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Sommario del 29/01/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI alla comunità del Pontificio Collegio Etiopico: siete un segno di speranza per la Chiesa dei vostri Paesi
  • Videomessaggio del Papa alla Pontificia Università "Santo Tomas" di Manila: ruolo fondamentale per radicare il Vangelo in Asia
  • Nomine
  • Messaggio di mons. Zimowski per la 58.ma Giornata mondiale di lotta alla lebbra
  • Quale unità?: editoriale di padre Federico Lombardi
  • Quattro studiosi insigniti dell'"Erice Prize" dalla Pontificia Accademia delle Scienze per il loro impegno a servizio della pace
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nuove proteste antigovernative in Egitto: almeno 90 morti. Obama chiede a Mubarak di rispettare i diritti dei cittadini
  • Ad Algeri la plenaria dei vescovi nordafricani. Mons. Landel: la crisi nell'area è uno sviluppo della società musulmana
  • Oggi nelle piazze italiane le arance per la lotta contro il cancro
  • Un sorriso per i piccoli malati di cancro: l'iniziativa della Fondazione "Theodora"
  • Il commento del teologo padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Colombia: altri due giovani sacerdoti assassinati a Bogotà
  • Allarme Caritas: è ancora emergenza in Pakistan a sei mesi dalle alluvioni
  • Iraq, Commissione governativa: le violenze anticristiane sono “crimini contro l’umanità”
  • Spagna: i vescovi chiedono al governo di unirsi all'Ue per fermare le violenze anticristiane
  • Usa: richiamo dei vescovi sui diritti degli immigrati e unità delle famiglie
  • Plenaria dei vescovi sudafricani: l'efficacia della Dottrina sociale della Chiesa
  • Le conclusioni del IV Incontro continentale del Fiac per l’Africa occidentale
  • Irlanda: conclusa la visita apostolica del cardinale Murphy-O'Connor
  • Guatemala: lettera pastorale dei vescovi sullo sviluppo umano
  • Congo. Medici Senza Frontiere: “Civili schiacciati dall’aumento della violenza”
  • Sri Lanka: leader religiosi condannano l’attacco al tempio buddhista Maha Bodhi
  • L’arcivescovo di Manila: “Rispettare la vita nelle politiche familiari e nella società”
  • Nepal: a Kathmandu "sì" ai cimiteri cristiani e musulmani. Protestano gli indù
  • Russia: auguri del Patriarca ortodosso Kirill al nunzio uscente, mons. Mennini
  • Australia: domani la celebrazione della "Red Mass" sui valori della giustizia
  • Perù: il cardinale Cipriani inaugura il nuovo canale televisivo cattolico Rpp Tv
  • Libano: forte esperienza di fraternità dei giovani sacerdoti alla sessione di formazione permanente
  • Namibia: le Chiese chiedono di reintrodurre l’insegnamento della Bibbia nelle scuole
  • I leader anglicani a Dublino cercano intese attraverso l'impegno sociale
  • Terra Santa: i Francescani della Custodia preparano un nuovo sito
  • 24 Ore nel Mondo

  • Torna la calma in Tunisia dopo le proteste seguite al rimpasto di governo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI alla comunità del Pontificio Collegio Etiopico: siete un segno di speranza per la Chiesa dei vostri Paesi

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto, stamani in udienza, la comunità del Pontificio Collegio Etiopico in Vaticano, in occasione del 150.mo della morte del loro patrono, San Giustino De Jacobis. Il Papa ha ricordato questa figura luminosa di evangelizzatore esortando sacerdoti e seminaristi ad essere segno di speranza per la Chiesa e a contribuire alla pacifica convivenza delle nazioni etiope ed eritrea. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Camminate con decisione sulla strada della santità”: è l’esortazione di Benedetto XVI ai sacerdoti e seminaristi del Pontificio Collegio Etiopico. Un’istituzione, ha sottolineato, che è “segno degli antichi e profondi legami di comunione che uniscono la Chiesa in Etiopia ed in Eritrea alla Sede Apostolica”:

    “Voi siete un segno di speranza, specialmente per la Chiesa nei vostri Paesi di origine. Sono certo che l’esperienza di comunione vissuta qui a Roma vi aiuterà anche a portare un prezioso contributo alla crescita e alla pacifica convivenza delle vostre amate nazioni”.

    Il Papa ha ricordato la luminosa figura di San Giustino De Jacobis, patrono del Collegio etiope, che dedicò tutta la sua vita al servizio del popolo abissino, e in particolare alla formazione di preti etiopi:

    "Giustino intuì con lungimiranza che l’attenzione al contesto culturale doveva essere una via privilegiata sulla quale la grazia del Signore avrebbe formato nuove generazioni di cristiani. Imparando la lingua locale e favorendo la plurisecolare tradizione liturgica del rito proprio di quelle comunità, egli si adoperò anche per un’efficace opera ecumenica”.

    Si è così soffermato sull’attività del Pontificio Collegio che sostiene i seminaristi “nel loro impegno di preparazione teologica, spirituale e pastorale”. Ha esortato i sacerdoti formati a Roma a “suscitare in ciascuno l’amore a Dio e alla Chiesa”, una volta rientrati nella comunità d’origine o quando accompagnano i connazionali emigrati all’estero. Seguendo l’esempio di San Giustino, ha soggiunto, sappiate che per voi sacerdoti e seminaristi “è tracciata la via della santità”:

    “La santità si colloca quindi nel cuore stesso del mistero ecclesiale ed è la vocazione a cui tutti siamo chiamati. I Santi non sono un ornamento che riveste la Chiesa dall’esterno, ma sono come i fiori di un albero che rivelano la inesauribile vitalità della linfa che lo percorre”.

    “Nonostante il carattere proprio della vocazione di ciascuno”, ha poi osservato, “non siamo separati tra di noi; siamo invece solidali in comunione all’interno di un unico organismo spirituale”. Cristo, ha detto ancora, ha “conquistato” la nostra vita. E tuttavia, “non sopprime le qualità caratteristiche della persona”. Al contrario, ha concluso il Pontefice, “le eleva, le nobilita e, facendole sue, le chiama a servire il suo mistero e la sua opera”.

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    Videomessaggio del Papa alla Pontificia Università "Santo Tomas" di Manila: ruolo fondamentale per radicare il Vangelo in Asia

    ◊   La gratitudine del Papa per quei sacerdoti, religiosi e laici che “hanno tramandato a generazioni di filippini” la “fede, la conoscenza e la saggezza” che possono essere rintracciate nelle “scienze religiose e secolari”. Si esprime così Benedetto XVI nel videomessaggio inviato ai docenti, studenti ed ex alunni della Pontificia Università “Santo Tomas” di Manila, nelle Filippine, che ieri hanno solennemente celebrato i 400 anni di fondazione dell’ateneo, alla presenza dell’inviato pontificio, il cardinale Zenon Grocholewski.

    Come sapete, ricorda Benedetto XVI, “l'Università di Santo Tomas è il più antico istituto di istruzione superiore cattolica in Estremo Oriente e continua a svolgere un ruolo molto importante nella Chiesa in tutta la regione. Tenendo presente, prosegue il Papa, che “la fede e la ragione sono sempre parte di un approccio realmente integrato” per ciò che concerne l'istruzione, “confido che la vostra Università – conclude – continuerà a contribuire alla formazione intellettuale, spirituale e di arricchimento culturale delle Filippine e non solo”. (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Nomine

    ◊   In Spagna, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Tarazona padre Eusebio Hernández Sola, dell’Ordine degli Agostiniani Recolletti, capo ufficio della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Il neo presule ha 66 anni e ha compiuto gli studi secondari e filosofici presso il Collegio dell’Ordine in Fuenterrabía (Guipuzcoa). Ha continuato gli studi teologici a Marcilla (Navarra), dove più tardi è stato ordinato sacerdote. Ha ottenuto la Licenza in Diritto Canonico presso la Pontificia Università di Comillas e quella in Diritto Civile presso l’Università Complutense di Madrid. Dopo esser stato un anno professore di Diritto Canonico nel Teologato Agostiniano di Marcilla, dal 1974 ad oggi ha lavorato al servizio della Santa Sede nella Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.

    Il Papa ha nominato membri del Consiglio di cardinali e vescovi della Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato i cardinali: Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, in Ungheria, Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, Fortunato Baldelli, penitenziere maggiore, Raymond Leo Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

    Il Pontefice ha adottato le seguenti decisioni concernenti il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti: ha nominato membri il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia; nonché i monsignori: Cyril Vasil', S.I., arcivescovo tit. di Tolemaide di Libia, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali; Antoine Audo, S.I., vescovo di Alep dei Caldei (Siria); John Charles Wester, Vescovo di Salt Lake City (U.S.A.); Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro (Italia); Guerino Di Tora, vescovo tit. di Zuria, ausiliare di Roma.
    Inoltre, Benedetto XVI ha nominato consultori i reverendi: mons. Jacques Harel, consulente nazionale per l'Apostolato del Mare (Mauritius); padre Maurizio Pettenà, C.S., direttore dell'Ufficio Migranti della Conferenza episcopale australiana; il prof. Paolo Morozzo della Rocca, docente presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Urbino (Italia); il dott. Christopher Hein, direttore del "Consiglio Italiano per i Rifugiati", Roma; Prof.ssa Laura Zanfrini, docente presso la Facoltà di Sociologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano.

    Il Papa ha nominato difensore del Vincolo Sostituto del Tribunale della Rota Romana mons. Robert Gołębiowski, finora notaio del medesimo Tribunale.

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    Messaggio di mons. Zimowski per la 58.ma Giornata mondiale di lotta alla lebbra

    ◊   “Unire i nostri sforzi per esprimere meglio la Giustizia e l’Amore verso i malati di lebbra”. E’ questo il titolo del Messaggio dell’arcivescovo Zigmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, in occasione della 58.ma Giornata mondiale di lotta alla lebbra che ricorre domani, 30 gennaio. Dal presule l’esortazione a rafforzare l’impegno per assicurare alle persone affette dal morbo di Hansen una diagnosi tempestiva e la possibilità di accesso alle cure, in vista di un auspicato reinserimento sociale e lavorativo. Il servizio di Claudia Di Lorenzi:

    La priorità è assicurare ai malati di lebbra la possibilità di una diagnosi precoce e dell’accesso alle cure e ai servizi sanitari, favorendo il reinserimento sociale e lavorativo delle persone guarite ma ormai mutilate, anche attraverso una diffusa e capillare azione educativa presso le comunità di appartenenza, per allontanare il pregiudizio e favorire l’accoglienza. Nel suo messaggio per la 58.ma Giornata mondiale di lotta alla lebbra l’arcivescovo Zimowski richiama l’attenzione sulla condizione delle milioni di persone affette nel mondo dal morbo di Hansen, una patologia la cui carica letale è stata ridotta da efficaci terapie farmacologiche ma che “continua a provocare sofferenza, menomazioni ed esclusione sociale”.

    Proprio evidenziando questa condizione di emarginazione quasi insanabile, il presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari ha ricordato il messaggio del Papa in occasione della XXV Conferenza Internazionale del dicastero vaticano, nel novembre scorso, intitolata “Caritas in Veritate. Per una cura della salute equa ed umana”. Per l’occasione il Santo Padre osservava come “nella nostra epoca si assista da una parte ad un’attenzione alla salute che rischia di trasformarsi in consumismo farmacologico, medico e chirurgico, diventando quasi un culto per il corpo, e dall’altra parte, alla difficoltà di milioni di persone ad accedere a condizioni di sussistenza minimali e a farmaci indispensabili per curarsi”. Un divario intollerabile, che richiama l’urgenza di una distribuzione più equa delle risorse di cura: “Anche nel campo della salute – ha sottolineato mons. Zimowski citando ancora il Papa – è dunque importante instaurare una vera giustizia distributiva che garantisca a tutti, sulla base dei bisogni oggettivi, cure adeguate”. In effetti, affinché non diventi disumano, “il mondo della salute non può sottrarsi alle regole morali che devono governarlo”, piuttosto deve accogliere l’uomo riconoscendo in esso l’immagine divina, che “fonda l’altissima dignità di ogni persona e suscita in ciascuno l’esigenza del rispetto, della cura e del servizio”.

    Alla vigilia della Giornata dedicata alla lotta alla lebbra, il presule ha inteso infine ricordare il contributo dei molti che nella Chiesa hanno speso la propria vita a sostegno delle vittime del morbo di Hansen: dal cardinale canadese, Paul Emile Leger, al sacerdote belga, San Damien de Veuster, al Beato polacco, Jan Beyzym, ai missionari che nel mondo gestiscono oltre 500 lebbrosari. Un grazie infine alla Fondazione Raul Follerau e a tutti gli operatori della salute, della società, della politica e dell’informazione impegnati a sostegno dei malati di lebbra.

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    Quale unità?: editoriale di padre Federico Lombardi

    ◊   Con la celebrazione dei Secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, presieduti dal Papa lunedì scorso nella Basilica di San Paolo fuori le Mura si è conclusa la Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani. Proprio sull'importanza dell'ecumenismo si sofferma il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    “La ricerca del ristabilimento dell’unità fra i cristiani divisi non può ridursi ad un riconoscimento delle reciproche differenze e al conseguimento di una pacifica convivenza”. Queste parole del Papa durante i Vespri del 25 gennaio nella Basilica di San Paolo suonano come un monito forte.

    Quante volte, di fronte alle difficoltà del confronto o del dialogo, ci ritiriamo sulle nostre posizioni e ci accontentiamo di evitare le tensioni, riconoscendo cortesemente le distanze reciproche, ma rinunciando a esporci a passi più impegnativi, sentiti forse come rischiosi per le abitudini o le sicurezze acquisite. Una cultura della tolleranza e del pluralismo rende naturale questo atteggiamento, che molte volte si presenta come il più realistico e saggio. Ma è proprio così?

    L’unità è un’altra cosa. Il Papa continua: “Ciò a cui aneliamo è quell’unità per cui Cristo stesso ha pregato e che per sua natura si manifesta nella comunione della fede, dei sacramenti, del ministero”. Di fronte alla “tentazione della rassegnazione e del pessimismo” Papa Benedetto ci invita a ravvivare “la fiducia nella potenza dello Spirito Santo” e a “proseguire con passione il cammino”. San Paolo cade da cavallo quando incontra Gesù, e la sua vita cambia. Conversione. Che cosa vuole Cristo da noi? Non certo che restiamo al punto in cui siamo. Se no i nostri incontri ecumenici resteranno belle scenografie, e saranno specchio di un passato di divisioni più che germe di futuro e di più credibile testimonianza della presenza dello Spirito di Dio. Uno Spirito a cui dobbiamo fare più spazio nel nostro mondo attraversato dall’odio. Con il realismo dell’amore.

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    Quattro studiosi insigniti dell'"Erice Prize" dalla Pontificia Accademia delle Scienze per il loro impegno a servizio della pace

    ◊   Si è svolta oggi nella suggestiva cornice della Casina Pio IV, che nei Giardini vaticani ospita la Pontificia accademia delle Scienze, la consegna del premio "Erice Scienza per la Pace 2009". All’inizio della cerimonia anche il messaggio di saluto di molte autorità italiane, tra le quali il ministro degli Esteri, Franco Frattini, quello della Difesa, Ignazio La Russa, e dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, che ha sottolineato l’importanza di scienza e ricerca come straordinario volano per lo sviluppo della società e il miglioramento della vita. A seguire l'avvenimento, Cecilia Seppia:

    Werner Arber, il pioniere dell’ingegneria genetica, per le scoperte nel campo della microbiologia, e Yuan T. Lee per il suo contributo alla comprensione dei processi chimici elementari. E poi due fisici: Gerardu’s Hoof per gli studi sulla struttura quantica, e Samuel Ting per le sue ricerche sulle particelle elementari. Sono loro gli scienziati che oggi hanno ricevuto il premio "Ettore Majorana-Erice, Scienza per la pace 2009". Quattro illustri personalità, tutti già Premio Nobel, che si sono distinti per aver promosso nel mondo i valori di una Scienza, pura, libera senza frontiere, in grado di superare le barriere ideologiche, politiche e razziali, come sottolinea Antonio Zichichi, presidente della World Federation of Scientist:

    “Noi siamo dove siamo, con il livello più alto di vita media e il più alto tono di vita dei Paesi industrializzati, grazie alla scienza. Bisogna far capire ai governi che è possibile superare le 63 emergenze planetarie. Queste emergenze non sono il risultato del progresso scientifico, altrimenti dovremmo smettere di fare scienza: il progresso scientifico nasce come motore dello sviluppo economico e sociale”.

    Solidarietà, sviluppo e libertà ha detto mons. Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, sono le tre direttrici che guidano l’impegno dei nostri scienziati. Sono l’antidoto a quella cultura della violenza, che trova libero sfogo nella proliferazione degli armamenti nucleari. Sentiamo le sue parole:

    “E’ compito di governi, più che di altri, cercare il bene comune e il principale bene comune è la pace. La cosa importante è vedere come gli scienziati cerchino la pace e come la scienza possa collaborare a livello universale. Naturalmente, con la sola verità della scienza non si ottiene la pace: c’è bisogno della religione, c’è bisogno dell’amore".

    Per gli scienziati che hanno aderito al manifesto di Erice promuovere la cultura della pace, cominciando dalle giovani generazioni - ma anche battersi per una progressiva riduzione degli ordigni nucleari e delle spese militari - diventa fondamentale, così come convincere i governi a garantire maggiori investimenti in ricerca e sviluppo. Su questo insiste ancora il prof. Zichichi, convinto che il nemico numero uno della pace nel mondo sia il segreto tecnico scientifico oltre a tutte quelle ideologie nefaste che incitano all’odio e alla prepotenza:

    “La corsa agli armamenti non è finita. Il muro di Berlino è crollato ma la corsa agli armamenti continua. Ecco perché ci dobbiamo battere per una scienza senza segreti e senza frontiere”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo dedicato alla difficile situazione in Egitto, “Mubarak vara un nuovo governo ma non placa le proteste”; di spalla, “Tutta l'Africa di fronte alla crisi nel Maghreb; il vertice dei capi di Stato e di governo ad Addis Abeba” di Pierluigi Natalia. In basso, sempre in prima pagina, un richiamo a “La santità dei sacerdoti segno di speranza per la Chiesa”: il discorso pronunciato dal Papa al Pontificio Collegio Etiopico in Vaticano, pubblicato integralmente nelle pagine del Servizio vaticano.

    Ampio spazio è dedicato, in terza pagina, al duplice attacco suicida nel nordovest del Pakistan e all’attentato che ha causato la morte del vicegovernatore di Kandahar.

    Nelle pagine centrali del giornale, dedicate alla cultura, Francesco Motto riflette sul rapporto tra Don Bosco e l’Italia: la lezione perenne del sacerdote torinese è investire sui giovani perché il domani della società e del Paese è nelle loro mani.

    L’articolo dedicato a Don Bosco è seguito, sempre a pagina 4, da “Satira politica ai tempi di Giorgio IV”, le odi anonime pubblicate da Thonmas Moore su “The Times Journal”.

    A pagina 5 un ricordo di dom Jean Leclercq nel primo centenario della nascita firmato da Inos Biffi: “Il monaco che sapeva far rivivere i testi”. “Aveva l’arte di scrivere bene come i cistercensi del XII secolo”, scrive Biffi; “grazie alla sua genialità e al suo fine gusto letterario, tutta una popolazione monastica è stata riportata alla luce dalla polvere del medioevo”.

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    Oggi in Primo Piano



    Nuove proteste antigovernative in Egitto: almeno 90 morti. Obama chiede a Mubarak di rispettare i diritti dei cittadini

    ◊   Ancora tensioni in Egitto. Migliaia le persone che si sono radunate anche oggi in piazza al Cairo e in altre città, nonostante l’estensione del coprifuoco al pomeriggio. L’esercito avrebbe sparato contro la folla ad Alessandria: una novantina le vittime da martedì, secondo un primo bilancio fornito dai media locali. In mattinata sono arrivate le attese dimissioni dell’esecutivo chieste ieri sera dal presidente Mubarak nel suo discorso alla nazione. El Baradei, l’ex direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia Atomica e leader di uno dei movimenti di opposizione, ha chiesto le dimissioni del capo di Stato egiziano. I “Fratelli musulmani”, invece, hanno invocato una transizione pacifica, mentre l’Unione Africana ha espresso preoccupazione per quanto sta avvenendo. Il sovrano saudita, Abdallah, ha dichiarato solidarietà al leader egiziano; per l’Iran, le proteste in Egitto sono in linea con “un’ondata islamica” che vuole la “giustizia”. Il capo della Casa Bianca, Obama, ha ribadito che gli Stati Uniti sono al fianco del popolo egiziano, esortando il Paese ad impegnarsi per la democrazia. Su questa presa di posizione, Eugenio Bonanata ha intervistato Tiziano Bonazzi, docente di Storia americana all’Università di Bologna:

    R. – La mia preoccupazione è che gli Stati Uniti sono estremamente in ritardo nella loro politica mediorientale. Si trovano di fronte a una serie di leader autocratici che vengono duramente contestati o addirittura rovesciati; leader nei cui confronti si sono comportati in un modo – in certi momenti – quasi servile, purché appoggiassero in termini generali la politica americana. Di conseguenza, tanto chiare sono state le parole di Obama quanto incerta è stata, negli ultimi anni, la politica statunitense nei confronti di questi presidenti e di questi leader autocratici. Non vorrei che fosse un po’ tardi per gli Stati Uniti, per parlare.

    D. – Del resto, l’Egitto rappresenta un Paese chiave soprattutto in questo periodo in cui, oltre alle rivoluzioni che hanno caratterizzato altri Paesi del Nordafrica, c’è anche il Sudan che rappresenta una vera e propria polveriera …

    R. - Senza dubbio sì, e non credo che gli Stati Uniti abbiano sviluppato una politica sufficientemente coerente nell’area. In definitiva, l’antica affermazione di Jeane J. Kirkpatric, che era la rappresentante statunitense all’Onu, inviata da Ronald Reagan, per la quale i dittatori erano sempre buoni purché fossero “i nostri” dittatori, ha continuato a essere la politica statunitense. Non ritengo che si tratti di una politica corretta; forse era una politica abbastanza inevitabile per una grande potenza che deve trovare appoggi ovunque possa e in qualunque modo possa. Insomma, ci troviamo di fronte a uno dei perenni interrogativi della politica internazionale: gli alleati sono quelli che sono, e spesso gli alleati importanti sono anche gli alleati che non si vorrebbero e non si dovrebbero avere.

    D. – Per altri versi, questa presa di posizione di Obama che tende la mano ai giovani rivoluzionari che sono protagonisti della scena in Nordafrica, farà sicuramente discutere i commentatori?

    R. – Sì, senza dubbio! Ritengo che questa sia la parte migliore del discorso di Obama. D’altronde, il presidente Obama ha visto quello che è successo in Tunisia, dove i giovani sono riusciti a rovesciare il governo senza buttarsi nelle braccia dei fondamentalisti: e questa, naturalmente, è la preoccupazione principale degli Stati Uniti, e non solo la loro. Naturalmente, questa non può essere la linea migliore. Probabilmente, potrebbe essere una linea non fortissima in un Paese come l’Egitto che ha apparati di sicurezza estremamente più forti e coesi di quelli che c’erano in Tunisia, però è una linea assolutamente indispensabile. Ritengo che questo appello ai giovani - che vedo estremamente consequenziale al famoso discorso che il presidente Obama fece in rapporto al mondo islamico in Egitto - sia la parte che possa fornire, almeno in termini molto generali, le migliori speranze per tutti noi.

    D. - Il pericolo fondamentalista rischia di contagiare tutto il Nordafrica, fino al Medio Oriente?

    R. – Il pericolo fondamentalista esiste. Dobbiamo però chiederci una cosa: cosa intendiamo per fondamentalismo? Se per fondamentalismo intendiamo che i musulmani intendono restare musulmani, profondamente musulmani, in modi magari per noi anche poco simpatici o poco consoni, bene, a questo ci dobbiamo arrendere. Se noi riteniamo di essere una nazione cristiana e vogliamo continuare a esserlo in modi che probabilmente non sono estremamente simpatici al mondo musulmano, dobbiamo concedere al mondo musulmano lo stesso, identico diritto. Se si va in questa direzione, allora non è fondamentalismo. Il fondamentalismo è quando si arriva a un islam aggressivo, a un islam terroristico, a un islam che intende non tanto creare una cultura propria e portarla avanti, ma attaccare e distruggere la cultura occidentale. (bf)

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    Ad Algeri la plenaria dei vescovi nordafricani. Mons. Landel: la crisi nell'area è uno sviluppo della società musulmana

    ◊   I vescovi dell’Africa del Nord si riuniscono da oggi ad Algeri per la loro assemblea plenaria, sullo sfondo dei disordini politici nel mondo arabo-musulmano. I vescovi, che provengono da Algeria, Libia, Marocco, Mauritania e Tunisia parleranno sicuramente anche delle rivolte popolari contro il governo, e anche del ruolo dei cristiani in queste società: come devono e possono porsi i cristiani nell’area del Maghreb? Romilda Ferrauto, della nostra redazione francese, lo ha chiesto a mons. Vincent Landel, arcivescovo di Rabat, in Marocco e presidente della Conferenza dei vescovi dell’Africa del Nord:

    R. – A partir de tous les événements qui se passent actuellement, on va essayer…
    A partire da quello che sta accadendo attualmente, cercheremo di crearci una visione un po’ più chiara per comprendere meglio le situazioni. Penso in particolare alla Tunisia, dove i vescovi hanno avuto un ruolo di primo piano. Parleremo di tutti questi argomenti e poi valuteremo come porci in quanto cristiani: infatti noi tutti siamo, in pratica, cristiani stranieri ed abbiamo un certo dovere di discrezione nei riguardi del Paese che ci accoglie.

    D. – Qual è il ruolo dei cristiani, in un contesto simile?

    R. – Je dirais que la place des chrétiens elle est nulle: …
    Direi che il ruolo dei cristiani è inesistente: lo straniero non parteciperà alle manifestazioni, non sfilerà dietro ad una bandiera, perché altrimenti sarà costretto a lasciare il Paese. Il ruolo dello straniero è quello di continuare a vivere in spirito di incontro con i nostri amici musulmani, a parlare con loro, ma non a prendere il loro posto per quanto riguarda decisioni di ordine politico o addirittura sociale.

    D. – Se ho capito bene, i cristiani devono rimanere neutrali?

    R. – On les écoute, on leur dit que l’on est avec eux, d’une certaine façon, …
    Li ascoltiamo, li rassicuriamo perché siamo con loro, in un certo senso, ma non possiamo dire loro che siamo da una parte piuttosto che da un’altra. E soprattutto, noi siamo quasi nulla, in questo Paese: se ad esempio consideriamo il Marocco, siamo 25 mila su una popolazione di 35 milioni di persone. Nemmeno una goccia d’acqua nel mare. Oltretutto, siamo cristiani di passaggio. Per quanto riguarda la Tunisia, credo siano pochi ormai, anche tra i preti ed i religiosi, che ricordano i tempi di Bourguiba. Credo esista il dovere di discrezione; per contro, se per una ragione o per l’altra ci verrà richiesta una partecipazione in ambito di accompagnamento o di associazione, risponderemo al momento. Si tratta dello sviluppo di un popolo.

    D. – Non avete paura che l’attuale incertezza possa favorire la presa di potere da parte dei fondamentalisti?

    R. – Le fondamentaliste dont on a peur en Tunisie, qui se trouve a Londres depuis…
    Il fondamentalista del quale si ha paura, in Tunisia, si trova a Londra da vent’anni ed il suo rientro è previsto per domenica. Egli ha detto che non ha nessuna intenzione di creare un governo islamista e mi pare che abbia detto che non intende nemmeno fare parte del governo. Ho la forte impressione, soprattutto quando penso all’Europa, che vi sia un terrore mostruoso nei riguardi dell’islam e che quindi lo si trasformi in fondamentalismo. L’islam è la religione vissuta da uomini e donne.

    D. – Eppure, ci sono attentati terroristici ogni giorno, e questo è un fatto…

    R. – Certains, c’est vrai, peuvent être fondamentalistes et extrémistes, mais c’est…
    E’ vero, alcuni sono fondamentalisti ed estremisti, ma si tratta veramente di una minoranza molto piccola. Credo che sia necessario che in Europa si impari ad accettare il fatto che un musulmano non è il “diavolo”. Smettiamola di avere paura dei fondamentalisti. Quello che è accaduto in Egitto, quello che accade in Iraq … io non potrei dire che si tratti di una faccenda di musulmani contro cristiani: si tratta di una faccenda di piccoli gruppi di musulmani contro cristiani; sono anche morti dei musulmani, e ne muoiono tutti i giorni. Personalmente, ho rapporti molto franchi e molto amichevoli con dei musulmani: sono sicuro che la stessa cosa facciano i miei fratelli in Tunisia, in Algeria. (gf)

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    Oggi nelle piazze italiane le arance per la lotta contro il cancro

    ◊   Tornano oggi nelle piazze italiane “Le Arance della Salute Airc”, Associazione Italiana per la ricerca sul cancro. 20 mila volontari sono impegnati nella giornata odierna per distribuire, con un contributo di 9 euro, arance rosse di Sicilia. Sui cibi da evitare e quelli da preferire per prevenire questa malattia, Eliana Astorri ha intervistato la dott.ssa Anna Villarini, biologa nutrizionista presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano:

    R. - Dobbiamo ridurre fortemente il consumo di alcuni cibi. Ad esempio, dobbiamo ridurre il consumo di carni specialmente le carni rosse; dobbiamo ridurre fortemente il consumo di salumi, il consumo di zuccheri e di farine raffinate, in modo particolare di tutti quei cibi fatti con le farine “0” o “00” e anche le bevande zuccherate. Questi sono gli alimenti che sono un po’ più a rischio e purtroppo alcuni li consumiamo quotidianamente.

    D. – Perché la carne e i salumi ? Cosa contengono che non va?

    R. – Contengono delle sostanze che sono cancerogeni. Ad esempio, i salumi contengono nitriti e nitrati che nel nostro stomaco formano nitrosammine e le nitrosammine sono classificate dallo Iarc, l’agenzia nazionale per la ricerca sul cancro, come cancerogeni di classe 1 a, cioè altamente cancerogeni per lo stomaco e un po’ di meno per l’intestino, ma è ugualmente forte la correlazione. Questo è uno dei motivi per cui addirittura il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro ci dice di evitarli. Ora, “evitarli” è una parola grossa e si può tradurre con “li mangiamo raramente”. L’altro alimento che lo stesso Fondo mondiale per la ricerca sul cancro ci dice di evitare sono le bevande zuccherate e anche in questo caso direi di consumarle raramente. Purtroppo c’è troppo spesso l’abitudine negli italiani di portare a tavola bevande zuccherate durante i pasti, oppure di dare succhi di frutta zuccherati ai bambini. Non sono buone abitudini visto che ci viene detto di evitarle perché tutti questi zuccheri sono correlati a degli innalzamenti dell’insulina nel sangue e l’insulina che si alza nel sangue mette in moto tutta una serie di meccanismi endogeni: cioè, fa produrre al nostro corpo tutta una serie di sostanze che sono correlate ai tumori ma sono correlate anche a malattie cardiovascolari, al diabete e così via. Sia la verdura che la frutta hanno delle sostanze che ci proteggono, quindi quello che la natura ci dà dobbiamo mangiarlo tutto e bene. Dobbiamo diversificare l'alimentazione durante l’anno invece che mangiare sempre pomodori perché li troviamo nel mercato tutto l’anno. Dobbiamo mangiare i pomodori nella loro stagione e nella stagione invernale dobbiamo mangiare le crucifere: i cavoli, i cavolfiori, che sicuramente hanno delle proprietà antitumorali riconosciute da numerosi studi.(bf)

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    Un sorriso per i piccoli malati di cancro: l'iniziativa della Fondazione "Theodora"

    ◊   “Un sorriso per i piccoli malati di cancro”: è la campagna di raccolta fondi della Fondazione "Theodora" per permettere ai clown professionisti chiamati "Dottor Sogni" di far visita agli oltre 8000 bambini ricoverati in diversi ospedali italiani. Fino al 30 gennaio è possibile inviare un sms al 45 502 e donare 2 euro. Donazione che si può fare anche da telefono fisso sempre al 45 502. Al microfono di Anna Rita Cristaino, Daniela Bianchi, direttore della Fondazione, spiega in cosa consiste l’iniziativa:

    R. – E’ nell’esperienza di tutti come il cancro cambi la vita della persona che viene colpita così come la vita delle persone che stanno attorno. Questo capita con un adulto: con un bambino questa cosa è ancora più forte e assolutamente poco accettabile.

    D. – I fondi raccolti saranno destinati a sostenere le visite dei “Dottor Sogni” nei reparti pediatrici di diversi ospedali italiani. Ma chi sono i “Dottor Sogni”?

    R. – Sono dei clown professionisti, degli artisti dotati di grande sensibilità che attraverso una formazione teorica e pratica noi rendiamo dei buoni interlocutori del personale ospedaliero. I “Dottor Sogni” da un lato capiscono che cosa stanno attraversando i bambini, che tipo di malattia, quali sono le terapie, quali sono gli effetti, e nello stesso tempo mettono a disposizione la loro professionalità e la loro capacità artistica per accogliere quelle emozioni di ansia e di paura, oppure quella voglia di continuare a giocare che i bambini hanno.

    D. - In che cosa consiste il loro lavoro con i bambini?

    R. - Visitano settimanalmente oltre 15 ospedali in Italia, in 11 città. Iniziano la loro visita truccandosi in maniera buffa e divertente e poi visitano in maniera personalizzata i bimbi stanza per stanza. Il bimbo non è uno spettatore di un’animazione ma diventa protagonista di un intervento dove attraverso la magia, la fantasia, la stanza o un letto di ospedale possono trasformarsi in una nave e il bimbo essere il capitano e il clown, il “Dottor Sogni”, essere il suo nocchiere. Quindi, potere evadere per alcuni istanti dall’ospedale e dalla situazione di malattia in cui ci si trova.

    D. - Quanto è importante sostenere questa iniziativa?

    R. – E’ importantissimo. La nostra attività si basa proprio sulla generosità di privati e di aziende. Questa campagna Sms permette veramente a tutti di partecipare. E’ sufficiente inviare un Sms da qualsiasi operatore italiano al 45502. Si può fare la stessa cosa chiamando dal telefono di casa e si ha la possibilità di donare due Euro in favore della nostra missione. (bf)

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    Il commento del teologo padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella quarta Domenica del Tempo ordinario, la liturgia propone il passo evangelico in cui il Signore, salito su di un monte, dice alle folle:

    “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati…”

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Questa pagina evangelica è una sfida e uno scandalo: per il linguaggio, per le categorie di persone citate, per la gioia che sprigiona, per l’utopia che richiede. Eppure sono queste Beatitudini la vera magna charta del messaggio cristiano e il profilo dell’identità dei discepoli del Signore. Gesù non ha soltanto fatto queste affermazioni, con tutta la solennità che Matteo ben mette in risalto nel testo; ma egli stesso è vissuto povero e mite, misericordioso e pacifico, perseguitato e difensore dei perseguitati ed emarginati. Per questo non si tratta di proclami morali, di frasi ad effetto, ma di valori tipici e non negoziabili per la comunità cristiana.

    Certo, guardandoci attorno per verificare se questi sono i valori guida oggi, il paradosso di questo testo appare ancor più radicale. Per molti è beato chi è ricco, chi è potente e anche prepotente, chi se la gode la vita e non rinuncia a nulla, chi è famoso, anche a costo di vendersi l’anima e la dignità. E allora cosa fare? Prendere queste Beatitudini come pura illusione per gente senza spina dorsale o senza scrupoli? Oppure seguire Cristo che queste beatitudini le ha vissute, e non solo proclamate? Seguiamo lui, conosceremo che esse conducono alla gioia vera, ad un’autorevolezza che anche nei Santi si è manifestata con tutto lo splendore della fede vissuta. È una sfida che come cristiani dobbiamo accettare e vivere, sempre.

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    Chiesa e Società



    Colombia: altri due giovani sacerdoti assassinati a Bogotà

    ◊   Altri due sacerdoti sono stati uccisi a Bogotà la sera di mercoledì scorso: secondo il comunicato della Conferenza episcopale della Colombia, l’omicidio dei due sacerdoti è avvenuto nel quartiere di Dindalito, che appartiene alla popolosa “Città Kennedy” alla periferia sud della grande capitale della Colombia. I sacerdoti uccisi sono don Rafael Reátiga Rojas, 35 anni, parroco della cattedrale Jesucristo Nuestra Paz, della diocesi di Soacha (suffraganea di Bogotà), e don Richard Armando Piffano Laguado, 37 anni, parroco della chiesa di San Juan de La Cruz, di Ciudad Kennedy. Dal rapporto della polizia si apprende che l'assassino viaggiava nella stessa automobile dei due sacerdoti. Dopo aver sparato alla testa di uno e al petto dell'altro, provocandone la morte all’istante, è sceso dall'auto ed è fuggito. Secondo alcune testimonianze riportate dall'agenzia Fides, qualcuno lo aspettava e lo ha aiutato a fuggire con un altro mezzo. Le autorità sono alla ricerca delle motivazioni del terribile fatto. Secondo le testimonianze delle due comunità parrocchiali, i sacerdoti erano molto affabili e impegnati con la gente, interamente dediti alle loro parrocchie, non avevano problemi con nessuno. Dopo la notizia dell’assassinio, numerosi fedeli si sono riuniti per manifestare contro la violenza che ha causato ancora una volta la morte di due innocenti, che avevano fatto solo il loro dovere di aiutare i più deboli e gli anziani. Il segretario della Conferenza episcopale colombiana, mons. Juan Vicente Córdoba Villota, ha dichiaranto che il motivo dell’omicidio non è stato il furto, e ha ricordato che dal 1984 sono stati assassinati in Colombia 74 sacerdoti, 8 religiosi e 3 seminaristi. Don Reátiga Rojas era l'economo della diocesi di Soacha. Nato il 25 giugno 1975, era stato ordinato sacerdote il primo luglio 2000. Don Piffano Laguado apparteneva alla diocesi di Fontibón. Era nato il 4 febbraio 1974 ed era stato ordinato sacerdote anche lui il primo luglio 2000. (R.P.)

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    Allarme Caritas: è ancora emergenza in Pakistan a sei mesi dalle alluvioni

    ◊   “La situazione è ancora molto grave per migliaia di famiglie. Per la ricostruzione ci vorranno anni. I cristiani e le altre minoranze religiose sono i cittadini che affrontano le maggiori difficoltà per accedere ai fondi”. È la denuncia di padre Bonnie Mendes, sacerdote pakistano e direttore del Dipartimento Asia della Caritas Internationalis, che ha tracciato all’agenzia Fides un bilancio degli interventi di solidarietà a sei mesi dalle alluvioni che hanno colpito il Paese asiatico. “Siamo tuttora in piena emergenza – spiega il direttore - oltre 170mila rifugiati soggiornano nei campi profughi e alcune aree sono ancora coperte dalle acque. Su coloro che sono tornati a casa incombono miseria e malattie; c’è bisogno di assistenza per garantire il sostentamento quotidiano perché le case e le coltivazioni sono distrutte. Urge ricostruire le case dei singoli cittadini e il governo ha scelto la strada di dare un contributo in denaro”. Anche le Nazioni Unite hanno ribadito che “a sei mesi dalla crisi, la situazione è tutt’altro che risolta” mentre un rapporto della Ong internazionale Oxfam, afferma che attualmente, date le basse temperature, vi sono oltre 200mila casi di infezioni polmonari fra i profughi. "Molti osservatori - spiega ancora padre Mendes - hanno segnalato poi il grave problema della corruzione" che “spesso blocca il flusso e lo stanziamento di aiuti ai profughi”. Inoltre, spiega, “per i cristiani e le altre minoranze religiose, diventa ancor più difficile accedere ai fondi”. Il processo di ricostruzione è solo agli inizi, sottolinea il sacerdote. “I programmi della Caritas locale in collaborazione con la Caritas Internationalis hanno portato aiuti per oltre 20 milioni di dollari”, spiega. Oltre a Caritas ci sono poi progetti promossi, tra gli altri, da ordini religiosi come gesuiti, francescani, missionari di San Colombano, salesiani, fratelli di La Salle. (L.G.)

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    Iraq, Commissione governativa: le violenze anticristiane sono “crimini contro l’umanità”

    ◊   Le violenze contro i cristiani sono crimini “contro l'umanità” e “di pulizia etnica” che “non possono essere tollerati” ed è quindi “compito del Governo assicurare alla giustizia gli esecutori e proteggere i suoi concittadini”. E’ quanto si legge in un documento della Commissione istituita dal Governo iracheno per occuparsi delle minoranze religiose, diffuso pochi giorni fa dal sito Baghdadhope e riportato dall’agenzia Sir. La Commissione creata dopo la strage del 31 ottobre nella chiesa di Nostra Signora della Salvezza a Baghdad, riconosce che gli appelli a non lasciare il Paese rivolti alle minoranze cristiana e mandea sono “vani” perché rivolti a persone che sono ogni giorno “bersaglio di violenze”. Tra le misure suggerite dalla Commissione per fermare questa violenza c’è, innanzitutto, “la formazione di un ufficio speciale dipendente dalla Presidenza della Repubblica e dal primo Ministro che decida come operare per proteggere le minoranze e tutelarne gli interessi. Dell’ufficio dovrebbero fare parte esponenti cristiani e mandei che dovrebbero anche essere presenti in un comitato investigativo sulle violenze”. Altra soluzione suggerita e rivolta ai leader islamici è quella di emettere delle fatwa (sentenze) contro l'uccisione di fedeli di altre religioni e contro l’islamizzazione delle minoranze. I fedeli di queste altre religioni, si legge nel documento, “sono martiri, e per questa ragione le loro famiglie dovrebbero ricevere adeguata compensazione per il lutto subito”. La Commissione, infine, invita la Presidenza della Repubblica, il Parlamento e il Premier “ad agire secondo le linee guida suggerite”. (L.G.)

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    Spagna: i vescovi chiedono al governo di unirsi all'Ue per fermare le violenze anticristiane

    ◊   La persecuzione dei cristiani nel mondo, con la conseguente necessità di tutelare la libertà religiosa, e la difficile situazione delle famiglie colpite dalla crisi economica: sono stati questi i temi al centro della 218.ma riunione della Commissione permanente della Conferenza episcopale spagnola (Cee), svoltasi a Madrid il 26 e 27 gennaio. “I vescovi – si legge nel comunicato diffuso al termine dei lavori – hanno esaminato un tema che causa una grande preoccupazione alla Chiesa in Spagna: gli attentati, sempre più frequenti e sanguinosi, che subiscono diverse comunità cristiane in varie parti del mondo”. Ricordando i recenti attacchi contro la cattedrale siro-cattolica di Baghdad e la comunità copta di Alessandria, i presuli spagnoli si richiamano al Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace 2011, in cui si legge che “i cristiani sono attualmente il gruppo religioso che soffre il maggior numero di persecuzioni a causa della fede”. Per questo, la Cee chiede ai fedeli cattolici di “pregare per le comunità cristiane perseguitate e per la libertà religiosa di tutti gli uomini, soprattutto là dove questo bene essenziale per la pace e la convivenza umana non esiste o viene compromesso”. Allo stesso tempo, i presuli chiedono al governo spagnolo di aderire all’iniziativa promossa da alcuni Paesi europei: Ungheria, Italia, Francia, Polonia e Germania hanno, infatti, chiesto che l’ordine del giorno del prossimo Consiglio dei Ministri degli Esteri dell’Ue, fissato per il 31 gennaio, preveda l’esame delle persecuzioni contro i cristiani nel mondo. I cinque Paesi europei chiedono anche l’analisi di misure da mettere in atto per tutelare principi fondamentali come il diritto alla vita e, appunto, all’esercizio della libertà religiosa. Aderire a questa iniziativa, sottolinea la Cee, rappresenterebbe “un passo importante gradito non solo ai cattolici spagnoli, ma anche, sicuramente, a tutti i cittadini sostenitori della dignità umana e del diritto”. Poi, la Cee si sofferma sulla difficile situazione creata dalla “persistente crisi economica, in particolare per le famiglie e i settori della popolazione con minori risorse”. In quest’ottica, si ricorda l’impegno delle parrocchie, delle organizzazioni di carità e delle associazioni ecclesiali nel sostenere i più bisognosi. Tra gli altri temi trattati dalla 218.ma riunione episcopale, c’è l’analisi di due bozze di documento: il primo, intitolato “La verità dell’amore umano” ed elaborato dalla Sottocommissione episcopale per la famiglia e la difesa della vita; il secondo, dedicato alla Pastorale delle Vocazioni, e preparato dalla Commissione episcopale dei seminari e delle università. In programma anche un terzo documento, ovvero un Messaggio per invitare i ragazzi a partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù, che si terrà a Madrid dal 16 al 21 agosto. Infine, i presuli hanno approvato l’ordine del giorno della 97.ma Assemblea Plenaria, che si svolgerà dal 28 febbraio al 4 marzo. (I.P.)

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    Usa: richiamo dei vescovi sui diritti degli immigrati e unità delle famiglie

    ◊   Rispetto dei diritti degli immigrati e unità delle famiglie: è l’appello dei vescovi degli Stati Uniti rivolto alle autorità governative locali dal presidente del Committee on Migration della United States Conference of Catholic Bishops (Usccb), l'arcivescovo coadiutore di Los Angeles, José Horacio Gómez in occasione di un incontro con i membri dell'House Judiciary Committee di Washington. L’arcivescovo – secondo quanto riportato dall’Osservatore Romano - ha richiamato l'attenzione sul problema delle misure restrittive che alcuni deputati vorrebbero reintrodurre nel sistema legislativo allo scopo di arginare e scoraggiare l'ingresso degli immigrati irregolari. Si tratta soprattutto di critiche rivolte alla pratica delle incursioni delle Forze dell'ordine sui luoghi di lavoro, compiute per procedere all'arresto immediato degli immigrati privi di regolari permessi; incursioni che – ha spiegato - hanno come conseguenza più pesante quella di disgregare le famiglie, perché separano i genitori arrestati dai propri figli per un periodo di tempo considerevole”. Pur riconoscendo il diritto della nazione di garantire la propria sicurezza, l'arcivescovo ha ribadito che “i costi umanitari” di queste incursioni sono “incommensurabili” e “inaccettabili per una società civile”. L'immigrazione, una questione sociale particolarmente sentita nel Paese, “è in ultima analisi una questione umanitaria, ha spiegato, perché ha un impatto sui diritti umani fondamentali e sulla dignità delle persone”. “I vescovi — ha aggiunto — ritengono che tutti gli immigrati debbano entrare nel Paese nel rispetto della legge ma comprendono anche che l'attuale normativa in materia, non risponde adeguatamente al problema dei ricongiungimenti familiari e dell'offerta di lavoro”. “Soltanto prevedendo il miglioramento delle condizioni legali per entrare, lavorare e vivere negli Stati Uniti - ha concluso il presidente della Usccb - si potrà allora concentrare l'applicazione della legge su coloro che veramente minacciano la sicurezza pubblica, a partire dai trafficanti di droga e di essere umani e dai contrabbandieri in genere, fino ai terroristi”. (M.I.)

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    Plenaria dei vescovi sudafricani: l'efficacia della Dottrina sociale della Chiesa

    ◊   “È relativamente facile apprezzare il ruolo pubblico della Chiesa cattolica nei servizi sociali, sanitari e nei progetti di sviluppo. Ciò che manca negli spazi pubblici delle nostre società è la voce della Chiesa cattolica che cerca di coinvolgere l'opinione pubblica sulle questioni etico-morali che incidono sulla società in generale”. I vescovi dell'Africa australe durante la sessione plenaria della "Southern African Catholic Bishops" Conference (Sacbc, che riunisce i vescovi di Sud Africa, Botswana e Swaziland) lamentano, così, che la voce della Chiesa fatichi a farsi sentire nel dibattito generale su tematiche come l’etica nella politica e nella società, la morale sessuale e il corretto utilizzo della ricchezza e delle risorse. Nel suo rapporto, mons. Buti Tlhagale, arcivescovo di Johannesburg e presidente della Sacbc, ha sottolineato: "Le nostre tre nazioni sono democrazie in via di sviluppo, politicamente stabili, ma ancora fragili” e caratterizzate da “corruzione, crimini violenti, gravi carenze di servizi e dall'arricchimento di coloro che occupano posizioni di responsabilità. Le nostre società — ha denunciato inoltre l'arcivescovo — hanno perso un principio fondamentale della morale, ovvero l'attenzione per coloro che hanno maggiori necessità”. Alla luce di questa realtà, il presidente della Conferenza episcopale si è chiesto quale sia il ruolo ed eventualmente l'influenza della morale cristiana sulla nostra società e sulle nazioni. Di fronte al tentativo di alcuni di seminare "dubbi e diffidenze" sull'efficacia della dottrina sociale, perché considerata astratta, deduttiva, statica e senza forza critica, l'arcivescovo di Johannesburg ha richiamato l'urgenza di un'azione sociale che faccia leva sul "ricco e complesso patrimonio" denominato dottrina sociale o insegnamento sociale della Chiesa, anche attraverso i numerosi presidi formativi della comunità ecclesiale. Durante l'assemblea plenaria, infine, i presuli sudafricani hanno pregato "per la pronta guarigione" di Nelson Mandela, "padre della Nazione", primo presidente del Sud Africa post-apartheid e premio Nobel per la pace 1993. (L.G.)

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    Le conclusioni del IV Incontro continentale del Fiac per l’Africa occidentale

    ◊   Gli ostacoli all’evangelizzazione e la promozione della dignità umana. Queste le priorità analizzate nel IV incontro del Forum Internazionale di Azione Cattolica (Fiac) per l’Africa occidentale, conclusosi a Dakar, in Senegal. All’incontro sul tema “Vita, pane, pace e libertà. Per un’Africa prospera, in pace, riconciliata”, riferisce l’agenzia Fides, hanno partecipato 100 rappresentanti dei Movimenti di Azione cattolica di Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Ghana, Mali, Nigeria e Senegal, insieme a membri del Segretariato internazionale del Fiac di quattro paesi (Italia, Spagna, Romania e Burundi). Tante le problematiche affrontate, tra le quali la povertà e le ingiustizie sociali, ma anche il mal governo, la persistente insicurezza, l’urgenza della riconciliazione e della formazione integrale della persona. Al termine dell’iniziativa, i partecipanti hanno assunto l’impegno di “promuovere e difendere i valori cristiani in tutti gli ambiti di vita”, “conoscere meglio e integrare le nostre culture in maniera consapevole e coerente alla luce del Vangelo”, con la promessa di approfondire “il dialogo interreligioso e interculturale” e la riflessione “sull’ecclesialità, la laicità, l’organicità e la collaborazione con la Gerarchia”. I laici di Ac dell’Africa occidentale hanno anche raccomandato alla gerarchia ecclesiastica di “promuovere la formazione dei laici per una maggiore efficacia della missione della Chiesa” e di “creare una sinergia tra pastori, consacrati e laici, fondata sulla corresponsabilità nella comunione”. Tra le richieste, infine, la creazione di un dialogo con i politici e i responsabili della società civile, in vista della promozione del bene comune e dello Stato di diritto”. (M.I.)

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    Irlanda: conclusa la visita apostolica del cardinale Murphy-O'Connor

    ◊   Si è conclusa martedì scorso nell'arcidiocesi di Armagh, in Irlanda del Nord, la visita apostolica del cardinale Cormac Murphy-O'Connor, arcivescovo emerito di Westminster, nominato dalla Santa Sede per supervisionare la visitazione apostolica in relazione agli scandali degli abusi sessuali. In accordo con i sentimenti di penitenza espressi da Benedetto XVI nella sua Lettera pastorale – rende noto l’Osservatore Romano - a ogni arcidiocesi è stato raccomandato di organizzare un servizio di penitenza o altri incontri simili, in presenza del visitatore con l'approvazione dell'ordinario del luogo. Ciò è in linea con le attività di penitenza già promosse dalla Conferenza episcopale irlandese, che comprendono preghiera, digiuno ed elemosina. “Mi trovo qui su invito di Papa Benedetto XVI”, ha detto il cardinale Murphy-O'Connor durante il rito di penitenza e guarigione per l'arcidiocesi di Armagh nella cattedrale di St Patrick. “Egli desidera, come me, un tempo per la preghiera, per l'effusione della misericordia di Dio e, mediante lo Spirito Santo, il dono di santità e di forza per la Chiesa in questa diocesi”. “Il Santo Padre — ha aggiunto il porporato — ha espresso la sua profonda tristezza in merito alla dolorosa ferita dell'abuso di minori e adulti vulnerabili nella Chiesa in Irlanda”. L'arcivescovo emerito di Westminster ha sottolineato anche “il senso di tradimento e di dolore di quanti hanno subito abusi”. Nel corso di queste settimane “ho ascoltato voci di grande dolore e di sofferenza” dei sopravvissuti agli abusi – ha detto – ma anche “voci di fede” e “di speranza”: la speranza che “il passato non sarà dimenticato e che ci sarà l'apertura e la trasparenza nel far fronte alle problematiche di abuso”, ma anche la speranza “che si verificherà un rinnovamento in questa diocesi e l'assicurazione della presenza del Signore lungo il nostro cammino”. (L.G.)

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    Guatemala: lettera pastorale dei vescovi sullo sviluppo umano

    ◊   I vescovi del Guatemala hanno pubblicato ieri un’ampia lettera pastorale sul tema “Costruire nella giustizia, ispirati da Dio”: uno scritto incentrato sullo sviluppo umano e sulle sue caratteristiche, alla luce della dottrina sociale della Chiesa e del magistero pontificio. I presuli si dichiarano molto preoccupati “per il deterioramento etico e sociale che colpisce” il Paese e sottolineano come questo sia “il frutto di azioni immorali nella gestione della cosa pubblica e privata e nella visione individualista e frammentata della società”. A questa realtà, spiegano i vescovi, occorre dare delle risposte audaci dal punto di vista pastorale, illuminate dai valori del Vangelo e dagli insegnamenti sociali della Chiesa. “La fede cristiana può dare forza al rinnovamento morale e guidarci verso un progetto costruttivo”, osservano i vescovi guatemaltechi analizzando le principali sfide del Paese: al primo posto i presuli collocano la situazione della famiglia, la “più colpita dalla realtà descritta”, perché – scrivono - minacciata da molte insidie che vanno dalla povertà, all’esclusione, alla perdita di valori”. I vescovi proseguono ricordando altre situazioni molto critiche, come la poca coscienza ecologica, la mancanza di rispetto nei confronti della vita, l’idea diffusa da molti esperti e politici secondo i quali la crescita demografica si dovrebbe regolare con piani per il controllo delle nascite e che invece poco o nulla dicono sulla distribuzione giusta delle ricchezze, ma anche la crescita del crimine e della violenza, la povertà crescente in molti settori del Paese e le gravi disuguaglianze in quasi tutti gli ambiti della vita nazionale. Tra le diverse criticità rilevate dai presuli non mancano poi la debolezza dello Stato, spesso corrotto e, infine, solo per citare le questioni più importanti e urgenti, un sistema educativo molto carente. La sola vera risposta a tutto questo, secondo i vescovi, è lo sviluppo umano integrale sostenuto dalla chiamata rivolta da Dio a ogni cuore umano a vivere nell’amore, nella giustizia e nella solidarietà. Il punto di partenza, la centralità di ogni vero e autentico progetto di sviluppo dovrebbe essere quindi sempre la famiglia, scrivono i vescovi, che si rivolgono allora ai poteri pubblici, ai politici e ai tecnici, ma soprattutto ai cittadini guatemaltechi, chiamati a prendere coscienza che non basta una qualsiasi forma di crescita materiale, seppure importante, per raggiungere un modello di convivenza evoluta, centrata sulla dignità della persona umana. D’altra parte, i presuli riflettono anche sul ruolo dello Stato e delle istituzioni, ricordando loro doveri supremi, da realizzare però in un contesto che possa garantire la partecipazione vera e attiva dei cittadini. Questi ultimi, infatti, non possono essere sostituti con norme o principi statalisti che soffocano e negano la dignità della persona. I vescovi riflettono infine sulla globalizzazione, chiamata in causa spesso anche per giustificare questioni che nulla hanno a che vedere con essa, ricordando come questa debba essere vista “nell’ orizzonte culturale dello sviluppo umano. Non ha senso opporsi alla globalizzazione, poiché si finirebbe per rifiutare i suoi aspetti positivi; anzi - si legge nella lettera pastorale - questa globalizzazione deve essere utilizzata per trarre vantaggio dei sui aspetti migliori”, in tutti i campi della vita sociale nazionale e internazionale. Una visione di questo tipo apre gli occhi, ancora una volta, sulla vitale importanza dell’educazione, dicono i vescovi, che ricordano come essa sia la “base fondamentale per una vera ed equa partecipazione di tutti al mondo di oggi”. (A cura di Luis Badilla)

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    Congo. Medici Senza Frontiere: “Civili schiacciati dall’aumento della violenza”

    ◊   Aumento delle violenze e insicurezza dilagante. È la preoccupante situazione della regione del Sud Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo, denunciata dall’organizzazione medico umanitaria Medici Senza Frontiere (Msf). La stessa associazione, infatti, ha fatto sapere di aver fornito cure specialistiche a 53 tra donne, uomini e bambini violentati in una serie di incidenti verificatisi tra il 19 e il 21 gennaio proprio in quella tormentata regione. Molti dei sopravvissuti alle violenze curati da Msf – pazienti tra i 13 e i 60 anni - hanno dichiarato di aver subito un agguato e di essere rimasti in ostaggio tutto il giorno, violentati ripetutamente e soggetti a trattamenti degradanti. Undici donne curate in questi giorni dai medici dell’organizzazione hanno denunciato rapine e violenze. Questi nuovi casi di stupri di massa avvengono a poche settimane di distanza da quelli di Capodanno nella regione Fizi. “Nell’arco di sole poche settimane, Msf ha fornito cure mediche a circa 100 tra donne, uomini e bambini – tutti violentati in assalti di gruppo”, dichiara Annemarie Loof. “Siamo estremamente preoccupati dal destino dei civili in quest’area”. Per anni i civili nell’Est del Paese hanno sofferto per le violenze sessuali legate al conflitto, ma le attività di assistenza medica per violenze sessuali di Msf non ricevevano un numero così alto di casi in Sud Kivu, dal 2004. (L.G.)

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    Sri Lanka: leader religiosi condannano l’attacco al tempio buddhista Maha Bodhi

    ◊   Rappresentanti di tutte le religioni in Sri Lanka condannano con forza il recente attacco al tempio buddista Maha Bodhi di Chennai, in India, nel quale sono rimasti feriti quattro monaci buddisti srilankesi. Durante una conferenza stampa organizzata ieri dai membri dell’Inter Religious Alliance for National Unity, tutti i partecipanti hanno specificato che “non si tratta di un’azione delle Tigri Tamil, né di altri gruppi di guerriglia”. La conferenza - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stata ospitata nella National Library Hall di Colombo. Nella notte del 24 gennaio scorso un gruppo di circa 10 persone ha fatto irruzione nel tempio Maha Bodhi Society. Armati di bastoni, i vandali hanno iniziato a distruggere il posto, e hanno ferito quattro monaci intervenuti per fermarli. Il cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo, ha espresso la sua preoccupazione per l’attacco al centro, e ha dichiarato: “La Chiesa cattolica si oppone con forza ad atti come questo”. Per il venerabile Nedagamuwe Vijitha Maithree Thero, membro dell’Acting Committee, si tratta di “un atto compiuto da chi non desidera la pace, da chi non vede la bellissima fratellanza tra due religioni. Per questo dobbiamo muoverci con calma, non agire guidati dal panico”. Un altro monaco, il ven. Dhammaransi Thero, ha dichiarato: “Chiediamo ai governi dello Sri Lanka e dell’India di continuare a interessarsi del problema, e di prendere le misure necessarie a garantire piena sicurezza e protezione per tutti i pellegrini futuri”. Infine il bonzo ha ringraziato il governo indiano per i tempestivi provvedimenti presi per proteggere i pellegrini dopo l’attacco. Il sacerdote metodista padre Sarath Hettiarchchi ha sottolineato che lo Sri Lanka è un Paese multietnico, multireligioso e anche multipolitico, dove tutti dovrebbero rispettarsi l’un l’altro. S.H. Mavulana, presente come rappresentante della comunità islamica, ha voluto specificare che “tutti i musulmani condannano questo attacco. Per quanto mi riguarda, voglio esortare i fedeli di tutte le religioni ed etnie a non fare passi indietro. Agite in maniera saggia, e andate avanti per l’armonia nazionale e religiosa. Sfuggite tutte le opinioni sospette che sono emerse in questi giorni – ha detto il rev. E.K. Yasarathna, della Chiesa battista di Colombo – cercate di vivere come un’unica famiglia. Come fratelli e sorelle di un solo Paese”. (R.P.)

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    L’arcivescovo di Manila: “Rispettare la vita nelle politiche familiari e nella società”

    ◊   “Promuovere e garantire ‘una cultura della vita’”. E’ l’appello lanciato all’Agenzia Fides dal cardinale Gaudencio Rosales, arcivescovo di Manila, intervenendo sulla necessità di una testimonianza cristiana nella vita politica e sociale delle Filippine. “Il faro per il bene comune della nazione – ha sottolineato il porporato – deve essere il rispetto assoluto della vita, a tutti i livelli, sia nelle politiche familiari, che vanno orientate al valore della vita nascente e della paternità e maternità responsabile, sia nel quotidiano andamento della vita sociale, con un’attenzione alla tranquillità e alla sicurezza dei cittadini, dei loro diritti e delle loro idee”. A tal proposito, grande soddisfazione ha generato nella comunità cattolica il provvedimento annunciato dal governo di Benigno Aquino in materia di politiche familiari perchè rispondente allo spirito e ai desideri della popolazione filippina. “Anche nella vita sociale – ha continuato il cardinale Rosales - dove si assiste ancora ad avvenimenti violenti come l’uccisione, il ferimento o il sequestro di giornalisti, sindacalisti, attivisti dei diritti umani, il rispetto della vita umana significa poter garantire a tutti la libertà e i diritti di cui ogni cittadino è titolare”. L’arcivescovo di Manila segnala, poi, altre due sfide importanti per le Filippine: la governance e la povertà. “Per contrastare la corruzione, la governance deve essere all’insegna della moralità, della trasparenza, della solidarietà con gli ultimi”. “Sulla povertà – conclude - come cristiani, dobbiamo usare la Parola di Dio per essere vicini ai poveri, avere una particolare attenzione per gli emarginati e i derelitti. Il punto di riferimento per noi è l’enciclica del Santo Padre Benedetto XVI Caritas in veritate”. (M.I.)

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    Nepal: a Kathmandu "sì" ai cimiteri cristiani e musulmani. Protestano gli indù

    ◊   Il governo del Nepal consente a cristiani, musulmani e Baha’i della capitale di seppellire i propri morti nella foresta di Sleshmantak presso il tempio indù di Pashupatinath. La decisione ha scatenato le proteste dei fondamentalisti indù, che considerano la foresta parte integrante dell’area sacra del tempio. Gli indù - riferisce l'agenzia AsiaNews - cremano i loro morti e non costruiscono cimiteri. In questi ultimi anni Kathmandu ha subito una grande speculazione edilizia. Ciò ha limitato la disponibilità di terreni liberi e ridotto le aree un tempo destinate ai cimiteri per cristiani, musulmani e Baha’i, spesso costretti a seppellire più cadaveri nella stessa tomba. Narayan Sharma, vescovo protestante del Nepal, afferma: "Noi non siamo in torto. Abbiamo fatto secondo la decisione del governo. Gli indù devono essere consapevoli dei diritti delle altre religioni". Secondo la Federazione cristiana del Nepal nell’area di Sleshmantak vi sono già 200 pietre tombali. Per ogni tomba i cristiani hanno pagato dai 6 ai 10 euro. Nonostante le proteste degli indù, Minendra Rijal, Ministro della cultura, sottolinea che dopo secoli di monarchia indù “il Paese ora è laico e tutti anche gli indù devono prendere in considerazione le necessità delle altre religioni”. (R.P.)

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    Russia: auguri del Patriarca ortodosso Kirill al nunzio uscente, mons. Mennini

    ◊   Il Patriarca ortodosso di Mosca, Kirill, ha voluto congedarsi dall'ex nunzio in Russia, mons. Antonio Mennini, apprezzando il suo aiuto per il miglioramento delle relazioni tra la Chiesa ortodossa russa e la Santa Sede. Mons. Mennini, infatti, nunzio apostolico in Russia dal 2002, è stato nominato da Papa Benedetto XVI nuovo nunzio in Gran Bretagna il 18 dicembre scorso. In un incontro celebrato tra i due a Mosca lo scorso giovedì, fa sapere l’agenzia Zenit, il Patriarca ha voluto ringraziare mons. Mennini per il suo lavoro come rappresentante della Santa Sede a Mosca e per il suo “contributo personale alla risoluzione di problemi nelle relazioni tra le nostre Chiese”. “Con la misericordia di Dio questi problemi vengono presentati in modo positivo, il che migliora il clima delle relazioni bilaterali”, ha affermato il Patriarca. Mons. Mennini ha ringraziato a sua volta per il supporto del Patriarca al lavoro svolto in questi anni. “Sono stato lieto di lavorare per il benessere delle nostre Chiese – ha detto - ma questo lavoro sarebbe stato molto più complicato senza il suo sostegno, il suo atteggiamento amichevole e la carità cristiana”. Mons. Antonio Mennini lascia il suo incarico a Mosca dopo essere stato il primo nunzio nel Paese dal 15 luglio 2010, quando è culminato lo scambio di ambasciatori tra il Vaticano e la Federazione Russa. Durante il suo ministero in Russia è avvenuto uno dei gesti di avvicinamento più importanti tra cattolici e ortodossi russi: la restituzione dell'icona della Madre di Dio di Kazan, il 25 agosto 2004. Non sono poi mancati importanti incontri bilaterali e iniziative culturali e teologiche congiunte tra ortodossi e cattolici. In riconoscimento del suo lavoro, il precedente Patriarca, Alessio II gli ha conferito, nel 2007 l'onorificenza di San Danilo, principe di Mosca. (L.G.)

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    Australia: domani la celebrazione della "Red Mass" sui valori della giustizia

    ◊   Con «il sentimento comune di riaffermare il valore della legge e gli ideali di giustizia dispensati senza timori o favoritismi», numerosi rappresentanti degli organi giudiziari e dell'avvocatura, assieme a presuli e presbiteri, saranno presenti domani a Sydney, in Australia, nella Saint Mary's Cathedral, per partecipare alla tradizionale «Red Mass», in concomitanza con l'avvio dell'anno giudiziario. Si tratta dell'81.ma edizione della cosiddetta «Messa Rossa», la celebrazione eucaristica che prende il nome dal colore delle toghe dei giudici civili e delle vesti dei membri del clero che attendono alla liturgia e che accompagneranno l'evento con un corteo che sfilerà al termine della messa. La tradizione della «Red Mass» — organizzata dall'arcidiocesi di Sydney, in collaborazione con la Saint Thomas More Society — risale al secolo XIII. La prima celebrazione - riferisce L'Osservatore Romano - avvenne nel 1245 nella cattedrale di Parigi e successivamente la tradizione si estese in vari Paesi europei e anche negli Stati Uniti, in Canada e in Australia. In Australia, in particolare, la celebrazione è stata ripristinata a partire dal 1931. In una nota pubblicata dall'arcidiocesi di Sydney, il cardinale George Pell invita i fedeli a partecipare «a quello che viene considerato, dopo più di novecento anni, uno degli eventi più significativi del calendario giudiziario». In particolare, tra i celebranti sarà presente il vescovo di Parramatta, mons. Anthony Colin Fisher, che ebbe modo di svolgere pratica forense presso uno studio legale, prima d'intraprendere il sacerdozio. Il presidente della Saint Thomas More Society di Sydney, Richard Perrignon, sottolinea che la messa «è un'occasione per i membri dell'apparato giudiziario e forense e per tutti coloro che lavorano nel settore legale di riaffermare i valori della giustizia». La Saint Thomas More Society è stata istituita 67 anni fa da un gruppo di avvocati di Sydney. La «Red Mass», si puntualizza, è aperta alla partecipazione di tutte le comunità, indipendentemente dal credo religioso dei membri di appartenenza. (R.P.)

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    Perù: il cardinale Cipriani inaugura il nuovo canale televisivo cattolico Rpp Tv

    ◊   Il cardinale Juan Luis Cipriani, arcivescovo di Lima, ha inaugurato la sede del nuovo canale televisivo Rpp Tv (la televisione dell’emittente radiofonica cattolica “Radio Programas Perù”). L'arcivescovo ha detto che ormai si considera parte della famiglia di Radio Programas del Perù e di questo nuovo progetto, la comunicazione televisiva, dato che in questi 11 anni del suo programma radiofonico "Dialogo di fede", che viene trasmesso ogni sabato, ha potuto comprendere meglio il lavoro dei giornalisti. “Se c'è qualcosa che distingue questo gruppo di lavoro - ha aggiunto il cardinale - è che in qualche modo voi siete fratelli, vi conoscete fra di voi, siete amici e vi aiutate l'un l'altro. Questa passione per aiutare gli altri è ciò che mantiene vivo lo spirito in questa radio”. Nella nota inviata all’agenzia Fides dall'ufficio stampa dell’arcidiocesi di Lima, vengono riportate le parole del cardinale: "Chiediamo a Dio che la semplice comunicazione tra gli uomini possa aiutare il progresso della famiglia umana. Questa è la volontà di Dio, che ci vuole uniti nella libertà e nella verità". Infine ha chiesto al Signore di aiutare e rafforzare l'attività di comunicazione per tutta la famiglia che compone il gruppo Rpp, per seminare pace e verità e promuovere lo sviluppo del Perù. Radio Programas del Perù è la radio che ha maggiore copertura nel Paese (copre il 97% del territorio). Fondata nel 1963, dedica la maggior parte della sua programmazione alle notizie. Negli ultimi anni ha seguito gli aggiornamenti tecnici della comunicazione, si può trovare in internet (ed ascoltare in tempo reale), si può ascoltare via cavo e adesso apre il suo canale televisivo con Rpp Tv. Attualmente il gruppo Rpp conta 6 emittenti radio e sono un migliaio le persone che lavorano per questo gruppo in tutto il Paese. (R.P.)

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    Libano: forte esperienza di fraternità dei giovani sacerdoti alla sessione di formazione permanente

    ◊   Familiarizzare di più con le Chiese cattoliche orientali del Libano: con questo obiettivo i giovani sacerdoti della Terra Santa si sono riuniti questa settimana a Qornet Shahwan, nel Paese dei cedri, per l’annuale incontro di formazione permanente. Presso le Suore degli Apostoli, riferisce il sito del patriarcato latino di Gerusalemme www.lpj.org, si è parlato anche di musicologia e di liturgia latina in Oriente, ma in particolare i preti si sono interrogati su come vivere le raccomandazioni del Sinodo per il Medio Oriente e su come tradurre in pratica l’esortazione apostolica postsinodale sulla Parola di Dio. Nel corso delle giornate, hanno tenuto relazioni, tra gli altri, suor Bassima Khoury dell’ordine antonino maronita, dottore in teologia biblica, che ha parlato di vita cristiana come alleanza personale e comunitaria fra Dio e l’uomo, il vescovo maronita di Jbeil, mons. Bishara Ra’i, che ha condiviso la sua esperienza all’ultimo Sinodo ed ha esposto la sua nuova visione sul futuro della cristianità in Libano e nel Medio Oriente, e padre George abi Saad, responsabile dell’anno propedeutico del Seminario di Ghazeer che ha trattato il tema della preghiera a partire dalla Bibbia. Diverse le visite alle comunità cattoliche, a santuari, monasteri e alle università, e non è mancato l’incontro a Bkerki con il patriarca di Antiochia dei maroniti Nasrallah Sfeir. La sessione di formazione è stata definita dai partecipanti un’esperienza ricca e fruttuosa, di comunione fraterna e d’amicizia, che ha permesso ai sacerdoti della Terra Santa di condividere la loro spiritualità con i cattolici libanesi. (T.C.)

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    Namibia: le Chiese chiedono di reintrodurre l’insegnamento della Bibbia nelle scuole

    ◊   Il Consiglio delle Chiese della Namibia (Ccn), cui aderisce anche la Chiesa cattolica, ha presentato al governo un progetto per la reintroduzione dell’insegnamento della Bibbia nei curricula delle scuole pubbliche primarie e secondarie, che era stato abolito dopo l’indipendenza del Paese nel 1989, per rispettare il carattere laico dello Stato sancito dalla Costituzione. Il nuovo programma presentato dal Consiglio al Ministero dell’Istruzione dopo due anni di lavoro - riferisce il quotidiano locale “The Namibian”, ripreso dall’agenzia Apic – si chiama “Studi biblici ed educazione morale” (Bsme) e dovrebbe essere inserito nell’ambito del corso di Educazione morale e religiosa previsto dall’attuale ordinamento. A differenza del programma governativo che mira a sviluppare la conoscenza delle diverse credenze religiose come base per l’insegnamento morale – ha sottolineato la segretaria generale del Ccn Maria Kapere - il Bsme si propone di usare direttamente la Bibbia a questo scopo. “Il cristianesimo – spiega - è già insegnato nelle scuole, ma più da un punto di vista storico che teologico. Con il nuovo programma i bambini potranno andare oltre per approfondire la loro conoscenza della Bibbia” i cui insegnamenti potranno aiutare a contrastare l’attuale decadimento morale della società namibiana. In attesa del via libera del Ministero per le scuole statali, il Ccn ha invitato le scuole confessionali del Paese ad introdurre la nuova materia già a partire dal prossimo anno accademico. (L.Z.)

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    I leader anglicani a Dublino cercano intese attraverso l'impegno sociale

    ◊   Una nuova proposta di impegno sociale verso i poveri che potrebbe fare da collante tra le diverse tendenze delle province irlandesi, in disaccordo sul consentire o meno l'ordinazione di pastori e la consacrazione di vescovi a persone con tendenze omosessuali. È l’idea d’intesa lanciata al vertice dei leader anglicani, in corso fino a domani a Dublino, dall'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, in qualità di presule primate dell'Anglican Communion. Il progetto di mons. Williams, secondo quanto pubblicato sul sito in rete virtueonline.org, si chiama “Global Anglican Relief and Development Alliance” ed è stato studiato dal Secretary General of the Anglican Communion Office di Londra. Nonostante le divergenze tra le diverse province anglicane sul piano dottrinale, si sottolinea nel comunicato, queste “non dovrebbero dividersi nell'impegno di soccorso verso i poveri”. Il progetto studiato a Londra, infatti, comporta per le province un impegno finanziario di quattrocentomila sterline inglesi all'anno per i prossimi tre anni, poiché per combattere lo scandalo della povertà “si richiede un'azione coordinata da parte dell'Anglican Communion”. La proposta dovrebbe quindi consentire di mettere a disposizione consistenti fondi per Africa e Asia, ora in stato di gravi ristrettezze. Tuttavia, tra i principali finanziatori del progetto dovrebbero esserci quei leader episcopaliani del nord America che sono la causa principale dell'attuale spaccatura e recentemente alcuni presuli anglicani conservatori hanno rifiutato aiuti finanziari da parte degli episcopaliani. Ieri a Dublino si sono contestate infine le motivazioni presentate per le assenze dei leader anglicani di Kenya e di Tanzania. Secondo il portavoce del vertice, i due presuli avevano dichiarato che la loro assenza era dovuta a “ragioni personali” e a “impegni improrogabili”, mentre secondo i contestatori entrambi avevano sottoscritto, nel 2010, un documento che li impegnava a non avere contatti con i leader episcopaliani nordamericani. (L.G.)

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    Terra Santa: i Francescani della Custodia preparano un nuovo sito

    ◊   La Custodia di Terra Santa sta lavorando a un sito nuovo, a delle applicazioni per Iphone, Ipad e BlackBerry. L’obiettivo è quello di proporre ai pellegrini e alle persone interessate alla Terra Santa informazioni in più rispetto a quelle fin’ora a disposizione. L’iniziativa parte dal bisogno di diffondere la Terra Santa in un modo immediato e adatto ai tempi di oggi, spiega in un’intervista pubblicata su www.proterrasancta.org, padre Silvio De La Fuente, segretario custodiale e responsabile del progetto. Negli ultimi anni, aggiunge padre De La Fuente, il sito , il sito ufficiale della Custodia di Terra Santa, é stato visitato soprattutto da pellegrini, da chi é stato in Terra Santa e ha quindi un legame particolare con questi luoghi e con i francescani. “Vogliamo che le informazioni siano utili e di interesse anche per chi non ha ancora avuto modo di visitare la Terra Santa: sia quelli che per una qualsiasi ragione non ne hanno la possibilità che quelli che non sono interessati – aggiunge il responsabile del progetto –. I nuovi strumenti potranno essere uno stimolo in più per far conoscere Gesù e portare sempre più gente a visitare la Terra Santa. Una della novità delle nuove applicazioni sarà, poi, la presenza di moduli per celebrare le messe votive di Terra Santa, per pregare, insomma, come noi preghiamo qui, ricordando le memorie dei profeti che non sono parte del calendario liturgico della Chiesa universale”. Il nuovo sito avrà una sezione dedicata alla storia dei francescani e alle informazioni sulla loro presenza oggi in Terra Santa, un’altra riservata ai santuari, con visite guidate virtuali, mappe, modelli tridimensionali, fotografie vecchie e nuove per mostrare i cambiamenti, testimonianze degli antichi pellegrini, e ancora un’area “pellegrinaggi”, con tutte le informazioni utili per chi vuole visitare la Terra Santa in autonomia e per mettersi in contatto con i frati. L’area “vocazioni” è stata pensata per chi vorrebbe fare un’esperienza vocazionale o conoscere meglio i frati francescani di Terra Santa, infine la sezione “Aiutaci” servirà per mostrare come vengono spese le offerte inviate per la Terra Santa. Una delle novità più importanti del nuovo sito sarà la presenza di video, foto e notizie, mentre per i più piccoli una sezione gadget consentirà di scaricare presepi o colorare figurine. Con le nuove applicazioni poi si potranno visitare i Luoghi Santi con un Iphone, se ne potranno scoprire storia e struttura, oltre a poterne conoscere la liturgia. E ci sarà la possibilità di accendere virtualmente una candela per le intenzioni di preghiera condividendole con i propri contatti. (T.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Torna la calma in Tunisia dopo le proteste seguite al rimpasto di governo

    ◊   In Tunisia, oggi sembra essere tornata la calma. Ieri, nella capitale Tunisi, il rimpasto di governo non aveva impedito nuove manifestazioni segnate dalla violenta reazione dell’esercito. I blogger su Internet parlano di almeno tre vittime, ma la notizia non ha trovato conferme, mentre il premier Gannouchi ha ribadito che la transizione democratica e il rilancio dell’economia rappresentano le priorità per il Paese. Sul fronte algerino, intanto, il coordinamento per “la democrazia e il cambiamento” ha annunciato che tenterà di scendere in piazza il 12 febbraio per chiedere la fine del regime e la revoca dello Stato d’emergenza, in atto dal 1992.

    Giordania-Yemen
    In Giordania striscioni a sostegno della popolazione egiziana sono stati issati durante le manifestazioni di ieri che hanno visto migliaia di persone sfilare pacificamente per chiedere anche nel proprio Paese riforme politiche e le dimissioni del governo. Nello Yemen, invece, il partito al potere ha esortato a porre fine alla dimostrazioni di questi giorni contro il presidente Saleh, al potere da 30 anni, per evitare che il Paese venga trascinato in un conflitto. Il partito ha chiesto inoltre di aprire la strada al dialogo in vista delle elezioni parlamentari previste per fine aprile e che l’opposizione mira a boicottare.

    Albania
    Silenzioso corteo, ma carico di significati, ieri a Tirana. Così l’Albania che contesta il premier Berisha ha voluto ricordare le tre vittime delle manifestazioni antigovernative dei giorni scorsi. E’ stata una giornata del ricordo, ma non della rassegnazione a detta dell’opposizione socialista di Edi Rama. Sul significato della giornata, Giancarlo La Vella ha intervistato Gerarta Zheji, giornalista albanese, raggiunta telefonicamente a Tirana:

    R. – Questa manifestazione è stata letta in modi completamente diversi. Edi Rama ha detto che questa è l’Albania che non accetta la violenza di Berisha, che queste sono le persone che hanno sfilato per dimostrare anche ai media internazionali che noi non siamo violenti e che il 21 gennaio invece siamo stati provocati dalle forze di polizia. La lettura che ne dà invece il partito democratico è che Rama, con questa manifestazione pacifica, si è autoaccusato per i fatti del 21 gennaio. Quello che resta adesso in Albania, fermatesi le violenze, è una profonda rottura tra le istituzioni del Paese. Berisha ieri ha anche accusato il presidente della Repubblica, Bamir Topi, di non aver mai usato la parola violenza per definire i fatti del 21 gennaio. Questo va ad aggiungersi alla rottura che già c’era stata con la Procura generale della Repubblica, per cui non ci può essere un dialogo parlamentare con un’opposizione di questo tipo: queste sono state appunto le parole del primo ministro.

    D. – Chi potrebbe riuscire a mediare in questa situazione, all’interno dell’Albania, ma anche al di fuori del Paese?

    R. – Sicuramente a mediare sono riusciti finora gli “internazionali”, come qui vengono chiamati. L’ambasciatore americano, nella sua conferenza stampa, in cui ha detto di appoggiare le indagini della Procura e che la Procura deve essere lasciata tranquilla nel portare avanti le proprie indagini, ha tenuto una posizione forte in questo senso, che è stata recepita anche dallo stesso Berisha, che ha a sua volta incoraggiato la Procura a continuare le sue indagini. Un altro interlocutore che può mediare è l’Unione Europea. Siccome l’Albania è un Paese che vuole fortemente entrare a far parte dell’Unione Europea, le parole di coloro che la rappresentano sono molto ascoltate qua a Tirana, come lo è stato l’inviato speciale arrivato due giorni fa, che ha effettivamente richiamato entrambe le parti al dialogo. (ap)

    Afghanistan-Pakistan
    In Afghanistan, un attentato kamikaze ha provocato la morte del vicegovernatore della provincia meridionale di Kandahar. Altre 5 persone sono rimaste ferite a causa dell’esplosione, avvenuta in mattinata nella città considerata il feudo dei talebani. Guerriglia in azione anche in Pakistan. E' salito a otto morti e dieci feriti il bilancio di un duplice attentato suicida avvenuto ieri nel nordovest del Paese, contro una galleria che collega la città di Peshawar con quella di Kohat.

    Russia
    In Russia le autorità sono sulle tracce del presunto attentatore entrato in azione lo scorso 24 gennaio all’aeroporto di Mosca provocando 35 vittime. Si tratterebbe di un giovane originario del Caucaso del Nord dove la Russia è impegnata a fronteggiare la guerriglia separatista islamica. Ricercati anche altri complici. L’obbiettivo dell’attacco – hanno ribadito fonti investigative – era quello di fare più vittime possibili tra gli stranieri.

    Ue-Davos
    L’unione Europea è sempre più vicina al rafforzamento del cosiddetto fondo salva stati. Lo ha detto il commissario agli affari economici Olli Rehn, che punta al vertice europeo del 4 febbraio prossimo. Intanto, in Svizzera, battute finali per il Forum Economico Internazionale di Davos che domani vedrà la sua conclusione. La Turchia ha accusato l’Unione di essere poco aperta all’allargamento. Ieri, invece, è intervenuta la cancelliera tedesca Merkel, che, come il presidente francese Sarkozy, ha sottolineato l’importanza nel dare fiducia alla moneta unica. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 29

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.