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Sommario del 02/03/2011
Il Papa all'udienza generale: la libertà non si raggiunge con la violenza ma con l'amore
◊ L’ideale di libertà cui aspirano gli uomini si realizza con pienezza solo in Dio e non attraverso la violenza e l’inquietudine, con le quali spesso lo si cerca anche oggi. Lo ha affermato Benedetto XVI al termine della catechesi dell’udienza generale, tenuta questa mattina in Aula Paolo VI e dedicata a San Francesco di Sales. Il Papa ha parlato della grande amabilità e profondità d’animo del Santo, che insegnò che la santità è un percorso aperto a tutti, al di là del loro stato sociale. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La santità a portata di tutti, non solo degli asceti o dei conventi. Un concetto ormai acquisito e familiare per la sensibilità cristiana contemporanea. Un pensiero travolgente quattrocento anni fa, quando, con la grazia e la profondità che gli erano proprie, lo formulò Francesco di Sales. Eloquente – in un’epoca in cui si discettava su cosa bisognasse aspettarsi da Dio – la consapevolezza cui approdò, pregando e interrogandosi, il ventenne Francesco: la libertà sta nell’amare Dio “senza chiedere nulla in cambio”. Evidente l’ammirazione con la quale Benedetto XVI ha ritratto un uomo che la Chiesa venera come Santo e dottore, tra i più grandi, vissuto tra il Cinque e il Seicento:
“L’influsso della sua vita e del suo insegnamento sull’Europa dell’epoca e dei secoli successivi appare immenso. E’ apostolo, predicatore, scrittore, uomo d’azione e di preghiera; impegnato a realizzare gli ideali del Concilio di Trento; coinvolto nella controversia e nel dialogo con i protestanti, sperimentando sempre più, al di là del necessario confronto teologico, l’efficacia della relazione personale e della carità; incaricato di missioni diplomatiche a livello europeo, e di compiti sociali di mediazione e di riconciliazione”.
“Dio è il Dio del cuore umano”, spiegava con semplicità solo apparente Francesco di Sales. Il quale di umanità, ha riconosciuto il Papa, era ben ricco, con le sue doti di cultura, cortesia, nobiltà, solidarietà. Ma di lui arricchiva quel senso umano dell’esperienza cristiana, una sapienza che riversava nei suoi contatti con la gente e nelle sue opere scritte, rimaste celebri. In una di esse, l’“Introduzione alla vita devota”, il Santo francese – ha ricordato Benedetto XVI – formula un invito “rivoluzionario”, quello “a essere completamente di Dio, vivendo in pienezza la presenza nel mondo e i compiti del proprio stato”:
“Nasceva così quell’appello ai laici, quella cura per la consacrazione delle cose temporali e per la santificazione del quotidiano su cui insisteranno il Concilio Vaticano II e la spiritualità del nostro tempo. Si manifestava l’ideale di un’umanità riconciliata, nella sintonia fra azione nel mondo e preghiera, fra condizione secolare e ricerca di perfezione, con l’aiuto della Grazia di Dio che permea l’umano e, senza distruggerlo, lo purifica, innalzandolo alle altezze divine”.
Francesco di Sales, ha proseguito il Pontefice, arriva a descrivere la ragione umana come “un tempio articolato in più spazi”, al centro del quale vi è il “fondo dell’anima”, il punto in cui la ragione – disse un giorno – “chiude gli occhi” e la conoscenza diventa un “tutt’uno con l’amore”:
“Che l’amore, nella sua dimensione teologale, divina, sia la ragion d’essere di tutte le cose, in una scala ascendente che non sembra conoscere fratture e abissi, san Francesco di Sales lo ha riassunto in una celebre frase: “L’uomo è la perfezione dell’universo; lo spirito è la perfezione dell’uomo; l’amore è quella dello spirito, e la carità quella dell’amore”.
Scriverà un giorno, a Santa Francesca di Chantal, la “regola” sulla quale, ha ricordato Benedetto XVI, si formeranno Santi successivi come Giovanni Bosco o Teresa di Lisieux:
“Fare tutto per amore, niente per forza - amar più l’obbedienza che temere la disobbedienza. Vi lascio lo spirito di libertà, non già quello che esclude l’obbedienza, ché questa è la libertà del mondo; ma quello che esclude la violenza, l’ansia e lo scrupolo”.
Una regola, ha concluso il Papa, che sovverte e risponde a certe derive del mondo di oggi:
“In una stagione come la nostra che cerca la libertà, anche con violenza e inquietudine, non deve sfuggire l’attualità di questo grande maestro di spiritualità e di pace, che consegna ai suoi discepoli lo ‘spirito di libertà’, quella vera (...) San Francesco di Sales è un testimone esemplare dell’umanesimo cristiano; con il suo stile familiare, con parabole che hanno talora il colpo d’ala della poesia, ricorda che l’uomo porta iscritta nel profondo di sé la nostalgia di Dio e che solo in Lui trova la vera gioia e la sua realizzazione più piena”.
Tra i gruppi di fedeli citati al termine dell’udienza generale, Benedetto XVI ha rivolto saluti particolari alle Suore Figlie di San Camillo, che nel 2011 ricordano il centenario di morte della loro fondatrice, la Beata Giuseppina Vannini, e che il Pontefice ha esortato “a servire con rinnovata generosità il Vangelo della vita, seguendo Cristo Buon Samaritano”. Un saluto è stato indirizzato anche a un gruppo di allevatori sardi, presenti in aula Paolo VI assieme all’arcivescovo di Sassari, Paolo Atzei.
Libro del Papa "Gesù di Nazaret": anticipati alla stampa alcuni capitoli
◊ Cresce l’attesa in tutto il mondo per il prossimo arrivo nelle librerie della seconda parte del libro di Benedetto XVI dedicata a “Gesù di Nazaret”. Il volume, edito nella versione italiana dalla Libreria Editrice Vaticana, giunge a quattro anni dalla prima parte pubblicata nel 2007 dalla Rizzoli, riprendendo il racconto della vita di Gesù. L’opera sarà presentata giovedì 10 marzo nella Sala Stampa vaticana dal cardinale Marc Oullet e dal prof. Claudio Magris, ma già oggi sono state distribuite alla stampa alcune anticipazioni del libro. Il servizio di Roberta Gisotti:
Il racconto della vita di Gesù riprende laddove il teologo Joseph Ratzinger lo aveva interrotto nel primo volume: un percorso iniziato dal Battesimo nel Giordano fino alla Trasfigurazione sul Tabor per arrivare nel secondo libro alla Passione, alla morte e alla Resurrezione di Cristo. Prosegue il viaggio di Benedetto XVI sulle orme di Gesù per ricoprirne ancora una volta l’umanità e la divinità e comprenderne la Verità. 380 le pagine del libro nella versione italiana, nove i capitoli, oltre una premessa, un epilogo sulle prospettive e una ricca bibliografia.
Dall’ingresso in Gerusalemme alla fine del Tempio, alla profezia e l’apocalisse nel discorso escatologico di Gesù, si arriva al terzo capitolo dedicato alla lavanda dei piedi, dove troviamo anche “Il mistero del traditore”. “Gesù in quell’ora - scrive il Papa – si è caricato del tradimento di tutti i tempi, della sofferenza che viene in ogni tempo dall’essere traditi, sopportando così fino in fondo le miserie della storia”. Mentre “chi rompe l’amicizia con Gesù, chi si scrolla di dosso il suo ‘dolce giogo’, non giunge alla libertà, non diventa libero, ma diventa schiavo di altre potenze”; così Giuda che pure compie un primo passo verso la conversione : ‘ho peccato’ dice ai suoi commilitoni, cerca di salvare Gesù e ridà il denaro, dopo il tradimento “non riesce più a credere ad un perdono. Il suo pentimento diventa disperazione”. Ma un pentimento – spiega il teologo – che non riesce più a sperare, ma vede solo il proprio buio, è distruttivo e non è un vero pentimento”, che porta in sé “la certezza della speranza – una certezza che nasce dalla fede nella potenza maggiore della Luce fattasi carne in Gesù”. Nel quarto capitolo il Papa parla della Preghiera sacerdotale di Gesù per poi soffermarsi sull’Ultima Cena ed approfondire il tema controverso della datazione nei Vangeli sinottici e nel Vangelo di Giovanni. “Una cosa è evidente – osserva il Papa - nell’intera tradizione: l’essenziale di questa cena di congedo non è stata l’antica Pasqua, ma la novità che Gesù ha realizzato in questo contesto: anche se questo convito di Gesù con i Dodici non è stata una cena pasquale secondo le prescrizioni rituali del giudaismo, in retrospettiva si è resa evidente la connessione interiore con la morte e resurrezione di Gesù: era la Pasqua di Gesù”.
Il libro prosegue con i capitoli del “Getsemani” e de “Il processo a Gesù”, che si chiude con “Gesù davanti a Pilato” che alla domanda: ‘Dunque tu sei re?’, risponde ‘Tu lo dici: io sono re’. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza di verità”. Ma che cos’è la verità?, s’interroga il teologo Ratzinger. “Pilato ha accantonato questa domanda come irrisolvibile e, per il suo compito impraticabile”. “Anche oggi – rileva il Papa -nella disputa politica come nella discussione circa la formazione del diritto, per lo più si prova fastidio per essa. Ma senza la verità l’uomo non coglie il senso della vita, lascia, in fin dei conti, il campo ai più forti.” Alla fine vinse in Pilato “l’interpretazione pragmatica del diritto” la verità sacrificata alla forza pacificante del diritto. La pace per Pilato fu “più importante della giustizia” ma “che la pace, in ultima analisi, non può essere stabilita contro la verità, doveva manifestarsi più tardi” conclude il Papa. Si arriva quindi al racconto della Passione, alla Crocefissione e deposizione di Gesù nel sepolcro e al capitolo ultimo sulla Resurrezione dalla morte e sul suo significato storico, per concludere la narrazione sulle prospettive riassunte nelle parole “E’ salito al cielo, siede alla destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria”.
Benedetto XVI incontra il direttore del Pam: preoccupazione per l'emergenza profughi in Nord Africa
◊ Benedetto XVI ha ricevuto oggi in udienza privata Josette Sheeran, direttore esecutivo del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (Pam). Sheeran – riferisce un comunicato del Pam - ha aggiornato il Papa sulla sua missione, appena conclusasi, al confine tra la Libia e la Tunisia, dove ha potuto constatare direttamente la presenza di decine di migliaia di persone che stanno fuggendo dalle violenze in un contesto di emergente crisi umanitaria. Sheeran si era recata nell’area per lanciare una risposta di emergenza per fornire assistenza alimentare ai più vulnerabili e per aiutare i Paesi in transizione politica a rafforzare le proprie reti di protezione alimentare. “Sono stata commossa dall’interesse di Sua Santità per questo resoconto. Ha espresso la Sua preoccupazione per la gente innocente intrappolata in questa terribile tragedia”, ha detto Sheeran. “Mi è risultato subito chiaro, vedendo queste persone disperate che si riversavano oltre il confine – ad un ritmo di oltre 2.000 all’ora – che il mondo deve agire, e con rapidità, per prevenire un disastro umanitario ancora più grande. Sono stata onorata di incontrare nuovamente Sua Santità e portargli i nostri ringraziamenti per il prezioso sostegno che continua a dare al nostro lavoro di sfamare gli affamati nel mondo. In una fase economica di aumento dei prezzi alimentari e del petrolio e di cambiamenti politici che toccano milioni di persone che soffrono già la fame, l’aiuto della Chiesa cattolica e delle sue diverse istituzioni ecclesiastiche è ancora più vitale nel sostenere l’azione del Pam verso i più vulnerabili”.
Sono numerose le istituzioni ecclesiastiche e le organizzazioni non governative di ispirazione cattolica che collaborano stabilmente con l’agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza alimentare. Tra queste vi sono la Caritas Internationalis con le sue diverse agenzie nazionali, con cui il Pam ha stretto accordi di partenariato in 29 Paesi, la Comunità di Sant’Egidio con cui sono attivi programmi nei settori dell’assistenza alimentare e della salute, il Catholic Relief Services (CRS) e il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS). Lunedì, dalla base di Pronto Intervento Umanitario (UNHRD) di Brindisi, è decollato il primo volo umanitario del Pam per la Tunisia con biscotti ad alto contenuto energetico destinati a migliaia di persone in fuga dalle violenze in Libia. Il Pam ogni anno, in media, fornisce cibo ad oltre 90 milioni di persone in più di 70 Paesi.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ All’udienza generale Benedetto XVI presenta la figura di san Francesco di Sales.
In prima pagina, un articolo del presidente della Repubblica del Cile, Sebastián Piñera, dal titolo “Sviluppo economico e sviluppo integrale”.
Lo spirito di servizio vince il miraggio del potere: il discorso del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, alle nuove reclute della Guardia Svizzera.
In cultura, le anticipazioni del libro del Papa sulla Passione di Cristo: ampi stralci dal quarto capitolo “L'Ultima Cena”, dal terzo “La lavanda dei piedi” e dal settimo “Il processo a Gesù”.
Nel servizio internazionale, in rilievo la situazione in Libia: le forze di Gheddafi passano al contrattacco e si aggrava il dramma dei profughi, mentre la comunità internazionale discute di una no-fly zone sul Paese.
Nell’informazione religiosa, un articolo sull’omicidio del ministro federale delle Minoranze del Pakistan, Shahbaz Bhatti, assassinato da un gruppo di uomini durante un agguato compiuto a Islamabad.
Una Chiesa missionaria che punta sui laici: Nicola Gori intervista il vescovo di Tandag, Nereo P. Odchimar, in questi giorni a Roma alla guida del terzo gruppo di vescovi filippini in visita ad limina.
◊ La Chiesa e la comunità internazionale hanno appreso con dolore e sgomento la notizia dell’assassinio del ministro pakistano per le Minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti, ucciso da un commando di fondamentalisti a Islamabad. Il ministro ha sempre sostenuto la causa della libertà religiosa e difeso le aspirazioni dei cristiani e delle altre minoranze. Ha più volte denunciato gli abusi della legge sulla blasfemia, ha chiesto giustizia per Asia Bibi. Il suo impegno a tutela delle minoranze gli è costato la vita. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
42 anni, figlio di missionari cristiani e appartenente al Partito Popolare pachistano (Ppp), Shahbaz Bhatti era uno strenuo difensore della libertà religiosa, animato da una profonda fede. “Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni – diceva il ministro Bhatti – parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù”. Il ministro è stato assassinato a colpi d’arma da fuoco a Islamabad. Secondo fonti locali, uomini armati avrebbero aperto il fuoco contro la sua auto. Era l'unico cristiano nella nuova compagine governativa guidata dal premier Yusuf Said Raza Gilani. Lo scorso mese era stato riconfermato alla guida del Ministero delle Minoranze religiose e alla sua nomina si erano opposti i gruppi religiosi islamici che hanno anche emesso contro di lui una fatwa, una sentenza giuridica islamica. Era un uomo coraggioso al fianco delle minoranze e delle persone più vulnerabili. Ha più volte chiesto la riforma della legge sulla blasfemia, che in Pakistan prevede l’ergastolo in caso di dissacrazione del Corano e la pena di morte per offese a Maometto. Ha lanciato numerosi appelli chiedendo la liberazione di Asia Bibi, la donna cristiana madre di cinque figli condannata a morte per blasfemia e detenuta in carcere nella provincia del Punjab. Per questo suo costante impegno, era nel mirino dei fondamentalisti, che lo hanno più volte minacciato di morte. Dopo l'uccisione, lo scorso 4 gennaio, del governatore del Punjab Salman Taseer, che aveva chiesto la grazia per Asia Bibi e l'abolizione della legge sulla blasfemia, Bhatti aveva confidato di essere sulla “lista nera” dei gruppi estremisti. Ma a chi gli diceva che sarebbe stato opportuno lasciare il Paese, il ministro rispondeva che non poteva abbandonare il Pakistan. Era convinto di dover proseguire nella battaglia contro il fanatismo dei gruppi estremisti, sempre più influenti in Pakistan. E soprattutto era convinto che doveva continuare ad impegnarsi in favore delle minoranze e in particolare della comunità cristiana. La Chiesa pachistana ricorda oggi il ministro Batthi esprimendo il proprio profondo cordoglio e sottolineando che si tratta di un giorno “triste e amaro” non solo per i cristiani, ma per tutto il Paese. L’arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, mons. Lawrence Saldanha, definisce l’omicidio del ministro Bhatti un “tragico esempio dell'insostenibile clima di intolleranza che viviamo in Pakistan”. Il vescovo di Faisalabad, mons. Joseph Coutts, aggiunge che l’assassinio “è una grande tragedia non solo per i cristiani del Pakistan, ma per tutto il Paese”. “Il fanatismo – spiega il presule – colpisce in modo indiscriminato tutti coloro che sono impegnati nella difesa della verità, della giustizia e della pace”. Il vescovo di Islamabad-Rawalpindi, mons. Anthony Rufin, ricorda che il ministro era “un cattolico devoto e appassionato sin dalla più tenera età”. Al microfono di Chris Altieri, mons. Anthony Rufin aggiunge anche che il ministro Bhatti viveva “sotto costante minaccia”:
“I was …
Ero in visita ad un villaggio quando ho ricevuto la notizia della morte del ministro Bhatti: ho interrotto la mia visita e adesso sto rientrando ad Islamabad. Questa notizia ci addolora molto; rattrista tutto il Paese. Lui se lo aspettava quasi, perché era per la verità. Le minacce c’erano, ma lui era molto coraggioso. Era consapevole del fatto che dicendo la verità si sarebbe esposto al rischio; sapeva che prima o poi sarebbe potuto capitare anche a lui”.
Il 12 settembre dell’anno scorso Benedetto XVI aveva ricevuto a Castel Gandolfo il ministro Shahbaz Bhatti, durante una sua visita a Roma. Ascoltiamo alcune parole del ministro nell’intervista concessa a Stefano Leszczynski in quell'occasione:
“I believe that …
Credo che cambiare la mente e il cuore delle persone sia la cosa più importante e noi abbiamo lanciato una campagna interreligiosa proprio per conseguire questo obiettivo. Stiamo facendo tutto il possibile affinché le persone - che sono fuorviate dai terroristi - si votino invece all’armonia e alla pace”.
Sul luogo dell'attentato sono stati trovati volantini di estremisti pakistani del Punjab che rivendicano l’assassinio e ricordano la ferma posizione del ministro Bhatti contro la legge sulla blasfemia. Il 5 gennaio scorso la Radio Vaticana aveva trasmesso un’intervista a Bhatti subito dopo la morte del governatore del Punjab Salman Taseer, ucciso da un estremista per aver aderito al fronte per l’abolizione della legge sulla blasfemia. L’intervista è di Kelsea Brennan Wessels:
“I think that it is difficult...
Penso che sia difficile, ma il cattivo uso della legge sulla blasfemia spero che faccia sì che le persone possano rendersi conto che questo omicidio è avvenuto in seguito all’istigazione da parte di fanatici, che usano la legge sulla blasfemia per istigare il popolo alla violenza. Quindi, penso che questa legge debba essere rivisitata e riesaminata per impedirne il cattivo uso. Comunque, dall’altra parte, gli estremisti religiosi stanno dicendo chiaramente che non tollereranno nessuna rettifica in questa legge”.
“Il ministro Bhatti – ha detto il vescovo di Faisalabad - ha sempre parlato a voce alta per difendere la verità. Questo è il motivo per cui i fanatici hanno voluto ridurlo al silenzio”.
Padre Lombardi: cristiani pakistani colpiti dall’odio, libertà religiosa è urgenza drammatica
◊ “L’assassinio del ministro pakistano per le minoranze, Shabbaz Bhatti, è un nuovo fatto di violenza di terribile gravità. Esso dimostra quanto siano giusti gli interventi insistenti del Papa a proposito della violenza contro i cristiani e contro la libertà religiosa in generale”: è quanto ha affermato il direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi, rispondendo ad alcune domande dei giornalisti. “Bhatti – ha proseguito il portavoce vaticano - era il primo cattolico a ricoprire un tale incarico. Ricordiamo che era stato ricevuto dal Santo Padre nello scorso settembre e aveva dato testimonianza del suo impegno per la pacifica convivenza fra le comunità religiose del suo Paese. Alla preghiera per la vittima, alla condanna per l’inqualificabile atto di violenza, alla vicinanza ai cristiani pakistani così colpiti dall’odio - conclude padre Lombardi - si unisce l’appello perché tutti si rendano conto dell’urgenza drammatica della difesa della libertà religiosa e dei cristiani oggetto di violenza e persecuzione”.
Libia: scontri tra insorti e fedelissimi di Gheddafi. Migliaia i profughi
◊ Si continua a combattere in Libia: situazione incerta a Brega, dove governativi e ribelli rivendicano di aver ripreso il controllo della città. Intanto il leader libico Muammar Gheddafi è riapparso in pubblico con un discorso sulla tv di stato libica in cui accusa al Qaeda di aver guidato i primi scontri armati contro l’esercito regolare. Per gli ultimi aggiornamenti sentiamo Marco Guerra:
La situazione sul terreno vede la controffensiva dei fedelissimi di Gheddafi che assediano la città della cirenaica Brega. La propaganda del regime riferisce che le forze armate controllano l'aeroporto e il porto della città, contraddicendo la versione dei insorti, secondo i quali l'attacco sarebbe stato respinto. Giungono infatti notizie contrastanti sull'esito della battaglia in corso nell'importante terminal petrolifero della Libia. Questa mattina anche un portavoce del governo di Tripoli aveva espresso dubbi sul contrattacco. La giornata di oggi è stata però segnata dal nuovo intervento pubblico di Gheddafi, che ha parlato alla Tv di Stato in occasione del 34.mo anniversario “del passaggio dei poteri al popolo”, come viene definito dalla stessa emittente. “Combatteremo per la Libia all'ultimo uomo e donna" ha garantito l’anziano colonnello. Il futuro della Libia è "nelle mani del popolo libico", ha aggiunto, spiegando non avere alcun ruolo politico nel Paese. Il rais ha anche chiesto all'Onu di inviare una commissione di inchiesta per investigare sulle accuse di aver ucciso dimostranti pacifici. Gheddafi ha infine puntato il dito contro Al Qaeda, accusandola di aver innescato l’insurrezione. Il tentativo di scaricare le colpe sulla rete del terrore tradisce un isolamento internazionale sempre più profondo. Oggi la Spagna ha annunciato il congelamento dei beni che Gheddafi possiede nel Paese iberico. Il presidente della Commissione europea Manuel Barroso si unito al coro di chi chiede ufficialmente le dimissioni del leader libico. Intanto, mentre resta sospesa l’ipotesi di un intervento militare internazionale, due navi da guerra statunitensi, stanno attraversando il Canale di Suez e arriveranno nel Mediterraneo a metà pomeriggio, per dirigersi a largo della Libia.
Intanto cresce l’emergenza umanitaria al confine tra Libia ed Egitto e Libia e Tunisia. Per quest’ultima zona L’Unhcr, l'Alto commissariato Onu per i rifugiati, ha lanciato un allarme per una fila di persone lunga diversi chilometri e propone l’utilizzo di aerei per smaltire la folla. Alla frontiera libico-tunisina si trova Barbara Schiavulli raggiunta telefonicamente da Giancarlo La Vella:
R. - Ci sono migliaia di persone asserragliate al di là del confine, quindi ancora in parte libica che non vengono fatte entrare. Ci sono già 75 mila persone da questa parte che sono state alloggiate nei modi migliori possibili, quindi nelle scuole, nelle tende, molti ancora bivaccano sulle strade, dormono sopra le proprie valige. Però, dall’altra parte il problema si sta ingigantendo perché c’è veramente un fiume di persone che non ha accesso a niente. Stanno lì da giorni senza avere possibilità di mangiare, di ricevere assistenza medica perché non fanno passare, i poliziotti libici, neanche i medici delle varie organizzazioni che si sono precipitate qui. Ho sentito questa mattina Medici Senza Frontiere che cercava di far passare almeno le medicine per assistere i primi che arrivano, perché dopo giorni che stanno al confine, ovviamente hanno bisogno di tutto.
D. – Hai notizie di persone che stanno cercando invece di imbarcarsi alla volta delle coste italiane o europee?
R. – Due giorni fa è partita questa grande nave che è arrivata proprio a Lampedusa e qui i ragazzi - quello che raccontano nei caffè - vogliono soprattutto dire che hanno il diritto di andare a cercarsi un lavoro, vogliono venire in Europa perché vedono l’Europa come un paradiso. Quindi, ci sono molte persone che organizzano questi barconi di minimo 12 metri, barche che ci mettono dalle 17 alle 20 ore per arrivare in Italia. Tra l’altro, stanotte, ne è partita una che quindi arriverà stasera probabilmente. Ieri abbiamo incontrato, invece, una madre che ha perso il figlio in un incidente che c’è stato proprio su una di queste barche di disperati che è partito a metà febbraio scorso; la nave è stata speronata da un’ altra barca della polizia di frontiera tunisina, sono state salvate la maggior parte delle persone, ci sono cinque cadaveri recuperati e 20 dispersi, tra cui il figlio di questa signora, che si appellava al fatto che sperava che le Autorità italiane potessero trovare il cadavere. (ma)
Dunque cresce l’emergenza profughi legata alla crisi libica e la comunità internazionale si mobilita. Ieri sera l’Italia, in attesa delle prossime decisioni europee, ha deciso l’invio nel giro di 48 ore di una missione umanitaria. Intanto stamani a Lampedusa e a Linosa si segnala l’arrivo di alcune centinaia di immigrati. Sta seguendo da vicino la situazione anche la Caritas italiana. Sentiamo, al microfono di Luca Collodi, il responsabile dell’ufficio Immigrazione dell’organismo caritativo della Chiesa, Oliviero Forti:
R. – Si tratta di migliaia di persone, ormai si parla di oltre 100 mila persone che sono ammassate ai confini libici, quindi al confine tunisino e al confine egiziano, cercando di trovare salvezza da una situazione che chiaramente sta sempre più degenerando. Poi, peraltro, stanotte sono ripresi gli sbarchi verso Lampedusa e anche verso Linosa. C’è una situazione in quest’area veramente calda che dev’essere seguita con molta attenzione, soprattutto, per quanto ci riguarda, in termini di accoglienza e tutela di queste persone.
D. – Dalle vostre fonti Caritas in Libia la situazione qual è? Che idea vi siete fatti?
R. – In Libia abbiamo in particolare una situazione fortemente drammatica che riguarda la presenza, che sappiamo essere storica, di rifugiati dal Corno d’Africa, e mi riferisco agli eritrei, che attualmente in numero di qualche migliaia erano ospiti addirittura della cattedrale di Tripoli: il vescovo l’ha aperta per cercare di dare un minimo di risposte a chi cerca di fuggire da un contesto sociale assolutamente degradato e che vede nei migranti, soprattutto dell’Africa subsahariana, il primo bersaglio delle milizie non solo di Tripoli ma anche, purtroppo, in alcuni casi, dei rivoltosi. La nostra preoccupazione e il nostro invito è che si proceda subito a una evacuazione umanitaria di questi soggetti che sono tra i più vulnerabili. Sappiamo che il governo italiano si è fatto carico di un numero, però, molto limitato, una cinquantina di persone; ne rimangono migliaia ancora sprovviste di qualsiasi tutela, quindi un’azione internazionale in tal senso è auspicabile.
D. – Voi vi siete appellati anche alle diocesi italiane per questa emergenza…
R. - Chiaramente loro saranno chiamate in una seconda fase, quella successiva agli arrivi in Italia, affinché possano dare risposte in termini di alloggio, vitto e tutto ciò che è necessario per una corretta accoglienza e integrazione sul territorio. Per questo stiamo censendo le strutture presenti nelle varie diocesi italiane, 220 diocesi, per capire di quanti posti possiamo disporre e possiamo mettere a disposizione delle autorità con le quali siamo costantemente in contatto per un piano di emergenza che coinvolge chiaramente tutti e che ci deve vedere lavorare in piena sinergia. (bf)
Mons. Pennisi: mai contrapporre scuola statale e non statale
◊ Continua il dibattito in Italia dopo le dichiarazioni del presidente del Consiglio Berlusconi su scuola statale e non statale. Associazioni e gruppi studenteschi stanno promuovendo manifestazioni e sit-in a favore della scuola pubblica. Sulla questione è intervenuto anche il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale, ribadendo la sua fiducia nell’intero sistema scolastico italiano. Ascoltiamo in proposito il vescovo di Piazza Armerina, mons. Michele Pennisi, membro della Cei per l'educazione cattolica, la scuola e l'università, al microfono di Luca Collodi:
R. – Noi vescovi siamo interessati affinché ci sia una buona educazione, che non sia soltanto ridotta all’informazione, ma che educhi ai grandi valori. E questa educazione può essere data sia nella scuola statale come nella scuola paritaria. Dal punto di vista terminologico, io parlerei di scuola pubblica che può essere sia statale che paritaria, perché la scuola paritaria svolge una funzione pubblica di educazione.
D. – Mons. Pennisi, in sostanza, viste anche le ultime polemiche, bisogna superare una contrapposizione tra scuola pubblica e scuola non statale...
R. – Certamente, bisogna superarla. La scuola cattolica sta bene se la scuola statale sta bene. Screditare la scuola di Stato non è certo un favore fatto alla scuola cattolica, il cui servizio vuole essere un arricchimento dell’offerta formativa, in collaborazione e non in concorrenza con la scuola statale.
D. – C’è spazio oggi in Italia per far nascere una nuova passione educativa tra tutti i soggetti chiamati a questo importante compito?
R. – Lo spazio c’è, perché tutti sentiamo l’emergenza educativa: il Santo Padre lo ha denunciato più volte. E’ importante che tutti ci mettiamo insieme, in rete, in una alleanza educativa che ci permetta di superare queste emergenze. Non si tratta di mettersi in contrapposizione e in concorrenza, ma di collaborare tutti per il bene dei nostri giovani, che sono poi il bene e il futuro del nostro Paese, della società e della Chiesa.
D. – La situazione economica come sta condizionando la scuola?
R. – Diciamo che la situazione economica, purtroppo, sta condizionando negativamente la scuola e questo in generale: sia che si parli di scuola statale, sia che si parli di scuola non statale. Dobbiamo tener presente che spesso si tende a dire che ciò che viene dato alla scuola non statale, viene tolto alla scuola statale. Se noi guardiamo le cifre, ci accorgiamo che alla scuola statale vengono dati ogni anno 57 miliardi e 571 milioni, mentre alle scuole paritarie vengono dati 530 milioni: cioè le briciole. Quest’anno – per il 2011 – è previsto un ulteriore taglio di 253 milioni. Noi vogliamo che lo Stato investa di più, anche dal punto di vista economico, in tutta la scuola - sia nella scuola statale così come nella scuola paritaria – per garantire effettivamente una vera libertà di educazione. (mg)
Musei Vaticani: nuove visite didattiche per superare le barriere della disabilità
◊ Conoscere l’arte in maniera attiva e creativa, superando gli ostacoli della disabilità. Sono questi gli obiettivi delle nuove visite didattiche dei Musei Vaticani, presentate ieri a Roma. Particolarmente innovativa l’iniziativa che permetterà ai non vedenti di usufruire di alcune opere d’arte attraverso l’uso degli altri sensi e i laboratori didattici dedicati alle scolaresche. Michele Raviart ne ha parlato con Maria Serlupi Crescenzi, responsabile delle attività didattiche dei Musei Vaticani.
R. - La scuola è l’ambito privilegiato di formazione del cittadino. Come diceva Pierre Bourdieu, “un adulto non entrerà mai in un museo se non lo ha fatto almeno una volta da bambino”. Quindi, il primo step è stato ovviamente quello di rinforzare il rapporto con la scuola per creare progetti didattici che fossero realmente vicini ai programmi svolti in classe. Così, abbiamo aggiunto alla visita guidata cosiddetta “frontale”, che è un po’ superata, la possibilità di animare le visite con una serie di attività creative, manipolative, ludiche che appunto vanno a fermare meglio la memoria di questa visita. Non è più uno studente che ascolta un docente, ma c’è un’interazione continua durante la visita.
D. – Ci può fornire qualche esempio pratico?
R. – Per esempio nel Museo Gregoriano Profano si parte per descrivere la vita nella Domus romana, nelle insulae, le abitudini alimentari … Poi, si passa al meraviglioso mosaico con gli atleti dalle Terme di Caracalla per parlare di altri risvolti della vita degli antichi romani: le terme, il circo, lo sport ... Dopo una visita al Museo Gregoriano Egizio i ragazzi riescono ad acquisire una tale conoscenza di questa scrittura degli antichi egizi da essere in grado di scrivere il proprio nome in geroglifico su un papiro che gli viene dato e vengono diplomati scribi.
D. – La grande novità di quest’anno sono le visite per non vedenti che riguardano capolavori come l’Angelo di Melozzo da Forlì e la Deposizione di Caravaggio...
R. – Oltre ad un contatto, un’esplorazione tattile di quella che è una riproduzione - nel caso di Melozzo su una tavola termoformata, nel caso del Caravaggio è un altorilievo prospettico - sono sollecitati attraverso letture e musica, quindi hanno sollecitazioni uditive, olfattive: per esempio, nel caso della Deposizione loro possono respirare l’aloe e la mirra che veniva usata per l’imbalsamazione e la deposizione dei corpi… E’ una somma di sollecitazioni che permettono di entrare in contatto con l’opera, approfondendo sia la sfera cognitiva sia, ovviamente, la sfera emotiva. (ma)
Appello del vicario apostolico di Tripoli: far uscire dalla Libia i rifugiati eritrei
◊ “Aiutateci a far uscire dalla Libia i rifugiati eritrei. Sono solo persone che desiderano vivere in pace”. Così mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli rilancia attraverso l’agenzia Fides un nuovo appello per i circa duemila rifugiati eritrei che si trovano a Tripoli. Tra questi, 54 verranno accolti dall’Italia, “I 54 rifugiati eritrei che hanno i documenti in regola partiranno tra una settimana”, afferma il presule, “almeno così mi è stato garantito dalle autorità italiane. Questi 54 sono fortunati perché hanno i documenti che permettono loro di partire, ma tutti gli altri? Non so se l’Italia potrebbe fare un ulteriore sforzo accogliendo un altro centinaio di eritrei e poi magari distribuirli in Europa”. Il vicario apostolico aggiunge che “i circa duemila profughi eritrei presenti a Tripoli vivono nelle case di famiglie libiche, che li accettano nonostante le difficoltà. Come Chiesa cerchiamo di pagare gli affitti. Ma vi sono problemi sul fronte sanitario. In particolare vi sono mamme con bambini piccolissimi, che hanno bisogno di latte e di cure mediche. C’è una religiosa che si sta interessando di queste situazioni”. Mi auguro - ha detto mons. Martinelli - che la sensibilità dell’opinione pubblica si apra al problema di queste persone che non hanno nessun punto di appoggio, a parte la Chiesa. Spero che altri Paesi, oltre all’Italia, prendano a cuore il problema di queste persone, che non possono rimanere in Libia perché la situazione è molto precaria. Non sono stati minacciati, ma il problema è che non esiste un ufficio al quale rivolgersi per ottenere dei documenti di identità. L’Unhcr ha chiuso il suo ufficio di Tripoli. La situazione è vergognosa nei confronti di queste persone che non hanno alcun documento che certifichi la propria identità. Ma dove sono i diritti dell’uomo? Come si può dichiarare che si rispettano i diritti dell’uomo quando poi li calpestiamo con la nostra ‘civiltà’? Capisco che non si possono accogliere tutti coloro che vogliono venire in Europa, ma almeno si accolgano quelli più colpiti dalle avversità”. (M.R.)
Tunisia: celebrati i funerali del padre salesiano Marek Rybinski
◊ L’arcivescovo di Tunisi Elias Marun Lahham, ha presieduto lunedì scorso nella Cattedrale della città, i funerali del salesiano don Marek Rybinski, ucciso venerdì 18 all’interno della scuola dell’opera salesiana di Manouba. Al rito funebre hanno preso parte moltissime persone di diverse nazionalità e religioni. La Messa è stata presieduta da mons. Lahham, e concelebrata da don Mario Mulè Stagno, direttore della Scuola Salesiana di Manouba, da don Laurence Essery, direttore della comunità salesiana, e da una trentina di altri sacerdoti. Alla Messa erano presenti l’ambasciatore polacco in Tunisia, affiancato dalla moglie, l’ambasciatore e il console di Malta, e i rappresentanti delle comunità musulmane ed ebraiche tunisine. Gli insegnanti della scuola di Manouba, tutti i musulmani, hanno assistito in gran numero. Presenti anche le Figlie di Maria Ausiliatrice della comunità di Menzel Bourghiba e della città di Tunisi. Le letture della messa e le preghiere d’intercessione sono state recitate in polacco, francese e arabo, in rispetto delle diversità culturali rappresentate e coinvolte nel tragico episodio. Lo stesso mons. Lahham ha proclamato due volte l’omelia, dapprima in francese e poi in arabo. “Il panico genera la violenza”, ha ricordato il presule, esortando tutti a pregare per l’assassino e a trovare la forza di perdonare, secondo l’insegnamento di Gesù. Mons. Lahham ha lodato don Rybinski per il suo servizio allegro e disponibile in favore della comunità tunisina, dei giovani della scuola e per lo sviluppo del centro educativo di Manouba. Ha invitato poi i Salesiani a pregare per don Rybinski, per la Congregazione stessa e per l’intera Tunisia, Paese che, dopo anni di governo autoritario, con difficoltà sta ora cercando la sua libertà. Alla processione offertoriale alcuni docenti hanno portato all’altare dei lavori realizzati dagli studenti delle classi di scuola materna in ricordo di don Rybinski. Dopo la comunione, un sacerdote della Giordania ha cantato in arabo la Preghiera d’Abbandono del beato Charles de Foucauld e successivamente la comunità polacca ha intonato un inno alla Madonna nella propria lingua. La messa è terminata con il canto del “Salve Regina”, mentre l’arcivescovo di Tunisi e il corteo dei celebranti hanno scortato il feretro fino alle porte della cattedrale. Nonostante i gravi scontri che hanno segnato il fine settimana tunisino, l’affetto per don Marek Rybinbski ha spinto moltissime persone a vincere la paura e a partecipare ai funerali del salesiano. La salma di don Rybinski è stata portata in Polonia dove oggi sarà celebrata una messa nella Basilica del Sacro Cuore di Varsavia (M.R.)
Egitto: manifestazioni dei copti contro il governatore della regione di Minya
◊ Oltre 10 mila cristiani copti della regione di Minya, 250 km a sud del Cairo, sono scesi in piazza per chiedere le dimissioni del governatore, Ahmed Dia-el-Din. Il governatore, riferisce l'agenzia AsiaNews, ha deciso di demolire un Centro sociale della Chiesa dedicato alla cura degli handicappati situato nel villaggio di Deir Barsha. I dimostranti, provenienti soprattutto da Deir Barsha e da Deir Heness hanno marciato per le strade verso il Centro sociale gridando slogan contro il governatore. Oltre duecento copti alla fine della manifestazione si sono rifiutati di lasciare il centro per handicappati e hanno organizzato un sit-in finché non giunga la revoca del decreto di demolizione. Il Centro, che ha cinque piani, appartiene alla diocesi copta di Mallawi e serve anziani e bambini di 75 villaggi della regione di Minya. Il governatore voleva demolirlo già nel gennaio 2011, ma la rabbia copta seguita all’attentato di Alessandria del 1° gennaio 2011, glielo ha impedito. “Questo palazzo è stato inaugurato dal governatore in persona quattro anni fa e tutte le licenze e i documenti sono in regola. Ora, all’improvviso, vuole demolirlo” ha detto uno dei manifestanti. (M.R)
Iraq: i timori di mons. Warduni sulla situazione nel Paese
◊ “Al momento la situazione si presenta calma, ma ci sono timori per quello che potrà accadere venerdì dopo la preghiera, quando è stata convocata a piazza Tahrir una nuova manifestazione di protesta”. Così il vicario patriarcale caldeo di Baghdad, Shlemon Warduni, all’agenzia Sir: “La tensione resta palpabile”, spiega il presule, “la popolazione chiede infrastrutture per rilanciare lo sviluppo e salari più alti per poter vivere degnamente. Non è facile per nessuno vivere con pochissime ore di elettricità erogata”. Per mons. Warduni, la richiesta di salari è chiesta a gran voce “anche davanti agli enormi stipendi di ministri e parlamentari che pare percepiscano diverse migliaia di dollari al mese. Sembra comunque che questi emolumenti verranno drasticamente ridotti”. Sembra tuttavia migliorare la situazione della minoranza cristiana. A riguardo il presule parla di “relativa calma anche se la paura resta. Molti cristiani vanno in piazza a manifestare ma altri preferiscono restare in casa per evitare problemi”. Intanto ieri per i cristiani è giunta la “bella notizia” della nomina di due vescovi siro-cattolici, uno a Mossul e l’altro a Baghdad: “preghiamo per loro e per la missione che sono chiamati a svolgere” dice il vicario caldeo. (M.R.)
Il cardinale Koch sulle “sfide comuni” per la difesa della libertà religiosa nel mondo
◊ Ebrei e cristiani possono unire la loro voce perché “la libertà religiosa e i diritti umani siano garantiti pienamente a tutti e in ogni Paese del mondo”. É la proposta di azione comune lanciata dal cardinale Kurt Koch, presidente della Commissione per le relazioni religiose con gli ebrei, durante la XXI sessione degli incontri tra l’International Jewish Committee for interreligious Consultation (Ijcic) e la Commissione vaticana che si conclude oggi a Parigi. “Quarant’anni di dialogo: riflessioni e prospettive future” è il tema scelto per l’incontro di quest’anno in corso da domenica scorsa. Circa 70 le persone (tra loro anche cardinali e rabbini) provenienti da tutto il mondo - riferisce l'agenzia Sir - che hanno preso parte all’evento. Nell’aprire i lavori, il cardinale ha ripercorso i 40 anni di dialogo ufficiale tra ebrei e cristiani definendoli “un immenso miracolo, frutto dello Spirito Santo”. Un periodo storico che ha determinato “una mutazione irreversibile nelle nostre relazioni, a vantaggio non solo nostro, ma a favore di tutti coloro che sono impegnati nel dialogo interreligioso”, ha commentato il porporato. “Abbiamo – ha ribadito il cardinale - la responsabilità comune di lavorare insieme per il bene dell'umanità, rifiutando ogni forma di antisemitismo, gli atteggiamenti anti-cattolici e anti-cristiani, così come ogni forma di discriminazione, per lavorare insieme per la giustizia e la solidarietà, la riconciliazione e la pace”. “Il nostro dialogo con il mondo ebraico - ha proseguito il rappresentante vaticano per il dialogo con gli ebrei – è costitutivo della nostra identità cristiana. Ebrei e cristiani – ha concluso il cardinale Koch - possono alzare la voce insieme per la tutela di coloro che sono perseguitati per motivi religiosi, ovunque essi vivano e qualsiasi tradizione religiosa professino. In questo senso – ha continuato - la mia speranza è che il nostro incontro qui a Parigi possa essere costruttivo e possa approfondire l'amicizia ebraico-cristiana per dare una testimonianza al mondo della comprensione e rispetto reciproci, anche nella nostra diversità”. (M.I.)
Russia: la preoccupazione del Patriarca Kirill sulla crisi nei Paesi arabi
◊ Il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, Kirill, ha espresso grave preoccupazione per i recenti avvenimenti in Medio Oriente e in Nord Africa, spiegando che il caos politico che si registra in molti Paesi di quell’area è motivo di sofferenza e di dolore per molte persone che non vivono in quei Paesi.«Se qualcuno ha intenzione di cambiare i leader politici con la violenza, questo schema può risultare molto pericoloso. È facile - ha sottolineato il Patriarca Kirill ripreso da L'Osservatore Romano - agitare le folle e portarle allo scontro, ma sappiamo anche che è molto difficile costruire una nuova vita sulle rovine». Per questo motivo - ha aggiunto Kirill - «preghiamo per tutti i Paesi del Medio Oriente e dell’Africa del Nord nella consapevolezza che il Signore li conduce in un periodo di dura prova. Oggi, è molto importante pregare per sostenere i Patriarcati in Oriente. La Chiesa russa farà tutto il possibile per aiutare le nostre chiese sorelle e la Chiesa ortodossa locale in questo momento così difficile e delicato». Infine, il Patriarca ha invocato l’aiuto di Dio e ha espresso la sua speranza affinché la fine delle violenze in Medio Oriente e in Nord Africa avvenga il prima possibile. (R.P.)
Londra: accesa all'abbazia di Westminster la "Fiaccola benedettina"
◊ La “Fiaccola Benedettina”, benedetta dal Santo Padre lo scorso 23 febbraio, è stata accesa oggi a Londra, nell’abbazia di Westminster, nel corso di una celebrazione ecumenica presieduta dal decano dell’abbazia stessa, il rev.mo John Hall, dall’arciabate di Montecassino, dom Pietro Vittorelli e da mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia. Durante la liturgia la predicazione è stata tenuta dal vescovo di Wakefield, il rev.mo Stephen Platten, e dall’arciabate di Montecassino. L’abbazia anglicana di Westminster, che custodisce le spoglie di Sant’ Edoardo il Confessore, ha ospitato - lo ricordiamo - una celebrazione ecumenica dei Vespri, il 17 settembre 2010, presieduta dal Santo Padre e dall’arcivescovo di Canterbury. Con la solenne accensione nello storico tempio londinese, la fiaccola inizia il suo annuale pellegrinaggio tra le nazione europee, recando il messaggio di pace, unità e speranza annunciato da san Benedetto, Patrono principale d’Europa. La torcia sarà quindi trasferita nella cattedrale cattolica di Westminster, dove l’arcivescovo mons. Vincent Nichols, celebrerà una Santa Messa per la comunità italiana di Londra. Nelle successive tappe della peregrinatio il simbolo benedettino sarà a Cassino e a Norcia, che al Santo diede i natali; qui sarà officiato un solenne Pontificale nella festa di San Benedetto - 21 marzo – presieduto dal cardinale Giovanni Lajolo, a capo della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e del Governatorato; concelebreranno l’arcivescovo diocesano, mons. Renato Boccardo, l’arciprete della concattedrale di Santa Maria, mons. Mario Curini e il padre Cassian Folsom, priore della Comunità benedettina “Maria Sedes Sapientiae”. (A cura di Marina Vitalini)
Cile: l’impegno di Caritas italiana per le popolazioni colpite dal terremoto un anno fa
◊ A un anno dal terremoto che il 27 febbraio 2010 ha colpito il Cile, Caritas italiana ha raccolto 665.000 euro destinati alla ripresa economica e sociale della popolazione colpita. Secondo i dati ufficiali del ministero dell’Interno cileno sono rimasti danneggiati dal sisma circa 500.000 edifici, 451 persone sono morte e 52 risultano ancora disperse. Dei 665.000 euro raccolti da Caritas italiana - riferisce L'Osservatore Romano - 430.000 euro sono serviti in progetti e attività di sostegno nell’ambito dell’economia familiare, dello sviluppo comunitario e dell’assistenza psicosociale, attraverso progetti integrali di riabilitazione a favore di piccole comunità particolarmente vulnerabili, specialmente della zona rurale e costiera. L’intervento di Caritas Italiana — in collaborazione con la rete Caritas e in accordo con Caritas Cile — ha raggiunto 2.063 famiglie nei seguenti ambiti: abitazioni, economia familiare e sviluppo comunitario, con progetti a favore di piccoli pescatori e piccoli agricoltori. Sono stati forniti strumenti di lavoro e sostegno per avviare nuove imprese familiari e associative. È stato offerto un servizio di attenzione psicosociale rivolto a un’ampia fascia di popolazione colpita dal terremoto che ha mostrato disturbi depressivi come conseguenza della perdita di affetti e lavoro. Il programma di emergenza è stato realizzato grazie alla collaborazione delle Caritas di tutto il mondo e di 250 parrocchie e 1.500 chiese locali cilene che hanno messo a disposizione strutture e volontari. «Profonda gratitudine a tutti coloro che si sono fidati delle istituzioni Caritas» è stata espressa da padre Rodrigo Tupper, vicario della pastorale sociale e dei lavoratori e direttore della Caritas di Santiago. «Abbiamo costituito una rete importante per rifornire di acqua e cibo le persone gravemente coinvolte: 250 parrocchie e quasi 1.500 chiese locali hanno favorito la distribuzione di 4.000 tonnellate tra cibo e kit di prima emergenza. Uno degli obiettivi della programmazione di emergenza — ha sottolineato il religioso — oltre a contrastare l’enorme imminente bisogno, è stato quello di porre le basi per una ripresa economica di medio e lungo termine mediante il recupero della produttività e la creazione di nuove attività produttive come stimolo alle famiglie». Secondo padre Rodrigo Tupper, al momento, «risultano acuite le divisioni sociali e la Chiesa continua a tessere reti a servizio della popolazione locale». (R.P.)
Panama: la Chiesa garante del dialogo nel conflitto del settore minerario
◊ La Chiesa cattolica è stata proposta dal governo di Panama e dai rappresentanti della “Coalizione per la Difesa delle Risorse Naturali e il diritto del Popolo Ngobe Buglé”, come garante della commissione per dirimere il conflitto minerario che sta interessando le comunità indigene del Paese. Gli Ngobe Buglé si oppongono alla legge cha ha modificato il Codice delle risorse minerarie di Panama e reclamano un provvedimento che vieti esplicitamente l’estrazione mineraria nella loro zona d’origine. Benché vi sia una volontà di dialogo con il governo, i dirigenti della Coalizione hanno avvertito che se le loro aspirazioni non troveranno risposta, torneranno a marciare per le strade come hanno fatto nelle ultime settimane. La Conferenza episcopale panamense (Cep), in un comunicato ripreso dall’agenzia Fides, si è impegnata di stabilire un dialogo "senza preconcetti e con trasparenza", al fine di trovare una soluzione al conflitto. Tale dialogo “deve coinvolgere le comunità interessate, gli specialisti del settore e anche una rappresentanza dei settori della società preoccupati per l'impatto delle riforme del codice minerario, al fine di discutere con calma i vantaggi e gli svantaggi e di raggiungere un consenso su ciò che è meglio per il bene comune del Paese".“La Chiesa di Panama” si legge nel comunicato dei vescovi, “è preoccupata per il conflitto tra le comunità indigene, un gruppo della società civile e le autorità di governo, che può portare a conseguenze imprevedibili”. “Come Pastori del Popolo di Dio” - conclude il comunicato - “vi incoraggiamo a fare tutti gli sforzi adeguati per costruire una cultura di pace attraverso il dialogo giusto, equo e costruttivo”. (M.R.)
Colombia: iniziativa di alcuni parlamentari a favore della vita
◊ La Chiesa cattolica intende promuovere una raccolta di firme in tutta la Colombia a sostegno della richiesta di alcuni senatori e rappresentanti che intendono presentare alla Camera e al Congresso un atto legislativo per il diritto alla vita, in modo di completare l'articolo 11 della Costituzione. Questa iniziativa, intrapresa da diversi partiti e confessioni religiose, guidata non dai Vescovi ma da laici e politici cattolici, così come da cristiani evangelici, intende completare l'articolo 11 della Costituzione che recita: "La vita di ogni colombiano è inviolabile, non c’è pena di morte", proponendo che venga ampliato nel seguente modo: "La vita di tutti i colombiani è inviolabile, dal concepimento alla morte naturale, senza pena di morte". La nota inviata all’agenzia Fides dalla Conferenza episcopale della Colombia afferma inoltre che i senatori ed i rappresentanti che promuovono questa iniziativa, appartenenti a diversi partiti politici, hanno partecipato nel mese di febbraio scorso, all’Assemblea plenaria dei vescovi, al fine di esporre ai presuli la proposta legislativa. I vescovi sperano di poter raccogliere le firme necessarie per sostenere l’iniziativa entro il 14 marzo. (R.P.)
Australia: l’impegno di Catholic Mission a favore delle donne
◊ Celebrare il ruolo delle donne a favore della pace e del progresso sociale e il loro contributo al tessuto sociale in tutto il mondo. Questo l’obiettivo delle Pontificie Opere Missionarie australiane (Catholic Mission), che sostengono progetti in 160 Paesi di tutto il mondo specificamente mirati a rafforzare le donne a farsi carico della propria vita. “Nei Paesi in via di sviluppo Catholic Mission è impegnata con le donne e le ragazze più bisognose, per sostenere e promuovere la loro uguaglianza e partecipazione attiva nella società”, si legge in una nota di Martin Teulan, direttore nazionale di Catholic Mission Australia giunta all’agenzia Fides, “Le aiutiamo a raggiungere la pienezza della vita attraverso la formazione alla fede, offrendo loro conoscenze linguistiche e matematiche, e opportunità economiche attraverso l'accesso a posti di lavoro qualificati”. Una delle ambasciatrici di Catholic Mission Australia più coinvolte nella questione femminile è Nurse Pasipanodya, nata nello Zimbabwe occidentale e costretta a lasciare il suo Paese. Nurse è un'insegnante e una grande sostenitrice dell'istruzione delle ragazze nei Paesi in via di sviluppo. In Australia è una figura fondamentale tra i gruppi sociali della comunità degli espatriati dello Zimbabwe ed è stata tra i fondatori della Comunità cattolica locale e dell'organizzazione femminile cattolica dello Zimbabwe. Ha anche avviato un ente di beneficenza per aiutare le persone sieropositive in Zimbabwe. La saggezza di una fede profonda è un'altra caratteristica di Nurse, si legge ancora nel comunicato. “Dio è una forza così grande nella nostra vita. La gente deve imparare a fermarsi e ad ascoltare” è solita ribadire. "E' per le donne come Nurse che bisogna celebrare la Giornata Internazionale della Donna" sottolinea ancora Teulan. Nel 2010, in Zimbabwe Catholic Mission ha aiutato direttamente 10.286 orfani di Aids e bambini vulnerabili, oltre ad aver contribuito all'educazione di ragazze che altrimenti non avrebbero potuto frequentare la scuola. (M.R)
New York: anglicani e episcopaliani discutono sul ruolo delle donne per lo sviluppo
◊ Una nuova piattaforma di lavoro comune tra comunità anglicane ed episcopaliane per la valorizzazione del ruolo delle donne all’interno degli organismi internazionali che si occupano dello sviluppo. E’ quanto emerso – riferisce l’Osservatore Romano - in occasione della partecipazione delle rappresentanti delle due comunità all’incontro dell’United Nations Commission on the Status of Women svoltosi ieri a New York. “Le donne - ha sottolineato durante la riunione Marie Carmel Chery, rappresentante della comunità episcopaliana di Haiti - stanno lavorando molto duramente per la ricostruzione”. Sally Keeble, responsabile dell’organizzazione ‘The Anglican Alliance: Development, Relief, Advocacy’ ha aggiunto che “le basi dello sviluppo poggiano sulle donne, perché molte delle disuguaglianze e delle ingiustizie nel mondo colpiscono soprattutto loro”. Già dal 2003 è attivo presso l’Onu, l’Anglican Women’s Empowerment, finalizzato a dare una forte presenza alle due comunità all’interno delle istituzioni che si occupano di sviluppo. Si tratta di contributi all’impegno generale portato avanti dalle Nazioni Unite per contrastare le diseguaglianze sociali, che recentemente ha portato anche alla nascita dell’United Nations Entity for Gender Equality, un nuovo organismo che raggruppa il lavoro di quattro uffici con lo scopo di accelerare le azioni per affermare l’uguaglianza tra uomini e donne. “Le sfide che si pongono dinanzi sono grandi, ma credo che con l’energia e l’autorità che le donne porteranno, queste sfide potranno essere affrontate”, ha sottolineato il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon in occasione della presentazione. “Il tema dell’uguaglianza tra uomini e donne – ha aggiunto - dovrebbe essere uno dei punti da condividere per il nostro impegno nel ventunesimo secolo”. (M.I.)
Iniziativa del Consiglio Ecumenico delle Chiese per combattere l'Aids
◊ Cinquantamila opuscoli distribuiti e corsi di formazione pastorale a Nairobi, Lomé, Kinshasa, Harare e Luanda. Sono i frutti di circa 25 anni di impegno del Consiglio Ecumenico delle Chiese nella lotta all’Aids, ricordati dal Comitato centrale in una nota pubblicata in questi giorni. Il documento, si legge sul sito www.oikoumene.org, riassume quanto hanno fatto le 349 Chiese del Consiglio Ecumenico e ricorda l’Iniziativa ecumenica di lotta all’HIV e all’Aids in Africa del Consiglio ecumenico delle Chiese (Coe) partita nel 2002, nel quadro del programma di salute in collaborazione con la Conferenza delle Chiese di tutta l’Africa. La nota incoraggia le Chiese a perseverare nei loro sforzi di aiuto e ad aderire al programma dell’Onu “Zero nuove infezioni all’Hiv – Zero discriminazione – Zero decessi dovuti all’Aids”. Secondo le cifre dell’Onu, oggi i giovani dai 14 anni in su rappresentano il 40% delle nuove infezioni, mentre nell’Africa subsahariana oltre il 90% delle nuove infezioni è costituito da bambini. Malgrado i progressi raggiunti nella lotta all’Aids, occorre comunque considerare, si legge nella nota del Coe, le nuove sfide che dovranno affrontare i bambini nati con virus Hiv quando raggiungeranno la maturità sessuale: vita di coppia, bisogni di quanti perdono il partner, minori orfani. Attualmente, in tutto il mondo, sono 33 milioni le persone affette da Hiv, di queste 10 milioni sono in attesa di trattamento. Da quando la pandemia dell’Aids ha fatto la sua comparsa, trent’anni fa, si stima che sono 60 milioni le persone infettate, di cui più di 25 milioni decedute. Fino ad oggi, a causa del virus Hiv, nell’Africa subsahariana sono rimasti orfani 14 milioni di bambini. L’impegno del Coe nella lotta all’Aids risale al 1986, quando l’allora segretario generale, il pastore, Emilio Castro, coordinò gli appelli lanciati dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità e le iniziative delle diverse Chiese. Gli sforzi si sono concentrati soprattutto in campagne di formazione; il primo manuale del Coe sull’accompagnamento pastorale è stato pubblicato nel 1991. (T.C.)
Repubblica Ceca: si apre a Praga l'anno dedicato a sant'Agnese di Boemia
◊ Nel 2011 si festeggia a Praga l’800° anniversario della nascita (1211) di sant’Agnese di Boemia, figlia del re di Boemia (ora Repubblica Ceca) Otakar I e della sorella di Andrea II re d’Ungheria, Costanza. L’arcivescovo di Praga, monsignor Dominik Duka, apre oggi ufficialmente l'anno dedicato alla santa — canonizzata da Giovanni Paolo II il 12 novembre 1989 — con la solenne celebrazione eucaristica nella chiesa di San Francesco d'Assisi presso il Ponte Carlo. Varie conferenze accademiche, concerti e altre manifestazioni - riferisce L'Osservatore Romano - sono previsti per le celebrazioni che culmineranno con una mostra dal titolo «Santa Agnese di Boemia, principessa e suora», che sarà inaugurata nei locali del monastero di Sant’Agnese, a Praga, il 25 novembre di questo anno. «La beata Agnese di Boemia — sottolineò Giovanni Paolo II in occasione della canonizzazione — pur essendo vissuta in un periodo tanto lontano dal nostro, rimane anche oggi un fulgido esempio di fede cristiana e di carità eroica, che invita alla riflessione ed alla imitazione. Ben si addicono alla sua vita e alla sua spiritualità le parole della prima lettera di Pietro: “Siate moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera”. Così scriveva il capo degli apostoli ai cristiani del suo tempo; e soggiungeva: “Soprattutto conservate tra voi una grande carità… Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare”. Proprio questo è stato il programma di vita di sant’Agnese: fin dalla più tenera età ella orientò la propria esistenza alla ricerca dei beni celesti. Rifiutate alcune proposte di matrimonio, decise di dedicarsi totalmente a Dio, perché nella sua vita egli venisse glorificato per mezzo di Gesù Cristo». Come ricorda l’arcivescovo di Praga, dai frati minori, predicatori itineranti che giungevano in Boemia, Agnese venne a conoscere la vita spirituale che conduceva in Assisi la vergine Chiara, secondo lo spirito di Francesco. Ne rimase affascinata e decise di seguirne l’esempio. Con i propri beni dinastici fondò a Praga, nel biennio 1232-33, un convento di frati minori e, annesso al convento, un ospedale per i poveri: per la sua gestione, creò una confraternita laicale (detta dei Crocigeri) che nel 1237 venne elevata dal pontefice al rango di ordine religioso. Nel 1234 fondò un monastero di clarisse sulle rive della Moldava, dove Agnese stessa si ritirò l’11 giugno (festa della Pentecoste) dello stesso anno. In seguito ne divenne badessa e conservò tale carica fino alla morte, che avvenne il 2 marzo 1282. (R.P.)
Messaggio quaresimale del Patriarca Bartolomeo I: “la buona lotta dello Spirito”
◊ “L’arena delle virtù è stata aperta. Coloro che desiderano competere possono entrare, cingendosi con la buona lotta del digiuno”. Questo il messaggio del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo rivolto ai fedeli nell’omelia catechetica in occasione dell’inizio della Santa e Grande Quaresima. Un’esortazione - riferisce l’Osservatore Romano - alla pratica delle virtù e alla “partecipazione ai doni sconfinati della grazia dello Spirito Santo” quella che il patriarca ortodosso ha voluto lanciare nel tradizionale messaggio, accompagnato dalle preghiere di benedizione e di perdono. “Attraverso il santo sacramento del Battesimo - ha spiegato - ogni cristiano ha ricevuto la grazia dello Spirito Santo. Se cominciamo ad amare Dio con tutto il cuore, allora questa grazia ci trasmette in modo incomprensibile la ricchezza dei suoi benefici. Chi vuole conservare questa esperienza di grazia – ha sottolineato - dovrebbe sforzarsi di rinunciare nel profondo dell’anima ai benefici dei nostri tempi, al fine di acquisire le ricchezze nascoste della vita vera. La Grande Quaresima - osserva il patriarca - ci ricorda appunto un principio costante di rigenerazione spirituale e di rinnovo, perché questa lotta spirituale è in corso per tutti i fedeli e ci obbliga a ricominciare ogni giorno e in ogni momento”. Richiamando l’insegnamento della tradizione, il patriarca puntualizza che “la via della virtù appare difficile ed estremamente spiacevole per coloro che intraprendono questo viaggio, perché la natura umana si è abituata alla facilità del piacere. Tutto questo - aggiunge - è necessario e definitivo per il nostro benessere spirituale e per la nostra vita sociale. Entrando nell’arena della Santa e Grande Quaresima vi esorto - conclude - a non aver paura e a essere coraggiosi e forti, in modo che possiate purificare le vostre anime e i vostri corpi da ogni peccato per raggiungere il regno di Dio”. (M.I.)
Algeria. Mons. Bader: dalla Parola di Dio l'invito ad amare i più poveri con impegni concreti
◊ “La Parola di Dio ci invita ad essere attenti ai migranti e a tutti coloro che si trovano in uno stato di sofferenza fisica, psichica o spirituale e ad esser vicini a queste persone”: lo scrive l’arcivescovo di Algeri, mons. Ghaleb Moussa Abdalla Bader, nell’editoriale del periodico diocesano “Rencontres”, fornendo spunti di riflessione sulla esortazione postsinodale di Benedetto XVI Verbum Domini. Il presule ricorda che la Parola di Dio va considerata anche nell’impegno nella società a favore della giustizia, della riconciliazione e della pace, che essa rischiara la nostra esistenza facendoci prendere coscienza delle cose più importanti, che invita a considerare la nostra responsabilità verso il fratello, chiunque esso sia. “I credenti devono impegnarsi nel dare esempi di riconciliazione per costruire una società giusta e pacifica - scrive mons. Bader - dobbiamo comprendere la necessità di tradurre in gesti d’amore la parola ascoltata”. A tal proposito il presule ha voluto citare Sant’Agostino che nel De doctrina christiana (I, XXXVI, 40: PL. 34, 34) afferma come sia fondamentale comprendere che “la pienezza della Legge, come di tutte le Scritture divine, è l’amore ... di conseguenza, coloro che credono di avere compreso le Scritture, o almeno una parte qualsiasi di esse, senza impegnarsi a costruire, a lavorare, attraverso la loro intelligenza, questo doppio amore di Dio e del prossimo, dimostrano che non le hanno ancora comprese”. “Ancora oggi – aggiunge il presule – numerose persone nella nostra Chiesa, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, continuano a prestare le loro mani i loro occhi e il loro cuore alla Chiesa per metterlo a servizio dei loro fratelli, gli uomini, chiunque essi siano e senza distinzione”. Infine, rilevando che la Sacra Scrittura rivela la predilezione di Dio per i poveri e i bisognosi, l’arcivescovo di Algeri invita proprio ad amare anzitutto gli indigenti e i più deboli. (T.C.)
Hong Kong: l'invito a vivere la Quaresima con un concreto gesto d'amore
◊ Diffondere il messaggio d’Amore con gesti concreti, prendendosi cura dei deboli della società, con il sacrificio, la buona condotta, la generositа e una donazione: è l’invito diffuso dal Movimento quaresimale di Hong Kong in vista della Quaresima 2011. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), il presidente del Movimento, don J. B. Tsang Hing Mun, ha aperto la campagna di quaresima 2011 intitolata “L’Amore dia loro speranza”, rivolgendosi a tutti i fedeli di Hong Kong – laici, insegnanti, studenti, movimenti ecclesiali, catecumeni, ecc. – perché vivano questo tempo forte dell’anno liturgico nella preghiera, nella conversione del cuore e nell’azione. Una “Presentazione del Movimento quaresimale” è fissata per il giorno 5 marzo nella parrocchia del Rosario, destinata agli operatori pastorali e agli insegnati delle Sunday-school. La campagna 2011 del Movimento quaresimale si concluderà il 21 maggio con la premiazione delle scuole cattoliche. Il Movimento ha già distribuito, da metà febbraio, il materiale di preparazione al cammino quaresimale alle parrocchie, alle scuole ed alle realtà cattoliche. (R.P.)
Polonia: nuovo Centro missionario e mariano per l’arcidiocesi di Czestochowa
◊ Per volontà di mons. Stanislaw Nowak, arcivescovo metropolita di Czestochowa, sorgerà a Myszków – Mrzyglód, presso il Santuario della Madonna del Santo Rosario, il Centro missionario e mariano dell’arcidiocesi di Czestochowa. Responsabile della realizzazione del progetto è don Jacek Gancarek, parroco e custode del santuario, direttore delle Pontificie Opere Missionarie dell’arcidiocesi di Czestochowa. “Il nostro santuario della Madonna del Santo Rosario è il luogo appropriato per il Centro missionario e mariano. Il Santo Rosario è la preghiera speciale per le missioni della Chiesa” spiega all'agenzia Fides don Jacek Gancarek. “Presso il nostro Centro vogliamo realizzare la missione evangelizzatrice della Chiesa. Vogliamo anche presentare ai bambini, ai giovani e ai pellegrini -ha detto - la vasta problematica missionaria. Il nostro Santuario può e deve diventare il luogo della preghiera permanente per le missioni” conclude don Gancarek. (R.P.)
Burkina Faso: entra nel vivo il Festival panafricano del film
◊ Entra nel vivo a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, la 22esima edizione del “Festival panafricano del film” (Fespaco)”. Dopo la cerimonia di apertura, svoltasi sabato scorso allo stadio “4 agosto” davanti a più di 25.000 persone, il concorso è stato inaugurato dal film del beninese Sylvestre Amoussou, “Un pas en avant. Les dessous de la corruption” (‘Un passo avanti. Rivelazioni sulla corruzione’). A contendersi il primo premio, la statua dorata dello stallone di Yennenga, simbolo del Burkina Faso, anche “Notre étrangère” (‘La nostra straniera’) di Sarah Bouyain: la storia forte e difficile di una bambina africana di otto anni adottata da una coppia francese che decide di ritornare sulle tracce della sua madre naturale. Gli operatori del settore cinematografico, che si confrontano anche su problemi e sfide comuni, hanno poi reso omaggio con una cerimonia tradizionale al noto attore burkinabé Sotigui Kouyaté e ad altri 11 grandi cineasti deceduti tra il 2009 e il 2010. Il Fespaco non è soltanto la festa del cinema degli 8000 partecipanti ma è soprattutto quella della città e di tutti gli africani. “Sulla piazza della Nazione c’è il mercato dell’artigianato, ci sono concerti, un sacco di ristoranti e un clima di festa ad ogni ora del giorno e le sale che proiettano i film selezionati sono stracolme” dice all’agenzia Misna Parfait Silga, giornalista del quotidiano locale ‘Le Pays’. Sette emittenti televisive di Burkina Faso, Benin, Burundi, Camerun, Congo-Brazzaville, Niger e Senegal hanno unito le proprie forze per produrre una copertura mediatica al 100% africana destinata a più di cento milioni di potenziali telespettatori sul continente. “Il cinema africano è lo specchio delle nostre società ma anche uno specchio dell’anima. L’anima africana è composita, deve apparire sempre di più nei nostri film” ha detto il regista burkinabé Gaston Kaboré. La manifestazione si concluderà sabato. (M.R.)
Non si fermano le proteste nei Paesi arabi
◊ In Tunisia, non sembra placarsi l’ondata di proteste, anche dopo l’uscita di scena del presidente Ben Ali. Sono saliti a cinque i ministri dimessisi dal governo transitorio, ma i manifestanti chiedono un rinnovamento reale e profondo alla guida del Paese. Intanto, sulla scena politica assume un ruolo sempre più importante il movimento islamico Ennahda, che afferma di attrezzarsi per poter operare "alla luce del sole", dopo vent'anni di repressione.
Yemen
Situazione politica incandescente anche in Yemen, dove ieri decine di migliaia di manifestanti antigovernativi si sono riversati in modo pacifico nelle strade di Sanaa per chiedere la caduta del presidente, Ali Abdallah Saleh, il quale, sempre ieri, ha rimosso rimuovere i governatori di cinque province chiave del Paese, tutte situate nella regione meridionale che da anni è il "cuore" dei secessionisti del sud. Si registra inoltre l’intervento del portavoce della Casa Bianca, che ha chiesto alla leadership yemenita di concentrarsi sulle riforme. Le parole dell'esponente di Washington arrivano dopo le accuse mosse dal presidente Ali Abdullah Saleh, per il quale "ciò che sta accadendo nel mondo arabo è diretto da Usa e Israele”.
Ruolo dell’islam nelle proteste mondo arabo
Ma quale ruolo sta giocando la componente della religione islamica nelle rivolte che stanno infiammando il mondo arabo e gli Stati musulmani? Fabio Colagrande lo ha chiesto a Fouad Allam, docente di Sociologia del mondo musulmano ed editorialista del Sole 24 ore:
R. – E’ cambiato qualcosa in relazione alle fasce di età nelle popolazioni giovanili: le fasce di età che vanno da 18 a 28 anni hanno oggi una religiosità molto diversa rispetto a quella dei loro fratelli maggiori o dei loro genitori. Sono credenti, tuttavia non credono all’islam come slogan politico e questo spiega il fatto che nelle manifestazioni non si sono quasi mai visti cartelli che scandivano la rivoluzione islamica o l’islam. Invece, i loro fratelli maggiori o i loro genitori sono quelli che appartengono a una generazione che ha creduto che l’islam politico fosse la soluzione di tutti i loro problemi. Dunque, qualcosa è cambiato. Non mi sento però di parlare di un "post-islamismo", perché non è detto che queste rivolte e rivoluzioni riescano, in un certo senso, a essere completamente democratiche: possono essere “sciupate” da movimenti fondamentalisti, che sono comunque presenti sul territorio. L’Egitto ne è il caso più eclatante, ad esempio.
D. - A questo proposito, quanti rischi intravede in questa situazione? Molti temono che di questi momentanei vuoti di potere possano approfittare i movimenti islamici più radicali. E’ una minaccia seria questa?
R. – Bisogna contemplare questo rischio, sarebbe un errore fondamentale non considerarlo. Ecco perché è necessaria la presenza dell’Europa come aiuto alla costruzione di transizioni democratiche. Lasciare soli questi Paesi significa aumentare il rischio di una manipolazione di ciò che sta succedendo adesso.
D. – Eppure, questa "primavera" del mondo arabo sembra aver colto in contropiede gli Stati Uniti, l’Europa: perché secondo lei?
R. – Gli Stati Uniti fino a un certo punto. In realtà, loro hanno fatto anni fa delle “analisi” sui blogger egiziani e sapevano benissimo che qualcosa stava per succedere. L’Europa, invece, non ha capito e non capisce ancora veramente cosa sta succedendo.
D. - Come vede in particolare la situazione libica, ancora è in evoluzione?
R. – Pericolosa, perché se c’è un vuoto c’è il rischio che avvenga tutto e il contrario di tutto.
D. – La situazione del suo Paese di origine, l’Algeria: c’è chi dice che potrebbe essere presto contagiata più seriamente da questa "primavera" araba...
R. – Sì, con delle differenze, nel senso che l’Algeria è un Paese ricco, però la situazione è molto pesante. Comunque, la situazione è più o meno è uguale per tutta l'area. Mi sembra evidente che per il mondo arabo e islamico la questione democratica sia la questione del 21.mo secolo, perché tocca tante altre questioni non soltanto l’aspetto economico ma anche quello della libertà, e della libertà religiosa.
Iran
Il parlamento ha chiesto alla magistratura di processare i due leader riformisti, Mussavi e Karrubi, “come capi della sedizione”. Intanto, il procuratore di Teheran, Abbad Jafari-Dolatabadi, ha smentito oggi che i due capi dell'opposizione siano stati imprigionati e ha detto che essi sono ''a casa loro''. Lo riporta l'agenzia Mehr, secondo la quale l’esponente della giustizia iraniana ha inoltre sementito la notizia degli arresti domiciliari. Tuttavia, da oltre una quindicina di giorni, da quando cioè hanno chiesto l'autorizzazione per nuove manifestazioni dell'opposizione, Mussavi e Karrubi sono spariti dalla scena pubblica. Intanto, il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ha accusato gli “Usa e i loro alleati” di preparare un complotto volto a favorire “interventi militari'' in Nord Africa o in Medio Oriente.
Afghanistan -Italia
Rientrerà questa sera in Italia, all'aeroporto militare di Ciampino, la salma di Massimo Ranzani, il tenente degli Alpini ucciso lunedì scorso in Afghanistan. I funerali si celebreranno domani alle 10 nella Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, riferirà oggi al Senato sulla morte del militare italiano.
Costa d’Avorio
Ancora tensioni in Costa d’Avorio tra i sostenitori del presidente uscente Gbagbo, che si ostina a non lasciare il potere, e la locale missione Onu, che da settimane viene accusata dai fedelissimi del presidente uscente di armare ribelli delle Forze nuove, vicine al presidente legittimo, Ouattara. Fonti dell’agenzia Fides riferiscono di scontri in due quartieri della città di Abidjan. I combattimenti hanno costretto la maggior parte degli abitanti dei due quartieri a lasciare le loro abitazioni. Almeno tre parrocchie della Chiesa locale stanno prestando assistenza agli sfollati. Si attende intanto l’esito della missione dell’Unione Africana, i cui rappresentanti si sono dati ancora un mese di tempo per tentare di risolvere la crisi. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 61