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Sommario del 01/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • L’intenzione di preghiera del Papa per il mese di marzo: l’America Latina sia fedele al Vangelo e progredisca nella giustizia sociale e nella pace
  • Assenso di Benedetto XVI alle elezioni del Sinodo dei vescovi siro-cattolici
  • Rinunce e nomine
  • In vigore la nuova legge che regola la cittadinanza, la residenza e l'accesso alla Città del Vaticano
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Libia, la comunità internazionale non esclude l’uso della forza. Le analisi sulla crisi
  • I sette anni del muro di separazione a Betlemme, barriera che spezza un popolo
  • Le iniziative del Movimento dei Figli spirituali di Giovanni Paolo II a due mesi dalla cerimonia di Beatificazione
  • Il ruolo dei vescovi nel Concilio Vaticano II: una rilettura del decreto "Christus Dominus"
  • Chiesa e Società

  • Costa d'Avorio: per la Caritas cinquemila sfollati bisognosi di assistenza
  • Il cardinale Sarah in Burundi per inaugurare la scuola “Benedetto XVI” di Muyaga
  • Spagna: il cardinale Rouco rieletto per la quarta volta presidente della Conferenza episcopale
  • Appello Unicef: in Nordafrica e Medio Oriente “proteggere i bambini a qualunque costo”
  • A Sulak Sivaraksa il 29.mo premio Niwano per la pace
  • India: gruppi di cattolici protestano per la demolizione di 729 croci a Mumbai
  • Sboccia la pace nel nordest dell'India, grazie all’aiuto della Chiesa
  • India: l'Università di New Dehli dedica una cattedra di studi a Madre Teresa di Calcutta
  • Antonianum di Roma: cattedra di “Spiritualità e dialogo interreligioso” dedicata a mons. Padovese
  • Filippine: i vescovi annullano la veglia di preghiera contro la legge sulla salute riproduttiva
  • Indonesia. Leader cristiani della Papua: calpestati i diritti umani degli indigeni
  • Cina: anche la comunità cattolica dello Shaan Xi prega per i terremotati di Christchurch
  • Sud Corea. Sacerdoti e laici missionari in aumento: una forza per l’evangelizzazione
  • Bolivia: l’incoraggiamento del cardinale Terrazas dopo le piogge torrenziali
  • Terra Santa: il battesimo nel Giordano per uno dei minatori cileni
  • Si conclude oggi il "viaggio interreligioso" in Terra Santa del Movimento dei Focolari
  • Usa: i vescovi con i lavoratori del Wisconsin contro la legge anti-sindacato
  • In India la Bibbia tradotta in lingua kashmiri da un bramino convertito al cattolicesimo
  • Sudan: operatori cattolici accusati di distribuire Bibbie
  • Cina. Alle proteste dei giornalisti stranieri aggrediti il governo replica: "Rispettate le leggi"
  • Premio giornalistico per la Giornata Mondiale della Gioventù 2011, a Madrid
  • Ungheria: un nuovo libro sulla cultura rom a cura di mons. János Székely
  • 24 Ore nel Mondo

  • Rapiti per alcune ore dipendenti Onu in Costa d’Avorio: nel Paese situazione allarmante
  • Il Papa e la Santa Sede



    L’intenzione di preghiera del Papa per il mese di marzo: l’America Latina sia fedele al Vangelo e progredisca nella giustizia sociale e nella pace

    ◊   “Perché le nazioni dell’America Latina possano camminare nella fedeltà al Vangelo e progredire nella giustizia sociale e nella pace”: è l’intenzione generale di preghiera di Benedetto XVI per il mese di marzo. Un binomio, quello della fedeltà al Vangelo e della giustizia sociale, che è stato al centro del viaggio apostolico in Brasile, nel maggio 2007 in occasione della V Conferenza generale dell’episcopato dell’America Latina e dei Caraibi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    L’America Latina ha bisogno di cristiani fedeli al Vangelo per affrontare i tanti problemi sociali che affliggono il continente: è l’invito costante che il Papa rivolge in occasione di incontri con gli episcopati dei Paesi latinoamericani. Un’esortazione che ribadisce, con forza, incontrando i membri delle Pontificia Commissione per l’America Latina:

    “Para el futuro de la Iglesia en Latinoamérica y el Caribe es importante…”
    Per il futuro della Chiesa nell’America Latina e nei Caraibi è importante che i cristiani approfondiscano e assumano lo stile di vita proprio dei discepoli di Gesù: semplice e allegro, con una fede solida radicata nella parte più intima del cuore e alimentata dalla preghiera e dai Sacramenti”. (Udienza alla Pontificia Commissione per l’America Latina, 20 gennaio 2007)

    Anche in risposta al proliferare delle sette e dei movimenti pseudo-religiosi, il Papa chiede ai cattolici latinoamericani di far sì che il messaggio evangelico “impregni le radici della cultura”. E sottolinea come la fedeltà a Cristo sia la migliore garanzia per proteggere la dignità umana, la giustizia sociale e la convivenza pacifica:

    “Se ha de reconocer y defender siempre la dignidad…”
    Si deve riconoscere e difendere sempre la dignità di ogni essere umano come criterio fondamentale dei progetti sociali, culturali ed economici, che aiutano a costruire la storia secondo il disegno di Dio”. (Udienza alla Pontificia Commissione per l’America Latina, 20 gennaio 2007)

    Del resto, avverte il Pontefice, di fronte all’avanzare anche in America Latina del secolarismo edonista e consumistico, va salvaguardato il ruolo della famiglia naturale:

    “Occorre ribadire che il matrimonio e la famiglia hanno il loro fondamento nel nucleo più intimo della verità sull’uomo e sul suo destino; solo sulla roccia dell’amore coniugale, fedele e stabile, tra un uomo e una donna si può edificare una comunità degna dell’essere umano”. (Udienza ai rappresentanti pontifici in America Latina, 17 febbraio 2007)

    La Chiesa latinoamericana, constata il Papa, è figlia di “un’epopea missionaria” straordinaria. Quindi, nel suo viaggio apostolico in Brasile, a San Paolo ed Aparecida, nel maggio del 2007, esorta i cattolici a far sì che l’America Latina sia davvero “il Continente della Speranza”. Nei tanti incontri di quel viaggio, culminato con l’apertura della V Conferenza del Celam, uno in particolare viene dedicato al tema della giustizia sociale. Si tratta della toccante visita nella “Fazenda da Esperanca”, comunità di ispirazione cristiana per il recupero di giovani tossicodipendenti. In questa significativa cornice, Benedetto XVI rivolge un vibrante appello agli spacciatori affinché convertano il loro cuore:

    “Digo aos que comercializam a droga …”
    “Agli spacciatori - è il suo forte richiamo - dico che riflettano sul male che stanno facendo a una moltitudine di giovani e di adulti di tutti gli strati sociali: Dio chiederà conto di ciò che hanno fatto”. E ribadisce che “la dignità umana non può essere calpestata in questo modo”. Quindi, aggiunge parole di incoraggiamento:

    “Onde a sociedade nao ve mais futuro …”
    “Dove la società non vede più alcun futuro o speranza – afferma il Papa - i cristiani sono chiamati ad annunciare la forza della Resurrezione”. Proprio nella “Fazenda da Esperanca”, rileva, “dove risiedono tante persone giovani, che cercano di superare il problema della droga e dell’alcool” si testimonia “il Vangelo di Cristo in mezzo a una società consumistica lontana da Dio”.


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    Assenso di Benedetto XVI alle elezioni del Sinodo dei vescovi siro-cattolici

    ◊   Benedetto XVI ha concesso il suo assenso alla elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Patriarcale Siro-cattolica: del Rev.do Corepiscopo Boutros Moshe, finora Protosincello dell’Arcieparchia di Mossul dei Siri, ad Arcivescovo di Mossul dei Siri, vacante in seguito al trasferimento di S.E.R. Mons. Georges Casmoussa a Vescovo della Curia Patriarcale Siro-cattolica in conformità al can. 85 - paragrafi 2 e 4 del CCEO; del Rev.do Corepiscopo Yousif Abba, Cancelliere dell’Eparchia Siro-cattolica degli Stati Uniti d’America e Canada, ad Arcivescovo di Baghdad dei Siri, vacante in seguito alle dimissioni presentate da S.E.R. Mons. Athanase Matti Shaba Matoka a norma del can. 210 - paragrafi 1-2 del CCEO; del Rev.do Jihad Battah, finora Protosincello dell’Arcieparchia di Damasco dei Siri, a Vescovo della Curia Patriarcale Siro-cattolica, al quale è stata assegnata la Sede vescovile titolare di Fena.

    Il Rev.do Corepiscopo Boutros Moshe è nato a Qaraqosh il 23 novembre 1943. Ha studiato teologia presso l’Istituto di San Giovanni il Prediletto dei Padri Domenicani a Mossul. È stato ordinato sacerdote il 9 giugno 1968 per l’Arcieparchia di Mossul e dal 1968 al 1975 è stato Vice Rettore nel Seminario di San Giovanni il Prediletto. Dal 1975 al 1992 è stato Vice-parroco a San Giovanni di Qaraqosh e nello stesso tempo ha assunto diverse cariche: direzione della scuola elementare, responsabile della formazione cristiana e professore di religione. Dal 1992 al 2000 ha assunto l’incarico di responsabile della formazione dei seminaristi siro cattolici nel Babel College di Bagdad. In seguito è stato nominato Protosincello dell’Arcieparchia e Parroco della Cattedrale dell’Immacolata a Mossul. Fino al 2009 è stato Presidente del Tribunale ecclesiastico interrituale. Nel 2007 è stato nominato Rettore del nuovo Seminario Sant’Efrem a Qaraqosh. Dal 19 dicembre 2003 è Corespiscopo. Oltre all’arabo e al siriaco, parla il francese.

    Il Rev.do Corepiscopo Yousif Abba è nato il 18 giugno 1951 a Qaraqosh, in Iraq. È entrato nel Seminario di San Giovanni dei Padri Domenicani a Mossul nel 1961; ha studiato poi - dal 1976 al 1977- nel Seminario di Maadi dei Copti Cattolici in Egitto; infine, per un anno, nel Seminario di Charfet. È stato ordinato sacerdote il 30 giugno 1978. Ha esercitato il ministero presbiterale nelle parrocchie di Qaraqosh, come viceparroco e poi come Parroco di Saint Jacques et Saint Jean. Nel 1997 è stato inviato negli Stati Uniti per la cura pastorale dei fedeli dell’Eparchia Siro-cattolica degli Stati Uniti d’America e Canada, dove ha assunto l’incarico di Parroco di S. Giuseppe a Toronto (Ontario in Canada) e ultimamente di Cancelliere della Curia Eparchiale. Parla siriaco, arabo, francese ed inglese.

    Il Rev.do Jihad Battah è nato a Damasco il 26 giugno 1956. Ha frequentato i corsi filosofici e teologici all’Università Saint Esprit di Kaslik in Libano, dal 1983 al 1988. Inviato a Roma per gli studi in Diritto Canonico, ha conseguito il dottorato al Pontificio Istituto Orientale nel 1998. Ha studiato iconografia e teologia biblica a Parigi, dedicandosi nel contempo ad una esperienza assistenziale col movimento L’Arche. È stato ordinato sacerdote il 19 maggio 1991 e incardinato nell’Arcieparchia Siro Cattolica di Damasco, dove per quattro anni è stato Parroco di Quatana, dedicandosi anche agli handicappati per i quali ha fondato una comunità. Dal 1999 al 2002 ha svolto l’incarico di Rettore del Seminario Patriarcale di Charfet in Libano e dal 2002 al 2009 quello di Rettore del Collegio S. Efrem in Roma per studenti orientali di lingua araba. Tornato a Damasco è stato nominato Protosincello. Oltre all’arabo, conosce l’italiano, il francese e il siriaco.

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    Rinunce e nomine

    ◊   Negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Los Angeles, presentata per raggiunti limiti di età dal cardinale Roger Michael Mahony. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. José Horacio Gómez, finora arcivescovo coadiutore della medesima arcidiocesi.

    In Canada, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Grand Falls, presentata da mons. Martin William Currie, in conformità al canone 401- paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto, Benedetto XVI ha nominato mons. Robert Anthony Daniels, finora ausiliare di London, Ontario.

    Sempre in Canada, il Papa ha nominato vescovo di Corner Brook and Labrador mons. Peter Joseph Hundt, finora ausiliare di Toronto. Il presule, 54 anni, ha compiuto gli studi dapprima presso l’Università di Waterloo, dove ha ottenuto il "Bachelor of Arts", e poi al "St Peter’s Seminary" di London, Ontario, ove gli è stato conferito il "Master of Divinity". Ordinato sacerdote, ha ricoperto l’incarico di vicario parrocchiale, quindi più tardi ha conseguito la Licenza in Diritto Canonico a Roma, presso la Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino (Angelicum). Successivamente, è stato cancelliere nella diocesi di Hamilton e quindi parroco. È stato nominato Vescovo titolare di Tarasa di Bizacena ed ausiliare di Toronto l’11 febbraio, 2006. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 25 aprile.

    In Vietnam, il Pontefice ha nominato vescovo della diocesi di Ðà Lat mons. Antoine Vu Huy Chuong, finora Vescovo di Hung Hoá.

    Sempre in Vietnam, Benedetto XVI ha nominato vescovo della diocesi di Hung Hoá mons. Jean Marie Vu Tât, finora ausiliare della medesima diocesi.

    Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Esarcato Apostolico per i fedeli Siri residenti in Venezuela presentata da mons. Iwannis Louis Awad, vescovo titolare di Zeugma di Siria, in conformità al can. 210 – paragrafi 1-2 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

    Benedetto XVI ha nominato esarca apostolico per i fedeli Siri residenti in Venezuela il corepiscopo Hikmat Beylouni, finora protosincello del medesimo Esarcato, assegnandogli la Sede vescovile titolare di Sabrata. Originario di Aleppo (Siria), dov’è nato 65 anni fa, ha frequentato gli studi di Filosofia e di Teologia all’Università dello Spirito Santo di Kaslik in Libano. Ordinato sacerdote per l’Arcieparchia sira di Aleppo e assegnato alla parrocchia di Sant’Efrem di Aleppo, ha poi ricoperto l’incarico di viceparroco alla Cattedrale di Beirut e di segretario del Tribunale ecclesiastico. Nel 1990 è stato trasferito in Venezuela come vicario della parrocchia della Cattedrale di Maracay e poi come parroco della parrocchia e del Santuario Nuestra Señora del Amparo a Puerto La Cruz, nella diocesi latina di Barcelona (dal 1997 ad oggi). Dal 2006 è protosincello dell’Esarcato. Il 23 luglio 1999 gli è stato concesso il titolo di Corepiscopo e il vescovo di Barcelona l’ha nominato, nello stesso anno, vicario episcopale per i Diritti umani. È cappellano dell’Istituto Autonomo della Polizia Municipale. È il fondatore del mensile Huracanes Espirituales, di cui è uno dei principali estensori. Parla arabo, aramaico, francese, spagnolo e inglese.

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    In vigore la nuova legge che regola la cittadinanza, la residenza e l'accesso alla Città del Vaticano

    ◊   Entra in vigore da oggi la nuova normativa che disciplina la concessione della cittadinanza e dei requisiti di residenza e di accesso allo Stato Vaticano. Tra i principali aventi diritto figurano i cardinali residenti nella Città del Vaticano e il personale diplomatico della Santa Sede. La legge, firmata da Benedetto XVI, è da considerarsi alla stregua di un Motu Proprio pontificio e sostituisce le vecchia legge sulla “cittadinanza e il soggiorno” risalente al 1929. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Quattro capitoli e 16 articoli, la metà dei 33 che componevano, nel complesso, la vecchia legge promulgata da Pio XI qualche mese dopo la firma dei Patti Lateranensi. È la nuova “Legge sulla cittadinanza, la residenza e l’accesso”, una normativa più agile e funzionale, voluta da Benedetto XVI, che due anni fa diede mandato a una Commissione ad hoc di studiare e aggiornare le vecchie regole che per l’appunto consentono di acquisire la cittadinanza vaticana, di ottenere la residenza all’interno dello Stato e di avere il permesso per circolarvi all’interno, anche senza essere un cittadino vaticano. La nuova legge è “figlia” di altre due normative promulgate negli anni passati, la Legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano, voluta da Giovanni Paolo II nel 2000, e la nuova Legge sulle fonti del diritto, firmata da Benedetto XVI nel 2008. A spiegare in sintesi la nuova normativa è mons. Giorgio Corbellini, presidente della Commissione che ha provveduto alla stesura della normativa, in un articolo sul numero del 2 marzo dell’Osservatore Romano. Va rilevato, afferma anzitutto, che la “figura del ‘residente’ ha acquistato importanza sempre maggiore nella realtà vaticana; nel corso degli anni – soggiunge – molte persone abitanti nello Stato hanno preferito, pur avendone i requisiti, non assumere la condizione di cittadino, che, nella legge del 1929, era considerata la situazione normale di quanti vivevano nella Città del Vaticano”. L’iter della Commissione (composta dal sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Ettore Balestrero, da mons. Sergio Felice Aumenta, e dai signori Claudio Ceresa, Vincenzo Mauriello, Carlo Carrieri, Raffaele Ottaviano e Costanzo Alessandrini) si è concluso il 16 giugno 2010, con la presentazione del progetto definitivo al cardinale segretario, Tarcisio Bertone, poi approvato dal Papa.

    Per quanto riguarda la cittadinanza, nel primo capitolo della nuova legge vengono considerati cittadini i cardinali residenti nella Città del Vaticano o in Roma. Articolo quest’ultimo, si precisa, che inserisce nella legge “una disposizione prevista nell'art. 21 del Trattato Lateranense”. L’attribuzione della cittadinanza vaticana è inoltre prevista anche per il personale diplomatico della Santa Sede. Anche questa disposizione rende organica una decisione non presente nella legge del ’29, ma aggiunta successivamente da Pio XII nel 1940. In subordine, può ottenere il diritto di cittadinanza chi risieda nella Città del Vaticano “in ragione della carica o del servizio”. Il secondo capitolo regola la condizione di residente e le relative autorizzazioni, mentre il terzo disciplina l’accesso, “cioè il permesso – spiega mons. Corbellini – di cui deve munirsi chi, non essendo cittadino o residente, ha qualche motivo per accedere alla Città del Vaticano”; nel 2010 il è stato registrato ai varchi il transito di circa 2 milioni e 100 mila veicoli. Una serie di altri articoli precisa poi permessi, divieti e sanzioni di una normativa che peraltro, si ribadisce, non si applica su quella parte del territorio vaticano nella quale vige il libero accesso: ovvero, Piazza San Pietro (che ha visto nel 2010 circa 2 milioni e 300 mila persone partecipare a udienze e cerimonie), la Basilica di San Pietro, frequentata sempre nel 2010 da 18 milioni persone (4 milioni e 100 mila sulla Cupola e le terrazze soprastanti) – anche se nel caso della Basilica, osserva mons. Corbellini, “dopo l'acuirsi dei pericoli del terrorismo internazionale, la prudenza esige una serie di controlli, prima non praticati” – e i Musei Vaticani, che non comportano “formalità diverse da quelle esistenti per gli altri musei” e che nel 2010 hanno contato circa 4 milioni e 600 mila visitatori.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nell'informazione vaticana, un articolo di monsignor Giorgio Corbellini a proposito della nuova legge su cittadinanza, residenza e accesso in Vaticano, promulgata da Benedetto XVI lo scorso 22 febbraio.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la situazione in Libia: cresce la pressione su Gheddafi, mentre anche l'Ue approva sanzioni.

    Tutte le immagini di Sant'Agostino: in cultura, il direttore sull'opera, presentata al Papa, "Iconografia agostiana. Dalle origini al XIV secolo".

    Un articolo di Raffaele Alessandrini dal titolo "Se i ciechi vedono e i sordi odono": Antonio Paolucci illustra la nuova didattica dei Musei Vaticani.

    Non solo ricamo: al convegno "La Diocesi di Roma e il Risorgimento", Grazia Loparco sulle ispettrici governative negli istituti educativi femminili nella Roma dell'Ottocento.

    Una rete intrecciata al mondo: intervista di Fabio Colagrande al gesuita Antonio Spadaro sulla trasmissione della fede nell'era digitale.

    A caccia di superconduttori: Maria Maggi sulla scoperta, cent'anni fa, di un fenomeno dalle applicazioni preziose.

    Gli anglicani e il ruolo delle donne per lo sviluppo: nell'informazione religiosa, riguardo a una nuova piattaforma di lavoro con gli episcopaliani.

    Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, sull'esigenza di valorizzare la scuola e l'educazione.

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    Oggi in Primo Piano



    Libia, la comunità internazionale non esclude l’uso della forza. Le analisi sulla crisi

    ◊   La Libia continua ad essere scossa da scontri e violenze. Secondo fonti locali, almeno tre persone sono state uccise da uomini fedeli a Muammar Gheddafi, durante la scorsa notte a Misurata. Il regime ha anche minacciato bombardamenti per porre fine alle proteste. L’Unione Europea, intanto, è pronta ad affrontare un flusso massiccio di profughi dalla Libia e segue attentamente l’evoluzione delle rivolte nei Paesi arabi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La comunità internazionale studia diverse opzioni per trovare una soluzione alla crisi libica. Il portavoce del Pentagono ha reso noto che Gli Stati Uniti stanno dispiegando forze navali intorno alle coste libiche per essere pronti ad ogni eventualità. Secondo il quotidiano britannico Times, in particolare, i Paesi della Nato si stanno preparando a un piano che preveda l’uso della forza per costringere il leader libico a lasciare il Paese. La Casa Bianca considera l’esilio di Muammar Gheddafi “una possibilità” da prendere in considerazione. Per il Ministero degli esteri israeliano c’è il “pericolo di un genocidio” e alla Libia dovrebbe essere imposta una no-fly zone. E mentre si ipotizza il divieto di sorvolo per i velivoli libici, il regime minaccia di bombardare i manifestanti di Al Zawiya, a 50 chilometri da Tripoli. L’Unione Europea, dopo aver adottato sanzioni che prevedono anche l’embargo sulla vendita di armi, sta predisponendo il congelamento dei beni del colonnello. Ma il leader libico non cede, resta nel bunker di Tripoli, e ai microfoni della Bbc afferma di essersi sentito tradito da alcuni Paesi occidentali. L’area ancora sotto il controllo del regime è ormai limitata solo alla capitale e il commissario europeo all’Energia, Gunther Oettinger, ha anche dichiarato che le forze fedeli a Gheddafi non controllano più i principali pozzi di petrolio. Sono migliaia, ogni giorno, coloro che decidono di fuggire dal Paese. Secondo stime dell’Onu, sono almeno 75 mila le persone che dal 20 febbraio scorso ad oggi hanno varcato il confine con la Tunisia. Secondo le Nazioni Unite, la situazione alla frontiera sta raggiungendo "il punto di crisi". Ed è sempre più drammatica anche la situazione di migliaia di eritrei, etiopi, somali, sudanesi e profughi provenienti dall’Africa Occidentale che vengono considerati dei mercenari dagli insorti e degli agitatori dai sostenitori del regime. Sulla loro vicenda si sofferma, al microfono di Fabio Colagrande, don Mussie Zerai, sacerdote eritreo responsabile a Roma dell’agenzia Habesha, Ong che si occupa dell’accoglienza dei migranti africani:

    R. – E’ quasi una caccia allo straniero africano: vengono additati come mercenari del regime perché questo ha utilizzato mercenari africani per sparare sui manifestanti. Non solo, i mercenari in alcune carceri libiche, nelle quali c’erano detenuti africani, sono stati costretti dai militari ad imbracciare le armi. Chi si è rifiutato è stato ucciso. I profughi sono terrorizzati. La Chiesa sta cercando di fronteggiare come può. Chiediamo che venga dato loro asilo in Paesi europei e che venga loro garantita protezione.

    D. – Si tratta di eritrei o etiopi o di cittadini di altri Paesi africani che si trovano in Libia che sono tra due fuochi…

    R. – Tra due fuochi, esatto. Perché anche dopo il discorso di Gheddafi dell’altra sera, che additava come agitatori gli stranieri, sono stati picchiati anche dai sostenitori del regime. Quindi, da una parte li aggrediscono i sostenitori di Gheddafi, dall’altra i manifestanti contro il governo, che li additano come mercenari. E in mezzo ai due fuochi, diverse persone sono morte. (gf)

    In molte zone della Libia gli insorti hanno sostituito il vessillo verde voluto dal colonnello Gheddafi con la bandiera monarchica dei tempi di re Idris. Pagine della storia recente potrebbero dunque convergere nel futuro del Paese. Ma a questa eredità del passato si aggiunge, come in altri Paesi del Nord Africa e del mondo arabo, anche una significativa pluralità di voci, come ricorda il prof. Paolo Branca, docente di Lingua araba e islamistica alla Cattolica di Milano:

    R. – Un’ondata del genere ovviamente cercheranno di cavalcarla un po’ tutti, tra cui i rappresentanti dei vecchi regimi, che tenteranno alla maniera del “Gattopardo” di far cambiare tutto affinché tutto rimanga come prima. Ma cercheranno di cavalcarla anche i movimenti islamici, che certamente non sono scomparsi. Di colpo giocheranno il loro ruolo. Però, il fatto che ci siano più voci e che il dibattito sia aperto e si sia comunque impostato tutto su obiettivi condivisi, non marcatamente religiosi, è già un buon inizio che non dovremmo congelare per nostra pigrizia e indifferenza.

    D. – C’è, secondo lei, un insegnamento che arriva ai governi europei da quello che sta accadendo nel Maghreb e nei Paesi arabi?

    R. – Ai governi sicuramente quello di guardare di più a obiettivi di medio e lungo periodo. E all’Europa intera - che sta invecchiando in fretta e male, piena di paure, aggrappata ai suoi peraltro sempre più fragili privilegi - la forza di queste nuove generazioni. (gf)

    L’ondata di proteste, nel Nord Africa e nel mondo arabo, è alimentata in gran parte dai giovani che manifestano, soprattutto, per il mancato rispetto della dignità umana. E’ quanto sottolinea, al microfono di Fabio Colagrande, la teologa musulmana Sharzad Housmand, docente di Studi islamici presso l’Istituto di Studi interdisciplinari su Religioni e Culture della Pontificia Università Gregoriana:

    R. – Sono giovani stanchi non solo di una forma stretta di visione religiosa, ma soprattutto dell’ingiustizia, della violenza, dell’oppressione, di essere derubati nei loro averi e nei loro tesori sia materiali sia spirituali. Sappiamo, ad esempio, che quel giovane tunisino che si è dato fuoco non lo ha fatto per una questione economica, ma soprattutto per rivendicare il diritto alla dignità umana. Quello che oggi sta succedendo in quei Paesi è esattamente questo: sono umiliati nella loro dignità umana.

    D. – In molti, però, sottolineano il rischio che questi movimenti giovanili non abbiano dei veri e propri leader…

    R. – Non c’è bisogno nemmeno di un leader. Sono giovani e sono le masse che fanno i leader. I pensatori e i maestri di queste società, con l’aiuto del mondo occidentale, possono prendere meglio la parola per il bene comune di tutti, musulmani e non, del nostro unico pianeta! (gf)

    E l’onda delle proteste, dopo il Maghreb, diventa sempre più imponente in diversi Paesi arabi. Nello Yemen, migliaia di manifestanti hanno protestato stamani nel centro di San’a. I dimostranti hanno chiesto a gran voce le dimissioni del presidente, Ali Abdullah Saleh. Almeno due persone sono morte in seguito agli scontri.

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    I sette anni del muro di separazione a Betlemme, barriera che spezza un popolo

    ◊   Il primo marzo 2004, avveniva la posa della prima pietra del muro di separazione a Betlemme. Questi sette anni sono stati rivissuti oggi nella giornata di sensibilizzazione e preghiera “Un ponte per Betlemme”, organizzata dalle parrocchie della città della Cisgiordania, di Beit Jala e Beit Zahur, dalle suore Elisabettine Francescane del Caritas Baby Hospital, da Pax Christi Italia e Agesci. Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente suor Donatella Lessio, del Caritas Baby Hospital di Betlemme, visitato da Benedetto XVI durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa del maggio 2009:

    R. – Alle quattro e mezzo di stamani, ci siamo portati al check-point 300 di Betlemme per vivere l’esperienza concreta e diretta con le centinaia di lavoratori che ogni mattina tentano di attraversarlo. Un’esperienza impressionante: anch’io, dopo sette anni, l’ho fatta per la prima volta e avevo il cuore spezzato nel vedere come tutti questi uomini debbano lottare per andare a lavoro. Siamo passati anche noi, come loro, verso Gerusalemme. Abbiamo fatto la strada di ritorno e recitato il Rosario al muro – come ogni venerdì noi suore facciamo, ormai da sette anni – proprio per chiedere l’intercessione della Vergine per la pace. Noi abbiamo un sogno: che il muro cada. E poi, un’altra cosa: abbiamo celebrato anche la Messa lì al muro, al check-point, per rendere presente e viva la figura di Cristo.

    D. – Sette anni dal muro di separazione: com’è la vita, a Betlemme?

    R. – Di anno in anno, peggiora sempre; le restrizioni ci sono. La situazione è molto, molto critica. Manca la possibilità di andare a lavorare tranquillamente: la gente si alza alle tre di mattina per raggiungere il posto di lavoro alle otto. Manca la possibilità di vivere una vita tranquilla: essendo un territorio occupato, l’occupazione è reale, esiste veramente. Manca la possibilità di incontrarsi tra amici, ci sono famiglie che sono state divise, madri e figli separati tra di loro, per cui anche l’unione familiare è stata interrotta. E’ un po’ il quadro di quella che è qui la vita quotidiana: la normalità non esiste più.

    D. – Di cosa si occupano le suore del Caritas Baby Hospital di Betlemme?

    R. – Il Caritas Baby Hospital è l’unico ospedale pediatrico di tutti i Territori occupati, per cui noi accogliamo bambini – solo palestinesi, perché ovviamente non c’è la possibilità per altri di varcare il muro – e svolgiamo l’attività di un ospedale pediatrico a tutti gli effetti. Diamo anche un supporto alle mamme, che così hanno la possibilità di rimanere con i loro figli 24 ore su 24, in un appartamento dove facciamo educazione sanitaria.

    D. – Il muro di separazione dove si trova rispetto all’ospedale?

    R. – A cento metri. Non essendo noi un ospedale chirurgico, quando ci arrivano bambini con problemi che richiedono interventi, soprattutto di alta chirurgia, abbiamo la necessità di trasferire i bambini a Gerusalemme: ovviamente, tutti i palestinesi per passare di là hanno bisogno di un permesso. Bisogna aspettare, completare tutte le pratiche. Poi, l’ambulanza palestinese, una volta ottenuto il permesso per il paziente, non può oltrepassare il check-point, deve aspettare l’ambulanza israeliana e fare il trasferimento. E ovviamente anche lì ci sono tempi importanti che si perdono per il bambino.

    D. – C’è un ricordo, un momento di gioia legati a questi bambini?

    R. – Ho in mente il caso di una bambina che era in fin di vita per un problema renale: aveva bisogno di dialisi e qui in Palestina non c’è nessun centro per la dialisi. Un medico, testardo, ha fatto di tutto perché la bambina venisse trasferita di là. I medici di Gerusalemme avevano detto: “Non possiamo fare molto; tentiamo…”. La forza della bambina e la sua volontà di vivere hanno fatto sì che Amani ritornasse da noi al Caritas Baby Hospital con una scatola di cioccolatini che ha offerto prima di tutto al medico che l’aveva inviata di là. (gf)

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    Le iniziative del Movimento dei Figli spirituali di Giovanni Paolo II a due mesi dalla cerimonia di Beatificazione

    ◊   Mancano due mesi esatti alla Beatificazione di Papa Wojtyla e il Movimento dei Figli spirituali di Giovanni Paolo II sta moltiplicando le sue iniziative nell’attesa di questo importante evento. Domani, alle 17, nella chiesa romana dell’Immacolata dei Miracoli, verrà celebrata una Messa seguita da una catechesi. A suor Maria Rosa Lo Proto, fondatrice del Movimento, Sergio Centofanti ha chiesto con quali sentimenti si stia preparando alla Beatificazione del primo maggio:

    R. – Intanto, con una grande gioia nel cuore e con una grande speranza, proprio perché vogliamo essere tanto grati anche a Benedetto XVI di questa bella approvazione. Ci stiamo preparando con molta preghiera e nella preghiera troviamo anche vie nuove per poter essere più coerenti con quelli che sono i punti fondamentali del nostro movimento, gruppi di preghiera, Figli spirituali di Giovanni Paolo II.

    D. – Quali sono le vostre iniziative in questi giorni?

    R. – In questi giorni, abbiamo una bellissima iniziativa che continua, ideata proprio per l’anno pastorale 2010-2011, e inserita nei momenti di preghiera: si tratta del cammino di catechesi che facciamo sempre nel giorno del pio transito di Giovanni Paolo II, quindi ogni due del mese, nella chiesa dell’Immacolata dei Miracoli a Via Sebastiano Veniero. Lì facciamo le catechesi con dibattito, ed è bellissimo perché dopo la tematica presentata da mons. Giangiulio Radivo, il nostro assistente ecclesiastico, seguono interventi molto interessanti che offrono delle chiarificazioni ad hoc. Poi, vediamo che la celebrazione eucaristica è un momento veramente forte, di ringraziamento al Signore: in quella circostanza, facciamo anche la richiesta di grazie con la preghiera ideata dal cardinale Camillo Ruini. Sono momenti di ricchezza spirituale e di ringraziamento al Signore, che varie grazie ci ha concesso in questo cammino interiore che ha fatto il movimento dal 25 marzo del 2007, giorno in cui siamo stati approvati come associazione pubblica di fedeli.

    D. – Che cosa rappresenta Giovanni Paolo II per il vostro movimento?

    R. – Giovanni Paolo II per il nostro movimento innanzitutto è un testimone carismatico, un testimone fedele, un testimone luminoso che ha dato e da, anche nei momenti più difficili, sempre una carica nuova per non tradire mai la fedeltà a Cristo e alla Chiesa. (ma)

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    Il ruolo dei vescovi nel Concilio Vaticano II: una rilettura del decreto "Christus Dominus"

    ◊   Il ministero del vescovo nella vita della Chiesa: è questo il tema centrale del decreto conciliare Christus Dominus, promulgato da Paolo VI il 28 ottobre 1965. Il gesuita padre Dariusz Kowalczyk ne parla nella 17.ma puntata della rubrica dedicata alla riscoperta dei documenti conciliari:

    “Senza vescovo la Chiesa non c’è”, esclamò sant’Ignazio d’Antiochia all’inizio del II secolo. Uno dei frutti del Concilio è stato il rafforzamento del ruolo dei vescovi che “succedono agli apostoli come pastori delle anime” (n. 2).

    La predicazione del Vangelo è uno dei doveri principali del vescovo. L'annuncio però non è astratto, ma si riferisce a tutto ciò che è importante per la vita dell'uomo. Nel decreto Christus Dominus leggiamo, infatti: “I vescovi insegnino quanto grande, secondo la dottrina della Chiesa, è il valore della persona umana, della sua libertà e della stessa vita fisica; il valore della famiglia, […] della procreazione ed educazione della prole; il valore della società civile, con le sue leggi […]; il valore del lavoro e del riposo, delle arti e della tecnica” (n. 12). C'è da augurarsi che i vescovi di tutte le Chiese locali abbiano il coraggio di avere una prospettiva così ampia.

    Per compiere la loro missione i vescovi devono – sottolinea il Concilio – godere “di una piena e perfetta libertà e indipendenza da qualsiasi civile autorità”. D’altra parte, però, i vescovi dovrebbero armonizzare le loro attività con quelle delle autorità pubbliche quando si tratta di promuovere la giusta legge.

    L’altro compito dei vescovi è quello di promuovere delle relazioni corrette con i presbiteri: “Li considerino come figli ed amici e perciò siano disposti ad ascoltarli e a trattarli con fiducia e benevolenza”. Il vescovo dunque dovrebbe avere tempo per i suoi presbiteri, per creare quella “sola famiglia, di cui il vescovo è come il padre” (n. 28).

    Finalmente, il Concilio ricorda ai vescovi il valore di una cooperazione sempre più stretta tra di loro. Una delle forme di tale collaborazione è costituita dalle Conferenze episcopali. Esse però non sono come dei governi, ma piuttosto come le assemblee degli amici che esercitano congiuntamente il loro ministero pastorale.

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    Chiesa e Società



    Costa d'Avorio: per la Caritas cinquemila sfollati bisognosi di assistenza

    ◊   La Caritas ha lanciato un appello per aiutare in Costa d'Avorio le persone vittime di violenze nei gravi disordini scoppiati durante le elezioni dello scorso anno. Attraverso una sottoscrizione si intende raccogliere 300.000 euro da destinare a 5.000 persone sfollate dalla capitale e a 400 famiglie delle città di confine nella provincia Zouan-Hounien. Secondo la Caritas Costa d'Avorio, la maggior parte delle persone in fuga dalla violenza nel Paese hanno cercato rifugio a Bangolo, dove stanno ricevendo aiuti. L’iniziativa - riporta L'Osservatore Romano - si iscrive in un progetto più ampio della Caritas indirizzato alla somministrazione di cibo, alla assistenza sanitaria e all’igiene, all’istruzione, nonché alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’hiv e l’aids, malattie, purtroppo, in aumento nel Paese. «Le maggiori difficoltà per coloro che sono costretti ad abbandonare le loro case — ha sottolineato Jean Djoman, direttore di Human Development di Caritas Costa d'Avorio — derivano soprattutto dal non avere abbastanza cibo o assistenza sanitaria. Ma ci sono anche altre difficoltà che incidono sulla normalità della vita quotidiana: l'accesso all'acqua potabile, la mancanza di articoli per la casa, che possono avere perso nei disordini». Soprattutto — ha ricordato Djoman — la gente ha una serie di problemi di salute che devono essere trattati con urgenza e efficacia: malaria, disturbi gastrici, patologie della pelle e polmonari; per non parlare poi delle donne in gravidanza e delle partorienti che non hanno un’adeguata assistenza sanitaria. La violenza è scoppiata quando il presidente Laurent Gbagbo ha rifiutato di dimettersi dopo aver perso le elezioni nel novembre scorso. Ben 300 persone sono state uccise negli scontri tra i sostenitori dell’ex presidente e quelli del neoeletto, Alassane Ouattara, il quale è stato riconosciuto a livello internazionale come il vincitore delle elezioni. (L.Z)

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    Il cardinale Sarah in Burundi per inaugurare la scuola “Benedetto XVI” di Muyaga

    ◊   Il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, è in Burundi per inaugurare sabato 5 marzo, a nome del Santo Padre che l’ha fatta costruire, la scuola "Benoît XVI" di Muyaga (Cankuzo), che sarà affidata alla diocesi di Ruyigi. Secondo le informazioni inviate all’agenzia Fides dalla nunziatura apostolica in Burundi, il cardinale è giunto ieri all’aeroporto di Bujumbura. In questi giorni incontrerà le Autorità politiche e amministrative, i Vescovi e i leader delle altre confessioni religiose, i responsabili burundesi della Caritas e delle organizzazioni internazionali che collaborano con Caritas Burundi. A Gitega incontrerà i Superiori locali dei religiosi e delle religiose, e i seminaristi del Seminario maggiore “Jean Paul II”. Durante la sua permanenza in Burundi, il cardinale Sarah celebrerà la Santa Messa al Santuario mariano del Monte Sion-Gikungu, a Bujumbura, nel pomeriggio del 1° marzo, e nella Cattedrale di Cristo Re a Gitega, il 4 marzo. Domenica 6 marzo lascerà il Burundi per rientrare in Vaticano. (R.P.)

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    Spagna: il cardinale Rouco rieletto per la quarta volta presidente della Conferenza episcopale

    ◊   Il cardinale Antonio M. Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, é stato rieletto questa mattina, Presidente della Conferenza episcopale spagnola per un secondo mandato. Era già stato presidente per due volte durante gli anni 1999-2005. Dopo una pausa di tre anni, con la nomina di mons. Ricardo Blázquez, è stato eletto di nuovo nel 2008 e quindi oggi accede alla carica per la quarta volta. Antonio M. Rouco Varela è nato il 20 agosto 1936 a Villalba (Lugo). Ha fatto i primi studi al seminario di Mondoñedo e si è iscritto poi alla Pontificia Università di Salamanca per i corsi di Teologia. Dopo l’ordinazione sacerdotale a Salamanca il 28 marzo 1959, si è trasferito a Monaco di Baviera, in Germania, per gli studi di Diritto e Teologia ed ha avuto il dottorato in Diritto Canonico. E’ stato consacrato vescovo il 31 ottobre del 1976 ed ha ricevuto la nomina di vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Santiago di Compostela della quale è stato promosso arcivescovo nel 1984. Il 28 luglio del 1994 è stato inviato a Madrid come arcivescovo della capitale. E il 18 gennaio del 1998 Giovanni Paolo II gli ha concesso la dignitá di cardinale. E’ titolare della chiesa di San Lorenzo in Damaso a Roma. Presso la Santa Sede è membro di sei dicasteri e fa parte del Tribunale Supremo della Signatura apostolica. Dal mese di dicembre del 2004 è membro del Consiglio dei cardinali per gli Affari economici della Santa Sede. Nel discorso di apertura dell’Assemblea in corso dei vescovi della Conferenza episopale a Madrid, il cardinale Rouco ha offerto un’ampia riflessione sulla Giornata Mondiale della Gioventù, che si terrà nella capitale di Spagna il prossimo mese d’agosto e che costituisce ovviamente uno fra i suoi impegni pastorali piu importanti ed immediati. Proprio durante le celebrazioni della Giornata mondiale, che saranno presiedute da Benedetto XVI il cardinale Rouco compirà, il 20 agosto, 75 anni. Dopo l’elezione di questa mattina, continuano a Madrid i lavori dell’Assemblea dei presuli spagnoli fino a venerdi 4 marzo. Per le prossime sedute sono previste le elezioni per tutte le cariche della Conferenza tranne quella del segretario che ha una durata di cinque anni. Come vicepresidente è stato rieletto mons. Ricardo Blázquez, arcivescovo di Valladolid. (Dalla Spagna, Ignacio Arregui)

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    Appello Unicef: in Nordafrica e Medio Oriente “proteggere i bambini a qualunque costo”

    ◊   “L'Unicef – riferisce l’agenzia Sir - è pronta a fornire assistenza in caso di necessità ed esorta tutte le persone coinvolte a proteggere i bambini a qualsiasi costo”. E’ quanto afferma il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia esprimendo “profonda preoccupazione per le notizie che riferiscono di bambini e adolescenti rimasti uccisi o feriti nell’escalation di violenze che sta interessando i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa”. La situazione è particolarmente allarmante in Libia, dove il Consiglio di Sicurezza ha lanciato un appello per avere assistenza umanitaria internazionale e ha manifestato preoccupazione per la carenza di forniture mediche. Da Bruxelles, il direttore generale Unicef, Anthony Lake, ricorda come “nessun bambino dovrebbe essere esposto a forme di pericolo di alcun tipo, in quanto ciò potrebbe avere un effetto di lunga durata sulla sua sopravvivenza e sul suo benessere psicologico”. (R.G.)

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    A Sulak Sivaraksa il 29.mo premio Niwano per la pace

    ◊   E’ Sulak Sivaraksa il vincitore del 29.mo premio Niwano, che viene assegnato ogni anno a leader religiosi distintisi per la loro azione a favore della pace. Sulak Sivaraksa è nato nel 1933 in Thailandiia in una famiglia di origini cinesi. Recatosi per gli studi in legge in Inghilterra e nel Galles è rientrato nel suo Paese nel 1961. Numerosi i campi nei quali si è impegnato: insegnante, studioso, autore di oltre cento libri in thai e inglese, attivista e fondatore di diversi movimenti, il più noto dei quali è l’ International Network of Engaged Buddhists (Ineb). Esponenti del Comitato per l’assegnazione del premio - che esamina candidati proposti da 700 persone e organizzazioni di 125 Paesi e di numerose religioni - hanno definito Sivaraksa “una voce della ragione e dell’etica, che dice la verità al potere e sottolinea problemi concreti che riguardano la dignità umana” e hanno evidenziato che è “un coraggioso attivista buddista e un intellettuale capace di persuadere le persone a promuovere l’importanza della consapevolezza sociale tra i buddisti di tutto il mondo”. Il premio Niwano - riferisce l'agenzia AsiaNews - è dato dalla Niwano Peace Foundation, fondata nel 1978 per contribuire alla costruzione di un mondo di pace in campi quali religione, filosofia, cultura, scienza. Grazie a donazioni di miliardi di yen, la fondazione organizza attività culturali e scambi internazionali. La Fondazione è legata all'opera di Nikkyo Niwano, figura di rilievo della spiritualità giapponese, che nel 1938 ha fondato l'organizzazione buddista laica Rissho Kosei Kai. Il movimento mira a un rinnovamento dell'insegnamento del buddismo amida e unisce profonda spiritualità, impegno sociale, promozione della pace, dialogo tra le religioni. Tra i vincitori delle passate edizioni ci sono l’aricescovo brasiliano Helder Camara, il pastore Philip A. Potter, segretario del Consiglio mondiale delle Chiese, il cardinale Paulo Evaristo Arns, il villaggio Neve Shalom fondato insieme da palestinesi e israeliani e il principe giordano El Hassan bin Talal, promotore della Lettera dei 138 saggi islamici al Papa. La premiazione di svolgerà a Tokyo il 19 maggio. Sivaraksa riceverà una medagli e 20 milioni di yen. (R.P.)

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    India: gruppi di cattolici protestano per la demolizione di 729 croci a Mumbai

    ◊   Sit-in di protesta a Bandra, sobborgo occidentale di Mumbai, contro l’ordine di demolizione di 729 croci. Ieri mattina – riferisce l’agenzia Asia News - un gruppo di cattolici locali ha manifestato davanti al Brihanmumbai Municipal Corporation (Bmc), l’ufficio comunale del Paese che ha emanato l’ordine di demolizione. La smantellamento rientra in un programma di miglioramento di strutture e infrastrutture urbane, che prevede l’eliminazione di luoghi di culto costruiti dopo il 1964 e ritenuti “illegali”, perché d’intralcio all’ampliamento di strade, miglioramento della viabilità o costruiti su terreni destinati a servizi pubblici. “È dal 2003 che presentiamo al Bmc i documenti che attestano la data di costruzione di queste croci – spiegano i residenti – ciononostante la commissione ha comunque emesso l’ordine di demolizione”. L’ufficio afferma però di non aver mai ricevuto tali documenti. Anil Joseph, presidente del gruppo Bombay Catholic Sabha ha spiegato che “queste croci fanno parte della storia e del patrimonio culturale e religioso di Bandra”. In precedenza, si trovavano all’interno di proprietà cattoliche. “Quando è stata fondata la Bmc - ha continuato Anil - molte aree sono state rivendicate dal corpo civico per la costruzione di strade o altre infrastrutture e così le croci sono state salvate ponendole lungo le strade”. “Noi siamo cristiani e onesti cittadini, rispettiamo la legge, quindi presenteremo di nuovo i documenti necessari, anche se l’abbiamo già fatto nel 2003”, ha osservato il gesuita Errol Fernanded, parroco della Chiesa di S. Pietro. “Io stesso – ha continuato il sacerdote - ricordo di aver consegnato nelle mani di Sudhir Naik le carte relative a due croci fuori dalla mia parrocchia”. (M.I.)

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    Sboccia la pace nel nordest dell'India, grazie all’aiuto della Chiesa

    ◊   La mediazione promossa dalla Chiesa cattolica nel Nordest dell’India, per disinnescare un aspro conflitto fra i gruppi tribali Rabha e Garo, sta dando i suoi frutti, con grande soddisfazione del governo locale e della società civile. Come informano fonti locali dell'agenzia Fides, l’Ecumenical Joint Peace Team of Northeast, guidato dall’arcivescovo di Guwahati, mons. Thomas Menamparampil, molto esperto nella mediazione di conflitti, ha trovato la formula giusta per far calare le tensioni e indicare una via percorribile di riconciliazione. A causa di alcune rivendicazioni territoriali, i due gruppi tribali, che vivono al confine degli stati indiani di Assam e Meghalaya, erano precipitati da alcuni mesi in una spirale di violenza reciproca, con atti di vandalismo, danni a case e raccolti, uccisione di bestiame, che stavano per degenerare in conflitto armato. L’intervento del team di pace ha scongiurato la guerra intestina. “Prima di tutto occorreva lavorare per diminuire la rabbia e il risentimento presenti nelle rispettive comunità; in una seconda fase abbiamo cercato di far adottare gesti e comportamenti che potessero aiutare a ristabilire la fiducia reciproca” spiega all’agenzia Fides l’arcivescovo. Mons. Menamparampil ha quindi promosso incontri con i leader dei due gruppi prima a Damra, in Assam, poi a Mendipathar, in Meghalaya. Grazie alla collaborazione fattiva di altri cristiani, come i Battisti, ha ottenuto dai leader delle comunità la disponibilità ad abbandonare i propositi di scontro e a ristabilire un legame pacifico, garantendo aiuto concreto ai due gruppi: assistenza per la riparazione dei danni subiti, ritorno delle famiglie fuggite a causa della tensione. L’arcivescovo ha commentato: “Era importante prima di tutto contribuire a restaurare un clima di fiducia reciproca, che è la base appropriata per qualunque opera di ricostruzione e di riabilitazione sociale”. Tale opera si è giovata dell’esperienza dell’arcivescovo, che è persona benvoluta da tutti i leader tribali e che in passato, in almeno altre sei occasioni di conflitti locali, ha riportato risultati apprezzabili di pacificazione. Un passo determinante verso la riconciliazione dell’intera regione c’è stato il 24 febbraio scorso, quando numerose organizzazioni della società civile nel Nordest hanno organizzato una grande “Iniziativa di pace”, cui hanno preso parte oltre mille persone, di diversi gruppi tribali, in cui le autorità locali si sono impegnate a garantire il ritorno di tutti gli sfollati interni, vittime dei diversi conflitti che hanno interessato la regione. Un valido aiuto a queste famiglie sarà garantito anche dai sacerdoti locali di Guwahati e di Tura, incaricati di provvedere alla loro assistenza. (R.P.)

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    India: l'Università di New Dehli dedica una cattedra di studi a Madre Teresa di Calcutta

    ◊   L'Indira Gandhi National Open University di New Delhi, nei giorni scorsi ha inaugurato una «cattedra» di studi a Madre Teresa di Calcutta. La decisione dell’istituzione accademica di onorare la suora dei poveri servirà per formare nuovi studenti nel campo della filantropia; la «cattedra Madre Teresa» infatti verrà inserita all’interno della facoltà di servizi sociali all’ateneo di New Delhi. Secondo le prime notizie diffuse dall’università e riprese dall'agenzia del Pime missionOnLine.org, la «cattedra» di Madre Teresa inizierà i suoi corsi e attività su tematiche riguardanti l’Aids, i lebbrosi, i bambini di strada, i rifugiati e altre categorie di persone vulnerabili. Verranno offerte conoscenze teoriche e anche un impegno concreto nel campo, con programmi di intervento sociale e di sviluppo. In pratica, come riferiscono alcuni media indiani, l’istituzione accademica intitolata alla prima Missionaria della Carità offrirà conoscenze, istruzione e specializzazione su come «servire i più poveri della società». Come a dire che l’esempio della "madre con il sari" è diventato un modello da studiare all’università perché «vincente» nell’affrontare le situazioni-limite della povertà. (R.P.)

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    Antonianum di Roma: cattedra di “Spiritualità e dialogo interreligioso” dedicata a mons. Padovese

    ◊   Venerdì 4 e sabato 5 marzo, alla Pontificia università Antonianum di Roma, si terrà l'inaugurazione della cattedra in memoria di mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia, ucciso il 3 giugno 2010. Gli ambiti di interesse della cattedra – riferisce l’agenzia Sir - saranno la ricerca di Dio come ponte di dialogo tra le religioni, il carattere proprio della esperienza cristiana di Dio in Cristo nello Spirito Santo, in relazione alle diverse esperienze religiose; la storia delle relazioni e delle convivenze tra le religioni nel mondo. Particolare riferimento sarà dato alla presenza cristiana nel Medio Oriente. Questo ambito riprende un tema particolarmente caro a mons. Padovese e costituisce un elemento significativo per la tradizione francescana che ha legato la sua presenza all'Oriente cristiano, alla Terra Santa in particolare, e all'incontro con l'islam. Nella mattina di venerdì porteranno il loro saluto diverse autorità accademiche e religiose, tra cui il ministro generale dell'Ordine dei Frati minori e gran cancelliere dell'Antonianum, fr. José Rodriguez Carballo, il ministro generale dei Frati minori cappuccini, fr. Mauro Jöhri, l'ambasciatore di Turchia presso la Santa Sede, Kenan Gürsoy. Parleranno, inoltre, il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, e padre Pier Battista Pizzaballa, Custode di Terra Santa. In occasione dell'inaugurazione si terrà, venerdì pomeriggio e sabato, il I Simposio di Anatolia, Cilicia e Cappadocia cristiane, ultimo simposio organizzato da mons. Padovese, programmato in Turchia dal 23 al 29 giugno 2010 e sospeso a causa della sua uccisione. Tra i tanti interventi previsti: Romano Penna, Pontificia università lateranense, e Petros Vassiliadis, Università Aristotiles di Salonicco. (R.G.)

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    Filippine: i vescovi annullano la veglia di preghiera contro la legge sulla salute riproduttiva

    ◊   La Conferenza episcopale delle Filippine (Cbcp) ha deciso di annullare la veglia di preghiera prevista questa settimana davanti alla Camera dei Rappresentanti dove continua il dibattito sul disegno di legge sulla salute riproduttiva. I fedeli sono stati invitati ad andare, invece, a pregare davanti al Santissimo Sacramento per ottenere il ritiro del testo. “Abbiamo chiesto anche ai monasteri di pregare per la nostra causa, perché sarà una lunga battaglia”, ha dichiarato padre Melvin Castro, segretario esecutivo della Commissione episcopale per la vita e la famiglia. Se approvata dalla Camera bassa del Congresso, il disegno di legge passerà subito al Senato per il varo definitivo, grazie all’utilizzo del rito abbreviato da parte del Governo. Di fronte all’accelerazione dell’iter parlamentare nei giorni scorsi i vescovi avevano deciso di sospendere il dialogo con l’Esecutivo, una decisione di cui il Presidente Aquino si era detto rammaricato, chiedendo di riprendere al più presto un confronto costruttivo sulla questione. Intanto – riferisce l’agenzia Ucan – continua nel Paese il braccio di ferro tra i sostenitori e gli oppositori della legge. Domenica un migliaio di manifestanti appartenenti al Partito Laburista e a una rete di associazioni a favore dell’uso dei contraccettivi per il controllo delle nascite, ha inscenato una protesta davanti alla sede della Conferenza episcopale a Manila per chiedere ai vescovi di rivedere la loro posizione. I manifestanti hanno acceso simbolicamente 11 candeline per ognuna delle donne che, a loro dire, perdono la vita ogni giorno a causa di complicanze che avrebbero potuto essere evitate con la nuova legge. Il dibattito sul Reproductive Health Bill nelle Filippine è in corso da diversi anni ormai. La legge rifiuta l’aborto clinico, ma promuove un programma di pianificazione familiare, che impedisce alle coppie di avere più di due figli, pena il pagamento di una sanzione e in alcuni casi il carcere. A sostegno del programma essa sponsorizza la diffusione in tutte le scuole e luoghi pubblici di pillole anticoncezionali, finora vietate per legge, preservativi e promuove la sterilizzazione volontaria. Chiesa e associazioni cattoliche pro-vita promuovono invece il Natural Family Programme (Nfp), che mira a diffondere tra la popolazione una cultura della responsabilità e dell’amore basata sui valori cristiani. (L.Z.)

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    Indonesia. Leader cristiani della Papua: calpestati i diritti umani degli indigeni

    ◊   Un “kairos”, un “momento di verità”, per una riflessione sul progressivo deteriorarsi del rispetto dei diritti umani nella Papua indonesiana: è quanto propongono alcuni leader cristiani indonesiani, mentre nella tormentata regione nei prossimi mesi si eleggerà il nuovo governatore. Gli osservatori notano meccanismi poco democratici e poco trasparenti nel processo elettorale (di fatto il governo centrale controlla la nomina), che hanno generato contestazioni anche a livello legale. In un accorato intervento inviato all’agenzia Fides, i leader cristiani delle Chiese protestanti, evangelica e battista in Papua notano “il fallimento del governo nel promuovere lo sviluppo delle comunità indigene”, nonostante la legge che disegnava una “Speciale autonomia per la Papua”. “Come leader delle Chiese, siamo profondamente preoccupati per la condizione della nostra popolazione, specialmente degli indigeni, proprietari delle terre: il loro destino è stato relegato all’incertezza, per le politiche di sviluppo promosse dal governo indonesiano”. L’applicazione della Speciale Autonomia è stata, secondo i leader “inconsistente e sconclusionata”, ed è segno di insincerità del governo, che ha condotto gli abitanti della Papua a parlare di “completo fallimento”. La stessa Assemblea parlamentare è considerata “un insulto al popolo, creato a immagine di Dio”, mentre la posizione del governo di fatto “annichilisce i diritti e l’esistenza stessa degli indigeni nella loro madrepatria”. I leader cristiani vedono in questo momento “un’occasione propizia” per esprimersi: in primo luogo notano il ripetersi delle antiche dinamiche e i vecchi problemi di democrazia e legalità. I leader ricordano, inoltre, la storia di sofferenza delle popolazioni locali, che alcuni osservatori hanno definito “un genocidio”, rimarcando la volontà del governo di Giacarta di mortificare del tutto – con programmi di immigrazione interna – la vita, i diritti, lo sviluppo e la promozione sociale delle comunità indigene. I papuani sono considerati “cittadini di seconda classe” e sono di fatto emarginati e discriminati. I leader si dicono pronti ad accompagnare la sofferenza del popolo, in una prospettiva biblica e teologica: “Il Signore ci manda a stare a fianco del popolo, nella sua buia storia di sofferenza e oppressione”. Fare questo, notano, è parte integrante della missione di annunciare la “Buona Novella” del Vangelo di Cristo. Per questo i cristiani chiedono al governo di Giacarta di fermare il processo elettorale, che non è trasparente, e di chiarire i nodi esistenti, aprendo un dialogo autentico con le comunità indigene, assicurando il rispetto dei loro diritti fondamentali. La Papua, ex colonia olandese, all'inizio degli anni '60 è stata annessa dall’Indonesia, senza il consenso della popolazione locale. Da allora non si sono mai spente le proteste e i fermenti indipendentisti. (R.P.)

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    Cina: anche la comunità cattolica dello Shaan Xi prega per i terremotati di Christchurch

    ◊   La preghiera, il Rosario, la Santa Messa e una raccolta di fondi destinati alle vittime del terremoto che ha colpito Christchurch in Nuova Zelanda e alle loro famiglie, come il sostegno spirituale ai sopravvissuti e ai soccorritori, contraddistinguono l’impegno principale della comunità cattolica della provincia dello Shaan Xi (circa 230.000 fedeli, 8 diocesi) negli ultimi giorni. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, dal 22 febbraio, quando si è diffusa la notizia del terremoto che aveva colpito la Nuova Zelanda, le comunità si sono subito mobilitate nella preghiera per le vittime e per i soccorritori. Nella cattedrale dell’arcidiocesi di Xi An, capoluogo della provincia, domenica scorsa è stata celebrata una solenne Eucaristia per i terremotati. I fedeli della diocesi di Zhou Zhi hanno coinvolto tutti nella recita del Rosario detto “della misericordia”. Alcune zona di questa provincia hanno vissuto in passato lo stesso dramma del terremoto, per cui alcuni fedeli hanno detto: “quando abbiamo subito il terremoto, abbiamo ricevuto tanta solidarietà. La Nuova Zelanda è lontana, non possiamo essere in prima linea per i soccorsi, ma non cambia il nostro desiderio di esprimere la solidarietà ai terremotati di Christchurch. La preghiera è la cosa migliore, ne abbiamo fatto esperienza in prima persona”. Gli enti cattolici di servizio sociale e caritativo dello Shaan Xi stanno raccogliendo i fondi per i terremotati in tutte le comunità. (R.P.)

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    Sud Corea. Sacerdoti e laici missionari in aumento: una forza per l’evangelizzazione

    ◊   I cattolici emigrati all’estero rappresentano un vasto potenziale di evangelizzazione, specie per l’Asia. La Chiesa cattolica coreana, commenta con soddisfazione l’incremento di preti, religiosi e laici documentato dalle statistiche sui missionari e sui fedeli laici in diaspora, elaborate dalla Commissione per la pastorale dei migranti della Conferenza episcopale del Paese asiatico e di cui riferisce l’agenzia Fides. Secondo i dati aggiornati a dicembre 2010, i coreani cattolici all’estero sono 161.390, in aumento del 2% rispetto al 2009, e rappresentano circa il 2,4% sul totale dei coreani in diaspora, che in tutto sono 6,8 milioni. Notevolmente cresciuti sono i sacerdoti coreani inviati in missione ad gentes nei Paesi in via di sviluppo: nel 2010 hanno ricevuto il mandato missionario 330 preti, con un aumento di 80 unità rispetto all’anno precedente. I sacerdoti si occupano spesso della cura pastorale delle comunità cattoliche coreane in diaspora, ma attualmente molti di loro vanno in Paesi dell’Africa e dell’Asia, dove si opera per la prima evangelizzazione. Riguardo i laici, si rileva la crescita delle comunità cattoliche coreane in diversi Paesi dell’Asia come Indonesia, Vietnam, Filippine e Cina. Analizzando la distribuzione per aree geografiche, 116 mila fedeli coreani si trovano in Nord America, 19 mila in Oceania, circa 11 mila in Asia, 8.500 in Sud America, 6.000 in Europa e 380 in Africa. (R.G.)

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    Bolivia: l’incoraggiamento del cardinale Terrazas dopo le piogge torrenziali

    ◊   La Chiesa cattolica in Bolivia ha invitato i cittadini "a unirsi di fronte alle avversità naturali" che tra gennaio e febbraio hanno ucciso oltre 60 persone e ne hanno lasciate quasi 60.000 senza tetto, distruggendo migliaia di ettari di coltivazioni e pascoli. Il governo ha dichiarato lo stato di "emergenza nazionale " e ha inviato i suoi ministri nelle regioni interessate per coordinare i soccorsi e aiutare le vittime, insieme con i governi locali e i comuni. "Siamo in grado di risolvere i problemi insieme, con l'aiuto e l'illuminazione del Signore" ha detto nella sua omelia della domenica il cardinale Julio Terrazas Sandoval, arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra, Primate della Bolivia. Il cardinale ha esortato i fedeli a riflettere sul danno che può provocare la natura con alcune delle sue manifestazioni più violente. Secondo un primo rapporto della Protezione Civile, circa 65 persone sono state uccise dallo straripamento dei fiumi, dalle inondazioni e dalle frane, dopo dodici ore continue di pioggia forte. Le zone di Villa Canillitas, Providencia, Santo Domingo e Manaco, al nord de La Paz, sono quasi completamente invase dal fango da oltre 7 giorni, a causa dello straripamento dei fiumi Rocha y Huayculi. Il problema più grave è l’acqua che entra nelle case e la mancanza di pompe per estrarla. Inoltre nella zona cominciano ad apparire le zanzare, portando ulteriori evidenti disagi per tutti. In una nota inviata all’agenzia Fides da Radio Onda Azul, Williams Rioja, direttore del dipartimento di Primo allarme e della Gestione del rischio del Governo, ha detto che il maggior numero di famiglie colpite si trova a Palos Blancos, dove circa 1.500 nuclei familiari hanno perso tutto, soprattutto i terreni coltivati. A Guanay si stima che siano 500 le famiglie colpite, nonostante il livello dell'acqua sia sceso negli ultimi giorni. Inoltre le comunità di Ixiamas, San Buenaventura e Alto Beni sono ancora in attesa di aiuto. (R.P.)

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    Terra Santa: il battesimo nel Giordano per uno dei minatori cileni

    ◊   Si e' concluso con il battesimo nel fiume Giordano di uno degli scampati e del figlio neonato di un suo compagno d'avventura il pellegrinaggio in Terra Santa compiuto in questi giorni, su invito del ministero del Turismo israeliano, di 24 dei 33 minatori cileni rimasti intrappolati nei mesi scorsi per 69 giorni a 600 metri sotto terra. La cerimonia, molto toccante, - riferisce l'agenzia Ansa - si e' svolta nel sito nel quale secondo il racconto evangelico fu battezzato per mano di Giovanni, all'inizio della sua vita pubblica, lo stesso Gesu'. Il primo a scendere in acqua per ricevere il sacramento e' stato - nelle braccia di suo padre - il piccolo Ricardo Villareal Godoy, di quattro mesi, nato pochi giorni dopo il salvataggio dei 33 minatori. Poi e' stata la volta degli adulti, mariti e mogli, alcuni dei quali hanno rinnovato le promesse battesimali nel corso di un rito ecumenico. In precedenza, in visita a Nazaret (Galilea), i minatori erano stati ricevuti con familiari e accompagnatori nella basilica dell'Annunciazione dal vescovo della cittadina natale di Gesu', mons. Marcuzzo, che aveva dato loro il benvenuto accogliendoli come un simbolo della ''salvezza di Dio''. Il gruppo, nei giorni scorsi, aveva fatto sosta in altri luoghi santi della cristianita', dal Santo Sepolcro di Gerusalemme alla basilica della Nativita' di Betlemme (nei Territori palestinesi). Era stato poi ricevuto dal presidente israeliano, Shimon Peres, e aveva visitato pure il Muro del Pianto di Gerusalemme, il museo memoriale dell'Olocausto (Yad Vashem) e il Mar Morto. Presso le rovine di Masada aveva inoltre partecipato a un momento di preghiera guidato dal rabbino Shimon Elarar, culminato nella lettura delle parole finali del Salmo 113: ''Il Signore risolleva il povero dalla polvere''. (R.P.)

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    Si conclude oggi il "viaggio interreligioso" in Terra Santa del Movimento dei Focolari

    ◊   Ultimo giorno di visita, oggi, per i responsabili del Movimento dei Focolari che dall’11 febbraio si trovano ad Haifa, in Terra Santa. Nel loro fitto programma – riferisce l’agenzia Zenit - hanno incontrato la Comunità del Movimento sparsa in Israele e nei territori Palestinesi, in particolare a Betlemme, così come autorità civili e religiose, cristiane e non. In questi luoghi, il presidente del Movimento, Maria Voce, ha avuto modo di partecipare a vari incontri che hanno riunito sessanta amici del Movimento, ebrei, cristiani e musulmani, “da tempo impegnati in un fruttuoso dialogo interreligioso che dimostra – si legge in una nota - quanto la buona volontà e il desiderio di pace possano andare avanti e portare frutto”. La presidente Voce ha, inoltre, parlato del “ruolo del dialogo nel promuovere la pace”, presso l’Università ebraica di Gerusalemme, nella prestigiosa sede dell’Istituto Truman per la pace. Tra i circa 80 uditori figuravano il nunzio mons. Franco, il vescovo ausiliare di Israele mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, il rabbino David Rosen, la signora Debbie Weissmann, presidente dell'ICCJ (International Council of Christians and Jews), rabbini e accademici ebrei e responsabili di comunità e congregazioni cristiane. “L'incontro – spiega ancora la nota - ha manifestato l'interesse di numerose personalità, in particolare del mondo ebraico, nei confronti del Movimento dei Focolari, dopo decenni di presenza in Terra Santa, una partecipazione fatta di numerosi e duraturi contatti instauratisi con singoli cristiani, ebrei e musulmani, ma anche con istituzioni e associazioni impegnate nel dialogo, in particolare interreligioso”. (M.I.)

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    Usa: i vescovi con i lavoratori del Wisconsin contro la legge anti-sindacato

    ◊   I vescovi degli Stati Uniti condividono le ragioni dei lavoratori del Wisconsin contro le misure proposte dal Governatore Scott Walker che prevedono una forte riduzione delle contrattazioni collettive per i dipendenti pubblici e di altre categorie per ridurre le spese del bilancio statale. Circa 60mila persone hanno partecipato, sabato, a una manifestazione nella capitale dello Stato Madison per chiedere il ritiro delle misure che sono passate all’esame del Senato per l’approvazione finale. Per l’opposizione democratica e i sindacati si tratta, infatti, di un vero e proprio attacco ai diritti sindacali. In un messaggio rivolto ai fedeli - riferisce l’agenzia Cns - il presidente della Conferenza episcopale del Wisconsin, mons. Jerome E. Listecki, rileva che “sarebbe un errore emarginare o bandire i sindacati come ostacoli alla crescita economica”. “Le difficoltà non annullano l’obbligo morale che ciascuno di noi ha di rispettare i legittimi diritti dei lavoratori”, sottolinea la lettera pastorale, ricordando i contenuti del Magistero sociale della Chiesa sul tema dei diritti di rappresentanza dei lavoratori, in particolare l’Enciclica “Laborem Exercens” di Giovanni Paolo II e la “Caritas in veritate” di Benedetto XVI. Una posizione ribadita dal Catholic Labor Network e pienamente condivisa dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb). In questo senso si esprime mons. Stephen Edward Blaire, presidente della Commissione dei vescovi per la giustizia nazionale e lo sviluppo umano, in una lettera indirizzata a mons. Listecki: “Con i nostri confratelli del Wisconsin – si legge nella missiva - avete opportunamente ricordato cosa insegna la Chiesa sui diritti e i doveri dei lavoratori, compreso il diritto di costituire e appartenere a un sindacato e ad altre associazioni e il dovere di affrontare i problemi nel rispetto dei diritti e dei bisogni di tutti". "Il dibattito sui diritti di rappresentanza dei lavoratori – ha osservato inoltre mons. Blaire - non rappresenta semplicemente una questione ideologica o di affermazione del potere, ma deve avere come riferimenti i principi di giustizia e di partecipazione, per dare voce ai lavoratori nel mercato del lavoro e nell’economia”. Le proteste nel Wisconsin stanno avendo una vasta risonanza nel Paese, in quanto le proposte del Governatore Walker potrebbero essere imitate anche da altri Stati che devono fare fronte ad analoghe difficoltà di bilancio. (A cura di Lisa Zengarini)

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    In India la Bibbia tradotta in lingua kashmiri da un bramino convertito al cattolicesimo

    ◊   Presentazione ufficiale della Bibbia in lingua kashmiri, nella città di Guntur, in India. Il progetto, lanciato nel lontano 1994, è frutto della collaborazione fra la diocesi di Jammu-Srinagar e della Bible Society indiana. Tutti i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento sono stati tradotti insieme ad oltre otto volumi di apocrifi. L’autore dell’opera è Predhuman K Joseph Dhar, un noto studioso, giornalista, scrittore e educatore, convertito al cattolicesimo e appartenente ad una famiglia conservatrice dell’ordine braminico Shavita. “Insieme ai miei fratelli ho studiato nella scuola dei missionari di Mill Hill”, ha raccontato l’autore all'agenzia AsiaNews spiegando il percorso di fede che lo ha portato ad avvicinarsi al cristianesimo. “Quando entrai nella IX classe – riferisce - cominciai a visitare la Chiesa di nascosto, per timore che i miei genitori lo venissero a sapere”. “Era sbalordito - continua - nel vedere che i cristiani veneravano la Croce e mi chiedevo perché quell’uomo era stato messo a morte in quel modo e perché non era stato in grado di salvarsi e, soprattutto, che gente erano i suoi seguaci”. La sua ricerca continuò negli anni seguenti. “Mi trovai come trafitto da una magia, le parole di Gesù Cristo - sottolinea - sembravano scritte specialmente per me”. “Leggendo il sermone della Montagna – aggiunge - entrai in un mondo nuovo: all’improvviso capii perché Gesù volle morire sulla Croce”. Poi arrivarono gli anni dell’università, a Lucknow, e l’incontro con le “Confessioni” di Sant’Agostino e la vita e le opere di San Giovanni della Croce. Nel frattempo la fede si stava facendo strada nel suo animo e non potè più tenere nascosto il suo interesse per il cristianesimo. “Fui fatto oggetto delle peggiori accuse – commenta Predhuman - ma sopportai questo trattamento duro con l’amore che sopporta e tollera tutto con pazienza”. Nel 1984 accadde qualche cosa di straordinario: “Mentre stavo dicendo il Rosario – racconta l’autore - ho visto una forma luminosa che mi diceva che il mio Signore voleva che gli rendessi testimonianza esplicita e che mi avrebbe aiutato”. Predhuman fu battezzato il 21 aprile 1984, una scelta che portò la rottura completa con la sua famiglia. La sua testimonianza continuò, svolgendo lavoro giornalistico, in difesa del cristianesimo e ora anche con la traduzione della Bibbia nella sua lingua paterna. (M.I.)

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    Sudan: operatori cattolici accusati di distribuire Bibbie

    ◊   Il Sudan ha sospeso il lavoro umanitario dell’agenzia Catholic Relief Services (Crs) nello Stato del Darfur occidentale, perché accusata di distribuire Bibbie. È questa l’ultima di una serie di limitazioni nei confronti di agenzie umanitarie straniere che operano nel Darfur, segnato, dopo otto anni di conflitto, da una delle peggiori crisi sociali del mondo. Le Nazioni Unite - riferisce L'Osservatore Romano - stimano che ben 300.000 persone siano state uccise dall'inizio del conflitto. Mohamed Awad, capo del dipartimento per gli aiuti umanitari della Commissione nello Stato, ha detto che le Bibbie sono state trovate nei campi profughi e nelle scuole. Le indagini avrebbero dimostrato che a distribuirle sono stati operatori del Crs. (L.Z.)

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    Cina. Alle proteste dei giornalisti stranieri aggrediti il governo replica: "Rispettate le leggi"

    ◊   La Cina chiede ai giornalisti stranieri di collaborare, in risposta alle proteste per gli arresti e le violenze contro esponenti della stampa avvenuti domenica scorsa durante gli scontri tra agenti e manifestanti, nell’ambito della ''rivolta dei gelsomini'', indetta attraverso Internet da anonimi attivisti. L’annuncio del portavoce ministero degli Esteri, Jiang Yu, giunge dopo la condanna dell’ambasciata degli Stati Uniti in Cina, che ha definito ''inquietanti'' gli attacchi contro decine di giornalisti stranieri da parte di agenti in borghese della Polizia di Pechino. Anche il Club dei corrispondenti stranieri in Cina si è dichiarato ''oltraggiato'' chiedendo al governo di Pechino di ''assicurare la sicurezza fisica di tutti i giornalisti che lavorano in Cina''. Ma il governo di Pechino rilancia la responsabilità dell’accaduto sui giornalisti, che dovrebbero ''comprendere e cooperare, rispettando i regolamenti e le leggi vigenti in Cina''. (R.G.)

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    Premio giornalistico per la Giornata Mondiale della Gioventù 2011, a Madrid

    ◊   Un premio giornalistico per la Giornata Mondiale della Gioventù: a promuoverlo è la Fondazione spagnola “Cronaca bianca”, che lo ha intitolato “Sentinelle del domani”. Il premio – di cui riferisce l’agenzia Sir - è rivolto a tutti quei giornalisti e studenti in comunicazione sociale, iscritti alla Gmg e di età compresa tra i 16 e 35 anni che avranno pubblicato un articolo tra il 1° gennaio e il 1° maggio 2011. Verranno presi in considerazione i pezzi che giungeranno entro il 15 maggio prossimo. Il premio ha il sostegno del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, che intende promuovere l’idea di un giornalismo etico e professionale anche tra le fasce dei più giovani. La cerimonia di premiazione si terrà il 16 agosto 2011, all’interno degli eventi culturali della Gmg. Il premio consiste in 1000 euro e la possibilità di uno stage presso alcuni partner della Fondazione promotrice dell’iniziativa, tra cui le università di San Pablo, Francisco de Vitoria e Universidad Católica San Antonio de Murcia. Quattro le categorie in gara: articoli stampa, radio, audiovisivi e internet. (R.G.)

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    Ungheria: un nuovo libro sulla cultura rom a cura di mons. János Székely

    ◊   Mons. János Székely, vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest ha scelto un linguaggio semplice e illustrazioni molto colorate per il suo libro “Cigány népismeret” dedicato alla presenza dei rom in Ungheria. Il libro, per ora solo in lingua magiara, ma sono già stata messe in cantiere diverse traduzioni, è destinato alle scuole, non solo cattoliche, e a tutti coloro che sono desiderosi di scoprire il mondo zingaro, ricco di storia, di tradizioni, ma anche di problematiche. Mons. Székely è un esperto in materia, ricorda il Sir: è uno studioso di cultura zingara e il responsabile della Pastorale rom dell’episcopato ungherese. I rom sono presenti in tutta Europa, ma in Ungheria, in particolare, ne esistono quattro gruppi linguistici per un totale di 700mila persone su una popolazione di 10 milioni e molti di essi sono intenzionati ad abbandonare i loro usi perché se ne vergognano: “È un grosso problema – afferma mons. Székely – potremo aiutarli a mantenere la loro identità solo se sapremo comprendere e accettare l’altro”. Nell’opera del presule si parla anche di figure celebri di origine rom, personaggi storici, sportivi, Santi e sono citate opere di scrittori ungheresi che hanno raccontato con storie popolari, poesie e preghiere, la vita nomade di questo popolo. (R.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Rapiti per alcune ore dipendenti Onu in Costa d’Avorio: nel Paese situazione allarmante

    ◊   Due dipendenti della missione Onu in Costa d'Avorio, l'Onuci, sono stati rapiti oggi ad Abidjan da giovani sostenitori del presidente uscente Laurent Gbagbo e rilasciati alcune ore più tardi. Ieri, erano stati feriti tre caschi blu in un'imboscata perpetrata nella zona di Abobo. In due quartieri della capitale ivoriana è stato imposto un coprifuoco di tre giorni. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha chiesto una riunione d'urgenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sull'attuale situazione nel Paese africano, dove la crisi politica in atto nel Paese sta causando scontri sanguinosi e l'esodo dei civili. Della situazione in Costa d’Avorio, Bernard Decottignies ha parlato con mons. Alexis Touabli Youlo, vescovo di Agboville:

    R. – C’est vrai que la situation est troublée…
    È vero c’è molta agitazione. È una situazione che ci preoccupa, ma io spero che il popolo non perda la speranza. Il popolo sta reggendo il colpo e ritengo abbia molte risorse morali per affrontare questa situazione. Ma è vero, la situazione non è assolutamente rosea…. Attendiamo ora che vengano resi noti i risultati della missione di mediazione dei capi di Stato africani e speriamo che risolvano la crisi… Nei villaggi, la gente ha eretto molte barricate per controllare tutti i veicoli affinché non vi siano infiltrazioni di ribelli.

    D. – Ci sono nuove violenze sparse, ad Abidjan come a Yamoussoukro. Anche in altre province ed anche dove siete voi, ci sono state ultimamente nuove violenze?

    R. – Non, non. Je suis a Agboville et il n’y a pas de violences. …
    No. Io sono ad Agboville e non si registrano nuove violenze. Tuttavia, la gente ha molta paura, poiché ci sono molte voci che dicono che potrebbero verificarsi degli attacchi, non si sa bene dove… Tutto questo non fa che aumentare la paura tra la gente: la gente ha paura, la gente non si muove. Ma dove mi trovo io, ringraziando Dio, non ci sono ancora delle violenze.

    D. – Soltanto qualche settimana fa, la Chiesa ivoriana ha condotto un lavoro di riconciliazione e di mediazione: questo impegno della Chiesa è ancora in corso?

    R. – Ce travail est toujours en cours, mais…
    Questo impegno è ancora in corso, ma il problema è che i vescovi non sono riusciti più ad incontrarsi. Il lavoro è stato fatto. Oggi, nel momento in cui vi parlo, la circolazione da una regione all’altra è diventata difficile e questo rende difficoltoso un incontro.

    D. – Secondo lei, quale sarebbe la soluzione migliore per il Paese?

    R. – Franchement, personnellement je ne saurais vous répondre …
    Francamente, non saprei come risponderle, perché io non vedo al momento una soluzione. È vero che come cristiano e come credente non perdo la speranza, ma politicamente è davvero difficile. (mg)

    Proteste dei coloni in Cisgiordania per lo sgombero di insediamenti illegali
    Sale rapidamente la tensione in Cisgiordania dopo il recente avvio di misure da parte del governo israeliano contro alcuni avamposti illegali ebraici. Ieri, dopo la demolizione di tre edifici nell'avamposto di Hawat Ghilad (Cisgiordania settentrionale), gruppi di coloni estremisti si sono abbandonati a violenze sia in Cisgiordania, sia a Gerusalemme, dove hanno bloccato due arterie. In alcuni insediamenti della Cisgiordania, sono stati affissi poster in cui si attacca il premier Netanyahu per l’operazione condotta ieri a Hawat Ghilad. In ogni caso, Netanyahu conferma la determinazione a sgomberare almeno tre avamposti illegali nei quali vivono un centinaio di famiglie. Ieri, inoltre, Netanyahu ha avvertito i compagni del Likud che alla luce del grande isolamento internazionale di Israele non è possibile estendere la presenza ebraica in Cisgiordania, come molti di loro invece desiderebbero.

    Ahmadinejad non vuole “interferenze” sul caso di Mussavi e Karrubi
    Si tratta di “un affare interno e nessun Paese ha il diritto di interferire”. Così il portavoce del Ministero degli esteri di Teheran sul trasferimento in un carcere segreto dei due leader dell’opposizione iraniana, Mussavi e Karrubi. Una vicenda, questa, che fa emergere una dicotomia del regime iraniano: se da una parte, infatti, il presidente Ahmadinejad condanna le repressioni attuate contro i manifestanti nei Paesi arabi, dall’altra cerca di eliminare le opposizioni interne. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica presso l’Università Cattolica di Milano:

    R. - Ahmadinejad sta trasformando la Repubblica islamica dell’Iran in una dittatura totalitaria, molto più di quanto lo fosse in passato, concentrando il potere nelle sue mani e nelle mani dei pasdaran, che sono molto più violenti del clero religioso. Dall’altra parte, guarda con favore alle recenti rivolte perché sono rivolte che hanno abbattuto regimi legati all’Occidente, che quindi indeboliscono la posizione degli Stati Uniti e dell’occidente stesso. E soprattutto, confida nel fatto che, dopo il cambio di regime, vi sia un’ascesa dei movimenti islamisti che guarderebbero all’Iran con maggior simpatia.

    D. – Però si ha l’impressione che le proteste nei Paesi arabi non abbiano attecchito del tutto in Iran, o almeno, non in maniera così forte come in altri Paesi. Perché?

    R. – Una prima risposta è perché in Iran le proteste già vi erano state quando Ahmadinejad aveva rivinto le elezioni presidenziali truccando milioni di schede elettorali. Quindi, l’afflato di protesta contro il governo in Iran c’è già stato e la repressione è stata molto dura. Un secondo motivo è che la società civile iraniana, proprio perché è più matura, ha dei movimenti politici di opposizione che sono non violenti, che sono pacifici. I leader dell’opposizione Mussavi e Karrubi non hanno mai incitato la folla alla violenza, alla rivolta, ma alla protesta.

    D. – Proprio a proposito di Mussavi e Karrubi leader dell’opposizione, la loro sorte resta incerta: pare che siano stati arrestati e tra l’altro il portavoce del Ministero degli esteri di Teheran, ha detto che si tratta di un affare interno e che nessun Paese ha il diritto di interferire …

    R. – Il fatto che sia un affare interno è ridicolo. Purtroppo, da molto tempo in Occidente, anche nell’amministrazione Obama, vi è stata la linea di tacere su quello che accadeva in Iran per cercare di ottenere un compromesso sul nucleare. C’è stata una scelta nello stesso tempo cinica e velleitaria, che non ha pagato. (ma)

    Ancora bombe nella zona tribale nel Pakistan nord-occidentale
    Almeno due persone sono morte per l'esplosione di una bomba nella Mohmand Agency, un territorio tribale nel Pakistan nord-occidentale. Secondo l'emittente l'ordigno è stato attivato a distanza da sconosciuti al passaggio di un veicolo. Ieri, scrive peraltro il quotidiano The News International, tre militanti hanno perso la vita nello stesso territorio per lo scoppio prematuro di un ordigno che stavano cercando di collocare vicino al villaggio di Ghanam Shah.

    Attentato in Afghanistan nella provincia di Logar
    Un soldato della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) è morto oggi nell'Afghanistan meridionale, durante un attacco degli insorti. I militari stranieri che hanno perso la vita in Afghanistan sono 2.351 dall'inizio dell'Operazione "Enduring Freedom" nel 2001 e 69 dall'1 gennaio 2010. Intanto, nella provincia centrale di Logar i talebani hanno rivendicato un attentato in cui sono morti quattro soldati afghani ed un interprete.

    Missione del Fmi a Islamabad per un esame dello stato dell’economia
    Una missione del Fondo monetario internazionale (Fmi) è attesa oggi ad Islamabad per un nuovo esame dello stato dell'economia del Pakistan e per continuare le discussioni tese a sbloccare 1,7 miliardi di dollari, seconda tranche di un Accordo stand by (Sba) raggiunto tempo fa. Oltre a un esame della situazione economica, la delegazione, guidata da Adnan Mazarei, vicedirettore del Dipartimento Medio Oriente e Asia centrale del Fmi, si tratterrà nella capitale pakistana fino all'8 marzo per mettere a punto misure che permettano di restaurare la stabilità macroeconomica ed introdurre riforme strutturali.

    Commissario Ue Affari economici: assicurare una ripresa forte
    “Nonostante l'attuale relativa calma sui mercati finanziari, la situazione non è ancora pienamente normalizzata”: è il monito del commissario Ue agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, che - nel giorno delle nuove previsioni economiche di Bruxelles - ribadisce la necessità di “assicurare una ripresa più forte”. Per questo - in vista degli importanti vertici europei programmati per il mese di marzo - invita tutti i Paesi a “raggiungere un accordo sul fronte del risanamento dei bilanci e del completamento delle riforme strutturali. Per quanto riguarda l’Italia, Rehn ha ricordato la duplice sfida: "risanare i conti riducendo l'elevato debito pubblico e assicurare una più rapida ripresa attraverso riforme strutturali". Secondo Olli Rehn, l’Italia inoltre ha bisogno di una politica di “moderazione salariale per evitare ulteriori perdite di competitivita”.

    Sale al 119% il debito pubblico italiano: dati Istat per il 2010
    Sale nel 2010 il rapporto debito-pil. Secondo l'Istat, si è attestato al 119% del pil. Si tratta di circa tre punti in più rispetto all'ultima stima che dava il rapporto nel 2009 al 116,1%.

    Lascia il ministro della Difesa tedesco accusato di aver copiato la tesi di dottorato
    Il ministro della Difesa tedesco, Karl-Theodor zu Guttenberg (Csu), ha annunciato le sue dimissioni dopo che da giorni è accusato di plagio della sua tesi di dottorato. “Mi dimetto dai miei incarichi politici”, ha detto Guttenberg. “Questa è la decisione più dolorosa della mia vita”, ha aggiunto. Guttenberg ha poi ringraziato la cancelliera Angela Merkel per il suo appoggio e ha aggiunto: “Sono sempre pronto a combattere, ma ho raggiunto i limiti della mia forza”. Il ministro si è scusato di nuovo per la vicenda della tesi e ha spiegato di avere preso questa decisione solo adesso perchè voleva studiare con attenzione le accuse a lui rivolte. Inoltre, ha sottolineato, voleva aspettare i funerali dei soldati uccisi la settimana scorsa in Afghanistan per non attirare su di sè tutta l'attenzione dei media.

    Due minuti di silenzio in Nuova Zelanda ad una settimana dal terremoto
    La nuova Zelanda si è fermata oggi per osservare due minuti di silenzio in memoria delle vite perdute nel terremoto che esattamente una settimana fa ha raso al suolo gran parte di Christchurch, la pittoresca seconda città del Paese. Alle 12:51 (le 0:51 in Italia) tutti si sono fermati per ricordare e per esprimere sostegno alle famiglie in lutto per i loro cari uccisi nel sisma di magnitudo 6,3, particolarmente devastante perchè di scarsa profondità e con epicentro vicino alla città. Il numero di morti e dispersi è di circa 240, secondo il dipartimento di difesa civile, che ha aumentato la precedente stima di oltre 200. Il numero ufficiale confermato di morti è di 154, ma continuerà a salire mentre un contingente internazionale di oltre 600 soccorritori continua a scavare fra le macerie. Nessun sopravvissuto è stato estratto dalle macerie da mercoledì scorso.

    La Corea del Sud chiede dialogo a Pyongyang
    Il presidente sudcoreano Lee Myung-bak ha espresso la disponibilità di Seul per un dialogo “senza pregiudizi” con il regime nordcoreano, ribadendo tuttavia la necessità che Pyongyang si assuma la responsabilità per le provocazioni militari e rinunci alle ambizioni nucleari. Lee ha parlato in occasione del 92.mo anniversario dai primi moti di rivolta contro la dominazione coloniale nipponica della Corea. L'apertura arriva mentre tornano a salire le tensioni tra i due Paesi, con Pyongyang di nuovo sul piede di guerra contro le manovre militari congiunte Usa-Corea del Sud e le attività di propaganda anti-regime condotte da Seul. Lo scorso anno la penisola coreana ha registrato alcune tra le crisi più gravi dalla fine della guerra di Corea (1950-53). A marzo una corvetta del Sud è affondata nel mar Giallo causando la morte di 46 marinai a causa - secondo Seul - di un attacco attribuito a Pyongyang, mentre a novembre l'esercito nordcoreano ha bombardato l'isola sudcoreana di Yeonpyeong, uccidendo due civili e due militari. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 60

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.