Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 04/07/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa inaugura la mostra sul 60.mo del suo sacerdozio: la bellezza emana dall’unione tra verità e carità
  • Altre udienze
  • Benedetto XVI ai vescovi dell’Africa orientale: continuate a portare il Vangelo alle donne e agli uomini del continente
  • Dichiarazione della Santa Sede sull'ordinazione illegittima di un vescovo cinese: mina l'unità della Chiesa, il Papa è amareggiato
  • Il cardinale Tauran: i valori cristiani, patrimonio enorme per il bene comune di ogni società
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Thailandia: l'opposizione vittoriosa pensa al nuovo governo
  • I bambini profughi a Lampedusa, allarme di Save The Children: spazi sporchi e inadatti
  • Riprendono i lavori per l'AV Torino-Lione. Il vescovo di Susa: riprenda il dialogo
  • Le religiose raccolgono la sfida dei nuovi media: al via il corso “La suora nell’epoca digitale”
  • Le norme igieniche di base per affrontare una vacanza esotica in tutta sicurezza
  • Chiesa e Società

  • Thailandia: dopo il voto la Chiesa invoca come priorità la riconciliazione nazionale
  • Da Tripoli mons. Martinelli prega per la riconciliazione tra i libici
  • Pakistan: annunciato nuovo Dicastero federale. Si occuperà anche delle minoranze religiose
  • Corno d'Africa: migliaia di profughi a causa della siccità
  • Costa d'Avorio. Oltre 200 mila gli ivoriani rifugiati: 15 mila nella missione salesiana di Duekoué
  • Venezuela: nel bicentenario d'indipendenza i vescovi chiedono di risanare il tessuto sociale
  • Messico: oggi i funerali di don Duran Romero, “un’altra vittima innocente" della violenza
  • Cile: anche gli studenti delle scuole cattoliche manifestano per un sistema educativo migliore
  • Campagna in Argentina contro la tratta di esseri umani a cura delle Oblate del SS.mo Redentore
  • Usa: anche il Rhode Island approva le unioni gay. Per i vescovi una legge “fondamentalmente sbagliata”
  • Germania: per mons. Zollitsch con la diagnosi pre-impianto "viene superato un limite"
  • Sudafrica: i vescovi temono una nuova ondata di attacchi xenofobi contro gli immigrati dallo Zimbabwe
  • Senegal: il cardinale Sarr auspica la costruzione del grande santuario diocesano di San Paolo
  • Kenya. Aggiornamento del clero in Africa: a Nairobi un Corso per i formatori
  • Australia. Pochi sacerdoti, Messa a domeniche alterne nella diocesi di Wilcannia-Forbes
  • Turchia: dopo due anni di attesa la comunità cristiana della città di Van può costruire la sua chiesa
  • 40° della Chiesa indiana ad Abu Dhabi: assistenza a giovani e malati, ma solo in India
  • Taiwan: quasi 7.000 studenti dell’Università Cattolica di Fu Jen hanno concluso gli studi
  • 24 Ore nel Mondo

  • L'Aja: ripreso il processo contro Mladic, accusato di genocidio e crimini di guerra
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa inaugura la mostra sul 60.mo del suo sacerdozio: la bellezza emana dall’unione tra verità e carità

    ◊   Un’occasione di incontro fecondo tra la Chiesa e gli artisti: Benedetto XVI ha inaugurato, stamani in Aula Paolo VI, l’esposizione promossa dal Pontificio Consiglio della Cultura per il suo 60.mo anniversario di sacerdozio. Rivolgendosi agli artisti internazionali che hanno realizzato le 60 opere in mostra, il Papa ha sottolineato con forza che l’autentica bellezza emana dalla “perfetta armonia di verità e carità”. Ed ha ribadito quanto sia decisivo il dialogo tra Chiesa ed artisti. L’incontro è stato introdotto da un’esecuzione del Padre Nostro al pianoforte da parte del Maestro Arvo Pärt e chiuso dalla visione di un filmato del regista Pupi Avati. L’indirizzo di saluto al Papa è stato rivolto dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero promotore della mostra. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    (Esecuzione pianoforte)

    La musica, la pittura, la scultura per celebrare il 60.mo di sacerdozio di Joseph Ratzinger. Una mostra dal titolo affascinante: “Lo splendore della verità, la bellezza della carità”. E Benedetto XVI ha preso spunto proprio da questo binomio, verità-carità, per soffermarsi sulla fonte autentica della bellezza:

    “E’ proprio dall’unione, vorrei dire dalla sinfonia, dalla perfetta armonia di verità e carità, che emana l’autentica bellezza, capace di suscitare ammirazione, meraviglia e gioia vera nel cuore degli uomini. Il mondo in cui viviamo ha bisogno che la verità risplenda e non sia offuscata dalla menzogna o dalla banalità; ha bisogno che la carità infiammi e non sia sopraffatta dall’orgoglio e dall’egoismo”.

    “Abbiamo bisogno – ha detto ancora – che la bellezza della verità e della carità colpisca l’intimo del nostro cuore e lo renda più umano”. Quindi, ha rinnovato agli artisti “un amichevole e appassionato appello”:

    “Non scindete mai la creatività artistica dalla verità e dalla carità, non cercate mai la bellezza lontano dalla verità e dalla carità, ma con la ricchezza della vostra genialità, del vostro slancio creativo, siate sempre, con coraggio, cercatori della verità e testimoni della carità”.

    Fate “risplendere la verità nelle vostre opere”, ha detto ancora il Papa. Ed ha esortato a fare in modo che la bellezza di queste opere “susciti nello sguardo e nel cuore di chi le ammira il desiderio e il bisogno di rendere bella e vera l’esistenza”, arricchendola con il tesoro della carità:

    “Lo Spirito Santo, artefice di ogni bellezza che è nel mondo, vi illumini sempre e vi guidi verso la Bellezza ultima e definitiva, quella che scalda la nostra mente e il nostro cuore e che attendiamo di poter contemplare un giorno in tutto il suo splendore. Ancora una volta, grazie per la vostra amicizia, per la vostra presenza e perché portate nel mondo un raggio di questa Bellezza, che è Dio”.

    Il Papa non ha poi mancato di sottolineare che l’incontro per la Mostra, rappresenta “una nuova tappa di quel percorso di amicizia e di dialogo” con gli artisti intrapreso il 21 novembre del 2009, nella Cappella Sistina. Un evento, ha confidato, “che porto ancora impresso nell’animo”:

    “La Chiesa e gli artisti tornano ad incontrarsi, a parlarsi, a sostenere la necessità di un colloquio che vuole e deve diventare sempre più intenso e articolato, anche per offrire alla cultura, anzi alle culture del nostro tempo un esempio eloquente di dialogo fecondo ed efficace, orientato a rendere questo nostro mondo più umano e più bello”.

    Un incontro, quello nella Cappella Sistina, che è stato ricordato anche dal cardinale Gianfranco Ravasi nel suo indirizzo d'omaggio. Il porporato ha messo l'accento sul rinnovato incontro del Papa con gli artisti per un'occasione così lieta come il 60.mo di sacerdozio:

    “E’ così che oggi sono ritornati davanti a lei 60 artisti, rappresentanti di tutte le iridescenze delle arti, delle culture e dei popoli, ciascuno con un dono creato dalle loro menti e dai loro cuori”.

    inizio pagina

    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, e l’arcivescovo Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei Vescovi.

    inizio pagina

    Benedetto XVI ai vescovi dell’Africa orientale: continuate a portare il Vangelo alle donne e agli uomini del continente

    ◊   Continuate a portare “la parola liberante del Vangelo” alle donne e agli uomini dell’Africa: è quanto sottolinea Benedetto XVI, in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, rivolto all’Amecea, l’Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa orientale riunita in questi giorni in Kenya, per la sua 17.ma assemblea plenaria. Nel documento - indirizzato all’arcivescovo di Nairobi, John Njue - il Papa auspica che, attraverso l’incontro con Cristo, i fedeli africani “possano rispondere con saggezza, carità e coraggio agli eventi e alle sfide” che devono affrontare quotidianamente. Il Pontefice si congratula inoltre con i presuli africani per il 50.mo di fondazione dell’Amecea.

    inizio pagina

    Dichiarazione della Santa Sede sull'ordinazione illegittima di un vescovo cinese: mina l'unità della Chiesa, il Papa è amareggiato

    ◊   Un’ordinazione “illegittima”, che crea “divisione” e “tensioni” all’interno della Chiesa e che “amareggia” molto il Papa. È racchiusa in tre punti sostanziali la reazione della Santa Sede alla notizia dell’ordinazione episcopale in Cina, conferita senza il mandato apostolico lo scorso 29 giugno al sacerdote Paolo Lei Shiyin. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Tre argomentazioni nette, dietro il cui rigore formale si colgono anzitutto il dolore e il rammarico di Benedetto XVI. La Dichiarazione ufficiale della Santa Sede asserisce, in primo luogo, che il presule ordinato “senza mandato pontificio e quindi illegittimamente è privo dell’autorità di governare la comunità cattolica diocesana” e che dunque “la Santa Sede non lo riconosce come il vescovo della diocesi di Leshan”. Di conseguenza, si precisa, “restano fermi gli effetti della sanzione in cui egli è incorso per la violazione della norma del canone 1382 del Codice di Diritto Canonico”. Lo stesso rev. Lei Shiyin, si legge nella Dichiarazione, “era stato informato da tempo che non poteva essere accettato dalla Santa Sede come candidato episcopale, a causa di motivi comprovati e molto gravi”. Anche i vescovi consacranti, si dichiara subito dopo, “si sono esposti alle gravi sanzioni canoniche, previste dalla legge della Chiesa, in particolare quelle descritte dal canone 1382 del Codice di Diritto Canonico”.

    “Un’ordinazione episcopale senza mandato pontificio – prosegue la Dichiarazione – si oppone direttamente al ruolo spirituale del Sommo Pontefice e danneggia l’unità della Chiesa. L’ordinazione di Leshan – si legge – è stata un atto unilaterale, che semina divisione e, purtroppo, produce lacerazioni e tensioni nella comunità cattolica in Cina. La sopravvivenza e lo sviluppo della Chiesa possono avvenire soltanto nell’unione a colui al quale, per primo, è affidata la Chiesa stessa, e non senza il suo consenso, come invece è avvenuto a Leshan. Se si vuole che la Chiesa in Cina sia cattolica, si devono rispettare la dottrina e la disciplina della Chiesa”.

    La Dichiarazione della Santa Sede termina osservando che “l’ordinazione episcopale di Leshan ha amareggiato profondamente il Santo Padre, il quale – si afferma – desidera far giungere agli amati fedeli in Cina una parola di incoraggiamento e di speranza, invitandoli a pregare e ad essere uniti”.

    inizio pagina

    Il cardinale Tauran: i valori cristiani, patrimonio enorme per il bene comune di ogni società

    ◊   A fine giugno, la Chiesa cattolica e i delegati della massime istituzioni cristiane hanno firmato un documento dal titolo “Testimonianza cristiana in un mondo multi-religioso. Raccomandazioni per un Codice di condotta”. Oltre al Consiglio Ecumenico delle Chiese (Wcc) e all’Alleanza Evangelica Mondiale (Wea), era presente a Ginevra, in rappresentanza della Santa Sede, il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. La collega della redazione inglese della nostra emittente, Philippa Hitchen, ha chiesto al porporato di illustrare l’importanza di questo documento ecumenico:

    R. – E’ importante perché pone in risalto la necessità di mettere a disposizione della società tutto il patrimonio che abbiamo in comune, quando si tratta di testimoniare Cristo in un mondo multireligioso. In questo ambito, abbiamo un certo numero di principi che possono essere molto utili nel dialogo che i nostri cristiani sono chiamati a promuovere a livello delle parrocchie, della scuola e della società in generale. I valori cristiani che proclamiamo, nonostante le nostre divisioni, devono essere fattori di comunione anche per la società, perché il dialogo interreligioso non è dialogo tra le religioni, ma è dialogo tra i credenti e quindi nella famiglia, nella scuola, nella vita culturale. Questi valori cristiani, che sono promossi da diverse Chiese cristiane o da comunità cristiane, possono essere di ispirazione e mostrare come sia possibile vivere l’unità e la diversità.

    D. – E’ un documento che ha avuto bisogno di cinque anni per la realizzazione: quali sono state, secondo lei, le difficoltà principali?

    R. – Inizialmente, c’è stato il problema di comprendere che tipo di documento sarebbe stato, un documento teologico o piuttosto pastorale. Si è poi preferita la seconda opzione e quindi un documento molto concreto. Abbiamo avuto una prima riunione, nel 2006, a Lariano: erano presenti musulmani, ebrei, buddhisti, ecc. Abbiamo avuto poi una seconda riunione a Tolosa nel 2006 e, infine, la terza a Bangkok, lo scorso gennaio. Direi che si è trattato dunque di un lavoro abbastanza difficile, anche perché era necessario riuscire a porre in modo schematico le diverse tradizioni teologiche, il vocabolario, i diversi termini e il senso delle parole, poiché a volte una stessa parola non ha lo stesso significato in una religione o nell’altra.

    D. – Il documento insiste anche sull’importanza della libertà religiosa: un tema molto caro al Santo Padre…

    R. – Sì, perché c’è una grande ambiguità al fondo della questione: la libertà religiosa è molto di più della libertà di culto. La libertà di culto è avere un tempio per praticare la propria religione, e questo è il minimo. Ma la libertà religiosa rappresenta una dimensione sociale: i credenti, quali che siano i credenti, devono poter contribuire al bene della società, partecipando al dialogo pubblico e attraverso l’impegno politico, culturale e in tutti i campi della vita sociale e non soltanto individuale. Lì, ci sono evidentemente delle difficoltà.

    D. – Quale sarà, secondo lei, la reazione delle altre religioni, per esempio sul difficile tema delle conversione?

    R. – Il documento non tratta della conversione. La conversione è l’incontro di due libertà: la libertà di Dio e la libertà dell’uomo e lì nessuno può intervenire. Questo è grande mistero. La conversione forzata non ha nessun valore per noi. Il dialogo interreligioso è guardarci, ascoltarci, capirci e mettere tutto ciò che abbiamo in comune a disposizione della società per il bene comune. (mg)

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Chiesa e arte in dialogo per rendere il mondo più umano e più bello: inaugurata da Benedetto XVI la mostra promossa dal Pontificio Consiglio della Cultura in occasione del suo sessantesimo anniversario di sacerdozio. In cultura, i contributi di Marcello Filotei, Sandro Barbagallo, Paolo Portoghesi e di Giulia Galeotti.

    La mitezza rimedio a ogni sopruso sull’uomo e l’ambiente: all’Angelus il Papa chiede di abbandonare la via dell’arroganza e della violenza nei rapporti sociali.

    Mai arrendersi di fronte alla sfida della fame: nell’informazione internazionale, intervento della Santa Sede alla trentasettesima sessione della Conferenza della Fao.

    Il vero dialogo è conoscere l’altro come è: nell’informazione religiosa, il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, sulle celebrazioni della Giornata di preghiera per la pace il 27 ottobre ad Assisi.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Thailandia: l'opposizione vittoriosa pensa al nuovo governo

    ◊   In Thailandia, dopo la schiacciante vittoria dell’opposizione sulla maggioranza guidata dal premier Vejajiva alle elezioni legislative di ieri, già si pensa alla composizione del nuovo governo. Ne ha parlato la leader del partito vittorioso alle consultazioni, Yingluck Shinawatra, sorella dell’esiliato ex premier, Thaksin Shinawatra. Ci riferisce Giancarlo La Vella:

    Il radicale cambiamento politico avvenuto in Thailandia ha radici recenti, ma profonde. Le cosiddette "camicie rosse" che protestano da oltre un anno a Bangkok e in altri centri del Paese hanno ottenuto una parziale vittoria, ma bisognerà vedere se tutte le istanze della protesta verranno accolte dal nuovo corso. Il nuovo partito-guida thailandese, il Puea Thai, ha ora la maggioranza assoluta con 265 seggi conquistati sui 500 del parlamento. La Shinawatra, sorella dell’ex premier Thaksin, in esilio volontario, ha annunciato di aver raggiunto accordi preliminari con quattro shieramenti politici per la formazione di un governo di coalizione forte. Intanto, il premier sconfitto, Vejajiva, ha a sua volta annunciato le dimissioni dalla presidenza del Partito democratico, che esce fortemente ridimensionato dalla consultazione. Thaksin dichiara invece di non avere intenzione di rientrare nell’agone politico. Ci sono anche i primi commenti internazionali ai risultati. Tra tutti spicca quello di Catherine Ashton, alto rappresentante europeo per la Politica estera. “Il risultato delle recenti elezioni in Thailandia – ha detto – deve essere una base solida per l'unità di tutti gli interessi politici nell'affrontare le principali questioni politiche e sociali in cui il Paese si trova”. Un auspicio, questo, condiviso anche da tutti i thailandesi.

    Come va dunque letta la vittoria di Yingluck Shinawatra, che diventerà così la prima donna a capo di un governo in Thailandia? Giada Aquilino lo ha chiesto a Monica Ceccarelli, esperta di questioni thailandesi per Asia Maior:

    R. - Questa candidatura si può forse definire un colpo di genio di Thaksin Shinawatra, il quale ha proposto come primo ministro la sorella più giovane della famiglia, Yingluck Shinawatra, che non era mai stata coinvolta in alcun tipo di situazione politica. Lei si occupava semplicemente delle aziende di famiglia ed invece si è poi rivelata una persona di grandi capacità comunicative. Il voto, quindi, è più che altro una conferma della politica del fratello - che, lo ricordiamo, è il premier che era stato deposto dal colpo di Stato del 2006 - supportata anche da questa sua capacità di comunicare in maniera molto carismatica.

    D. - La prima premier donna della Thailandia si occuperà, ha detto, della situazione economica dei suoi connazionali. Il fratello, che pure fu accusato di corruzione e abuso di potere, introdusse la famosa “legge dei 30 baht”, in base alla quale chiunque poteva avere cure mediche o assistenza sanitaria pagando una somma molto bassa. Si rifarà a tale impostazione?

    R. - Durante la campagna elettorale, c’è stata una pericolosissima gara al rialzo in offerte di politiche populiste, sia da parte del Puea Thai - che è appunto il partito vincitore - sia da parte del Partito democratico. Le proposte sono state fatte per quanto riguarda la sanità e anche per il salario minimo. La politica di Thaksin indubbiamente aveva avuto delle ottime intuizioni, tra cui il discorso sulla sanità, con un ticket di 30 baht che è una cifra irrisoria per i thailandesi, ma anche altre politiche per incentivare l’economia, come il progetto “Otop” in cui ogni villaggio riceveva un incentivo di un milione di baht. Thaksin dovette però affrontare altre problematiche politiche, che riguardavano appunto inasprimenti vari, a cui si aggiunsero la sua incapacità d’interpretare il conflitto separatista delle province del Sud e poi, non ultima, la guerra alla droga che alla fine è consistita in tremila morti senza processo, soprattutto ragazzi e tossicodipendenti. Ora, la sorella cercherà sicuramente di cancellare questi aspetti così negativi che hanno poi finito con rendere invisa la politica di Thaksin. Non va poi assolutamente trascurato un altro fattore: sostanzialmente, egli si mise contro la corona e questo ha segnato la sua fine politica.

    D. - Cinque anni dopo il colpo di Stato che portò all’estromissione di Thaksin Shinawatra dal potere, ora c’è chi parla di un’amnistia per l’ex premier, in esilio a Dubai, anche se lui smentisce...

    R. - Credo che sicuramente ci sarà un’amnistia. Più che altro, quello che si dovrebbe fare è una politica di riconciliazione. Thaksin è stato condannato per reati fiscali sostanzialmente, quindi un’amnistia che riguardasse soltanto tali questioni avrebbe un aspetto di eccessivo favoritismo. La cosa che ci si potrebbe augurare è che si attui invece una politica di riconciliazione: il Paese ha vissuto una fase di estrema polarizzazione del conflitto politico. Non va dimenticato quello che è accaduto a maggio dello scorso anno con i morti, tra i manifestanti delle ‘camicie rosse’, che sono stati circa 90. Queste sono ferite che rimangono nel popolo e nel Paese. (vv)

    inizio pagina

    I bambini profughi a Lampedusa, allarme di Save The Children: spazi sporchi e inadatti

    ◊   A Lampedusa, si fa sempre più drammatica la permanenza dei minori migranti non accompagnati ospitati nei centri di accoglienza dell’isola. A lanciare l’allarme è "Save the Children Italia", che denuncia gravi condizioni di sovraffollamento, di carenza di igiene e la mancanza di spazi ricreativi. Una situazione non più sostenibile che ha spinto gli stessi ragazzi a lanciare un appello alle istituzioni, affinché si adoperino per trovare loro una collocazione diversa, molto più dignitosa. Federico Piana ne ha parlato con Viviana Valastro, coordinatrice di "Save the Children Italia" a Lampedusa:

    R. – Siamo molto preoccupati, perché gli spazi in cui dovrebbero essere ospitati non sono assolutamente adeguati ad un’accoglienza di minori che richiedono, come ben sappiamo, delle condizioni molto specifiche anche del personale specializzato, per esempio, o anche solo di avere un’opportunità di svago e di intrattenimento, per non parlare poi dell'istruzione.

    D. – Una soluzione quale potrebbe essere, secondo voi?

    R. – Quello che Save the Children propone fin dall’inizio dell’emergenza – quindi fin da febbraio, quando parlavamo di ragazzi tunisini mentre ora per la maggior parte sono ragazzi che arrivano dalla Libia - sono strutture di accoglienza temporanea per ragazzi. Chiediamo che vengano spostati da questo centro di Lampedusa, che è una struttura concepita principalmente per adulti dove c’è, sì, uno spazio riservato ai minori, ma è uno spazio molto ridotto, per circa 60 posti. Noi chiediamo che ci siano, sul territorio nazionale, delle strutture che possano aiutare a decongestionare la presenza dei minori nel centro di Lampedusa, che dovrebbero essere comunque caratterizzate dalla temporaneità: posti in cui i ragazzi rimangono il tempo strettamente necessario per l’individuazione di posti in comunità di accoglienza per minori.

    D. – Sicuramente, si deve fare anche presto perché se no il numero di minori potrebbe continuare ad aumentare…

    R. – E’ un numero certamente in costante crescita. Abbiamo registrato una proporzione di un 10 per cento di minori non accompagnati nell’ambito di ciascun barcone in arrivo. Se pensiamo quindi ai giorni scorsi, a quando ci sono stati degli arrivi importanti, il numero immediatamente si è alzato. Mentre però per gli adulti questo sistema del trasferimento sul territorio tramite navi veloci effettivamente consente una permanenza sull’isola soltanto di 48 ore – quindi a seguito delle procedure di identificazione i migranti vengono trasferiti – per quanto riguarda i minori non accompagnati questo non è stato fatto.

    D. – Concretamente, voi a quale istituzione chiedete un aiuto?

    R. – Ci appelliamo a tutti i Comuni d’Italia affinché rispondano positivamente a questa necessità di accoglienza, perché sappiamo che posti in comunità sul territorio nazionale ci sono. Ci deve però essere anche una volontà di accoglienza da parte degli enti locali. (bf)

    inizio pagina

    Riprendono i lavori per l'AV Torino-Lione. Il vescovo di Susa: riprenda il dialogo

    ◊   Sono ripresi questa mattina i lavori nel cantiere della Maddalena di Chiomonte, dove verrà scavato il tunnel per la nuova linea ferroviaria Torino-Lione. I disordini di ieri avevano costretto a chiudere il cantiere. Dagli atti di violenza dei black bloc prende le distanze anche Beppe Grillo, che ha chiamato eroi i valsusini che manifestavano pacificamente. Favorevole all’alta velocità il sindaco di Torino, Piero Fassino, convinto che si tratti di un’opera fondamentale per lo sviluppo dell’Italia e del Piemonte. Alessandro Guarasci ha sentito il vescovo di Susa, mons. Alfonso Badini Confalonieri:

    R. - I fatti di ieri - ed evidentemente anche della domenica passata - sono stati incresciosi, perché dove c’è violenza ci sono sempre delle cose che non vanno ed è sempre una realtà non di Chiesa, lontana dall’insegnamento del Signore. In Valle c’è stata anche qualche difficoltà per chi la pensava in maniera diversa dai "No-Tav". Ci sono stati dei gruppi cattolici che hanno addirittura pregato affinchè non avvenissero le violenze, però era prevedibile che queste si sarebbero verificate, visto che c’era questo tam tam per esortare i "No Tav" a trovarsi sul posto, dove si stanno svolgendo i lavori.

    D. - La ferrovia, secondo lei, rischia di cambiare in modo drastico la vita di quella valle e non è possibile, per esempio, che contribuisca anche ad un maggiore sviluppo?

    R. - Ogni mezzo di trasporto dovrebbe avere delle ricadute positive sulla vita delle persone che hanno a che fare con esso. Qui, le persone che hanno parlato di queste cose, hanno sottolineato principalmente gli aspetti negativi.

    D. - Molti abitanti della Valle temono per la salute e per la vivibilità quotidiana…

    R. - In Valle, c’è un certo numero di persone convinte che la galleria per l’alta velocità non debba essere fatta, e convinte di questo da circa 20 anni di ripensamento su queste decisioni e specialmente di una certa politica, chiamiamola informazione, che è stata sempre molto unilaterale. Qui, in Valle, non c’è stato dialogo vero e non c’è stata la possibilità, per le autorità - o perché non l’hanno voluto o proprio perché concretamente non lo hanno fatto - di spiegare i perché delle cose. Per cui, molta gente si è convinta, in buona fede, della dannosità dell’operazione.

    D. - Secondo lei bisogna quindi, almeno su questo punto, riaprire il dialogo sull’opera…

    R. - Il dialogo doveva sempre rimanere aperto. Purtroppo c’è chi non lo voleva o, di fatto, non sono riusciti a realizzarlo. Anche all’interno dei "No Tav" c’è qualcuno che vuole lui stesso chiamarsi intransigente, perché non è disposto a dialogare. Che sia una comunicazione, un dialogo o un approfondimento non settoriale e non chiuso a qualsiasi altra posizione. (vv)

    inizio pagina

    Le religiose raccolgono la sfida dei nuovi media: al via il corso “La suora nell’epoca digitale”

    ◊   “La suora nell’epoca digitale”, è titolo del corso intensivo che ha preso il via oggi presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. L’iniziativa, rivolta alle religiose di diverse Congregazioni, s’inserisce nel più ampio magistero che Benedetto XVI sta svolgendo sull’evangelizzazione del cosiddetto “continente digitale”. In particolare, sarà approfondito il rapporto quotidiano con i giovani e con tutte le persone che manifestano bisogno di dialogo e aiuto, attraverso lo schermo di un computer. Marco Guerra ne ha parlato con uno dei docenti del corso, il teologo padre Luis Alfonso Orozco:

    R. – La suora si trova nell’epoca digitale e, con la sua identità di consacrata, deve saper capire come funzionano questi mezzi, utilizzandoli appunto come un mezzo e non come fine, avvalendosene per evangelizzare la società. Siamo ben coscienti di parlare soprattutto delle nuove generazioni, che vivono questa realtà quotidiana e popolano quelle “acropoli” che noi siamo chiamati ad evangelizzare.

    D. – Dunque, si può parlare di una vera e propria pastorale giovanile per il web?

    R. – Il Santo Padre ha spesso dato l’esempio attraverso tutti i mezzi moderni, inserendo il suo messaggio e la sua parola piena di luce e di guida chiara per i giovani di oggi. Credo che la gente, i giovani e noi tutti siamo assetati di belle notizie, di verità, di speranza. E la colpa – magari per omissione – può essere nostra che non innestiamo il messaggio evangelico in questa acropoli dei media. Non si tratta di fuggire o di aver paura di questo, ma si tratta di saperlo utilizzare per comunicare il Vangelo.

    D. – Questo corso è rivolto alle religiose: la sensibilità di una suora può essere vincente su un mezzo dialettico e interattivo come Internet e i social network?

    R. – Interverrà una suora olandese, che ci porterà la sua esperienza: ha saputo utilizzare il computer per riuscire ad entrare in contatto con delle ragazze e più di una si è interessa alla vita religiosa. Ecco l’esperienza di una suora che utilizza bene i nuovi media per entrare in contatto con le giovani, destare in loro delle domande o dei dubbi, magari scoprendo che qualcuna si è poi sentita chiamata alla vita religiosa ed è entrata in convento. Sono casi positivi che dicono che i frutti ci sono.

    Sul contributo specifico che può essere offerto dalle religiose, sentiamo il parere di una delle partecipanti al corso, suor Elena del Cottolengo di Torino:

    R. – Prima di tutto, possiamo far capire che è un mezzo e che quindi quello che conta è mantenere una relazione, ma che sia una relazione interpersonale autentica. E ciò distinguendo bene quelli che sono i mezzi da quello che è il fine: incontrarsi, perché quello che oggi è maggiormente in crisi sono proprio i rapporti fra le persone. (mg)

    inizio pagina

    Le norme igieniche di base per affrontare una vacanza esotica in tutta sicurezza

    ◊   Tempo di vacanze. Sono molti i viaggiatori che scelgono le mete esotiche e, prima di partire, è importante che sappiano cosa possono o non possono mangiare, una volta arrivati a destinazione. Nell’intervista di Eliana Astorri, la prof.ssa Patrizia Laurenti, associato di Igiene e responsabile del Servizio di Igiene Ospedaliera del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, spiega quali siano le malattie a cui si può andare incontro, cosa può causare un’intossicazione alimentare e quali sono le semplici regole da seguire per una vacanza ai tropici sicura:

    R. – In alcuni Paesi, sono endemiche, cioè costantemente presenti, malattie a trasmissione "oro-fecale", sostenute cioè da microorganismi che si eliminano attraverso le feci e che poi, contaminando l’acqua o gli alimenti, possono essere reintrodotti attraverso l’alimentazione. Esistono malattie ancora come il colera, per esempio, o la cosiddetta "diarrea del viaggiatore". Addirittura, in alcuni Paesi abbastanza vicini a noi c’è ancora la poliomielite e anch’essa a trasmissione oro-fecale. Per alcune di queste malattie siamo protetti, perché vaccinati. Per altre è molto importante il rispetto di norme comportamentali.

    D. - Quindi cibi cotti, frutta da sbucciare…

    R. – Cibi ben cotti e serviti caldi. Molta attenzione va posta all’acqua: mai bere acqua di rubinetto da fontanelle o trasformata in ghiaccio. Bere acqua di bottiglia, avendo attenzione che la bottiglia la apriamo noi o sia aperta di fronte a noi. Se questo non è possibile, che l’acqua sia almeno disinfettata attraverso la bollitura, per esempio, o attraverso l’aggiunta di una soluzione disinfettante di uso comune. Inoltre, lavare frutta e verdura con acqua potabile e non farla sbucciare ad altri ma sbucciarla da sé, con le proprie mani, che siano ovviamente lavate con acqua sicura o che siano state disinfettate con gel, che oggi sono molto diffusi, a base alcolica. Attenzione all’etichetta: questi gel devono contenere alcol.

    D. – Nei Paesi dove l’acqua può essere contaminata, anche lavarsi i denti può essere pericoloso?

    R. – Teoricamente sì, soprattutto se si hanno ferite. Quindi, è importante utilizzare ancora una volta acqua minerale per sciacquarsi la bocca e i denti.

    D. – Se noi prima di partire facciamo il vaccino, ad esempio per l’epatite A, ci salviamo in qualche modo?

    R. – Assolutamente sì: esistono vaccini contro alcune di queste malattie a trasmissione oro-fecale oggi molto sicuri e molto efficaci.

    D. – Però, non si può nemmeno andare in Paesi esotici e non mangiare i piatti locali: questo fa parte dell’esperienza del viaggio…

    R. – Sono d’accordo, e vanno anche tutelati questi piatti esotici, molti dei quali sono arrivati anche nel nostro Paese. Il criterio fondamentale è essere sicuri della qualità delle materie prime e dell’igienicità degli ambienti e delle persone che producono e preparano questi prodotti. Direi che una parola importante è “consapevolezza”: ovvero, se possibile, conoscere per tempo la meta presso cui ci si reca e quindi conoscere la situazione sanitaria di quel Paese per adottare tutte le misure che ci faranno godere a pieno la bellezza della vacanza, la bellezza dei luoghi e anche la bontà dei cibi. (bf)

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    Thailandia: dopo il voto la Chiesa invoca come priorità la riconciliazione nazionale

    ◊   “Tutti devono accettare il risultato delle elezioni democratiche. In ogni caso, la priorità per il Paese è una autentica riconciliazione nazionale”: è il commento a caldo rilasciato all’agenzia Fides da padre Peter Watchasin, sacerdote di Bangkok e direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) in Thailandia dopo il voto alle elezioni generali di ieri, che ha sancito la vittoria del partito “Pheu Thai”, guidato da Yingluck Shinawatra, sorella dell’ex Primo ministro tailandese in esilio per corruzione. “La riconciliazione – spiega padre Peter – è quanto ha promesso la vincitrice Shinawatra". Sull’attuale situazione a Bangkok, il sacerdote racconta: “La gente è soddisfatta e fiduciosa, non c'è stata violenza nel processo elettorale. Gli attivisti delle ‘camicie rosse’ sono in strada a festeggiare pacificamente. Il Sud del paese ha votato per i Democratici, il Nord per i rossi che, a sorpresa, hanno conquistato anche Bangkok”. Le principali ragioni della sconfitta dei Democratici, secondo il direttore delle Pom, sono dovute al fatto che “i Democratici non hanno saputo rispondere alle attese e ai bisogni delle fasce più povere della popolazione, soprattutto delle masse rurali. I rossi invece, negli scorsi 12 mesi, hanno continuato instancabilmente una campagna di sensibilizzazione capillare, villaggio per villaggio. Hanno lavorato molto: i contadini hanno finalmente trovato persone che si sono interessate alla loro situazione e hanno dato loro fiducia”. Inoltre, ricorda padre Peter, “la Commissione speciale per la riconciliazione, istituita dal governo dopo le violenze dello scorso anno, non ha dato i risultati sperati: agli interrogativi che la Commissione ha sollevato sulle violenze, il governo dei Democratici non ha dato risposta. Chi ha ucciso? Perchè i militari hanno caricato i civili ? tante altre domande sono rimaste inevase. Questo è stato un errore grave, che è alla radice della sconfitta di oggi”. Novità assoluta in Thailandia è una donna premier: “Una donna premier, per la prima volta nella storia, è un buon segno per il Paese, per il riconoscimento del ruolo delle donne, sempre più presenti nella finanza, nella politica, nella leadership della società civile” rimarca il direttore delle Pom. Sui rischi per il futuro, afferma: “Non credo nel pericolo di un golpe militare (l'esercito ha detto di accettare il verdetto delle elezioni), né nel possibile ritorno in patria di Thaksin Shinawatra. Va detto che le "camicie rosse" sono un movimento eterogeneo e non tutti sono accesi sostenitori dell’ex Primo ministro”. “Vedremo cosa ci aspetta: i fedeli cattolici – conclude padre Watchasin – nutrono buone speranze per il futuro. Hanno pregato per le elezioni e stanno pregando per il nuovo governo.” (R.P.)

    inizio pagina

    Da Tripoli mons. Martinelli prega per la riconciliazione tra i libici

    ◊   "Occorre un dialogo sincero per mantenere la Libia unita. Spero che i libici si riconcilino. Auspico una riconciliazione sincera tra Tripoli e Bengasi, senza pregiudizi e senza rivendicazioni particolari. Prego perché la Libia non si divida e perché i libici possano riconciliarsi" dice all'agenzia Fides mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli. Di fronte all'accentuazione delle pressioni interne e internazionali perché il leader Gheddafi si faccia da parte, e la condanna per crimini contro l'umanità della Corte Penale Internazionale, mons. Martinelli afferma: "è realmente difficile pensare ad un allontanamento spontaneo di Gheddafi perché, come ha di recente ribadito il figlio, il leader intende rimanere in Libia. Dal punto di vista formale, Gheddafi non è né il Presidente né il Premier della Libia, ma è certamente un simbolo di questo Paese che negli ultimi 40 anni è cresciuto con lui. Credo che bisogna capire lo spirito di quest'uomo che si sente in qualche modo come 'padre' della Libia moderna. Certamente vi sono accuse nei suoi confronti che potranno essere giudicate, ma occorre tener conto di questa realtà, per non creare dialoghi campati in aria". Mons. Martinelli ricorda inoltre che "migliaia e migliaia di persone, hanno dimostrato venerdì 1° luglio e nei giorni successivi il loro sostegno al leader Gheddafi". Per quanto riguarda la situazione a Tripoli, mons. Martinelli afferma che "i bombardamenti continuano, anche se non a Tripoli, dove negli ultimi 2-3 giorni non abbiamo avvertito lo scoppio delle bombe ma solo il rumore degli aerei che hanno sorvolato la città ad alta quota". (R.P.)

    inizio pagina

    Pakistan: annunciato nuovo Dicastero federale. Si occuperà anche delle minoranze religiose

    ◊   Sarà presto istituito in Pakistan un nuovo Dicastero federale che si occuperà anche delle minoranze religiose. L’annuncio - riferisce l'agenzia Fides - è stato formalizzato dal primo ministro Yousaf Raza Gilani, in occasione dell’incontro, sabato scorso ad Islamabad, con i rappresentanti delle minoranze religiose del Paese asiatico. Incontro che ha visto riuniti leader cristiani, indù, parlamentari ed esponenti della società civile di tutto il Pakistan. In un clima cordiale e favorevole, il primo ministro ha cercato di fugare dubbi, perplessità e preoccupazioni dei leader delle minoranze dopo l’abolizione del Ministero federale loro dedicato. Gilani ha spiegato che “il governo tiene in grande considerazione le questioni relative alle minoranze religiose e quelle relative alla promozione della condizione femminile in Pakistan”, spiegando che il nuovo dicastero federale potrà continuare ad occuparsi, fra le altre deleghe, degli Affari delle minoranze. Il piano di decentramento era obbligato – ha detto – e le province avranno maggiori poteri in numerosi campi, inclusi gli Affari delle minoranze. Dunque ha rimarcato Gilani, “l’opera di tutela, promozione e sviluppo delle minoranze religiose potrà proseguire e sarà più forte che in passato”. I leader cristiani e indù hanno presentato al premier alcune richieste su problemi di carattere locale, subito accolte. Presente al vertice anche Paul Bhatti, fratello del compianto ministro Shabhaz e consigliere speciale del primo ministro per gli Affari delle minoranze, che ha espresso soddisfazione e buoni auspici per il futuro lavoro in favore delle minoranze religiose del Pakistan. (R.G.)

    inizio pagina

    Corno d'Africa: migliaia di profughi a causa della siccità

    ◊   Una delle peggiori siccità degli ultimi 60 anni sta colpendo il Corno d’Africa. Tra gli otto e i dieci milioni sono le persone toccate dalla carestia. Le agenzie umanitaria - riferisce l'agenzia Misna - stanno da giorni denunciando la situazione e la lentezza nel far giungere gli aiuti. Il governo del Kenya ha dichiarato il disastro nazionale e sta facendo appello alla comunità internazionale. Al campo profughi di Daadab – il più grande campo profughi del mondo – nel nord del Kenya si è arrivati al limite della capienza. Sono circa 370mila i rifugiati per un campo costruito per contenerne al massimo 90mila. I responsabili del campo parlano di circa un migliaio di persone al giorno che arrivano dalla Somalia. Ma anche al confine tra Kenya ed Etiopia, nella zona di Moyale, testimoni oculari hanno confermato che sono centinaia le persone che si stanno muovendo verso i campi profughi in Kenya. “L’elevato afflusso di nuovi rifugiati sta esercitando una forte pressione sulle risorse già limitate. I rifugiati hanno bisogno di sostegno urgente. Hanno bisogno di cibo e acqua. Allo stesso tempo è necessario fornire assistenza di emergenza ai keniani che sono colpiti dalla siccità, dice Gwynne-Vaughan della Ong inglese ‘Care’ che da anni opera nella zona: “ Stiamo distribuendo cibo del Programma Alimentare Mondiale (Pam) per i profughi a Dadaab, però, senza ulteriori finanziamenti, le scorte alimentari si esauriranno in poche settimane”. (R.P.)

    inizio pagina

    Costa d'Avorio. Oltre 200 mila gli ivoriani rifugiati: 15 mila nella missione salesiana di Duekoué

    ◊   Nel corso delle ultime tre settimane l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) e le agenzie partner hanno registrato 322.277 sfollati all’interno della Costa d’Avorio. Gli sfollati si trovano in insediamenti o sono accolti da famiglie. La maggior parte di loro si concentra nella parte occidentale del Paese (132.188), seguita dalle regioni settentrionali (62.676) e dalla città di Abidjan (55.912) nel sud. Altri invece sono ancora nascosti nella boscaglia. Secondo le comunità locali, in alcune delle aree più duramente colpite dai combattimenti le condizioni per il ritorno sarebbero migliorate. Nelle zone di Zouan-Hounien e Teapleu, nell’ovest della Costa d’Avorio, ad esempio, - riporta l'agenzia Fides - ci sarebbero miglioramenti delle condizioni di sicurezza. Sono invece ancora accese le tensioni locali nella regione sud-occidentale di Sassandra. Si tratta dell’area in cui all’inizio di maggio 280 civili in fuga da Abidjan sono stati uccisi da gruppi di mercenari pro-Gbagbo. Molte delle vittime sono state sepolte in fosse comuni. In cinque villaggi sono state distrutte complessivamente oltre 500 abitazioni e una farmacia. Secondo le stime, gli sfollati nella regione sarebbero circa 17 mila, tra cui un numero imprecisato di persone ancora nascoste nella foresta. Nella missione salesiana di Duekoué ci sono ancora 15 mila rifugiati. Il missionario salesiano César Fernández fa sapere, attraverso la Procura missionaria di Madrid, che ci sono case bruciate e distrutte. Numerosi sono i segni dei proiettili; la gente vaga con lo sguardo perduto, in alcuni casi senza speranza. L’Unhcr ha già messo a punto un piano per creare un campo profughi con condizioni igienico-sanitarie accettabili, così come le “Misiones Salesianas” avevamo chiesto nel mese di marzo. Molte persone, tuttavia, come attestano i missionari di Duékoué, non vogliono lasciare la missione per timore di rappresaglie. Più di 400 famiglie, solo nel quartiere di Carrefour di Duékoué, hanno perso case e proprietà e non sanno dove andare. La missione ancora oggi è protetta dall’Operazione delle Nazioni Unite in Costa d`Avorio (Unoci - United Nations Operation in Côte d`Ivoire). Nei prossimi giorni è previsto il trasferimento dei profughi. “Si prevede che 800 persone andranno via dalla missione, ma ci vorranno più di cinque mesi per tornare alla normalità” affermano i missionari. Gli ivoriani rifugiati in diversi paesi dell’Africa occidentale sono ancora più di 200 mila. (R.P.)

    inizio pagina

    Venezuela: nel bicentenario d'indipendenza i vescovi chiedono di risanare il tessuto sociale

    ◊   Risanare l'odierno tessuto sociale "fratturato, aggressivo e violento": l’invito dei presuli venezuelani rivolto a tutti i cittadini del loro Paese nel Bicentenario dell'indipendenza nazionale, che sarà celebrato domani 5 luglio. Nell’esortazione, giunta al termine della loro Assemblea plenaria, i vescovi chiedono di impegnarsi "alla luce del Vangelo nella trasformazione della società". I presuli ritengono che la prima sfida civile del Paese sia consolidare la sua vocazione pacifica, integrando i complessi fenomeni della globalizzazione con le esigenze dell'integrazione regionale. La situazione "socio-politica del Paese è ogni giorno più difficile”, denunciano i vescovi. "Mentre molte nazioni vivono uno sviluppo sistematico, progressivo e accelerato, il Venezuela patisce invece – sottolineano - un deterioramento economico e sociale grave”, a rischio di “restare al di fuori dei cambiamenti che consentono lo sviluppo sostenibile". In questo contesto preoccupante i vescovi evidenziano la situazione delle carceri, la profanazione di immagini religiose, le ambiguità nella protezione e difesa dei diritti umani e l'inefficienza dello Stato di fronte ai molteplici problemi. I presuli venezuelani riflettono anche sul pessimismo che sembra impadronirsi della vita personale, familiare e sociale, che può portare verso la delusione, l'indifferenza e la rassegnazione. La ricorrenza del Bicentenario dovrebbe essere l'occasione migliore per prendere coscienza e consapevolezza dell'urgente bisogno del cambiamento per costruire una Nazione fedele ai suoi valori: il lavoro, la solidarietà e la fratellanza. "E' urgente, dunque, ricuperare il senso del rispetto e della promozione della dignità inviolabile della persona umana e di tutti suoi diritti". Occorre inoltre valorizzare il concetto di cittadinanza, assumendo tutti un ruolo attivo nel raggiungimento del bene comune, del rispetto del pluralismo e della promozione della convivenza democratica. I vescovi richiamano infine i cristiani ad assumere la responsabilità ad essere ognuno "discepolo della verità, del bene e della gratuità" al servizio della riconciliazione autentica. (R.G.)

    inizio pagina

    Messico: oggi i funerali di don Duran Romero, “un’altra vittima innocente" della violenza

    ◊   Saranno celebrati, oggi, in Messico, i funerali di don Marco Antonio Duran Romero, ucciso venerdì scorso in un conflitto a fuoco nello Stato di Tamaulipas, al confine con gli Stati Uniti. Le esequie si svolgerano nella cattedrale di Matamoros. Il sacerdote diocesano è stato raggiunto da un proiettile durante una sparatoria nel primo pomeriggio di venerdì scorso tra militari e un gruppo armato, mentre era in auto nelle vicinanze della sua parrocchia di San Roberto Bellarmino. Trasportato in una clinica, è mancato poco dopo. “Don Marco non è solo un’altra vittima di quest’odio tra fratelli. Si tratta di un uomo scelto per servire il popolo di Dio in queste terre macchiate di sangue”. E’ quanto dichiara padre Roberto Sifuentes Aranda, amministratore della diocesi, in un comunicato all’agenzia Fides. La morte di don Marco, vittima innocente, “rappresenta una voce che grida al cielo chiedendo compassione e pace per il nostro popolo”, sottolinea padre Sifuentes Aranda, invitando tutti i fedeli “a lavorare per la giustizia e la pace”. Ciò significa dare voce al messaggio di Dio, “che chiede a tutti – ammonisce infine padre Sifuentes Aranda - di svolgere lo sguardo al cielo e raddrizzare le nostre strade”. (G.I.)

    inizio pagina

    Cile: anche gli studenti delle scuole cattoliche manifestano per un sistema educativo migliore

    ◊   Suor Elisabeth Gonzalez, vicedirettrice della scuola “Santa Maria de la Providencia” a Renca e membro della Commissione per la Missione Continentale dell’arcidiocesi di Santiago, ha vissuto la cosiddetta "rivoluzione del pinguino" del 2006 ed attualmente continua a seguire il movimento studentesco del Cile. La scorsa settimana, gli studenti hanno occupato i locali della scuola e suor Elisabeth ha deciso di restare con loro, dormendo sul pavimento come gli studenti, per tenere aperto un dialogo sincero, senza cadere in inutili atti di vandalismo che indeboliscono le richieste. "È incoraggiante vedere che i giovani delle scuole cattoliche non sono indifferenti, ma vogliono dare un contributo al problema manifestando pacificamente, essendo facilitatori del dialogo, chiedendo l'illuminazione dello Spirito per discernere e partecipare con rispetto, con fiducia e con la volontà di rispondere a questa sfida che ci coinvolge tutti" ha sottolineato la religiosa. Per “impegnarsi nella realtà”, come chiede la Conferenza di Aparecida, i docenti delle scuole, insieme alla religiosa, hanno voluto accompagnare gli studenti in quest’azione pacifica e simbolica. Tale atteggiamento è stato così apprezzato dai giovani che hanno scelto poi di mettere fine all’occupazione e di iniziare dei sit-in culturali, con giornate di riflessione (organizzate nelle ultime ore di lezioni), comprendendo che la violenza non è la strada migliore per avere risposta alle loro richieste. Con questo atteggiamento di dialogo, è stato possibile riprendere l'anno scolastico. "Oggi più che mai i discepoli missionari, studenti, operatori pastorali, insegnanti, genitori, religiosi e tutti coloro che sono coinvolti nel lavoro educativo, hanno l'opportunità di dare un contributo significativo alle questioni che riguardano il sistema educativo, la qualità dell'istruzione, la giustizia e l’equità, perché i giovani del nostro paese possano avere accesso a un'istruzione completa e degna, a prescindere dello stato sociale a cui appartengono. E' una giusta causa, secondo i valori del Vangelo" ha concluso la vice-direttrice. La situazione non è cambiata molto da quando gli studenti hanno cominciato le manifestazioni per chiedere cambiamenti nel sistema educativo. Anche i Vescovi del Cile hanno sottolineato che “c'è una lunga strada da percorrere” per costruire un modello educativo di apprendimento di qualità, equo e giusto, dove ogni studente, indipendentemente dalla sua condizione personale e sociale, abbia assicurata la formazione necessaria per svilupparsi pienamente. (R.P.)

    inizio pagina

    Campagna in Argentina contro la tratta di esseri umani a cura delle Oblate del SS.mo Redentore

    ◊   Con lo slogan “Si tratta di aprire gli occhi” è partita lo scorso 23 giugno, e si protrarrà fino alla fine di novembre, la Campagna di prevenzione contro lo sfruttamento sessuale in Argentina, di cui riferisce L’Osservatore Romano. L’iniziativa, che fa parte del progetto “Puerta abierta recreando”, è stata promossa dalle suore Oblate del Santissimo Redentore di Buenos Aires ed è rivolta in particolar modo ai giovani, agli educatori e agli operatori di comunità. La tratta di persone a scopo di sfruttamento sessuale - si legge in un messaggio delle religiose - è un crimine che si estende in modo sproporzionato nel nostro Paese, per questo il progetto “Puerta abierta recreando” sarà presente da Buenos Aires fino alle zone più remote dell’Argentina. “Il nostro obiettivo - sottolineano - è coinvolgere tutti e continueremo a lavorare per ridare la dignità alle donne”. La campagna, partita da Buenos Aires, si estenderà da Eldorado (Missiones), a Termas de Rio Hondo (Santiago del Estero), da Viedma (Rio Negro) sino al quartiere di Buenos Aires, Pompeya, al fine di coinvolgere e informare le regioni e le zone ad alto rischio. “La tratta di persone a scopo sessuale – spiegano le religiose - consiste nel reclutare i giovani con l’inganno o con il rapimento al fine di destinarli allo sfruttamento della prostituzione. Le vittime, solitamente, vengono reclutate nel proprio Paese e in seguito trasportate nel Paese di destinazione, dove vengono sfruttate sistematicamente a scopo di lucro: in tutte queste fasi le organizzazioni criminali operanti utilizzano metodi violenti e particolarmente offensivi della dignità personale”. Per questi motivi le persone oggetto di tratta sono considerate a tutti gli effetti i ‘nuovi schiavi’. “Si tratta di un vero e proprio crimine - proseguono le suore Oblate del Santissimo Redentore - che frutta svariati milioni di dollari alle organizzazioni criminali e le cui principali vittime sono donne e bambine. In Argentina la percentuale della tratta di persone all’interno dei confini è alta, ma è anche principalmente uno Stato di destinazione delle persone trafficate provenienti da altri Paesi”. Con la crisi economica che ha investito il Paese, sono nate alcune rotte di traffico di donne e bambine che partono dall’Argentina e si dirigono verso il Paraguay, il Brasile e la Bolivia. Tra tutte le merci che vengono trafficate attraverso questi tre Paesi figurano ogni anno anche 3.500 minori, successivamente inseriti nei mercati illegali della prostituzione, della pedopornografia e in generale dello sfruttamento sessuale. Missiones, dove è prevista una tappa della campagna itinerante, è terra anche della cosiddetta tratta interna, ossia la compravendita di bambini all’interno dei confini nazionali, che avviene sotto forma di scambio commerciale vero e proprio o, più spesso, di falsa adozione. La campagna di prevenzione e sensibilizzazione utilizzerà due canali: la diffusione e la formazione. Diffusione del messaggio, grazie ai mezzi di comunicazione, diretto ai giovani, alle loro famiglie e alle comunità. Formazione rivolta a ragazzi maggiorenni per diventare attori locali di prevenzione.. L’obiettivo finale - concludono le religiose Oblate – “è quello di avere gruppi addestrati come agenti di prevenzione contro il crimine della tratta in ognuno dei luoghi visitati, e quindi avere un impatto su una vasta porzione della popolazione sulla quale ricade questo crimine, sulle potenziali vittime e anche sui possibili consumatori di prostituzione”. (R.G.)

    inizio pagina

    Usa: anche il Rhode Island approva le unioni gay. Per i vescovi una legge “fondamentalmente sbagliata”

    ◊   Partecipare alla celebrazione di un’unione civile è per un cattolico “una grave violazione della legge morale e quindi un peccato”. È il monito rivolto ai fedeli dal vescovo di Providence Thomas J. Tobin in una nota diffusa venerdì, dopo l’approvazione nello Stato di Rhode Island di una legge che introduce nel suo ordinamento le unioni civili tra persone dello stesso sesso. La legge, frutto di un compromesso che non ha soddisfatto alcune associazioni omosessuali, era stata già approvata dalla Camera e ora manca solo la firma del governatore perché possa entrare in vigore e garantire buona parte degli stessi benefici e gli stessi diritti delle coppie sposate alle coppie dello stesso sesso. Nella nota mons. Tobin si dice “profondamente deluso” dalla decisione: “L’idea di unione civile – afferma - è un esperimento sociale che promuove uno stile di vita immorale, una caricatura dell’istituto matrimoniale come concepito da Dio che danneggia il benessere delle nostre famiglie e minaccia la libertà religiosa”. Il presule ricorda che, se è doveroso rispettare le persone omosessuali, “l’attività omosessuale è contraria alla legge naturale e alla volontà di Dio, quindi obiettivamente un peccato” e che le persone con questi orientamenti sono chiamate a vivere “le virtù cristiane della castità e della sobrietà, come tutti”. Dello stesso tenore la dichiarazione di mons. Salvatore Cordileone, presidente della Sottocommissione per la promozione e la difesa del matrimonio della Conferenza episcopale (Usccb), che definisce la nuova legge “profondamente sbagliata”. “Riconoscere gli stessi benefici e diritti delle coppie sposate alle coppie di fatto dello stesso sesso – afferma - è ingiusto, perché tratta alla stessa maniera due realtà che non sono in alcun modo equiparabili”. Rhode Island è il quinto Stato americano a riconoscere le unioni civili tra persone dello stesso. La decisione arriva a meno di una settimana dall’approvazione del matrimonio tra omosessuali nello Stato di New York, duramente criticata dai vescovi. (A cura di Lisa Zengarini)

    inizio pagina

    Germania: per mons. Zollitsch con la diagnosi pre-impianto "viene superato un limite"

    ◊   Vietare la diagnosi pre-impianto (Pid) perché “le persone decidono cosa è degno o non degno di vivere”: questa la posizione ribadita ieri a Friburgo da mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), intervistato dall’agenzia cattolica tedesca Kna. Mons. Zollitsch si è espresso in vista della decisione del Bundestag, attesa per il 7 luglio. Per il presidente della Dbk, - riferisce l'agenzia Sir - la posizione della Chiesa cattolica che rifiuta il ricorso alla Pid in tutti i casi non è affatto isolata e ha ricordato che anche da parte protestante non vi è “un rifiuto unanime del divieto assoluto della Pid, al contrario”. Mons. Zollitsch ha evidenziato come il Consiglio etico chiamato a pronunciarsi in materia “sia tutt’altro che unanime”. “La Pid non è altro che selezione. E in tal modo viene superato chiaramente un limite. Se ciò avviene, non si potrà più impedire che la Pid venga utilizzata anche da altri punti di vista. Chi si può arrogare il diritto di definire i criteri e di decidere sulla vita e sulla morte di un’altra persona?” ha domandato l’arcivescovo, che ha anche fatto riferimento alle recenti dichiarazione del nuovo presidente dell’Ordine federale dei medici tedeschi, Frank Ulrich Montgomery, che aveva messo in guardia da un’applicazione estesa dei test genetici sugli embrioni riconoscendo che “esiste il rischio che la Pid venga impiegata su un numero sempre maggiore di casi”. (R.P.)

    inizio pagina

    Sudafrica: i vescovi temono una nuova ondata di attacchi xenofobi contro gli immigrati dallo Zimbabwe

    ◊   I vescovi sudafricani temono una nuova ondata di attacchi a sfondo xenofobo contro gli immigrati dallo Zimbabwe. Il flusso di rifugiati dal vicino Paese africano ha infatti ricominciato a crescere a causa della ripresa delle intimidazioni e delle violenze contro gli oppositori del Presidente Robert Mugabe con l’avvicinarsi delle nuove elezioni presidenziali e parlamentari, previste entro l'anno. E con esso si è riaccesa anche l’ostilità della popolazione sudafricana più povera nei confronti dei nuovi arrivati. Nelle ultime settimane si sono moltiplicati gli episodi di violenza contro cittadini provenienti dallo Zimbabwe che fanno temere il ripetersi dell’ondata di attacchi xenofobi del 2008. Per questo il 19 giugno scorso i vescovi hanno diffuso una lettera pastorale in cui esortano i fedeli “ad opporsi al male della xenofobia che minaccia di dividere la comunità umana”. “Dobbiamo tutti unirci contro questa malvagità e lavorare per costruire comunità di amore”, afferma la lettera . A preoccupare i vescovi - ha riferito all’agenzia Cns, il responsabile dell’Ufficio stampa della Conferenza episcopale (Sacbc) padre Chris Townsend - sono anche le gang al confine tra i due Paesi che violentano e derubano i rifugiati quando fanno ingresso in Sudafrica attraverso il fiume Limpopo. All’origine delle violenze xenofobe – spiega mons. Kevin Bowling, vescovo di Rustemburg e membro dell’organizzazione ecumenica “Solidarity Peace Trust” - vi è la povertà estrema in cui versa una parte della società sudafricana e la mancanza di lavoro e di speranza per i giovani. (L.Z.)

    inizio pagina

    Senegal: il cardinale Sarr auspica la costruzione del grande santuario diocesano di San Paolo

    ◊   Il cardinale Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, in Senegal, ha lanciato nei giorni scorsi un pressante appello ai fedeli a sostenere la realizzazione del grande santuario diocesano di San Paolo, che dovrebbe sorgere nel quartiere del Grand-Yoff della capitale. Il progetto, che risale al 2003 – riferisce l’agenzia Apic - stenta a decollare per mancanza di fondi. Finora infatti sono stati raccolti appena 179mila euro e l’impresa costruttrice ha chiesto il 20% del costo complessivo, stimato in quasi cinque milioni di euro, prima di iniziare i lavori. La costruzione della nuova struttura, fortemente voluta dal cardinale Sarr, si è resa necessaria perché lla cattedrale di Dakar non è più sufficiente ad accogliere tutti i fedeli, soprattutto nelle grandi occasioni. Il cardinale Sarr ha voluto ampliare il progetto iniziale che prevedeva solo una grande chiesa parrocchiale. Così, accanto alla chiesa che potrà accogliere fino a 10mila fedeli , dovrebbe sorgere una sala conferenze per i grandi eventi che interessano tutta l'arcidiocesi. (L.Z.)

    inizio pagina

    Kenya. Aggiornamento del clero in Africa: a Nairobi un Corso per i formatori

    ◊   Prosegue l’impegno della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli per la formazione del clero in Africa. Dal 29 maggio al 18 giugno a Nairobi - riferisce l'agenzia Zenit - sono state guidate dal vescovo di Marsabit, mons. Peter Kihara Kariuki, presidente della Commissione per il Clero, e da don Giuseppe Magrin, incaricato del settore per la Formazione clericale nella Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli. Tra i temi trattati: “Il ministero ordinato nella sua triplice dimensione”, “La spiritualità diocesana”, “Fedeltà pastorale e coerenza etica dei formatori per seminari che subiscono sfide e cambiamenti epocali”, “Direzione spirituale e verifica di un reale cammino del seminarista e del presbitero diocesano”, “ Problemi psicopedagogici nella formazione dei seminari in una cultura di globalizzazione”. Dal 2006 la Congregazione propone ogni anno corsi per formatori e responsabili della formazione clericale. Un successivo corso è in programma per i formatori della Tanzania dal 24 luglio al 7 agosto prossimo, senza dimenticare altri tre appuntamenti in Burkina Faso, Camerun e Costa d’Avorio. (G.I.)

    inizio pagina

    Australia. Pochi sacerdoti, Messa a domeniche alterne nella diocesi di Wilcannia-Forbes

    ◊   In alcune parrocchie cattoliche della diocesi di Wilcannia-Forbes, suffraganea dell'arcidiocesi di Sydney, nell'Outback australiano del Nuovo Galles del Sud - riferisce l'agenzia Fides - la Messa potrà essere celebrata solo ogni due settimane a causa della mancanza di sacerdoti. Una commissione che sta valutando il futuro della diocesi, attualmente in attesa della nomina del vescovo, sarà a Broken Hill alla fine del mese, per discutere eventuali cambiamenti dei confini parrocchiali per rispondere nel modo migliore alle attuali esigenze pastorali. L’Amministratore apostolico, mons. Kevin Manning, ha dichiarato che si cercherà in ogni modo di mantenere le attuali parrocchie. Tuttavia "se si mantengono le parrocchie così come sono, ci saranno meno servizi. Invece di avere la Messa ogni domenica, alcune di queste parrocchie saranno in grado di celebrarne una ogni due" ha detto il vescovo. (R.P.)

    inizio pagina

    Turchia: dopo due anni di attesa la comunità cristiana della città di Van può costruire la sua chiesa

    ◊   Dopo anni di attesa, la piccola comunità cristiana della città di Van, nella Turchia orientale, ha ottenuto dalle autorità locali l’autorizzazione a costruire la sua prima chiesa. Secondo quanto riferisce il quotidiano turco “Taraf” ripreso dall’agenzia Apic, è dal 2003 che essa aspettava questo permesso. Nonostante il governo di Ankara abbia abolito il divieto di costruire nuove chiese, l’inaugurazione di un luogo di culto cristiano continua ad essere un evento raro nel Paese. La comunità cristiana di Van è composta principalmente di turchi e curdi, ma anche da rifugiati dall’Iran, dall’Afghanistan e dall’Azerbaïjan. Uno dei leader cristiani locali, Ferhat Sohei, ha dichiarato che l’autorizzazione permetterà finalmente alla comunità di Van di esercitare il culto pubblicamente. Attualmente essa si riunisce una volta al mese per pregare in turco, curdo e persiano. Secondo l’esponente cristiano, i rapporti con la comunità musulmana sono buoni. Van è stata per secoli un centro importante per la comunità armena in Turchia. Dopo il genocidio degli armeni durante la Prima Guerra Mondiale, questa comunità è completamente scomparsa. (L.Z.)

    inizio pagina

    40° della Chiesa indiana ad Abu Dhabi: assistenza a giovani e malati, ma solo in India

    ◊   “Siamo molto felici di celebrare i 40 anni della nostra chiesa con opere di carità, per tutto il prossimo anno”, ha dichiarato il rev. Oommen George, vescovo designato della Marthoma Church, una chiesa cristiana indiana ad Abu Dhabi. La comunità ha lanciato un programma di beneficenza di un anno, per festeggiare il 40.mo anniversario dalla sua fondazione. Tuttavia, il piano sarà applicato solo in India, non ad Abu Dhabi: negli Emirati Arabi Uniti, la Chiesa può svolgere solo culto religioso, non altre attività, pena l’accusa di proselitismo. In particolare, il piano prevede assistenza finanziaria a 40 pazienti, senza discriminazione di casta o religione. Inoltre, 40 studenti poveri riceveranno borse di studio per poter frequentare corsi professionali. In un secondo momento, il sostegno economico sarà esteso anche a 400 pazienti, per lo più anziani, per operazioni alla cataratta. Anche se questo programma sarà attuato solo in India, il rev. George è fiducioso che “in futuro si possa rendere tutti partecipi a celebrazioni come queste. Le divisioni devono essere superate e la Chiesa è chiamata a trascendere ogni barriera: di casta, colore e religione. Dio il Padre è Dio di tutto il genere umano”. Anche padre Paul Thelakat, portavoce del sinodo della chiesa siro-malabarese, si è detto “felice” di questa iniziativa, e ha aggiunto: “Di solito, le celebrazioni finiscono solo con spese eccessive e poche attività utili. Invece, la Marthoma Church è pronta ad andare incontro a chi soffre, per alleviare dove possibile il dolore della gente e farsene carico”. (R.P.)

    inizio pagina

    Taiwan: quasi 7.000 studenti dell’Università Cattolica di Fu Jen hanno concluso gli studi

    ◊   Ben 6.861 studenti dell’Università cattolica di Fu Jen hanno concluso nei giorni scorsi il loro ciclo di studi. Tra di loro 15 hanno conseguito il dottorato, 1.138 la licenza, 5.708 il baccalaureato; inoltre il gruppo di 23 studenti della Facoltà di Teologia è composto da sacerdoti, religiosi/e e laici provenuti da tutte le diocesi di Taiwan ed anche dalla Malaysia, oltre ad alcuni fratelli della Chiesa anglicana di Taiwan. Secondo le informazioni raccolte dall’agenzia Fides, alla solenne cerimonia di chiusura dell’anno accademico, il direttore spirituale ha guidato la preghiera invocando la protezione del Signore su di tutti gli studenti che, terminato il loro ciclo di studi, stanno per affrontare la società e il mondo lavorativo. Infine gli studenti hanno anche ricevuto il mandato dal Preside, con la consegna della luce che simboleggia la vita nuova. I laici laureati nella facoltà di Teologia costituiscono un aspetto particolare di questo anno scolastico, sono soprattutto catechisti. L’Università Cattolica di Fu Jen, sotto la giurisdizione della Congregazione per l’Educazione Cattolica, è stata fondata dai benedettini americani nel 1925, a Pechino. Nel 1952 è stata associata momentaneamente all’Università Normale di Pechino. Nel 1959 la Conferenza episcopale regionale di Taiwan, insieme ai missionari Verbiti e Gesuiti presenti a Taiwan, decise di riaprire l’Università a Tai Pei, ricevendo l’approvazione dalle autorità locali l’anno seguente. Oggi, ad 86 anni dalla fondazione e a mezzo secolo dalla riapertura a Taiwan, l’Università Fu Jen conta oltre 150 mila laureati, 11 Istituti, 47 facoltà, 66 classi di licenza, 11 classi di dottorato, 16 classi di formazione permanente, con 27.000 studenti in totale. (R.P.)


    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    L'Aja: ripreso il processo contro Mladic, accusato di genocidio e crimini di guerra

    ◊   Ripreso il processo contro Ratko Mladic davanti alla Corte penale internazionale dell’Aja. L’ex generale serbo-bosniaco, nonostante l’annuncio di un boicottaggio, si è presentato a sorpresa in aula ma è stato allontanato subito dopo. I giudici lo hanno accusato formalmente di genocidio e crimini di guerra per i fatti avvenuti nell’ex Jugoslavia negli anni Novanta. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    La strategia di Mladic non è servita ad evitare la formalizzazione dei capi d’imputazione a suo carico. Il giudice ha registrato una dichiarazione di innocenza a fronte delle accuse di genocidio e crimini di guerra. La lettura è avvenuta in sua assenza al termine di una seduta segnata dalle provocazioni dell’imputato: il presidente del tribunale dell'Aja lo ha espulso dopo che lo aveva interrotto più volte e dopo che si era scontrato verbalmente con alcuni familiari delle vittime. Bocciato il rinvio dell’udienza sollecitato dall’ex generale per studiare meglio le carte e per consentire la designazione del team difensivo. Oggi il suo legale d’ufficio ha rinunciato all’incarico. Le notizie di ieri davano per certa l’intenzione di Mladic di boicottare la seduta. Stamattina il suo arrivo in aula ha sorpreso tutti. Togliendosi le cuffie per la traduzione dalle orecchie l’ex generale ha reclamato la presenza del suo avvocato affermando che non aveva alcuna intenzione di ascoltare. La corte, invece, con la mossa odierna, ha applicato un meccanismo procedurale che evita qualsiasi ipotesi di stop. Ribadito, inoltre, che nessuna ragione medica può impedire la prosecuzione del procedimento, mentre l’imputato ha tirato in ballo la sua malattia fin dal suo arrivo all’Aja.

    Il capo del Cnt in Libia: è da escludere che Gheddafi resti nel Paese
    In Libia, dopo che nella notte si è diffusa la notizia che i ribelli hanno offerto una via d’uscita a Gheddafi, oggi il capo del Consiglio nazionale di transizione libico (Cnt), Abdel Jalil, ha affermato che è da escludere in ogni caso che Muammar Gheddafi possa in futuro restare in Libia.

    Siria, da Hama notizie di nuove manifestazioni e repressioni
    Le truppe siriane hanno fatto irruzione in edifici della città di Hama mentre i residenti sono scesi in strada sfidando il governo. Lo riferiscono testimoni. “Almeno 30 autobus con a bordo agenti di polizia e soldati sono entrati ad Hama questa mattina. Stanno sparando in quartieri residenziali”, ha detto un residente che al telefono ha fornito solo il suo nome, Ahmad. La fonte ha detto di aver visto decine di soldati circondare una casa nel quartiere di Mashaa e arrestare delle persone.

    Torna la tensione al Cairo
    Ieri nella capitale egiziana decine di persone sono rimaste ferite durante scontri di piazza fra “venditori ambulanti” e manifestanti che, da venerdì scorso, hanno di nuovo piazzato le tende nella grande piazza che è stata il fulcro della “rivoluzione” ed ha portato alla caduta, lo scorso febbraio, del presidente Mubarak. Alcuni dei venditori ambulanti avrebbero ammesso di aver preso denaro per causare disordini e attaccare i manifestanti che chiedono processi rapidi per i responsabili della repressione.

    Rientrata in Italia la salma del militare morto in Afghanistan sabato scorso
    Ha fatto rientro in Italia, stamani, la salma del caporal maggiore scelto Gaetano Tuccillo, ucciso sabato scorso in Afghanistan. I funerali si svolgeranno domani, nella basilica romana di Santa Maria degli Angeli. Assieme ai famigliari e alla moglie Evelyn, ad accogliere la salma di Gaetano Tuccillo c’erano il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, con il ministro della Difesa Ignazio La Russa. Presenti, inoltre, il presidente della Corte Costituzionale, Alfonso Quaranta. Per le Forze Armate, tra gli altri, il capo di Stato Maggiore della Difesa Biagio Abrate con il capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale di Corpo d'Armata Giuseppe Valotto. C’è da dire che oggi nel sud dell’Afghanistan un soldato della Nato risulta disperso.

    Dopo il referendum costituzionale, ancora manifestazioni in Marocco
    Il Marocco è sceso in piazza ieri per chiedere maggiore democrazia e riforme concrete. Oltre 6 mila persone hanno manifestato per le strade di Rabat, Tangeri e Casablanca, il giorno dopo l’approvazione del referendum costituzionale voluto da re Mohammed VI, che prevede una limitazione dei poteri del monarca.

    L’Ue lancia piano di aiuti a Corea del Nord: 650 mila persone a rischio sopravvivenza
    L'Unione europea ha annunciato un piano di aiuti alimentari urgenti a favore della Corea del Nord del valore di 10 milioni di Euro. Lo scopo è combattere la fame che mette a rischio la sopravvivenza di circa 650 mila persone, soprattutto nel Nord e nelle province dell'Est del Paese. Gli aiuti, maturati dopo la lunga ispezione di esperti dell'Ue nello Stato comunista, saranno consegnati sotto stretta sorveglianza in particolare a beneficio dei bambini sotto i cinque anni, delle donne in gravidanza, dei pazienti ricoverati in ospedale e alle persone più anziane. Più di 6 milioni di persone, sul totale di 24 che popolano la Corea del Nord, avrebbero bisogno di assistenza urgente, in base a un rapporto dell'Onu di marzo, dal momento che soffrono di malnutrizione a livelli più o meno gravi. Le sanzioni internazionali sui test balistici e nucleari, la politica intransigente verso il Nord da parte della presidenza sudcoreana di Lee Myung-bak e l'irrigidimento da parte dell'amministrazione Usa, che chiede atti concreti sulla denuclearizzazione, hanno portato al sostanziale declino degli aiuti alimentari e umanitari verso Pyongyang. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 185

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.