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Sommario del 14/06/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI al Convegno diocesano di Roma: gli uomini dimenticano Dio, voi annunciategli il Vangelo
  • Benedetto XVI nomina mons. Hlib Lonchyna esarca apostolico per i fedeli ucraini di rito bizantino in Gran Bretagna
  • Un patrologo e due teologi vincitori della prima edizione del “Premio Ratzinger”. Saranno insigniti dal Papa il 30 giugno
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Italia, dopo i referendum, confronto tra opposizione e maggioranza. Le opinioni di Baggio e Miano
  • Batterio killer: invariato il numero delle vittime, i contagi oltre 3.200
  • Dall'Argentina al mondo si celebra la Giornata del donatore di sangue
  • “Caro Karol”: il direttore della rivista “Camilliani” racconta in un libro il “suo” Giovanni Paolo II
  • Chiesa e Società

  • Iraq: la comunità cristiana ancora sotto shock per gli attentati delle ultime settimane
  • Tripoli, mons Martinelli: “Mi sembra che la guerra in Libia sia passata in secondo piano”
  • India: per i cristiani le priorità del Paese sono pace, giustizia, istruzione e libertà religiosa
  • Nel Karnataka tre cristiani arrestati con false accuse di conversioni forzate
  • Pakistan: conversioni forzate di ragazze indù all’islam. Spesso non denunciate per paura
  • Ccee: incontri in Lituania sul tema della nuova evangelizzazione
  • Appello del Consiglio Ecumenico delle Chiese per la pace in Sud Sudan
  • Nigeria: il vescovo di Maiduguri denuncia nuove violenze nel nordest del Paese
  • Congo: leader religiosi chiedono il rilancio dell’accordo di Juba per combattere i ribelli dell'Lra
  • Senegal: migliaia di presenze al tradizionale pellegrinaggio mariano di Popenguine
  • Terra Santa: alla Messa di Pentecoste il patriarca Twal auspica la comunione interreligiosa
  • Onu: nei Territori palestinesi si demoliscono case e futuro
  • Turchia: un avvocato cristiano eletto in parlamento
  • I vescovi del Brasile: la violenza non dà tregua, serve uno sviluppo sostenibile
  • Panama: per mons. Ulloa Mendieta il lavoro minorile è una "distorsione sociale"
  • Corea del Sud: cattolici in costante aumento nonostante il calo delle nascite
  • Cina: il mese del Sacro Cuore vissuto nel segno della carità verso i più piccoli
  • La Chiesa in Portogallo sulla relazione tra mass media ed evangelizzazione
  • Veglia di preghiera per Benedetto XVI organizzata dal Movimento per l’Amore familiare
  • Genova: la statua di Sant’Antonio riposta nei fondali davanti a Boccadasse
  • Centro Alfredo Rampi: 30 anni nel segno della prevenzione
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Libia, combattimenti sul terreno mentre cresce l’isolamento internazionale di Gheddafi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI al Convegno diocesano di Roma: gli uomini dimenticano Dio, voi annunciategli il Vangelo

    ◊   “La gioia di generare alla fede nella Chiesa di Roma. L’iniziazione cristiana”. Questo il tema dell’annuale Convegno diocesano aperto ieri sera a San Giovanni in Laterano dall’intervento del Papa. “In un contesto sociale di crescente secolarismo vogliamo interrogarci con coraggio e fiducia su come annunciare Cristo e educare alla fede le nuove generazioni” ha detto nel saluto iniziale il cardinale vicario Agostino Vallini a nome di tutti i presenti, vescovi, parroci, presbiteri, diaconi, ai quali il Papa ha rivolto parole di incoraggiamento.“Non abbiate paura di impegnarvi per il Vangelo”, ha detto “credere, significa trovare la vita vera, la vita piena”. Il servizio è di Gabriella Ceraso:

    (musica)

    Le forze vive e laboriose della Chiesa di Roma riunite intorno al loro vescovo. E’ l’atmosfera di ieri sera in San Giovanni in Laterano gremita e festosa all’arrivo del Papa; è il Convegno diocesano, una nuova tappa della verifica pastorale iniziata tre anni fa, come ha ricordato il cardinale vicario, Agostino Vallini, per riflettere sulla trasmissione della fede. Fede che, ha sottolineato nel suo intervento dopo la preghiera di apertura Benedetto XVI,non si conserva di per se stessa nel mondo, non si trasmette automaticamente nel cuore dell’uomo, ma deve essere sempre annunciata e perché l’annuncio sia efficace deve partire da un cuore che crede, spera, ama”.

    (musica)

    Così fu, prosegue il Papa citando dagli Atti degli Apostoli, testo di meditazione per l’assise, l’annuncio di San Pietro dopo la discesa dello Spirito Santo nella Pentecoste e tutti si “sentirono trafiggere il cuore”. “La gente di Gerusalemme comprese che la risurrezione di Gesù era ed è in grado”, sottolinea il Papa, “di illuminare l’esistenza umana”, dandole un senso nuovo. Ela risposta della fede nasce quando l’uomo scopre, per grazia di Dio, che credere significa trovare la vita vera, la ‘vita piena’”:

    “Cari amici, la Chiesa, ciascuno di noi, deve portare nel mondo questa lieta notizia che Gesù è il Signore, Colui nel quale la vicinanza e l’amore di Dio per ogni singolo uomo e donna, e per l’umanità intera si sono fatti carne. Questo annuncio deve risuonare nuovamente nelle regioni di antica tradizione cristiana”.

    E’ la nuova evangelizzazione, spiega il Papa citando il Beato Giovanni Paolo II, rivolta a quanti “non apprezzano più la bellezza del cristianesimo anzi talvolta lo ritengono un ostacolo alla felicità”; agli uomini che dimenticano Dio perché riducono la persona di Gesù a uomo sapiente, ne negano la divinità, non potendo cogliere così la novità radicale del cristianesimo, che è l’incarnazione. E’ dunque un più forte impegno per una rinnovata stagione di evangelizzazione da parte di tutti i membri della Chiesa, quello che il Papa torna a chiedere:

    “In quest’ora della storia, non è forse questa la missione che il Signore ci affida: annunciare la permanente novità del Vangelo, come Pietro e Paolo quando giunsero nella nostra città? Non dobbiamo anche noi oggi mostrare la bellezza e la ragionevolezza della fede, portare la luce di Dio all’uomo del nostro tempo, con coraggio, con convinzione, con gioia? Molte sono le persone che ancora non hanno incontrato il Signore: ad esse va rivolta una speciale cura pastorale”.

    Poi, la riflessione del Pontefice va ai singoli protagonisti del lieto annuncio, nella case, nella comunità, nella società. Messaggeri sono “soprattutto i genitori”, ai quali Benedetto XVI ricorda, “spetta il compito di chiedere il Battesimo per i propri figli. Tutti i papà e le mamme sono chiamati a cooperare con Dio nella trasmissione del dono inestimabile della vita, ma anche a far conoscere Colui che è la Vita”:

    “Cari genitori, la Chiesa, come madre premurosa, intende sostenervi in questo vostro fondamentale compito. Fin da piccoli, i bambini hanno bisogno di Dio, perché l'uomo dall'inizio ha bisogno di Dio ed hanno la capacità di percepire la sua grandezza; sanno apprezzare il valore della preghiera - del parlare con questo Dio - e dei riti, così come intuire la differenza fra il bene ed il male. Sappiate, allora, accompagnarli nella fede, in questa conoscenza di Dio, in questa amicizia con Dio, in questa conoscenza della differenza tra il bene e il male. Accompagnateli nella fede sin dalla più tenera età”.

    Quindi, il ruolo della comunità cristiana che, prosegue il Papa citando San Cipriano, coltiva il germe della vita eterna man mano che il bambino cresce, rendendo viva e attraente la parola della fede che, altrimenti, rimarrebbe muta:

    “Ancora oggi gli oratori, i campi estivi, le piccole e grandi esperienze di servizio sono un prezioso aiuto per gli adolescenti che compiono il cammino dell’iniziazione cristiana, a maturare un coerente impegno di vita. Incoraggio, quindi, a percorrere questa strada che fa scoprire il Vangelo non come un’utopia, ma come la forma piena e reale dell’esistenza”.

    Infine, la specificità dei catechisti. “Perché tutto questo risulti efficace e porti frutto”, sottolinea il Papa, “è necessario che la conoscenza di Gesù cresca e si prolunghi oltre la celebrazione dei sacramenti”. Da qui, una speciale raccomandazione:

    “La catechesi è azione ecclesiale e pertanto è necessario che i catechisti insegnino e testimonino la fede della Chiesa e non una loro interpretazione. Proprio per questo è stato realizzato il Catechismo della Chiesa Cattolica, che idealmente questa sera riconsegno a tutti voi, affinché la Chiesa di Roma possa impegnarsi con rinnovata gioia nell’educazione alla fede”.

    Con l’auspicio che nelle parrocchie romane il silenzio della preghiera si unisca alla creatività catechetica, le ultime parole di Benedetto XVI sono per tutti di incoraggiamento e di affidamento a Maria, stella dell’evangelizzazione, e al Beato Giovanni Paolo II che fino all’ultimo si prodigò per l’annuncio.

    “Non abbiate paura di impegnarvi per il Vangelo! Nonostante le difficoltà che incontrate nel conciliare le esigenze familiari e del lavoro con quelle delle comunità in cui svolgete la vostra missione”.

    (musica)

    Il primo giorno del Convegno si è chiuso successivamente con la relazione del direttore dell’Ufficio catechistico della diocesi, una fotografia dell’iniziazione cristiana sul territorio con luci e ombre. Al consistente dato dei battesimi - quasi 20 mila rispetto ai 25 mila nati nel Comune di Roma - a quello di efficaci esperienze di catechesi per giovani, di accompagnamento delle famiglie con bambini piccoli, si affianca quello problematico di un 58% solo di bambini che dopo la Comunione riceve la Cresima e della necessità di dare forza ai contenuti della fede negli itinerari di catechesi, che sarà al centro delle riflessioni di oggi e di domani.

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    Benedetto XVI nomina mons. Hlib Lonchyna esarca apostolico per i fedeli ucraini di rito bizantino in Gran Bretagna

    ◊   Benedetto XVI ha nominato esarca apostolico dell'Esarcato Apostolico per i fedeli ucraini di rito bizantino residenti in Gran Bretagna mons. Hlib (Borys Sviatoslav) Lonchyna, M.S.U., attualmente amministratore apostolico “sede vacante” del medesimo Esarcato. Il presule, 57 anni, è nato in Ohio (Usa) da genitori provenienti dall'Ucraina. Ha frequentato l'Università Urbaniana dove ha conseguito la licenza in Teologia biblica, nonché il Pontificio Istituto Orientale, laureandosi in teologia liturgica orientate nel 2001. Entrato nel monastero dei Monaci Studiti Ucraini di Grottaferrata, è stato ordinato sacerdote, quindi ha lavorato nella parrocchia di San Nicola a Passaic, NJ (USA); è stato prefetto degli studenti del Collegio Santa Sofia a Roma. Ritornato in Ucraina nel 1994, è stato direttore spirituale del Seminario maggiore di Lviv. Nello stesso tempo ha insegnato all'Accademia Teologica di Lviv. Ha prestato servizio come collaboratore locale nella Nunziatura a Kyiv. Nel 2002, e stato nominato da Giovanni Paolo II vescovo ausiliare di Lviv degli Ucraini. È stato nominato visitatore apostolico per i fedeli greco-cattolici Ucraini in Italia e procuratore dell'arcivescovo maggiore a Roma, nonché visitatore apostolico anche in Spagna e Irlanda. Dal 2009 è amministratore apostolico "sede vacante" dell'Esarcato Apostolico per i fedeli Ucraini di rito bizantino residenti in Gran Bretagna.

    In Benin, il Papa ha nominato arcivescovo metropolita di Parakou mons. Pascal N’Koué, finora vescovo di Natitingou.

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    Un patrologo e due teologi vincitori della prima edizione del “Premio Ratzinger”. Saranno insigniti dal Papa il 30 giugno

    ◊   Annunciati stamane nella Sala stampa vaticana i vincitori della prima edizione del “Premio Ratzinger”, istituito dalla “Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI”. L’ambito riconoscimento verrà consegnato dal Santo Padre il 30 giugno, alle ore 11, nella sala Clementina del Palazzo apostolico. A tracciare il profilo dei premiati è stato il cardinale Camillo Ruini, presidente del Premio e del Comitato scientifico della Fondazione. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Due studiosi già assai affermati ed uno relativamente giovane ma molto promettente”: un patrologo e due teologi. A tracciare il profilo dei premiati è stato il cardinale Ruini:

    “Si tratta del prof. Manlio Simonetti, italiano, laico, studioso di Letteratura cristiana antica e Patrologia, del prof. Olegario González de Cardedal, sacerdote spagnolo, docente di Teologia sistematica, e del prof. Maximilian Heim, cistercense tedesco, abate del Monastero di Heiligenkreuz in Austria e docente di Teologia fondamentale e dogmatica”.

    La Fondazione – ha detto il cardinale Ruini – “è assai lieta e convinta” di aver scelto tra non pochi altri candidati “ugualmente meritevoli”. Entrando nei meriti dei tre studiosi, il prof. Simonetti, tra le massime autorità internazionali nel campo del cristianesimo antico, già direttore di prestigiose iniziative scientifiche ed editoriali, arrivato ad 85 anni è ancora molto attivo, si è complimentato il porporato:

    “Come storico del cristianesimo, il prof. Simonetti si distingue per l’attenzione primaria ai testi, trattati con grande cura e perizia filologica e interrogati con penetrante acutezza”.

    Passando al teologo Gonzalez de Cardenal, “insigne uomo di cultura” “vero punto di riferimento” specie in Spagna, il cardinale Ruini ha evidenziato la peculiarità delle sue ricerche rapportate “con la ragione e la cultura del nostro tempo”:

    “Le sue opere teologiche principali riguardano Dio e la Trinità, la cristologia, il rapporto tra teologia e antropologia, in particolare sotto l’aspetto del confronto tra fede cristiana e non credenza”.

    Terzo premiato padre Heim, monaco e teologo cinquantenne, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto Papa Benedetto XVI di Ratisbona, consulente per la pubblicazione dell’Opera Omnia di Joseph Ratzinger, attento “divulgatore – ha sottolineato il cardinale Ruini – dei temi della fede e della teologia ad un pubblico più ampio”:

    “Egli è certamente uno dei più acuti e brillanti rappresentanti della giovane generazione di teologi che si ispirano al pensiero di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI”.

    Un grazie particolare al Papa è arrivato da mons. Giuseppe Antonio Scotti, presidente della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI”, per avere investito attraverso questa istituzione sul futuro dell’uomo. Un grazie anche ai giornalisti, alle università e alle fondazioni bancarie che in diverso modo hanno contribuito al successo del Premio. Un’opportunità per ragionare sul ruolo della teologia nella realtà contemporanea,come ha fatto il prof. Giuseppe Dalla Torre, rettore dell’Università Lumsa, invitando a “riproporre con forza la questione dei saperi sacri” nella società contemporanea, dove si fronteggiano – ha ripreso le parole di Benedetto XVI – “due tendenze opposte, due estremi entrambi negativi: da un parte il laicismo, che, in modo spesso subdolo, emargina la religione per confinarla nella sfera privata; dall’altra il fondamentalismo, che invece vorrebbe imporla a tutti con la forza”. “C’è, insomma bisogno di teologia – ha concluso il prof. Dalla Torre – per uscire dal vicolo cieco di un radicale travisamento della questione religiosa e di una crescente incapacità di cogliere ciò che dà senso al tutto”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Una nuova stagione di evangelizzazione per Roma: Benedetto XVI ha aperto in Laterano il convegno diocesano invitando ogni battezzato ad annunciare il Vangelo.

    In prima pagina, Ettore Gotti Tedeschi sul lavoro reinventato per combattere il declino delle economie occidentali.

    Nell'informazione internazionale, a proposito di un rapporto dell'Ocse, un articolo di Michele Dau dal titolo "Per una politica in favore della famiglia".

    Gabriele Nicolò sulla tacita alleanza tra Afghanistan e Pakistan per sconfiggere il terrorismo.

    In cultura, la mostra - presentata oggi ai Musei Vaticani - "Splendore celeste. Raffaello, Durer e Grunewald dipingono la Madonna", che si terrà a Dresda (dal 6 settembre 2011 all'8 gennaio 2012) in occasione della prevista visita del Papa. Sull'argomento, gli articoli di Arnold Nesselrath e di Antonio Paolucci, e uno stralcio del racconto di Vassilj Grossman dedicato alla Madonna Sistina.

    Quanti alleati per il Nobel dei teologi: Silvia Guidi sulla prima edizione del Premio Ratzinger.

    Nell'informazione religiosa, il cardinale Giovanni Coppa ricorda - a vent'anni dalla morte - il suo antico compagno di studi monsignor Pietro Rossano, vescovo ausiliare di Roma per la pastorale della cultura e rettore della Pontificia Università Lateranense.

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    Oggi in Primo Piano



    Italia, dopo i referendum, confronto tra opposizione e maggioranza. Le opinioni di Baggio e Miano

    ◊   In Italia, acceso dibattito tra le forze politiche all’indomani della vittoria dei referendum contro la privatizzazione dell’acqua, l’energia nucleare e il legittimo impedimento. Il leader del Pd, Pierluigi Bersani, si dice pronto ad elezioni, mentre nella maggioranza si chiede da più parti in particolare dalla Lega Nord un cambio di rotta all’azione di governo. Intanto, il dato definitivo sull’affluenza, comunicato oggi dal Viminale, si attesta al 54,8 per cento, tenendo conto anche degli italiani residenti all’estero. Il servizio di Giampiero Guadagni:

    Con il voto sui referendum i cittadini hanno bocciato il trasferimento, anche ai privati, della gestione della rete idrica e la determinazione della tariffa del Servizio idrico integrato. E’ ancora bocciata la richiesta del premier di rinvio di udienze in tribunale in processi in cui figura imputato, opponendo come legittimo impedimento i propri impegni istituzionali. No, infine, al ritorno dell’Italia all’energia nucleare dopo 20 anni di inattività. Bloccato così il progetto del governo di avviare la costruzione di nuove centrali atomiche. Berlusconi commenta: “La volontà degli italiani è chiarissima e non sarà ignorata. Dunque, addio al nucleare e maggiore impegno sulle energie rinnovabili”. Per il Pdl, comunque, il voto referendario non avrà effetti negativi sul governo, ma nella Lega cresce il malessere per un risultato che si aggiunge alla sconfitta nelle amministrative. Dall’opposizione, il Pd chiede esplicitamente le dimissioni del premier. Non è d’accordo Di Pietro, Italia Dei Valori, per il quale “bisogna rispettare i molti elettori del centro-destra che sono andati alle urne a votare sì”.

    Sul significato dell’esito referendario e sul ruolo dei cattolici in questa stagione della politica italiana, Luca Collodi ha intervistato il prof. Antonio Maria Baggio, docente di Etica politica all’Istituto Sophia di Loppiano, fondato dal Movimento dei Focolari:

    R. – Anzitutto, bisogna capire la dimensione del fenomeno: al referendum hanno votato 27-28 milioni di persone. Queste sono le cifre. Noi ricordiamo che i voti ricevuti alla Camera dal centrodestra furono 17 milioni nel 2008 e intorno ai 14 milioni dal centrosinistra. Quindi, nessuno può dire: questa è una mia posizione. Queste cifre dicono che c’è un distacco radicale nei confronti dei partiti, che anche questo fatto popolare è importante e che questo esprimersi diretto di una grande quantità di cittadini non è casuale: è stato volontaristico, è stato consapevole. Questi referendum lasciano, da un lato, il senso positivo per questo risveglio di cittadinanza, e, dall’altro, il problema di chiedersi come rappresentare adesso questa volontà dei cittadini sui temi specifici toccati dal referendum.

    D. – I laici impegnati nel mondo cattolico sono stati determinanti, secondo lei, per il raggiungimento del quorum?

    R. – Certamente, c’è stata – da ciò che sembra – una partecipazione forte, una partecipazione qualificata, soprattutto per la presenza sociale dei cattolici in vari gruppi che affrontavano i temi specifici dei referendum. Parlerei di una sfida per tutte le componenti della Chiesa: certamente per la gerarchia – che deve trovare il modo giusto di continuare ad essere coscienza dei principi universali e che deve continuare sempre a ribadirli – favorendo però l’intervento dei laici, che lo hanno come compito specifico e facendo in modo anche che sempre più siano i laici, direttamente, a difendere questi orientamenti di fondo. Ecco perché dico che questa situazione politica, in cui c’è una frammentazione forte a sinistra e una crisi a destra, sia una sfida per la Chiesa in tutte le sue componenti.

    D. – Il voto referendario penalizza il pensiero liberista di destra, ma sembra perdere anche il riformismo di una certa parte della sinistra...

    R. – Perdono le visioni massimaliste ed ideologiche. E’ necessario confrontarsi con i problemi concreti. Le cosiddette posizioni di tipo liberista o collettivista di per sé, ciascuna in se stessa, non funzionano: devono essere smontate e misurate sulla concretezza dei problemi. Per questo è importante un dialogo sociale e culturale molto intenso. Ben venga la discussione sul bene comune, che c’è stata in questi referendum, ma nessuno pensi di sapere già come questo bene comune si realizzi. E’ nell’incontro delle diverse parti politiche, delle diverse idee, che si trova davvero il bene comune: è il bene di tutti, non il bene di chi una volta prevale sugli altri.

    D. – Il referendum torna popolare perché la gente non si fida più dei politici attuali?

    R. – Questo, purtroppo, è certamente un elemento importante. I comportamenti che ci sono stati – e parlo del nostro caso italiano – di molti dei politici più in vista nelle due coalizioni lo hanno rinforzato. Questi sono temi civili. Gli elettori hanno posto all’attenzione della politica esattamente la “civis”, la città, la civiltà del sociale. La politica è in forte arretramento in Italia: la politica anziché risolvere i problemi, crea dei problemi. Adesso la crisi del centrodestra è palese e a sinistra abbiamo leader diversi che vincono a seconda delle diverse situazioni locali e degli argomenti. Mi auguro che non si arrivi a crisi parlamentari pasticciate e che i due anni che abbiamo davanti prima delle elezioni servano a ricomporre due visioni decenti, perché i cittadini possano scegliere tra due possibilità buone e diverse, – due, tre, quattro diverse ma buone – al momento di votare per le politiche. (ap)

    Sempre Luca Collodi ha chiesto una riflessione sui referendum al presidente dell’Azione Cattolica, Franco Miano:

    R. – Credo che sia stato un segno di presa in carico da parte dei cittadini di alcune questioni su cui la politica viene avvertita come distante. Una capacità dei cittadini di assumere un’attenzione che segnala anche una critica alla distanza della politica dalle questioni di cui la gente è preoccupata, questo prima di tutto. Inoltre, sottolinea che i cattolici in Italia hanno e possono avere sempre più un ruolo significativo proprio nella capacità di far crescere la coscienza comune.

    D. – Proprio i cattolici quanto sono stati determinanti secondo lei nel raggiungimento del quorum?

    R. – Secondo me sono stati determinanti perché c’è una sensibilità, c’è un’attenzione che nasce proprio dalla vita delle associazioni, dalla vita delle comunità: quell’attenzione che passa dalla declamazione del principio alla sua concretizzazione, perché come cattolici ci stiamo sforzando sempre di più di “tradurre”. Anche questa esperienza è uno sforzo di traduzione dei grandi principi. In questo senso, c’è stata molta attenzione nel mondo cattolico e credo che questo risultato abbia al suo cuore anche questo impegno.

    D. – Secondo voi, come Azione Cattolica che cosa succede dopo? Il dopo come si annuncia?

    R. – Noi ci auguriamo che rispetto alle singole tematiche ci si rimetta al lavoro per trovare nuove sintesi. Non possiamo non augurarci questo: nuove sintesi più rispondenti, al desiderio, all’espressione che c’è stata da parte degli elettori, dei cittadini, e più in generale più rispondente alla salvaguardia di alcuni grandi principi legati al bene comune, alla pace, alla giustizia, alla salute dei cittadini. (bf)

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    Batterio killer: invariato il numero delle vittime, i contagi oltre 3.200

    ◊   Resta invariato il numero delle vittime dell’epidemia di Escherichia Coli. Ad oggi sono 36 i decessi a livello europeo, 35 in Germania e uno in Svezia. I casi sono aumentati a 3.235. Dopo l’accusa lanciata dalle autorità sanitarie regionali tedesche contro tre tipi di germogli, quelli di broccoli, aglio e fieno, oggi la stampa tedesca mette sotto accusa anche la lattuga importata dalla Baviera. In Italia, il ministro della Salute, Fazio, ribadisce che il batterio killer non crea emergenza nella penisola. Stessa avvertenza arriva dalla Società italiana di pediatrica preventiva e sociale, che invita a fare attenzione, ma senza allarmismi. Lo ribadisce al microfono di Francesca Sabatinelli, Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità:

    R. – Da noi non c’è da preoccuparsi. Nel nord della Germania c’è un focolaio epidemico molto circoscritto, grave, mentre nel resto d’Europa non ci sono assolutamente casi, se non in persone che sono state nel nord della Germania e che sono state contagiate e poi sono tornate a casa propria. Quindi, si tratta di un focolaio grave, ma estremamente circoscritto. Da noi per ora nessun problema.

    D. – Si è passati dai cetrioli ai germogli di soia, al fieno, alla lattuga, all’aglio. Come mai questa confusione?

    R. – Perché, evidentemente, non è stato identificato immediatamente l’alimento in causa. Quando passa il tempo e si vanno a fare le analisi è sempre più difficile identificare il cibo che effettivamente è stato causa dell’epidemia. Adesso sembra, però, che i dati epidemiologici siano anche confermati da dati microbiologici e che diverse specie – diversi tipi di germogli, di legumi, di soie e via dicendo – siano chiamati in causa. Se si riesce ad identificare la fonte del contagio, evidentemente si riesce anche ad abbattere l’epidemia.

    D. – In Italia, il ministro Fazio ha ripetuto che non c’è un’emergenza. Eppure sappiamo che ci sono stati dei crolli enormi, dal punto di vista dei guadagni, dei mercati rionali e dei produttori di ortaggi. Per evitare una psicosi del tutto inutile, soprattutto dannosa per l’economia, ci sono delle avvertenze da ripetere?

    R. – Certo. E’ un allarmismo che, per quanto riguarda l’Italia, è assolutamente ingiustificato e del tutto irrazionale, per cui le norme da implementare sono quelle che vanno sempre implementate: quando si compra la verdura cruda è normale che prima di mangiarla venga lavata; lavarsi le mani prima di manipolare il cibo è una cosa che si dovrebbe fare sempre. Non serve altro che mettere in pratica tutte quelle precauzioni igieniche che andrebbero sempre messe in pratica.

    D. – Per quanto riguarda questo germe del nord della Germania, ovviamente si staranno conducendo degli studi molto serrati su come combatterlo. Lei ci può dare un’indicazione su a che punto si è nella ricerca?

    R. – Questo è molto difficile, perché il batterio non si combatte con l’antibiotico, anche perché, quando compaiono i sintomi, in genere sono dovuti alla tossina che è prodotta dal germe. Quindi, non serve a nulla uccidere il germe, perché ormai c’è la tossina in circolo. Non resta altro, dunque, che sostenere questi pazienti quando abbiano la malattia più grave, cioè l’insufficienza renale con la dialisi. La ricerca sta cercando di mettere a punto nuove strategie: per esempio, l’uso di monoclonali o altri prodotti, che siano in grado di bloccare la tossina, ma su questo siamo ad un livello ancora sperimentale.(ap)

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    Dall'Argentina al mondo si celebra la Giornata del donatore di sangue

    ◊   Domenica scorsa, dopo la preghiera del Regina Caeli, Benedetto XVI aveva salutato e ringraziato i donatori di sangue, quei “milioni di persone – aveva detto – che contribuiscono, in modo silenzioso, ad aiutare i fratelli in difficoltà”. E oggi si celebra la Giornata mondiale del donatore di sangue che ha, come fulcro delle celebrazioni, la capitale argentina di Buenos Aires, da dove è anche partito lo slogan per l’edizione 2011 “Più sangue, più vita”. In Italia, le manifestazioni principali si svolgono a Torino, e vedono tra le principali sigle coinvolte la Fidas, la Federazione italiana associazioni donatori di sangue. Eliana Astorri ne ha intervistato il presidente, il dott. Aldo Ozino Calligaris:

    R. – Donare il sangue è un gesto di grande valore etico e morale ed è indispensabile per poter garantire attraverso la donazione del proprio sangue, dei suoi componenti, una terapia trasfusionale sicura e disponibile per i pazienti che ne hanno bisogno.

    D. – Qual è il profilo tipo del donatore?

    R. – Il donatore è una persona tra i 18 e i 65 anni, che ha fatto una scelta di responsabilità e di volontariato per poter fare in modo, attraverso il proprio gesto, di continuare ad assicurare una terapia assolutamente indispensabile che non si può ottenere attraverso processi industriali o processi farmaceutici e quindi poter garantire un presidio che in altro modo non sarebbe reperibile. Il donatore, per i due terzi, è un maschio tra i 35 e i 60 anni di media, di buona cultura, che ha fatto un suo percorso di condivisione di questa necessità e che attraverso una promozione continua delle associazioni e federazioni di donatori di sangue porta a compimento in maniera continua una garanzia di sicurezza.

    D. - Il sangue ha una scadenza?

    R. - Sì, il sangue ha una scadenza nel senso che una volta che è stato raccolto viene conservato negli stessi circuiti dove è stato raccolto, lavorato e separato perché il sangue intero non si utilizza mai come tale: viene separato in globuli rossi, in plasma, in piastrine. A seconda dell’emocomponente, il plasma può essere congelato e può essere utilizzato dopo un anno, scongelandolo, perché non si rovina in queste condizioni. Le piastrine invece hanno una scadenza molto breve: per poter essere utilizzate per un paziente oncologico o per un paziente politraumatizzato emorragico devono essere usate entro 5 giorni dal momento della raccolta. I globuli rossi mediamente vengono utilizzati entro i 45 giorni. Però non tutti i pazienti possono ricevere un sangue che è stato raccolto 45 giorni prima, in particolare i pazienti talassemici che necessitano per tutta la vita di un trattamento, di una terapia trasfusionale: costoro hanno necessità che il sangue per le trasfusioni di cui necessitano provenga da donazioni avvenute non più di 10 giorni prima. Per i pazienti pediatrici, bambini che hanno bisogno di piccole quantità di sangue, il sangue di un donatore adulto viene separato addirittura in tre unità pediatriche. In ogni caso, il sangue raccolto deve essere assolutamente molto recente per potere assicurare una qualità della terapia e soprattutto per poter garantire un ottimo trasporto di ossigeno che è la funzione più importante che svolgono i globuli rossi.

    D. – Quali sono le iniziative Fidas per la Giornata mondiale del donatore?

    R. – Noi quest’anno celebriamo la Giornata, a livello nazionale, insieme con altre associazioni di volontariato e con una serie di iniziative in programma a Torino, che è stata la prima capitale d’Italia, ricordato in occasione della celebrazione dei 150 anni, sottolineando questi aspetti: gli aspetti della buona salute, gli aspetti della buona apertura all’Europa e gli aspetti della promozione della donazione del sangue a quelle categorie che sono soprattutto i giovani, i cittadini di altre etnie che ormai si stanno integrando nel nostro tessuto sociale e le donne, che sono appunto le categorie che ancora hanno una minore partecipazione a questo gesto di solidarietà. Questo perché, insieme e in collaborazione stretta con le altre associazioni e federazioni di volontari italiani del sangue, noi intendiamo abbattere quel 15 per cento di donazioni occasionali e far fronte al costante aumento dei consumi del fabbisogno per il paziente. Aumento dettato dall’aumento dell’età media per il cittadino, dall’aumento della qualità della chirurgia e della medicina che oggi viene erogata dal sistema sanitario nazionale e, soprattutto, dall’aumento della qualità e della quantità della vita del paziente oncologico. Questi aumenti fanno sì che ogni anno il fabbisogno cresca del 3%. Da qui a dieci anni, ci troveremo con una carenza di sangue di circa il 9-10% e potrebbe farci ripiombare negli anni 2000-2003, quando ancora avevamo dipendenze e necessitavamo di dovere importare globuli rossi e quindi sangue dall’estero. (bf)

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    “Caro Karol”: il direttore della rivista “Camilliani” racconta in un libro il “suo” Giovanni Paolo II

    ◊   “Caro Karol”: è il titolo di un libro pubblicato in questi giorni in forma di lettera aperta al Beato Giovanni Paolo II. Il volume, edito dalla Effatà editrice, è opera di Renzo Agasso, direttore del mensile “Camilliani” e autore di numerose biografie di personaggi storici e contemporanei. Al microfono di Alessandro Gisotti, l’autore di “Caro Karol” si sofferma sul taglio personale del suo libro, a partire dall'originale titolo:

    R. – E’ un titolo dovuto, perché l’ho sempre sentito come un amico, come una persona di casa, una persona di famiglia. Aveva proprio questa capacità di entrare nella vita, nelle case, nelle cose delle persone, in maniera dirompente.

    D. – In qualche modo questo “Caro Karol” sottolinea anche la vicinanza del Beato Giovanni Paolo II a tutti noi...

    R. – Sì, esatto. Io penso che la grandezza di quest’uomo sia stata assolutamente questa. Giovanni Paolo II era un’altra cosa proprio per la sua straripante umanità. Era un uomo che sentivamo vicino e lo sentivamo veramente come una persona “normale”. Quest’uomo è entrato nella nostra vita in maniera prepotente e ha segnato tutti i nostri giorni. Io ho tanti ricordi nella mia vita in cui posso collegare un fatto che mi è accaduto ad un fatto che è accaduto a lui. Era un uomo così umano, così vero, così autentico e così vicino alle persone.

    D. – Un altro elemento, che poi è proprio della santità, è che Giovanni Paolo II è tornato alla casa del Padre sei anni fa, ma è davvero vivo e presente come abbiamo visto alla cerimonia di Beatificazione...

    R. – Certo, e ho visto sempre un continuo pellegrinaggio alla sua tomba di persone di tutti i Paesi, di tutte le lingue, di tutti i colori. Quindi, quest’uomo è veramente vivo nel mondo e ovunque si vada si trova qualcosa di suo. In tutte le città dove vado c’è qualcosa che lo ricorda, perché lui c’è stato o, comunque, ha avuto dei contatti con quella realtà. Un uomo così non può essere dimenticato: è presente.

    D. – Un suo capitolo inizia con il dire che Karol Wojtyla era "innamorato di Dio". E’ questa la chiave della testimonianza di santità di quest’uomo?

    R. – Sì, penso proprio di sì. Per essere così bisogna essere anche uomini liberi, uomini senza padroni sulla Terra. Quindi, vuol dire che Giovanni Paolo II era effettivamente un uomo libero, che riconosceva solo la potestà di Dio, un Dio presente, che lui ogni giorno incontrava nella sua cappella e ne era veramente innamorato. Il fatto di testimoniarlo nella sofferenza, il fatto di non smettere mai di fare il Papa, di essere Papa, infatti, significa un enorme amore per Dio.(ap)

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    Chiesa e Società



    Iraq: la comunità cristiana ancora sotto shock per gli attentati delle ultime settimane

    ◊   L'assassinio di un cristiano ortodosso padre di quattro figli avvenuto il 31 maggio a Mosul ha aumentato il senso di sfiducia tra i cristiani sulla prospettiva di un futuro di pace in Iraq. E' quanto ha sottolineato l'arcivescovo caldeo di Erbil, mons. Bashar Warda, in un'intervista, rilasciata all'associazione caritativa cattolica internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre. Lo shock dell’assassinio - ha detto il presule - ha portato alcuni fedeli a ritenere che “non c'è futuro” per loro nel Paese. Arakan Yacob – ricorda l’agenzia Zenit - è l'ultima vittima di una serie di attacchi contro i cristiani in Iraq. Era stato bersaglio di due precedenti tentativi di rapimento, e la terza volta i malviventi sono riusciti nel loro intento, prendendolo in ostaggio. Tre settimane prima, un altro giovane cristiano, il 29.enne Ashur Yacob Issa, era stato rapito e poi assassinato dopo che la sua famiglia non era riuscita a pagare il riscatto di più di 100.000 dollari richiesto dai rapitori. L'arcivescovo Warda ha riferito che dal 2002 oltre 570 cristiani sono stati uccisi in episodi di violenza a base religiosa o politica. Tra il 2006 e il 2010, 17 sacerdoti iracheni e due vescovi sono stati rapiti e picchiati o torturati dai loro sequestratori. Tra questi, un vescovo, quattro sacerdoti e tre suddiaconi sono stati assassinati. Anche se molti vogliono emigrare, i Paesi che confinano con l'Iraq – la Siria e la Turchia – stanno vivendo situazioni di incertezza e crisi. “Anche la situazione nella confinante Turchia non è così buona”, ha detto l'arcivescovo, “e con quello che sta avvenendo in Siria una famiglia che pensa all'emigrazione ha un ventaglio di scelte limitato”. Il presule ha più volte parlato della sofferenza del suo popolo in tutto il mondo. Di recente si è recato nel Regno Unito e in Irlanda per lanciare il rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre sui cristiani perseguitati. In quell'occasione ha affermato che, in base alle statistiche, dagli anni Ottanta i cristiani in Iraq sono passati da 1,4 milioni a circa 150.000. Aiuto alla Chiesa che Soffre fornisce aiuti d'emergenza ai rifugiati in Iraq, Giordania e Turchia, cibo per gli sfollati cristiani nel nord iracheno e sovvenzioni per i sacerdoti poveri e perseguitati, le suore e i seminaristi. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Tripoli, mons Martinelli: “Mi sembra che la guerra in Libia sia passata in secondo piano”

    ◊   “Parlando con alcuni giornalisti si ha l’impressione che della guerra in Libia non se ne parli granché in Italia, e che sia diventata un evento poco interessante. In tante altre occasioni vengono organizzate manifestazioni, per la guerra in Libia invece no” dice all’agenzia Fides mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli. “Mi sembra quindi che la guerra in Libia sia passato in secondo piano nei Paesi della Nato, che pure continuano i bombardamenti”. A questo proposito mons. Martinelli aggiunge: “a Tripoli, mi sembra che i raid aerei siano diminuiti di intensità, anche se si hanno notizie di bombardamenti in altre aree. La Chiesa vive con la forza dello Spirito Santo, e abbiamo appena celebrato la Pentecoste: venerdì abbiamo celebrato la Messa in inglese, sabato in francese, domenica in diverse lingue” conclude il vicario apostolico di Tripoli. (R.P.)

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    India: per i cristiani le priorità del Paese sono pace, giustizia, istruzione e libertà religiosa

    ◊   Le priorità per il futuro dell’India sono le questioni che toccano la pace, la giustizia, l’istruzione, la libertà religiosa, il rispetto delle minoranze: è quanto affermano i cristiani indiani, valutando il prossimo Piano quinquennale del governo (il 12° nella storia dell’India moderna), preparato dalla apposita “Commissione per la pianificazione”. Il Piano traccia le linee generali per lo sviluppo del Paese in campo sociale, economico e politico, informando il governo sull’andamento della vita nazionale, al fine di orientare le politiche a lungo termine. Come riferiscono fonti dell'agenzia Fides nella società civile indiana, una Commissione nazionale di leader cristiani, guidata dall’arcivescovo di Delhi, mons. Vincent Concessao, e composta da leader di organizzazioni non governative e di associazioni cristiane, ha esaminato il piano, segnalando quelle che, per le comunità cristiane, sono le priorità per il futuro del Paese. Il testo finale dei lavori della Commissione, afferma: “Lo sviluppo è impossibile se la popolazione non avverte che esistono pace e giustizia. Per questo è essenziale che lo Stato rassicuri le minoranze e si impegni a tutelare lo Stato di diritto e a fermare la violenza intercomunitaria, perseguendo gli autori delle violenze”, ribadendo la volontà di approvare al più presto la Legge a tutela delle minoranze. I cristiani chiedono anche una inchiesta ad ampio raggio, da condurre in tutti gli Stati, sulle condizioni socioeconomiche delle comunità cristiane in India, per prendere coscienza delle discriminazioni subite dai dalit cristiani e assicurare loro “i basilari diritti civili e politici”. Inoltre, continua il testo, “il governo dovrebbe far rispettare alcune garanzie costituzionali, come quelle sulla libertà di professare e propagare la propria fede”, poichè “vari Stati indiani abusano di tali garanzie a danno di istituzioni cristiane”, soprattutto nel campo dell’istruzione e della sanità. Dato che in tali settori il supporto finanziario resta fondamentale, i cristiani, ricordando il contributo di spessore offerto alla nazione, inviano il governo a istituire una “Christian Education Financial Corporation” che dovrebbe offrire borse di studio e anche prestiti a interessi zero per gli studenti. I cristiani, infatti, nel difendere il diritto di accesso all’istruzione, non sono soddisfatti dell’attuale sistema di assegnazione delle borse di studio ai ragazzi delle classi meno abbienti. Il documento pone poi il problema fondamentale della sicurezza (ricordando le violenze contro le minoranze) e la necessità di promuovere lo sviluppo della popolazione nelle aree rurali, allargando la “National Minorities Development Finance Corporation”. Infine si chiede di assicurare una adeguata rappresentanza ai cristiani, a livello federale, nazionale e provinciale, nell’amministrazione civile, nell’esercito, nel sistema giudiziario. (R.P.)

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    Nel Karnataka tre cristiani arrestati con false accuse di conversioni forzate

    ◊   La polizia di Hennur ha arrestato tre uomini con la falsa accusa di conversioni forzate in Karnataka, denunciata da 20 attivisti indù. Secondo la polizia, gli uomini avrebbero portato circa 70 lebbrosi di Dharmapuri (Tamil Nadu) a Bangalore. Il vicecommissario N Narasimhaiah ha dichiarato: “I tre cristiani hanno offerto ai malati cibo, vestiti, un rifugio, prima di insegnare loro alcune preghiere e altri riti religiosi cristiani”. Per Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), è “l’ennesima macchia nella storia dell’India secolare”. Il Gcic - riporta l'agenzia AsiaNews - ha presentato una petizione alla National Human Rights Commission (Nhrc) e al dipartimento per l’Assistenza sociale, per chiedere la scarcerazione dei tre uomini. “Lo Stato deve garantire la sicurezza della minoranza cristiana, vulnerabile per le intimidazioni continue e le violenze ingiustificate, in nome della religione, dei gruppi di estrema destra”, afferma Sajan George. La comunità cristiana in Karnataka è sempre più nel mirino dei radicali indù dal maggio 2008, quando il Bjp (Bharatiya Janatha Party, partito ultranazionalista indù) è salito al potere. Mentre i cristiani vengono presi in custodia in maniera sistematica, interrogati e accusati di vari crimini dai radicali indù, i loro aggressori circolano a piede libero. “La giustizia non persegue mai chi commette un crimine – ribadisce il presidente del Gcic – solo i cristiani innocenti subiscono umiliazioni e arresti”. Come ogni anno, Henry Baptist Reuben, cattolico, aveva organizzato una giornata di assistenza ai lebbrosi nella sua casa, in cui distribuisce vestiti, cibo e altre suppellettili. Nel primo pomeriggio, un locale indù ha fatto irruzione con altri 20 attivisti nell’abitazione, accusando Reuben e la sua famiglia di conversioni forzate. Impedendo al cattolico di spiegare la situazione, gli indù hanno chiamato la stazione di polizia di Hennur. Un ispettore è arrivato subito, portando via Reuben e due lebbrosi in base alla sezione 295-A del codice penale, per “ferimento di sentimenti religiosi”. Sajan K George critica l’operato delle forze dell’ordine: “La polizia ha ignorato persino le grida dei malati lì presenti, che hanno cercato di spiegare in tutti i modi che si trattava di un’attività regolare e annuale nella quale loro ricevevano aiuti, e non c’era alcun tentativo di costringerli a convertirsi”. (R.P.)

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    Pakistan: conversioni forzate di ragazze indù all’islam. Spesso non denunciate per paura

    ◊   Giovani ragazze indù vngono costrette a diventare musulmane e obbligate a sposare i loro rapitori: è la denuncia degli indù pakistani, raccolti nel Movimento dei diritti per le “scheduled castes” da poco formato in Pakistan. Essi chiedono anche maggior rispetto per i loro diritti. Gli indù appartenenti alle “scheduled castes”, cioè alle minoranze induiste protette, formano il 6% del totale della popolazione pakistana, e il 10% nella regione del Sindh, ma sono sotto-rappresentate sia nei pubblici impieghi che nelle assemblee elettive. In aggiunta, il movimento chiede che venga creata una legge per la registrazione dei matrimoni delle “scheduled castes”; che venga usato il termine “indù” invece di quello di “scheduled castes” nella colonna che specifica la religione nei dati anagrafici; che il Parlamento nazionale promuova una legge contro l’odio interreligioso nei loro confronti. Il Movimento - riferisce l'agenzia AsiaNews - raccoglie vari gruppi etnici indù come Kolhi, Bhel, Bagri, Meghwar e Rawara. Essi non hanno case permanenti, vivono in accampamenti provvisori alla mercé dei signorotti terrieri locali. Dalla creazione del Pakistan non è mai cresciuto il numero di 10 posti in Parlamento riservati alle minoranze. E soprattutto, denuncia . Per questo il Movimento per i diritti chiede che vengano concesse terre, dove stabilire la loro residenza, che venga loro permesso di celebrare le feste religiose e che venga applicata la quota del 6% a loro riservata nei servizi pubblici. I leader del Movimento sottolineano che la situazione è tale che i gruppi sono tenuti in uno stato di prigionia dai proprietari terrieri, e che i casi di conversioni forzate di ragazze indù sono estremamente frequenti, e non denunciati. Essi chedono perciò che vengano prese misure nei confronti dei responsabili. Anche la minoranza cristiana soffre per motivi simili. Va registrato però un fatto positivo: un giudice a Rawalpindi ha scagionato tre cristiani dall’accusa di blasfemia; anche se resta la preoccupazione per il timore che i tre diventino il bersaglio di un atto di violenza da parte dei radicali islamici. Il giudice Sarfraz Akhter ha rimandato liberi il 12 giugno Hector Haleem, Basharat Masih e Robin Masih dal momento che il Pubblico ministero non è stato in grado di fornire prove a sostegno dell’accusa, presentata nei loro confronti l’anno scorso da un musulmano, Ghufran Sialvi. L’accusa era quella di aver inviato messaggi blasfemi. Il tribunale ha aperto un’inchiesta per incriminare sia il responsabile della polizia che il denunciante per non essere stati in grado di presentare le prove dell’accusa. Haleem, 55 anni, dirige un’Ong pakistana chiamata “Peace Worldwide”, pace in tutto il mondo. (R.P.)

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    Ccee: incontri in Lituania sul tema della nuova evangelizzazione

    ◊   Il tema della “nuova” evangelizzazione in Europa sarà al centro dei lavori di due incontri consecutivi promossi dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa: l’incontro dei segretari generali che si terrà a Vilnius dal 16 al 19 giugno e quello degli addetti stampa e portavoce delle Conferenze episcopali che si svolgerà dal 18 al 21 giugno sempre nella capitale lituana. Ad inaugurare la settimana di lavoro del Ccee – si legge in un comunicato ripreso dall'agenzia Sir - saranno i segretari generali che da giovedì saranno accolti dal cardinale Audrys Juozas Bačkis, arcivescovo di Vilnius. I segretari focalizzeranno la loro attenzione su alcuni aspetti specifici della nuova evangelizzazione quali il rapporto tra cultura e qualità della fede, “la vita spirituale e l’appartenenza ecclesiale”. Sabato prossimo arriveranno a Vilnius gli addetti stampa e portavoce delle conferenze episcopali per un pomeriggio di lavoro con i segretari sull’organizzazione della comunicazione nelle Conferenze episcopali per “svolgere nel miglior modo – si legge nel comunicato del Ccee - la loro missione di annuncio del Vangelo anche in situazioni difficili”. Sarà presentata anche una prima versione di EuroCathInfo, il Portale dell’informazione istituzionale delle conferenze episcopale in Europa, e dell’Intranet europeo la cui messa online è prevista nei prossimi mesi. Nel corso del loro incontro anche i portavoce si soffermeranno sul tema della nuova evangelizzazione a partire da esperienze già in atto nel continente europeo che testimoniano della “novità” insita nella Chiesa, in particolare “nel mondo del volontariato, delle imprese e dei nuovi media”. Entrambi gli incontri sono a porte chiuse. Al termine dei lavori sarà diffuso un comunicato finale. (A.L.)

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    Appello del Consiglio Ecumenico delle Chiese per la pace in Sud Sudan

    ◊   Nello Stato meridionale del Kordofan, in Sud Sudan, oltre trecento mila persone sono prive di ogni tipo di aiuto e incapaci di sfuggire ai combattimenti in corso tra le truppe governative sudanesi e i membri del gruppo di ex ribelli del sedicente Esercito di liberazione del popolo sudanese (Spla). La violenza - ha spiegato il segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, il reverendo Olav Fykse Tveit – è una “potenziale minaccia per la transizione pacifica e l’indipendenza del Sud Sudan”, che il prossimo 9 luglio diventerà il 54.mo Paese dell’Africa. A scegliere l’indipendenza è stato il 99% dei votanti in occasione del referendum tenutosi lo scorso 9 gennaio in Sud Sudan, a maggioranza cristiana e animista. “Il popolo e le Chiese in Sudan – ha sottolineato Fykse Tveit – si sono impegnate troppo negli ultimi decenni a lavorare per la pace e la cooperazione e non possono accettare adesso di vedere la regione precipitare nuovamente nella violenza. Pace e giustizia – ha proseguito – sono la volontà e il desiderio del popolo del Sudan e tutti dobbiamo contribuire a rendere questo sogno una realtà”. Stati Uniti, Cina, Unione Africana, Unione Europea e Lega Araba hanno avuto un ruolo fondamentale nella mediazione del “Comprehensive Peace Agreement”, l’accordo di pace che ha portato al referendum dello scorso gennaio. A questo prezioso impegno - ricorda l’Osservatore Romano - si sono aggiunti gli sforzi della società civile che hanno coinvolto il Consiglio delle Chiese del Sudan. Di particolare rilievo anche il contributo del Sudan Ecumenical Forum, sostenuto dal Consiglio ecumenico delle Chiese e dalla Conferenza panafricana delle Chiese, che ha svolto un ruolo importante nella sensibilizzazione, in campo internazionale, sui conflitti in Sudan. Il reverendo Eberhard Hitzler, co-presidente del Sudan Ecumenical Forum, si è detto molto preoccupato per la situazione nello Stato del Kordofan e ha lanciato un appello ai leader mondiali e ai governi affinché vengano protetti i civili. “In aggiunta alle uccisioni, ai saccheggi, agli incendi di beni e alle decine di migliaia di persone in fuga – ha concluso Hitzler – la violenza è una grave minaccia per la stabilità tra Nord e Sud Sudan e potrebbe influenza tutta la regione”. (A.L.)

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    Nigeria: il vescovo di Maiduguri denuncia nuove violenze nel nordest del Paese

    ◊   La diocesi di Maiduguri, il cui territorio si estende su due Stati e mezzo del nord-est della Nigeria, si trova da anni al centro di forti tensioni settarie. Mons. Oliver Dashe Doeme, vescovo di Maiduguri, ha inviato all’agenzia Fides la sua testimonianza sugli eventi che hanno colpito la sua diocesi negli ultimi anni. “Fin dal 2006 nella nostra diocesi si sono susseguite una serie di crisi settarie, che hanno provocato l’uccisione dei fedeli, l’incendio di chiese, di abitazioni e di negozi. La setta Boko Haram ha colpito per la prima volta nel 2009. Anche in questo caso si sono avute le stesse vicende di uccisioni, mutilazioni, incendi di chiese, abitazioni e negozi. Questo gruppo ha colpito nel 2010 e nel 2011, facendosi sempre più minaccioso e pericoloso. Anche quest’anno la diocesi ha avuto la sua porzione di atti di terrorismo. Sono iniziati con le violenze post-elettorali, che hanno ridotto in cenere una delle scuole diocesane di secondo grado a Potiskum, in aprile. Il 27 maggio, alla vigilia della cerimonia di giuramento del Capo dello Stato, Goodluck Jonathan, una delle nostre chiese a Damboa, è stata incendiata. Mentre stavamo celebrando la solennità dell’Ascensione, abbiamo subito un attacco dinamitardo, che ha provocato gravi danni alla cattedrale di St.Patrick, dove si trova il Segretariato episcopale. Una potente bomba è stata collocata accanto alla ringhiera della cattedrale, poco distante dalla stanza dove vive un nostro sacerdote. La bomba ha provocato gravi danni agli uffici del Segretariato e solo Dio ha salvato la vita del sacerdote che si trovava nella sua stanza al momento dell’esplosione. Ringraziamo il Signore perché il prete non ha riportato nemmeno un graffio. Cinque giorni dopo, il 7 giugno, è esplosa un’altra bomba, ancora più potente, nascosta in un’automobile parcheggiata nella strada accanto alla ringhiera, dalla parte opposta della prima esplosione. Questa volta la deflagrazione è stata devastante. I sacerdoti presenti sono stati scaraventati a terra. Il tetto del Segretariato è crollato mentre tutte le porte e le finestre sono state divelte. I danni sono notevoli, al punto che occorre ricostruire gli uffici del Segretariato e la casa del parroco”. (R.P.)

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    Congo: leader religiosi chiedono il rilancio dell’accordo di Juba per combattere i ribelli dell'Lra

    ◊   Entrare in una logica di dialogo e trattative, anche attraverso il rilancio del processo del cosiddetto accordo di Juba, proteggere i civili e gli operatori umanitari, formare una brigata regionale ben disciplinata e dotata di adeguati mezzi: sono queste le principali raccomandazioni della Rete regionale e interconfessionale dei leader regionali per la pace (Rrilrp), riunitasi nei giorni scorsi a Kinshasa per una tavola rotonda incentrata sui drammi causati dall’Esercito di resistenza del signore (Lord’s resistence army, Lra), formazione di guerriglieri attiva dal 2008 nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan e nella Repubblica Centrafricana. All’incontro – rende noto l’agenzia Misna – hanno preso parte anche rappresentanti delle diplomazie internazionali e della Missione Onu nella Repubblica Democratica del Congo (Monusco). “Nonostante venticinque anni di intervento militare da parte di eserciti di Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana - ha sottolineato mons. Marcel Utembi Tapa, arcivescovo di Kisangani - l’Esercito di resistenza del signore continua a seminare la desolazione dovunque si trova. E a pagare il prezzo più alto – ha aggiunto il presule - non sono i governanti o i militari, ma i civili, perché la strategia dell’Esercito di resistenza del signore è quella di lanciare rappresaglie contro le popolazioni. È il motivo per il quale – ha osservato il vescovo - i responsabili religiosi chiedono ai governanti di privilegiare il dialogo e la ripresa del processo dell’accordo di Juba”, riferendosi ai negoziati tra il governo ugandese e i ribelli che portarono, nell’agosto del 2006, alla firma a Juba, capitale del Sud Sudan, di un cessate il fuoco. Intesa che però non ha portato alla firma di una pace definitiva. Ricordando che l’Esercito di resistenza del signore è diventato un problema regionale, i leader religiosi hanno sollecitato il coinvolgimento della comunità internazionale, offrendosi come mediatori nelle trattative. I promotori della conferenza, ospitata nei locali della Caritas congolese, hanno anche insistito sui bisogni umanitari delle popolazioni vittime delle violenze, costrette alla fuga dagli attacchi ribelli. (A.L.)

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    Senegal: migliaia di presenze al tradizionale pellegrinaggio mariano di Popenguine

    ◊   Decine di migliaia di fedeli cattolici del Senegal e dei Paesi vicini hanno partecipato, ieri, alla 123.ma edizione del pellegrinaggio mariano presso il Santuario di Popenguine, intitolato a “Nostra Signora della Liberazione”. A presiedere la Santa Messa, è stata la diocesi di Nouakchott, in Mauritania, rappresentata dal suo vescovo, mons. Martin Albert Happe. Nella sua omelia, il presule ha ribadito l’importanza del perdono e del dialogo tra i popoli, deplorando i principali mali dell’Africa, come la povertà, le malattie, i conflitti armati e la difficile situazione dei rifugiati. Mons. Happe ha poi invitato i fedeli a meditare sul tema della “riconciliazione, giustizia e pace”, soprattutto dopo aver visto che in Africa “i rifugiati vivono in condizioni disastrose; nelle città e nei villaggi c’è una povertà è scandalosa; la popolazione è affetta da malattie di ogni genere; le calamità naturali hanno conseguenze incalcolabili sugli abitanti e numerosi sono i conflitti armati in corso”. Per questo, ha insistito il presule, “bisogna cercare di rivedere il nostro stile di vita”, perché, “malgrado i progressi della scienza e della tecnologia”, molte persone “continuano a soffrire”, soprattutto a causa delle decisioni di alcuni governanti “che non tengono conto del bene comune”. “L’Africa non è stata abbandonata – ha detto mons. Happe – ma è nelle nostre mani e tutto ciò che chiede è uno spazio in cui rifiorire”. Infine, il presule ha invitato tutti i cristiani a meditare sul Nuovo Testamento, il cui messaggio è alla base “di una giustizia e di una riconciliazione migliore e di una pace vera”. Istituito nel 1888, su iniziativa di mons. Mathurin Picarda, all’epoca vicario apostolico di Senegambia, il pellegrinaggio di Popenguine rappresenta oggi anche un importante momento di dialogo interreligioso, poiché ad esso partecipano anche molti musulmani. (I.P.)

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    Terra Santa: alla Messa di Pentecoste il patriarca Twal auspica la comunione interreligiosa

    ◊   Lo Spirito Santo possa ispirare “un linguaggio comune capace di condurre alla pace”: è questa la preghiera che il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal ha formulato domenica alla Messa di Pentecoste celebrata al Cenacolo, sulla collina di Sion, a Gerusalemme. Il luogo è quello che la tradizione indica come quello in cui si trovavano riuniti gli apostoli e Maria quando si è verificata la discesa dello Spirito Santo. Oggi vi sorge un’abbazia di benedettini la cui cura pastorale è affidata a religiosi tedeschi. La celebrazione è stata definita dal patriarca un vero concerto di lingue, riferisce il sito lpj.org; sono stati eseguiti canti in gregoriano - sia in latino che in arabo - mentre la Scritture e le preghiere sono state lette in inglese, francese e tedesco. “La parola di Dio raggiunge ogni uomo nella propria lingua, nella propria cultura e nelle proprie tradizioni – ha detto il patriarca nella sua omelia – come segno di questa universalità della salvezza, dovuta al sangue di Gesù Cristo, la Chiesa vuole raggiungere ogni uomo nella propria lingua”. A fronte della diversità di idiomi attraverso i quali viene fatta conoscere la Parola di Dio, il patriarca latino di Gerusalemme ha ricordato che la carità ha invece un linguaggio universale e che nella Chiesa di Gerusalemme essa non ha frontiere. Ricordando poi che gli abitanti della Terra Santa sono per lo più musulmani ed ebrei, il patriarca ha aggiunto che c’è bisogno di comunione “con i nostri fratelli delle altre religioni”. “Il Sinodo – ha proseguito – ha ricordato il carattere urgente di un dialogo profondo, ecumenico ed interreligioso, con tutti i figli di Abramo”. (T.C.)

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    Onu: nei Territori palestinesi si demoliscono case e futuro

    ◊   Demolizioni e sfratti imposti da Israele nei Territori Palestinesi hanno spinto alla fuga, con le loro famiglie, 67 bambini palestinesi nel solo mese di maggio, un record dall’inizio dell’anno. E’ quanto emerge da un rapporto mensile pubblicato dall’Agenzia Onu per il Soccorso e l’Occupazione dei profughi palestinesi (Unrwa) riportato dall'agenzia Misna. Tra i 67 bambini, 64 sono della Cisgiordania e tre di Gerusalemme Est. “Ai palestinesi non viene quasi mai rilasciato un permesso di costruzione, pertanto se vogliono costruire lo devono fare illegalmente”. “Vengono umiliati, quando intervengono le autorità israeliane per distruggere le loro case, o quando sono costretti a farlo”. “Spesso i bambini assistono a queste scene – sottolinea Christopher Gunness, portavoce dell’Unrwa – e vedono, insieme alle loro case, distrutto anche il loro futuro”. Nel mese di maggio in Cisgiordania 304 persone (adulti e bambini) sono state costrette a sfollare. “Il diritto internazionale prevede il rispetto dei diritti umani, come il diritto a un alloggio, alla sanità, all’acqua, all’istruzione. L’Unrwa – spiega Gunness le cui parole sono state riprese dalla Misna - chiede a Israele di rispettare questo diritto”. Nel rapporto si sottolinea anche che alla fine del 2010, il tasso di disoccupazione nella Striscia di Gaza era salito al 45,2%, tra i più alti al mondo. Disoccupazione, abbassamento degli stipendi e del volume degli affari sono la diretta conseguenza, denuncia ancora l’Unrwa, dell’embargo imposto da Israele dal 2006, anno della cattura del soldato israeliano Gilad Shalit e della vittoria di Hamas alle elezioni locali. (A.L.)

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    Turchia: un avvocato cristiano eletto in parlamento

    ◊   L’impegno è di essere “una voce delle comunità cristiane in Turchia sulla scena politica, ma anche di tutta l’area del Sudest del paese”. E’ quanto ha assicurato il cristiano siriaco 47.enne, l’avvocato Erol Dora, eletto nel Parlamento dopo le elezioni dello scorso 12 giugno. Dora è stato eletto nella regione del Sudest, a Mardin, come candidato indipendente nelle file del partito “Lavoro, Democrazia e Libertà”, sostenuto dal partito curdo “Partito per la Pace e la Democrazia”. L’avvocato cristiano – riferisce l’agenzia Fides - ha sottolineato che la sua elezione rappresenta un passo avanti per il Paese in quanto “in passato le minoranze erano considerate straniere”. La Turchia, ha aggiunto, si sta muovendo verso un’idea in cui “si allarga il concetto di cittadinanza, in senso maggiormente inclusivo, anche ai gruppi etnici e culturali non turchi”. L’auspicio è che tutte le altre componenti minoritarie della società – siriaci, armeni, ebrei – possano impegnarsi in politica: “Sarebbe segno che i diritti sono garantiti a tutti”, ha spiegato Dora, “e ciò potrebbe contribuire a migliorare la Turchia”. “L’elezione dell’avvocato Dora – sottolinea padre Lorenzo Piretto, vicario delegato del vicariato apostolico di Istanbul - è davvero un buon segnale per il Paese. Dora è noto perché, da avvocato, spesso difende i cristiani implicati in processi ed è un punto di riferimento per la difesa dei loro diritti. Vi sono altri cristiani presenti nei consigli comunali ma un cristiano nel Parlamento nazionale – aggiunge padre Piretto - non si vedeva da parecchi decenni”. Il partito dell’Akp che ha vinto le elezioni – osserva - ha dato in passato “buoni segni di apertura: il nodo fondamentale è il riconoscimento della personalità giuridica alle comunità religiose. Un esempio positivo è stato, di recente, la restituzione dell’orfanotrofio di Buyukada al Patriarcato ecumenico di Istanbul, ma vi sono ancora molte questioni aperte. La comunità cristiana in Turchia, a un anno dall’assassinio di mons. Luigi Padovese - conclude padre Piretto - “continua a vivere la sua esperienza, lavorando soprattutto nel dialogo fraterno, nella speranza che quell’evento tragico porti frutti spirituali e concreti, nel campo del rispetto e della stima fra credenti di religioni diverse”. (A.L.)

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    I vescovi del Brasile: la violenza non dà tregua, serve uno sviluppo sostenibile

    ◊   In questo momento storico, la violenza è “una delle grandi preoccupazioni nello scenario nazionale del Brasile e specialmente dello Stato del Pará”. Essa si riflette nel pubblico e nel privato contaminando le sfere sociali, economiche e culturali. Nonostante siano in atto “passi concreti da parte delle istituzioni, la violenza dai mille volti non dà tregua”. Lo sottolineano i presuli della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb) della Regional Norte 2 (Pará e Ampá), i quali hanno preso parte a una riunione con le istituzioni per monitorare la situazione di violenza rurale, che, anche negli ultimi giorni, ha insanguinato con diversi crimini il nord del Paese. All’incontro ha partecipato una delegazione del governo federale, guidata da ministro Maria del Rosario, segreteria speciale della presidenza per i diritti umani, e José Eduardo Cardozo, ministro della giustizia. I presuli e i rappresentanti della Commissione pastorale per la terra (cpt) hanno consegnato una lettera indirizzata al presidente del Brasile Dilma Rousseff, nella quale evidenziano che la violenza ha varie dimensioni e deve essere affrontata ricercando “soluzioni efficaci e condivise”. “Negli ultimi anni — evidenziano i presuli — la nostra regione vive il conflitto tra due diversi modelli di sviluppo”. Il primo si chiama sviluppo predatorio, aggressivo dell’ambiente e delle biodiversità, il secondo socio-ambientalista. Quest’ultimo può innescare positivi dinamismi per generare occupazione e reddito, restituendo per esempio diritti e dignità ai contadini dell’Amazzonia. “Alla luce della dottrina sociale della Chiesa — si legge nella lettera ripresa da L'Osservatore Romano — la cura dell’ambiente è essenziale per qualsiasi progetto di sviluppo economico sociale. Occorre vincere la tentazione dell’egoismo, della divisione, degli interessi che sovvertono la gerarchia dei valori e mortificano la giustizia e la solidarietà”. I presuli ricordano anche “l’eroico lavoro di ‘missionari’, vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose, laici e leader di comunità, ambientalisti che si impegnano per le popolazioni indigene, per i poveri e gli esclusi. Questi agenti pastorali operano in situazioni di vulnerabilità, patiscono minacce e violenze insieme con coloro che proteggono e accolgono. Sono esposti a minacce di morte, velate o esplicite, da parte della criminalità organizzata legata, purtroppo, al potere economico e politico”. Da parte sua, il ministro Maria del Rosario ha assicurato che il governo federale “sta lavorando contro ogni forma di violenza. Vivere in sicurezza — ha detto — è un diritto fondamentale, un diritto democratico inalienabile”. (A.L.)

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    Panama: per mons. Ulloa Mendieta il lavoro minorile è una "distorsione sociale"

    ◊   Nel contesto delle celebrazioni della Giornata mondiale contro il lavoro minorile, di domenica scorsa, l'arcivescovo di Panama, mons. José Domingo Ulloa Mendieta, ha criticato gli alti livelli di corruzione in cui vive la nazione centroamericana e ha invitato il governo di Ricardo Martinelli a sradicare il lavoro minorile, perché è una "distorsione sociale" che colpisce migliaia di bambini. "C'è stata, c'è e ci sarà corruzione finché esistono dei complici, e noi siamo complici se la consideriamo come qualcosa di naturale, come sola furbizia e nulla di più", ha detto l'arcivescovo nell'omelia della Messa di domenica scorsa nella città di Panama. Mons. Ulloa ha lamentato che a Panama 60.700 tra bambini e adolescenti stanno lavorando come adulti e sono sfruttati senza che lo Stato garantisca i loro diritti e provveda alla loro istruzione: "hanno il diritto di godersi la loro infanzia e di formarsi, bisogna dargli una possibilità. E' il momento che i genitori, lo stato, le organizzazioni della società civile, si mettano d'accordo per eliminare questa distorsione sociale nel nostro Paese" ha proseguito mons. Ulloa. Secondo i dati pubblicati dalla stampa locale e ripresi dall'agenzia Fides, il Segretariato nazionale per i Bambini, Giovani e Famiglia di Panama, presenta come dato ufficiale 60.702 bambini e adolescenti tra 5 e 17 anni che lavorano nelle zone rurali e urbane del Paese, senza alcun tipo di protezione, il che, come denuncia mons. Ulloa, lede i loro diritti fondamentali. L'arcivescovo ha anche esortato le autorità panamensi ad indagare "fino in fondo" sugli scandali di corruzione che hanno coinvolto anche il governo negli ultimi mesi. Questi scandali, denunciati dai partiti dell'opposizione e dalle organizzazioni civili, vedono alcuni funzionari coinvolti nel traffico di droga e di esseri umani. (R.P.)

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    Corea del Sud: cattolici in costante aumento nonostante il calo delle nascite

    ◊   I cattolici sudcoreani sono in costante aumento: anche nel 2010, nonostante una leggera flessione, sono stati infatti celebrati 140.644 nuovi battesimi. E questi portano il numero totale dei fedeli a 5.202.589, che rappresentano il 10,1% della popolazione totale. Il numero dei battesimi fa registrare un leggero calo rispetto agli anni precedenti, imputabile al calo delle nascite. I dati, ripresi dall’agenzia Asianews - sono contenuti nell’annuale Statistica della Chiesa coreana, pubblicata alcuni giorni fa dalla Conferenza episcopale. Il presidente, mons. Pietro Kang U-il, si dice “soddisfatto” delle percentuali ma invita “tutti, non soltanto i vescovi e i sacerdoti, a fare di più per affermare la verità del messaggio cattolico”. Secondo i dati nell’ultimo decennio i battesimi sono stati 980.000: un aumento del 23% rispetto al decennio precedente. Delle 16 diocesi del Paese, la più popolosa è quella di Seoul con 1.417.695 cattolici. Subito dopo vengono Suwon - con 767.398 fedeli - e Daegu, con 458.128 cattolici. Per quanto riguarda il clero, la Chiesa ha reso noto che in Corea del Sud sono 4.522 fra sacerdoti e religiose, con 32 vescovi e un cardinale. (A.L.)

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    Cina: il mese del Sacro Cuore vissuto nel segno della carità verso i più piccoli

    ◊   “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”: seguendo l’insegnamento di Gesù, i fedeli della cattedrale dedicata ai Santi Pietro e Paolo della diocesi di Bao Ding, nella provincia dell’He Bei, hanno portato la loro testimonianza di amore ai bambini disabili fisici e mentali dell’Handicapped Children Hospital di Ren Qui durante questo mese dedicato al Sacro Cuore. Secondo quanto riferito all’agenzia Fides, una ventina di persone, rappresentanti la comunità cattolica della cattedrale, guidate dal parroco, si sono recate a far visita ai piccoli portando le offerte raccolte tra i parrocchiani. Non è la prima volta che compiono questo gesto di carità: l’ospedale è una meta consueta per i fedeli di Bao Ding, “perché ai bambini non manchi mai l’amore cristiano”. Durante tutto l’anno questi bambini ricevono sempre le visite dei cattolici cinesi provenienti da tutte le parti del Paese, e anche degli stranieri residenti a Pechino e nell’He Bei. Nel mese del Sacro Cuore hanno ricevuto la visita delle parrocchie della diocesi di Pechino, di Tian Jin e di alcune di Taiwan. L’Handicapped Children Hospital di Ren Qui si trova nella diocesi di Xian Xian e oggi ospita centinaia di bambini disabili mentali e fisici, orfani o che sono stati abbandonati dalla loro famiglia. (A.L.)

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    La Chiesa in Portogallo sulla relazione tra mass media ed evangelizzazione

    ◊   La Chiesa in Portogallo non può permettersi l’errore di prescindere dai mezzi di comunicazione per la sua missione evangelizzatrice. Ma per attuare un’azione lungimirante occorre conoscere e comprendere i diversi fattori sociali, culturali e politici, i rapidi mutamenti nel contesto storico attuale, valutando, per quanto possibile, le carenze spirituali e programmare efficacemente le risorse pastorali. Sono queste alcune sollecitazioni scaturite dalla riflessione di esperti portoghesi di comunicazioni sociali, che hanno analizzato le trasformazioni in atto in relazione all’evangelizzazione, i mass media e il processo di secolarizzazione. “Ripensare la pastorale della Chiesa in Portogallo insieme” è infatti il progetto che sta unendo diocesi, congregazioni e movimenti ecclesiali attraverso una discussione che coinvolge migliaia di laici, religiosi e sacerdoti a livello nazionale. Il tema sarà anche al centro della riflessione della Conferenza episcopale del Portogallo che si riunirà a Fátima, fino al 16 giugno 2011, con particolare attenzione alla nuova evangelizzazione. All’incontro in Portogallo – ricorda l’Osservatore Romano - è prevista la partecipazione dell’arcivescovo Salvatore Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Secondo José Cabral d’Aguiar, consulente di comunicazione, la “logica dei media contemporanei, in particolare la televisione, deve costringere la Chiesa a pianificare meglio non solo il linguaggio per comunicare, ma anche attraverso quali mezzi possa essere resa più efficace la sua presenza”. Madalena Abreu, professore di marketing presso l’Istituto Politecnico di Coimbra, sottolinea poi la necessità di cominciare a lavorare sulla definizione di criteri per la comunicazione. La “libertà di parola nella Chiesa” non solo non pregiudica la sua saldezza e unità ma può giovare alla concordia. (A.L.)

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    Veglia di preghiera per Benedetto XVI organizzata dal Movimento per l’Amore familiare

    ◊   I fedeli dell’associazione Famiglia Piccola Chiesa - Movimento dell’Amore familiare, della diocesi di Roma, si uniranno in preghiera per Benedetto XVI e per il suo pontificato, in occasione della veglia serale che si terrà in piazza San Pietro, venerdì 17 giugno, presieduta dal cardinale vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, Angelo Comastri. Si tratta di un’iniziativa che — sottolinea lo stesso porporato — “lega da molti anni le associazioni delle famiglie che pregano per il Papa perché capiscono che è il difensore della famiglia e offre indicazioni preziose per vivere l’amore vero e per rendere la famiglia una scuola per i propri figli”. Il cardinale, al riguardo, aggiunge un ricordo della beata Madre Teresa di Calcutta: “Madre Teresa di Calcutta, parlando della famiglia, diceva che non vi era regalo più bello che i genitori possono fare ai figli se non quello di dare loro una famiglia unita”. L’associazione – ricorda l’Osservatore Romano - si caratterizza come opera di evangelizzazione e di missione. La veglia, osserva ancora il fondatore dell’associazione, don Stefano Tardani, “è il dono di un laicato attento, sensibile e maturo, che accompagna il Papa e che vede in lui un punto di riferimento, perché entra con semplicità e profondità nei problemi e nelle situazioni più difficili e svela a tutti quella verità indispensabile alla vita e al bene di tutta l’umanità”. (A.L.)

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    Genova: la statua di Sant’Antonio riposta nei fondali davanti a Boccadasse

    ◊   Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, ha assistito ieri sera, nell’ambito delle celebrazioni per la Festa di Sant’Antonio, all’immersione della piccola statua bronzea del santo davanti alla spiaggia di Boccadasse. Il porporato a bordo di una tipica imbarcazione dei pescatori ha impartito la benedizione ai numerosi presenti. A riportare la statua del Santo nei fondali davanti alla chiesa di Sant’Antonio, a sette metri di profondità, è stato un gruppo di subacquei. All’inizio di giugno la statua bronzea viene recuperata e ripulita per poi essere ricollocata sul fondale in occasione della Festa di Sant’Antonio. (A.L.)

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    Centro Alfredo Rampi: 30 anni nel segno della prevenzione

    ◊   “Mi ricordo un commento di don Tonino Bello. Diceva che esistono i buoni samaritani del giorno prima, ovvero quelli che si dedicano alla prevenzione. Poi ci sono quelli del presente che svolgono un primo soccorso. E infine, ricordava, ci sono quelli del giorno dopo che riflettono su dove hanno mancato nel prestare aiuto: questi ultimi rispecchiano la vostra associazione”. Con queste parole mons. Giuseppe Marciante, vescovo ausiliare per il Settore est della diocesi di Roma, ha ricordato l’opera del Centro Alfredo Rampi, onlus che il 3 giugno scorso è stata insignita dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di una medaglia d’onore “per i 30 anni di attività nel settore della prevenzione ed educazione ai rischi ambientali”. Il vescovo – rende noto il settimanale diocesano RomaSette - ha benedetto e inaugurato, poi, la manifestazione “Il villaggio della prevenzione e della sicurezza – 30 anni del Centro Alfredo Rampi”, uno spazio in cui sono stati allestiti stand informativi sulle attività del Centro e di alcuni nuclei locali della Protezione civile. Al trentennale dell’associazione ha presenziato, oltre a Franca Rampi fondatrice della onlus e mamma del piccolo Alfredino caduto in un pozzo artesiano a Vermicino nel giugno del 1981, anche il presidente della Regione Lazio Renata Polverini. Hanno ricordato quel drammatico episodio anche Angelo Licheri e Nando Broglio, due volontari che, nel 1981, tanto si adoperarono nel tentativo di salvare Alfredino. “Angelo Licheri è rimasto dentro il pozzo a testa in giù per 47 minuti: ha fatto il massimo, al di sopra di ogni sopportazione umana del dolore, ha rischiato la vita”, ricorda Franca Rampi nel libro “Conosco, imparo, prevengo, soccorro: 30 anni Centro Alfredo Rampi”. “Vorrei sottolineare l’importanza del vigile del fuoco Nando Broglio. Il suo dialogo con mio figlio è stato per me fondamentale: mi ha salvato la vita”, si legge infine nel libro della signora Rampi. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Libia, combattimenti sul terreno mentre cresce l’isolamento internazionale di Gheddafi

    ◊   In Libia, le forze di Muammar Gheddafi hanno lanciato, oggi, alcuni missili oltre il confine con la Tunisia, mentre proseguono i raid della Nato ed infuriano i combattimenti tra le milizie del colonnello e insorti in diverse località del Paese. Intanto, proseguono le pressioni diplomatiche affinché il rais lasci il potere. Il servizio di Marco Guerra:

    Insorti e truppe lealiste continuano a combattere fra le città di Brega e Ajdabiya. Ieri, 21 ribelli sono stati uccisi sulla linea del fronte. L'obiettivo degli insorti è la conquista di Brega, punto strategico sulla strada verso Syrte. Questa città petrolifera dispone, infatti, di una importante raffineria che potrebbe fornire all'est del Paese il carburante indispensabile per produrre l'elettricità. Da una decina di giorni, elicotteri britannici e francesi stanno conducendo attacchi contro le posizioni dei fedeli del colonnello, attorno a Brega. Secondo le stime dei ribelli, 5-6 mila uomini difendono la città. La Nato, intanto, allarga il suo raggio di azione colpendo anche alcune località nel centro del Paese, mentre stamani almeno cinque razzi sparati dall’esercito governativo sono caduti in territorio tunisino. Sul fronte diplomatico, i Paesi dell’alleanza continuano a insistere sulla necessità che Gheddafi rinunci al potere. Ieri, il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha chiesto espressamente ai Paesi africani di esercitare pressioni sul colonnello e di sostenere il Consiglio nazionale di transizione che ha incassato anche il riconoscimento della Germania. Gheddafi non accenna però a fare alcun passo indietro. In un’apparizione televisiva con il presidente della federazione internazionale degli scacchi, il russo Ilyumzhinov, il rais ha detto che “non essendo ne’ re, ne’ presidente, ne’ primo ministro”, non deve rinunciare ad alcuna carica. Dal canto suo il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, garantisce che “la situazione non è in stallo” ma il comandante della marina britannica Stanhope avverte Londra che “se il conflitto dovesse durare per più di altri 90 giorni sarà necessario riesaminare le priorità dell’intervento”.

    Siria, prosegue la repressione del dissenso
    Sono almeno 10 i civili uccisi nel Nord della Siria, dove prosegue l'offensiva dell'esercito contro i ribelli che, nei giorni scorsi, avevano conquistato la città di Jisr Al Shughur. Non cala, intanto, il flusso di profughi verso i campi di accoglienza allestiti in Turchia. Secondo fonti ufficiali di Ankara, il numero dei siriani che hanno trovato rifugio in Turchia per sfuggire alla repressione del regime di Damasco sono 8.538. Dal canto suo, il presidente Bashar al Assad, nel tentativo di placare gli animi, ha annunciato la creazione di una commissione d'inchiesta sul massacro di una ottantina di abitanti di Hama da parte delle forze di sicurezza.

    Libano governo
    In Libano, varato il nuovo governo a guida Hezbollah. Il premier incaricato Najib Miqati ha sciolto la riserva e ha diffuso la lista dei componenti: su 30 ministri, 19 sono esponenti del "Partito di Dio" sciita o suoi alleati. Nessuna posizione radicale dell’esecutivo, ha assicurato il nuovo primo ministro. La coalizione guidata dal premier uscente Saad Hariri, si è rifiutata di far parte del nuovo governo e ora passerà all'opposizione. Intanto, congratulazioni giungono dall’Iran e dalla Siria, principali sostenitori di Hezbollah.

    Egitto, transizione politica
    Quattro mesi dopo la fine dell’era Mubarak, in Egitto la transizione verso un nuovo governo è ancora guidata dal Consiglio delle Forze armate. In previsione delle elezioni legislative e presidenziali dei prossimi mesi, l’opposizione, laica e religiosa, si organizza e fa sentire la propria voce. Davide Maggiore ha chiesto al direttore di "Limes", Lucio Caracciolo, come può essere definita l’attuale situazione del Paese:

    R. - Direi in fase di transizione, con i militari che hanno solidamente il controllo del potere ma con una società in fermento ed un’economia in una situazione sempre più grave. Al momento, si attendono soprattutto le elezioni relative al Parlamento - che si svolgeranno dopo l’estate - che potranno darci un’idea di quello che sarà il futuro, anche politico, di questo Paese.

    D. - Nelle ultime settimane sono stati autorizzati due partiti, legati ai Fratelli Musulmani, ed uno d’ispirazione salafita. Che ruolo può giocare l’islam politico nel futuro dell’Egitto?

    R. - Certamente un ruolo importante. Bisogna poi considerare che all’interno dei "Fratelli Musulmani", che sono sicuramente l’organizzazione politico-sociale più radicata nel territorio egiziano, vi sono formazioni che sostengono posizioni differenti. La nascita di un partito in qualche modo derivato dai "Fratelli Musulmani" dà l’idea di una loro probabile influenza nel futuro. Il movimento salafita, per ora, è numericamente modesto ma se la situazione economico-sociale dovesse degradare ulteriormente, esiste il rischio che assuma un peso anche maggiore.

    D. - Il movimento che ha dato vita alla rivolta di piazza Tahrir ha ancora la possibilità di giocare un ruolo significativo?

    R. - Certamente sì, soprattutto la parte più giovane e moderna di quel movimento e in generale tutta quella gioventù che si sente abbastanza defraudata del suo futuro. E’ per questo che dico che forse, dopo l’atto di gennaio-febbraio, ce ne sarà un secondo e forse anche un terzo.

    D. - Chi parte in vantaggio nella corsa al potere del nuovo Egitto?

    R. - Se per potere, si intende il Parlamento, il quadro è di certo molto slabbrato. Non riesco ad immaginare una forza che possa dotarsi di una maggioranza assoluta. E’ possibile che il partito principale, affiliato ai Fratelli Musulmani, possa conquistare una sorta di maggioranza relativa, com’è anche possibile, invece, che questa quota venga raggiunta da ciò che rimane del partito di Mubarak. Vi sono delle personalità che sono più note in Occidente - come quella di El Baradei - che però non hanno un serio radicamento in Egitto. Una personalità legata al vecchio regime, ma con una sua indipendenza, è quella dell’ex segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa. Le elezioni presidenziali, però, saranno un capitolo successivo. In ogni caso, è chiaro che le forze armate manterranno - a meno di un disfacimento totale dell’Egitto - una parola decisiva. (vv)

    Iraq violenza
    In Iraq, sette persone sono rimaste uccise e 17 ferite stamani nell'attacco suicida di un gruppo di insorti contro la sede del governatorato di Diyala, a Baquba, nel centro del Paese. Lo riferiscono fonti di sicurezza irachene.

    Missione in Africa del segretario di Stato Usa Clinton
    Si è conclusa in anticipo sul previsto la missione africana del segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, a causa delle ceneri eruttate dal vulcano Dubbi al confine tra Eritrea ed Etiopia. Nonostante il frettoloso rientro a Washington la Clinton è riuscita ad intervenire presso l’Unione Africana. Fra i temi affrontati la crisi libica, l’offensiva economica guidata dalla Cina nel continente africano e l’invito a premere su riforme democratiche e di sviluppo. Ad Angelo Turco, docente di geografia dello sviluppo presso l’Università de L’Aquila, Stefano Leszczynski ha chiesto se questa missione sia servita a delineare una nuova politica africana da parte di Washington:

    R. – In questo momento si tratta di un interesse che è duplice. Da una parte si tratta di stringere la morsa attorno a Gheddafi perché la guerra costa, perché si vedono segni di stanchezza, e dall’altra parte si tratta di continuare a lanciare messaggi molto, semplici e francamente inefficaci da parte degli Stati Uniti contro l’offensiva politico-economica del Brics, cioè dell’insieme dei Paesi costituito dal Brasile, dalla Russia dall’India, dalla Cina e dal Sudafrica, in Africa.

    D. – Inoltre, la Clinton ha anche indicato le rivolte africane come un esempio di quello che succede quando si governano male gli Stati. Questo sull’Africa che impatto può avere secondo lei?

    R. - Penso che allo stato attuale non possa avere nessun impatto reale anche perché l’Africa è già fortemente impegnata sul percorso di un rafforzamento della democrazia. Evidentemente, il discorso di Hillary Clinton è un discorso di circostanza o poco più perché in realtà gli Stati Uniti non stanno praticando una vera politica africana, anzi mancano del tutto di una politica africana in questa fase della loro storia, ed è alquanto paradossale che durante il mandato del primo presidente afroamericano, che tante speranze aveva destato anche in Africa, gli Stati Uniti siano privi di una politica africana o di qualcosa che possa dirsi una politica africana.

    D. – Anche l’Europa sembra vagare un po’ nella nebbia per quanto riguarda una precisa politica africana?

    R. – L’Europa in questo momento, intanto, non è in grado di parlare all’Africa, neanche al Nordafrica, con una sola ed unica voce che sarebbe quella europea. Quando lo fa, lo fa accodandosi a iniziative terze e, occorre constatare, battendo la pista della politica muscolare e addirittura militare.

    Sudan
    Il Nord e Sud Sudan hanno trovato un’intesa per smilitarizzare la regione contesa di Abyei e dispiegare nell'area truppe etiopiche di mantenimento della pace. Lo ha reso noto una fonte dell'Unione Africana. Intanto, il prossimo 9 luglio verrà proclamata ufficialmente la nascita del nuovo Stato del Sud Sudan e in vista della secessione si sono acuite le tensioni.

    Usa, primarie dei repubblicani
    Si è svolto ieri il primo dibattito pubblico tra i sette aspiranti candidati repubblicani alle presidenziali Usa del 2012, fra i quali appare Michele Bachmann, esponente del movimento conservatore del tTea party. Secondo molti analisti, i candidati hanno preferito mettere a fuoco le debolezze del presidente Obama piuttosto che sfidarsi per la leadership.

    Giappone
    L'energia nucleare ''continuerà" a essere uno dei quattro pilastri della politica energetica del Giappone': lo ha detto il ministro dell'Industria nipponico, Banri Kaieda, commentando proprio il risultato del referendum italiano che ha bocciato il ritorno dell'energia atomica. Kaieda ha poi ricordato che l'energia nucleare è ''uno dei quattro importanti pilastri energetici come ha detto di recente anche il premier Naoto Kan nell'ambito del G8''.

    Grecia, scioperi
    Domani la Grecia si fermerà ancora una volta per lo sciopero generale proclamato dai due più importanti sindacati ellenici, contro le politiche di austerity. Intanto, l’ultimo declassamento sul debito pubblico arriva dall’agenzia Standard&Poor’s che, dichiara Atene, ignora gli aiuti dell’Ue e del Fmi e la “volontà di tutti i greci di progettare il loro futuro all’interno della zona euro”. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 165

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.