte minacce e che immaginava che prima o poi l’avrebbero ucciso. Io gli avevo detto: “Ti conviene venire in Occidente per qualche mese, finché le acque non si saranno calmate un po’”. E lui mi rispose che se si fossero calmate le acque, si sarebbe calmato tutto e nessuno avrebbe portato avanti la causa, e quindi non voleva andare via.

    D. – Cosa chiede alla Chiesa universale, a tutti i fedeli, a tutti i cristiani, a tutti i cattolici?

    R. – Mio fratello era un cristiano convinto, praticava la sua fede. Perciò, chi è fedele, chi ha una fede forte crede nella preghiera: a questa ci tengo e sono convinto che serva. Penso che anche tutti i cristiani del Pakistan dovrebbero riflettere su questa situazione in modo che, in un modo o nell’altro, le ingiustizie si risolvano. (gf)

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    Mons. Tomasi: violenze contro i cristiani in aumento perché sono in pochi a difenderli

    ◊   Ieri, proprio nel giorno dell’assassinio del ministro cattolico Shahbaz Bhatti, l’osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio dell’Onu di Ginevra, arcivescovo Silvano Maria Tomasi, è intervenuto sul tema della libertà religiosa in occasione della 16.ma Sessione del Consiglio dei Diritti umani nella città elvetica. L'omicidio del ministro - ha affermato - è un'ulteriore dimostrazione della drammatica situazione che vivono molti cristiani. Ascoltiamo l'arcivescovo Tomasi intervistato da Amedeo Lomonaco:

    R. – Ci troviamo in un momento particolarmente complicato nella difesa dei diritti umani dei cristiani, soprattutto in certi Paesi dell’Asia e dell’Africa. La discriminazione verso i cristiani non si riduce soltanto a delle vignette o a delle situazioni di mancanza di rispetto verso una fede religiosa, ma porta all’assassinio e alla violenza. Questo particolare momento interpella perciò la comunità internazionale.

    D. – Eccellenza, ieri nel suo intervento ha ricordato che su 100 persone uccise a causa della religione, 75 sono cristiani. Quali, secondo lei, i motivi di questa proliferazione di violenze contro i cristiani?

    R. – Non è facile identificare delle cause precise, però a me sembra che una delle ragioni attuali sia l’attività e l’iniziativa di gruppi non statali, che diventano sempre più influenti in risposta alle loro convinzioni estremiste. Questi gruppi vedono la loro identità nella distruzione dell’altro o arrivano a manipolare la religione per ottenere degli obiettivi politici e di potere. Si tratta quindi di analizzare, situazione per situazione, questo fenomeno che si sta allargando troppo. Bisogna guardare alle situazioni locali, però mi pare che sotto sotto ci sia un denominatore comune che lega questi atti di violenza contro i cristiani, che sono visti come dei target, degli obiettivi facili, perché non c’è vendetta, non c’è rappresaglia, non ci sono forze politiche che vengono a schierarsi in loro difesa. Questo facilita l’attuazione di questi atti di violenza. Fortunatamente c’è una tendenza – mi pare anche in Europa – a guardare in faccia questo problema che stiamo vivendo: si comincia a parlare più concretamente della difesa delle minoranze religiose nel mondo.

    D. – Perché la libertà religiosa deve essere considerata come uno dei principali indicatori di una vera democrazia?

    R. – La libertà di fede, la libertà di culto sono l’espressione più intima della persona umana, perché trattano del rapporto con la Trascendenza, toccano le motivazioni profonde delle scelte fondamentali che una persona fa. Per cui, se c’è questo rispetto del diritto della libertà religiosa, allora abbiamo anche il rispetto degli altri diritti umani. Ma se questo diritto viene soppresso o negato, vediamo che allo stesso modo saranno negate le aspirazioni democratiche. La difesa o la protezione di questo diritto è presentata negli strumenti di Diritto internazionale, per cui nel campo internazionale le agenzie delle Nazioni Unite, come il Consiglio dei Diritti umani, continuano a sostenere questo principio della libertà di religione. Si tratta di diventare un po’ più concreti, con delle misure operative; bisogna che ci sia un’informazione più accurata sulle persecuzioni delle minoranze religiose, una traduzione dei grandi principi generali nelle leggi concrete dei singoli Stati, in modo che il sistema giudiziario non favorisca l’impunità, non chiuda gli occhi davanti ai crimini commessi contro le persone di fede. (vv)

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    Il Papa riceve il presidente del Cile, Piñera: vita, famiglia e sviluppo al centro del colloquio

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto stamani in Vaticano il presidente del Cile, Sebastián Piñera Echenique. Durante il colloquio, informa una nota della Sala Stampa vaticana, “sono stati affrontati temi di comune interesse, come la salvaguardia della vita umana e della famiglia, l’aiuto allo sviluppo integrale, la lotta contro la povertà, il rispetto dei diritti umani, la giustizia e la pace sociale”. In tale contesto, il Papa e il presidente cileno hanno ribadito “il ruolo e il contributo positivo delle istituzioni cattoliche nella società cilena, specialmente nella promozione umana e nella formazione”. Nell’incontro, conclude la nota, si è dato inoltre “uno sguardo panoramico alla situazione dell’America Latina e si è registrata la convergenza fra la Santa Sede e il governo cileno sui valori fondamentali della convivenza umana”.

    Dopo l’incontro con il Papa, il presidente cileno ha avuto un colloquio con il cardinale segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone, che era accompagnato da mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

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    Il Papa ai vescovi filippini: dialogo con le altre religioni, via per la pace

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza un gruppo di vescovi filippini in visita ad Limina. Nel suo discorso, il Papa si è soffermato sull’importanza della formazione dei sacerdoti e dei laici. Quindi, ha messo l’accento sull’impegno della Chiesa per il bene comune, per la difesa della famiglia e per il dialogo con i fedeli delle altre religioni. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Impegnatevi a “fare del bene per i cristiani e per i non cristiani”: è l’esortazione del Papa ai vescovi delle Filippine, invitati innanzitutto a rafforzare la formazione catechetica dei propri fedeli:

    "The deep personal piety of your people…"
    “La profonda pietà personale della vostra gente – ha affermato – necessita di essere alimentata e sostenuta” da una appropriata comprensione “degli insegnamenti della Chiesa in materia di fede e morale”. Il Papa ha, così, invitato i presuli ad avere un’attenzione particolare per le famiglie, soprattutto per i genitori quali primi educatori della fede dei propri bambini:

    “This work is already evident in your support…”
    “Questo lavoro – ha sottolineato – è già evidente nel vostro sostegno delle famiglie di fronte alle influenze che vorrebbero limitare o distruggere i suoi diritti e la sua integrità”. Ha quindi rivolto il pensiero alla formazione dei sacerdoti che, ha osservato, è uno dei doveri più importanti a cui sono chiamati i vescovi. Il Papa ha ricordato che in molte diocesi filippine, i sacerdoti sono accompagnati nella fase di passaggio dal seminario alla parrocchia. Ed ha auspicato che dei preti più anziani possano aiutarli nel cammino verso una vita sacerdotale matura:

    “In accordance with their solemn promises at ordination…”
    “In accordo con le loro promesse solenni dell’ordinazione – ha soggiunto – ricordate ai vostri sacerdoti il loro impegno al celibato, all’obbedienza e ad una maggiore attenzione al servizio pastorale”. Vivendo le loro promesse, ha soggiunto, questi uomini “diventeranno davvero dei padri spirituali con una maturità personale e psicologica che crescerà per rispecchiare la paternità di Dio”. Si è così soffermato sul tema del dialogo interreligioso:

    “While the Church proclaims without fail…”
    “Mentre la Chiesa – ha affermato – proclama senza incertezze che Cristo è la via, la verità e la vita, al tempo stesso rispetta tutto ciò che di buono c’è nelle altre religioni”. Inoltre, ha proseguito richiamando la “Nostra Aetate”, la Chiesa è chiamata a dialogare con prudenza e carità con i fedeli delle altre religioni, ogni volta che ciò sia possibile. Così facendo, ha rilevato, la Chiesa lavora per la mutua comprensione e il progresso del bene dell’umanità. Ha quindi incoraggiato i vescovi filippini a continuare a promuovere la via di una pace autentica e duratura, nella convinzione che ogni persona, a prescindere dal suo credo, è creata ad immagine di Dio.

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    Mons. Jan Vokál nominato vescovo di Hradec Králové

    ◊   Il Papa ha nominato vescovo di Hradec Králové, nella Repubblica Ceca, mons. Jan Vokál, del clero della medesima diocesi, finora minutante presso la Segreteria di Stato. Mons. Jan Vokál è nato il 25 settembre 1958 a Hlinsko (Hradec Králové). Ha conseguito la Laurea in Ingegneria Cibernetica presso l’Università Tecnica di Praga. Nel 1983 è stato ammesso nel Collegio Nepomuceno a Roma e ha studiato filosofia e teologia alla Pontificia l’Università Lateranense. È stato ordinato sacerdote il 28 maggio 1989 per la diocesi di Hradec Králové. Ha proseguito la sua formazione negli Stati Uniti alla St. Thomas University e ha lavorato come vicario parrocchiale nella diocesi di Peoria. Nel 1991 ha iniziato il suo servizio presso la Segreteria di Stato (Sezione per gli Affari Generali). Dal 1992 al 2005 è stato segretario del cardinale Bafile. Nel 2008 ha conseguito il Dottorato in Utroque Jure presso la Pontificia Università Lateranense e l’anno dopo ha ottenuto il titolo di dottore in Diritto Civile presso l’Università Carlo di Praga. Nel 2005 è stato nominato coadiutore del Capitolo dei Canonici presso la Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.

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    Il cardinale Bertone alle reclute della Guardia Svizzera: lo spirito di servizio vince il miraggio del potere

    ◊   "Nel modo di vivere e di pensare degli uomini, il miraggio del potere nasconde l'ambiguità del proprio tornaconto, della sopraffazione dell'altro e della gloria personale". Per Dio invece "il potere è sempre equivalente a maggior servizio e carico di responsabilità". Per questo "lo stesso termine ecclesiastico di "ministri" non designa dei potenti ma dei servitori". Lo ha ribadito ieri il cardinale Tarcisio Bertone nella Messa per dodici nuove reclute della Guardia Svizzera Pontificia celebrata nella cappella privata del segretario di Stato. Lo riferisce L’Osservatore Romano. Dopo aver ringraziato il comandante Anrig e il cappellano monsignor de Raemy, il porporato ha offerto una riflessione in tre punti: la missione di Cristo in opposizione alla vanagloria degli uomini; chi vuol essere il primo si faccia il servo di tutti; infine i "bianchi amori" della cattolicità per l'ostia consacrata, la Vergine Maria e il Papa.

    Quanto al primo aspetto, il cardinale Bertone ha fatto riferimento al capitolo 10 dell'evangelista Marco, caratterizzato dal contrasto stridente tra quanto dice Gesù e quanto chiedono i discepoli Giacomo e Giovanni. "È qui evidente - ha commentato - la contrapposizione tra il pensare di Dio e il pensare degli uomini": il suo Regno si costruisce attraverso croce e sacrificio e si contrappone a quello degli uomini, "frutto del compromesso, dell'autoaffermazione e del sopruso". Di conseguenza "la missione della Chiesa è rendere presente in ogni tempo la missione del Cristo, indicando nella croce il segno più autorevole della logica dell'amore, che supera le ristrette vedute della giustizia umana e quelle ancor più anguste del potere e della gloria".

    Il secondo punto dell'omelia riguardava la scelta del servizio, nonostante le difficoltà legate alla realizzazione in concreto. "È grande agli occhi di Dio infatti - ha commentato il cardinale Bertone - chi si mette al servizio degli altri". E ciò vale anche nella vita militare e in quella ecclesiastica, caratterizzate entrambe da gradi gerarchici. "Ogni sistema ordinato - ha detto - prevede dei superiori dediti alla guida. Così è anche nella Chiesa, vista nel suo aspetto istituzionale. Tuttavia, nostro compito è comprendere che nella logica di Dio chi più comanda è colui che più serve, e chi serve e ama davvero gli uomini è il vero "superiore"". Da qui l'esortazione alle giovani reclute "a familiarizzare con i paradossi del Vangelo. Fate a gara non nel primeggiare tra gli uomini - ha detto loro - bensì nel servire".

    Infine il segretario di Stato ha riproposto i "bianchi amori" della nostra fede, che - ha sottolineato - "possono offrire un buon criterio di appartenenza anche nel servizio di guardia che vi accingete a iniziare alla persona del Santo Padre": anzitutto l'amore per l'Eucaristia, che nutre e alimenta l'anima di ogni cristiano, così che tutto, pensieri, parole e azioni, sia indirizzato a Cristo; poi quello per Maria, la madre di tutti i credenti, che è il modello principe, perché il suo itinerario di fede e di obbedienza è esemplare e insuperabile per vivere in rapporto con Dio; infine l'amore per il Papa, che da secoli la Guardia Svizzera testimonia garantendo l'incolumità del Vicario di Cristo in terra. "Se ogni cristiano nutre sentimenti di venerazione e ossequio verso il Santo Padre - ha affermato - per voi che iniziate il vostro servizio questo discorso vale ancora di più. Amarlo, servirlo, custodirlo, proteggerlo è il vostro compito principale. Rendendo questo servizio al Papa - ha concluso - voi servite Cristo: amando il Papa amate Cristo, proteggendo il Papa proteggete Cristo".

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    Mons. Celli: la Chiesa impari il linguaggio della cultura moderna se vuole farsi capire

    ◊   Si è conclusa oggi a Roma la plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali: al centro dei lavori, lo studio dei linguaggi della moderna cultura digitale per aiutare la missione evangelizzatrice della Chiesa. A guidare la riflessione è stato il discorso del Papa all’inizio dell’assemblea. Ascoltiamo in proposito il presidente del dicastero vaticano, mons. Claudio Maria Celli, al microfono di padre David Gutiérrez, responsabile della redazione spagnola della Radio Vaticana:

    R. - Il Papa ci ha invitato a proseguire nel nostro annuncio, però ha ricordato a tutti noi il grande impegno a riscoprire un linguaggio che - come ha ricordato nel suo discorso - non è un vestito, non è qualche cosa che mi metto addosso: no. Nasce da una cultura; un linguaggio nasce dalla cultura e forma una cultura. Il nostro problema nel nostro oggi, è proprio riscoprire qual è la cultura dell’uomo di oggi, che è una cultura digitale, specialmente nel mondo moderno, nel mondo – diciamo così – più sviluppato. Però, il nostro compito è sempre il medesimo: annunciare la Parola.

    D. - Quali sono le sfide?

    R. - Io penso che, innanzitutto, una delle sfide sarà quella di aiutare la Chiesa nella sua globalità a rendersi conto di questo problema. Noi abbiamo sempre l’idea che sappiamo tutto e abbiamo tutto nelle nostre mani, e invece ci accorgiamo che dobbiamo ascoltare. Noi abbiamo bisogno di passare dei momenti in silenzio per ascoltare: per ascoltare Lui che ci guida e che ci guida al largo. A me lascia sempre pensoso quello che Gesù diceva ai suoi discepoli: andate al largo, non fermatevi nelle vostre esperienze locali, guardate con occhi aperti al futuro, a ogni uomo che cammina. La nostra missione, il nostro dovere sono legati proprio a questa missione che il Signore ci ha affidato: “Andate in tutto il mondo e predicate ad ogni creatura”. La Chiesa deve avere questa consapevolezza, però questa consapevolezza deve nascere anche da un ascolto attento, preciso, appassionato … a scoprire il linguaggio che usano l’uomo e la donna di oggi, perché altrimenti corriamo il rischio di usare un linguaggio che i nostri contemporanei non capiscono. Questa sarà la grande sfida della Chiesa. Quindi, non solamente avere la forza, la vivacità, la consapevolezza di avere nel cuore la Parola di Dio, ma anche capire l’uomo di oggi affinché per esso possa risuonare l’unica Parola che salva in quel linguaggio che l’uomo di oggi può capire. Questa è la nostra sfida che cercheremo di affrontare insieme, camminando insieme. (bf)

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    Comitato cattolico-ebraico: sostegno alle minoranze religiose discriminate

    ◊   Si è concluso, ieri a Parigi, il 21.mo incontro del Comitato internazionale di collegamento cattolico-ebraico dal titolo “40 anni di dialogo – riflessioni e prospettive future”. Durante la Conferenza, si legge in una dichiarazione congiunta, si è messo l’accento sui risultati raggiunti nel dialogo tra ebrei e cattolici, in un mondo in rapida trasformazione. I partecipanti alla Conferenza hanno riconosciuto che quanto sta succedendo in Nord Africa e Medio Oriente è il segno di una esigenza di libertà da parte delle nuovi generazioni di quelle aree. Quindi, hanno rilevato con rammarico che, in molte parti del mondo, le minoranze religiose sono discriminate e minacciate da ingiuste restrizioni.

    I relatori hanno inoltre espresso profonda tristezza per i ripetuti atti di violenza e di terrorismo nel nome di Dio, inclusi i crescenti attacchi contro i cristiani e le istigazioni alla distruzione dello Stato di Israele. La Conferenza ha deplorato ogni atto di violenza perpetrato in nome della religione, definendoli una corruzione della vera natura della relazione con Dio. I partecipanti all’evento, conclude la nota, si sono impegnati a proseguire il lavoro per un futuro di pace nella regione del Medio Oriente, ribadendo l’importanza delle buone relazioni tra cristiani ed ebrei ad ogni livello e in ogni situazione.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il discorso di Benedetto XVI a un gruppo di vescovi filippini in visita ad limina Apostolorum.

    In prima pagina, la crisi libica: morsa diplomatica contro il regime di Gheddafi. Gli insorti respingono un nuovo attacco delle truppe governative contro la città di Brega. Emergenza umanitaria per i profughi.

    Il volto pubblico della teologia: stralci dalla prolusione di Peter Henrici, vescovo titolare di Ossero, in occasione del Dies academicus della Facoltà Teologica del Triveneto.

    La tradizione è più moderna della modernità: Fabrice Hadjadj sul rapporto tra modernismo e senso religioso.

    Nell’informazione religiosa, un articolo sulle esequie per il ministro delle Minoranze, Shahbaz Bhatti.

    La Giornata mondiale di preghiera per le donne: Donatella Coalova sull’iniziativa ecumenica nata negli Stati Uniti a fine Ottocento.

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    Oggi in Primo Piano



    Libia: bombardamenti a Brega. L’Ue blocca i beni di Gheddafi. il dramma dei profughi

    ◊   Resta grave la situazione in Libia: questa mattina un nuovo bombardamento aereo ha raggiunto la città di Brega, terminal petrolifero nella parte orientale del Paese dove gli insorti si stanno rafforzando. Intanto l’Ue ha bloccato con effetto immediato i beni della famiglia Gheddafi e di altri vertici del regime e la Corte penale internazionale dell’Aja ha aperto un’inchiesta contro il raìs per crimini contro l’umanità. I particolari nel servizio di Roberta Barbi:

    In Libia si continua a combattere: dopo gli scontri di ieri in Cirenaica, il cui bilancio provvisorio è di 12 morti, oggi un nuovo bombardamento aereo è stato condotto su Marsa el Brega, centro petrolifero dell’area, da ieri al centro della battaglia tra le milizie fedeli al regime e i ribelli che stanno rafforzando le proprie posizioni sulla costa orientale e ad Adjabiya. Il Consiglio nazionale libico formato a Bengasi dagli insorti, intanto, fa sapere di non essere disposto a trattare con Gheddafi e di non essere a conoscenza del piano di pace proposto da Chavez e che, secondo la tv araba al Jazeera, il colonnello starebbe per accettare. Il piano del presidente venezuelano prevede l’invio di una missione internazionale per mediare tra dirigenti libici e ribelli e risolvere così il conflitto escludendo qualsiasi intervento militare straniero. L’Unione europea, intanto, ha ordinato con effetto immediato il congelamento dei beni di Gheddafi, della sua famiglia e dei suoi più stretti collaboratori: in tutto 26 persone fisiche, ma potrebbe essere esteso anche alle persone giuridiche, mentre per il 10 marzo è convocata a Bruxelles una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri dell’Ue sulla Libia. La Procura della Corte penale internazionale dell’Aja, intanto, ha aperto un’inchiesta per crimini contro l’umanità contro il leader libico e altre 10-15 persone ritenute i maggiori responsabili del massacro, mentre la Nato per ora non prevede alcun intervento militare nell’area, ma si tiene pronta a ogni eventualità. Il Consiglio dei ministri italiano, dopo quella in Tunisia, ha approvato oggi una missione umanitaria in Libia: entro 24 ore partirà una nave diretta a Bengasi, mentre per parlare della situazione nell’area, il Presidente Napolitano ha convocato per la prossima settimana il Consiglio Supremo di Difesa. Infine, il governo olandese ha fatto sapere che è stato aperto il dialogo con le autorità libiche per il rilascio dei tre soldati catturati ieri durante un’operazione di soccorso.

    L’organizzazione non governativa, Medici Senza Frontiere, lancia l’allarme per la Libia. Oltre a richiedere alle milizie di Tripoli e ai ribelli l’accesso alle aree colpite dalla violenza per portare assistenza, si chiede di rispettare le strutture mediche e di tutelare, soprattutto, il diritto della popolazione di poter cercare e ricevere cure mediche in modo sicuro. Intanto, un’altra delle zone calde rimane il confine libico-tunisino, dove sino a ieri si sono ammassate decine di migliaia di persone che cercano di entrare in Tunisia. Giancarlo La Vella ha contattato telefonicamente Barbara Schiavulli, che da diversi giorni si trova in quella zona:

    R. – Quello che sta succedendo oggi è qualcosa di molto strano, perché si è praticamente quasi fermato l’arrivo dei profughi. Noi sapevamo che c’erano code chilometriche dall’altra parte, ma da quando si comincia a parlare molto di Tunisia, praticamente i soldati libici non fanno più entrare persone in Tunisia, forse per dimostrare che in realtà non c’è la fuga. Però, di fatto, sono già entrate 85 mila persone.

    D. – Il sostentamento di queste persone come procede?

    R. – Quelli che sono riusciti ad entrare, sono stati accolti da una Tunisia abbastanza organizzata nonostante i problemi interni. Sta di fatto che comunque non è facile assorbire all’improvviso decine di migliaia di persone. Comunque, le stesse organizzazioni umanitarie, le Nazioni Unite in testa, hanno sottolineato in questi giorni che questa è un’emergenza transitoria, perché tutte queste persone vogliono rientrare a casa. Altro problema è la presenza in Libia – di cui non si sa più niente – di circa 8mila rifugiati, persone che avevano chiesto asilo politico in Libia perché arrivavano da altre guerre. Di queste persone, che tra l’altro sono per lo più africani e senza documenti, non si sa più niente.

    D. – C’è invece parte di questa gente che tenta il viaggio via mare verso le coste nord del Mediterraneo…

    R. – Di solito i barconi partono la notte. Per il momento sono sempre e solo tunisini, quelli che si spostano verso Lampedusa, in quella che per molti ragazzi è la ricerca di una vita migliore. Noi sappiamo che oggi si prepara la partenza di uno di questi barconi che dovrebbe o starebbe arrivando sulle rive di Lampedusa.

    D. – Tu sicuramente hai avuto modo di parlare con i libici che cercano di attraversare il confine con la Tunisia. Qual è il loro stato d’animo?

    R. – Chi è riuscito a portare fuori la famiglia racconta di una situazione molto difficile: magari mette in salvo la famiglia per tornare dentro ed unirsi ai rivoltosi. Il problema è che questa zona, la Tripolitania, la zona ovest del Paese, ancora regge, anche se le città spesso sono nelle mani dei ribelli, la periferia resta ancora in mano alle milizie di Gheddafi. Quindi, chi arriva racconta di rapine, posto di blocco, di violenze e anche per questo i Medici senza Frontiere stanno preparando un presidio psicologico per chi arriva: persone che non solo hanno vissuto lo stress di avere abbandonato casa, di essere stato qua per giorni senza avere – magari – un posto per dormire, ma anche quello di aver subito il trauma della fuga. (gf)

    Intanto il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha annunciato che in Italia i prefetti stanno predisponendo un piano per l'accoglienza degli immigrati che dovessero arrivare dal Nord Africa. Il ministro ha citato, come esempio, la struttura di Mineo. E secondo un rapporto Censis-Ocse a gennaio e febbraio 6.333 immigrati sono sbarcati sulle coste italiane, un numero imponente se si pensa che in tutto il 2010 ne erano arrivati 4.406. Alessandro Guarasci ha intervistato Natale Forlani, Direttore Generale Immigrazione del Ministero del Lavoro.

    R. - E’ una situazione di emergenza verso la quale l’Italia, come la Comunità internazionale si deve attrezzare. Lo sta facendo la Tunisia con uno sforzo enorme, in un Paese già problematico e in difficoltà anche in termini di Governo, e lo dovremmo fare anche noi.

    D. – L’Europa del nord dice: noi abbiamo accolto gli immigrati durante la guerra dei Balcani e anche dopo la caduta del Muro di Berlino, voi ora accogliete appunto chi viene dal Nord Africa. Lei è d’accordo?

    R. – I problemi di natura politica di equilibrio internazionale posti dal tema Nordafricano e il potenziale di movimento, le caratteristiche di questo movimento sono del tutto anomale rispetto a quello dei Paesi dell’est, sia per la natura delle popolazioni che si sono mosse, per il loro carattere non stanziale e perché era più facile l’integrazione. Noi abbiamo chiesto all’Europa di intervenire in maniera solidale, perché pur cercando di contenere le dinamiche di flusso - come ha deciso il Governo di fare, aiutando anche nei Paesi di origine – ci si deve attrezzare ad una destabilizzazione che produce effetti su persone che sono già in Libia come rifugiati e che con tutta probabilità hanno il problema di, o ritornare nei Paesi di provenienza, o trovare soluzioni alla loro condizione lavorativa e sociale.

    D. – Lei ha parlato di richiedenti asilo, l’Italia ne ha molto pochi rispetto a grandi Paesi come Germania, Francia, Gran Bretagna, c’è qualcosa che non va secondo lei?

    R. – Ogni tanto a mio avviso ci sono delle critiche sproporzionate rispetto al lavoro fatto dallo Stato italiano, ma soprattutto dalle Comunità italiane per favorire l’integrazione di persone che non sono venute per motivi di lavoro in senso stretto. I numeri storicamente sono abbastanza simili in questi 20 anni a quelli degli altri Paesi al netto della condizione specifica che ha avuto la Germania con la caduta del Muro di Berlino. (ma)

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    Libia. La Corte penale internazionale apre un'inchiesta per crimini contro l'umanità

    ◊   La Corte penale internazionale ha dunque deciso di aprire un'inchiesta per crimini contro l'umanità compiuti in Libia dal 15 gennaio scorso: lo ha detto a L'Aja il procuratore generale della Corte, Luis Moreno Ocampo. La Corte ha avviato le indagini sui possibili crimini su preciso mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Sull’importanza di questa iniziativa penale internazionale sentiamo Antonio Cassese, presidente del Tribunale speciale per il Libano e già presidente del Tribunale internazionale. L’intervista è di Stefano Leszczynski:

    R. – E’ importante perché in questo caso può avere un effetto dissuasivo, nel senso che può indurre Gheddafi, i vertici militari e politici che lo aiutano ma anche i ribelli, a non commettere ulteriori crimini, perché la richiesta al procuratore della Corte penale internazionale di intervenire, riguarda chiunque abbia commesso crimini contro l’umanità, e presumo che si possano includere anche i crimini di guerra.

    D. – I personaggi incriminati saranno oggetto di un mandato di arresto internazionale …

    R. – A differenza del mandato di cattura che è stato emesso nei confronti di al Bashir, presidente del Sudan - e che non può essere eseguito perché dovrebbe essere eseguito proprio da quei poliziotti che sono agli ordini di al Bashir - in questo caso abbiamo a che fare con crimini commessi durante una guerra civile e che quindi lasciano prevedere che il dittatore e i suoi accoliti possano essere sconfitti e quindi arrestati dai ribelli. Nel caso della Libia, se venissero emessi mandati di cattura, potrebbero essere eseguiti una volta che fosse cessato il conflitto armato e sotto il presupposto che Gheddafi non sia il vincitore.

    D. – Professore, l’operato della Corte Penale internazionale ha un po’ “la tutela” delle Nazioni Unite. Tuttavia, nel caso di un personaggio come Muhammar Gheddafi e nel caso di una situazione come quella della Libia, quest’azione della Corte penale internazionale non può essere interpretata forse dall’islam radicale come un ulteriore motivo per reagire contro l’Occidente che può vedere come un’entità che vuole giudicare uno dei loro esponenti, uno dei loro leader?

    R. – Non credo, perché intanto, tra gli unici due Paesi arabi che fanno parte della Corte c’è la Giordania che è un Paese importante, che è parte contraente della Corte. Poi, in questo caso, il deferimento da parte del Consiglio di Sicurezza è passato attraverso una decisione unanime: hanno votato a favore di questo “intervento penale” anche Paesi come la Cina e la Russia, e anche i Paesi arabi che sono attualmente nel Consiglio di Sicurezza. Il Libano, ad esempio, ha votato a favore. Quindi, non può essere avvertita come un’ingerenza dell’Occidente nei confronti di un Paese arabo! Anzi, penso che se la Corte facesse un buon lavoro e tra l’altro non si limitasse a cercare solo prove contro eventuali crimini commessi da Gheddafi e dai suoi, ma anche contro i crimini commessi dai ribelli e che in questo caso sarebbero “crimini di guerra”, essa potrebbe dimostrare che si tratta di un ente imparziale, indipendente che non vuole assolutamente agire nei confronti dei Paesi arabi. (ma)

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    Campagna per proteggere le donne dagli abusi di alcol e droga

    ◊   Informare, prevenire, curare e infine debellare la piaga della droga operando su più fronti. Con questi obiettivi nasce Dad.Net un progetto pensato e realizzato dal Dipartimento Politiche Antidroga del Governo italiano in collaborazione con l’Unicri, l’Istituto delle Nazioni Unite per la Ricerca sul Crimine e la Giustizia e rivolto soprattutto e per la prima volta alle donne di ogni età e fascia sociale. L’idea è quella di creare in sinergia con tanti esperti internazionali offerte specifiche finalizzate alla prevenzione dei rischi associati all’uso di alcol e droga e patologie correlate. Alla presentazione del progetto, presso la sede della Fao a Roma, c’era per noi Cecilia Seppia.

    Fumano più degli uomini, sono più a rischio per quanto riguarda il consumo e la dipendenza da stupefacenti, di cui subiscono prima dei coetanei maschi gli effetti negativi, ma soprattutto da sette-otto anni a questa parte le donne in Italia, come nel resto d’Europa cadono con più facilità nella trappola dell’alcol. A preoccupare soprattutto i dati che riguardano le giovanissime: il 25% delle adolescenti in Italia tra i 14 e i 19 anni vede nel drink un’abbordabile via di fuga dai problemi quotidiani. A monte secondo gli esperti una mancanza di solidità fisica e psichica, ma anche l’assenza di modelli adeguati in famiglia come nella scuola. Giovanni Serpelloni, Capo del Dipartimento Politiche Antidroga.

    R. - Circa il 15-20% delle persone tossicodipendenti sono di sesso femminile, mentre abbiamo un aumento del numero di soggetti di giovane età che vengono ad abusare di sostanze stupefacenti. Quello che ci preoccupa di più è che c’è un incremento anche del dato dell’assunzione alcolica. Perché ci preoccupa di più nelle femmine? Perché le femmine, per una variante genetica, hanno un deficit che si chiama “deficit di alcol deidrogenasi”, un enzima che serve per metabolizzare l’alcol, per cui risentono di danni molto più gravi e molto più specifici dei maschi: si tratta infatti di danni di tipo prevalentemente neurologico, ma sono anche danni cardiaci ed epatici.

    I rischi di questo cocktail micidiale di alcol e droga sono soprattutto per la salute fisica. Inoltre, le donne che fanno uso di sostanze psicoattive hanno un problema in più: quello di diventare vittime di violenze più efferate come l’abuso sessuale. Un’attenzione particolare verrà data alle donne tossicodipendenti in gravidanza. Ancora Serpelloni:

    R. – Per quanto riguarda la prevenzione, noi intendiamo fare delle campagne mirate proprio alle donne, soprattutto ancora prima che entrino in contatto con le sostanze, in modo da attrezzare le persone di sesso femminile con delle assertività, delle scelte che possono fare per saper dire di no, per saper resistere a vere e proprie aggressioni sessuali, perché determinate sostanze indeboliscono la volontà delle persone: stiamo parlando della cosiddetta “droga dello stupro”. Per quanto riguarda l’assistenza, dovremo sicuramente riorientare i servizi, soprattutto perché molte donne tossicodipendenti sono anche mamme e quindi si pone il problema della tutela dei bambini.

    Un progetto tutto italiano, che propone formule e azioni differenziate in base al target, che avrà il compito di elaborare linee guida da adottare poi a livello europeo. Sentiamo Elisabetta Simeoni, responsabile del progetto Dad.Net:

    R. – E’ un progetto fatto da donne per le donne, per poter sviluppare servizi specifici e un’assistenza specifica per le donne, non solo per quelle che hanno già il problema della tossicodipendenza, ma anche per le ragazzine particolarmente vulnerabili. Il nostro obiettivo è proprio dare linee di indirizzo operative per gli educatori, per gli insegnanti e per gli operatori sanitari, per tentare di arginare questo fenomeno. (ma)

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    Chiesa e Società



    Pakistan: appello ad una riforma della Polizia per sventare complicità con l'estremismo

    ◊   In quello che viene definito “un giorno buio per la storia della nazione”, la società civile del Pakistan solleva la scottante questione della complicità di parte degli apparati statali con le forze estremiste e i gruppi talebani, che avrebbe reso possibile pianificare con facilità l’omicidio del Ministro Shahbaz Bhatti. In una nota inviata all’Agenzia Fides, l’Asia Human Rights Commission (Ahrc), denuncia “il nesso allarmante fra i gruppi talebani, i gruppi estremisti religiosi, la polizia e le agenzia di sicurezza”. Tale nesso fa sì che “nessuna investigazione imparziale vedrà la luce”. Una riforma della Polizia è stata fermata ai tempi della dittatura militare, ma “neanche i governi civili l’hanno ripresa: questo accade perché il Governo di Islamabad non ha controllo sull’Esercito e sulle agenzie di sicurezza. Tale mancanza di controllo ha permesso ai militanti religiosi di infiltrarsi al loro interno”. La Ahrc invita il Governo a fermare chi predica l’omicidio degli oppositori alla legge sulla blasfemia, chiede una immediata indagine sull’omicidio Bhatti, tramite una Commissione indipendente, e domanda l’istituzione di una Commissione di alto livello per revisionare gli apparati delle forze di scurezza e depurarli da tutti gli elementi estremisti. La “Masihi Foundation”, che si occupa dell’assistenza legale di Asia Bibi, esprime a Fides forti preoccupazioni: “La situazione è fuori controllo. Forze estremiste si annidano nella burocrazia. Leader radicali ricercati arringano le folle indisturbati e i terroristi uccidono con facilità. Chi parla contro la legge sulla blasfemia diventa un obiettivo legittimo. Occorre uno sforzo di tutte le forze liberali e della comunità internazionale. A chi parla di ‘indebita interferenza’, ricordiamo che oggi sono gli estremisti a interferire con i diritti e con la fede di migliaia di cittadini pakistani”. La “Commissione per i diritti umani del Pakistan” (Hrcp) ricorda che tre giorni fa è stato ucciso anche Naeem Sabir, coordinatore regionale della Ong nel distretto di Khuzdarm, denunciando a Fides che “i gruppi radicali intendono annullare i diritti dei cittadini non musulmani”, e chiedendo al governo di porre fine alla lunga scia di delitti impuniti di chi difende i perseguitati e i vulnerabili. Le Ong rimarcano che non si lasceranno intimidire: “Human Rights Focus of Pakistan” (Hrfp) annuncia “sette giorni di lutto”, affermando che “questo evento luttuoso ci darà la forza per una campagna più intensa contro la legge sulla blasfemia”, mentre Nazir Bhatti, leader del “Pakistan Christian Congress”, che definisce il ministro “un martire”, conferma che “la memoria di Bhatti sarà un punto di partenza per rilanciare la campagna per l’abolizione della legge”. (R.G.)

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    Ecuador: i vescovi plaudono alla legge sull’educazione ma non alle norme sull’istruzione religiosa

    ◊   Con una nota della segretaria generale dell’Episcopato dell’Ecuador i vescovi della nazione sudamericana salutano come positiva la recente legge sull’educazione interculturale. In particolare i presuli dichiarano la soddisfazione dei cattolici ecuadoriani perché la legge mantiene il finanziamento all’educazione cattolica e privata in generale, senza la pretesa di dare a quella statale il monopolio esclusivo. “Ciononostante, afferma l’Episcopato, la piena libertà di educazione continuerà ad essere nell’Ecuador una prerogativa dalla quale resta esclusa gran parte della cittadinanza”. I vescovi spiegano poi che una maggioranza parlamentare momentanea “ha ristretto il diritto costituzionale”, che garantisce ai genitori la facoltà di scegliere per i propri figli” l’educazione che desiderano. Tale diritto nella pratica viene negato a coloro che per motivi economici scelgono l’educazione statale poiché, in questo caso, per potere avere accesso all’insegnamento religioso e morale i genitori lo devono chiedere espressamente. Per i presuli questo tipo d’insegnamento, così concepito dal punto amministrativo, svincolato dai genitori e ridotto ad una semplice materia curriculare, finisce per snaturare la profonda importanza della religione, e non solo cattolica, quale fattore di crescita della personalità e del cittadino. Nel ricordare la libertà d’insegnamento quale tesoro del patrimonio cultuale del Paese, i presuli ribadiscono l’importanza dello stato di diritto poiché, in queste caso, ciò che ha deciso il Parlamento viola la Costituzione. In queste circostanze, i parlamentari, con il pretesto di “cautelare l’educazione laica” hanno violato i diritti costituzionali di molti cittadini, che oggi si mobilitano in difesa del diritto genitoriale a decidere sull’educazione morale e religiosa autentica dei propri figli. Dall’altra parte, in una seconda nota, l’episcopato dell’Ecuador dichiara il proprio allarme e preoccupazione di fronte agli annunci fatti dal Governo in materia di pianificazione familiare. I presuli definiscono le campagne sul controllo delle nascite e sulla pianificazione della famiglia come “azioni aggressive” e dunque ribadiscono alcuni punti fermi della dottrina cattolica in questa materia. In primo luogo sottolineano la questione centrale: la difesa e promozione della vita umana dal concepimento al suo termine naturale. Inoltre i vescovi dichiarano la loro contrarietà totale a qualsiasi controllo delle nascite che faccia ricorso a metodi meccanici, chimici o farmacologici, ribadendo il senso profondo e ultimo della procreazione e della donazione reciproca dei coniugi uniti in matrimonio. Dopo alcune considerazioni sull’educazione sessuale tra i giovani, i vescovi ricordano che spesso dietro i cosiddetti metodi contraccettivi si nasconde un semplice affare che certamente non ha nessun preoccupazione sincera per la persona umana e per la sua dignità, in particolare della donna quando si tratta di propagandare l’aborto. Il modo migliore e autentico di affrontare queste delicate questioni sono “politiche pubbliche ed educative che mettano al centro l’educazione integrale dei giovani” così come l’esigenza della solidarietà della società tutta di fronte alla vita nascente, “alle donne incinta” e al dono della vita. (A cura di Luis Badilla)

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    Il cardinale Sarah in Burundi: soddisfazione per la buona collaborazione tra Chiesa e Stato

    ◊   “Lo scopo di questa visita è di esprimere il mio rispetto e tutta la mia vicinanza per quello che si fa qui per la ricostruzione del Paese. Sono venuto anche per portare il saluto, la benedizione e la preghiera del Santo Padre” ha detto alla stampa locale il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, nel corso della sua visita in Burundi. Secondo le informazioni inviate all’Agenzia Fides dalla nunziatura apostolica, il cardinale ha incontrato ieri il presidente del Senato, Gabriel Ntisezerana, che ha ringraziato la Chiesa cattolica per il contributo offerto alla ricostruzione del Paese dal punto di vista spirituale, morale e dello sviluppo. Il presidente di “Cor Unum” è stato successivamente ricevuto dal presidente dell’Assemblea Nazionale, Ntavyohanyuma, che a sua volta ha espresso apprezzamento per l’opera della Chiesa nel campo della sanità, dell’istruzione e della riconciliazione nazionale. Il presidente dell’Assemblea nazionale ha auspicato che la Chiesa continui a sostenere il Burundi nella ricerca della verità e della riconciliazione, oltre che nella sua ricostruzione spirituale e materiale. Il cardinale Sarah ha dichiarato di essere soddisfatto di apprendere dal presidente Ntavyohanyuma del clima di collaborazione che si è instaurato tra la Chiesa e lo Stato, ed ha aggiunto: “sono felice di sapere che la Chiesa cattolica ha sempre accompagnato il popolo burundese nelle sue prove”.

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    Conclusi a Maynooth i lavori dell’assemblea primaverile dei vescovi irlandesi

    ◊   Si sono conclusi ieri a Maynooth i lavori della plenaria primaverile della Conferenza episcopale irlandese. Cinque i principali temi trattati dai presuli: la prossima Quaresima e i preparativi per la Pasqua e per la Festa nazionale di San Patrizio il 17 marzo; il Congresso Eucaristico internazionale di Dublino nel 2012; la partecipazione della Chiesa irlandese alla beatificazione di Giovanni Paolo II il 1° maggio; l’introduzione in Irlanda del nuovo Messale Romano e l’attuale crisi in Nord-Africa. Riguardo al primo punto, i vescovi hanno richiamato il senso profondo della Quaresima come tempo di penitenza e rinnovamento in vista della celebrazione della Pasqua e quindi l’importanza del Sacramento della Riconciliazione per prepararsi a celebrare la festa della resurrezione del Signore. Citando le parole del Santo Padre Benedetto XVI nel Messaggio per la Quaresima 2011 sulla pratica dell’elemosina, essi invitano inoltre i fedeli irlandesi a partecipare generosamente all’annuale campagna quaresimale a favore dei poveri e dei bisognosi promossa dall’agenzia caritativa dell’Episcopato Trocaire. Riguardo al Congresso Eucaristico internazionale del 2012, che sarà presentato il prossimo 7 marzo a Dublino dal cardinale Primate d’Irlanda Sean Brady e dall’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin, i presuli hanno evidenziato come l’evento sarà una tappa importante di quel processo di penitenza e rinnovamento della Chiesa in Irlanda auspicata dal Santo Padre nella lettera ai cattolici irlandesi, per la quale essi hanno ribadito la loro profonda gratitudine. L’assemblea ha inoltre discusso alcuni aspetti organizzativi della beatificazione di Giovanni Paolo II. La Chiesa irlandese sarà rappresentata da una delegazione guidata dal cardinale Brady. Durante i lavori si è parlato anche dell’attuale situazione internazionale: in particolare della crisi in Nord-Africa, del referendum per l’indipendenza del Sud Sudan e del recente terremoto in Nuova Zelanda. I vescovi hanno condannato fermamente le violenze in Libia e rivolto un appello a tutte le persone di buona volontà a trovare una soluzione pacifica al conflitto per alleviare le sofferenze dei popoli della regione. Essi hanno inoltre espresso la loro solidarietà con i terremotati neozelandesi invitando i fedeli irlandesi a pregare per le vittime del sisma. Tra gli altri punti all’esame dell’assemblea c’è stato, infine, l’introduzione in Irlanda del nuovo Messale Romano del 2002. A breve la Conferenza episcopale pubblicherà una nota in merito. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Il nunzio Mennini ricevuto dalla Regina Elisabetta a Buckingam Palace

    ◊   Il nunzio apostolico a Londra, mons. Antonio Mennini, ha presentato ieri le Lettere Credenziali alla Regina Elisabetta. Nell’incontro a Buckingam Palace, informa una nota della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, la Regina ha detto a mons. Mennini che ricorda con piacere e gratitudine la visita di Benedetto XVI dello scorso settembre. Un evento, ha detto Elisabetta II, che può costituire un modello non solo per le relazioni tra Santa Sede e Regno Unito, ma anche per molti altri Paesi. Dal canto suo, il presule ha portato alla Regina i saluti del Pontefice assieme ai ringraziamenti per il calore con cui è stato ricevuto in terra britannica. Mons. Mennini, si legge ancora nella nota, ha sottolineato che la finalità della sua missione è di rafforzare le già buone relazioni tra Londra e il Vaticano e le fraterne relazioni con gli anglicani in vista di una comune testimonianza dei valori evangelici. (A.G.)

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    Allarme della Fao: record nel rialzo dei prezzi alimentari, mentre sale anche il costo del petrolio

    ◊   Prosegue senza sosta la corsa al rialzo dei prezzi alimentari. A lanciare l’allarme è la Fao. Il sito web dell’organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura documenta che a febbraio l’indice fondato sul paniere di materie prime - grano, riso, carne, prodotti caseari e zucchero - è schizzato a 236 punti da 231 di gennaio, registrando un aumento del 2,2 per cento. Un nuovo record storico. Si tratta dell'ottavo rialzo consecutivo ed il picco più alto mai registrato da quando la Fao nel 1990 ha iniziato il monitoraggio. “L’inaspettato aumento del prezzo del petrolio potrebbe esacerbare ulteriormente la situazione già molto precaria dei mercati alimentari'', dichiara David Hallam, direttore della Divisione FAO Commercio e Mercati. ''Questo aggiunge ulteriore incertezza sull'andamento dei prezzi, proprio quando sta per avere inizio la semina in alcune delle principali regioni produttrici''. Nel dettaglio, comunica la Fao, l'indice dei prezzi cerealicoli - che comprende i prezzi delle principali colture di base come grano, riso e mais - è aumentato del 3,7 per cento e quello dei prezzi latteo-caseari del 4 per cento, mentre quello dei prezzi di grassi ed oli è salito a 279 punti, appena al di sotto del picco registrato nel giugno 2008. E ancora l'Indice dei prezzi della carne ha registrato una media di 169 punti, in rialzo del 2 per cento. Solo l'Indice dei prezzi dello zucchero ha visto una media di 418 punti, appena al di sotto di gennaio ma del 16 per cento in più rispetto a febbraio 2010. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Clima: l’Onu chiede ai Governi di fare chiarezza sul futuro del Protocollo di Kyoto

    ◊   Fare ''chiarezza sul futuro del protocollo di Kyoto''. Questo l'invito rivolto ai Governi da Christiana Figueres, segretario esecutivo della Convenzione Onu per i cambiamenti climatici (Unfccc), nel corso della sua visita in Giappone, dove oggi è sono previsti una negoziati informali tra il Paese asiatico ed il Brasile. Figueres ha chiesto anche di ''trasformare rapidamente gli accordi raggiunti nell'ultimo vertice a Cancun in azioni concrete''. Quanto delineato a Cancun - ha sottolineato il segretario della Convenzione - costituisce il "più completo pacchetto mai deciso dai governi" per poter giungere ad "un accordo globale". Anche se "la somma delle promesse di riduzione delle emissioni arriva soltanto al 60 per cento di ciò che viene indicato dalla comunità scientifica". I governi - ha spiegato Figueres - devono "fare il grande passo quest'anno alla Conferenza di Durban". Gli Stati, ha concluso Figueres, dovrebbero trovare il modo di tagliare il "doppio delle emissioni", decidendo anche del destino del Protocollo di Kyoto, "l'unico strumento attuale che ha portato alla riduzione delle emissioni", e "garantire" i finanziamenti tecnologici ai Paesi in via di sviluppo. (R.G)

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    Forum dell’Onu in Senegal per la rafforzare la lotta all’Aids

    ◊   La società civile del continente africano si mobiliti e svolga un "ruolo sempre più attivo" nella prevenzione e contrasto dell'Aids. E' l'appello lanciato da Dakar, in Senegal, da Meskerem Grunitzky-Bekele, direttrice regionale per l'Africa occidentale e centrale di Unaids, l'organismo delle Nazioni Unite per la lotta al virus. In apertura di un Forum sull'Aids con al centro il tema dell'accesso universale alle terapie, la responsabile Onu ha sostenuto la necessità di un "nuovo tipo di lotta alla sindrome, più aderente alle realtà dei singoli Paesi". Pur rilevando "alcuni recenti progressi", l'alto dirigente di Unaids ha ammonito che "bisogna ancora agire sul fronte delle risorse finanziarie e sul rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali". (R.G.)

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    Fiaccolata ad Otranto vent’anni dopo i primi sbarchi dei profughi albanesi sulle coste italiane

    ◊   Il 3 marzo 1991 approdò nel porto di Otranto la prima nave con a bordo tanti disperati scappati dalle coste albanesi. La comunità locale, in tutte le sue componenti sociali, rispose all’emergenza con spontaneo e fattivo senso di solidarietà. Vent’anni dopo Otranto vuole ricordare quegli avvenimenti con una iniziativa promossa dalla Caritas, dal comune di Otranto, dall’associazione Agimi (che in albanese significa "l’alba") e dalla Misericordia, che vuole idealmente ritornare all’inizio del fenomeno migratorio che ha portato sulle coste italiane migliaia di uomini, donne e bambini. La città – riferisce la Fides - intende ricordarli con una fiaccolata che parte oggi dalla Piazza degli Eroi, presso il porto alle ore 16,30, con la partecipazione delle associazioni del territorio, delle forze armate e della polizia, di autorità civili e religiose. E’ prevista una sosta all’interno del cimitero per rendere omaggio alle tombe anonime dei naufraghi albanesi. A guidare un breve momento di riflessione e preghiera sarà l’arcivescovo di Otranto, mons. Donato Negro. La fiaccolata terminerà al centro di prima accoglienza “Don Tonino Bello” dove si terrà una tavola rotonda con autorità istituzionali italiane e albanesi. Dal dramma delle centinaia di migliaia di migranti disperati che rincorrevano il "sogno chiamato Italia" nacque, tra le altre, una iniziativa promossa da mons. Giuseppe Colavero, all’epoca direttore della Caritas ad Otranto, seguace dell’apostolo della pace e dei lebbrosi Raoul Follereau: la fondazione nel sud dell’Albania di due centri per oltre venti piccoli allievi non vedenti, ad alcuni dei quali viene offerto anche alloggio. Il progetto si avvale di operatori albanesi formati in Italia grazie alla collaborazione dell’Unione Ciechi e del Movimento Apostolico Ciechi. Caratteristica principale dei due centri dediti all’alfabetizzazione in Braille è il pluralismo confessionale, in quanto nel sud del Paese la maggioranza della popolazione è costituita da musulmani e ortodossi.

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    Per la Pentecoste 2011, la Chiesa di Pistoia invita gli artisti a creare un’opera d’arte

    ◊   La Diocesi di Pistoia invita gli artisti che operano sul suo territorio a concorrere ad un concorso a premi con un “un’opera del loro ingegno”. Tutto – spiega in una nota il vicario episcopale per la pastorale, don Cristiano D’Angelo – nasce in preparazione di un grande appuntamento che vedrà riunita l’intera Chiesa pistoiese, la sera dell’11 giugno 2011: vigilia della Pentecoste. Il complesso delle realtà ecclesiali (parrocchie, movimenti, comunità religiose, associazioni ecclesiali, gruppi, operatori pastorali, organismi di volontariato) “rivivendo la memoria liturgica della Pentecoste – scrive in don D’Angelo – potranno fare esperienza di ciò che significano per loro il dono della fede e la presenza della Chiesa”. Ed è proprio in vista di questo “incontro ecclesiale” che la Diocesi chiede una mano agli artisti. Essi, “grazie alla loro specifica sensibilità e ai loro talenti, potranno, come sempre è accaduto nel corso dei secoli, interpretare e quindi aiutare a rendere più efficace il messaggio dell’intero evento”. La fonte di ispirazione indicata dal committente, cioè dalla Diocesi, è un brano tratto dal Vangelo di Matteo (capitolo 12, versetti da 22 a 33, da cui prende il titolo anche l’evento diocesano dell’11 giugno: “camminare sulle acque verso la riva dove il Signore ci manda e ci precede”. Un brano molto famoso: quello di Cristo che va incontro ai discepoli, impauriti, camminando sulle acque del mare di Galilea. Le opere pittoriche grafiche o scultoree, espresse con qualunque tecnica, dovranno essere presentare entro il 21 maggio prossimo. In palio duemila euro (mille per il primo classificato, seicento per il secondo, quattrocento per il terzo). Le opere saranno esposte a Pistoia e quelle vincitrici diventeranno proprietà della diocesi. Per ogni altra informazione consultare il sito diocesano. (R.G.)

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    Incontro a Bruxelles, organizzato dal Consiglio d’Europa, su giornalismo etico e diritti umani

    ◊   Giornalismo etico, tutela dei diritti umani e nuove ‘regole’ per rafforzare la democrazia in Europa. Sono le questioni poste dalla Federazione europea dei giornalisti (Efj) per voce del segretario generale Aidan White durante una conferenza organizzata martedì scorso a Bruxelles nella sede del Parlamento europeo da Thomas Hammarberg, Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa. White ha fatto riferimento alla crisi economica e strutturale che investe i mezzi di comunicazione e che rischia di travolgere il giornalismo in Europa. ''E' il momento - ha detto - di mettere a punto un nuovo modo di raccontare, che ponga al centro delle strategie per affrontare la rivoluzione dell'informazione i valori morali nei media e il giornalismo etico. I governi devono tenere le mani fuori dai media e rispettare i diritti umani, mentre i giornalisti devono affrontare la sfida di mettere in ordine la propria casa''. White ha fatto un discorso di ampio respiro parlando anche della minaccia contro la libertà di stampa, degli attacchi alla riservatezza delle fonti dei giornalisti e della ''caccia'' agli stessi cronisti da parte dei governi, sia attraverso i Tribunali sia attraverso una ''sorveglianza occulta''. ''La debole tutela giuridica dei giornalisti - ha aggiunto ancora - soffoca il controllo legittimo del popolo ed a un effetto raggelante sul giornalismo indipendente''. White ha accolto con favore il sostegno della Corte europea dei diritti dell'uomo nel preservare l'anonimato delle fonti, ma ha avvertito la Corte di non interferire nei settori del giornalismo esprimendo un giudizio sulla scelta editoriale che fanno i giornalisti e il loro comportamento. Nel suo discorso Thomas Hammarberg ha esortato i Governi ad usare la legge per migliorare la protezione dei diritti umani invitandoli a non ostacolare i giornalisti. ''Trasparenza pubblica e accesso alle informazioni sono necessarie per il giornalismo indipendente'', ha detto plaudendo l'iniziativa per un giornalismo etico messa a punto dalla Federazione europea dei giornalisti (R.G.)

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    Simposio teologico sulla Verbum Domini alla Pontificia Università Salesiana di Roma

    ◊   “Una Parola viva ed efficace. Dalla Verbum Domini al verbum mundo”. Il tema del Simposio, aperto al pubblico, organizzato dalla Facoltà di Teologia dell’Università Pontificia Salesiana. L’incontro sarà ospitato questo pomeriggio nella Sala “Juan Vecchi”. Ad aprire i lavori alle 15.30, dopo il saluto del rettore, prof. Carlo Nanni, sarà il prof. Manlio Sodi che illustrerà le prospettive del Simposio. Seguirà la relazione di mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi su “Verbum Domini: iter sinodale e vita della Chiesa”. L’incontro proseguirà con tre riflessioni affidate a don Mauro Mantovani, vicerettore dell’Ateneo e decano della Facoltà di filosofia su “Un Dio che parla nell’odierno orizzonte culturale”; a padre Damasio Medeiros su “Il culto, luogo privilegiato della Parola: tra animazione liturgica e inculturazione”; e a don Paolo Carlotti su “Una Parola che illumina le problematiche odierne, per un impegno del fedele nel mondo”. In chiusura sarà presentata la miscellanea pubblicata in onore del biblista don Cesare Bissoli, intitolata “Viva ed efficace è la parola di Dio. Linee per l’animazione biblica della pastorale”. Il confronto sarà animato dal curatore del volume, don Corrado Pastore, e vedrà l’intervento dello stesso Bissoli. (R.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Celebrati a Roma i funerali dell’alpino morto in Afghanistan

    ◊   Sono stati celebrati questa mattina alle 11.30 nella Basilica di Santa Maria degli Angeli di Roma i funerali solenni di Massimo Renzani, l’alpino ucciso lunedì scorso nell’esplosione che ha coinvolto il mezzo blindato sul quale viaggiava nei pressi di Shindand, in Afghanistan. Prima della chiusura della camera ardente e della traslazione della salma in chiesa, dove l’attendevano le più alte cariche dello Stato, molti parlamentari di entrambi gli schieramenti e le autorità della città di Roma, i familiari del capitano hanno chiesto di essere lasciati soli con lui per qualche minuto. Un soldato “dallo sguardo sorridente e dal gesto coraggioso”, così ha descritto la vittima l’ordinario militare, mons. Vincenzo Pelvi, uno dei “nostri giovani che hanno scelto di investire nel povero la propria storia”, che “sapeva bene che la pace esige il lavoro più eroico e il sacrificio più difficile”. Il presule ha poi ricordato nell’omelia che le missioni umanitarie “ci aiutano a capire che siamo una famiglia umana, nella circolarità del dono”.

    Afghanistan - attentato
    È di sei feriti, tra i quali poliziotti e militari stranieri, il bilancio dell’attentato di questa mattina contro un convoglio delle forze straniere a Kandahar City, nell’omonima provincia meridionale dell’Afghanistan.

    Italia – sbarchi a Lampedusa e missione in Tunisia
    Prosegue senza sosta l'ondata di sbarchi a Lampedusa dove in nottata sono approdati altri tre barconi, con a bordo complessivamente 164 migranti. Nelle ultime 24 ore, sono dieci gli sbarchi registrati: solo ieri sono arrivati quasi 500 immigrati di nazionalità tunisina, tutti trasferiti nel Centro di prima accoglienza di Lampedusa. Intanto, il Consiglio dei ministri ha approvato l’invio di una missione umanitaria in Tunisia: l’Italia fornirà i materiali necessari, ma non gestirà direttamente il campo profughi che resterà in mano agli organismi internazionali e alla polizia locale.

    Egitto
    Il Consiglio supremo delle forze armate egiziane ha accettato le dimissioni del premier Ahmad Shafiq e ha incaricato l’ex ministro dei Trasporti Essam Sharaf di formare un nuovo governo. I Fratelli musulmani, principale gruppo d’opposizione, ha accolto con fiducia la nuova nomina.

    Yemen
    Mentre nel Paese proseguono le proteste antigovernative, i gruppi dell’opposizione hanno presentato al presidente, Ali Abdullah Saleh, un piano strategico che prevede un pacifico trasferimento dei poteri entro la fine dell’anno. Saleh, al potere da 32 anni, finora ha rimandato la costituzione di un governo di unità nazionale promesso nei giorni scorsi dopo il rifiuto delle opposizioni di prendervi parte. Ha assicurato che non si ricandiderà alle elezioni del 2013.

    Iran
    Le due navi iraniane dirette in Siria, che nei giorni scorsi avevano scatenato l’allarme internazionale per il loro ingresso nel Mediterraneo, sono entrate questa mattina all’alba nel Canale di Suez dirette nel Mar Rosso, dove dovrebbero arrivare in giornata. A comunicarlo è l’Autorità del Canale.

    Iraq
    È finora di 8 morti e 13 feriti il bilancio di un attentato suicida avvenuto oggi all’interno di una banca di Haditha, cittadina a nordovest di Baghdad. Il kamikaze si sarebbe fatto esplodere mentre la banca era piena di gente in attesa. Alcune delle vittime sarebbero militari.

    Israele
    “Giornata della collera” oggi in Israele per protestare contro la demolizione di insediamenti ebraici illegali in Cisgiordania. La manifestazione è stata promossa da un gruppo di giovani coloni israeliani, legati alle correnti più radicali della destra nazionalista e religiosa, che hanno tentato di bloccare l’autostrada che collega Gerusalemme con la costa. Inoltre, all’ingresso della città, i manifestanti hanno dato fuoco a vecchi pneumatici. La polizia ha posto in stato di allerta le unità antisommossa soprattutto in Cisgiordania e si prepara a impedire scontri tra coloni e arabi. Già lo scorso lunedì la distruzione di strutture costruite abusivamente a Havat Ghilad, era degenerata in scontri tra poliziotti e soldati da una parte e coloni dall’altra.

    Pakistan
    Sei agenti della polizia locale sono rimasti uccisi a colpi d’arma da fuoco oggi in un agguato di un gruppo di uomini armati nel distretto tribale di Khyber, nell’area nordoccidentale del Paese, al confine con l’Afghanistan, dove sono attivi i ribelli talebani. In un attacco kamikaze ad Hangu, nel nordovest, invece, sono rimaste uccise almeno 9 persone e 31 sono state ferite. L’attentatore, secondo quanto appreso, si è fatto esplodere quando la polizia lo ha fermato per un controllo.

    Al via in Cina la riunione annuale del Comitato nazionale della conferenza politica
    É cominciata oggi a Pechino la breve stagione parlamentare cinese. Con un discorso del suo presidente Jia Qinling si è aperto infatti nel pomeriggio il comitato nazionale della conferenza politica e consultiva del popolo cinese. Il servizio di Stefano Vecchia:

    Un evento annuale che raccoglie tutti i movimenti politici, le corporazioni, le minoranze etniche approvate per legge. Il suo ruolo è di consulenza politica, di supervisione delle istituzioni e di partecipazione all’amministrazione degli affari dello Stato. Infatti, quello della conferenza è un luogo di puro consenso rispetto alle iniziative del Partito comunista nate attraverso il suo comitato permanente. Negli ultimi anni gli oltre 2000 delegati hanno portato nella capitale almeno l’eco delle istanze della Cina profonda, inclusa l’insoddisfazione verso l’inefficienza e la corruzione che frenano lo sviluppo di diverse regioni. Sabato poi i lavori proseguiranno per una settimana paralleli a quelli dell’Assemblea nazionale del popolo. Eccezionali misure di sicurezza hanno praticamente isolato la grande sala del popolo affacciata su piazza Tiananmen. A preoccupare Pechino in questo in questo periodo sono soprattutto gli echi delle rivolte popolari in Nordafrica e in Medio Oriente. Le truppe di sicurezza hanno usato la mano pesante nelle ultime due settimane. Gli attacchi preventivi hanno portato al fermo di un gran numero di sospetti agitatori e di dissidenti già noti mentre il controllo di internet è stato, se è possibile, ancora più capillare del solito. Ancora oggi i mass media sono stati avvisati dalle autorità di non abusare del loro ruolo e gli stranieri in particolare sono stati indicati come responsabili di mettere in cattiva luce il Paese esagerando le dimensioni della repressione.

    India
    Un autobus con a bordo decine di persone che tornavano dai festeggiamenti di un matrimonio è caduto nella tarda serata di ieri in una scarpata causando la morte di 32 passeggeri. L’incidente è avvenuto nello Stato settentrionale indiano di Himachal Pradesh. Secondo la polizia il veicolo, per le cattive condizioni meteorologiche, sarebbe precipitato per circa 300 metri.

    Italia - Federalismo
    Con 314 voti a favore, 291 contrari e due astensioni, la Camera ha confermato la fiducia al governo, approvando la risoluzione di maggioranza relativa al testo sul federalismo fiscale municipale. Soddisfazione nella file della Lega: “Un altro giro di mattoni, ora siamo quasi al tetto”, è stato il commento del leader del Carroccio, Umberto Bossi, che però avverte: “Ora viene la parte più difficile, quella del federalismo regionale e provinciale”. Contrari, invece, Fli, Udc e Pd che definiscono la riforma “un pasticcio”. In mattinata, infine, il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo sul fisco municipale.

    Germania – sparatoria aeroporto Francoforte
    Ha confessato il giovane 21enne, di origine kosovara, accusato dalla polizia tedesca di essere l’autore della sparatoria avvenuta ieri all'aeroporto di Francoforte, in cui due persone dell'Aviazione militare Usa, un militare e un’autista, sono rimaste uccise e altre due sono state gravemente ferite. Secondo il procuratore generale tedesco, l'uomo ha agito per “motivazioni collegate alla sua fede islamica”. Il presidente americano, Barack Obama si è detto profondamente rattristato per questo attacco. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha inviato le sue “condoglianze sincere alle famiglie delle vittime”, assicurando che il governo farà di tutto per chiarire i motivi dell’aggressione.

    Usa
    Per la 14.ma volta è stata negata la libertà vigilata a Sihran Sihran, il 66.enne in carcere per assassinio di Robert Kennedy, ucciso il 4 giugno 1968 a Los Angeles. L’uomo era stato inizialmente condannato a morte, commutata in ergastolo dopo l’abolizione della pena capitale nello Stato della California. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Barbi e Mariapia Iacapraro)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 62

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.