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Sommario del 31/07/2011
Vietato dimenticare chi patisce fame e sete: il Papa torna a parlare del Corno d’Africa
◊ Vietato essere indifferenti davanti alla tragedia degli affamati e assetati: così il Papa all’Angelus torna a rivolgere l’attenzione alle popolazioni del Corno d’Africa. Nella domenica in cui il Vangelo parla del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, Benedetto XVI ricorda che Cristo, “attento al bisogno materiale incoraggia a dividere il pane con i bisognosi”. Il Papa ricorda Sant’Ignazio di Loyola di cui oggi la Chiesa fa memoria. Il servizio di Fausta Speranza:
Le conseguenze della carestia nel Corno d’Africa sono aggravate dalla guerra e dalla mancanza di solide istituzioni. Lo sottolinea Benedetto XVI ricordando i “tanti fratelli e sorelle che in questi giorni patiscono”. “Cristo – dice – ci richiama alle nostre responsabilità: fare tutto quello che è in nostro potere per venire in aiuto a chi soffre la fame e la sete”. “In questo tempo di vacanza – raccomanda – non dimentichiamo gli altri e non abbiamo paura di aprire le nostre mani e i nostri cuori per venire in aiuto a chi è nel bisogno”. Benedetto XVI, nel saluto in polacco, ricordando l’odierno Vangelo sulla moltiplicazione dei pani e dei pesci afferma: “Cristo nutre una folla affamata ma non ci dà per questo una ricetta utile a sfamare i popoli del mondo né a risolvere il dramma della fame”. Ma ci ricorda – spiega – che è “vietato restare indifferenti”.
“Cristo è attento al bisogno materiale, ma vuole donare di più, perché l’uomo è sempre “affamato di qualcosa di più, ha bisogno di qualcosa di più”. Nel pane di Cristo è presente l’amore di Dio; nell’incontro con Lui ci nutriamo, per così dire, dello stesso Dio vivente, mangiamo davvero il «pane dal cielo»”
“Il miracolo – spiega il Papa - consiste nella condivisione fraterna di pochi pani che, affidati alla potenza di Dio, non solo bastano per tutti, ma addirittura avanzano, fino a riempire dodici ceste”. Ceste che Gesù affida ai discepoli:
“Il Signore sollecita i discepoli affinché siano loro a distribuire il pane per la moltitudine; in questo modo li istruisce e li prepara alla futura missione apostolica: dovranno infatti portare a tutti il nutrimento della Parola di vita e dei Sacramenti.”
“Nell’Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella e – spiega Benedetto XVI – nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio della carità nei confronti del prossimo”
“Ce lo testimonia anche Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, di cui oggi la Chiesa fa memoria. Ignazio scelse, infatti, di vivere “ricercando Dio in tutte le cose, amando Lui in tutte le creature”
Il Papa in questo Angelus recitato a Castel Gandolfo affida ai saluti in varie lingue il messaggio forte di invito alla carità e alla condivisione. In francese ribadisce che “la Parola di Dio ci ricorda come l’acqua e il pane siano necessari a ciascun essere umano”. In inglese l’invito ai cristiani ad essere uniti nell’Eucaristia. In Spagnolo l’invito a “guardare al Signore come vero nutrimento della vita”. In tedesco il Papa sembra sintetizzare tante cose dicendo che “quello che veramente ci nutre e di cui intimamente abbiamo bisogno sono l’amore e la pace”. “Questi – spiega - non possiamo comprarli, ma soltanto accettarli in dono. La disponibilità a ricevere doni cresce quando noi doniamo, quando impariamo a donare noi stessi”. In italiano in particolare il pensiero alle Figlie di Maria Ausiliatrice:
“cordiale benvenuto alle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice, provenienti da varie Regioni d’Italia e formulo fervidi auguri per il loro 25° anniversario di vita religiosa”.
Il saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli provenienti dalla parrocchia di S. Bonifacio in Pomezia e quelli di Oderzo. E un pensiero alla tradizionale iniziativa a Castel Gandolfo della “Sagra delle Pesche”, con l’augurio di “ogni migliore successo a questa iniziativa che vede la collaborazione dell’Amministrazione Comunale, della Parrocchia e dell’intera cittadinanza”. A tutti l’augurio di una buona domenica.
◊ Concerto per il Papa ieri sera nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo: ad offrire l’omaggio musicale a Benedetto XVI in occasione dei suoi 60 anni di sacerdozio, è stata una delegazione di Traunstein, cittadina della Baviera meridionale dove il Papa ha celebrato la sua Prima Messa l’8 luglio 1951. Al Pontefice è stato anche consegnato "l’anello d’onore” del distretto di Traunstein, una speciale onorificenza istituita nel 1969 per quelle persone il cui operato ha contribuito al beneficio della comunità locale. Al termine del concerto, il ringraziamento del Papa ai presenti. Il servizio di Cecilia Seppia:
E’ il regalo di Traunstein al Papa per i suoi 60 anni di sacerdozio, il concerto di ieri sera: circa 250 persone provenienti dalla piccola città tanto cara al Pontefice che qui trascorse l’infanzia e l’adolescenza, diversi gruppi folkloristici ed esponenti degli Schützen, si sono esibiti in cappelle musicali e canti tradizionali; poi gli immancabili balli della Baviera e la consegna dell’anello d’onore.
“Mit Euch ist die bayrische Heimat hier bei mir gegenwärtig. …“
“Tramite voi - ha detto Benedetto XVI - è presente qui la mia patria bavarese. E’ per me è una grande gioia il fatto che questo anello mi sia stato consegnato in modo unanime, al di là di ogni appartenenza, di ogni differenza. Per me è un segno che sono davvero a casa e sono felice, perché, mi avete fatto rivivere la bellezza e la gioiosità della cultura bavarese. La nostra terra - ha aggiunto - è una terra benedetta e lo è grazie al Creatore che ci ha dato le montagne, i laghi, le valli, i boschi, ma è benedetta anche perché tanti uomini qui sono stati toccati nella fede dalla bellezza del creato”. Ai musicisti un ringraziamento speciale, per aver riproposto quella musica capace di mostrare il Paradiso.
“Ohne die Musik, die da ist, ohne die Poesie, ohne die Gemütlichkeit …“
“La Baviera non sarebbe la Baviera - ha sottolineato il Papa - senza la sua musica, la sua poesia, la cordialità e la gioiosità che abbiamo appena sperimentato e che crescono solo se il cielo sopra di noi è aperto. La Baviera è diventata quella che è partendo da questa certezza, e noi tutti preghiamo e speriamo che così rimanga”. Quindi l’invito a rimanere fedeli a tale gioia anche quando si attraversano vallate buie, certi che Dio ci ama; il monito a continuare a dire sì alla vita e al futuro rimanendo saldi in Cristo. “Il mondo, la vita e la fede - ha detto - insieme significano tolleranza, essere aperti gli uni agli altri alla cordiale fraternità verso coloro che sanno di appartenere all’unico Padre”.
“Dies ist also meine Bitte: Bleiben wir vom Glauben angerührt …“
“Questa è la mia preghiera: ha concluso il Pontefice - lasciamoci sfiorare dalla fede, lasciamoci guidare dalla fede affinché lo splendore del cielo possa giungere fino a noi e possa illuminare il mondo nelle sue miserie, rendendolo bello e splendente”.
La Comunità di Sant'Egidio impegnata per la Gmg
◊ I giovani di tutti i continenti sono mobilitati per la Giornata mondiale della gioventù che si svolgerà a Madrid dal 16 al 21 agosto: oltre alle diocesi partecipano all’evento gruppi, associazioni, comunità e movimenti cattolici. Giorgia Innocenti ne ha parlato con Stella Cernoni, della Comunità di Sant’Egidio:
R. – A Madrid saremo in tanti della Comunità: una delegazione internazionale, composta da giovani italiani, francesi, spagnoli naturalmente, belgi, ma anche alcune delegazioni di nostre comunità dall’Africa e dall’America Latina. Avremo una chiesa dove ci sarà la preghiera della Comunità; sarà animata l’adorazione e poi faremo incontri su quei temi che sono un po’ più cari a noi della Comunità, come l’incontro con i poveri, come vivere il Vangelo e l’amicizia con chi è più povero …
D. – Il Papa ci ha invitati ad essere radicati, fondati in Cristo e saldi nella fede. Come riesce a vivere da testimone il Vangelo?
R. – Io penso che questo messaggio sia importante, perché credo che ci sia la tentazione nella vita di tutti i giorni a vivere una sorta di vita parallela, una vita in cui a volte ci si dimentica di essere cristiani, ci si dimentica che la fede non è qualcosa di privato, di chiuso da vivere di nascosto, ma da vivere tutti i giorni e da testimoniare. Io credo che ci sia una bellezza dell’essere cristiani che si testimonia con la gioia, con la simpatia, con la generosità, con la solidarietà e questi sono tutti atteggiamenti che vanno vissuti e testimoniati agli altri nella vita di tutti i giorni: all’università, per quanto mi riguarda, ma poi anche nel mondo del lavoro. E quindi, penso che in questo senso questo sia possibile viverlo solo se si è veramente “radicati”, come dice il Papa, se si hanno radici profonde nella Chiesa e nel Vangelo. Allora penso che, ad esempio, la preghiera della sera che la nostra comunità fa tutte le sere sia un aiuto per questo “essere radicati nel Vangelo”.
D. – La cultura attuale tende ad escludere Dio, a considerare la fede un fatto più privato, senza una rilevanza sociale. Che cosa ne pensi?
R. – Io, invece, penso che sia esattamente il contrario. Io credo che se tutti vivessimo la fede con più profondità e con più serietà, questo mondo sarebbe più bello e più umano per tutti. Io credo che più ci si allontana da Dio e più il mondo diventa disumano, vengono allontanati gli altri, si diventa disumani … Io credo che invece la nostra fede debba essere sempre di più qualcosa che coinvolga le nostre società e che, in qualche modo, influenzi le nostre società. Infatti, vivere “radicati nel Vangelo” aiuta ad essere più umani e a costruire una società anche più giusta, da un punto di vista di giustizia umana. (gf)
Emergenza carestia in Somalia: incessante affluenza di profughi
◊ Come ricordato anche oggi dal Papa all’Angelus, è ancora emergenza in Somalia, dove siccità e carestia stanno mettendo in ginocchio il Paese ormai da settimane colpendo circa 12 milioni di persone. Incessante l’affluenza dei profughi, in fuga dalla fame e dalla sete: circa 2.500 persone affluiscono ogni giorno nel solo Kenya. Immediato il supporto fornito da diverse associazioni umanitarie sul posto: tra queste anche la Caritas, che si sta mobilitando in collaborazione con le diocesi locali, fornendo assistenza sanitaria, acqua e cibo. Fausta Speranza ha intervistato Paolo Beccegato responsabile dell’area internazionale della Caritas:
R. – Bisogna distinguere l’emergenza dal problema complessivo, dalla causa. Sull’emergenza c’è stata una grande mobilitazione, c’è il coinvolgimento di tutti i governi, la Somalia dà segnali di apertura. Quindi speriamo veramente che si possa far fronte alla situazione di carestia che colpisce più o meno 12 milioni di persone, un numero impressionante di famiglie, di popolazioni. Per quanto riguarda le cause, quindi la siccità, è chiaro che tutto dipenderà da come sarà l’evolversi delle precipitazioni ma anche dalle politiche che si metteranno in atto. E’ presumibile che per tutto il 2011 il problema non si risolverà alla radice e quindi l’allarme dell’Onu penso sia giustificato e vada considerato con la massima attenzione da tutti i governi di questi otto Stati che sono stati colpiti dalla carestia.
D. - Che cosa sa di più di questi ponti aerei?
R. – Il ponte aereo è particolarmente importante nella Somalia propriamente detta, quindi il sud, anche se non bisogna dimenticare il Puntland e il Somaliland. La parte più anarchica, più difficoltosa, dal punto di vista della raggiungibilità per le condizioni di sicurezza è il sud ed è anche la zona più colpita dalla siccità. Quindi è molto importante che questo ponte aereo continui anche nelle prossime settimane. Questo non basta se poi non si prendono le misure alla radice.
D. - Quali dovrebbero essere queste misure alla radice?
R. - C’è tutto il problema della desertificazione: la Convenzione contro la desertificazione del ’96 non è mai stata applicata. La desertificazione ha delle cause e non è dovuta solo alla diminuzione delle precipitazioni, ma a tutta una serie di fattori che, di fatto, poi fanno sì che il Sahara continui ad espandersi verso sud e che vede già da anni un allarme rosso rispetto a questo fenomeno e alle sue conseguenze sia in termini di produzione di cibo, sia in termini anche di conflittualità per le poche terre fertili che restano a disposizione. In questo senso c’è tutta una serie di studi che denunciano la guerra in Sudan, le tensioni in Ciad, il conflitto interno in Somalia, tra Etiopia e Eritrea, come cause principali ma anche mettono in luce che i piani per la fertilizzazione, la potabilizzazione delle acque, e tutto ciò che viene, devono essere sostanzialmente applicati negli anni e non solo in questa fase di emergenza.
D. – Il presidente degli Stati Uniti Obama ha detto che non è stata ancora attirata l’attenzione internazionale in modo sufficiente. Lei che ne pensa?
R. – Sono d’accordissimo, il Papa probabilmente è stato il primo ad alzare la voce e da allora forse un po’ più di attenzione c’è. Il problema è che questo va mantenuto nel tempo. Le promesse che adesso stanno facendo i governi e le istituzioni internazionali poi vanno mantenute: cosa che nel passato non si è verificata. In questo caso oltre all’emergenza c’è da riconsiderare complessivamente la situazione nel Corno d’Africa che è una delle peggiori al mondo e lo vediamo in termini di perdite di vite umane e di danni su bambini, donne e popolazioni deboli. (bf)
Ufficioso accordo in Usa sul debito mentre ci si interroga sul ruolo delle agenzie di rating
◊ La Casa Bianca e il Congresso avrebbero raggiunto in extremis un accordo preliminare per l'aumento del tetto del debito e per evitare il default. A diffondere la nostizia, alcune indiscrezioni di stampa, al momento non confermate ufficialmente, secondo cui si starebbero definendo gli ultimi dettagli. Il piano prevedrebbe un aumento del tetto del debito fino a 2.800 miliardi di dollari in due fasi e tagli alle spese di poco superiori. Se i negoziati si chiuderanno in tempo la proposta sarà votata in Senato alle 19 di oggi, ora italiana, per poi passare alla Camera. Nuovo appello anche del presidente Obama, che è tornato a chiedere al governo di trovare un piano “bipartisan” da firmare entro il 2 agosto. In questi giorni la crisi statunitense per l’innalzamento del tetto del debito, le borse mondiali in affanno permanente, il declassamento della Grecia e quello ritenuto possibile della Spagna hanno destato preoccupazione per l’andamento dell’economia mondiale ma hanno anche posto interrogativi sul ruolo delle agenzie internazionali di rating. Cosa sono e perché sono state create le agenzie di rating? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto all’economista Alberto Quadrio Curzio:
R. – Le agenzie di rating sono società private che hanno preso avvio all’inizio dello scorso secolo negli Stati Uniti. Il loro scopo è quello di valutare la solidità delle società operanti nel contesto dell’economia e questo obiettivo si è via via allargato a considerare anche la solidità degli Stati sovrani, ovvero dei titoli di debito pubblico emessi dagli Stati sovrani.
D. – Cosa succede quando un’agenzia di rating giudica e declassa un Paese?
R. – La valutazione delle agenzie di rating rappresenta un messaggio dato a tutti gli operatori finanziari e, più in generale, a tutti i risparmiatori sull’affidabilità, o meno, di un titolo. Sotto questo profilo, le agenzie di rating hanno una graduatoria di affidabilità dei titoli che va dal livello massimo – che normalmente è identificato con una tripla “A” – fino a dei livelli molto bassi, taluni dei quali definiti persino “livelli spazzatura”. In questo caso, il titolo non ha altro valore che quello che può avere un residuo assimilabile ad una spazzatura. Detto questo, ciò che nelle agenzie di rating ha suscitato una crescente perplessità - e non solo in questi ultimi tempi – è che tre di queste agenzie rappresentano il 95 per cento dei certificatori del mercato mondiale.
D. – A proposito di queste agenzie più importanti, da chi dipendono e chi controlla il loro operato?
R. – Queste agenzie sono delle Società Per Azioni che hanno degli azionisti e, se fanno bene il loro mestiere, evitano ai risparmiatori di perdere soldi. La vigilanza proviene dagli stessi risparmiatori, che evidentemente si servono dei loro giudizi, così come se ne servono le imprese che chiedono alle agenzie di essere valutate. Una seconda tipologia di vigilanza viene dai soggetti istituzionali, i quali stanno costantemente ponendo delle regole a cui le società di rating devono attenersi.
D. – Data appunto la delicatezza di queste valutazioni, in quali ambiti concreti influiscono questi giudizi delle agenzie di rating nell’economia reale?
R. – Influiscono in questo senso: una valutazione di scalamento qualitativo di un titolo di Stato porta, sempre e comunque, ad una vendita – di parte o più di parte – dei titoli di Stato stessi. Per quanto riguarda i risparmiatori, questi non hanno la competenza per capire se un titolo ha valore o meno e per questo fanno riferimento molto frequentemente alle agenzie di rating, guardando le loro classificazioni per decidere se investire. E’ ovvio che, se cala la qualità di un titolo, i risparmiatori tendono a non investire nello stesso, e quindi, se non investono, la raccolta di risparmio da parte del mondo produttivo diminuisce. Se diminuisce la raccolta di risparmio, diminuiscono anche gli investimenti e, diminuendo questi ultimi, diminuisce la crescita economica.
D. – Abbiamo visto alcuni dei limiti, ma ci sono anche dei vantaggi, per il sistema economico, ad avere delle agenzie di rating?
R. - Le agenzie servono perché offrono al risparmiatore elementi per giudicare quali sono i titoli più convenienti e dove investire, e servono nella misura in cui il loro lavoro è fatto con grandissima professionalità e in un contesto - questo è un punto cruciale - in cui ci sia una moltiplicazione delle agenzie. Credo che se si riuscisse ad avere un certo numero di agenzie di rating private – come quelle che già ci sono, magari in un numero più consistente – ed un certo numero di agenzie di rating pubbliche, che valutano soprattutto gli Stati sovrani - cioè i titoli del debito pubblico - la situazione andrebbe meglio per tutti. Sarebbe migliore per le agenzie di rating che ci sono, per i risparmiatori, per le imprese ed anche per gli Stati sovrani. La molteplicità porta alla reciproca vigilanza dei soggetti valutatori. (vv)
◊ In Senegal resta tesa la situazione politica. La scorsa settimana due manifestazioni di piazza contrapposte hanno segnato il culmine dei contrasti che da mesi oppongono, in uno dei Paesi più poveri del mondo, l’ultraottantenne presidente Abdoulaye Wade e i movimenti che contestano il suo governo. Nell’intervista di Davide Maggiore, Anna Bono, docente di Storia e istituzioni dell’Africa all’Università di Torino, ricostruisce gli inizi della crisi:
R. – La causa scatenante è stata la decisione, annunciata dal presidente in carica, di ricandidarsi. La contestazione deriva dal fatto che Wade sta concludendo il suo secondo mandato e quindi non potrebbe ricandidarsi. A questa decisione si aggiunge il fatto che è stata proposta una serie di modifiche costituzionali in base alle quali la percentuale minima di preferenze per essere eletti al primo turno scendeva dal 50 per cento al 25 per cento, il che per un presidente in carica equivale praticamente all’elezione assicurata. In aggiunta, poi, veniva istituita la carica di vice presidente che, nelle intenzioni del presidente Wade, sarebbe andata a suo figlio Karim, il che prefigurava una possibile successione dinastica. Il 23 giugno scorso, mentre il Parlamento stava per approvare questi emendamenti, una prima imponente manifestazione è continuata, nonostante l’intervento delle forze dell’ordine, con un vigore tale da indurre il Parlamento a sospendere la seduta e a non votare.
D. – Chi sono i protagonisti delle manifestazioni di piazza contro il presidente?
R. – Una parte consistente di popolazione, soprattutto urbana e giovane, si sta mobilitando – e non soltanto nelle piazze – per esercitare il proprio diritto al voto andando in massa ad iscriversi alle liste elettorali.
D. – Ci sono differenze tra questo tipo di movimenti di piazza e quelli che hanno dato vita alla cosiddetta “primavera araba”?
R. – I Paesi in cui si sono verificati i disordini che sappiamo, a confronto di quelli sub sahariani presentano un quadro sociale ed economico molto più avanzato; e tuttavia, l’esasperazione della gente e forse anche l’esempio dei risultati ottenuti altrove, sta dando vigore a proteste anche in Paesi che da anni non manifestano segnali così importanti di disagio.
D. – L’opposizione può veramente sperare di subentrare al capo dello Stato in carica, o il governo può resistere alla pressione?
R. – Il governo può resistere alla pressione e lo sta facendo: Wade ha ribadito con fermezza la sua intenzione di ricandidarsi, senza nemmeno accennare alla possibilità di una verifica della legittimità costituzionale di questa sua decisione. Inoltre, corrono voci di un rafforzamento delle forze dell’ordine, dell’arrivo imminente o già avvenuto di mercenari provenienti dalla Nigeria e dalla Costa d’Avorio, pronti ad intervenire per reprimere le piazze … La capacità di resistenza delle masse urbane ha indubbiamente un limite e bisogna ricordare che si tratta anche di situazioni in cui la capacità di resistenza della popolazione è fortemente compromessa da livelli di povertà elevatissimi. Le conseguenze di una prova di forza possono essere estreme. (gf)
In Pakistan ancora i danni delle alluvioni di un anno fa e il rischio di nuove
◊ A un anno dalle devastanti alluvioni che hanno colpito il Pakistan, la situazione rimane ancora disastrosa. Più di due milioni di persone vivono in aree a rischio di nuove inondazioni a causa dei ritardi nella ricostruzione e 800 mila sono ancora senza tetto. Camilla Spinelli ha intervistato Gabriele Carchella responsabile ufficio stampa di Oxfam Italia, organizzazione internazionale impegnata in aiuto umanitario e progetti di sviluppo:
R. – Ad un anno dall’alluvione il Pakistan deve ancora affrontare una situazione di emergenza: 37 mila persone stanno ancora vivendo in campi di rifugiati ed in tutto il Paese sono centinaia di migliaia le persone che non hanno un rifugio adeguato.
D. – Si registra anche un forte ritardo nella ricostruzione delle infrastrutture, prime fra tutte le scuole...
R. – Esiste un forte ritardo nelle infrastrutture ma, in particolare, nella costruzione di tutte le misure che permettono una risposta al disastro. Gli argini dei fiumi, i terrapieni non sono stati ricostruiti, soprattutto nelle regioni che sono più a rischio di alluvione. O, se sono stati ricostruiti, sono stati fatti non secondo le misure più opportune e non hanno quindi la capacità di arginare una nuova ondata di alluvioni.
D. – Quali sono le cause di questa situazione?
R. – E’ dovuta a diversi fattori. In parte al fatto che i finanziamenti non sono stati ancora stanziati in maniera completa, e quindi c’è ancora un buco rispetto all’appello delle Nazioni Unite, che avevano chiesto due miliardi di dollari e che sono stati finanziati soltanto per il 70 per cento. E’ mancata, però, anche una piena efficacia del governo pachistano nel rispondere a questa emergenza.
D. – Che tipo di impegno portate avanti voi di Oxfam in Pakistan?
R. – Oxfam si è occupata sia della primissima emergenza – e quindi di recuperare anche le persone disperse -, sia di portare acqua pulita, dare un riparo agli sfollati e assicurare loro misure sanitarie. Oxfam partecipa inoltre anche a programmi per la riduzione del rischio delle alluvioni, collaborando quindi con partner ed autorità locali. Secondo la Banca Mondiale il costo immediato della ricostruzione non è altissimo: si parla di oltre 27 milioni di dollari. E’ sicuramente una cifra che può essere investita, con il risultato di salvare molte vite.
D. – Oggi c’è il rischio di rivivere l’emergenza di un anno fa?
R. – C’è una previsione delle Nazioni Unite secondo la quale da due a cinque milioni di persone sono quest’anno a rischio alluvione. Nonostante l’emergenza sia più o meno scomparsa dai media, la situazione in Pakistan è molto simile a quella dell’anno scorso. (vv)
L’Ue chiede a Serbia e Kosovo di superare le tensioni: incidenti in settimana
◊ L’Unione europea ha chiesto alla Serbia e al Kosovo di ridurre le tensioni che si sono venute a creare dopo i nuovi incidenti avvenuti alla frontiera tra i due Paesi. Nel corso della settimana un poliziotto kosovaro ha perso la vita quando le forze di sicurezza di Pristina hanno tentato di prendere il controllo di un posto di frontiera al confine con la Serbia. Un’azione che ha scatenato la reazione dei militari di Belgrado. Nella regione sono tuttora presenti contingenti della Nato e dell’Unione europea. Su questa difficile situazione Stefano Leszczynski ha intervistato Paolo Quercia, analista del Centro Alti Studi della Difesa:
R. – Gli incidenti sono stati associati alla decisione politica di mettere sotto il controllo della polizia di Pristina questi due valichi per mettere in atto un embargo contro le merci provenienti dalla Serbia. Questo ha causato la rivolta dei serbi del nord di Mitrovica, che hanno attaccato i posti di frontiera, prendendone il controllo.
D. – La Serbia si avvicina sempre di più all’Europa. Questo potrà cambiare i rapporti con il vicino Kosovo?
R. – Dovrebbe. Ricordiamo che quest’anno sono partiti anche dei colloqui tecnici, nonostante i due Stati non si riconoscano. Quindi anche questa disputa doganale tra due Stati che non si riconoscono è qualcosa di particolare. Però, proprio nel 2011, sono partiti dei colloqui tecnici tra i due governi per risolvere alcuni problemi di natura amministrativa, in particolare nella parte nord. Questo è stato un esito del processo di avvicinamento della Serbia all’Unione Europea, che aveva facilitato questo dialogo.
D. – La soluzione potrebbe essere, in futuro, quella di un ingresso nell’Unione Europea di entrambe le realtà statali?
R. – Questo vorrebbe dire che la soluzione è già stata trovata, perché per poter entrare entrambe nell’Unione Europea vuol dire che hanno dovuto mettere da parte i contenziosi territoriali e aver stemperato i rispettivi nazionalismi. Questo scenario sarebbe quindi quasi il premio di un percorso virtuoso di questo tipo. Il problema è che ovviamente la Serbia, nel cammino dell’Unione Europea, è molto più avanti rispetto al Kosovo.
D. – L’Unione Europea potrebbe porre, come ulteriore condizione, il riconoscimento del Kosovo prima di un ingresso della Serbia?
R. – Per un po’ di anni è stata sostenuta questa tesi e questa condizionalità è stata posta, ma credo che ultimamente sia stata messa da parte. Anche la posizione americana, su questo, non è di condizionalità con l’ingresso della Serbia nell’Unione Europea più collaborazione al tribunale dell’Aja per i crimini di guerra. Nel caso del Kosovo, si è parlato di un processo parallelo e quindi la Serbia può continuare a dialogare con l’Unione Europea anche senza il riconoscimento del Kosovo. Bisogna poi vedere se si consentirà alla Serbia di chiudere il processo di adesione all’Unione Europea senza aver riconosciuto il Kosovo. Credo che però questa decisione non sia stata ancora presa. E forse è giusto lasciare margini di trattativa alla politica. (vv)
La Chiesa in Inghilterra e Galles celebra la “Giornata per la vita”
◊ Riflette sulla felicità autentica l’annuale “Giornata per la vita”, celebrata oggi dalla Chiesa Cattolica in Inghilterra e Galles all’insegna del motto paolino “Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera” (Rom 12,12). Ad ispirare la scelta tematica è stato un brano del discorso di Benedetto XVI ai giovani delle scuole cattoliche a Twickenham, il 17 settembre 2010, durante il viaggio apostolico nel Regno Unito. In quella circostanza il Papa disse tra l’altro: "La felicità è qualcosa che tutti desideriamo, ma una delle grandi tragedie di questo mondo è che così tanti non riescono mai a trovarla, perché la cercano nei posti sbagliati. La soluzione è molto semplice: la vera felicità va cercata in Dio. Abbiamo bisogno del coraggio di porre le nostre speranze più profonde solo in Dio: non nel denaro, in una carriera, nel successo mondano, o nelle nostre relazioni con gli altri, ma in Dio. Lui solo può soddisfare il bisogno più profondo del nostro cuore". Nei sussidi elaborati per la Giornata, i fedeli sono chiamati a spendersi per una società in cui tutti e ciascuno siano valutati come esseri creati e amati da Dio e redenti dal Cristo: non per la loro fama, potere o possedimenti, ma per il loro valore intrinseco. E’ una chiamata a riscoprire la verità insita nella consapevolezza di essere amati da Dio fin dall’inizio della nostra esistenza; l’invito è inoltre quello a riporre in Dio piena fiducia, malgrado i rovesci e le avversità, “affinché la nostra gioia sia piena” (Gv 15,11). Tra gli spunti di riflessione viene anche proposto un pensiero del Beato John Henry Newman sulla particolare missione affidata dal Creatore ad ogni uomo, il quale deve rispondere al suo compito attuando il bene e confidando nel Signore in ogni circostanza: malattia, dubbio, dolore, abbandono. Nel discernimento intorno alla vera felicità – sottolineano ancora gli organizzatori della Giornata - un aiuto primario viene dal Sacramento della Penitenza, che ci riconcilia con Dio, fonte di ogni nostra gioia, con il nostro prossimo e con noi stessi. (A cura di Marina Vitalini)
Festa dell’Acqua: iniziativa di sensibilizzazione a Bergamo
◊ L’acqua è una risorsa indispensabile, spesso sottovalutata dal mondo occidentale e non disponibile in diverse regioni del mondo già afflitte da malattie, guerre e carenze di cibo. Ogni giorno nel mondo 30.000 persone muoiono per cause connesse alla scarsità d’acqua. Il 40% della popolazione mondiale - 2,5 miliardi di persone - convive con la carenza di risorse idriche. Sono alcuni dei temi al centro della Festa dell’acqua, che si chiuderà domani a Bergamo presso il Centro Sportivo. In questa cornice vengono presentati vari progetti, tra cui quello del Cesvi nella Repubblica democratica del Congo. Nel Paese africano il 35% della popolazione non ha accesso ad acqua potabile e il 25% dei bambini muore per malattie collegate all’uso di acqua contaminata. L’obiettivo del Cesvi, grazie alle donazioni, è di costruire almeno 300 pozzi. (A.L.)
Tutto pronto per la terza edizione di “Pace in bici” per il disarmo nucleare
◊ Da Rovigo ad Aviano in bicicletta per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di bandire le armi nucleari dal pianeta. È quanto prevede la terza edizione di “Pace in bici”, iniziativa organizzata dall’associazione “Beati i costruttori di pace”. La “pedalata” prederà il via sabato 6 agosto, giorno del 66.mo anniversario del bombardamento di Hiroshima, che da anni viene ricordato dall’associazione con manifestazioni pubbliche. Da tre anni l’associazione lo fa utilizzando la bicicletta, “per avvicinare in una forma a misura d’uomo e non inquinante le comunità territoriali”, spiega al Sir il presidente don Albino Bizzotto, secondo il quale “Pace in bici vuole far leva sulla creazione di una coscienza a livello internazionale e nazionale che conduca a una partecipazione decisiva”. Alle 8.15 del 6 agosto si svolgerà a Rovigo la cerimonia in memoria del bombardamento di Hiroshima. Da lì sì partirà alla volta di Padova per proseguire nei giorni successivi fino alla base Usaf di Aviano, che tuttora contiene alcune decine di bombe termonucleari, davanti alla quale il 9 agosto alle 11 si terrà la cerimonia di commemorazione del bombardamento di Nagasaki. Quest’anno l’iniziativa intende sostenere, oltre a Ican, campagna per la messa al bando delle armi nucleari, anche l’associazione internazionale “Mayors for Peace” (Sindaci per la Pace). (M.G.)
Filippine: i salesiani inaugurano un’aula mobile per bambini di strada
◊ Il villaggio per bambini di strada “Tuloy Sa Don Bosco”, a sud di Manila (Filippine), si è dotato di un nuovo strumento per compiere la sua missione: un camion riadattato ad aula scolastica che andrà a beneficio dei bambini e dei ragazzi di strada che vivono abbandonati nel quartiere “Laguna”. Come riferisce il Sir, l’iniziativa dell’unità mobile è stata intrapresa dal fondatore del villaggio per bambini di strada, don Marciano Evangelista, e dal pioniere degli operatori pastorali tra gli abusivi del quartiere Laguna, don Salvador Pablo. Il camion-scuola potrà ospitare fino a 25 studenti contemporaneamente e offrirà lezioni dal lunedì al venerdì per quattro ore al giorno. I primi corsi che verranno attivati riguarderanno l’elettronica di consumo e la riparazione di motocicli. L’aula mobile vuole essere una risposta al crescente numero di studenti che abbandonano le scuole. “Dobbiamo fare qualcosa – ha detto don Evangelista – per raggiungere i bambini che non possono essere ospitati all’interno delle mura del villaggio Tuloy Sa Don Bosco”. La zona in cui il camion si muoverà è compresa nel territorio della diocesi di San Pablo – suffraganea dell’arcidiocesi di Manila – affidata al vescovo salesiano mons. Leo Drona. È in quest’area che negli ultimi tempi le sette comunità salesiane presenti in diocesi stanno concentrando gli sforzi per l’educazione e il recupero dei giovani. (D.M.)
Vietnam: gruppi cattolici in aiuto dei poveri a Ho Chi Min City
◊ Un ponte tra la società e le istituzioni: è questo il ruolo, descritto da AsiaNews, dei gruppi cattolici in favore dei poveri a Ho Chi Min City, capitale del Vietnam. Attualmente, nel Paese asiatico ci sono molte comunità nelle aree rurali e montagnose, dove le persone vivono con meno di un dollaro al giorno. Ciò porta alla corruzione, alla criminalità, alla prostituzione, alla diffusione dell’Aids e al blocco dello sviluppo nazionale. Ho Chi Minh City è una delle città che si stanno confrontando con i problemi sociali in maniera crescente: qui molti cattolici lavorano in gruppi sociali e hanno creato servizi per sostenere i bambini e i poveri. Hanno assistenti sociali che fanno lavori utili nelle comunità povere. Hanno imparato così la via per applicare la propria tradizione di carità e di generosità a un lavoro professionale di tipo sociale. E realmente per praticare questo lavoro sociale si sono basati sul principio tradizionale di cercare di migliorare se stessi come primo passo. Alcuni operatori sociali hanno dichiarato: “cerchiamo di migliorare noi stessi e di integrare questo sforzo nella nostra vita”. Alcuni gruppi sociali cattolici cooperano con gruppi di altre fedi, come buddisti, protestanti e organizzazioni non governative, oltre che con organizzazioni governative. I gruppi cattolici sono interdipendenti l’uno dall’altro, e condividono esperienze e vita spirituale. Hanno migliorato il loro servizio, e si sono sviluppati perché hanno conoscenza e competenze professionali; e in più sono profondamente motivati verso gli esseri umani. Gli operatori hanno avuto l’opportunità di scambiare esperienze ed equipaggiarsi con conoscenze che hanno permesso loro di lavorare più efficacemente con le persone. Basando il loro lavoro sul cambiamento individuale, operato in piccoli gruppi, si sono guadagnati il rispetto e la solidarietà di tutti. Globalmente i gruppi sociali cattolici rappresentano un punto di riferimento a Ho Chi Min City, e hanno creato le condizioni per lo sviluppo e la cooperazione. (D.M.)
Dalle Pontificie Opere Missionarie dell'Argentina aiuto per i seminari di Haiti
◊ Il segretario internazionale della Pontificia Opera di San Pietro Apostolo (OSPA), mons. Jan Dumon, ha inviato una lettera a padre Osvaldo Leone, il direttore delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) dell’Argentina per ringraziarlo dei contributi offerti nel 2010 dall'Argentina a questa Opera. Secondo quanto afferma una nota inviata all’Agenzia Fides, per il secondo anno consecutivo, le Pom dell’Argentina hanno inviato 4.108 dollari Usa, per la ricostruzione e il sostentamento dei futuri sacerdoti del Seminario “Notre Dame” a Puerto Principe, e del Seminario di propedeutica “St. Paul” a Hinche in Haiti. Il rettore di quest’ultimo seminario, padre Guy Boucicaut e il presidente della Conferenza Episcopale di Haiti, mons. Louis Kebreau, hanno ringraziato mons. Dumon per il sostegno finanziario offerti ai 270 seminaristi. In Argentina, la raccolta dei fondi per l’Opera San Pietro Apostolo è in costante crescita, grazie ad un’efficace azione di promozione e di animazione. Il contributo dell’Argentina nel 2007 è passato infatti dai 1.250 dollari USA del 2007 ai 13.503.50 dollari del 2008. Nel 2009 sono stati raccolti 18.730.00 dollari e nel 2010 20.415.00 dollari. La nota delle Pom conclude esprimendo il desiderio di far crescere questa Opera di Dio nell'Argentina e nel mondo, per potere assistere in ogni angolo della terra i sacerdoti e i religiosi. La Pontificia Opera di San Pietro Apostolo ha come scopo il sostegno spirituale e materiale del clero locale, attraverso la sensibilizzazione del popolo cristiano sull'importanza delle vocazioni sacerdotali e religiose nelle giovani Chiese. L’Opera offre ai seminaristi borse di studio e aiuti ai seminari e centri di formazione.
Messico: incontro delle radio cattoliche su internet
◊ Analizzare la condizione attuale della radio e progettare il suo futuro è l'obiettivo principale del secondo Incontro dei Responsabili delle Radio Cattoliche su Internet, che si terrà dal 16 al 18 agosto nella sede della Conferenza episcopale messicana a Cuautitlan Izcalli, in Messico. I partecipanti condivideranno le loro esperienze, preoccupazioni e aspettative sul futuro di questo mezzo. All’evento offriranno il loro supporto gli esperti di Radio EWTN, una delle radio cattoliche statunitensi più conosciute nel mondo. L'incontro, organizzato dalla Commissione Episcopale per la Pastorale delle Comunicazioni del Messico, CEPCOM, ha per tema: "La Radio nella Chiesa, Identità e missione. Sfide e confronti". In una nota inviata all'Agenzia Fides dalla OCLACC (Organizzazione Cattolica Latinoamericana e del Caraibi per la Comunicazione), si afferma che saranno analizzate le varie fasi del processo di comunicazione radiofonica, al fine di individuare modelli e metodi di lavoro in grado di migliorare la pianificazione, l’organizzazione, la produzione, l’emissione e la valutazione dei programmi. Si studieranno anche le caratteristiche di comunicazione interattiva e il lavoro in rete. Padre Antonio Camacho, segretario esecutivo della CEPCOM afferma: "Siamo fiduciosi che la formazione professionale aumenterà notevolmente la qualità dei nostri programmi radiofonici e il contributo all’evangelizzazione nel contesto della Missione Continentale in ciascuna delle nostre diocesi".
L'esercito siriano spara sulla folla a Hama: si parla di 100 morti
◊ Violentissima repressione in Siria, dove è in corso fin da questa mattina il duro assedio dell'esercito siriano alla città di Hama. I morti sarebbero almeno 45 secondo l'osservatorio siriano per i diritti umani, 100 stando a testimoni diretti. Tra le vittime ci sarebbero anche molte donne e bambini. I carri armati avrebbero bombardato e sparato dall'alba sulla folla dei civili che da settimane protestano contro il regime di Assad. Previste inoltre, secondo gli attivisti, nuove manifestazioni antigovernative nel corso del Ramadan, che inizia domani. I particolari da Linda Giannattasio:
La durissima repressione della protesta siriana si è abbattuta questa volta sulla città di Hama, dove i carri armati dell’esercito sarebbero entrati fin dall’alba, sparando cannonate e colpi di mitragliatrice sulla folla in protesta da giorni contro il regime di Bashar al Assad, in una delle più massicce manifestazioni delle ultime settimane nel Paese. Secondo alcuni testimoni i tank dell'esercito avrebbero travolto le barricate erette dagli abitanti e investito la città e i dintorni con una pioggia di granate, colpendo i civili che hanno risposto con il lancio di bombe incendiarie e di pietre. Il numero dei morti aumenta di ora in ora, tanti i corpi ancora abbandonati sulle strade. Tagliati anche acqua ed elettricità verso i principali quartieri della città. Una città, Hama, simbolo delle proteste anti-regime fin dal 1982, quando la repressione di una rivolta ispirata dal movimento dei fratelli musulmani -bandito nel Paese- contro l'allora presidente Hafez al-Assad, padre di Bashar, provocò la morte di 20mila persone. Le truppe dell’esercito sono entrate in azione oggi anche nella cittadina orientale di Deir el Zour e in quella meridionale di Harak, con un bilancio di altri 12 morti. La repressione non sembra però fermare la protesta, che proseguirà fin da domani con l’inizio del Ramadan.
Libia, nuovi scontri a Bengasi. Gheddafi: “Non abbandonerò mai la battaglia”
Proseguono i combattimenti in Libia: nuovi scontri fra i ribelli e le milizie di Muammar Gheddafi sarebbero in corso a Bengasi, roccaforte dell'insurrezione e sede del governo provvisorio dei ribelli, secondo cui il bilancio dei combattimenti sarebbe finora di quattro morti. Intanto, all'indomani dei raid aerei Nato contro la Tv libica a Tripoli, in cui sono morte 3 persone, il Colonnello è tornato a parlare in un nuovo messaggio audio diffuso proprio dalla televisione di Stato: il leader libico ha ribadito ai suoi sostenitori che ''non abbandonerà mai'' la battaglia.
Ondata di attacchi in Afghanistan: oltre 20 morti
Nuova ondata di violenza e attentati in Afghanistan: undici poliziotti e un bambino di dieci anni sono rimasti uccisi in un attacco suicida contro il quartier generale della polizia a Lashkar Gah, nella provincia di Helmand: 9 i feriti tra agenti e civili. Lo hanno reso noto le autorità locali, che hanno confermato la rivendicazione da parte dei talebani. Sono invece 16 i morti in uno scontro a fuoco avvenuto la notte scorsa nella provincia di Ghazni fra un gruppo di guardie di sicurezza private e un commando di talebani.
Yemen: le tribù annunciano una coalizione in difesa delle proteste anti-Saleh
Le tribù dello Yemen hanno annunciato ieri in una cerimonia nella capitale Sanaa la creazione di una coalizione per difendere il movimento di protesta che reclama da sei mesi la caduta del presidente Saleh, assente dal Paese per motivi di salute da circa due mesi. Intanto, sul terreno, bombardamenti aerei governativi nel sud del Paese hanno colpito accidentalmente 40 militanti filo-governativi, un funzionario della sicurezza yemenita e un capo tribale.
Israele: Nethanyahu promette riforme dopo le proteste contro il caro-vita
All'indomani delle manifestazioni di protesta che hanno portato, per il secondo sabato consecutivo, 150mila persone in piazza in 12 città israeliane, il premier Benjamin Nethanyahu ha promesso un'azione incisiva per ridurre il caro vita che da 18 giorni sta provocando una crescente protesta sociale. Il primo ministro israeliano ha annunciato l’istituzione di un comitato ministeriale per ascoltare le proteste delle organizzazioni sociali e per formulare un "piano responsabile per alleviare il peso economico sui cittadini”. Intanto, sono giunte oggi le dimissioni del direttore generale del ministero delle Finanze israeliano, Haim Shani.
Filippine: 52 le vittime della tempesta tropicale Nock-Ten
Almeno 52 persone sono morte e altre 27 risultano disperse a causa della tempesta tropicale Nock-Ten che ha colpito martedì scorso le Filippine. Oltre 120 mila le persone che hanno trovato rifugio nei centri di evacuazione dopo che le inondazioni hanno reso le loro case inagibili. A renderlo noto i responsabili della Protezione civile locale, che hanno fatto sapere come vicino alle coste del Paese sia in arrivo un’altra tempesta, chiamata Mufi, che porterà nuove forti piogge e raffiche di vento.
Ucraina, sale a 37 il bilancio dei morti negli incidenti in due miniere del Paese
E' salito a 37 il numero complessivo dei morti negli incidenti di venerdì scorso in due miniere dell'Ucraina, che oggi e' in lutto nazionale. Il bilancio è stato riferito dal ministero delle Emergenze, che ha annunciato la fine delle operazioni di soccorso. Nel primo incidente, nell'area di Donetsk, sono morti undici minatori e quattro sono rimasti feriti, mentre nell’altro, nella stessa regione, hanno perso la vita altri 26 operai.
Giappone: terremoto di magnitudo 6.4 Richter nel nord est
Nuovo forte terremoto in Giappone, colpito ieri sera da una scossa di magnitudo 6,4 della scala Richter. Il sisma – che non ha provocato danni né vittime - ha avuto come epicentro la prefettura di Fukushima e si è diramato nella zona nord-orientale del Paese, la stessa devastata lo scorso 11 marzo, ma è stato avvertito in maniera violenta anche nella capitale Tokyo. L'istituto di geofisica e meteorologia nipponico ha classificato la scossa a livello 5+ sulla scala giapponese, che va da 1 a 7. Nessuna anomalia nelle centrali nucleari dell’area colpita.
Norvegia, l’autore della strage chiede le dimissioni del governo
Anders Breivik, l'autore delle stragi di Oslo e di Utoya del 22 luglio – in cui sono morte almeno 77 persone - avrebbe dichiarato alla tv pubblica Nrk di "esigere" le dimissioni del premier laburista Stoltenberg, del governo e dello Stato maggiore militare in cambio di informazioni sui dettagli del massacro. Chiesta anche l'abdicazione del re Harald V. Malgrado le richieste, secondo la polizia durante l’interrogatorio l’uomo avrebbe risposto alle domande degli inquirenti, senza però rivelare nulla sulle presunte cellule che ne avrebbero appoggiato l'azione. (Panoramica internazionale a cura di Linda Giannattasio)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 212