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Sommario del 18/01/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Mons. Bruno Forte: annunciare divisi il Vangelo dell'Amore è uno scandalo
  • Intervista all’iniziatore del Cammino Neocatecumenale, Kiko Argüello, dopo l’incontro di ieri con il Papa in Vaticano
  • Mons. Giordano: l’Europa ha bisogno della luce della fede. Gioia nelle istituzioni Ue per la Beatificazione di Papa Wojtyla
  • Il rapporto tra Chiesa e politica alla luce del Concilio: pochi i politici cristiani di spessore professionale e morale
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • L'arcivescovo di Tunisi, mons. Lahham: la gente si riappropri della sua dignità
  • Mons. Nosiglia sul referendum Fiat-Mirafiori: né vincitori né vinti
  • Tornatore racconta Goffredo Lombardo, artefice dell'età dell'oro del cinema
  • Chiesa e Società

  • Unità dei cristiani: da Gerusalemme un appello alle Chiese del mondo
  • Congo: per il vescovo Domba Madly la suora uccisa è stata vittima di un’imboscata stradale
  • Un nuovo carcere o l’udienza in tribunale: seri pericoli e scorta privata per Asia Bibi
  • Pakistan, false accuse di blasfemia: donne cristiane aggredite e umiliate in pubblico a Lahore
  • Indonesia: i cristiani accusano il presidente Yudhoyono di non tutelare la libertà religiosa
  • Egitto: il Patriarca egiziano copto domani non celebrerà l’Epifania in pubblico
  • Mons. Keith Newton: costruirò ponti di dialogo tra Chiesa anglicana e cattolica
  • Malaysia: un antico dizionario Latino-Malay conferma l'uso per i cristiani del termine “Allah”
  • Congo: il cardinale Monsengwo giudica un passo indietro il turno unico alle presidenziali
  • Sudafrica: per le inondazioni gravi danni all'agricoltura e alle abitazioni
  • Guinea Conacky: l'Organizzazione cattolica per lo sviluppo umano riprende le attività
  • Ghana: il boom delle sette minaccia di scalzare il cristianesimo. L'allarme dei religiosi
  • L'Europa nega agli studenti le radici cristiane: agenda della Commissione senza feste liturgiche
  • Strasburgo: si apre oggi la mostra su Matteo Ricci
  • Romania: dopo 60 anni riapre il Centro di Studi bizantini
  • Scoutismo: conclusa la Conferenza mondiale a Curitiba, in Brasile
  • Terra Santa: sulle rive del fiume Giordano ricordato il Battesimo di Gesù
  • Il cardinale Ravasi alla Facoltà di architettura a Roma: dialogo aperto tra tempio e piazza
  • Italia: Messaggio dei vescovi per la 15.ma Giornata mondiale della Vita consacrata
  • 24 Ore nel Mondo

  • Grave attentato kamikaze in Iraq: 50 morti e 150 feriti in un centro reclute a Tikrit
  • Il Papa e la Santa Sede



    Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Mons. Bruno Forte: annunciare divisi il Vangelo dell'Amore è uno scandalo

    ◊   Il compito arduo ma entusiasmante dell’unità di tutti i seguaci di Cristo anima la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, in programma a partire da oggi fino al prossimo 25 gennaio ed incentrata sul tema: “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera”. Come ha ricordato Benedetto XVI domenica scorsa all’Angelus, “è fondamentale che i cristiani, pur essendo sparsi in tutto il mondo e, perciò, diversi per culture e tradizioni, siano una cosa sola”. Nell’intervento pubblicato dall’Osservatore Romano, il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, sottolinea inoltre che è giunta l’ora di una rinnovata “responsabilità ecumenica”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    “La speranza ecumenica – osserva il cardinale Kurt Koch – è alimentata soprattutto dalla convinzione che il movimento ecumenico è l’opera grandiosa dello Spirito Santo”. “Saremmo persone di poca fede – aggiunge – se non credessimo che lo Spirito porterà a compimento ciò che ha cominciato”. Il porporato sottolinea che la testimonianza cristiana è “la chiave di violino ecumenica” affinché la melodia che unisce ecumenismo e missione sia armoniosa e sinfonica. La voce cristiana è credibile se i cristiani sono uniti nel “dare testimonianza della bellezza del Vangelo”. E i testimoni più credibili – spiega il cardinale Kurt Koch – sono senza dubbio “i martiri che hanno dato la propria vita in difesa del Vangelo”. Oggi la religione cristiana è la più perseguitata. Soltanto nel 2008, ricorda il porporato, degli oltre due miliardi di cristiani nel mondo, 230 milioni sono stati vittime di discriminazioni, soprusi, ostilità e perfino vere e proprie persecuzioni. L’80 per cento delle persone che vengono perseguitate a causa della loro fede sono cristiani.

    Questo bilancio sconvolgente – fa notare il cardinale Kurt Koch – rappresenta “una grande sfida per tutte le Chiese, chiamate a essere realmente solidali”. Il ricordo nella preghiera dei cristiani perseguitati può approfondire la nostra responsabilità ecumenica, trasformandola in un "ecumenismo dei martiri". “Dobbiamo vivere nella speranza che il sangue dei martiri del nostro tempo diventi un giorno seme di unità piena del Corpo di Cristo”. Dobbiamo testimoniare questa speranza – conclude il porporato – in maniera credibile nell’aiuto efficace reso ai cristiani perseguitati nel mondo, “denunciando pubblicamente le situazioni di martirio e impegnandoci insieme a favore del rispetto della libertà di religione e della dignità umana”.

    La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è dunque un tempo scandito dalla riflessione sulle parole pronunciate da Gesù: “Che siano una sola cosa… perché il mondo creda”. Ma come i cristiani possono raggiungere la piena unità? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto all’arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte, membro della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo e del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani:

    R. – Noi dobbiamo invocarla, dobbiamo unirci alla preghiera di Gesù “Che tutti siano uno”, ma dobbiamo anche chiedere questa unità a Dio perché è Lui soltanto il Signore della nostra unità. Quest’anno è inoltre molto significativo che il tema sia stato scelto, e le riflessioni preparate, dalla Chiesa madre di Gerusalemme. Il versetto biblico indicato è “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella koinonia – nella comunione – nello spezzare il pane e nella preghiera”. Ed è il versetto che contiene le linee portanti su cui costruire l’unità che Cristo vuole per noi.

    D. – Dunque, la Città Santa, oggi purtroppo ancora lacerata da profonde divisioni, è in realtà la terra dell’unità, della condivisione, la terra di questa promessa…

    R. – Gerusalemme è il punto di incontro tra bellezza, amore, sapienza e dolore. La Chiesa di Gerusalemme, oggi più che mai, è chiamata ad essere ponte tra i diversi, tra i divisi, a creare legami di unità: è una sfida molto grande, ma è una sfida alla quale i cristiani di Terra Santa non possono sottrarsi e i cristiani di tutto il mondo devono essere loro vicini con la preghiera, la simpatia, la solidarietà, la prossimità.

    D. – Ad alimentare questa preghiera, questa promessa di unità è anche la testimonianza dei martiri: il loro sangue è destinato a diventare, un giorno, seme di unità…

    R. – La persecuzione contro i cristiani ha prodotto ancora dei martiri, delle vittime. Pensiamo soltanto all’esempio dei cristiani copti d’Egitto, così gravemente colpiti in questi recentissimi eventi. Ebbene, il sangue dei martiri è certamente seme: seme dei cristiani, seme del futuro della Chiesa. Noi, però, dobbiamo anche essere fermamente impegnati nell’invocare il rispetto della libertà religiosa come condizione di crescita, di sviluppo delle comunità religiose e del loro rapporto pacifico all’interno delle nazioni.

    D. – Come ha più volte ricordato anche il Papa, per compiere questo cammino verso l’unità non mancano questioni che separano, che allontanano i cristiani, ma tutti i cristiani possono annunciare insieme la paternità di Dio e la vittoria di Gesù sul peccato e sulla morte…

    R. – Annunciare divisi il Vangelo dell’amore è uno scandalo. I cristiani devono essere testimoni dell’unico Dio che è amore, dell’unico Dio-Trinità, dell’unico suo Vangelo. La nuova evangelizzazione esige più che mai uno sforzo di comunione e di unità per presentare a questo mondo inquieto, deluso dai grandi racconti delle ideologie e bisognoso di senso, il volto del Dio cristiano come il volto di Dio che è amore e che perciò dà senso, speranza al cuore degli uomini. (gf)

    Nel contesto della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, verrà a Roma in questi giorni una delegazione della dirigenza della Chiesa evangelica luterana tedesca. La visita si terrà in occasione del cinquecentesimo anniversario della visita a Roma di Martin Lutero. La delegazione sarà ricevuta in udienza da Benedetto XVI il prossimo 24 gennaio. Domenica prossima inoltre è prevista una cerimonia nell'abbazia di San Paolo fuori le Mura. Durante questa celebrazione verrà piantato un albero in gemellaggio con il Giardino della Riforma a Wittenberg.

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    Intervista all’iniziatore del Cammino Neocatecumenale, Kiko Argüello, dopo l’incontro di ieri con il Papa in Vaticano

    ◊   “Da oltre quarant’anni il Cammino Neocatecumenale contribuisce a ravvivare e consolidare nelle diocesi e nelle parrocchie l’Iniziazione cristiana”, pertanto la Chiesa lo considera “un particolare dono suscitato dallo Spirito Santo”. Così il Papa, ricevendo ieri in udienza nell’Aula Paolo VI in Vaticano, settemila membri del Cammino Neocatecumenale, con gli iniziatori Kiko Argüello, Carmen Hernandez insieme a padre Mario Pezzi, per l’invio di oltre 230 famiglie in 46 Paesi del mondo. Un invio per tredici nuove missio ad gentes, una forma particolare di presenza missionaria in luoghi in cui la Chiesa non è presente. Dopo l’udienza, Roberto Piermarini ha chiesto a Kiko Argüello cosa lo ha colpito di più del discorso del Papa:

    R. – Mi ha colpito la sottolineatura “Andate in tutto il mondo! Andate ad annunciare il Vangelo”: e quello che ha detto delle communitates in missionem: “Avete lasciato la comodità della vostra parrocchia per andare ad aiutare parroci in difficoltà”, questo ci consola. Parroci che hanno diciassette, venti comunità, accettano che tre o quattro comunità vadano ad aiutare i parroci delle periferie, piene di emigranti, dove incontrano molte difficoltà pastorali. Noi, quindi, portiamo una comunità cristiana, che li aiuta in tutti i sensi.

    D. – Per la Chiesa, gli “Orientamenti per i catechisti” sono diventati “Direttorio catechetico”. Che significa per il Cammino Neocatecumenale questa approvazione?

    R. – Siamo sorpresi del fatto che la Chiesa abbia voluto appoggiarci maggiormente, chiamando gli Orientamenti, “Direttorio”, perché non solo li ha studiati, ma li ha anche completati. Là dove qualche frase nel testo non era ben messa, la Santa Sede ci ha detto come formularla e ci ha anche chiesto di inserire tutti i punti del Catechismo della Chiesa cattolica, che sono più di duemila. C’è, dunque, una vera formazione dei catechisti. La Chiesa riconosce quello che noi facciamo per formare un cristiano, lo ritiene valido e dice: “Voi potete formare un cristiano”. E questa è una cosa meravigliosa.

    D. – 230 famiglie inviate dal Papa in missione nel mondo: qual è la loro missione?

    R. – Di ogni tipo: mostrare la fede, mostrare in loro la vita eterna ma soprattutto portare il proprio sostegno in zone molto difficili, dove la formazione catechetica della gente è molto debole e dove anche le comunità che si formano sono molto deboli. Ci sono delle zone dove non ci sono famiglie tradizionali con un padre ed una madre, ci sono molte famiglie separate, divise; tanta gente è distrutta e non sa cosa sia una famiglia cristiana. Noi mostriamo loro cosa sia una famiglia. Per questo molti vogliono diventare come quella famiglia - i giovani soprattutto - e lì dove arrivano queste famiglie missionarie molti sentono il desiderio di sposarsi. Si risana così la famiglia nel mondo, perché la famiglia è la cellula fondamentale per un mondo migliore, di una società migliore. Distruggere la famiglia è un errore immenso, eppure in tutta Europa la stanno distruggendo. La prova è che in Scandinavia il 78% delle persone vivono sole e, alla fine, non convivono con nessuno: c’è un livello di suicidio molto alto, un alto tasso di alcolismo e una vita dura, vissuta in solitudine.

    D. – Le comunità in missione, che hanno lasciato la propria parrocchia per aiutare parrocchie in difficoltà, stanno dando i primi frutti?

    R. – Sì, e ne sono contentissimo! Il primo frutto lo ricevono loro. Loro pensavano che sarebbe stato difficile, ma il successo di questa missione sa qual’è? Come dice San Paolo, “Cristo è morto, perché l’uomo non viva più per se stesso”. Molti cattolici hanno la tentazione di tornare a vivere per se stessi, di installarsi; coloro che vanno in missione invece, come queste famiglie, sono stati inviati e cercano di non vivere più per se stessi: ma fanno la volontà di un altro! Questo risana le loro radici e li rende più contenti di prima. (ap)

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    Mons. Giordano: l’Europa ha bisogno della luce della fede. Gioia nelle istituzioni Ue per la Beatificazione di Papa Wojtyla

    ◊   Si è celebrata, ieri sera nella Cattedrale di Strasburgo, una “Messa per l’Europa” dedicata, in particolare, a quanti sono impegnati nelle istituzioni del Vecchio continente. L’iniziativa è stata promossa dall’osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, mons. Aldo Giordano. La Messa, presieduta dall’arcivescovo di Strasburgo Jean-Pierre Grallet, è stata celebrata in coincidenza con l’avvio della sessione plenaria del parlamento dell’Unione Europea. Al microfono di Alessandro Gisotti, mons. Giordano parla della celebrazione di ieri e si sofferma sul contributo che la fede può dare al futuro dell’Europa:

    R. – Siamo stati sorpresi a trovarci la cattedrale di Strasburgo piena. Erano presenti certamente più di mille persone tra le quali i rappresentanti, i responsabili del Consiglio d’Europa, molti ambasciatori, giudici, anche membri del parlamento dell’Unione Europea, anche commissari dell’Unione europea, e poi un intero popolo di Dio, di persone che abbiamo scoperto avere un interesse per l’Europa: comunità religiose di clausura che pregano regolarmente per l’Europa, gruppi di parrocchie o diocesani che hanno interesse per i valori europei. Quindi, questa Messa è stata veramente uno spazio dove Dio è stato presente nella realtà pubblica.

    D. – Anche questa Messa, questa iniziativa della sua Missione, dimostra evidentemente che l’Europa ha bisogno di un’anima per sostenersi, per costruire il suo futuro e soprattutto per non risultare lontana dai popoli, dalle sue esigenze. Quanta sensibilità c’è, secondo lei, su questo fronte nelle istituzioni europee?

    R. - Con il Papa, che continua ad insistere su un’immagine – l’immagine della luce - ho l’impressione che l’Europa abbia proprio bisogno di luce. Davanti all’illusione che forse per troppo tempo abbiamo avuto di avere la luce, di essere degli “illuminati” e soprattutto di avere luce e ragione tecnico-scientifica, oggi, davanti alle grandi sfide che l’Europa ha, ci accorgiamo che occorre forse avere il coraggio e anche l’umiltà di rimetterci alla ricerca e di seguire una luce. Aver bisogno di una luce è intuire che c’è bisogno che il cielo sopra l’Europa non sia chiuso, quindi aprirsi a una dimensione più alta, a un orizzonte più grande, ad una trascendenza. Credo che questo sia un momento favorevole perché se da una parte sembra che ci sia molta indifferenza, con tutto il tentativo - che conosciamo bene - di mettere la religione a margine, dall’altra parte ci accorgiamo che le persone nel loro cuore hanno un desiderio e una sete maggiore.

    D. – Il parlamento europeo e il Consiglio d’Europa in questi giorni si occuperanno di libertà religiosa. Un tema che vede la Santa Sede - e anche lei personalmente - impegnata con grande energia, con grande passione…

    R. - E’ un momento, anche questo, dove si nota – per fortuna – una certa nuova sensibilità sul tema. Si è preso coscienza della gravità del tema della libertà di religione. Il Papa ci invita ad andare molto in profondità. E’ in gioco l’uomo, sono in gioco la dignità e la grandezza dell’uomo: difendere la libertà della religione è difendere la profondità della dignità della persona umana, che è costituita addirittura dal rapporto con il divino, con il trascendente e quindi ha una dignità altissima. E dall’altra parte, si scopre anche che solo la dimensione religiosa è una garanzia, un fondamento del rapporto degli uomini tra di loro.

    D. – Il primo maggio prossimo, la Beatificazione di Karol Wojtyla: Giovanni Paolo II ha dato davvero anima e corpo per la riunificazione della grande famiglia europea…

    R. – E’ una reazione di gioia quella che io ho sentito anche qui, al Consiglio d’Europa, presso le istituzioni europee. E' una reazione di speranza, la notizia della Beatificazione di Giovanni Paolo II, perché egli è riconosciuto come un protagonista della nuova Europa. E’ stato un protagonista che ha visto che l’Europa non poteva sopravvivere con un muro che la divideva. Bisognava andare oltre il muro, respirare – è famosa l’immagine o l’icona dei due polmoni – a due polmoni, e bisognava andare al di là della visione ideologica. Nel secolo scorso, noi abbiamo conosciuto la tristezza di ideologie che hanno portato l’Europa e il mondo alla deriva e che in qualche maniera hanno voluto escludere Dio, escludere la religione. Giovanni Paolo II ha detto ancora: l’Europa ha bisogno di Dio, l’Europa deve scoprire le sue radici cristiane, l’Europa deve essere uno spazio di questa vera libertà, di questa vera socialità e questo è stato l’anima che ha portato a superare un muro terribile che c’era nel nostro continente. (bf)

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    Il rapporto tra Chiesa e politica alla luce del Concilio: pochi i politici cristiani di spessore professionale e morale

    ◊   La Chiesa non si confonde in alcun modo con gli intrecci della politica, e tuttavia è sempre interessata alla politica intesa in senso ampio come servizio all'uomo e al bene comune. Un principio ribadito 45 anni fa in un passaggio della Costituzione dogmatica Gaudium et spes, dove si esortano i laici cristiani a impegnarsi in politica con adeguate capacità professionali, ma soprattutto con la coerenza che impone la loro fede. Il gesuita padre Dariusz Kowalczyk riflette su questo tema nella rubrica dedicata alla riscoperta dei documenti conciliari:

    I preti dovrebbero stare lontano dalla politica. È vero o no? Dipende dal contesto. Il Codice di Diritto Canonico raccomanda che i chierici “non abbiano parte attiva nei partiti politici e nella guida di associazioni sindacali” (can. 287). Se la “politica” però viene intesa come sollecitudine per il bene comune, è chiaro che - così interpretata - deve essere oggetto d’interesse da parte dei sacerdoti. In ogni caso rimane valido il principio formulato dalla Gaudium et spes: “La Chiesa […] in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico” (n. 76). Infatti, la missione della Chiesa oltrepassa qualsiasi prospettiva politica. La Costituzione conciliare mette in rilievo che “la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo” (GS 76). Contemporaneamente però fa notare che tutte e due le realtà sono a servizio degli stessi uomini. D’altra parte, i cattolici laici fanno parte di diversi partiti politici.

    Il problema di oggi tuttavia non consiste in una politicizzazione dei sacerdoti, ma nella scarsità dei politici cristiani, capaci professionalmente e moralmente, ad impegnarsi in politica come cristiani. Dall’insegnamento del Concilio consegue chiaramente che i fedeli laici non dovrebbero rinunciare all’attività politica. Anzi, proprio loro sono chiamati ad essere presenti nelle diverse strutture della politica, a condizione di rimanere coerenti con la propria fede. È auspicabile che tale presenza sia caratterizzata – come leggiamo nella Gaudium e spes da “una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli […] compiono in proprio nome, come cittadini, guidati dalla loro coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori”. Ed è da augurarsi che p.es. nelle istituzioni dell’Unione Europea non manchino i politici capaci di mettere in pratica quel principio.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, Ferdinando Cancelli sulla fine naturale della vita tra cure proporzionate e accanimento.

    Nell'informazione vaticana, il cardinale Jozef Tomko ricorda Giovanni Paolo II in un'intervista di Nicola Gori.

    Così lontani, così vicini: in rilievo, nell'informazione internazionale, l'incontro, a Washington, fra i presidenti statunitense e cinese.

    Professione teologo: in cultura, un articolo di Inos Biffi dal titolo "Quelli che riflettono sull'invisibile".

    Il cinema coraggioso dell'ultimo Gattopardo: Luca Pellegrini su un documentario di Giuseppe Tornatore che rende omaggio al produttore cinematografico Goffredo Lombardo.

    Tolkien e il mito dell'eroe imperfetto: Claudio Testi riguardo a novità editoriali sullo scrittore britannico.

    Sandro Barbagallo recensisce la mostra - alla Galleria Borghese di Roma - su Lucas Cranach.

    Nel castello di Petrarca: scoperti a Capranica i resti monumentali dell'antica dimora degli Anguillara.

    Nell'informazione religiosa, intervista al vescovo Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani.

    Un articolo - a firma dell'arcivescovo di Parigi, cardinale André Vingt-Trois - uscito sul quotidiano "Le Figaro" con il titolo "Bioetica e fine di vita: la coerenza del principio d'umanità".

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    Oggi in Primo Piano



    L'arcivescovo di Tunisi, mons. Lahham: la gente si riappropri della sua dignità

    ◊   In Tunisia, sembra essere tornata la calma, dopo che ieri il premier, Mohammed Ghannouchi, ha annunciato la formazione del governo di unità nazionale per traghettare il Paese verso libere elezioni. La polizia in assetto antisommossa, tuttavia, resta schierata in alcune zone chiave della capitale, nel timore che esplodano nuove proteste. Intanto, il principale sindacato ha deciso di negare il suo appoggio al nuovo esecutivo, mentre tre ministri hanno già rassegnato le dimissioni. In che modo la popolazione ha reagito a questa decisione? La collega della redazione inglese della nostra emittente, Kealsea Brennan Wessels, lo ha chiesto all’arcivescovo di Tunisi, mons. Moroun Elias Nimeh Lahham:

    R. – Le reazioni alla formazione del governo di unità nazionale sono varie. C’è un movimento che accetta tutto questo, e meno male, perché bisogna che il Paese vada avanti almeno per sei mesi, fino alle elezioni generali. C’è un’altra parte, però, che rifiuta assolutamente la partecipazione degli uomini del regime passato al nuovo governo. Adesso, ci sono delle manifestazioni per le strade di Tunisi di coloro che non accettano la partecipazione degli uomini dell’Rdc, il partito precedentemente al potere, al nuovo governo. I prossimi giorni ci diranno quale delle due correnti sarà più forte.

    D. – Qual è l’auspicio della Chiesa cattolica in questo momento così difficile?

    R. – Il desiderio della Chiesa cattolica in Tunisia è che il popolo si riappropri della sua dignità, della sua libertà, e si avvii verso una società libera, democratica ed adulta. (ap)

    E per una testimonianza su come gli stranieri hanno vissuto questi giorni di rivolta nel Paese Stefano Leszczynski, ha raggiunto telefonicamente in Tunisia un imprenditore italiano che preferisce mantenere l’anonimato per ragioni di sicurezza:

    R. - La situazione è in miglioramento. Questa notte abbiamo sentito molti meno spari: c’era semplicemente un elicottero che sorvolava la città sopra di noi. Per il momento, il problema maggiore rimane quello del commercio, perché a causa del coprifuoco si lavora 4-5 ore al giorno - e non di più - e quindi c’è ancora qualche problema per comprare anche da mangiare.

    D. - Quali sono stati i principali timori che avete avuto quando vi siete trovati in mezzo a questa rivolta?

    R. - Nessuno, nessuno. In quattro giorni però è successo il finimondo e consideri anche che non si vedevano più poliziotti in giro finché, poi, è uscito l’esercito… Adesso stiamo a vedere. Speriamo che la situazione si normalizzi e che soprattutto non ci sia il vuoto di potere, perché di poliziotti in giro ancora non se ne vedono tanti… Prima eravamo abituati a vedere i poliziotti ogni cinquecento metri e adesso non si vedono più.

    D. - Lei che idea si è fatto delle ragioni di queste proteste?

    R. - Le ragioni? Io penso che ci sia una volontà di cambiamento. Io spero che si realizzi e che dia stabilità al Paese.

    D. - Si è parlato di “rivolta del pane”: ma era così grave la situazione?

    R. - Per quello che era di mia conoscenza, no. So che l’80 per cento dei tunisini ha la propria casa: certo, anche qui c’è stato il carovita e quindi i costi sonoaumentati. Non mi sembrava, però, che fosse in generale una situazione così grave, anche se per certe famiglie senz’altro lo era. Ma comuqnue, non per la maggioranza delle famiglie tunisine. Tutti quelli che manifestavano non penso fossero dei disoccupati.

    D. - C’è stato qualcuno che ha manovrato politicamente, perché tutto questo avvenisse?

    R. - Lo penso anche io. Non è che ne sia certo, ma penso proprio di sì. (mg)

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    Mons. Nosiglia sul referendum Fiat-Mirafiori: né vincitori né vinti

    ◊   “Non ci sono né vincitori, né vinti”. E’ il commento dell’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, riguardo al referendum che si è svolto nei giorni scorsi nella fabbrica Fiat di Mirafiori a Torino. Mons. Nosiglia ha seguito la vicenda Fiat “con partecipazione, sofferenza e preghiera”. Ora - ha detto - si tratta di “gestire bene il futuro con la massima responsabilità da parte di tutti”. Ascoltiamo mons. Cesare Nosiglia, al microfono di Luca Collodi:

    R. - Credo che la volontà di investire sia stata detta, ripetuta e riconfermata anche dalla proprietà e dell’amministratore delegato. Insomma, c’è questa disponibilità. Però credo che sia i sindacati, sia l’azienda debbano ritrovare la via del dialogo, del dialogo costruttivo, in un clima di maggiore serenità, di maggiore concordia, perché qui non ci sono vinti o vincitori. Credo che sostanzialmente tutti i sindacati abbiano svolto un’opera anche positiva dal loro punto di vista, perché al centro hanno messo comunque il lavoro, hanno messo le esigenze dei lavoratori. Tutto questo credo che possa rappresentare un patrimonio che va adesso rivisitato da parte di tutti.

    D. - Molta stampa mette in risalto che il “sì” ha vinto con l’aiuto degli impiegati, dei cosiddetti “colletti bianchi”, rispetto invece al “no” che ha mantenuto compatto il fronte degli operai…

    R. - L’impiegato fa pur sempre parte dell’azienda: è un lavoratore anche lui, non è mica un padrone, non è certo colui che gestisce. Quindi, si lavora tutti insieme. Al di là di queste diatribe, che riguardano una lettura tirata un po’ da una parte e un po’ dall’altra - e che è tipica dopo un referendum che è arrivato un po’ a dividere - io credo che i lavoratori abbiano espresso con responsabilità, equilibrio, saggezza alcune indicazioni che vanno accolte e che vanno perseguite: anzitutto, la garanzia del lavoro, che è diritto primario e che oggi esige anche - di fronte alla globalizzazione e al mercato - dei sacrifici, che una volta magari non si facevano; e, l’impegno che chi lavora sia tutelato, nelle proprie necessità personali, di giustizia, in quelle familiari e sociali. Quindi, hanno dato un messaggio che preso globalmente - perché io lo prendo globalmente, perché il “sì” e il “no” mi interessano fino ad un certo punto, perché deve interessare soprattutto la globalità di ciò che hanno detto insieme i lavoratori - ha espresso aspetti diversi, ma che hanno tutti un unico fine, che è quello di lavorare e lavorare con quella serenità, con quella forza di volontà e di sacrificio da parte loro, ma anche di impegno da parte dell’azienda di costruire le migliori condizioni, perché possano veramente promuovere la loro persona, le loro famiglie e l’intera società attraverso il loro lavoro. (mg)

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    Tornatore racconta Goffredo Lombardo, artefice dell'età dell'oro del cinema

    ◊   Giuseppe Tornatore ricorda uno dei più importanti produttori cinematografici italiani firmando la regia del documentario "L'ultimo Gattopardo - Ritratto di Goffredo Lombardo", presentato in anteprima nazionale questa sera (martedì 18 gennaio) all'Auditorium Conciliazione di Roma. Un film di straordinaria importanza per le numerose testimonianze raccolte che delineano con affetto e rimpianto la personalità e l’attività di questo protagonista della storia del cinema italiano cui sono legati tanti capolavori. Il servizio di Luca Pellegrini:

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    La carriera di Goffredo Lombardo, produttore cinematografico d'una stirpe che sembra non esistere più, scomparso all’età di ottantaquattro anni, nel febbraio del 2005, comincia dipingendo scene negli studi della Titanus a fianco del padre Gustavo. Carriera rapida: negli anni Cinquanta e Sessanta diventa il più potente produttore cinematografico italiano, il cui nome si lega a titoli indimenticabili firmati da Fellini, Visconti, De Sica, Olmi: impossibile ricordarli tutti. Per Giuseppe Tornatore, che gli dedica con affetto questo documentario, è come un debito di riconoscenza nato sul set del "Camorrista", uno degli ultimi film prodotti dalla Titanus, nel 1986. Scorrono sullo schermo i volti di attori, registi, sceneggiatori, amici, una cinquantina di protagonisti della storia del cinema italiano, per raccontare chi è stato davvero Goffredo. Perché era difficile farlo parlare di sé, schivo ad ogni tipo pubblicità che non fosse esclusivamente legata a una sua produzione. La premessa che fece all'ultimo incontro cui si rese disponibile, per una intervista rilasciata alla "Rivista del Cinematografo", nell'estate del 2003, fu semplice e schietta: "Non mi piace, non voglio, non mi interessa elencare i miei successi ed i miei sbagli, raccontare la mia storia. Mi dà fastidio quando qualcuno mi ricorda ciò che ho fatto e magari mi fa un complimento. Perché, dentro di me, io penso di essere una persona assolutamente normale che ha soltanto scelto di fare quello che si sentiva". Le qualità e la passione Goffredo le ereditò dal padre e dalla madre, Leda Gys, che amava ricordare come la meravigliosa interprete della Vergine Maria in uno dei primi film sulla vita di Gesù, "Christus" di Giulio Antamoro, girato nel 1916 in Egitto, nel bel mezzo del primo conflitto mondiale.

    Lombardo ha trattato generi, rischiato produzioni, inseguito il successo, attraversato fallimenti e dolori enormi, ricevuto premi e riconoscimenti, frequentato l’alta società, ma con prudenza, insieme all’amatissima moglie Carla, senza mai dimenticare gli impegni della fede e della carità, una testimonianza che culminò - è doveroso ricordarlo – nel grande sforzo di organizzare il Giubileo del mondo dello Spettacolo nell’anno 2000.

    Fu suo il desiderio di diffondere, al termine delle esequie celebrate nella Basilica romana di San Lorenzo in Lucina, frequentata puntualmente ogni domenica, il meraviglioso, struggente valzer di una delle sue produzioni più famose ed alla quale era legato con incommensurabile affetto, "Il Gattopardo" di Luchino Visconti.

    Ai suoi interlocutori ricordava: “Non ditemi che sono bravo. Ditemi che sono onesto. Perché l’onestà viene al primo posto. Credetemi, è possibile essere onesti anche nel cinema". Quel cinema che questa sera ringrazia Goffredo Lombardo per ciò che ha fatto e per chi è stato.

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    Chiesa e Società



    Unità dei cristiani: da Gerusalemme un appello alle Chiese del mondo

    ◊   Si aprirà sabato 22 gennaio, dalla basilica del Santo Sepolcro, a Gerusalemme, la Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani, il cui tema di quest’anno è stato scelto proprio dai cristiani di Gerusalemme: "Essi ascoltavano con assiduità l'insegnamento degli apostoli, vivevano insieme fraternamente, partecipavano alla Cena del Signore e pregavano insieme". Fino al 30 gennaio - riferisce l'agenzia Sir - dalla Chiesa Madre della Città Santa “risuona l'appello all'unità delle Chiese in tutto il mondo. Consapevoli delle proprie divisioni e della necessità di fare di più per l'unità del Corpo di Cristo – si legge in una nota del Patriarcato latino - le Chiese di Gerusalemme invitano tutti i cristiani a riscoprire i valori che costituivano l'unità della prima comunità cristiana di Gerusalemme”. La sfida lanciata dai cristiani locali a quelli delle Chiese nel mondo “è rendere questa settimana di preghiera un'occasione per rinnovare il proprio impegno a lavorare per un vero ecumenismo e ricordarli nella precarietà della loro attuale situazione e di pregare per una giustizia che porterà la pace in Terra Santa”. Denso il programma degli eventi di preghiera nelle diverse chiese di Gerusalemme: il 22 gennaio apertura al Santo Sepolcro con l’ufficio ortodosso, il 23 preghiera nella chiesa greco-cattolica dell'Annunciazione, il 24 nella cattedrale armena di Saint-Jacques, il 25 nella chiesa luterana del Redentore, il 26 nella chiesa latina di San Salvatore, il 27 nel Cenacolo, il 28 nella chiesa siro-ortodossa di San Marco, il 29 in quella ortodossa etiope e il 30 nella cattedrale anglicana di San Giorgio. (R.P.)

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    Congo: per il vescovo Domba Madly la suora uccisa è stata vittima di un’imboscata stradale

    ◊   “Suor Jeanne Yegmane è stata uccisa in un’imboscata stradale. Non si è trattato di un omicidio mirato” dice all’agenzia Fides mons. Richard Domba Madiy, vescovo di Doruma-Dungu, nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo, nel cui territorio il 15 gennaio è stata uccisa suor Jeanne Yegmane, infermiera e oftalmologa, ex superiora della congregazione delle “Augustine” (Ordine di Sant’Agostino) di Dungu. “Gli assalitori sono emersi all’improvviso dalla foresta, ed hanno sparato contro i veicoli di passaggio, uccidendo suor Yegmane. Dopo aver fermato le auto hanno saccheggiato i passeggeri e, prima di fuggire, hanno incendiato i veicoli. Nella colonna bloccata vi era almeno un militare che però non è riuscito ad intervenire” dice mons. Domba. “Conoscevo bene suor Yegmane. Era stata la Superiora delle Augustine. Dopo la conclusione del suo mandato l’avevamo inviata a Kinshasa per specializzarsi in oftalmologia. Era molto impegnata nella cura dei malati. La sua morte è una grave perdita per la comunità” dichiara mons. Domba. “Suor Jeanne era infermiera oftalmologa e referente per la diocesi di Dungu del progetto promosso da Cbm Italia Onlus nella città di Isiro. Da mesi, infatti, lavorava intensamente per la realizzazione del Centre Ophtalmologique Siloe d’Isiro: una clinica che coprirà un bacino di utenza di circa 2 milioni di persone nel distretto dell’Alto Huele (Congo Orientale) e verrà inaugurata ufficialmente a maggio”. Sull’identità degli assalitori non vi sono conferme ma tutto lascia credere che siano guerriglieri dell’Lra (Esercito di Resistenza del Signore). “Sono stati con ogni probabilità i guerriglieri dell’Lra, che da anni colpiscono in questa area” sostiene il vescovo. “Le autorità hanno affermato che l’Lra è finita. Ma non è vero. Vi sono ancora diversi ribelli nella foresta. L’esercito cerca di proteggere la popolazione, ma i guerriglieri attaccano rapidamente e poi fuggono nella foresta. È veramente difficile prenderli” conclude mons. Domba. (R.P.)

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    Un nuovo carcere o l’udienza in tribunale: seri pericoli e scorta privata per Asia Bibi

    ◊   Asia Bibi avrà una scorta privata se dovrà muoversi per essere trasferita in un nuovo carcere o per l’udienza al processo di appello, presso l’Alta Corte di Lahore: è quanto riferisce all’agenzia Fides Haroon Barket Masih, leader della “Masihi Foundation”, unica organizzazione che si sta occupando di fornire assistenza legale alla donna, condannata a morte per blasfemia, nonchè aiuto materiale alla sua famiglia. Secondo un rapporto dei Servizi segreti pakistani, date le minacce ricevute, Asia Bibi dovrebbe essere trasferita in una nuova prigione femminile, probabilmente a Multan, per garantire la sua sicurezza personale. “Ma anche questo trasferimento implica gravi pericoli per la sua incolumità”, nota Haroon Masih. “I terroristi si possono annidare a ogni passo, o perfino infiltrarsi fra le guardie che dovrebbero proteggerla, come è accaduto al governatore Taseer”. Per questo la Fondazione Masihi, in accordo con le autorità, intende organizzare un servizio di scorta privato, che sia una ulteriore garanzia di protezione per la donna: “Oggi, visti gli ultimi eventi, non nutriamo molta fiducia nel servizio di guardia fornito dallo Stato, composto da uomini musulmani”, rimarca. Altro rischio per Asia sarebbe quello di comparire in tribunale: come dicono a Fides gli avvocati difensori della donna, che stanno ultimando il rapporto da sottoporre alla Corte, la prima udienza dell’appello si avvicina e potrebbe essere fissata entro la fine del mese di gennaio. Ma la presenza di Asia in aula, a Lahore, è “altamente sconsigliata, perchè la esporrebbe al tiro dei radicali, come accaduto ai fratelli Rashid e Sajid Emmanuel, accusati di blasfemia e uccisi durante il processo, davanti al tribunale di Faisalabad nel luglio 2010”. Gli avvocati, vista la situazione e il pericolo reale di una esecuzione sommaria (ne sono già avvenute 34 di persone accusate di blasfemia), chiederanno la celebrazione del processo con udienze speciali da tenersi fra le mura del carcere. Haroon Barket Masih conclude: “Dobbiamo fare di tutto per preservare la vita di Asia. Anche la sua famiglia oggi, che vive in un luogo segreto, è profondamente disorientata di fronte alla piega che ha preso la vicenda e alla violenza che si è scatenata nella società. Speriamo che, vista la mobilitazione nazionale internazionale, Asia possa presto riacquistare la sua libertà, vista la sua innocenza”. (R.P.)

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    Pakistan, false accuse di blasfemia: donne cristiane aggredite e umiliate in pubblico a Lahore

    ◊   Blasfemia, questa l’accusa mossa nei confronti di due donne cristiane di Lahore, in Pakistan, vittime nei giorni scorsi di violenze e umiliazioni pubbliche da parte di estremisti islamici. A scatenare l’episodio, come riferito dall'agenzia AsiaNews, pare sia stata una controversia familiare fra una delle due donne e la moglie del fratello, di fede musulmana. Al centro del contrasto la religione secondo cui crescere ed educare la figlia della coppia mista. L’accusa di blasfemia, è emersa in seguito a una disputa fra Saira e Amina, che ha coinvolto anche la madre di Saira. Amina, sarebbe uscita dalla casa della suocera accusando le due donne cristiane di aver diffamato il profeta Maometto. Un’accusa che ha scatenato l’intervento di un gruppo di estremisti della zona. La folla ha picchiato Saira e la madre fin a far perdere loro i sensi; preparato delle corone con vecchie scarpe e messe al collo delle donne e dopo aver sporcato la loro faccia le hanno caricate a dorso di due asini e fatte girare nel quartiere. Le due donne hanno trovato un rifugio sicuro grazie a Zameer Khan, un operatore di una Organizzazione non governativa che si è adoperato per salvare loro la vita. Zulfiqar Hameed, dirigente della polizia di Lahore, conferma che si tratta di “controversia familiare” e che Saira “è stata accusata ingiustamente”. Mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad-Rawalpindi, denuncia la crescente intolleranza” della società pakistana, che deve risolvere “con la massima urgenza” un problema di natura “sociologico”. Padre Xavier Joseph, aggiunge, che la realtà è peggiorata al punto che la religione è utilizzata per risolvere le controversie personali e che Stato e religione dovrebbero essere separati, per evitare che scoppi una guerra civile. (M.I.)

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    Indonesia: i cristiani accusano il presidente Yudhoyono di non tutelare la libertà religiosa

    ◊   Il presidente Susilo Bambang Yudhoyono e l’intera classe dirigente indonesiana attraversano una crisi di “coscienza”, prestano attenzione “ai giochi politici” dimenticando i “valori fondamentali dell’individuo”, fra i quali “la libertà religiosa”. È quanto afferma all'agenzia AsiaNews Theophilus Bela, presidente di Jakarta Christian Communication Forum e segretario generale di Indonesian Committee on Religion and Peace. L’allarme lanciato dal leader cristiano trova conferma nell’aumento dei casi di violenze interconfessionali: “Nel 2009 – spiega – sono stati una decina i casi di attacchi contro fedeli o luoghi di culto, ma nel 2010 il numero è schizzato a 45 episodi”. Il presidente Yudhoyono ha chiesto con urgenza un incontro a porte chiuse con i leader religiosi, per stemperare le polemiche attorno al suo operato e a quello dell’intero esecutivo. La scorsa settimana nove capi del movimento interconfessionale hanno puntato il dito contro le autorità, incolpandole di non aver mantenuto molte promesse, fra le quali una piena applicazione della “libertà di religione”. In particolare, nel 2010 si è registrata una crescita esponenziale nei casi di attacchi contro i cristiani: le violenze hanno interessato chiese, ospedali o edifici cattolici nel West Java, Jakarta, Central Java e Solo; a questi si aggiungono dozzine di episodi di aggressioni e devastazioni compiute da fondamentalisti islamici contro chiese protestanti, nell’indifferenza del governo indonesiano. Theophilus Bela rivendica il diritto di evangelizzare e la libertà di pensiero per tutti gli indonesiani, compresi i cristiani. Egli aggiunge che i leader religiosi “non possono rimanere in silenzio” se vedono qualcosa di sbagliato all’interno della società. Vi è inoltre una colpevole “lentezza” da parte delle autorità nel reprimere i casi di violenze da parte dei gruppi estremisti islamici. E per i cristiani, conclude, restano due i punti cruciali da risolvere: la libertà di praticare la fede secondo i riti tradizionali e la possibilità di costruire chiese. Fra i casi di violazione alla libertà religiosa, il leader del Comitato indonesiano su Religione e pace ricorda quanto è successo durante le recenti festività natalizie nella parrocchia di San Giovanni Battista a Parung, nel distretto di Bogor: estremisti locali hanno impedito a 3mila fedeli cattolici di celebrare la messa in una chiesa, confinandoli in un parcheggio pubblico. (L.Z.)

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    Egitto: il Patriarca egiziano copto domani non celebrerà l’Epifania in pubblico

    ◊   Il patriarca dei Copti, Shenouda III, ha deciso di non presiedere alla celebrazione della festa dell’Epifania domani ad Alessandria. La decisione, anticipata dal quotidiano cairota “Al Ahram”, sarebbe stata presa dal capo della Chiesa copta per rispetto verso le persone che ad Alessandria sono ancora in lutto per le vittime dell’attentato alla chiesa dei Santi nella notte del 1° gennaio. Sarà la prima volta che il patriarca non celebrerà la messa dell’Epifania ad Alessandria. Fonti vicine a Shenouda III riprese dall'agenzia AsiaNews, attribuiscono questa decisione alla volontà di rispettare l’atmosfera di tristezza che ancora pervade gli ambienti della Chiesa ad Alessandria. Ma il patriarca, che resterà al Cairo, non presiederà neanche la celebrazione della cerimonia che si svolgerà nella cattedrale cairota di Abbassiya, e ha preferito scegliere di officiare una messa privata, non aperta al pubblico. Shenouda III, che ha 87 anni, è tornato il 17 gennaio in Egitto da un viaggio compiuto negli Stati Uniti per controllare lo stato dei suoi reni, del cuore e il progresso nel recupero dell’uso di una gamba operata nel 2008. La sua prima apparizione pubblica, di ritorno dal viaggio, avverrà domani, in occasione della sua predica settimanale del mercoledì. Anche se è la prima volta che non è presente alla celebrazione dell’Epifania ad Alessandria, il patriarca nel passato ha minacciato di non presiedere a celebrazioni religiose importanti in segno di protesta nei confronti delle autorità laiche per le discriminazioni sociali e legislative di cui soffrono i copti. Attualmente sono in corso colloqui fra la Chiesa copta e lo Stato per modificare le leggi che regolano i permessi per la costruzione di edifici cristiani in Egitto, al momento molto restrittive. (R.P.)

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    Mons. Keith Newton: costruirò ponti di dialogo tra Chiesa anglicana e cattolica

    ◊   Mons. Keith Newton è stato ordinato, sabato scorso, al sacerdozio cattolico, nella Westminster cathedral di Londra, la chiesa madre del cattolicesimo inglese, insieme agli altri due vescovi anglicani diventati cattolici, John Broadhurst e Andrew Burnham, dal Primate cattolico di Inghilterra e Galles, mons. Vincent Nichols. Il nuovo ordinariato è stato dedicato alla Madonna di Walsingham, l’unico santuario mariano inglese sotto il patronato del beato John Henry Newman. “Quello che sono stato come prete e vescovo anglicano è stato rispettato”, ha commentato Newton all’agenzia Sir, “Non nego nulla del mio passato”, ha aggiunto. Mons. Newton ha anche spiegato che non pensa alla “Chiesa di Inghilterra con rabbia o amarezza” e che sarà parte del lavoro dell’ordinariato “costruire ponti tra questa e quella cattolica”. Il nuovo ordinario, che è sposato e ha tre figli, ha inoltre affermato che la sua fede e la sua vocazione come sacerdote sono state “nutrite e allevate” dalla Chiesa anglicana, ma che ha sempre avuto un profondo desiderio di unità con la Chiesa cattolica e che il cammino dell’ecumenismo verso di questa è stato “rallentato dalla decisione degli anglicani di ordinare le donne pastore e le donne vescovo”. L’ordinariato avrà la sede, per il momento, in Eccleston square, a Londra, presso gli uffici della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles. “Sento molto la responsabilità di provvedere ai fedeli e sacerdoti anglicani che vorranno entrare a far parte dell’ordinariato”, ha così concluso mons. Newton. (M.I.)

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    Malaysia: un antico dizionario Latino-Malay conferma l'uso per i cristiani del termine “Allah”

    ◊   Un antico dizionario Latino-Malay, edito dalla Congregazione di Propaganda Fide nel 1631, rappresenta per la Chiesa cattolica in Malaysia “la prova decisiva nella questione dell’uso del termine Allah per i cristiani”: è quanto spiega in un colloquio con l’agenzia Fides, padre Lawrence Andrew, sacerdote di Kuala Lumpur e Direttore dell’Herald Weekly, il settimanale cattolico della diocesi di Kuala Lumpur che, proprio un anno fa, è stato al centro della battaglia legale sull’uso della parola Allah per riferirsi a Dio nel culto, nella liturgia e nelle pubblicazioni cristiane. Il settimanale e la Chiesa malayisiana avevano avviato un contenzioso legale davanti all’Alta Corte, dopo il pronunciamento del governo malaysiano che aveva proibito ai cristiani malaysiani di utilizzare il termine “Allah” per indicare il loro Dio. Allah, si diceva nel decreto, deve restare appannaggio dei fedeli musulmani per non creare confusione. D’altro canto i fedeli cristiani ribattevano che l’uso era inveterato da secoli e che non aveva mai generato conflitti. L’Alta Corte ha dato ragione alla Chiesa e il verdetto scatenò, nel gennaio 2010, un’ondata di violenza contro le chiese cristiane in tutto il paese, ad opera di islamisti radicali. Il governo malaysiano ha comunque inoltrato ricorso in appello e la sentenza è stata sospesa: attualmente, quindi, “non possiamo ancora utilizzare il termine Allah. Restiamo in paziente attesa, ma sembra che il nuovo processo avrà tempi lunghi” nota padre Andrew. In questa situazione, il sacerdote vede come “una manna dal cielo”, la nuova pubblicazione del “Dictionarium Malaico-Latino et Latino-Malaico”, avvenuta dopo un paziente lavoro di 11 anni di ricerca storica e editing, grazie alla spinta e all’interessamento del vescovo di Trento, mons. Luigi Bressan, che è stato delegato apostolico in Malaysia dal 1993 al 1999. La preziosa copia originale del dizionario si trova oggi presso biblioteca della Pontificia Università Urbaniana. Nella nuova, moderna edizione, mons. Bressan ha scritto una prefazione al dizionario, che costituisce “un testo storico e una prova incontrovertibile che già secoli fa i missionari lavorarono per lo scambio culturale e linguistico, e che le comunità cristiane in Malaysia utilizzavano, già nel 1600, il termine Allah” spiega padre Andrew. “Sottoporremo questa ennesima, nuova prova al tribunale, rimarcando che si tratta di una eredità storica acquisita per le comunità cristiane malay” aggiunge. Il governo e alcuni gruppi musulmani, spiega il sacerdote, vorrebbero spostare la questione sul piano teologico, ma “per noi resta solo un problema di natura linguistica e in questo ambito vogliamo restare”. In questo momento, conclude padre Andrew, “continuiamo nella nostra pacifica campagna, accompagnando questo percorso con la preghiera, perché ci venga restituito il diritto di pregare e rivolgerci a Dio con il nome che sempre abbiamo utilizzato, che hanno utilizzato i nostri padri, e che non ha mai creato alcun problema”. (R.P.)

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    Congo: il cardinale Monsengwo giudica un passo indietro il turno unico alle presidenziali

    ◊   Nella Repubblica democratica del Congo, continua ad alimentare dibatti e suscitare reazioni la modifica costituzionale approvata venerdì sera dal Parlamento di Kinshasa, riunito in seduta congiunta. Il provvedimento, boicottato dall’opposizione e varato con semplice alzata di mano, reintroduce per l’elezione del capo dello Stato il voto a turno unico a suffragio universale invece di due turni, ufficialmente allo scopo di risparmiare. 485 parlamentari delle due camere, su 504 presenti al voto, si sono detti favorevoli all’emendamento proposto dalla maggioranza del presidente uscente Joseph Kabila, al potere dal 2001, eletto per la prima volta nel 2006; solo 8 hanno votato no e 11 si sono astenuti; assenti i rappresentanti dell’opposizione, che hanno annunicato Tra le voci critiche più autorevoli, quella del cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, le cui riserve sono state ampiamente riportate dalla stampa. “Il cardinale Monsengwo ha detto che la modifica così come approvata rappresenta un passo indietro della democrazia e che il presidente che verrà eletto rischia di avere una ridotta popolarità”, ha riferito all’agenzia Misna padre Etienne Ung’Eyowun, secondo vice segretario della Conferenza episcopale nazionale (Cenco). “Tuttavia, queste parole – ha aggiunto padre Etienne - sono state strumentalizzate da alcuni organi di stampa, che hanno assimilato il cardinale Monsengwo all'opposizione, mentre non ha fatto altro che esprimere il suo parere.” “La Cenco – ha spiegato ancora padre Etienne - ricorda che il cardinale e ciascun vescovo hanno il diritto di pronunciarsi sugli obblighi inerenti agli uomini uniti in società, a nome della propria diocesi, o, se sono riuniti, a nome della Cenco. Non si può impedire al cardinale Monsengwo di parlare a nome suo, in quanto cittadino, e in quanto arcivescovo di Kinshasa”, ha puntualizzato quindi padre Etienne. La Cenco si riunirà a febbraio e in quell’occasione formulerà un parere concertato anche a proposito della modifica della Carta fondamentale del 2006, in vista per le presidenziali, previste il prossimo 27 novembre. (R.G.)

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    Sudafrica: per le inondazioni gravi danni all'agricoltura e alle abitazioni

    ◊   Gravi danni all'agricoltura sono stati causati dalle pesanti piogge estive che stanno colpendo il Sudafrica e che hanno distrutto numerose abitazioni. La provincia più gravemente colpita è Northern Cape, insieme a quella di North West. Nella provincia di Kwazulu-Natal sono stati registrati al momento 39 morti per inondazioni e fulmini. Altre 34 persone - riferisce l'agenzia Fides - sono state evacuate nell'area dell'Ivory Park, a nord di Johannesburg, mentre 4 sono state soccorse a Centurion in seguito allo straripamento del fiume Hennops. Secondo il personale che si sta occupando dei soccorsi, risultano molti dispersi. Più a sud, 34 persone sono state evacuate dopo le chiamate di emergenza giunte dall'insediamento di Thembakazi. Secondo i soccorritori la gente vive nel terrore di essere spazzata via dalle acque. Sono state evacuate famiglie anche dalle zone di Rabie Ridge e Ebony Park. Inoltre si registrano ingenti danni all'agricoltura nelle aree di Douglas, Prieska e Warrenton a Northern Cape e di Christiana nel North West. Si calcola che circa 20 mila ettari di terreni agricoli siano stati completamente sommersi dalle acque. A causa delle vaste aree agricole allagate, c'è forte preoccupazione anche per la minaccia dei rincari dei generi alimentari. Si teme inoltre che molti lavoratori del settore agricolo sarebbero stati allontanati forzatamente in seguito alle inondazioni dei campi. Anche il fiume Orange ha rotto gli argini e sono a rischio i viveri già confezionati che dovevano essere consegnati verso Pofadder, a causa delle strade allagate. Purtroppo nei prossimi giorni sono previste ancora forti piogge. (R.P.)

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    Guinea Conacky: l'Organizzazione cattolica per lo sviluppo umano riprende le attività

    ◊   Nella Guinea Conakry l’Organizzazione cattolica per lo sviluppo umano (Ocph), un’opera caritativa della Chiesa locale, riprenderà presto le sue attività sospese nel 2008 per mancanza di finanziatori. Fallito il primo progetto, anche per problemi organizzativi e il limitato coinvolgimento di sacerdoti e parrocchie, la nuova Ocph rinascerà con una missione più chiara e definita e una struttura rinnovata. Il progetto – riferisce l’agenzia Apic - è stato discusso ad un incontro di sacerdoti impegnati nella pastorale sociale a Conakry. Scopo della giornata era appunto ridefinire gli obiettivi e i valori ispiratori dell’Organizzazione, che - sottolinea il rapporto presentato alla riunione - non sarà una semplice Ong umanitaria, ma uno strumento di azione della Chiesa a favore dei poveri e dello sviluppo. Proprio per rilanciare un’autentica azione di promozione umana e di sviluppo integrale dell’uomo, in tutte le dimensioni economiche sociali e culturali e spirituali”, ricorda ancora il rapporto, l’arcivescovo di Conackry mons. Vincent Coulibaly aveva istituito più di due anni fa una commissione per la pastorale sociale. Per incoraggiare il diretto coinvolgimento delle parrocchie sarà istituita un’apposita commissione parrocchiale animata da una commissione a livello diocesano. L’idea di fondo è che per rispondere alla sfida della povertà e del sottosviluppo, occorra partire dalla base, mobilitando tutte le parrocchie e i fedeli e coinvolgendo tutte le persone di buona volontà, a cominciare dalla comunità musulmana locale. In questo modo Ocph diventerà un “braccio tecnico” con il compito di definire i vari progetti e trovare i finanziamenti mancanti quando necessari. I dettagli del progetto saranno ulteriormente approfonditi a una nuova riunione il 22 gennaio. (L.Z.)

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    Ghana: il boom delle sette minaccia di scalzare il cristianesimo. L'allarme dei religiosi

    ◊   La proliferazione delle sette in Ghana minaccia di scalzare il cristianesimo dal Paese. È l’allarme lanciato dalla sezione ghanese dell’Unione dei religiosi africani (African Religious Union of the Catholic Church, Ghana – Arug, in sigla) nel corso di una riunione nei giorni scorsi a Ho, nella regione del Volta. Alla fine del 2010 si contavano ben 7.897 nuove sedicenti chiese in Ghana, un vero e proprio business, più che un fenomeno autenticamente religioso, denuncia l’Arug in un comunicato pubblicato sul quotidiano “The Ghanaian Chronicle” e ripreso dall’agenzia Apic, che mette in guardia la Chiesa. Molti dei leader di questi movimenti – afferma il comunicato - si auto-proclamano “uomini di Dio”, facendosi chiamare addirittura vescovi, profeti, diaconi, anziani, ma in realtà si tratta di persone con “un bassissimo livello di istruzione , che non capiscono la Bibbia e la interpretano in modo superficiale”, sicuramente più accattivante delle predicazione tradizionale del Vangelo proposta da un’istituzione antica come la Chiesa. La riunione dei religiosi ghanesi non si è limitata a parlare di sette. Ampio spazio è stato ad altre piaghe che minacciano “l’esistenza stessa della nazione ghanese e la pace”: povertà, analfabetismo, ingiustizia, discriminazione, oppressione e corruzione. I religiosi ghanesi denunciano in particolare l’aumento di fenomeni come la prostituzione, l’alcolismo e il libertinismo ed esortano il governo, le Ong e le organizzazioni religiose a lottare insieme contro il maltrattamento dei bambini, le violazioni dei diritti umani e tutto quello che ostacola lo sviluppo del Paese. In Ghana il cristianesimo è la religione maggioritaria (poco più del 50%) e i rapporti con le altre comunità religiose tradizionali (musulmani e seguaci delle religioni tribali) sono stati sinora improntati al dialogo e alla tolleranza reciproca. (L.Z.)

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    L'Europa nega agli studenti le radici cristiane: agenda della Commissione senza feste liturgiche

    ◊   L'assenza delle feste liturgiche in un'agenda della Commissione di Bruxelles distribuita agli studenti ha indignato la Francia. La notizia viene evidenziata in un articolo di Bruno Bouvet sul quotidiano francese La Croix, del 13 gennaio scorso, ripreso e tradotto da l’Osservatore Romano. Il ministro incaricato degli Affari europei, Laurent Wauquiez, - riferisce l’articolo - ha denunciato, mercoledì 12 gennaio, la mancata menzione delle feste cristiane in un'agenda distribuita dalla Commissione europea a più di tre milioni di liceali e studenti europei. Da sette anni, la Commissione europea distribuisce un'agenda scolastica a più di tre milioni di liceali - è il caso della Francia - e di studenti in tutta Europa. Contiene informazioni in grado di aiutarli nei difficili ambiti della loro vita quotidiana e anche illustrazioni che rappresentano i grandi eventi che hanno costellato la storia della civiltà. Nell'edizione 2010-2011 sono riportate diverse feste religiose relative all'ebraismo, all'islam e all'induismo. Ma le feste religiose cristiane non sono ricordate in questa agenda. Così come l'illustrazione scelta per Natale è un abete proveniente dalla Finlandia. Sulla scia di un deputato europeo britannico che ha avviato la polemica alla fine dell'anno scorso, Christine Boutin, presidente del Partito cristiano-democratico, il 23 dicembre ha indirizzato una lettera a José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, nella quale gli ha espresso la sua “preoccupazione”, la sua «non comprensione”, oltre alla sua “indignazione”. La Commissione europea “può sostenere che sia una dimenticanza? Ma come si può involontariamente omettere di menzionare la festa di Natale, celebrata in tutta Europa da numerose persone, anche non cristiane?”, scrive Christine Boutin. Attraverso il suo portavoce, Johanna Touzel, la Conferenza dei vescovi europei aveva già dichiarato che la mancata menzione delle feste cristiane in questa agenda era «semplicemente incredibile”. Natale e Pasqua “sono feste importanti per centinaia di milioni di cristiani e di europei. Si tratta dunque di una strana omissione e spero che non sia stata intenzionale”, ha detto la Touzel, aggiungendo che “se la Commissione non menziona il Natale come una festa nella sua agenda, allora dovrebbe essere aperta il 25 dicembre e lavorare come in un giorno feriale”. Mercoledì 12 gennaio, nel corso di una conferenza stampa organizzata a Parigi, il ministro francese incaricato degli Affari europei, Laurent Wauquiez, ha voluto lanciare un “grido di collera”. Questa iniziativa, “simpatica all'origine, è rappresentativa di un'Europa che non amo e che non si ama. Questa Europa nega le sue radici cristiane e mette un pudico bavaglio su ciò che è. L'Europa dei campanili non si accetta. Ma un'identità soffocata è un'identità che si vendica”. Mercoledì scorso, Laurent Wauquiez non ha auspicato che l'agenda fosse ritirata, contrariamente a due deputati francesi dell'Ump (Unione per la maggioranza presidenziale) al Parlamento europeo, Constance Le Grip e Philippe Juvin, che l'11 gennaio avevano emesso un comunicato in tal senso. Al ministro ha fatto piacere che la Commissione europea abbia riconosciuto il suo errore. In un comunicato, John Dalli, commissario europeo per la Salute e la Politica dei consumatori, aveva in effetti affermato che «si rammaricava molto di questa incoerenza”. Laurent Wauquiez ha quindi auspicato che tale questione serva da lezione: “L'Europa non è solo una costruzione istituzionale. Interroghiamoci su ciò che fonda il nostro patrimonio comune negli ambiti della filosofia, della letteratura o della musica e valorizziamolo”. (R.G.)

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    Strasburgo: si apre oggi la mostra su Matteo Ricci

    ◊   Si apre oggi a Strasburgo, in concomitanza con la sessione plenaria del Consiglio d’Europa, la mostra “Incontro di civiltà. Padre Matteo Ricci, ambasciatore d’Europa nella Cina dei Ming”. L’iniziativa si colloca tra le manifestazioni di chiusura dell’Anno Ricciano, indetto nel IV centenario della morte del missionario e scienziato gesuita (1552-1610). Interverranno alla cerimonia Romano Carancini, sindaco di Macerata, città natale del missionario e scienziato gesuita, il presidente del Comitato per le celebrazioni ricciane Adriano Ciaffi, e il vice presidente della Commissione europea, Marco Tajani. La mostra sottolinea il contributo all’idea d’Europa come unità geografica, politica, culturale e religiosa diffuso in Oriente, e particolarmente in Cina, dal padre Ricci, che si presentava come “europeo” e firmò alcune sue opere con la formula “l’europeo Matteo Ricci”. Al gesuita, che introdusse l’impero dei Ming al sapere umano e scientifico dell’Europa contemporanea, va anche il merito di aver concorso alla conoscenza della Cina da parte dell’Europa, soprattutto con l’opera dal titolo “Entrata della Compagnia di Gesù e Christianità nella Cina”. Corredata da pannelli in tre lingue – italiano, francese e inglese - la rassegna di Strasburgo documenta l’esperienza storica del religioso e l’incontro tra civiltà europea e cinese negli anni tra il 1582 e il 1610, durante i quali la presenza del missionario lasciò un’impronta indelebile in terra cinese. Oltre ad opere del Ricci e a documenti concernenti la sua formazione sono esposti strumenti scientifici cinquecenteschi, un modello dell’orologio ricciano a pesi e la carta geografica universale elaborata a Pechino nel 1602. E’ anche in visione l’edizione delle opere cinesi del gesuita maceratese incluse nella “Collezione di autori cristiani”, una raccolta pubblicata nel 1629 a Pechino dal collaboratore e amico del Ricci, Li Zhizao. (A cura di Marina Vitalini)

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    Romania: dopo 60 anni riapre il Centro di Studi bizantini

    ◊   Evento storico ieri pomeriggio in Romania: dopo 60 anni ha riaperto a Bucarest il Centro di Studi bizantini e di incontri cristiani di San Pietro e Sant’Andrea dei Padri Assunzionisti. Fondato nel 1930 nel cuore della capitale romena, il centro era stato confiscato dal regime comunista nel 1947 e successivamente convertito in un policlinico. Dopo averlo interamente ristrutturato – riferisce l’agenzia Apic - la Congregazione ha restituito ora la struttura, un edificio neo-gotico di cinque piani, alla sua originaria vocazione di luogo di dialogo tra l’Oriente e Occidente cristiani nel campo della cultura, dell’educazione e sui rapporti tra Chiesa e società. A questo scopo sono previsti tre tipi di attività: l’apertura di una biblioteca bizantina di livello universitario con 15mila volumi in varie lingue, nonché riviste scientifiche che coprono tutti i campi del cristianesimo orientale (patrologia, spiritualità, liturgia, iconografia ecc.). I volumi saranno presto accessibili al pubblico. Il centro, poi, accoglierà studenti di varie confessioni cristiane venuti per studiare e confrontarsi sulla propria fede. A ottobre sono arrivati i primi dieci. Infine, la struttura ospiterà già da quest’anno conferenze, dibattiti e corsi di formazione su Chiesa e società. Alla cerimonia inaugurale, erano presenti alti esponenti della Chiesa cattolica di rito bizantino e latino, del Patriarcato ortodosso di Romania, i Superiori degli Assunzionisti da Roma e dalla Francia, come anche esponenti del modo culturale e diplomatico. Tra i momenti più importanti della cerimonia una conferenza del ministro degli esteri romeno Teodor Baconsky sul ruolo dei cristiani nella società europea contemporanea. (L.Z.)

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    Scoutismo: conclusa la Conferenza mondiale a Curitiba, in Brasile

    ◊   “Cinque giorni di incontri, dibattiti, scambi di idee e buone prassi” per contribuire a “definire il futuro di Wosm (Organizzazione mondiale del movimento scout)”. In una nota diffusa ieri pomeriggio, di cui riferisce l’agenzia Sir, l’Agesci (Associazione guide e scout cattolici italiani) commenta la chiusura della 39° Conferenza mondiale svoltasi dal 10 al 14 gennaio a Curitiba, in Brasile. “Attraverso le mozioni e le risoluzioni votate – spiega Agesci - sono state apportate modifiche costituzionali utili a migliorare il servizio” dell’Organizzazione che contribuisce all’educazione dei giovani “secondo un metodo, attraverso l’uso di strumenti pedagogici ed un percorso di esperienze che li coinvolga in attività emozionanti”. A Curitiba sono stati eletti sei nuovi membri del Comitato mondiale (l’organo di governo che attua le risoluzioni adottate dalla Conferenza), di cui per la prima volta uno sotto i trent’anni. Tutti i nuovi membri rimarranno in carica fino al 2014. A capo del Comitato è stato nominato il coreano Simon Rhee, che ha preso il posto dell’americano Rick Cronk. Il testimone è ora passato alla Slovenia che si è aggiudicata l’organizzazione della prossima Conferenza mondiale e del World scout youth Forum nel 2014. Fissate anche le date di altri appuntamenti importanti: il 15mo World Scout Moot si svolgerà in Islanda nel 2017 e il 23mo Jamboree mondiale si terrà nel 2019 in Nord America per iniziativa di Usa, Messico e Canada. (R.G.)

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    Terra Santa: sulle rive del fiume Giordano ricordato il Battesimo di Gesù

    ◊   La Chiesa cattolica giordana ha celebrato venerdì scorso il Battesimo del Signore. Com’è tradizione ogni anno, si legge sul sito del Patriarcato latino di Gerusalemme www.lpj.org, un gruppo di pellegrini si è recato sulle rive del fiume Giordano dove si è svolta una celebrazione liturgica. A presiederla mons. Salim Sayegh, vescovo latino per la Giordania, coadiuvato da vescovi melkiti, maroniti e caldei. Nella sua omelia il presule ha sottolineato che la coesistenza pacifica fra cristiani e musulmani è una realtà ed ha ringraziato la Baptism Site Commission di Giordania, che è sostenuta dalla casa reale giordana, per aver reso il luogo in cui Gesù sarebbe stato battezzato, più accessibile per i pellegrinaggi. Durante la liturgia i fedeli hanno rinnovato le promesse battesimali e sono stati aspersi con acqua benedetta, mentre cori formati da persone appartenenti a diverse Chiese hanno intonato canti di tradizioni orientali ed occidentali. (T.C.)

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    Il cardinale Ravasi alla Facoltà di architettura a Roma: dialogo aperto tra tempio e piazza

    ◊   “Tra la piazza e il tempio non ci deve essere la porta sbarrata, ma una soglia aperta”. Questa la conclusione della “lectio magistralis”, tenuta ieri, a Roma, nella Facoltà di Architettura dell’Università “La Sapienza”, dal cardinale Gianfranco Ravasi. “Il vento dello Spirito di Dio – ha affermato il porporato, come riferito dall’agenzia Sir - deve correre tra l’aula sacra e la piazza ove si svolge l’attività umana”, perché solo così “si ritrova l’anima autentica e profonda dell’Incarnazione che intreccia in sé spazio e infinito, storia ed eterno, contingente e assoluto”. “Senza la spiritualità e la liturgia cristiana, la storia dell’architettura sarebbe stata ben più misera”, ha continuato il cardinale Ravasi, aggiungendo che nel cristianesimo c’è “una celebrazione costante dello spazio come sede aperta al divino”, ma nella concezione cristiana il “baricentro teologico” si sposta dallo spazio al tempo, perché “tra Dio e uomo non è più necessaria nessuna mediazione spaziale: l’incontro è ormai tra persone, si incrocia la vita divina con quella umana in modo diretto”. Per il cristiano, il tempio è “un santuario esistenziale, un tempio nel tempo”. Il tempio architettonico – ha spiegato il porporato - sarà “sempre necessario”, ma solo come “segno necessario di una presenza divina nella storia e nella vita dell’umanità”. (M.I.)

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    Italia: Messaggio dei vescovi per la 15.ma Giornata mondiale della Vita consacrata

    ◊   “I luoghi tradizionali della formazione, quali la famiglia, la scuola e la comunità civile, sembrano tentati di rinunciare alla responsabilità educativa, riducendola a una mera comunicazione di informazioni, che lascia le nuove generazioni in una solitudine disorientante”: è quanto afferma in apertura del Messaggio in vista della 15.ma Giornata Mondiale della Vita Consacrata il 2 febbraio prossimo, dal titolo “Testimoni della vita buona del Vangelo”, la Commissione episcopale per il clero e la vita consacrata che lo ha reso pubblico questa mattina. Nell’introduzione - riferisce l'agenzia Sir - si afferma che “i vescovi italiani hanno voluto concentrare l’impegno pastorale delle nostre Chiese nel nuovo decennio su quella che Benedetto XVI ha appropriatamente definito l’emergenza educativa. La sfida dell’educazione emerge, infatti, sempre più chiaramente come la questione più urgente per la vita della società, e quindi anche della Chiesa”. Al “compito urgente” di educare alla vita buona del Vangelo – prosegue il Messaggio – “sono chiamate tutte le componenti ecclesiali” e, in particolare, proprio la “vita consacrata”, in quanto la “sequela di Cristo, casto, povero e obbediente, costituisce di per sé una testimonianza della capacità del Vangelo di umanizzare la vita attraverso un percorso di conformazione a Cristo e ai suoi sentimenti verso il Padre”. Dopo aver richiamato il “valore educativo” dei tre consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza, il messaggio prosegue affermando che la vita religiosa “costituisce una testimonianza fondamentale per tutte le altre forme di vita cristiana, indicando la meta ultima della storia in quella speranza che sola può animare ogni autentico processo educativo”. Inoltre, “su queste basi fiorisce l’impegno specifico di tanti istituti di vita consacrata nel campo dell’educazione, secondo il carisma proprio, la cui fecondità è testimoniata dalla presenza di numerosi educatori santi. La vita consacrata ci ricorda che l’educazione è davvero ‘cosa del cuore’”. “Infine, - dice il Messaggio - celebrando la Giornata della vita consacrata, come non sentire l’urgenza educativa in riferimento alla animazione vocazionale? Oggi più che mai, abbiamo bisogno di educarci a comprendere la vita stessa come vocazione e come dono di Dio, così da poter discernere e orientare la chiamata di ciascuno al proprio stato di vita. La testimonianza dei consacrati e delle consacrate, attraverso la sequela radicale di Cristo, rappresenta anche da questo punto di vista una risorsa educativa fondamentale per scoprire che vivere è essere voluti e amati da Dio in Cristo istante per istante”. In Italia i religiosi sono circa 18 mila e le religiose 120 mila. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Grave attentato kamikaze in Iraq: 50 morti e 150 feriti in un centro reclute a Tikrit

    ◊   In Iraq, è salito a oltre 50 morti e 150 feriti il bilancio dell'attacco kamikaze contro un centro di reclutamento delle forze di sicurezza a Tikrit, nel nord del Paese. L’attentato per ora non è stato rivendicato, ma il vicegovernatore della provincia assicura: “Non può essere che Al Qaeda”. I particolari nel servizio di Cecilia Seppia:

    A poche ore dall’attentato, la città irachena di Tikrit è ancora un via vai di ambulanze e auto della polizia e il bilancio delle vittime sale drasticamente: 50 i morti, 150 i feriti, alcuni dei quali in gravissime condizioni. Alle 10.30 ora locale un uomo con indosso una cintura esplosiva é entrato in un centro di reclutamento delle forze di sicurezza e si è fatto saltare in aria tra decine di giovani in attesa di essere iscritti nelle liste dei volontari per l’esercito. Tra le vittime ci sarebbero anche alcuni poliziotti. Drammatiche le immagini trasmesse dalla tv araba al Jazeera: l’intera area è ricoperta di fumo, fortemente danneggiati anche gli edifici circostanti, mentre dagli altoparlanti delle moschee si chiede ai cittadini di donare il sangue per i feriti. Per ora l’attacco non è stato rivendicato ma il vicegovernatore della provincia di Salahuddin, Ahmed Abdul-Jabbar ha affermato: "Non può essere che Al Qaeda che ci sta massacrando". Fonti di sicurezza parlano di un fatto insolito per la città dove è nato Saddam Hussein. Una simile strage di reclute, con 61 morti e 125 feriti avvenne lo scorso agosto a Baghdad, nell’attacco più cruento dell’estate 2010.

    Afghanistan: muore un soldato italiano in uno scontro a Balamurghab
    Dall’Afghanistan arriva ancora una drammatica notizia. E’ morto uno dei due militari italiani feriti nell'attacco di questa mattina a Balamurghab. Il militare, secondo quanto dichiarato dal ministro della Difesa italiano, Ignazio La Russa, era stato colpito alla testa e già versava in gravissime condizioni. L’altro soldato, ferito ad una spalla, non è invece in pericolo di vita. Per ora si hanno solo notizie frammentarie, ma non dovrebbe essersi trattato di un abituale conflitto a fuoco contro i talebani. La task force che presidia l'avamposto è composta da alpini dell'8/o Reggimento di stanza in Italia a Cividale del Friuli. Profondo dolore è stato espresso dal presidente della Repubblica, Napolitano.

    Spagna: arrestati dieci sospetti membri dell’Eta
    La polizia spagnola ha arrestato almeno 10 sospetti sostenitori dell'Eta la notte scorsa nei Paesi Baschi. L'operazione é la prima contro gli ambienti Eta da quando l'organizzazione indipendentista basca ha annunciato, dieci giorni fa, un cessate il fuoco “generale” e “permanente” dichiarato però insufficiente dal governo del premier socialista José Luis Zapatero. Fra gli arrestati, Iker Moreno Ibanez, figlio dell'attuale portavoce della sinistra indipendentista basca Txelui Moreno. Secondo il quotidiano "El Pais" gli arrestati sono fra l'altro accusati di avere cercato di ricostituire la direzione del movimento giovanile Ekin, vicino all'Eta e di avere trasmesso documenti del gruppo armato a movimenti della sinistra basca.

    Egitto
    Le proteste in Tunisia rischiano di contagiare altri Paesi, come l’Egitto, dove questa mattina un giovane di 25 anni è morto dopo essersi dato fuoco sul tetto della sua abitazione. Un altro uomo si è dato fuoco al Cairo, davanti alla sede del governo.

    Brasile: resta alta l'emergenza alluvioni, almeno 600 morti
    Permane grave la situazione nello Stato brasiliano di Rio de Janeiro devastato dalle alluvioni con un bilancio, al momento, di oltre 600 morti. Dopo una valutazione nelle aree più colpite, Medici senza frontiere (Msf) – riferisce l’agenzia Sir - sta inviando delle équipe mediche per gestire due cliniche mobili, la prima a São José do Vale do Rio Preto, dove sono più di 1.200 gli sfollati e la seconda a Nova Friburgo, dove gli sfollati e senzatetto sarebbero oltre 5 mila. Per una testimonianza sulla situazione nelle aree alluvionate, Mariangela Jaguraba ha intervistato mons. Filippo Santoro, vescovo di Petropolis, tra le zone più colpite dalle inondazioni:

    R. - La situazione, qui nella diocesi di Petropolis, è ancora complessa. Oltre a Petropolis, ho visitato Teresopolis ed un’altra città chiamata Valle do Rio Preto. Il numero maggiore delle vittime è proprio a Teresopolis, dove ci sono circa 300 morti. Da parte della Chiesa vedo una grande collaborazione, così come un grande impegno da parte di volontari provenienti da diverse parti del mondo, da parte dei volontari sul posto, della diocesi di Petropolis e dell’arcidiocesi di Rio. Stiamo coordinando i volontari, perché in questa fase c’è da ricevere le donazioni, catalogarle e - secondo le necessità - inviarle. C’è un lavoro costante, che si svolge in un clima di gratitudine sia dei giovani del posto che lavorano, sia di quelli che vengono per fare delle donazioni… Ho visto persone di tutte le condizioni che si sono offerte, per un buon periodo di tempo, per aiutare in questi soccorsi. La cosa più bella è vedere questo clima di fede che sostiene tutti coloro che sono in vita. Ringraziamo il Signore per come sta andando. Ringrazio pubblicamente la Conferenza episcopale italiana che ha versato per noi un milione di euro, che saranno utilizzati nei progetti di ricostruzione. L’aiuto più grande ci arriva dalla voglia di rinascita della gente, partendo dall’esperienza della fede, dall’esperienza della solidarietà che in questo tempo si sta rivelando sempre più grande. (mg)

    Al via la visita del presidente cinese negli Usa
    Con una cena alla Casa Bianca, prende il via oggi la visita del presidente cinese Hu Jintao negli Stati Uniti. Domani a Washington l’incontro ufficiale alla Casa Bianca col presidente Barack Obama. La missione prevede anche una tappa a Chicago, venerdì, prima di rientrare a Pechino. Anche se, secondo gli analisti, permangono divergenze su questioni monetarie e diritti umani, alla vigilia della partenza per Washington Hu Jintao ha messo in evidenza la necessità di cooperazione tra Usa e Cina, per trovare ''un territorio comune'' in settori come la lotta al terrorismo, l'energia pulita e le infrastrutture. Sul perché nessuna delle due superpotenze possa fare a meno dell’altra, ascoltiamo Fernando Mezzetti, commentatore di politiche asiatiche, intervistato da Giada Aquilino:

    R. - Per gli equilibri internazionali: c’è una superpotenza militare e responsabile degli equilibri mondiali e c’è la Cina che è diventata superpotenza economica e che si sta militarmente potenziando sulla scena mondiale. Gli Stati Uniti ricevono Hu Jintao come mai è avvenuto prima per un leader cinese. Questa esibizione di tappeti rossi avviene per attenuare o quantomeno gestire in modo accomodante contrasti di fondo che ci sono tra queste due grandi potenze.

    D. - Permangono divergenze sulle rispettive monete, dollaro e yuan, per esempio?

    R. - La settimana scorsa, il segretario Usa al Tesoro, Timothy Geithner, ha fatto un discorso sulla Cina, in cui ha messo la sordina sulle sue critiche per il mancato apprezzamento dello yuan e riconoscendo che di fatto lo yuan si sta apprezzando, perché l’inflazione in Cina sta accelerando più di quanto non avvenga negli Stati Uniti. Un complesso discorso finanziario e valutario, ma non è questo il problema. Il problema ora è quello relativo ai contrasti strategici e, in tale ambito, da parte americana vengono riportati in primo piano i diritti umani. Ci sono due elementi: primo, un Nobel per la pace come Obama non può ignorare che il Nobel per la pace cinese, Liu Xiaobo, è tenuto dalle autorità cinesi in carcere; e, secondo, come anticipato la questione dei diritti umani viene sollevata dagli Stati Uniti in funzione strategica. La Cina si sta armando a ritmi più veloci di quanto gli americani pensassero e vuole affermare la propria supremazia nell’area. Questo suscita allarme in tutti i Paesi dell’area stessa. Si aggiunga poi che il maggior punto di crisi internazionale, insieme con l’Iran, è proprio in una regione a “giurisdizione” della Cina e cioè la Corea del Nord. (mg)

    Israele
    In Israele è ancora crisi politica dopo l’uscita del ministro della Difesa, Ehud Barak, dal partito laburista. Barak ha annunciato che fonderà un nuovo movimento moderato al quale sembra abbia aderito una minoranza di fedelissimi intenzionati a mantenere l’alleanza con il premier Netanyahu. Intanto, dalle Nazioni Unite giunge un severo monito a fermare gli insediamenti, mentre alcuni mezzi blindati israeliani sono entrati stamane all'interno della striscia di Gaza, nei pressi di Beit Hanun. Per il momento nella zona non si segnalano incidenti.

    Libano
    Il procuratore del Tribunale speciale per il Libano, il canadese Daniel Bellemare, ha depositato ieri all’Aja un atto di accusa confidenziale nel quadro dell'inchiesta sull'attentato contro l'ex premier libanese Rafiq Hariri, sei anni fa a Beirut. Annunciata per oggi una sua dichiarazione sul significato del documento. Intanto un invito a riprendere gli sforzi diplomatici per una soluzione della crisi politica dopo la caduta del governo Hariri è arrivato da Siria, Turchia e Qatar.

    Iran
    In Iran, 47 persone nelle ultime 3 settimane sono state impiccate. E’ la denuncia della Ong International Campaign for Human Rights, impegnata nella tutela dei diritti umani. Per la maggior parte si tratta di detenuti condannati per reati di droga, ma vi sarebbero anche alcuni attivisti politici. La notizia arriva il giorno dell'ennesimo colpo di scena sul caso di Sakineh, la donna condannata a morte per adulterio e complicità nell’omicidio del marito: le autorità di Teheran hanno prima annunciala sospensione della pena, poi hanno negato.

    Sudan
    In Sudan il leader dell’opposizione Hassan al-Turabi è stato arrestato ieri dalle forze di sicurezza a Khartoum. Il suo partito, di ispirazione islamica, aveva lanciato nei giorni scorsi un appello alla “rivolta popolare” per spingere il governo ad arginare l’ascesa dei prezzi. Prosegue intanto lo spoglio dei voti per il referendum sull’indipendenza del Sud del Paese. Gli osservatori dell'Unione europea, che stanno monitorando le operazioni hanno giudicato il voto “pacifico e credibile”.

    Italia: il monito del Quirinale sul caso Ruby
    “Adesso occorre fare chiarezza. E occorre farlo subito”. Così il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che si dice preoccupato per gli ultimi sviluppi della vicenda Ruby-Berlusconi. Il capo dello Stato smentisce la notizia di una telefonata con il premier e auspica che nelle appropriate sedi giudiziarie si proceda al più presto ad una compiuta verifica delle risultanze investigative. “Andiamo avanti, non mi dimetto”, replica il presidente del Consiglio, mentre l’opposizione chiede un ritorno alle urne, oltre che chiarezza sulle accuse di istigazione alla prostituzione. Intanto da ieri è a disposizione della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, un faldone di 389 pagine contenente verbali di intercettazioni e interrogatori sul caso Ruby.

    Vent’anni dalla “Desert Storm”
    Ventesimo anniversario di “Desert Storm”, l’operazione che nella notte del 17 gennaio 1991 inaugurava la prima guerra del Golfo. L’offensiva contro l’Iraq del regime di Saddam Hussein, che il precedente 2 agosto aveva invaso i territori del Kuwait era guidata dagli Stati Uniti di Bush sr, sostenuti da una vasta coalizione di 34 Paesi e l’imprimatur delle Nazioni Unite. (Panoramica internazionale a cura di Cecilia Seppia)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 18

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.