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Sommario del 17/05/2011
◊ Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha dato oggi notizia di alcuni prossimi importanti appuntamenti dell’attività del Papa. Domani, a margine dell’udienza generale, in una delle salette adiacenti l’Aula Paolo VI, il Pontefice incontrerà il nuovo segretario della Lega Araba, Nabil al-Arabi, eletto due giorni fa. E’ stato invece fissato per sabato prossimo 21 maggio, alle 13.56, il collegamento audio-video tra Benedetto XVI e la stazione spaziale internazionale in occasione dell’ultima missione dello Shuttle Endeavour. Quel giorno, saranno presenti nella stazione spaziale 12 astronauti, tra cui il colonnello italiano, Roberto Vittori, che porterà la medaglia d’argento donata dal Papa.
Infine, padre Lombardi ha reso noto che il Pontefice si trasferirà a Castel Gandolfo ai primi di luglio e per quel mese saranno quindi sospese le udienze generali. I tradizionali incontri del mercoledì con il Papa non avranno luogo il 6, il 13, il 20 e il 27 luglio.
◊ Benedetto XVI riceve oggi in udienza alle 18 l’arcivescovo Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.
Negli Stati Uniti, il Papa ha nominato vescovo di Joliet in Illinois mons. Robert Daniel Conlon, finora vescovo di Steubenville.
In Portogallo, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Vila Real, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Joaquim Gonçalves. Al suo posto, Benedetto XVI ha nominato mons. Amândio José Tomás, finora coadiutore della medesima diocesi.
◊ Gli attuali squilibri mondiali, alimentati soprattutto da speculazioni finanziarie e da un’iniqua distribuzione delle risorse, sono aggravati anche dalla piaga degli sprechi alimentari. Da un recente studio, commissionato dalla Fao, emerge che oltre 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, circa un terzo di quanto viene prodotto ogni anno per il consumo umano, sono perse o sprecate. Sul tema delle disparità si è soffermato anche Benedetto XVI nell’incontro di ieri con i partecipanti al Congresso del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace per il 50.mo anniversario dell’Enciclica di Papa Giovanni XXIII Mater et magistra. Nella produzione alimentare mondiale, in particolare, gli squilibri sono determinati da due fattori. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, l’economista Riccardo Moro, docente di Politiche dello sviluppo all'Università di Milano:
R. – Ci sono squilibri di due tipi. Da un lato, dal versante della distribuzione del prodotto, cioè la localizzazione del prodotto e il suo trasporto dove questo è richiesto. Dall’altro lato, c’è uno squilibrio pesante dal punto di vista dei prezzi con singoli prodotti che hanno raddoppiato, quadruplicato persino, il proprio prezzo nello spazio di due anni per poi scendere velocemente ai prezzi del 2006 alla fine del 2008 in un paio di mesi. Stiamo assistendo un po’ allo stesso fenomeno dagli ultimi mesi del 2010. Il punto è capire perché questo avviene e come è possibile intervenire.
D. – C'è anche da notare che, per quanto riguarda le perdite alimentari, queste sono più rilevanti nei Paesi in via di sviluppo a causa di infrastrutture carenti, scarsa tecnologia e mancanza di investimenti. Come uscire da questo tunnel che sembra sempre più allarmante?
R. – E’ difficile intervenire però si possono fare diverse cose. Il primo elemento è di rafforzare gli strumenti di governance globale. Cosa vuol dire governance? Una sede, o anche più sedi, ma che dialoghino fra loro, in cui i Paesi e gli operatori protagonisti - che sono i contadini, i consumatori - ragionino insieme su cosa fare. Dall’altra parte, più tecnicamente, si deve cercare di incidere su diversi livelli. Ma perché abbiamo questi squilibri? Il prezzo della produzione è influenzato dal fatto che la produzione non aumenta quanto potrebbe. C’è anche un elemento, molto delicato, che è quello delle speculazioni finanziarie. Sempre di più, esistono strumenti finanziari, come i derivati, che scommettono sull’aumento dei prezzi e creano una dinamica imitativa - quando non vi è una vera e propria manipolazione del mercato per cui pochi operatori portano ad aumenti - e questo ha conseguenze pesantissime sul piano della vita delle persone. Allora, se in passato le operazioni finanziarie legate ai prezzi alimentari erano fatte dai protagonisti del mercato reale, oggi l’evoluzione dei mercati finanziari fa sì che esistano una serie di contratti finanziari che sono vere e proprie scommesse. Tali scommesse non hanno la finalità dello scambio dei prodotti, ma usano il prezzo dei prodotti alimentari solo come riferimento per determinare la remunerazione di quei derivati.
D. - Un’altra faccia di questi squilibri, oltre a quella delle speculazioni, è quella degli sprechi. Come emerge anche dallo studio commissionato dalla Fao, ogni anno i consumatori dei Paesi sviluppati sprecano 220 milioni di tonnellate di cibo, quasi la stessa quantità dell’intera produzione alimentare dell’Africa subsahariana. Questo è un dato che fa riflettere…
R. – Sarebbe necessaria una riflessione su come vogliamo produrre, dove e per chi. Questo significherebbe poter riflettere su fabbisogni di consumo regionali e su opportunità di produzione cercando anche di ridurre le distanze che i singoli prodotti devono percorrere. Significa cercare di ottimizzare la possibilità di consumo locale da parte delle produzioni che si fanno in loco. In questo modo, si ridurrebbero produzioni inutili, si ridurrebbero gli sprechi e si migliorerebbe l’accesso al cibo da parte delle popolazioni che oggi sono più svantaggiate. (bf)
◊ Evangelizzazione del sociale, nuove disparità, beni comuni, politiche del lavoro: i temi all’esame di oltre 200 delegati di tutto il mondo, convocati a Roma dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace per animare il Congresso, aperto ieri, su “Giustizia e globalizzazione”. Tre giornate di lavoro tese a valorizzare la Dottrina sociale della Chiesa, a partire dall’Enciclica Mater et Magistra di Giovanni XXIII alla Caritas in Veritate di Benedetto XVI. Philippa Hitchen ha intervistato il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Dicastero pontificio:
R. - Sono passati 50 anni dalla promulgazione di questa Enciclica di Giovanni XXIII. Come tutte le Encicliche aveva le sue radici nel sociale. In quel periodo, si potevano già rilevare grandi cambiamenti nel campo della scienza, della tecnologia; si cominciava a conquistare anche lo spazio… Era anche il periodo in cui molti Paesi del cosiddetto Terzo mondo avevano ottenuto l’indipendenza dai Paesi colonizzatori. La preoccupazione raccolta in questa Enciclica era che, dopo aver concesso l’indipendenza, questi Paesi non tornassero per una neo-colonizzazione, che consistesse nel prendere il controllo delle materie prime, delle risorse di questi Paesi. E purtroppo proprio questo si è verificato.
D. – E infatti, molti dei problemi sono rimasti uguali 50 anni dopo…
R. - In questo senso, l’Enciclica è stata profetica. Anche l’agricoltura si è trovata in un periodo di meccanizzazione: l’Enciclica invocava un prezzo adeguato, il prezzo giusto dei prodotti cosicché i coltivatori non avessero a soffrire della diseguaglianza dei prezzi. Oggi, abbiamo lo stesso problema. L’agricoltura in America e in Europa è sovvenzionata dallo Stato. I Paesi poveri dell'Africa e dell'Asia, invece, non sono sovvenzionati. Come fanno quindi a competere a livello di prodotti e prezzi? Alcuni di questi problemi sono reali ancora adesso, però ci sono tante iniziative che mostrano che non tutto è perduto, perché anche se la soluzione non è visibile nell’immediato, gli insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa possono essere sempre messi in pratica. Ci sono imprenditori che appartengono all’Uniapac (Union Internationale des Associations Patronales Catholiques) e vogliono testimoniare la fede attraverso le loro imprese: ci sono dei tentativi intorno a noi. Per esempio, si dimostra come si possa trasformare la vita della comunità nel villaggio con l’energia solare; c’è un’iniziativa in un paesino del Messico, un’iniziativa italiana, che ha cambiato la vita del villaggio… Ci sono tantissime piccole iniziative e in questo Congresso vogliamo dire semplicemente questo.
D. - Cioè, diffondere l’ottimismo?
R. – Certo, anche questo. Ma soprattutto che il cambiamento è possibile, che gli insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa sono applicabili. Ci vuole un piccolo cambiamento del cuore per far diventare tutto questo un’esperienza universale. Per questo ci siamo riuniti. (bf)
Tra gli aspetti più sottolineati durante i lavori del Congresso, vi è la necessità di un laicato protagonista. Ma come rilanciare il ruolo dei laici in ambito socio-poltico-economico? Roberta Gisotti lo ha chiesto alla dott.ssa Flaminia Giovanelli, sottosegretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace:
R. – Personalmente, credo sia necessaria la formazione dei giovani. Di questo si è parlato in varie circostanze in questi ultimi mesi. E’ importante cominciare anche dagli adolescenti, perché vediamo che quando vanno all’università – come ci è stato detto da docenti di politica del lavoro, di economia – i giovani sono già formati. Bisogna quindi cominciare da prima, con una sensibilizzazione all’impegno sociale, accompagnato da azione ed impegno personale. E’ uno dei motivi per i quali abbiamo voluto, per una questione abbastanza originale nei nostri convegni, una terza giornata domani dedicata alle cosiddette ‘buone pratiche’, proprio per mostrare come i principi della Dottrina sociale della Chiesa siano anche applicabili e possano funzionare, non soltanto in progetti che hanno un carattere di volontariato, ma anche in un’economia che rende profitto.
D. – Ma c’è abbastanza spazio per i laici nelle strutture ecclesiali? Perché sovente si sente fare questa lamentela da parte dei laici?
R. – In effetti, onestamente, non è sempre al meglio questo inserimento dei laici. Ma devo anche dire che le nostre Commissioni Giustizia e Pace sono tutte quante formate per la maggior parte da laici. Diceva Paolo VI che la Commissione Giustizia e Pace deve essere come il gallo sul tetto per ascoltare quello che succede nel mondo. E chi è in prima linea nel mondo e nell’impegno di carattere sociale, politico ed economico sono i laici. Del resto, anche il Concilio affida proprio ai laici la funzione nell’impegno politico. Quindi, nelle nostre commissioni, i membri laici sono comunque preponderanti.
D. – Quindi, sarà bene anche allargare questa esperienza positiva, che hanno maturato negli anni le Commissioni Giustizia e Pace…
R. – Sì, ma certo bisogna vedere poi all’interno, nelle istituzioni ecclesiali, come muoversi…
D. – Il Papa, ricevendo ieri i partecipanti al Congresso, si è detto in particolare preoccupato anche del fenomeno legato alla speculazione finanziaria, che dopo la crisi del 2008 purtroppo è ripreso in grande scala…
R. – Sì, il Consiglio si è occupato di questo proprio all’inizio, al manifestarsi della crisi. Infatti, abbiamo pubblicato un documento che chiedeva lo studio di un nuovo patto finanziario internazionale, perché si era visto che la finanza aveva perso la sua funzione di ponte fra il capitale e la sua funzione produttiva e che quindi era la parte speculativa ad avere la preponderanza. Purtroppo, c’è anche questo nuovo rischio di crisi alimentare mondiale, e molte volte una parte della crisi alimentare è dovuta a una questione speculativa. E’ molto, molto grave che queste forze speculative continuino ad operare come se niente accada. Probabilmente, il prossimo G20 affronterà questi temi e speriamo che ci possa essere qualche cambiamento.
D. – Quello che spaventa di più è che questa economia finanziaria ha eclissato proprio la persona, l’uomo…
R. – Questa è la funzione della Chiesa: quella di mettere la persona umana al centro di tutto. (ap)
◊ E’ un bilancio largamente positivo quello della visita in Giappone del cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, conclusasi quest’oggi. Come ha raccontato all’agenzia Fides il nunzio apostolico, mons. Alberto Bottari de Castello, “la sua è stata una presenza amica e fraterna, capace di infondere grande coraggio e di offrire un prezioso aiuto spirituale, oltre che materiale, alla Chiesa e a tutta la nazione”. La visita è stata ampiamente riportata dai mass-media laici nipponici e l’opinione pubblica tutta, rimarca il nunzio, “ha gradito molto questo gesto di solidarietà e di vicinanza, espressione di una precisa volontà del Santo Padre. Proprio di questo i giapponesi hanno bisogno oggi, in questa fase di ricostruzione e faticosa ripresa, dopo il sisma e lo tsunami”, afferma mons. Bottari de Castello. Il cardinale Sarah, nei discorsi pronunciati in diverse occasioni, ha sottolineato più volte che la sua visita era “espressione della paternità e dell’amore del Santo Padre”, e la gente ha colto benissimo questo messaggio. Il cardinale si è recato prima nella diocesi di Saitama, dove ha incontrato il vescovo locale e ha partecipato ad un momento di preghiera sulle rive del mare, lasciando fiori per le vittime dello tsunami. Successivamente, domenica 15 maggio, ha celebrato la Santa Messa nella diocesi di Sendai, la più colpita: è stata una celebrazione molto commovente, in quanto ha visto la partecipazione di alcuni sopravvissuti al sisma e allo tsunami, che hanno perso i familiari più stretti: a loro il cardinale Sarah ha espresso vicinanza e conforto, pregando per loro e benedicendoli. Il presidente di Cor Unum ha visitato le aree colpite notando “l’ampiezza della devastazione” ma anche i diversi Centri allestiti dalla Caritas Giappone nell’area di Sendai: qui, attraverso la generosa opere dei volontari, si provvede all’assistenza dei profughi e delle vittime, cercando di aiutarli a tornare alla loro vita normale. Significativa anche la celebrazione sul battello nel golfo di Matsushima, alla presenza di leader religiosi buddisti e delle autorità civili, per commemorare le vittime, con il lancio di fiori in mare. Infine la visita ha rappresentato un momento di unità e di partecipazione solidale e affettiva per tutta la Chiesa giapponese: il cardinale Sarah ha infatti condiviso a Tokyo un incontro fraterno con i vescovi nipponici che lo hanno ringraziato per la sua presenza e per l’attenzione mostrata dal Santo Padre.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Un futuro di fiducia e di amicizia: in prima pagina, sulla visita di Stato di Elisabetta II in Irlanda, un editoriale di Eamon Gilmore e William Hague, rispettivamente vice primo ministro e ministro degli Affari esteri e del commercio del Governo irlandese, e ministro degli Affari esteri e del Commonwealth del Governo britannico.
Nell’informazione internazionale, un articolo di Simona Verrazzo sulle energie rinnovabili in Afghanistan.
In cultura, gli interventi del cardinale Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, e di Jerome Vignon, presidente delle Settimane Sociali di Francia, al congresso internazionale, a Roma, per il cinquantesimo anniversario della “Mater e magistra” di Giovanni XXIII.
Antonio Paolucci sull’iconografia di sant’Agostino.
La relazione introduttiva di Pier Francesco Fumagalli al convegno, a Gerusalemme, su “Italia-Israele: gli ultimi centocinquant’anni”.
Chi consegnò la Spagna a Franco: Paolo Mieli legge l’ultimo saggio di Gabriele Ranzato.
Un Papa mediatico: Pio XII protagonista all’International Catholic Film Festival.
Nell'informazione vaticana, un articolo del cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi, dal titolo “Quel mosaico di Maria che ricorda l’attentato a Papa Wojtyla”: l’effige della “Mater Ecclesiae” in piazza San Pietro fu voluta da Giovanni Paolo II in segno di riconoscenza.
Belgio, incarico a Di Rupo per la formazione dell'esecutivo che manca da un anno
◊ Dopo un anno senza governo, in Belgio si tenta di arrivare ad un nuovo esecutivo. Il re Alberto II ha infatti dato ieri a Elio Di Rupo, leader di origini italiane dei socialisti francofoni, l'incarico di formare il prossimo governo, a seguito delle dimissioni del precedente il 26 aprile 2010. Di Rupo è uscito vincitore, nella Vallonia di lingua francese, dalle elezioni del 13 giugno scorso. Nelle Fiandre di lingua fiamminga, invece, ha trionfato il partito indipendentista N-Va, guidato da Bart De Waever. Da allora, nessuna mediazione ha permesso di superare lo stallo. Su questo nuovo capitolo della politica belga, Giada Aquilino ha intervistato David Coppi, giornalista del quotidiano di Bruxelles Le Soir:
R. - E’ un capitolo molto importante, perché le elezioni in Belgio si sono svolte ormai un anno fa, il 13 giugno 2010: un anno è passato e la crisi è ancora in corso. Dunque, il re ha dato l’incarico a Elio Di Rupo, forse per un ultimo tentativo, per provare a riavvicinare il nord e il sud del Paese: i partiti fiamminghi e i partiti di lingua francese, della Vallonia e di Bruxelles.
D. - Che possibilità ha Elio Di Rupo di formare un governo ora?
R. - E’ molto difficile. La crisi è molto profonda. Alle elezioni di un anno fa, nelle Fiandre, ha stravinto un partito che si chiama N-Va, il suo leader è Bart De Waever: si tratta di un partito nazionalista-separatista che vuole l’indipendenza delle Fiandre. Tutta la difficoltà è qui: bisogna capire se questo partito è capace o no di gestire la situazione e di accettare che il Belgio si mantenga con un governo. Se questo partito accetterà un compromesso, allora tutto sarà possibile e Elio Di Rupo, probabilmente, sarà a settembre il nuovo capo del governo in Belgio.
D. - Se invece non si dovesse giungere a un compromesso, a un accordo, quali scenari si aprono per il Belgio?
R. - Un primo scenario è che il governo che gestiva il Paese prima delle elezioni del giugno 2010 resti in carica, anche se con poteri un po’ ridotti: si tratta di un governo di coalizione, con cristiani democratici e con socialisti e il primo ministro è il cristiano democratico fiammingo, Yves Leterme. Un altro scenario che potrebbe imporsi a questo punto è quello delle elezioni, che in realtà porrebbero degli interrogativi: chissà che risultato potrebbero dare nelle Fiandre; forse il partito nazionalista e separatista potrebbe diventare ancora più forte dopo le consultazioni. (mg)
A Montevideo, Messa inaugurale dell’assemblea del Celam. Intervista con il cardinale Ouellet
◊ Con una Messa celebrata, ieri, nella cattedrale di Montevideo, presieduta dal prefetto della Congregazione per i vescovi e della Pontifica Commissione per l'America Latina, il cardinale Marc Ouellet, si è aperta ieri la 33.ma Assemblea generale del Celam, il Consiglio episcopale latinoamericano. Dalla capitale uruguayana, il servizio della nostra inviata Alina Tufani:
La Chiesa in America Latina vive un momento positivo, nonostante debba ancora prendere coscienza che le ideologie non sono quelle che la porteranno avanti e che i cristiani devono portare il messaggio del Vangelo di Gesù Cristo nella vita pubblica. L’ha affermato il cardinale Marc Ouellet, presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, nella conferenza stampa, dopo la Messa inaugurale, della 33.ma Assemblea del Consiglio episcopale latinoamericano nella Cattedrale di Montevideo. Il prefetto della Congregazione per i vescovi ha riconosciuto che negli ultimi anni la percentuale di cattolici si è ridotta, ma che si tratta di un fenomeno che tende a fermarsi in modo evidente grazie alla missione continentale, iniziata tre anni fa, dopo la Conferenza di Aparecida, in Brasile, del 2007. Una missione che è stata anche tema centrale della sua omelia nella celebrazione eucaristica inaugurale nella cornice della cattedrale che ospita le reliquie del Servo di Dio Jacinto Vera, il primo vescovo del Paese e delle uruguayane Dolores e Consuelo Aguiar, martiri della guerra civile spagnola, beatificate da Giovanni Paolo II nel 2001. (mg)
Al microfono di Alina Tufani, il cardinale Marc Ouellet si sofferma sull’importanza di questa riunione del Celam in Uruguay:
R. - C’è unità tra i vescovi, per quello che ho potuto costatare, e c’è poi questo grande progetto della Missione continentale, che si sta portando avanti dal 2007, in seguito all’Assemblea di Aparecida. Voglio incoraggiare in questo senso i vescovi, perché questo grande progetto, questa missione continentale rappresenta una grande ricchezza per il continente e per tutta la Chiesa.
D. - Come ha visto il cammino della Chiesa latinoamericana?
R. - C’è entusiasmo e c’è una prospettiva molto positiva e veramente di evangelizzazione. Non ci si dimentica della dimensione sociale, ma sempre partendo dal Vangelo, in una prospettiva di formazione di discepoli, che siano - allo stesso tempo - anche missionari. Le grandi idee di Aparecida hanno penetrato profondamente la coscienza dei vescovi e vanno avanti nei diversi progetti. Adesso poi, grazie all’Esortazione apostolica Verbum Domini, la Parola di Dio, la lectio divina, il condividere la Parola di Dio: tutto questo rappresenta una promessa di futuro. (mg)
I membri della Commissione Arcic riuniti a Bose per la terza fase del dialogo cattolico-anglicano
◊ Il Monastero di Bose è di nuovo al centro di un importante incontro ecumenico.Da oggi al 27 maggio, le sue mura ospitano il primo incontro della terza fase di dialogo tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana, con la riunione della Commissione internazionale anglicana-cattolica-Arcic. L’avvio di questa nuova fase di dialogo era stata annunciata dallo stesso Benedetto XVI e dall’arcivescovo anglicano di Canterbury, Rowan Williams, nel loro incontro di un anno e mezzo fa a Roma. Il tema della “comunione” sarà centrale nelle relazioni dei lavori, sostenuti da parte cattolica tramite il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Philippa Hitchen, della redazione inglese della nostra emittente, ha parlato dell’incontro di Bose con uno degli officiali del dicastero vaticano, mons. Mark Langham:
R. – It’s a theme that really arose out of the discussions of the Holy Father and …
In realtà, questo tema è nato dai colloqui tra il Santo Padre e l’arcivescovo Rowan Williams, in occasione del loro incontro a Roma, riguardanti argomenti che toccano da vicino la Comunità anglicana in questo periodo. I temi trattano di ciò che compone la Chiesa, come le Chiese particolari si pongono nei riguardi della più ampia Comunione. Ecco, quindi, che il punto fondamentale dei colloqui torna alla “comunione”: comunione a livello universale e locale. Un argomento, dunque, ben radicato all’interno della Comunione anglicana: come per l’Arcic e per tutti gli altri dialoghi ecumenici, si tratta di qualcosa che veramente può aiutare la Comunione a comprendere come proseguire su questa strada.
D. – In che modo tutto questo si pone in relazione con le pressanti questioni etiche che ambedue le Chiese si trovano ad affrontare?
R. – Yes: inevitably, those are very much part of the scene that we’ll be looking at. …
Sì: è inevitabile che tali questioni siano parte importante degli argomenti che andremo ad affrontare. Però, voglio dire anche che il nostro impegno non è soltanto quello di immergerci in questi argomenti “caldi” e parlare solo di questi: cercheremo di andare al di là di questi per cercare l’origine delle nostre differenze. E questo permette di tornare all’essenza stessa del dialogo ecumenico, nel quale abbiamo iniziato sottolineando ciò che abbiamo in comune, individuando i campi nei quali possiamo professare comunemente la nostra fede e da lì partire per comprendere dove, quando e perché nascono le nostre divergenze. Questo è un modo più produttivo e creativo per affrontare i vari punti del colloquio. Se invece ci limitassimo a immergerci nei punti controversi e a parlare soltanto di quelli, si finirebbe per trincerarsi e arroccarsi su posizioni preesistenti e così non arriveremo da nessuna parte. L’aspetto entusiasmante del dialogo ecumenico è che esso cerca di superare questi punti, cercando cosa c’è “sotto” e “dietro” di ciò che possiamo condividere: e questa è la strada sulla quale possiamo progredire.
D. – Quali sono quindi le sue aspettative per questa nuova fase del dialogo? Molti guardano alla Comunione anglicana pensando che essa debba risolvere ogni genere di problema interno, prima di riprendere il dialogo ecumenico…
R. – Ecumenical conversation is not just about discussing things when we’ve got …
Il dialogo ecumenico non si svolge solamente quando abbiamo risolto i problemi: il dialogo ecumenico significa, piuttosto, discernere la volontà di Dio che si manifesta a noi per il tramite dello Spirito Santo, qui e ora. E in questo momento, indubbiamente difficile, forse è più importante che mai che tutte e due le Chiese si impegnino a comprendere quale sia la volontà di Dio per la Chiesa. Quello che noi ripetiamo costantemente è che l’ecumenismo non è opera della mano umana: è il desiderio di Dio, la preghiera di Nostro Signore per la sua Chiesa. Noi cerchiamo di spazzare via alcune nubi dai malintesi umani, in modo da poter comprendere appieno la volontà di Dio per la sua Chiesa. E’ in questa luce che dobbiamo lavorare, e lavorare ancora più intensamente in tempi difficili per raggiungere l’unità, per proclamare insieme il Vangelo. Quindi, per tornare alla sua domanda: è molto difficile dire quali siano le nostre aspettative, perché tutto è nelle mani di Dio. Invece, penso sia estremamente importante che ci incontriamo e parliamo, in questo momento difficile, per riaffermare ciò che abbiamo in comune e confermare la nostra convinzione che il Signore ci chiama affinché, alla fine, possiamo essere uniti. (gf)
A Roma, una Conferenza per raddoppiare gli sforzi contro la tratta degli esseri umani
◊ “Costruire ponti di libertà”: è il titolo di una Conferenza internazionale sull’eliminazione del traffico di persone. L’evento, promosso dall’ambasciata Usa presso la Santa Sede e dall’Università St. Thomas di Miami, si terrà domani al Palazzo della Cancelleria a Roma. Alla conferenza interverrà anche suor Estrella Castalone, coordinatrice di “Talitha Kum”, la rete internazionale di vita consacrata contro la tratta di essere umani. Una realtà promossa dall’Unione internazionale delle superiori generali. Al microfono di Alessandro Gisotti, suor Estrella Castalone si sofferma sull’impegno delle Congregazioni religiose contro le nuove forme di schiavitù:
R. – Siamo impegnate a prevenire questo crimine, specialmente fra donne e bambini. La linea di questa prevenzione è quella di sensibilizzare la società, denunciare la tratta. Siamo poi in contatto diretto con alcune vittime, perché nelle nostre missioni noi religiose ci troviamo in mezzo a tutti i tipi di emarginazione, di povertà, e tocchiamo con mano le sofferenze delle vittime, di coloro che hanno già sofferto la piaga di questa schiavitù. Noi offriamo le nostre risorse, le nostre strutture: gli ospedali, le scuole, gli orfanotrofi.
D. – Qual è il primo obiettivo che “Talitha Kum” si prefigge con il proprio impegno?
R. – La nostra speranza è quella di poter incidere sulla guarigione e il recupero, perché le vittime sono sottoposte a tanti abusi e violenze – fisiche, mentali, sessuali, minacce di morte – e ne escono distrutte. Il cammino di guarigione, di recupero di questa dignità è molto difficile e ci vuole una rete multisettoriale per aprire la mentalità ad una conoscenza della complessità della tratta, perché si parla sempre della tratta come se fosse uguale alla prostituzione, ma ci sono altri tipi e altre forme di tratta. I bambini, specialmente, sono trafficati anche per le guerre, per i lavori forzati, per una “schiavitù a domicilio” e ci sono anche quelli che sono venduti solo per mendicare.
D. – Cosa, secondo lei, servirebbe per sconfiggere il fenomeno della tratta degli esseri umani?
R. – Ci vuole una rete per un intervento mirato, iniziando dalla legislazione, dall’organizzazione, dal metterci insieme per indirizzare tutte le energie e le risorse a questo.(ap)
◊ “Il mare dell’accoglienza”: questo il tema della sessione odierna del Convegno internazionale “Il Mediterraneo e le città: prospettive economiche, culturali e spirituali”, che si conclude oggi a Firenze. I relatori si sono confrontati sul problema dell’immigrazione, che oggi vede il Mediterraneo al centro di questa emergenza. Da Firenze, il nostro inviato Giancarlo La Vella:
Il Mediterraneo deve diventare il luogo della tutela dei diritti umani e della tolleranza proprio perché mette in contatto mondi geograficamente vicini ma culturalmente ancora lontani. Mons. Agostino Marchetto, segretario emerito del Pontificio Consiglio per i Migranti nel suo intervento al Forum fiorentino prende di petto l’aspetto per così dire più scabroso dell’attuale emergenza migratoria. Regolamentazione e integrazione devono andare di pari passo per garantire a chiunque anche se irregolare il riconoscimento dei diritti umani fondamentali. Il presule pone poi l’accento sulla tragedia di quanti perdono la vita nella speranza di raggiungere un’esistenza più dignitosa. Un problema, questo, sottolinea mons. Marchetto, che grava sulla coscienza di tutti. Gli ha fatto eco Laura Boldrini. Sono centinaia, afferma la portavoce dell’Alto Commissario dell’Onu per i Rifugiati, le persone di cui non si sa più nulla. A fronte di precise normative internazionali che impongono invece il soccorso in mare e che devono essere applicate quanto prima nell’imminenza di presumibili nuovi arrivi dalla Libia, soprattutto. Ma il problema che siamo chiamati oggi a risolvere non è solo quello dell’accoglienza o del diritto d’asilo per quanti fuggono da persecuzioni o ingiustizia. Il metropolita ortodosso Emanuel de France rilancia la necessità di realizzare una vera integrazione che trasformi la diversità in unità e che dia spazio idoneo a quei criteri di giustizia sociale che sono i cardini della nostra civiltà. Tutto il resto è sopportazione se non addirittura intolleranza e razzismo. Da segnalare, infine, tra gli altri l’intervento di Andrea Olivero, presidente delle Acli, secondo il quale il progresso, la crescita umana e sociale dell’Europa passano oggi necessariamente attraverso una politica dell’accoglienza e non di respingimento. Lo dimostra il fatto, sottolinea Olivero, che storicamente tutte le civiltà che hanno avuto uno sviluppo fiorente sono quelle che hanno accettato il confronto con la diversità e la collaborazione dall’esterno. Politiche di respingimenti e di chiusura cozzano con tutto questo e impediscono all’Europa di comprendere quanto sia importante guardare oggi con occhi diversi alla sponda Sud del Mediterraneo. (bf)
◊ Sono ripresi ieri, e si protrarranno fino al 30 maggio, gli incontri della “Cattedra del Dialogo”, promossi dal Servizio per l’Ecumenismo e il Dialogo dell’Arcidiocesi di Milano, in collaborazione con il Centro culturale protestante, la Comunità di Sant’Egidio, la Fondazione culturale San Fedele. Il servizio di Fabio Brenna:
“Prossimi e distanti. Cristiani e musulmani a confronto” è il tema della "Cattedra del dialogo", promossa dalla Diocesi di Milano con il Centro Ambrosiano di documentazione per le religioni, Centro culturale protestante, Comunità di Sant’Egidio. Tre incontri, condotti dall’islamista Paolo Branca dell’Università Cattolica, per riflettere oltre i luoghi comuni e le barricate ideologiche. L’Islam, nato nel solco dell’ebraismo e del cristianesimo, ha sempre rappresentato, con la sua stessa esistenza, una sfida verso i precedenti monoteismi. Questione che si ripropone come ineludibile e perciò urgente in questi nostri tempi. Nel primo incontro, mons. Michael Louis Fitzgerald, nunzio apostolico in Egitto, già presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, ha affrontato il tema del rapporto fra cristiani e musulmani, partendo dall’esperienza che è stata anche recentemente tragica, con le vittime che la comunità cristiana egiziana ha dovuto piangere. Mons. Fitzgerald ha spiegato come, anche in Egitto, si consideri irrinunciabile partire dal dialogo:
“Un’esperienza bella è stata l’incontro al Cairo tra gli studenti universitari, cristiani e musulmani, che con grande difficoltà si sono riuniti, si sono incontrati, hanno parlato insieme e hanno superato un po’ la paura dell’incontro. Direi che è stato un buon risultato, anche se questi incontri sono ancora un po’ eccezionali: si dovrebbe, infatti, cercare di moltiplicare questi incontri di dialogo, a tutti i livelli”.
Dall’esperienza maturata in un clima di tensione, l’invito a continuare sulla strada del confronto e del dialogo…
“Credo la conoscenza dell’altro: non una conoscenza superficiale, ma una conoscenza della profondità della religione, sia cristiana, sia islamica. Credo che questo porterebbe realmente a un maggior rispetto, l’uno per l’altro, e a una vera collaborazione”.
Mons. Fitzgerald ha poi voluto ricordare lo spirito che animò gli incontri di Assisi, promossi dal Beato Giovanni Paolo II, e la grande Preghiera mondiale per la Pace: eventi cui il presule partecipò proprio prima di assumere la responsabilità del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. (mg)
Si celebra nel mondo la Giornata contro l'ipertensione arteriosa
◊ Ricorre oggi la settima Giornata Mondiale contro l’ipertensione arteriosa, comunemente detta "pressione alta". Una patologia che, se non tenuta sotto controllo, può provocare infarto e ictus. I valori medi in cui ci si dovrebbe mantenere sono 135 per la pressione massima e 85 per la minima. Per sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi correlati all’ipertensione arteriosa, oggi verranno allestite sul territorio italiano circa 100 postazioni nelle quali la Siia - la Società italiana ipertensione arteriosa - offrirà a tutti la misurazione gratuita della pressione e distribuirà materiale informativo e indicazioni utili per la conoscenza dei propri valori. Quest’anno, la Giornata promossa dalla "World Hypertension League" ha per l'appunto come tema “Conosci i valori della tua pressione e raggiungi l’obiettivo”. Ma quanto è diffusa l’ipertensione arteriosa in Italia e nel mondo occidentale? E come prevenirla? Al microfono di Eliana Astorri, risponde il prof. Antonio Rebuzzi, associato di Cardiologia e direttore dell’Unità per la diagnosi del Dolore Toracico del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma.
R. – L’ipertensione è diffusissima non solo in Italia, ma in tutto il mondo occidentale, perché in realtà molto dipende da fattori legati anche allo stile di vita che abbiamo. Noi sappiamo, ad esempio, che nei Paesi occidentali si mangia più salato: la conservazione dei cibi molto spesso comporta un aumento di sale. Tant’è vero che, circa sei mesi fa, anche negli Stati Uniti il presidente Obama ha indetto una campagna per ridurre il sale nei cibi degli americani. Il sale è una determinante importantissima nello sviluppo dell’ipertensione.
D. – Ma, indipendentemente dal sale, c’è una familiarità?
R. – Diciamo questo: l’ipertensione è un sintomo che deriva da numerosi fattori. Può derivare da alterazioni endocrine, può derivare da familiarità, può derivare da abitudini di vita. Cioè, non è un meccanismo che dipende da un solo fattore, ma spesso c’è una concomitanza di fattori.
D. – Quali sono i sintomi?
R. – Il problema dell’ipertensione, che spesso è anche un problema del diabete, è che non ce ne rendiamo conto facilmente. Ce ne rendiamo conto quando già ci sono i primi segni di patologia di organo. Un sintomo tipico, ad esempio, può essere il mal di testa: la cefalea è uno dei segni premonitori perché la pressione alta causa una cefalea sorda, cioè una specie di pesantezza alla testa più che un attacco cefalalgico, tipo mal di testa con vomito, eccetera.
D. – E’ sottovalutato il problema della pressione?
R. – Assolutamente sì. Anche per un fatto importante: gli ipertesi stanno “bene”, nel senso che quando noi poi diamo una terapia e abbassiamo la pressione, i pazienti – paradossalmente – si sentono peggio. Per un motivo semplice, e faccio un paragone forse azzardato: se uno va a 190 km/h con la macchina, va veloce; se lo porti a 130, la persona pensa di stare fermo, con la macchina. E negli ipertesi succede un po’ così: chi è abituato ad andare ad una pressione di 160- 160, quando lo porti a 120 si sente debole. E questo fa sì che una buona parte dei pazienti ipertesi poi sospendano la terapia. L’alimentazione, inoltre, è uno dei componenti fondamentali per lo sviluppo dell’ipertensione…
D. – A certi livelli, togliere il sale dall’alimentazione, può addirittura far evitare di assumere farmaci?
R. – Assolutamente sì. I farmaci che abbiamo contro l’ipertensione, in realtà, quali sono? O i diuretici, che tolgono l’acqua dai tubi; o alcuni farmaci di tipo beta-bloccante, che servono a ridurre la forza della pompa; oppure farmaci come i calcio-antagonisti, che allargano i tubi e quindi, essendo i tubi più larghi, la pressione all’interno scende. Se tuttavia assieme a questa terapia si continua a mettere sale e quindi acqua nei tubi, tutto diventa un controsenso. Io ritengo che lo stile di vita sia una componente primaria e fondamentale nella cura dell’ipertensione. Noi sappiamo che sicuramente lo stress fa salire la pressione, quindi fare una vita stressante – e purtroppo la facciamo – sicuramente fa sì che anche e soprattutto chi è predisposto possa andare incontro all’ipertensione. Una dieta povera in colesterolo è utile: noi sappiamo che i formaggi, soprattutto quelli stagionati, sono ricchissimi di sale, oltre che di grassi. E poi, per chi è iperteso io consiglierei di fare uso di cibi freschi ed evitare i cibi conservati. Per esempio, i piselli in scatola contengono una quantità di sale oltre 50 volte superiore ad una eguale quantità di piselli freschi. Allora, se mangio i piselli in scatola in realtà mangio 50 volte il sale che mangerei.
D. – Cosa pensa delle Giornate mondiali dedicate alle patologie?
R. – Io sono sicuramente favorevole ma non tantissimo ottimista, in questo senso: l’impatto di una pubblicità, di una comunicazione sul pubblico dura abbastanza poco. Per questo, io sono favorevole alle “Giornate” in quanto a impatto, ma se poi questa comunicazione non viene ripetuta più volte durante l’anno, non so quale possa essere la reale efficacia di queste giornate. (gf)
I 90 anni di Ettore Bernabei: in 50 anni la tv ha disorientato la gente, la fede mi ha aiutato
◊ Ha festeggiato 90 anni Ettore Bernabei, una delle figure eminenti del mondo della televisione italiana. Giornalista, ha diretto la Rai dal 1961 al 1974, mentre in anni più recenti, attraverso la "Lux Vide" - della quale è fondatore e attualmente presidente onorario - ha prodotto una serie di fiction televisive di successo a carattere religioso, molto apprezzate anche all’estero. Ieri pomeriggio, la Pontificia Università Lateranense ha promosso un incontro celebrativo, alla presenza di numerose personalità del mondo ecclesiale, della cultura e dello spettacolo, tra cui il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi. Bernabei ha tenuto una lectio magistralis sul tema “La televisione può salvarci dalla Torre di Babele”. Padre Vito Magno lo ha intervistato, domandandogli il perché di questo titolo:
R. – La televisione nei suoi primi 50 anni di servizio ha contribuito molto al disorientamento dell’umanità. Uso questa parola proprio perché ha contribuito alla perdita dei punti di riferimento, compresa la fede.
D. – Perché allora si è detto ottimista sul futuro della televisione?
R. – Io sono ottimista perché ci sono segni, intanto da parte del pubblico e anche poi degli operatori della televisione, che questa deregulation televisiva è da abbandonare. Ci vuole una televisione più a misura d’uomo, che stia più con i piedi per terra: la realtà vera della vita degli uomini e delle donne in carne e ossa.
D. – Ci sono sintomi, esperienze che glielo fanno pensare?
R. - Le ultime. Da un anno e mezzo a questa parte, negli Stati Uniti le serie televisive di maggior successo non sono quelle imperniate sulla sregolatezza, ma quelle dove si rispettano le leggi, le norme, e si fa capire che è bene condurre una vita normale.
D. - A proposito di vita, come la si vede a 90 anni?
R. - Io ringrazio Iddio che è una vita che merita di essere vissuta! Con l’aiuto di Dio, con l’affetto dei propri famigliari. Ho anche festeggiato questi miei 90 anni insieme a sette dei miei otto figli…
D. – Prima accennava alla fede. Quanto conta nella sua vita?
R. – E’ fondamentale perché senza di quella non avrei potuto fare niente. E’ quella che mi ha aiutato a superare tante difficoltà.
D. – Ora come produttore la porta anche sugli schermi televisivi. Ma i temi di ispirazione religiosa in televisione ripagano?
R. – Certo. Hanno sempre ottimi ascolti. Il film su Gesù fatto dalla Lux fu trasmesso negli Stati Uniti e l’emittente CBS passò da 20 milioni a 40 milioni di ascoltatori.
D. – C’è un’opera che non è riuscito a fare da direttore generale della Rai e che farebbe ora se potesse?
R. – Farei l’"Odissea!". (bf)
Iraq: a Kirkuk rapito ed ucciso un giovane cristiano. Il dolore di mons. Sako
◊ “Un gesto disumano, contrario a ogni principio umano e religioso”: così l’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako, ha definito l’uccisione di Ashur Yacob Issa, il 29enne che era stato rapito tre giorni fa all’uscita dal lavoro e il cui corpo è stato ritrovato ieri mattina dalla polizia con orribili segni di torture. “Nessun uomo che crede in Dio e ha rispetto della vita può commettere atti simili – ha detto il presule all'agenzia AsiaNews – lancio un appello agli autori del gesto affinché pensino a chi è rimasto senza padre e senza marito: se non ci sarà giustizia umana, presto o tardi ci sarà quella divina”. Da giorni nel Paese i cristiani vivevano una situazione di tensione nel timore di vendette dell’ala fondamentalista islamica per l’uccisione di Osama Bin Laden, poi, domenica, il rapimento di Issa e la richiesta di centomila dollari di riscatto alla famiglia. Le trattative, però, non sono andate a buon fine e ieri mattina il ritrovamento del cadavere orribilmente sfigurato. La crudeltà dell’omicidio ha suscitato reazioni di sdegno e tristezza in tutta la popolazione della città, soprattutto quella cristiana. L’arcivescovo di Kirkuk, infine, ha chiesto ai responsabili della sicurezza di promuovere iniziative affinché “tutte le persone di buona volontà si uniscano per proteggere i cittadini”. (R.B.)
India. Cristiani preoccupati dalle direttive del governo sul web: limiterebbero la libertà religiosa
◊ In India i cristiani giudicano con preoccupazione le linee guida emanate dal Dipartimento per l'Informazione e la Tecnologia Mcit) che introducono una serie di restrizioni all’uso di Internet. Le nuove direttive, tra le altre cose, autorizzeranno il governo a chiudere entro 36 ore e senza spiegazioni siti che contengono messaggi blasfemi, che incitano all’odio e al settarismo etnico, violano brevetti, minacciano l’unità e l’ordine pubblico. L’esecutivo ha giustificato le misure con motivi di sicurezza. Una giustificazione che non convince , tra gli altri, i cristiani che – riferisce l’agenzia Ucan - temono limitazioni alla libertà di espressione e soprattutto che le linee guida possano essere usate contro le minoranze religiose. In questo senso si è espresso padre Jude Botello, direttore dell’Istituto nazionale di ricerca e formazione sulla comunicazione sociale, secondo il quale la normativa è troppo generica e si presta quindi ad interpretazioni arbitrarie. Egli ha citato in proposito l’esempio di alcuni Paesi dove le minoranze sono perseguitate con il pretesto della blasfemia. Un giudizio condiviso da padre George Plathottam, segretario della Commissione delle comunicazioni sociali della Conferenza episcopale indiana (Cbci): “La medicina non deve essere peggiore della malattia”, ha obiettato il sacerdote, rilevando che i fondamentalisti indù potrebbero facilmente chiedere la chiusura di siti cristiani con il pretesto delle conversioni forzate. Contro le nuove direttive si stanno mobilitando anche organizzazioni della società civile indiana, secondo le quali sono incostituzionali. (L.Z.)
Gmg Madrid: più controlli sui pakistani che vogliono partecipare
◊ Il governo spagnolo ha sospeso la concessione dei visti per i pellegrini pakistani che vorrebbero partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù (Gmg) di Madrid, ad agosto prossimo. Lo riporta l’agenzia Zenit. Secondo fonti dell’organizzazione della Gmg, ogni richiesta di visto sarà esaminata con cura prima dell’eventuale concessione. Le autorità, secondo l’agenzia cattolica UcaNews, hanno deciso la sospensione per “evitare problemi di immigrazione illegale” dal Pakistan. “Molte persone di quel Paese hanno cercato di restare in Europa dopo le passate edizioni della Gmg come immigrati illegali – hanno confermato fonti dell’organizzazione della Gmg - questo è il motivo per cui il governo ha sospeso la concessione di visti”. La Chiesa pakistana, tuttavia, sta trattando con l’ambasciata spagnola perché i visti siano rilasciati almeno ai fedeli considerati “sicuri”. Da parte sua il vescovo di Karachi ha criticato il comportamento di alcune chiese, considerandole responsabili delle restrizioni annunciate: “Molti di coloro che si sono iscritti – ha sostenuto - non sono nemmeno leader ecclesiali, e hanno iscritto intere famiglie”. Ma Pervez Roderick, segretario della locale Commissione cattolica della gioventù, ha sottolineato come la Chiesa cattolica sia “un partner affidabile”. La maggior parte dei pellegrini da noi raccomandati è tornata”, ha specificato. Allo stesso tempo, però, Roderick ha notato come la situazione politica, in particolare la mancanza di lavoro e le scarse retribuzioni, sia il motivo principale per cui molti giovani desiderano abbandonare il Paese. Sullo sfondo resta anche la situazione internazionale: le preoccupazioni per la sicurezza hanno portato tutti gli Stati occidentali ad aumentare i controlli sui viaggiatori pakistani. Lo stesso governo spagnolo ha confermato che saranno tutte le richieste di visto provenienti dal Pakistan a essere esaminate con attenzione, nonostante la decisione di rendere il visto gratuito per tutti i cittadini di Paesi fuori dall’area Schengen che vogliano assistere alla Gmg. (D.M.)
Africa: un rapporto del Minorities Rights Group indica i Paesi a rischio massacri
◊ Il Minorities Rights Group lancia l’allarme sui possibili massacri delle minoranze in Africa. Secondo il rapporto Peoples under Threat, dedicato al tema dei diritti violati delle minoranze nel mondo, e citato dall’agenzia Fides, i Paesi africani più a rischio sono Somalia, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia e Nigeria. Ma rispetto allo scorso anno il pericolo aumenta anche in Costa d’Avorio, Uganda, Guinea e Libia. Per quanto riguarda la situazione libica, il rapporto nota che “le morti dei civili sono aumentate dall’avvio dell’azione militare internazionale in particolare a Misurata e nelle città della costa centrale” nel momento in cui “le truppe fedeli al colonnello Gheddafi hanno lanciato un energico tentativo di riprenderne il controllo”. In più, a Zuwara, riconquistata a metà marzo dall’esercito governativo, 500 berberi sono fuggiti in Tunisia. Ma anche nelle aree controllate dai ribelli sono stati segnalati abusi: si concentrano per lo più qui, infatti, gli atti di razzismo verso lavoratori stranieri e libici di pelle scura. Secondo testimonianze raccolte dall’Alto commissariato Onu per i Rifugiati (Acnur), molti lavoratori africani sono dovuti fuggire dopo essere stati falsamente accusati di essere mercenari di Gheddafi. Più di 500mila persone hanno lasciato la Libia dall’inizio della crisi. Si tratta di buona parte della forza lavoro straniera. Anche durante lo scontro in Costa d’Avorio tra il presidente eletto Alassane Ouattara e il capo dello Stato uscente Laurent Gbagbo si sono verificati massacri di civili. Tra questi, quello della fine di marzo a Duékoué, nell’ovest del Paese. Secondo il rapporto, anche dopo la cattura di Gbagbo “il rischio di uccisioni rimane alto”. Gli sfollati interni sono un milione, e sono presenti “milizie armate da entrambe le parti”. A rischio è anche l’Uganda, dove i leader dell’opposizione vengono arrestati arbitrariamente, e non c’è fiducia tra governo centrale, partiti politici e regni tradizionali. (D.M.)
La Giornata mondiale delle telecomunicazioni e della società dell’informazione
◊ In occasione della Giornata mondiale delle telecomunicazioni e della società dell’informazione, il segretario generale dell’Onu, Ban-ki-moon ha diffuso un messaggio in cui ha evidenziato il tema scelto per quest’anno: “Una vita migliore nelle comunità rurali con le telecomunicazioni”. In effetti, si sottolinea, il potenziale delle nuove tecnologie può essere sfruttato per migliorare le condizioni di vita della popolazione che vive in remote aree rurali e che costituisce circa il 70% degli abitanti dei Paesi in via di sviluppo, più o meno un miliardo e 400mila persone. Il segretario ha insistito sul ruolo che le telecomunicazioni hanno nelle trasformazioni della società, e ha citato i recenti casi delle rivoluzioni in Nord Africa e Medio Oriente, in cui social network e telefoni cellulari hanno fatto da catalizzatore e amplificatore della reazione dell’opinione pubblica alla repressione dei governi. Un’altra funzione importante, anche questa evidenziata purtroppo da fatti recenti, è quella che svolgono all’indomani di calamità naturali in favore dei soccorsi alle persone in emergenza e del ricongiungimento delle famiglie. “L’Unione internazionale delle telecomunicazioni prosegue gli sforzi per collegare il mondo portando la banda larga di comunità in comunità – ha aggiunto – come abbiamo colmato il divario digitale, ora restringiamo l’abisso che separa chi ha accesso a informazioni e conoscenze, e può quindi ampliare le proprie opportunità per una vita migliore, da chi ancora non ce l’ha”. (R.B.)
Il plauso dei vescovi irlandesi alle Linee guida sulla pedofilia pubblicate ieri
◊ Un’iniziativa che mira “a creare un ambiente sicuro per i bambini e per i giovani”: così l’Episcopato irlandese definisce la Lettera circolare pubblicata ieri dalla Congregazione per la Dottrina della fede sul trattamento dei casi di abuso sessuale da parte delle Conferenze episcopali. Il primo vescovo che ha voluto commentare l’iniziativa è stato John McAreavey, titolare di Dromore: “Accogliamo pienamente le importanti linee guida – ha detto – che offrono assistenza in materia di prevenzione degli abusi e di segnalazione delle accuse alla polizia”. Secondo il presule, l’iniziativa sottolinea una volta in più “l’impegno costante della Chiesa cattolica nell’affrontare il problema”: dopo i clamorosi casi di pedofilia, inoltre, la Chiesa irlandese si era dotata di una rete di volontari presenti in ogni parrocchia e organizzazione ecclesiale per svolgere funzioni di controllo e aveva istituito il National Board for Safeguarding children in Catholic Church, che la settimana scorsa ha presentato il proprio rapporto annuale. Nel documento si legge che nell’ultimo anno sono state segnalate 272 nuove accuse di abuso: 166 provenienti dagli ordini religiosi e 106 dalle diocesi; di queste 86 sono rivolte a chierici defunti, 174 sono stati rimossi, mentre 12 sono ancora in ministero. (R.B.)
Don Di Noto: con le Linee guida sulla pedofilia i vescovi hanno una chiara bussola
◊ “Finalmente i vescovi hanno una chiara bussola per decidere come comportarsi davanti a un caso d’abuso”. Così don Fortunato di Noto, fondatore e presidente dell’associazione Meter, ha commentato con l’agenzia Sir la lettera diffusa ieri dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Il sacerdote l’ha definita “un ottimo documento, che responsabilizza le Conferenze episcopali del mondo chiedendo la preparazione delle linee-guida per assistere i vescovi con procedure chiare e coordinate in tema di abuso sessuale dei minori”. “Questo dimostra – ha proseguito - l’attenzione della Chiesa cattolica in tema, che non parte certamente da zero e ha gli anticorpi per debellare il male”. Secondo don Di Noto la lettera responsabilizza anche “i superiori degli istituti religiosi” e “permette una lotta a 360 gradi contro il fenomeno”. “Il Papa attraverso la Congregazione per la Dottrina della Fede chiede alla Chiesa di guardarsi dentro – ha proseguito il sacerdote - e penso sarà un invito a fare coraggiosa pulizia per una Pastorale a tutela dei bambini contro gli abusi”. L’associazione Meter, ha concluso il suo presidente, può “offrire alla Chiesa” la sua “esperienza ventennale nel campo della prevenzione, informazione e contrasto al fenomeno, partecipando a un dibattito che già oggi è cruciale per una lotta senza quartiere a chi abusa e sfrutta i bambini”. (D.M.)
Usa: vescovi si apprestano a rivedere la “Carta per la Protezione di bambini e giovani”
◊ Si terrà dal 15 al 17 giugno a Seattle la prossima assemblea plenaria dei vescovi degli Stati Uniti. Tra i principali punti all’ordine del giorno figura la revisione della “Carta per la Protezione dei bambini e dei giovani”, adottata a Dallas nel 2002 dopo l’esplosione dello scandalo degli abusi sessuali nella Chiesa statunitense. I vescovi dovranno aggiornare il documento alla luce dell’esperienza maturata in questi anni nella lotta al fenomeno, tornato agli onori delle cronache nel febbraio di quest’anno quando a Philadelphia un gran giurì ha accertato che 37 sacerdoti dell’arcidiocesi accusati di condotta impropria verso i minorenni erano ancora impegnati nei loro incarichi pastorali. Tra gli altri punti in agenda durante la sessione figura anche l’approvazione di un documento pastorale sul suicidio assistito intitolato “Vivere ogni giorno con dignità” (“To Live Each Day With Dignity”). All’assemblea saranno inoltre presentate le iniziative della Conferenza episcopale per promuovere il matrimonio , compreso un video in lingua spagnola. Il cardinale Donald Wuerl, arcivescovo di Washington e presidente della Commissione per la Dottrina della Fede della Conferenza episcopale presenterà ai vescovi un rapporto sulla la costituzione “Anglicanorum coetibus” approvata nel 2009 da Benedetto XVI per permettere ai pastori e gruppi di fedeli anglicani che vogliono diventare cattolici di “entrare nella piena e visibile comunione” con la Chiesa di Roma. Anche negli Stati Uniti è infatti allo studio l’istituzione di un nuovo Ordinariato cattolico sul modello di quello intitolato a Nostra Signora di Walsingham stabilito in Inghilterra all’inizio dell’anno. I vescovi dovranno infine votare la traduzione spagnola di alcuni adattamenti e orazioni proprie della Terza edizione tipica del Messale Romano e l’introduzione in appendice allo stesso Messale di una raccolta di preghiere per le maggiori feste patronali dei Paesi ispanici. (L.Z.)
◊ Il Presidente Benigno Aquino “dice di volere il dialogo, ma poi è fermo sulle sue posizioni, che non intende modificare; la sua politica è dettata da lobby economiche e da gruppi di pressione esterni al Paese che hanno ampiamente finanziato le politiche di controllo demografico nelle Filippine”: per tali ragioni la Chiesa delle Filippine ha abbandonato il tavolo dei colloqui sul controverso “Documento sulla Salute Riproduttiva”, in questi giorni all’esame del Congresso filippino. E’ quanto spiega in una intervista all’agenzia Fides mons. Leonardo Legaspi, arcivescovo di Caceres, estensore di una Lettera Pastorale, letta domenica scorsa in tutte le chiese della nazione, per spiegare all’opinione pubblica perché la Conferenza episcopale ha chiuso i canali di dialogo e intende continuare nella grande campagna di sensibilizzazione delle coscienza, affinché “l’intero Paese dica ai legislatori che approvare il Rh Bill e far passare politiche contro la vita non è un bene per la nazione. Noi vescovi – spiega mons. Legaspi – siamo uniti su questa posizione e attualmente non vediamo spazi di mediazione. Il Presidente è fermo sui suoi cinque punti, incompatibili con la Dottrina sociale della Chiesa”, nota il presule. Mons. Legaspi rimarca che “nel testo vi sono anche degli elementi buoni: vorremmo salvarli e modificarne altri, ma il governo non intende trattare”. Va detto che “ prima che il Documento diventi legge, sono necessari diversi passi: l’approvazione del Congresso, poi quella del Senato, quindi la firma del Presidente e infine la redazione delle norme attuative: dunque la strada è ancora lunga e la nostra campagna potrà durare a lungo. Speriamo di fermare il testo lungo questo iter. Alla fine vi sarebbe anche la possibilità di un ricorso alla Corte Costituzionale” spiega l’arcivescovo, informando che tutti i vescovi hanno chiamato i fedeli a pregare e a mobilitarsi in questo delicato passaggio della storia nazionale. Il testo, ribattezzato “Documento sulla paternità e maternità responsabile”, ha suscitato fin dal gennaio scorso un ampio dibattito. I vescovi, nella Lettera Pastorale del 15 maggio, spiegano il loro “no” rimarcando che il Rh Bill “promuove e legalizza i contraccettivi come mezzi di controllo demografico (pillola contraccettiva, preservativi, pillola abortiva, procedure di sterilizzazione)”. Tali mezzi, si afferma, “è noto che hanno serie conseguenze sulle vite umana, specie sulle madri, sulle potenziali madri, e sulle nuove vite umane, formate dopo la fecondazione”. Inoltre tali sistemi “contribuiscono a instaurare una mentalità e un sistema di valori basati su secolarizzazione, materialismo, edonismo e individualismo”. Come rimarcano gli attivisti pro vita, il governo delle Filippine ha già ricevuto circa 900 milioni di dollari da organizzazioni come Unfpa, Usaid, Ausaid per l’approvazione del Documento, mascherandoli sotto la voce “conseguimento degli obiettivi del Millennio e programmi per alleviare la povertà”. (R.P.)
Vietnam: le suore di Saint Paul rischiano di essere sfrattate dalla loro casa di Hanoi
◊ Rischia di essere demolita la casa delle suore della Congregazione di Saint Paul ad Hanoi, in Vietnam, al posto della quale, secondo il governo, sorgerà un ospedale. Le suore vietnamite della Congregazione fondata nel 1883 ospitano qui opere assistenziali per giovani donne, una residenza per bambini orfani o disabili e un dispensario per i poveri dove vengono distribuiti pasti caldi. La Congregazione - ricorda l'agenzia AsiaNews - ha sede ad Hanoi in Hai Bà Trung Street, un nome che celebra due donne che sfidarono l’invasione del regime feudale cinese proprio come le religiose, da anni, qui svolgono attività pastorali e fornendo servizi sanitari e sociali di fatto hanno contribuito alla costruzione della nazione. Il nome del distretto, inoltre, Hoàn Kiem, indica la restituzione a Dio della spada magica con la quale l’imperatore Lê Loi, eroe della tradizione locale, vinse gli aggressori e l’espansionismo della dinastia Ming. Al momento della fondazione della Congregazione le suore erano 200, sparse anche nel nord del Paese; nel 1954 molte di loro si rifugiarono a Da Nang e Saigon e parte della loro proprietà fu confiscata dal governo comunista che ne lasciò alle religiose una porzione molto piccola. Il primo marzo dell’anno scorso, infine, 92 suore sono state mandate ad Hanoi per creare nuove strutture caritative dedicate alle donne in situazioni difficili e a minori in età prescolare. (R.B.)
La solidarietà dei vescovi coreani per i terremotati del Giappone
◊ “In Giappone è rinata la preoccupazione per il prossimo e la compassione e l’aiuto reciproco” dopo il terremoto e lo tsunami dell’11 maggio. Lo ha dichiarato, come riporta l'agenzia AsiaNews, mons. Pietro Kang U-il, presidente della Conferenza episcopale coreana, visitando la diocesi di Sendai, tra le più colpite dal disastro. “I disastri naturali pongono un grave interrogativo a tutti i credenti che si chiedono perché Dio li permetta – ha anche dichiarato il presule - ma attraverso questi disastri Dio prepara grandi grazie all’umanità. Ed è su questo che ci si deve concentrare”. Il cambiamento che si può osservare in Giappone, ha concluso il vescovo “è un seme che sta germogliando, un nuovo orizzonte per la società nipponica”. Mons. Kang U-il, insieme a mons. Pietro Lee Ki-heon, che guida il Forum di riconciliazione tra i vescovi coreani e giapponesi, ha portato a Sendai il ricavato di una colletta speciale effettuata in aprile in tutta la Corea del Sud. Fonti della delegazione sudcoreana hanno poi commentato: “Più che i soldi ha contato la vicinanza e l’amicizia tra i cattolici dei due Paesi”. Tra Corea e Giappone i rapporti sono storicamente difficili, a causa della politica coloniale aggressiva di Tokyo, terminata solo con la fine della Seconda Guerra mondiale. Dopo il terremoto, tuttavia, le autorità di Seul hanno espresso la loro vicinanza al Paese nipponico. La Chiesa cattolica è sempre stata in prima fila nei tentativi di riappacificazione tra le popolazioni: i vescovi coreani e giapponesi hanno anche concordato da anni uno “scambio” di sacerdoti, che trascorrono lunghi periodi nelle parrocchie dell’altro Paese. La visita dei vescovi coreani, dunque, “corona anni di duro lavoro”. I due presuli coreani, accompagnati dal vescovo locale, mons. Tetsuo Hiraga, hanno visitato la cattedrale, danneggiata dal terremoto, e il Centro di sostegno della diocesi, dove hanno ricevuto un messaggio di benvenuto scritto dai bambini della zona. “Spezza il cuore vedere le condizioni dei sopravvissuti – ha commentato mons. Kang U-il – ma si sente la presenza della Divina Provvidenza”. (D.M.)
Siria. L'arcivescovo siro-cattolico di Damasco: dal Papa grande vicinanza al nostro Paese
◊ Ciò che sta accadendo in Siria da settimane è un complotto ordito da forze esterne. Certamente anche la Siria ha i suoi problemi, sarebbe stupido negarlo, ma questi si possono affrontare da parte del Governo con giuste riforme e da parte del popolo manifestando civilmente e senza fare ricorso alla violenza. Quale Stato non ha bisogno di riforme?”. È un passaggio dell’intervista all'agenzia Sir dell’arcivescovo siro-cattolico di Damasco, mons. Elias Tabe, che commenta le parole di Benedetto XVI di domenica al Regina Cæli rivolte alla tragica situazione in Siria. “Ieri eravamo riuniti in assemblea a Damasco, ospiti presso il patriarcato greco-cattolico di mons. Gregorio III Laham, e il nunzio apostolico, mons. Mario Zenari, ci ha letto il testo dell’appello del Papa ascoltato anche da numerosi diplomatici stranieri accreditati in Siria, tra cui l’ambasciatore italiano, e da alti rappresentanti del governo siriano. Abbiamo accolto le parole del Santo Padre con grande soddisfazione e speranza. Il suo è stato un gesto di grande vicinanza dimostrata alla Siria”. Per mons. Tabe in Siria è in atto un complotto ordito da “fondamentalisti islamici anche wahabiti dell’Arabia Saudita, del Qatar. Anche in Siria c’è la possibile infiltrazione salafita come in Egitto”. Ritrovare convivenza e unità è possibile, spiega l’arcivescovo, “da Governo e popolo è lecito attendersi collaborazione e cooperazione, mettendo da parte ogni forma di violenza. Da questo punto di vista non deve mai abbandonarci la speranza nel ricercare il bene comune, come il Santo Padre ci ricorda nelle sue parole”.
Haiti: il presidente dei vescovi invita il neopresidente Martelly a servire il popolo
◊ “Nella Sua persona, signor Martelly, ritroviamo il desiderio profondo di un popolo, quello per un cambiamento radicale e autentico nella maniera di governare un Paese in cui ognuno deve trovare il proprio posto”. Così mons. Louis Kebreau, presidente della Conferenza episcopale di Haiti e arcivescovo di Cap-Haitien si è rivolto al neoeletto presidente dell’isola, Michel Martelly, in occasione del rito solenne del Te Deum, pronunciato il giorno del giuramento del capo dello Stato, sabato scorso nella capitale Port-au-Prince. Martelly è risultato vincitore al ballottaggio del 20 marzo scorso, ricorda l'agenzia Misna, ed è stato invitato dal presule a “interrogarsi sulla reale influenza dell’aiuto esterno o estero negli affari interni”. Sono migliaia, infatti, le Organizzazioni umanitarie governative e non che da anni sono presenti a Haiti e il loro numero si è moltiplicato dopo il terremoto del 2010, ma nonostante questo il Paese resta sottosviluppato. “È urgente che lo Stato s’impegni a costruire un nuovo protagonismo sulla scena internazionale”, è stata l’esortazione del presidente dei vescovi, che ha invitato ancora una volta il capo dello Stato a mettersi al servizio di ogni haitiano e a non lasciarsi influenzare dalle ideologie. (R.B.)
Cile: il vicario di Aysen denuncia l’uso della violenza della polizia nelle manifestazioni
◊ In chiesa si respira “un clima di pace, di accoglienza e di serenità”, quindi “la violenza non può entrare in un santuario”. Con queste parole il vicario generale del vicariato apostolico di Aysen, in Cile, padre Ivo Solarini, ha condannato con forza il tentativo da parte delle forze dell’ordine di fare irruzione nella cattedrale di Coyahaique dove un gruppo di giovani si era rifugiato venerdì scorso durante la manifestazione organizzata dagli oppositori alla costruzione di dighe nella regione della Patagonia. Secondo il racconto all'agenzia Fides del sacerdote diocesano padre Jose Barria, la protesta dei giovani all’esterno della cattedrale si stava svolgendo in modo pacifico, finché la polizia è arrivata a disperdere la folla con gli idranti. Secondo il religioso è la prima volta che nell’area accade un episodio del genere, tanto che il vicario di Aysen ha chiesto un incontro con il colonnello di polizia di competenza per verificare la dinamica dei fatti, richiamando la necessità di mantenere il rispetto del diritto di ogni cittadino a esprimere la propria opinione, evitando sempre qualunque forma di violenza. (R.B.)
Documento comune delle Chiese protestanti europee su eutanasia e suicidio assistito
◊ La Comunità delle Chiese protestanti d’Europa (Ccpe) è contraria ad una giustificazione teologica ed etica dell'eutanasia e del suicidio assistito e si impegna a difendere i diritti umani dei morenti e per una vita e una morte dignitosa. È la posizione espressa nello studio “A Time to Live and a Time to Die” ("Un tempo per vivere e un tempo per morire”) presentato a Vienna. Lo studio, il primo documento comune delle Chiese protestanti europee su questo argomento – riferisce l’agenzia Apic -, è il risultato di una vasta consultazione che ha coinvolto 105 Chiese membro della Ccpe in 30 Paesi ed è basato su un testo preparato dal gruppo di esperti di bioetica dello stesso organismo. Esso vuole essere un contributo al dibattito sulla dignità del fine vita ed invitare tutte le Chiese protestanti del continente “a una riflessione approfondita” su questo delicato tema nei rispettivi contesti. “Uno dei punti di forza delle Chiese protestanti - ha osservato alla presentazione del documento il presidente della Ccpe Thomas Wipf - è la loro capacità di prendere sul serio i diversi punti di vista e di esprimere ognuno la sua idea”. Il testo, di 104 pagine e per ora disponibile solo in tedesco, si occupa di alcune questioni fondamentali sulla morte da una prospettiva sociale, medica e giuridica. Dal punto di vista teologico ed etico, le domande di fondo poste sono quelle relative alla definizione di vita umana, della responsabilità morale e della volontà del paziente. Vengono quindi esaminate questioni medico-etiche come la rinuncia a interventi per il prolungamento artificiale della vita, l'implementazione delle cure palliative, l’eutanasia e il suicidio assistito. Nel documento le Chiese del Cepe manifestano l’impegno comune a proteggere i diritti umani dei morenti, che comprendono quello alla vita fino alla fine, ma anche quello a rinunciare ai trattamenti. L'impegno per l’Uomo – vi si legge - deve essere al centro della loro azione. In questo senso esse vogliono evitare la contrapposizione tra il principio dell’autodeterminazione dell’individuo e quello della la solidarietà, tra l'empatia con il malato e il moribondo sofferente e la cura. Constatando che l’atteggiamento delle nostre società su alcune forme di eutanasia e suicidio assistito è cambiato, il documento insiste sulla necessità di migliorare le condizioni sociali e l’assistenza medica e le cure per una vita e una morte dignitosa. Questo – afferma - richiede la costruzione di più strutture ospedaliere e di promuovere le cure palliative non solo in teoria, ma anche in pratica. (L.Z.)
Lourdes: è tutto pronto per il 53.mo Pellegrinaggio militare internazionale
◊ “Rappresentanti di diversi popoli, ieri nemici o che ancora oggi hanno difficoltà a capirsi, si ritroveranno assieme, come una sola famiglia umana, per invocare il dono della pace. La pace è un ordine che si fonda sulla verità e va attuato secondo giustizia, affermando con forza ciò che è comune, appartenente alla medesima natura delle persone, di ogni popolo e di ogni cultura, e che deve essere rispettato”. Con queste parole l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, mons. Vincenzo Pelvi, presenta all'agenzia Sir il 53° Pellegrinaggio militare internazionale che si svolgerà a Lourdes dal 20 al 23 maggio sul tema “Uniti dal Padre per una stessa preghiera”. Un evento, aggiunge, che “vuole essere un grande atto di affidamento dell’Italia alla Vergine Maria. Come Chiesa Ordinariato sono stati proposti tre appuntamenti di preghiera per celebrare i 150 anni dall’Unità d’Italia: il 29 aprile a Castel Sant’Angelo, al monumento di Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia e compatrona d’Europa. A Lourdes, dove la famiglia militare invocherà sull’Italia la protezione dell’Immacolata. Infine ad Assisi, nel prossimo ottobre, per chiedere a san Francesco l’intercessione per la Nazione”. Particolarmente significativa sarà la presenza, a Lourdes, dei familiari dei militari italiani caduti in Afghanistan. (R.P.)
Tappa a Betlemme per le reliquie di Santa Teresa di Lisieux in Terra Santa fino al 31 maggio
◊ Le reliquie di Santa Teresa del Bambin Gesù sono giunte a Betlemme. In pellegrinaggio nella Terra Santa dal 14 marzo, vi resteranno fino al 31 maggio. Fiumi di petali hanno accolto nella cittadina della Natività, riferisce il sito del patriarcato latino di Gerusalemme www.lpj.org, la teca che custodisce le spoglie mortali della religiosa di Lisieux e che ha fatto tappa al Carmelo e poi nella chiesa di Santa Caterina. Preghiere e canti hanno accompagnato il percorso delle reliquie e non è mancata la recita del Rosario. La teca di Santa Teresa è stata anche portata in processione fino alla Grotta del Latte poi è stata trasferita a Beit Jala, nella chiesa del patriarcato latino, e ancora nella cappella del Seminario, infine è stata la volta di Beit Saur. (T.C.)
Terra Santa: una mostra sulla vita di Gesù a Cafarnao. Sarà ospitata al Meeting di Rimini
◊ Una mostra sulla vita di Gesù a Cafarnao sarà allestita al Meeting di Rimini per l’amicizia fra i Popoli che si svolgerà dal 21 al 27 agosto. “E l’esistenza diventa una immensa certezza”, questo il titolo dell’esposizione che nasce dall’incontro del custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa ed alcuni amici del Meeting di Rimini, molti dei quali hanno prestato servizio come volontari della Custodia di Terra Santa e di Ats pro Terra Sancta. Il desiderio, come si legge sul sito www.proterrasancta.org, è quello di riproporre il fatto storico di Gesù, la sua continuità e contemporaneità oggi. La vita pubblica di Cristo ha avuto per lo più come scenario le rive del lago di Tiberiade ed in particolare la cittadina di Cafarnao, oggi sito archeologico custodito dai frati francescani di Terra Santa. La mostra viene realizzata da un team composto da biblisti, scenografi, registi, fotografi, architetti, ingegneri, e verrà editata con il patrocinio della Custodia di Terra Santa, mentre Ats pro Terra Sancta collaborerà alla realizzazione con un contributo organizzativo e mettendo a disposizione il tempo dei volontari che in questi mesi si trovano a Gerusalemme. Il Custode di Terra Santa è stato invitato a presentare la mostra il 24 agosto, alle ore 17.00. L’esposizione proporrà il percorso che alcuni abitanti ebrei di Cafarnao hanno fatto dal primo incontro con Gesù di Nazareth fino al riconoscimento di fede che permise loro di arrivare a dare la vita per Lui e si basa sulle conoscenze scaturite dagli scavi archeologici realizzati nell’ultimo secolo dai padri francescani della Custodia di Terra Santa e dallo studio esegetico dei Vangeli. Avrà una breve introduzione storico-geografica e 4 sezioni: la prima con la localizzazione e una breve storia di Cafarnao (Kfar Nahum) che consentirà ai visitatori di immedesimarsi con la vita quotidiana dei primi secoli degli abitanti del villaggio tramite oggetti, ricostruzioni, pannelli; la seconda con le testimonianze dei Vangeli che aiuteranno a mostrare come la tranquilla vita di Cafarnao, attorno all’anno 30, sia stata profondamente sconvolta dall’incontro tra due degli abitanti del villaggio, Andrea e Giovanni, con un ebreo di Nazareth di nome Gesù, e dalla successiva decisione di quest’ultimo di trasferirsi proprio a Cafarnao; la terza riguarderà l’esperienza personale di quei pochi uomini che Gesù ha scelto come suoi discepoli; la quarta sarà dedicata alle scoperte archeologiche fatte a Cafarnao. (T.C.)
Il Festival di Cannes si gioca le sue carte migliori
◊ A pochi giorni dalla sua fine, il Festival di Cannes incomincia a giocare le sue carte migliori. Tuttavia in alcuni casi il desiderio di registi e produttori sembra solo quello di affrontare temi scabrosi, senza quella necessaria distanza che permette una messa in prospettiva e con essa lo svilupparsi del pensiero e dell’emozione. È quanto accade in “Apollonide, souvenirs d’une maison close” di Bertrand Bonello, che già nel titolo contiene soggetto, intenzione e modalità della messa in scena: investigare con malcelata pruderia e sotto l’aspetto di una cronaca quotidiana, il dietro le quinte di un bordello alla fine del XIX secolo. Oppure in “Hors Satan” di Bruno Dumont, rigorosa e brutale messa in scena di una marginalità sociale contemporanea, in cui atti e pensieri degli esseri umani sono ad uno stadio primario, feroce, come se il mondo fosse regolato solo da una dinamica deterministica, senza quei fondamentali strumenti che sono la coscienza e il libero arbitrio. Fortunatamente alcuni film della selezione ufficiale si staccano da questa tendenza, illustrando situazioni problematiche dell’esistenza in maniera originale e talvolta divertente. È il caso del francese “The Artist” di Michel Hazanavicius, un delizioso balzo all’indietro nel tempo, quando il cinema non aveva bisogno di tante parole per incantare lo spettatore con lo sviluppo di situazioni universali, quali il successo o la disgrazia delle azioni umane e l’amore come unico e vero valore della vita. Al centro del film un attore affermato dei tempi del muto cade in disgrazia all’avvento del sonoro. In parallelo una giovane comparsa che aveva lavorato con lui diventa una star. Come all’epoca d’oro del cinema, il film è un fuoco pirotecnico d’invenzioni e il pubblico si abbandona a emozioni sospese, risate, esclamazioni di meravigliata sorpresa. Ben diversa è invece la ricezione di “Duch, le maitre des forges de l’enfer” di Rithy Panh, forse il film più forte e necessario visto finora al festival. Al centro di questo documentario la figura del direttore del campo di sterminio S21, dove furono scientificamente eliminate decine di migliaia di cambogiani. La grandezza del regista sta tutta nella sua disposizione all’ascolto del protagonista, ritratto nella sua condizione di lucido boia e di fragile essere umano. La domanda che emerge con una forza straordinaria da una tale operazione è: “Come è possibile?”, e sta tutta nella contrapposizione fra l’intelligenza, la cultura e in un certo senso la sensibilità dell’uomo, la sua coscienza della brutale volontà di fare scomparire tutti quelli che in un modo o nell’altro si contrapponevano alla logica del potere e le immagini agghiaccianti degli archivi, che mostrano dirigenti sorridenti e masse umane instancabilmente devote al lavoro. La posizione interrogativa del regista è anche la caratteristica più interessante di “The Tree of Life” di Terrence Malick, che si configura a livello cinematografico come l’equivalente del monologo joyciano di Ulisse. Rappresentazione non lineare di una cronaca familiare condizionata dal rapporto fra un padre autoritario, una madre amorevole e tre fragili figli, il film si condensa nella domanda che da sempre l’uomo rivolge a Dio quando la tragedia lo colpisce e il dolore non si stempera nel ricordo. La morte di una persona cara riporta la macchina da presa di Malick all’indietro nel tempo, nei dettagli di una vita vissuta, quando il mondo era la famiglia, e poi ancora più indietro, alle origini del tempo, quando il mondo fu creato, quando la materia era ancora indefinita e lo spirito non era disceso nelle forme viventi. Il risultato di una tale operazione è destabilizzante per lo spettatore, che esce stordito dal fluire sorprendente delle immagini, ma piano piano il miracolo avviene. Il film cresce nella coscienza e compie il suo vero dovere, quello di connettere chi lo ha visto con la profonda realtà delle cose. (Da Cannes, Luciano Barisone)
◊ In primo piano, la politica italiana con i risultati delle elezioni amministrative che si sono svolte domenica e lunedì. Il centrosinistra ha vinto al primo turno a Torino e Bologna, mentre a Milano e Napoli si va al ballottaggio, tra due settimane. Il periodo che si apre è all’insegna della riflessione. Il servizio è di Eugenio Bonanata:
Dimezzate rispetto al 2006 le preferenze raccolte dal premier Silvio Berlusconi. Si attende un suo intervento in merito ai dati che evidenziano un calo di voti per il Pdl del 28 per cento. Senza dubbio la sorpresa maggiore è stata quella di Milano, dove il candidato del centrosinistra, Pisapia, ha conquistato il 48 per cento dei consensi contro il 41,6 per cento del sindaco uscente Moratti. Si va, dunque, al ballottaggio, con la Lega che attraverso diversi esponenti ha preso subito le distanze dalle accuse di non aver fatto abbastanza per sostenere i candidati alleati. Bossi è arrivato poco fa nella sede del suo partito, ma la riflessione si è già aperta non solo in seno alla maggioranza. Forte delle vittorie al primo turno a Torino, con Fassino, e a Bologna, con Merola, il segretario del Pd Bersani ha riunito i vertici del partito per oggi pomeriggio. Il nodo principale da sciogliere è Napoli, dove a giocarsi la partita tra due settimane sono il Pdl, con Lettieri, e l’Italia dei Valori, con De Magistris. La formazione di Di Pietro studia una proposta politica per Milano e Napoli da presentare agli altri partiti. Soddisfazione è stata espressa dal leader di Sinistra ecologica e Libertà, Vendola, e da quello dell’Udc Casini, con il Terzo Polo che però deve fare i conti con malumori già emersi all’interno di Futuro e libertà per l’Italia. Alcuni, infatti, vorrebbero appoggiare i vecchi alleati di Pdl e Lega.
Libia
In Libia proseguono i raid aerei della Nato contro strutture del regime. La notte scorsa colpiti un edificio dei servizi di sicurezza e la sede del Ministero di Ispettorato, ambedue situati nei pressi della residenza di Gheddafi. Il governo libico, intanto, boccia il mandato di arresto spiccato dalla Corte Penale internazionale nei confronti del colonnello, di uno dei suoi figli e del capo dei servizi di sicurezza. Secondo il portavoce del regime l’atto è “incoerente” perché “basato su informazioni fornite dai media”.
Siria
In Siria, il Ministero degli interni ha smentito la scoperta di una fossa comune nella città meridionale di Deraa, epicentro della repressione messa in atto dalle forze di sicurezza. Secondo attivisti, all’interno sarebbero stati ritrovati i corpi di persone scomparse durante le mobilitazioni del marzo scorso. Intanto, mentre migliaia di siriani sono in fuga dal Paese, ieri sera c’è stata una nuova manifestazione anti-governativa – la prima in notturna - in un sobborgo di Damasco.
Yemen
Tensione anche nello Yemen, dove non si fermano le manifestazioni di piazza contro il presidente Saleh, che non vuole lasciare il potere. Nella zona meridionale del Paese, invece, proseguono gli attacchi terroristici. Ieri sera, uomini armati hanno assaltato un posto di controllo uccidendo tre soldati di Sanaa.
Pakistan
Almeno due soldati pakistani sono rimasti feriti da colpi sparati da elicotteri della Nato, che avrebbero centrato per errore un posto di blocco dei militari pakistani nella zona del Waziristan del Nord. Il servizio è di Gabriele Papini:
L’episodio è avvenuto nel Waziristan del Nord e rischia di acuire ulteriormente le tensioni tra il Pakistan e la comunità internazionale, già alle stelle dopo la cattura di Bin Laden, avvenuta senza consultare le autorità di Islamabad. L’esercito del Pakistan ha presentato una nota di protesta contro la Nato in Afghanistan, accusandola di aver violato il proprio spazio aereo, in cui si chiede un incontro immediato con i responsabili militari della Nato. Stamane, inoltre, il ministro degli Esteri del Pakistan ha ammesso il fallimento dell’intelligence pakistana nel blitz americano di Abbottabad. Intanto, è salito a 98 morti il bilancio del duplice attentato contro un centro di polizia, avvenuto venerdì a nord di Peshawar, per vendicare l’uccisione del capo di Al Qaeda. In questo quadro, il premier pakistano Gilani è arrivato in Cina per una visita ufficiale, esprimendo apprezzamento per il fatto che “in tutte le circostanze difficili la Cina sia rimasta vicina al Pakistan”. In programma incontri con il presidente Hu Jintao e il premier Wen Jiabao, centrati tra l’altro sulla lotta al terrorismo, e la firma di accordi di cooperazione economica.
Afghanistan
L'amministrazione americana ha accelerato le trattative dirette con i talebani, iniziate diversi mesi fa. Lo scrive oggi il "Washington Post", spiegando che la speranza è di poter permettere al presidente Obama di annunciare progressi verso una soluzione della guerra afghana quando sarà avviato il ritiro delle truppe a luglio, nell'ambito del passaggio di responsabilità alle forze afghane previsto entro il 2014. Nei primi incontri diretti, i talebani avrebbero presentato una lista di richieste, compresa la liberazione di 20 guerriglieri reclusi nella prigione di Guantanamo.
Medio Oriente
La Casa Bianca definisce “inaccettabile” il coinvolgimento della Siria nell’incitazione alle manifestazioni sulle alture del Golan, ai confini con Israele. Da più fronti giunge anche l’invito alla moderazione, dopo le recenti repressioni palestinesi da parte dell’esercito ebraico. Insistere per la ripresa dei negoziati di pace è l’appello del presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, in visita in Israele.
Egitto
L'ex presidente egiziano, Mubarak, ha intenzione di chiedere scusa alla nazione attraverso un messaggio registrato. Secondo la stampa locale prometterà la restituzione di quanto sottratto al popolo. Probabile anche la richiesta di un decreto di grazia, che sarebbe allo studio della giunta militare al potere.
Marocco
Le autorità marocchine hanno usato lacrimogeni e manganelli per reprimere una rivolta carceraria da parte di presunti terroristi islamici che sono saliti su un tetto chiedendo l’amnistia o la revisione dei loro casi. Circa 150 persone hanno preso parte alla protesta nella prigione di Zaki a Sale, a Nord Est della capitale Rabat. Almeno 30 persone sono rimaste ferite.
Sudafrica
Nelson Mandela, novantaduenne ex presidente ed eroe della lotta contro l’apartheid, sottoposto da gennaio a speciali cure mediche, ha votato nella sua casa di Johannesburg per le elezioni amministrative in programma domani in tutto il Paese. Per la prima volta il “partito dei bianchi” presenta un candidato nero, per giunta di Soweto, il sobborgo simbolo della lotta all’apartheid: accade a Johannesburg, principale città del Sudafrica e forse il test politico più importante delle elezioni amministrative di mercoledì.
Costa d’Avorio
La Costa d’Avorio tornerà a essere una terra “ospitale” e rispettosa dei diritti di tutti, in particolare delle comunità straniere: lo ha promesso ieri il presidente Ouattara al termine di una visita nel vicino Burkina Faso, un Paese che ha spinto dall’altra parte del confine oltre tre milioni di migranti.
Strauss-Kahn
Resta in carcere Dominique Strauss-Kahn: la giustizia statunitense ha negato la libertà su cauzione al direttore del Fondo monetario internazionale, che rischia oltre 74 anni di carcere per doppia violenza sessuale, tentato stupro e sequestro di persona. Da New York, ci riferisce Elena Molinari:
Ha passato la notte a Rikers Island, una delle carceri più grandi di New York, Dominique Strauss-Kahn, cui ieri il giudice ha negato la libertà su cauzione. Il capo del Fondo Monetario Internazionale, accusato di violenza sessuale ai danni di una cameriera d’albergo, è stato, infatti, ritenuto a rischio di fuga. Dovrà ricomparire in tribunale il 20 maggio, dove un gran giurì popolare confermerà o meno le incriminazioni a suo carico. Il procuratore distrettuale di Manhattan, intanto, ha aggiunto l’accusa di sodomia a quelle di aggressione sessuale e sequestro di persona e ha portato all’attenzione del giudice l’esistenza di un precedente "assalto" perpetrato dall’accusato: forse quello della giornalista francese, Tristane Banon, che sta considerando di sporgere denuncia contro Strauss-Kahn per un tentativo di violenza subito nel 2002. Intanto, all’Fmi è scattata la successione, con i Paesi emergenti che premono per conquistare il vertice dell’istituto tradizionalmente a guida europea.
Irlanda
Lo storico viaggio della Regina Elisabetta II in Irlanda si è aperto oggi all'insegna di un allarme-bomba: un ordigno esplosivo è stato trovato, ieri sera, nel vano bagagli di un autobus alla periferia di Maynooth, nella contea di Kildare, ed è stato disinnescato dagli artificieri. Un secondo allarme, in una stazione dei tram a ovest di Dublino, si è rivelato falso. Dall’Irlanda, Enzo Farinella:
Quella della Regina Elisabetta, la prima di un monarca inglese alla Repubblica, rappresenta uno straordinario momento nella storia dell'isola, come ha dichiarato, ieri, il presidente irlandese, Mary McAleese. In realtà, essa segna un momento di maturità per le relazioni anglo-irlandesi, il riavvicinamento tra le due nazioni, divise da una dominazione secolare e da rancori non del tutto sopiti per un’arbitraria divisione dell’isola - sei Contee o Provincie sono ancora sotto dominio inglese -, per la quale nessuno ha votato nel 1921. Ci sono anche recriminazioni inglesi per decenni di attentati e minacce da parte dell’Ira. Questa visita dovrebbe consolidare il processo di pace, iniziato nel 1998 con l’Accordo di Belfast, che ha portato nazionalisti e unionisti al tavolo delle trattative per un governo di coalizione nel Nord Irlanda, che ancora persiste. Inoltre, la stragrande maggioranza della popolazione irlandese vuole la pace. La visita, iniziata oggi con l'arrivo della Regina nell'aeroporto militare di Baldonnel, come prevedibile, avviene in una capitale blindata. Artificieri hanno fatto esplodere, questa notte, una bomba rudimentale, trovata in un autobus, vicino l'Universitá di Maynooth, mentre un pacco sospetto lasciato lungo la linea del tram di Dublino in mattinata si é rivelato una beffa. Nei giorni scorsi, simili incidenti erano stati registrati con quattro bombe rudimentali, rese innocue dagli artificieri nella capitale irlandese, con un 44enne sedicente simpatizzante di Al Qaeda, arrestato, e quattro uomini fermati per la scoperta di armi sulla macchina in cui viaggiavano. Allarmi per la sicurezza della Regina vengono dalla rinascita di gruppuscoli di dissidenti estremisti, responsabili nei mesi scorsi di attentati vari e dell’uccisione di un poliziotto nell’Irlanda del Nord, da atavici sentimenti anti-britannici e dal rischio terrorismo dopo l’uccisione di Osama Bin Laden. La visita della Regina coincide inoltre con l’anniversario delle bombe di Dublino e Monaghan, quando 36 persone sono morte, esattamente 37 anni fa, nelle due città, l’atrocità più grave che la Repubblica abbia conosciuto durante i 30 anni di guerriglia nel Nord Irlanda. Gli allarmi destano preoccupazioni, ma gli ottomila poliziotti e duemila soldati, coinvolti nel servizio d’ordine, son capaci di far fronte a simili inquietudini per la sicurezza della regina.
Brasile
Il governo brasiliano ha chiesto oggi all'Organizzazione della Conferenza Islamica (Oci) di essere autorizzato a far parte dell'organismo come osservatore. Una richiesta in tal senso è stata presentata dall'ambasciatore brasiliano in Arabia Saudita e nello Yemen, Luiz Canaes. In merito, il segretario dell'Oci, Ekmeledin Ihsan Oglo, ha assicurato che adotterà “le misure necessarie per consentire l'incorporazione del Brasile nell’organismo” e che “aiuterà” il Paese ad adempiere ai requisiti necessari per essere accettato come osservatore.
Argentina
Il governo argentino ha annunciato ufficialmente la data delle prossime elezioni presidenziali che si svolgeranno il 23 ottobre, con eventuale ballottaggio il 20 novembre. Lo riferisce l'agenzia Telam, dopo il decreto sul calendario elettorale firmato dalla presidente Cristina Kirchner. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata e Gabriele Papini)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 137