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Sommario del 13/01/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • L'intenzione di preghiera missionaria di Benedetto XVI per il mese di gennaio: i cristiani possano raggiungere l'unità
  • Udienze e nomine
  • La Messa del cardinale Bertone a Santa Maria Maggiore per le vittime di Haiti
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • I vescovi del Coordinamento pro-Terra Santa: la pace in Medio Oriente, un atto di coraggio. Le parole di mons. Twal e Salam Fayyad
  • Alluvioni in Brasile, oltre 300 morti. L'arcivescovo di Rio: Chiesa in prima linea negli aiuti
  • Massimo Introvigne, rappresentante Osce per le discriminazioni verso i cristiani: lavorerò per la libertà religiosa e contro l’emarginazione sociale
  • A Roma, veglia di preghiera per i cristiani vittime di persecuzioni e violenze promossa dal mondo cattolico
  • Chiesa e Società

  • Venezuela: la Chiesa teme svolte autoritarie dello Stato e chiede il rispetto della Costituzione
  • Australia: gli aiuti della Chiesa cattolica per le vittime del maltempo
  • Pakistan: timori dei cristiani per la protesta nazionale degli islamici radicali contro il Papa
  • Asia Bibi: per l’"intelligence" pakistana non è sicura in carcere
  • Terra Santa: i religiosi chiedono più facilità nel rilascio dei visti da parte di Israele
  • Sudan. Il Gruppo ecumenico di osservatori: “Il referendum porterà la pace”
  • India: società civile e comunità cristiana unite per la grande “Marcia contro la corruzione”
  • Il cardinale Rylko a Madrid per l'incontro preparatorio alla Gmg 2011
  • Costa d'Avorio: i disordini rinviano la vaccinazione contro la febbre gialla
  • Messico. Giornata del migrante: accogliere e ospitare i rifugiati un gesto di solidarietà umana
  • Germania : il presidente Wulff parla di necessità di confronto con lo straniero
  • Angola: in corso la IV Settimana sociale su "Democrazia e partecipazione"
  • Le religiose indiane chiamate a riscoprire la propria identità e missione
  • Regno Unito: due rapporti confermano l'alta qualità delle scuole cattoliche britanniche
  • Il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II organizza un ciclo di incontri sulla santità coniugale
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ancora disordini in Tunisia, decine di morti
  • Il Papa e la Santa Sede



    L'intenzione di preghiera missionaria di Benedetto XVI per il mese di gennaio: i cristiani possano raggiungere l'unità

    ◊   Preghiamo perché “i cristiani possano raggiungere la piena unità”. E’ l’intenzione di preghiera missionaria di Benedetto XVI per il mese di gennaio. Un tema, questo, sul quale il Papa si è soffermato più volte e che sarà al centro della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, in programma dal 18 al 25 gennaio prossimi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    L’unità dei cristiani rende più credibile ed efficace l’annuncio del Vangelo ed è il dono che i cristiani desiderano per far risplendere nella storia le parole pronunciate da Gesù alla vigilia della sua morte: “Che siano una sola cosa… perché il mondo creda”. Si tratta di un compito arduo ma entusiasmante, come ha ricordato Benedetto XVI il 25 gennaio del 2010 a conclusione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani:

    “Non mancano, purtroppo, questioni che ci separano gli uni dagli altri e che speriamo possano essere superate attraverso la preghiera e il dialogo, ma c’è un contenuto centrale del messaggio di Cristo che possiamo annunciare assieme: la paternità di Dio, la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte con la sua croce e risurrezione, la fiducia nell’azione trasformatrice dello Spirito”.

    Nella preghiera le comunità cristiane si pongono insieme di fronte al Signore prendendo coscienza delle contraddizioni generate dalla divisione. I cristiani – ha auspicato il Santo Padre all’udienza generale del 23 gennaio 2008 – testimonino la loro unità in un mondo che “soffre per l’assenza di Dio”:

    “Il mondo soffre per l’assenza di Dio, per l’inaccessibilità di Dio, ha desiderio di conoscere il volto di Dio. Ma come potrebbero e possono, gli uomini di oggi, conoscere questo volto di Dio nel volto di Gesù Cristo se noi cristiani siamo divisi, se uno insegna contro l’altro, se uno sta contro l’altro? Solo nell’unità possiamo mostrare realmente a questo mondo – che ne ha bisogno – il volto di Dio, il volto di Cristo”.

    Le prove e le difficoltà spingono i discepoli di Cristo ad esercitare la pazienza e la perseveranza, a crescere nella carità fraterna. I cristiani – ha affermato il Santo Padre all’Angelus del 22 gennaio 2006, nella settimana di preghiera per l’unità – non si stanchino mai di invocare il dono della piena comunione:

    “Se lo facciamo con fede, possiamo essere certi che la nostra richiesta sarà esaudita. Non sappiamo come, né quando, perché non spetta a noi conoscerlo, ma non dobbiamo dubitare che un giorno saremo ‘una cosa sola’, come Gesù e il Padre sono uniti nello Spirito”.

    Ad illuminare il dialogo – ha poi spiegato il Papa rivolgendosi il 17 novembre del 2006 alla Plenaria del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani – è “l’ecumenismo dell’amore” basato sulla verità della fede:

    “Ciò che, comunque, va innanzitutto promosso, è l’ecumenismo dell’amore, che discende direttamente dal comandamento nuovo lasciato da Gesù ai suoi discepoli. L’amore accompagnato da gesti coerenti crea fiducia, fa aprire i cuori e gli occhi. Il dialogo della carità per sua natura promuove e illumina il dialogo della verità: è infatti nella piena verità che si avrà l’incontro definitivo a cui conduce lo Spirito di Cristo”.

    L’unità della Chiesa è dunque “radicata nella sua unione con Cristo” e la causa della piena unità – ha detto infine il Papa lo scorso 29 giugno nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo – è sostenuta dalla sua preghiera e dalla sua promessa.

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    Udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata il cardinale Zenon Grochołewski, prefetto della Congregazione per l'Educazione, il cardinale Giovanni Lajolo, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, e del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, mons. Joseph Werth, vescovo della Trasfigurazione a Novosibirsk in Russia, ordinario per i Fedeli di rito bizantino residenti in Russia, e l’ambasciatore di Austria in visita di congedo, Martin Bolldorf.

    Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Singapore, delegato apostolico in Malaysia e in Brunei e rappresentante Pontificio non-residente per il Vietnam l’arcivescovo Leopoldo Girelli, finora nunzio apostolico in Indonesia.

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    La Messa del cardinale Bertone a Santa Maria Maggiore per le vittime di Haiti

    ◊   Prosperità e pace per il popolo di Haiti, duramente provato, ma anche consolazione e solidarietà concreta e stabile. E’ quanto invocato dal cardinale Tarcisio Bertone durante la Messa di ieri pomeriggio nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore, in suffragio delle oltre 200 mila vittime del terremoto di un anno fa. Tra queste ultime c’erano numerosi religiosi che il porporato ha ricordato, citando in particolare l’arcivescovo Joseph Serge Miot. Il cardinale si è fatto inoltre portavoce di una nuova esortazione del Papa alla comunità internazionale perché contribuisca in modo solidale e fraterno alla piena rinascita della “cara popolazione haitiana”. Il servizio è di Gabriella Ceraso:

    (musica)

    La Parola di Dio risuona come grande consolazione e fonte di fede e coraggio, mentre nei cuori di ciascuno di noi sono ben presenti i dolorosi ricordi della tragedia di un anno fa. Alla folta comunità haitiana a Roma, alle rappresentanze diplomatiche e religiose e alla molta gente comune che ieri affollava la Basilica romana, il cardinale Bertone ha voluto ricordare che è Gesù Cristo la somma consolazione del genere umano, perché è stato messo alla prova e ha sofferto personalmente. “Il Figlio di Dio - ha detto il cardinale - ha preso per sé la natura umana passibile, proprio per poter in essa morire e così annientare il nemico che teneva i figli di Dio avvinti sotto il suo potere tirannico”:

    “La morte, ora, pur conservando il suo aspetto doloroso, non ha più dominio su di noi dopo che Cristo con la sua morte e risurrezione ha vinto il peccato e ha tolto alla morte il suo ‘pungiglione’ e la sua ‘preda’”.

    Questa esperienza personale di dolore e di debolezza, ha “perfezionato” Cristo, ha proseguito il porporato, facendo di Lui una sorgente inesauribile di vita e di misericordia, e anche un fedele interprete presso Dio delle necessità del popolo. E come lui anche la Vergine, sua Madre. Poi lo sguardo al presente. “Oggi davanti alla porta della Chiesa c’è la moltitudine dei fratelli haitiani, che si accalca in cerca di Cristo”, afferma il porporato: hanno bisogno di essere consolati e sorretti per camminare verso la piena rinascita e il Cristo Crocifisso e Risorto certamente non li abbandona:

    “Non è sordo al grido angosciato di tante famiglie che hanno perso tutto: case, risparmi, lavoro e spesso anche vite umane. La risposta concreta e visibile passa attraverso la solidarietà di tutti i figli della Chiesa; solidarietà che non può limitarsi alla sola emergenza iniziale, ma deve diventare un progetto stabile e concreto”.

    Poi il conforto della Chiesa per i numerosi defunti haitiani, che - afferma il cardinale - attendono dai connazionali una testimonianza di coraggio e di speranza:

    “Attendono di vedere rinascere la loro terra, che deve tornare a dotarsi di case e di chiese. Ed è proprio in nome di questi fratelli e sorelle, tragicamente periti, che deve sorgere un rinnovato impegno di vita, aggrappandosi a ciò che non muore mai e che il tremendo terremoto non ha potuto distruggere: l’amore”.

    Quindi, in chiusura, l’atto di affidamento a Maria:

    “Aiuti Lei l’intera popolazione a conservare salda la fiducia in Dio e nella forza del bene, per portare avanti il quotidiano impegno di ricostruire non solo le strutture materiali, ma anche il tessuto sociale e, prima ancora, le basi della vita personale e comunitaria”.

    (musica)

    La popolazione di Haiti seppur ancora nel dolore, spera e crede fortemente in una rinascita della sua terra, anche grazie all’impegno dei tanti connazionali sparsi nel mondo. E’ quanto emerge dalle testimonianze raccolte tra i presenti alla Messa di ieri. Le interviste sono di Gabriella Ceraso:

    R. – Le emozioni sono tante e tanta la sofferenza. L’unica cosa è che noi abbiamo fiducia in Dio e preghiamo.

    D. – Com’è Haiti oggi?

    R. – E’ una rovina! Non sappiamo come finirà, perché c’è stato il terremoto. Ma quello che sta succedendo adesso è anche peggiore.

    R. – Il Paese è rimasto come prima: è molto triste e molto doloroso. E’ inutile mandare tanti aiuti e tante persone ad Haiti, perché la ricostruzione, la vera solidarietà si deve fare con gli haitiani e per gli haitiani. Bisogna far diventare gli haitiani stessi veri protagonisti.

    D. – La solidarietà del Papa che effetto vi fa? Vi dà speranza, forza…

    R. – Speranza. Il popolo haitiano dopo il terremoto non ha avuto tempo per piangere, perché voleva vivere e ha avuto la forza di andare avanti, malgrado questa estrema povertà. E il Papa, dà sempre speranza, è stato una forza sentita molto vicina da tutti loro. Il popolo haitiano ringrazia il Papa ed è veramente consapevole di tutto questo. (ap)

    Dopo la Santa Messa, Charles-François Brejon ha intervistato il cardinale Bernard Francis Law, arciprete della basilica di Santa Maria Maggiore:

    R. – Per questo anniversario siamo qui e abbiamo celebrato la Messa esattamente nello stesso orario del terremoto, le 16 e 45 di Roma. Abbiamo iniziato la Messa alle 16 e 30. Per me, vedere questi bambini tenuti fra le mani della Croce Rossa italiana è stato un segno visibile della solidarietà che dobbiamo avere l’uno per l’altro. Questa è la Chiesa. La Chiesa è una comunione di amore. Noi dobbiamo esssere una comunione di amore, di giustizia, di vicinanza, per le persone che soffrono.

    D. - Oggi, qual è la vera misisone della Chiesa per Haiti, un anno dopo?

    R. – E’ la missione della Chiesa nel mondo: portare il messaggio e la presenza di Gesù, del suo amore, della sua giustizia, della sua pace. Questo è il messaggio. Noi dobbiamo essere l’incarnazione di Gesù, del suo amore. Questa è la missione qui e anche ad Haiti. (bf)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per Haiti è il tempo della ricostruzione civile e sociale: Benedetto XVI invita il popolo dell’isola a essere protagonista del proprio futuro.

    Keynes colpisce ancora: in prima pagina, Ettore Gotti Tedeschi sui disastri di una presunta rivoluzione.

    Le ragioni di un’abbinata: da oggi “Tempi” con “L’Osservatore Romano”.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la Tunisia dove il coprifuoco non ferma la rivolta.

    Quell’inequivocabile atto di accusa al Terzo Reich: in cultura, Thomas Brechenmacher sul cardinale Eugenio Pacelli e la preparazione dell’enciclica “Mit brennender Sorge” (14 marzo 1937).

    Con lo spirito del Risorgimento rinnegato dai liberali: Filippo Lovison sui barnabiti e l’Unità d’Italia.

    Un articolo di Gabrio Forti dal titolo “A lezione di giustizia con Defoe e Bob Dylan”: letteratura e diritto a confronto all’Università Cattolica del Sacro Cuore.

    Fendenti di luce nella quotidianità: Claudio Toscani sulle poesie di Marco Beck.

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    Oggi in Primo Piano



    I vescovi del Coordinamento pro-Terra Santa: la pace in Medio Oriente, un atto di coraggio. Le parole di mons. Twal e Salam Fayyad

    ◊   Libertà di movimento per i religiosi, fine del lungo negoziato tra Israele e Santa Sede, raggiungimento di una pace giusta. A chiederlo sono i presuli di Stati Uniti, Unione Europea e Canada, membri del Coordinamento delle Conferenze episcopali a favore della Chiesa della Terra Santa e dell’Assemblea dei vescovi cattolici della Terra Santa. Il servizio di Roberta Gisotti:

    I nove vescovi del Coordinamento, che stamani a Gerusalemme hanno concluso la loro visita annuale di solidarietà in Terra Santa, esprimono - in un messaggio finale - sostegno e solidarietà “a coloro che si prodigano nel trovare strade per contribuire alla pace e alla giustizia lì dove maggiore è la sfiducia, la paura, e perfino l’odio e la distruzione”. Nella nota i presuli chiedono “la conclusione del lungo negoziato tra Santa Sede e Israele per l’Accordo fondamentale” ed esprimono vicinanza a “quelle persone la cui terra è stata danneggiata o espropriata anche a causa delle costruzione del muro e a quelle che vivono in difficoltà a Gaza”. I vescovi di Usa, Unione Europea e Canada, riferendosi alla loro visita al premier palestinese, Salam Fayyad, esortano “i rispettivi leader politici ad unirsi agli sforzi di pace messi in atto da tante persone ed organizzazioni”. Nel contempo, si rivolgono a quelli di Israele e Palestina affinché “facciano scelte coraggiose verso la giustizia e la pace”.

    L’impegno è quello di lavorare per “raggiungere una soluzione al conflitto che preveda due popoli e due Stati, e quindi sicurezza e riconoscimento per Israele e uno Stato indipendente e sovrano per i palestinesi. Lavoreremo per assicurare dignità e diritti per entrambi i popoli”. “Continueremo – scrivono i presuli - a parlare con diplomatici e politici dei nostri Paesi per condividere con loro le preoccupazioni delle comunità cristiani di qui, coinvolgendo anche i nostri confratelli”. I vescovi lamentano ancora “restrizioni al movimento dei religiosi che rendono sempre più difficile il loro apostolato”, “nonostante i miglioramenti nella concessione dei visti”. Preghiamo – concludono – affinché Dio benedica i popoli della Terra Santa”, incoraggiando tutti i cristiani a venirvi in pellegrinaggio.

    Sugli auspici di pace per il Medio Oriente, contenuti nel documento finale dei vescovi del Coordinamento pro-Terra Santa, l’inviata della Radio Vaticana, Philippa Hitchen, ha sentito il patriarca di Gerusalemme dei Latini, mons. Fouad Twal:

    R. - Questi fallimenti, queste cadute e ricadute sono il nostro pane quotidiano. E’ per questo che ho chiamato la nostra Chiesa “la Chiesa del Calvario”. Allo stesso tempo, però, ho anche detto che questo Paese, questa Chiesa, questa regione è la regione delle sorprese. Speriamo quindi di avere una bella sorpresa e di riprendere il dialogo, di ridare a Gerusalemme la sua vocazione di città di pace per tutti quanti. Spero che da entrambe le parti e dalla comunità internazionale non sarà mai lasciata l’ultima parola agli estremismi, sia da una parte che dall’altra. Tocca a noi, equilibrati e moderati, prendere in mano la situazione, per quanto possibile. Io mi auguro - e l’ho detto anche nel messaggio di Natale - che l’Europa abbia un ruolo un po’ più politico e non solamente finanziario o materiale in questo negoziato. Ringrazio di cuore per tutto l’aiuto che ci viene dall’Europa e speriamo che l’anno nuovo porti novità positive. Speriamo, inoltre, che questa crisi che abbiamo vissuto in Iraq e in Egitto sia riuscito ad aprire gli occhi e a risvegliare le coscienze.

    D. - Quanto influenza hanno in questa regione le problematiche dell’Egitto e l’estremismo che abbiamo visto?

    R. – C’è un proverbio arabo che dice: “Non odiare una cosa odiosa dalla quale può nascere qualche cosa di buono”. E il buono che è nato dall’attentato di Alessandria è che ora c’è una maggiore coscienza tra i politici, tra i capi arabi, musulmani e cristiani sul fatto che che questo fanatismo cieco non fa bene a nessuno. Ne sono coscienti a tal punto da averci convocati ad assistere ad un incontro di due giorni in Qatar, a Doha, al quale parteciperanno rappresentanti della Lega araba e i capi religiosi - musulmani e cristiani - per discutere di Gerusalemme e di questo fanatismo. Speriamo bene... (bf)

    Nel corso della loro visita, come detto, i presuli del Coordinamento hanno potuto intrattenersi a colloquio con il premier dell’Autorità nazionale palestinese, Salam Fayyad. Philippa Hitchen gli ha rivolto una domanda sull’attuale situazione che vivono in territorio palestinese le minoranze religiose:

    R. – The situation in Gaza is most difficult, obviously because of the siege …
    La situazione a Gaza è molto difficile: a causa dell’occupazione, ovviamente, ma anche perché per via della separazione vi sono zone su cui l’Autorità palestinese non ha controllo. Noi vogliamo continuare ad assicurare che in Palestina ci sia un ambiente libero da intimidazione e discriminazione su qualsiasi fronte. Noi abbiamo una lunga tradizione di coesistenza tra le fedi – qui il cristianesimo è nato, e lei sa quanto io ritenga importante la presenza dei cristiani in Terra Santa e quanto stiamo cercando in ogni modo di rafforzare la loro presenza e di porre la Chiesa in condizione di svolgere il proprio ministero. Credo, per quanto riguarda l’Autorità palestinese di oggi – e se Dio vorrà lo Stato di Palestina di domani – si farà in modo di rafforzare un’atmosfera di piena tolleranza e totale rispetto, perché le persone possano praticare la loro fede nell’ambito di affiliazioni, assemblee, riunioni di preghiera come cittadini a pieno titolo. Spero che la situazione a Gaza possa cambiare, sia per quanto riguarda l’occupazione che deve essere assolutamente tolta per porre fine alle sofferenze della nostra gente, ma anche per quanto riguarda la separazione, che deve finire affinché insieme possiamo costruire le fondamenta di questo Stato.(gf)

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    Alluvioni in Brasile, oltre 300 morti. L'arcivescovo di Rio: Chiesa in prima linea negli aiuti

    ◊   È di almeno 335 morti il bilancio delle piogge torrenziali che hanno colpito la regione montuosa vicino a Rio de Janeiro, nel sudest del Brasile. La località più colpita è Nuova Friburgo dove le vittime accertate sono oltre 150. Il governatore di Rio de Janeiro, Sergio Cabral, ha chiesto al governo l'intervento urgente dei soccorsi e di aerei in grado di mettere in sicurezza la popolazione. Il presidente brasiliano, Dilma Roussef, domani visiterà l'area colpita insieme con il ministro della Difesa. Intanto, la Chiesa brasiliana si è già messa a disposizione della popolazione colpita dalle alluvioni garantendo ogni tipo di aiuto possibile, come spiega ai microfoni del collega della redazione brasiliana, Silvonei Protz, l’arcivescovo di Rio de Janeiro, mons. Orani João Tempesta:

    R. - Queste violente piogge si sono abbattute nella regione montagnosa di Serrana ed hanno colpito maggiormente le città di Teresopolis, Petropolis e Nova Friburgo. I vescovi di queste regioni - mons. Filippo Santoro e mons. Edney Gouvea Mattoso - stanno cercando di provvedere a tutte quelle che sono le necessità della popolazione, attraverso la Caritas, le diocesi e le arcidiocesi di questa regione. Sembra che ora che la situazione vada migliorando, perché le piogge cominciano ad attenuarsi. Finora, purtroppo, ci sono stati 271 morti nella regione dello Stato di Rio de Janeiro. Preghiamo per queste persone e per le loro famiglie.

    D. - La Chiesa è vicina alle vittime, alle famiglie, alle persone che hanno perso parenti, ma anche tutti i loro averi…

    R. - La Chiesa è molto vicina nella preghiera, ma è vicina anche nelle sue possibilità con aiuti materiali: denaro, vestiti e beni di prima necessità per tutte quelle persone che sono ora senza casa e che hanno perso tutto.

    D. - Questo tipo di cataclisma - se così possiamo dire - ci fa anche riflettere sulla natura e su cosa noi facciamo con essa…

    R. - Questa è certamente una possibilità, tanto più che basta vedere come si è costruito nella regione montagnosa di Rio de Janeiro per comprendere come sia di estrema necessità rivedere un po’ le cose e soprattutto il nostro rapporto con la natura. (mg)

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    Massimo Introvigne, rappresentante Osce per le discriminazioni verso i cristiani: lavorerò per la libertà religiosa e contro l’emarginazione sociale

    ◊   Massimo Introvigne, sociologo delle religioni, direttore del Centro studi sulle nuove religioni (Cesnur) di Torino, è stato nominato “rappresentante dell’Osce per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione, con un’attenzione particolare alla discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni”. Ricordiamo che l’Organizzazione per la cooperazione e al sicurezza in Europa - che ha sede a Vienna - cui oggi aderiscono ben 56 Paesi, è la più grande dopo l’Onu, e comprende tutti i Paesi europei e dell’Asia centrale ex sovietica, più gli Stati Uniti e il Canada, oltre la Santa Sede, tra i membri fondatori. Roberta Gisotti ha intervistato il noto studioso, scrittore di innumerevoli saggi in gran parte dedicati al pluralismo e alla libertà religiosa:

    D. – Prof. Introvigne, con quale spirito affronterà il suo nuovo incarico? Forse qualcuno obietterà che all’interno dei Paesi Osce i cristiani non sono discriminati e godono anche di privilegi rispetto ad altre religioni...

    R. – L’Osce, anzitutto, va - come ama dire - da Vancouver a Vladivostok, e quindi comprende Paesi a est di Vienna e a ovest di Vienna. A est di Vienna ci sono molti Paesi che si avviano alla democrazia: in particolare fanno parte dell’Osce tutti quelli che risultano dalla disintegrazione dell’Unione Sovietica, molti dei quali hanno avviato una collaborazione positiva anche con le istituzioni dell’Osce, per adeguare le loro leggi al pluralismo e, in particolare, alla libertà religiosa. Ma non vi è chi non veda come in quest’area molte cose rimangano da fare. A ovest di Vienna, invece, vi è una forma diversa di discriminazione, che certamente nessuno pensa di mettere sullo stesso piano del terrorismo e degli omicidi che si vedono in alcuni Paesi dell’Africa e dell’Asia. E però è quella che lo stesso Papa Benedetto XVI chiama una “forma sottile di discriminazione”, che emargina la religione dalla vita sociale e la "tollera" – verrebbe da dire – purché stia buona e non dia fastidio.

    D. – Il suo lavoro si aggiungerà a quello dei due rappresentanti per la lotta contro l’antisemitismo e l’islamofobia. In fondo, si tratta di un’unica causa per la libertà religiosa: perché, allora, una persona per ogni confessione?

    R. – C’era un paradosso, e in qualche misura c’è ancora, nelle organizzazioni internazionali: noi sappiamo da quadri statistici - compilati, fra l’altro, da esperti che non sono cattolici - che tre episodi nel mondo di discriminazione e di persecuzione religiosa ogni quattro sono rivolti contro i cristiani. Queste discriminazioni, da una parte, sono più numerose e, dall’altra, talora, sono quelle di cui si parla meno.

    D. – Prof. Introvigne, come evitare che la causa della libertà religiosa possa sconfinare nel mondo occidentale nel relativismo e nell’indifferentismo?

    R. – Questo è un problema molto importante: è anzitutto un problema teorico. Nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2011, Benedetto XVI ci spiega che il relativismo non è il custode e il tutore della libertà religiosa, ma è precisamente il suo contrario. Non si deve confondere la libertà con il mero libero arbitrio: la libertà è un orientamento fondamentale verso la verità e il Papa ha detto in questo Messaggio che il relativismo nega l’esistenza della verità e alla fine distrugge il fondamento stesso della libertà. Si potrebbe quindi dire, in qualche modo, che il relativismo sega il ramo stesso su cui la libertà religiosa vorrebbe essere seduta. Questo è naturalmente un discorso molto importante dal punto di vista filosofico e teologico, che però anche per il mio lavoro all’Osce ha una grande ricaduta pratica, perché effettivamente – e qui parliamo dell’est di Vienna – ci sono dei Paesi, soprattutto in Asia, che fanno parte dell’Osce, dove qualche volta i discorsi occidentali sulla libertà religiosa sono accolti male perché si teme che essa sia l’equivalente del relativismo e sia portatrice di idee relativiste tipicamente occidentali: idee che emarginano il ruolo della religione, che al contrario è molto importante nell’area centro-asiatica o nell’area caucasica, e che negano anche l’eredità e le tradizioni nazionali. Credo sia molto importante, quindi, far comprendere che ci si può aprire alla libertà religiosa, riconoscerne i veri fondamenti nella dignità di ogni persona umana, senza per questo abbracciare quel relativismo che è tipico di un certo Occidente, che a molti Paesi lontani dall’Occidente non piace.

    D. – Quali priorità vi saranno nella sua agenda? Lei prevede che sarà più difficile l’impegno e il dialogo sul piano politico o culturale o interreligioso?

    R. – La prima è il dialogo diplomatico soprattutto con quei Paesi di nuova democrazia a est di Vienna, che ancora hanno, per quanto riguarda per esempio i visti ai missionari, la costruzione di edifici religiosi, la registrazione delle associazioni religiose, leggi che rendono la vita difficile ai cristiani. Queste leggi possono essere migliorate. Invece, credo che il secondo problema sia quello di diffondere una awareness: una consapevolezza anche in Occidente dei veri fondamenti della libertà religiosa - che appunto non è il relativismo - del diritto dei cristiani ad esprimersi anche pubblicamente, anche sui temi morali, anche sui temi che interessano la società civile e la politica. Noi pensiamo in particolare a un Convegno a Roma - per il quale c’è la disponibilità anche del sindaco - che potrebbe, dato anche il ruolo particolarmente significativo della città di Roma, farne un centro di diffusione di questa consapevolezza dell’esistenza nell’area Osce, tanto a est come a ovest di Vienna, di intolleranza e discriminazioni contro i cristiani.(ap)

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    A Roma, veglia di preghiera per i cristiani vittime di persecuzioni e violenze promossa dal mondo cattolico

    ◊   Una Veglia di preghiera in memoria delle vittime dei recenti attentati alle comunità cristiane in Iraq, Egitto e Nigeria e a sostegno di tutti i cristiani perseguitati, si svolgerà questa sera, alle ore 19, nella Basilica del Sacro Cuore a Roma. A presiedere l’incontro, organizzato da una ventina di Movimenti e Associazioni del mondo cattolico, sarà mons. Guerino Di Tora, vescovo ausiliare della diocesi di Roma. Al microfono di Adriana Masotti, Benedetto Coccia, presidente dell’Azione cattolica romana, spiega come è nata l’iniziativa:

    R. – Per rispondere in qualche modo all’invito rivolto dal Papa nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace di quest’anno, cioè l’invito a pregare per i fratelli cristiani che soffrono violenze, per essere vicini a loro e per ricordare le vittime di queste violenze; vittime che proprio in quest’ultimo periodo vanno crescendo di giorno in giorno. In particolare, come cristiani di Roma ci sentiamo partecipi della vocazione universale della Chiesa e del nostro vescovo, il Papa, e quindi particolarmente vicini a tutti cristiani del mondo.

    D. – A promuovere la Veglia dai preghiera sono molte Associazioni e Movimenti del mondo cattolico. E’ anche un’occasione, questa, per vivere un momento di unità tra realtà della Chiesa che, magari in modo diverso, lavorano quotidianamente per la pace e per il dialogo?

    R. – Assolutamente sì. E’ una sensibilità che ci accomuna tutti e si rivolge anche ai non cristiani e alle persone di buona volontà, a tutti coloro che hanno a cuore la dignità della persona che, nel momento in cui si vede negata la libertà religiosa, viene essa stessa negata.

    D. – Spesso, alla base dei conflitti tra appartenenti a religioni diverse ci sono anche motivazioni politiche, interessi economici, povertà – pensiamo alla Nigeria, per esempio. Elementi di cui, forse, bisognerebbe tener conto per prevenire queste violenze…

    R. – Sì, negare la libertà religiosa in realtà vuol dire negare uno dei principi fondamentali della libertà di ogni uomo. Ecco perché la libertà religiosa ha anche una valenza di civiltà politica e in qualche modo giuridica. Non a caso il Papa, nel suo Messaggio, si rivolge anche agli Stati. Certamente, anche la precarietà economica che vede in questo momento molti Paesi soffrire e quindi molte società in difficoltà, non fa che acuire talvolta la difficoltà di dialogo esistenti purtroppo tra le diverse religioni in diverse società del mondo.

    D. – Sostenere i cristiani perseguitati nel mondo, approfondire il dialogo con tutti: è importante che questi due impegni vengano portati avanti contemporaneamente?

    R. – Sì, ed è altrettanto importante una conoscenza reciproca, perché spesso conoscere le altre religioni vuol dire anche comprendere le altre culture e spesso vuol dire scoprire che, in realtà, anche negli altri messaggi religiosi non c’è alcuna traccia di violenza. Questi sentimenti di odio e di violenza spesso vengono istillati e veicolati attraverso la religione, ma con la religione non hanno niente a che vedere.

    D. – Riguardo all’impegno per la pace e per il dialogo, che cosa sta facendo l’Azione cattolica in particolare qui, a Roma?

    R. – L’Azione cattolica da sempre dedica l’intero mese di gennaio al tema della pace. L’Azione cattolica svolge un servizio pastorale nelle comunità parrocchiali, soprattutto orientato alla formazione dei cristiani, e per questo l’intero mese di gennaio è dedicato, in tutti i gruppi parrocchiali, a questo tema. In particolare, domenica 30 gennaio si svolgerà la tradizionale carovana della pace dei ragazzi di Acr, che terminerà a mezzogiorno con l’Angelus del Papa e il lancio delle colombe, quale segno di speranza e di pace. Quello sarà un momento molto bello, perché i bambini e i ragazzi testimonieranno per le vie di Roma la loro volontà e il loro desiderio di pace e soprattutto il loro desiderio di farsi costruttori di pace nella società. (gf)

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    Chiesa e Società



    Venezuela: la Chiesa teme svolte autoritarie dello Stato e chiede il rispetto della Costituzione

    ◊   “Aneliti di unione, giustizia, libertà e pace per il Venezuela”: così s’intitola la dichiarazione della Conferenza episcopale venezuelana pubblicata al termine dei lavori dell’Assemblea plenaria, nel corso della quale i presuli hanno analizzato la situazione socio-politica del Paese nella cornice delle celebrazioni del bicentenario dell’indipendenza. Per i vescovi, il 5 luglio prossimo, quando il Venezuela ricorderà la sua nascita repubblicana, non potrà dimenticare che lo storico atto istitutivo invoca Dio come testimone e come garante dei propositi che ispirarono il sorgere della Nazione. In quel documento, aggiungono i vescovi, si parla esplicitamente della “cornice spirituale e religiosa cristiana e degli ideali di libertà e giustizia, unità e pace. I fondatori della Repubblica, con coraggio e sacrificio, intrapresero un lungo cammino per costruire una Nazione libera, sovrana e indipendente, basandosi nel rispetto della dignità e della vocazione alla libertà di ogni persona”, scrivono i vescovi, aggiungendo: “L’omaggio migliore che oggi possiamo tributare alla loro memoria consiste nell’onorare ed approfondire, nelle nostre leggi e nelle nostre istituzioni repubblicane gli ideali che ispirarono queste persone nella ricerca del bene comune del Paese e nel rispetto della volontà e delle decisioni del popolo”. Oggi, secondo l’analisi dei presuli, il Paese ha davanti a sé “un imperativo etico e legale” centrale: il rispetto “della lettera e dello spirito della Costituzione vigente” poiché “è il fondamento dello Stato di diritto e la garanzia principale dei diritti del popolo. Nel mese di dicembre scorso, in mezzo alle calamità pubbliche causate dalle piogge incessanti; il governo e l’Assemblea nazionale hanno dato priorità ad un’agenda ideologica destinata ad imporre un sistema statale socialista e totalitario e un governo contrario alla Costituzione vigente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, sancita con il voto popolare il 15 dicembre 1999”. I presuli ricordano tra l’altro che il referendum del 2 dicembre 2007 rifiutò i tentativi di ulteriori modifiche della Costituzione per adeguarla al progetto ideologico governativo. Nel contesto di queste circostanze non sempre chiare e trasparenti, “è stata promulgata - precisano i vescovi - una legge che conferisce al presidente poteri anche per legiferare nell’arco di 18 mesi con la giustificazione della gravissima situazione”, che si è venuta a creare nel Paese come conseguenza delle catastrofi naturali. La Conferenza episcopale esprime grande preoccupazione poiché questa legge permette al governante di legiferare su materie che nulla hanno a che fare con l’emergenza naturale e lascia nelle mani del presidente un potere concesso da parlamentari che non sono più tali dopo la fine della legislatura precedente e l’elezione di una nuova Assemblea nazionale. “Ciò - osservano i vescovi - è contrario alla volontà popolare espressa nelle elezioni del 26 settembre 2010, che hanno configurato un nuovo Parlamento con una rilevante presenza di rappresentanti delle opposizioni”. In particolare i vescovi dichiararono la loro preoccupazione per le leggi sul cosiddetto “poder popular”, perché impregnate di “contenuto ideologico escludente” e al servizio del centralismo presidenziale. Inoltre, fra le 25 leggi approvate dall’Assemblea nazionale uscente in un modo poco chiaro e poco costituzionale, i presuli identificano come pericolose quelle che legiferano sulle telecomunicazioni, sulla responsabilità della radio e della Tv, sui partiti politici e le università. Tutte queste leggi, “comportano - rilevano ancora i vescovi - limitazioni ai diritti fondamentali dei cittadini, condizionano la libertà di coscienza e cercano di consolidare un pensiero unico”. La Conferenza episcopale conclude con un appello al governo e ai leader dei partiti “affinché prendano atto della pericolosità di questa situazione” e della “gravissima responsabilità che hanno davanti a Dio e al Paese”. “Chiediamo a tutti di rispettare le esigenze democratiche del popolo venezuelano di rettificare i propositi che cercano di stabilire un’egemonia assoluta dello Stato su altri spazi e aspetti della vita del Venezuela. Si tratta di pretese che mettono a repentaglio la libertà, la giustizia e i diritti costituzionali del popolo”. (A cura di Luis Badilla)

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    Australia: gli aiuti della Chiesa cattolica per le vittime del maltempo

    ◊   Aiuti materiali, ma anche preghiera e solidarietà: è quanto offre la Chiesa cattolica australiana alle vittime del maltempo che da fine novembre sta flagellando il Paese, in particolare lo Stato del Queensland. Almeno 24 i morti accertati finora, cui si aggiungono oltre 70 dispersi in cittadine e villaggi isolati nell’entroterra di Brisbane. Le ricerche procedono a pieno ritmo, anche grazie agli elicotteri militari. Una situazione drammatica che ha colpito anche la sede dell’arcidiocesi di Brisbane: “I nostri uffici – dicono l’arcivescovo ed il vescovo ausiliare della città, mons. John Bathersby e mons. Brian Finnigan – sono chiusi perché non abbiamo energia elettrica. Offriamo le nostre preghiere per tutte le vittime, i loro familiari e per tutti colori che stanno soffrendo a cause delle alluvioni”. “Molte parrocchie e molte scuole – continuano i presuli - hanno aperto le loro porte per offrire assistenza ai più bisognosi. I sacerdoti, i religiosi ed i fedeli impegnati nelle aree più colpite apprezzeranno ogni tipo di aiuto, materiale e spirituale, che verrà offerto”. L’intervento della Chiesa si è concentrato in particolare su Toowomba, nel sud est del Queensland: “Voglio esprimere la mia gratitudine – afferma padre John Conway, amministratore di tre parrocchie della zona – a tutti i preti e a tutte le persone dell’Australia che sono accorsi in nostro aiuto. Si tratta della più grande catastrofe naturale che sia mai capitata nella zona, ma la risposta della gente è stata fenomenale. Ho visto persone evacuate dalle loro case lavorare nei centri di emergenza”. “In molti posti – continua padre Conway – non c’è acqua potabile. Le strade sono danneggiate e i camion non possono passare. Non abbiamo carburante, latte, pane. Stiamo razionando tutto”. Tutti gli australiani, quindi, vengono esortati ad offrire il loro aiuto, in particolare attraverso le organizzazioni di carità. Anche Benedetto XVI, attraverso il Pontificio Consiglio Cor Unum, ha donato 50mila dollari per la ricostruzione del Paese. Ulteriori donazioni possono essere effettuate attraverso l’organizzazione caritativa “San Vincenzo de’ Paoli”, consultando il sito Internet . (I.P.)

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    Pakistan: timori dei cristiani per la protesta nazionale degli islamici radicali contro il Papa

    ◊   La rete islamica "Tehrik Tahaffuz Namoos-i-Risalat" (Ttnr, “Alleanza per difendere l’onore del Profeta”), ha annunciato per domani, dopo la preghiera islamica del venerdì, una manifestazione nazionale di protesta contro il Papa. L’obiettivo è condannare l’appello lanciato dal Santo Padre per l’abrogazione della legge sulla blasfemia, durante il discorso rivolto il 10 gennaio scorso al Corpo diplomatico presso la Santa Sede . La Ttnr è una rete trasversale di movimenti e partiti islamici radicali, costituitasi in occasione della vicenda di Asia Bibi, la prima donna condannata a morte per blasfemia e dopo l’emergere di un vasto movimento, nella società civile pakistana, che chiede la salvezza per Asia Bibi, il rispetto dei diritti umani e della libertà di coscienza, l’abolizione o la modifica della controversa legge sulla blasfemia, utilizzata, come nel caso di Asia Bibi, per compiere vendette personali. Secondo fonti dell’agenzia Fides, nella comunità cristiana in Pakistan, “il pericolo e l’obiettivo degli estremisti islamici, oggi venuti fuori apertamente in tutto il Paese, è quello di scatenare una guerra di religione contro il Papa e contro al cristianità”. In un clima di crescente tensione e intolleranza, la comunità cristiana in Pakistan è impaurita e preoccupata: episodi e gesti di intimidazione si susseguono nella vita quotidiana. Molti temono che domani, sull’onda della protesta, possano verificarsi attacchi o aggressioni a persone, luoghi o chiese cristiane. “Il Papa ha dato voce alla società civile e alle minoranze religiose del Pakistan, penalizzate, discriminate e ridotte al silenzio”, spiega alla Fides Peter Jacob, segretario della Commissione “Giustizia e Pace” dei vescovi pakistani. “Da anni la società civile, con movimenti e associazioni di ogni estrazione e matrice religiosa, chiede la modifica o l’abolizione della legge sulla blasfemia”, ha ricordato il segretario. “Oggi viviamo tempi particolarmente difficili in cui ogni cittadino liberale in Pakistan rischia di essere ucciso. Ma il nostro impegno pacifico continuerà, senza rispondere alle provocazioni dei gruppi fondamentalisti”, conclude Jacob. La Commissione “Giustizia e Pace” è parte della rete “Cittadini per la democrazia” che ha lanciato una campagna nazionale per il rispetto della libertà di coscienza e di religione, per il rispetto della dignità e dei diritti umani, per la difesa della democrazia e dello Stato di diritto in Pakistan. (C.P.)

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    Asia Bibi: per l’"intelligence" pakistana non è sicura in carcere

    ◊   Nessuna misura speciale di sicurezza è stata presa per proteggere la vita di Asia BibI, la cristiana condannata a morte per blasfemia: lo afferma una relazione dei Servizi di intelligence provinciali al proprio quartier generale. Asia Bibi è stata condannata da un tribunale di primo grado nel novembre 2010, in seguito ad accuse poco credibili. La donna ha subito numerose minacce di morte. Un leader religioso - riferisce l'agenzia AsiaNews - è giunto a offrire una somma di denaro a chiunque la uccida. Le minacce sono divenute sempre più reali dopo l’assassinio del Governatore del Punjab, Salman Taseer, che aveva preso le difese della donna e criticato la legge sulla blasfemia. Il governo centrale aveva chiesto a quello provinciale di prendere misure speciali di sicurezza, ma la richiesta è rimasta inevasa. Asia Bibi è nel reparto femminile del carcere di Sheikhupura insieme ad altre 15 detenute. Una donna poliziotto assicura il controllo all’interno, e cinque agenti si occupano della vigilanza all’esterno della perimetro. Due pattuglie di motociclisti pattugliano i dintorni della prigione. La relazione afferma che “gli agenti non sono vigilanti, la maggior parte del tempo sono assenti, specialmente i motociclisti”. Il rapporto suggerisce che Asia Bibi sia inviata nella prigione femminile di Multan, dove “le condizioni di sicurezza sono migliori, per prevenire la possibilità di un attacco o di un incidente imprevisto”. Intanto, il Ministro per le minoranze Shabaz Bhatti, che ha criticato spesso di recente la legge sulla blasfemia, ha detto di essere diventato, dopo l’assassinio di Salman Taseer “Il bersaglio più alto” dei possibili assassini. “Durante il caso di Asia Bibi ho ricevuto costantemente minacce di morte” ha detto Bhatti. “Dall’assassinio di Salman Taseer…questi messaggi mi giungono anche in forma pubblica”. Bhatti e i suoi alleati dicono che la legge sulla blasfemia è spesso usata per regolare conti personali. Bhatti sostiene che delle fatwa sono state emanate contro di lui da leader islamici estremisti a cui si permette di diffondere impunemente messaggi violenti. (R.P.)

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    Terra Santa: i religiosi chiedono più facilità nel rilascio dei visti da parte di Israele

    ◊   Maggiore facilità nel rilascio dei visti da parte di Israele ai religiosi e religiose chiamati dai loro istituti a svolgere apostolato in Terra Santa. A chiederlo sono i rappresentanti dei 33 istituti maschili e dei 73 femminili che ieri hanno portato la loro testimonianza ai vescovi di Usa, Ue e Canada, che compongono il Coordinamento delle Conferenze episcopali a favore della Chiesa della Terra Santa e dell’Assemblea dei vescovi cattolici della Terra Santa in questi giorni a Gerusalemme per una visita di solidarietà. “Se avessimo i visti con più facilità avremmo modo di lavorare con più serenità a vantaggio di tutta la popolazione. Il mancato o difficile rilascio dei visti non ci permette di portare avanti il nostro lavoro pastorale. Perché essere costretti ad aspettare?” hanno affermato i religiosi presenti in sala. Una situazione comunque “migliore rispetto al passato – hanno riconosciuto – ma che potrebbe migliorare ancora se Israele facilitasse il rilascio anche per il personale religioso nato in Palestina, o in Paesi che non intrattengono relazioni diplomatiche con Israele, come Libano e Siria. Ci sono casi di suore palestinesi nate, per esempio a Betlemme, che non possono recarsi a Gerusalemme, che dista solo 15 chilometri, per svolgere il loro apostolato. Sono straniere nel loro stesso Paese”. Supposti motivi di sicurezza – riferisce l’agenzia Sir - sarebbero alla base della decisione israeliana e, hanno spiegato i religiosi ai vescovi, “fino a quando la situazione politica rimane questa non vediamo la soluzione al problema”. Pochi problemi invece per coloro che provengono da Paesi europei, occidentali ed anche da Egitto e Giordania. La questione dei visti che impedisce non poco il lavoro della Chiesa locale, in passato e anche recentemente, è stata discussa diverse volte dalla Chiesa locale e dal nunzio apostolico, mons. Antonio Franco con il Ministero degli Interni israeliano. La presenza dei religiosi in Terra Santa, secondo dati forniti dalla Chiesa locale, conta 559 consacrati e 1098 consacrate suddivisi in 314 case. Svolgono attività contemplativa ma anche attiva in ospedali, scuole e servizi sociali. “La nostra prima sfida – hanno raccontato – è quella di condividere le condizioni di vita della popolazione, quindi di insicurezza e instabilità a causa del conflitto, la seconda è quella di lavorare e pregare per la pace e la giustizia senza cadere nella tentazione di vendette e rancori ed infine la collaborazione e la cooperazione tra i vari istituti”. (R.P.)

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    Sudan. Il Gruppo ecumenico di osservatori: “Il referendum porterà la pace”

    ◊   Pace e stabilità: è quanto auspica per il Sudan il Gruppo ecumenico di osservatori per il referendum, composto da rappresentanti del Secam (Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar), dell’Amecea (Associazione dei membri delle Conferenze episcopali dell’Africa orientale), dell’Aacc (Conferenza delle Chiese di tutta l’Africa), del Scc (Consiglio delle Chiese del Sudan) e del Cec (Consiglio Ecumenico delle Chiese). Molte le aspettative per questa consultazione elettorale che potrebbe sancire la secessione del Sud Sudan dal Nord e la nascita di uno nuovo Stato indipendente da Kharthoum. Le operazioni di voto, sotto il controllo dell’ONU, sono iniziate domenica scorsa e si concluderanno sabato prossimo. Oltre il 60% degli aventi diritto ha già votato, quindi il referendum è da ritenersi valido. “Questo referendum – scrive il Gruppo ecumenico di osservatori in una nota a firma del rev. Samuel Kobia, inviato del Cec, e del rev. Ramadan Chan Liol, segretario generale del Scc – sarà uno spartiacque nell’applicazione del Cpa, l’accordo di pace del 2005 tra il governo sudanese e il Movimento di liberazione del Sudan”. Un accordo, lo ricordiamo, che ha posto fine ad una guerra ventennale. Ringraziando tutti coloro che hanno lavorato alla preparazione di questo importante appuntamento elettorale, compresa la comunità internazionale, gli osservatori ecumenici ribadiscono: “In questo contesto, il rispetto della volontà popolare espressa dal referendum è fondamentale e contribuirà in modo sostanziale al consolidamento della pace attuale tra Nord e Sud del Paese”. L’auspicio del Gruppo, quindi, è che “si faccia il possibile per prevenire il riaccendersi del conflitto tra Nord e Sud, in modo che il futuro di tutti i sudanesi possa essere assicurato, in base alla nuova linea politica che verrà sancita dal referendum. La tornata elettorale porrà anche solide fondamenta per la risoluzione di altri problemi del Paese”. Infine, gli osservatori assicurano le loro preghiere al governo ed alla popolazione sudanese affinché “determinino liberamente il loro futuro, votando in modo libero, corretto e pacifico o per l’unità o per la secessione, così da consolidare la pace e la stabilità nel Paese e nella regione”. (I.P.)

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    India: società civile e comunità cristiana unite per la grande “Marcia contro la corruzione”

    ◊   Una iniziativa simbolica per lottare contro la corruzione e chiedere al governo di adottare una legislazione efficace per combatterla: questo vuole essere la grande “Marcia contro la corruzione” che si terrà a New Delhi il 30 gennaio prossimo, giorno in cui si ricorda l’assassino del Mahatma Gandhi. La data è stata scelta per richiamare l’impegno del grande leader scomparso contro un fenomeno che erode e mina la nazione dall’interno, impedendo uno sviluppo giusto e solidale. A promuovere la Marcia è una rete di movimenti e associazioni della società civile indiana, riunite nel forum “India against corruption”, che sta riscuotendo l’adesione di leader, gruppi e associazioni cristiane e di altre comunità religiose. L’arcivescovo di Delhi, mons. Vincent Concessao ha annunciato all’agenzia Fides la sua partecipazione, a simboleggiare il contributo e la volontà della Chiesa cattolica indiana di appoggiare la campagne per la trasparenza e la giustizia nel Paese. Il comitato promotore, in un comunicato, nota che attualmente, nessun politico o funzionario della pubblica amministrazione viene incriminato per corruzione in quanto l’organo preposto alle indagini, la “Anti corruption branch”, è emanazione del governo. Esso dovrebbe invece essere espressione di una autorità nazionale di garanzia indipendente dal potere esecutivo. Inoltre la “Commissione di vigilanza centrale”, all’interno della pubblica amministrazione, ha oggi solo una funzione consultiva, mentre i promotori chiedono che le venga assegnato il potere reale di licenziare i funzionari che si macchiano dei reati di corruzione, peculato o abuso di potere. Si chiedono anche misure adeguate per combattere la corruzione nel sistema giudiziario e si domandano pene severe per quanti vengono riconosciuti colpevoli di questo reato. Alla campagna hanno aderito personalità di rilevo del mondo della cultura, della politica, dell’economia, delle diverse comunità religiose. (R.P.)

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    Il cardinale Rylko a Madrid per l'incontro preparatorio alla Gmg 2011

    ◊   La Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid sarà un evento missionario. Ne è convinto il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo della capitale spagnola, che oggi ha aperto all’Escorial, l’antico palazzo dell’imperatore Filippo II l’incontro preparatorio dell’evento, cui partecipano i delegati di 84 Conferenze episcopali nazionali e di 44 gruppi associazioni e movimenti. Tutti insieme, fino a sabato, faranno il punto sugli aspetti organizzativi, condivideranno momenti di preghiera e visiteranno i luoghi simbolo della Giornata che si svolgerà, qui a Madrid, dal 16 al 21 agosto, con la presenza di Benedetto XVI. Il cardinale Rouco Varela era l’arcivescovo di Santiago di Compostela, quando nel 1989, la Gmg fece tappa nella città del Camino. “Quell’esperienza – ha ricordato oggi – ha aperto grandi prospettive e portato molti frutti spirituali”. E ora naturalmente, ci si augura che Madrid 2011 faccia lo stesso. Un'eventualità questa, della quale si è detto certo anche il cardinale Stanislaw Rylko. Il presidente del Pontificio Consiglio per i laici, giunto a Madrid per l’occasione ha fatto notare che in questi 25 anni la Gmg è stata “un autentico laboratorio della fede, grazie al quale milioni di giovani hanno incontrato Gesù e cambiato le loro vite”. E’ nata così una "nuova generazione: giovani del sì a Cristo, alla sua Chiesa, giovani che hanno scoperto nel successore di Pietro un amico e una guida sicura per la loro esistenza". Anche da Madrid si attendono frutti simili. Anzi, ha concluso il cardinale Rylko, “la Gmg è già iniziata e sta già producendo i primi risultati, come dimostra il pellegrinaggio della Croce delle Giornate in tutte le diocesi spagnole”. (Da Madrid, Mimmo Muolo)

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    Costa d'Avorio: i disordini rinviano la vaccinazione contro la febbre gialla

    ◊   I disordini causati dalle elezioni presidenziali stanno bloccando una campagna nazionale di vaccinazioni contro la febbre gialla che si sta diffondendo tra la popolazione del Paese. La malattia è letale ed è trasmessa da un mosquito. Secondo gli operatori sanitari locali dell'Oms, nell'ultimo mese sono morte 11 persone nei dipartimenti centro-settentrionali di Séguéla, Katiola e Béoumi, inoltre altri due casi sono stati confermati e altri 21 sono sospetti. La campagna di vaccinazioni - riferisce l'agenzia Fides - era stata programmata per il mese di novembre, successivamente posticipata a causa dell'attuale situazione politica e degli episodi di violenza in particolare nella zona occidentale. Nella capitale commerciale Abidjan si sono verificati attacchi ai veicoli e al personale delle Nazioni Unite. Gli operatori sanitari sarebbero dovuti partire con le vaccinazioni a metà gennaio, ma sembra che ancora non sia loro possibile raggiungere le comunità e fermarsi per i giorni necessari. Le strade sono insicure e le linee ferroviarie limitate. La febbre gialla non ha cura, l'unica prevenzione è la vaccinazione, circa la metà delle persone che ne vengono colpite muoiono. L'Oms e gli operatori locali interverranno inizialmente su piccola scala, ma sarà molto difficile coprire l'intera nazione. (R.P.)

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    Messico. Giornata del migrante: accogliere e ospitare i rifugiati un gesto di solidarietà umana

    ◊   Domenica prossima la Chiesa celebra la "Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato" mentre l’Organizzazione delle Nazioni Unite celebra questa giornata il 18 dicembre. In Messico il tema riveste particolare attualità, in quanto negli ultimi mesi si è aggravata la crisi dell'immigrazione e si susseguono notizie di deportazioni di massa, violenze e omicidi che avvengono sia lungo il confine con gli Stati Uniti, al nord, ma anche alla frontiera meridionale, in particolare al confine con il Guatemala. Nella nota inviata all’agenzia Fides dalla Conferenza episcopale del Messico, firmata da mons. Enrique Sanchez Martinez, il vescovo ausiliare di Durango afferma: “quasi tutti abbiamo parenti o amici negli Stati Uniti. Il sogno americano è tuttaltro che una realtà. Ogni giorno diventa sempre più precaria la qualità della vita di molti immigrati che vivono negli Stati Uniti, in particolare per quanti sono senza documenti, senza servizi sanitari, senza istruzione e vedono la violazione dei loro diritti, così ha denunciato l'organizzazione ‘Durango Unido en Chicago’. La caccia ai migranti negli Stati Uniti ha fatto calare le rimesse: lo stato di Durango registrava nel rapporto finale del 2010 entrate in valuta estera (arrivate attraverso questa via) per 284.8 milioni di dollari, 83 milioni in meno dell'anno 2007, quando aveva raggiunto il suo picco. Significa un calo del 16,73% e 3.9 milioni in meno rispetto al 2009, come ha rivelato la Banca del Messico (Banxico)”. Su questo tema la Chiesa cattolica ha sempre espresso una profonda preoccupazione, sia per chi vive l'esperienza della migrazione (un fenomeno di grandi dimensioni, con problemi sociali, economici, politici, culturali e religiosi) che per la drammatica sfida posta alle comunità nazionali e alla comunità internazionale. Il vescovo ricorda inoltre che la Chiesa riconosce ad ogni uomo il diritto di lasciare il suo Paese e di entrare in un altro, alla ricerca di migliori condizioni di vita. Accogliere i rifugiati e dare loro ospitalità è, per tutti, un gesto di solidarietà umana, per non farli sentire isolati a causa dell'intolleranza e del disinteresse. Se chiediamo questo per i nostri familiari, amici e connazionali in America – conclude la nota -, dobbiamo anche offrire la stessa cosa a coloro che entrano nel nostro Paese attraverso il confine meridionale. (R.P.)

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    Germania : il presidente Wulff parla di necessità di confronto con lo straniero

    ◊   Ieri a Berlino il presidente federale tedesco, ChristianWulff ha rivolto un accorato appello in difesa della libertà di religione. Durante il tradizionale ricevimento di inizio anno per il Corpo diplomatico, Wulff ha affermato che “qualsiasi tentativo di limitare la libera professione della religione deve essere contrastato in modo più che mai deciso”. Inoltre ha precisato che senz’altro il futuro appartiene alle nazioni aperte alla molteplicità culturale, che non affrontano lo straniero rifiutandolo, bensì rispettandolo e che sono disposte a confrontarsi con esso. Per il capo di stato tedesco non vi è spazio per la violenza contro le comunità religiose che abbiamo purtroppo visto sempre più diffusa in tempi recenti. Wuff ha sottolineato la volontà della Germania di partecipare alla cooperazione internazionale. A conclusione queste le sue parole: “Nel mondo sempre più collegato del XXI secolo, la gran parte delle grandi sfide può essere vinta solo con la cooperazione mondiale ricordando al contempo la partecipazione all’integrazione europea e il ruolo dell’Europa quale punto di aggancio della Germania alla politica internazionale”. (C.P.)

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    Angola: in corso la IV Settimana sociale su "Democrazia e partecipazione"

    ◊   “Democrazia e partecipazione” è il tema della IV Settimana sociale che si è aperta l’11 gennaio nella capitale angolana. I lavori, che si svolgono presso il Seminario maggiore del Sacro Cuore, si concluderanno il 15 gennaio. Promossa dalla Conferenza episcopale di Angola e Sao Tomé, l’iniziativa vede susseguirsi relazioni e di dibattiti che hanno lo scopo di aiutare i cristiani a prendere coscienza del loro contributo nell’ambito delle realtà sociali e di studiare come portare l’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, mons. António Jaca, vescovo di Caxito e presidente della Commissione episcopale Giustizia e Pace, ha affermato nel suo intervento di apertura che “il Paese deve cercare percorsi per lo sviluppo socio-economico e la lotta contro la miseria, la povertà e gli altri mali che contaminano la società angolana”. In particolare mons. Jaca ha ribadito l’urgenza di lottare contro il cancro della corruzione, la dilapidazione dei beni pubblici, l’impunità e la violenza. E’ diritto e dovere della Chiesa, ha aggiunto, proclamare la giustizia nel campo sociale, nazionale e internazionale, come denunciare le situazioni di ingiustizia, quando i diritti umani fondamentali e la salvezza delle persone lo richiedano. Il vescovo ha anche lanciato un appello all’intera Chiesa angolana perché aiuti i fedeli e i cittadini a partecipare in maniera attiva, cosciente e responsabile alla costruzione di una società democratica e di diritto. (R.P.)

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    Le religiose indiane chiamate a riscoprire la propria identità e missione

    ◊   Diventare “comunità di contrasto” ai valori e agli stili di vita oggi dominanti basati sul denaro e sul potere della tecnologia e dei media che promuovono una cultura della morte e vuoti esistenziali. Con questa indicazione di fondo si è conclusa ieri a Kochi, nel Kerala, dopo quattro giorni di lavori, l’assemblea plenaria triennale della Conferenza delle religiose dell’India. Al centro della riunione, alla quale – riferisce l’agenzia Ucan - hanno partecipato 450 superiore maggiori in rappresentanza delle oltre 100mila religiose presenti nel Paese, le crescenti difficoltà della vita consacrata in India oggi di fronte alle sfide della modernità. Difficoltà che la Conferenza ha attribuito al venire meno tra molte religiose di “un’autentica spiritualità” e di una “comprensione rinnovata” della propria identità e missione. Per rispondere a queste sfide – è stato sottolineato – gli istituti religiosi femminili in India devono elaborare nuove strategie e agire insieme come “comunità di contrasto” che promuovano i valori evangelici dell’amore, della giustizia e della verità per trasformare la società indiana, segnata ancora dalla violenza, dalla povertà, dall’esclusione e dalla corruzione. Queste comunità – si legge nella dichiarazione finale – dovranno promuovere “una spiritualità autentica basata su una profonda esperienza di Dio”, la contemplazione, la comunione e l’impegno, ma anche i valori della famiglia, la libertà e la responsabilità. La Conferenza si è inoltre impegnata a rompere “la cultura del silenzio” contro tutte le violazioni dei diritti umani, in particolare in difesa della vita e della dignità della donna in India. (L.Z.)

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    Regno Unito: due rapporti confermano l'alta qualità delle scuole cattoliche britanniche

    ◊   La qualità dell'istruzione impartita nelle scuole cattoliche d'Inghilterra e del Galles è costantemente superiore alla media nazionale: questo è quanto risulta da due nuove pubblicazioni presentate nei giorni scorsi alla riunione d'inizio anno dei membri del Catholic Education Service for England and Wales (Cesew), presso la sede dell'organizzazione a Londra. I due nuovi studi sulla qualità dell'insegnamento nelle scuole cattoliche — intitolati “Value Added: the Distinctive Contribution of Catholic Schools and Colleges in England e Cesew Digest of 2009, Census Data for Schools and Colleges” — sono stati presentati da mons. Malcolm Patrick McMahon, vescovo di Nottingham, che ha svolto il suo intervento in qualità di presidente del Cesew. “Queste due pubblicazioni — ha precisato il presule — dimostrano chiaramente che l'educazione cattolica continua a fornire un contributo molto importante al futuro della nostra società”. Secondo le valutazioni espresse nel corso delle ispezioni scolastiche condotte dal personale dall'agenzia di valutazione Ofsted, gli istituti cattolici sono risultati costantemente al di sopra della media nazionale in tutti gli aspetti della loro attività. Nel corso della riunione di lunedì nella sede del Cesew, è intervenuta anche Oona Stannard, presidente esecutivo e direttore del Cesew, che ha evidenziato i traguardi educativi raggiunti affiancati da un alto grado di gradimento e di soddisfazione di quanti fanno parte del mondo scolastico. Questo apprezzamento non va solo a vantaggio dei giovani studenti, il 30% dei quali appartiene a famiglie non cattoliche, ma è anche la prova che la Chiesa cattolica, per mezzo delle sue scuole, continua ad investire tutta la sua grande saggezza nel futuro e nel bene della società del Paese. Nelle scuole cattoliche la varietà delle etnie è molto più marcata rispetto agli altri istituti. Per quanto riguarda la classe sociale, gli studenti delle famiglie povere sono nella stessa percentuale di quelli che frequentano gli altri istituti. (C.P.)

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    Il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II organizza un ciclo di incontri sulla santità coniugale

    ◊   “Profili di santità coniugale” è il tema del ciclo di conferenze sulle coppie che hanno vissuta un’esistenza di santità coniugale promosso dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia. Gli incontri, che si aprono oggi a Roma, sono coordinati dai coniugi Stanisław e Ludmiła Grygiel. Obiettivo degli incontri è la conoscenza di coppie che hanno testimoniato con l’esempio che una vita di santità coniugale è possibile. Il primo appuntamento, che si terrà oggi alle ore 17, ha per protagonisti “Raissa e Jacques Maritain – Un cammino d’amore e di fede in coppia”. Presiederà il cardinale Georges Cottier, pro-teologo emerito della Casa pontificia. I relatori sono i coniugi Giulia Paola di Nicola e Attilio Danese, dell’Università di Chieti. I coniugi Maritain, filosofi, docenti, mistici e poeti, si convertirono assieme nel 1906, e Jacques divenne ambasciatore francese in Vaticano dal 1945 al 1948. Il secondo appuntamento sarà il 3 marzo su “Gianna Beretta Molla e Pietro Molla – La forza che viene dall’amore”, quindi il 24 marzo sulla “Beata Vittoria Rasoamanarivo – La fedeltà dell’amore nella prova”, il 7 aprile su “Wiktoria e Jósef Ulma – La testimonianza dell’amore fino al martirio”. L’ultimo incontro, in programma il 19 maggio, sarà dedicato a Maria Santissima e San Giuseppe di Nazaret. (C.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Ancora disordini in Tunisia, decine di morti

    ◊   Continua a dilagare la rivolta dei giovani tunisini. Violenze e saccheggi sono avvenuti fin dalla notte scorsa in diversi centri a sud di Tunisi, dove le forze dell’ordine hanno sparato ad altezza d’uomo per disperdere la folla. Contrasto anche sul bilancio delle vittime: il governo parla ancora di circa 40 morti contro i 66 segnalati dalla Federazione internazionale delle leghe dei diritti dell'Uomo. Sulla questione è intervenuto anche il commissario Onu per i Diritti Umani, Navy Pillay, chiedendo alle autorità tunisine “un’indagine trasparente” sui decessi avvenuti. Il presidente Ben Ali ha intanto nominato un nuovo ministro dell'Interno e ha ordinato la scarcerazione degli arrestati degli ultimi giorni. Ma si ha l’impressione che il malcontento sociale sia generale e difficile da placare. Dei motivi della protesta e dei protagonisti che la stanno animando Antonella Palermo ha parlato con Wijdane Merji, presidente dell’associazione dei Tunisini in Italia:

    R. – La Tunisia, negli ultimi anni, ha vissuto problematiche contingenti abbastanza complesse, che viste da fuori sembravano invisibili. Il regime non permetteva una distribuzione omogenea delle ricchezze acquisite durante questi ultimi anni tra le regioni. Tante classi sociali sono state create, soprattutto tra la zona costiera della Tunisia e la zona più interna. D’altra parte, la Tunisia è caratterizzata da un numero molto importante di laureati e di diplomati di alto livello, che oggi si trovano disoccupati. E infine – e non è la cosa meno importante - non esisteva una garanzia della libertà di espressione e del rispetto della dignità ed oggi i tunisini stanno chiedendo proprio questo.

    D. – Ci sono terroristi, frange di estremisti, tra chi protesta?

    R. – Nel suo discorso di lunedì il presidente definisce le contestazioni in piazza come degli atti terroristici, che sono perpetrati da bande isolate di persone con il volto coperto e - quando invece le persone non lo sono - da bande pagate e comandate da entità straniere con l’obiettivo di colpire il Paese. Ad oggi non è arrivata nessuna rivendicazione esterna, anzi tutti i movimenti spontanei che sono nati, sono nati esclusivamente a nome del popolo tunisino. Non è arrivata nessuna rivendicazione di tipo islamico, nemmeno a livello politico. Quindi, tutte le richieste del popolo tunisino, in questo momento, sono proprio di ordine sociale.

    D. – Come si sbloccherà la situazione?

    R. – Bisognerà vedere cosa potrà fare l’Europa, cosa potranno fare gli Stati Uniti per aiutare il governo tunisino a trovare una soluzione. Probabilmente, servirà una posizione più forte, una dichiarazione più importante, anche se quello che è stato fatto è già tantissimo per la Tunisia: il fatto di aver detto che ci sarà una commissione contro la corruzione vuol dire ammettere che ci sia una fortissima corruzione e dire al popolo: “Potremo discutere con tutte le parti, garantendo la libertà di espressione”, questo è stato letto come un grande segnale.(ap)

    Tre esplosioni vicino a 3 moschee a Baghdad: due civili uccisi e 11 feriti
    Due civili sono stati uccisi e altri 11 feriti questa mattina in tre differenti esplosioni a Baghdad, dove la notte scorsa è giunto a sorpresa in visita il vice presidente americano Joe Biden, per incontrarsi con i massimi dirigenti iracheni. Secondo quanto riferisce l'agenzia Aswat al Iraq, le esplosioni sono avvenute nei pressi di altrettante moschee: la prima è stata registrata nel centro della città; la seconda è avvenuta nel quartiere Adamiya, nel nord di Baghdad; mentre la terza è avvenuta nel centrale quartiere Karrada, non lontano dalla super fortificata Zona Verde dove hanno sede le più importanti istituzioni del Paese e le maggiori ambasciate occidentali. Allo stesso tempo, proprio nella Zona Verde, Biden si incontrava con il premier Nuri al Maliki, con l'ambasciatore degli Stati Uniti a Baghdad James Jeffrey, e con il comandante delle forze Usa in Iraq Lloyd Austin. Alla sua settima visita in Iraq dal 2009, Biden si è complimentato con il premier al Maliki per il rinnovo il mese scorso del suo incarico alla guida del governo e per i “progressi” raggiunti in campo politico.

    In Afghanistan ordigno in un negozio di dischi uccide un bimbo
    In Afghanistan un ordigno è esploso oggi davanti a un negozio di cd musicali e dvd a Jalalabad, capoluogo della provincia orientale di Nangahar, causando la morte di un bambino e il ferimento di varie altre persone. Lo ha reso noto la polizia afghana. In generale, questi attentati sono realizzati dall'ala più radicale dei talebani, contrari all'influenza negativa che possono avere sulla popolazione i prodotti di musica o di cinema provenienti dall'occidente. Intanto ToloNews Tv ha reso noto che tre talebani sono morti mentre cercavano di collocare un ordigno esplosivo sotto un ponte nel distretto di Ghourmach, nella provincia settentrionale di Faryab.

    Mosca propone riunione del Quartetto sul Medio Oriente a febbraio
    Mosca propone di tenere una riunione del quartetto sul Medio Oriente a margine della Conferenza di Monaco sui problemi della sicurezza in programma all'inizio di febbraio. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov, citato dall'agenzia Interfax. Il capo della diplomazia russa ha auspicato la partecipazione degli esponenti della Lega dei Paesi arabi e, se possibile, anche di israeliani e palestinesi.

    Appello del segretario generale dell'Onu per il dialogo in Libano
    “Il segretario generale richiama al dialogo continuo tra tutte le parti, e al rispetto della costituzione e della legge in Libano”: è quanto ha dichiarato il portavoce di Ban Ki-moon in un comunicato, aggiungendo che il segretario generale ha ribadito altresì il proprio sostegno al lavoro del Tribunale Speciale per il Libano. Secondo quanto riportato dalla stampa, il governo di unità nazionale in Libano è caduto lo scorso mercoledì, dopo le dimissioni di undici ministri dell’alleanza politica guidata dal gruppo Hizbollah. Sembra che essi si siano dimessi dopo il fallimento dei negoziati, promossi da Arabia Saudita e Siria, nel tentativo di giungere ad un compromesso sul Tribunale Speciale, che esamina l’assassinio dell’ex primo ministro Rafik Hariri, nel 2005. La situazione in Libano, negli ultimi mesi, è stata caratterizzata da una crescente tensione, un clima nazionale che il segretario generale ha definito “di incertezza e fragilità”. Il Tribunale Speciale è un corpo indipendente, costituito sulla base dell’indagine della Commissione Internazionale Indipendente di Inchiesta, seguito a una prima missione Onu che aveva identificato varie irregolarità nell’inchiesta condotta dal Libano, a livello nazionale, sull’attentato che uccise Rafik Hariri e altre ventidue persone. Ban Ki-moon ha sottolineato l’indipendenza del Tribunale Speciale, augurandosi che il suo lavoro possa aiutare a metter fine alle impunità nel Paese.

    Obama a Tucson, dopo la strage di sabato scorso
    Da Tucson, appello di Barack Obama agli americani: se l'America vuole davvero onorare le vittime della strage di Tucson, allora ritrovi se stessa. Obama ha parlato nel palazzetto dell'Università, davanti tra gli altri al marito della Giffords e al senatore dell'Arizona John McCain. Poco prima era stato in ospedale a visitare la deputata ferita. È stato Obama ad annunciare che Gabrielle Giffords ieri sera per la prima volta ha riaperto gli occhi. Ha poi ricordato Christina Green, la bimba di 9 anni uccisa nell’insensata strage di sabato scorso. In un discorso di circa mezz'ora, più volte interrotto dagli applausi, Obama ha evitato ogni riferimento politico, tranne uno: per quanto l'America sia divisa, non deve perdere questa occasione per “tornare a se stessa” e alle ragioni che stanno al cuore della sua essenza. In nome di Christina Green, di Gabrielle Giffords, e di tutte le altre vittime della “insensata” strage di Tucson.

    Scontro a fuoco in Kashmir
    L'India ha denunciato una violazione da parte del Pakistan del cessate il fuoco in vigore nella regione contesa dal Kashmir dal novembre 2003, nell'area di Shahpur. Lo riferiscono oggi i media indiani. Secondo fonti dell'esercito indiano, ieri in tarda serata militari pachistani hanno aperto il fuoco con armi leggere e razzi rpg, ferendo un soldato indiano che è stato ricoverato in ospedale. L'obiettivo, ipotizzano le stesse fonti, sarebbe quello di facilitare l'infiltrazione nel Jammu ne Kashmir di guerriglieri provenienti dal Pakistan. Lo scontro a fuoco, si è infine appreso, è durato fino a stamani alle sei, poi le armi hanno taciuto. La stampa indiana ricorda che si tratta della seconda violazione del cessate il fuoco nel 2011 lungo la Linea di Controllo (Loc), dopo un primo segnalato il 2 gennaio.

    In Sri Lanka emergenza maltempo: 21 i morti
    Il Centro per la gestione dei disastri naturali (Dmc) dello Sri Lanka ha comunicato che la recente ondata di maltempo e inondazioni che si è abbattuta sul Paese ha causato 21 morti e danneggiato in varia misura 1.066.000 persone. In un comunicato per la stampa il Dmc ha precisato che per far fronte all'emergenza “sono stati predisposti 534 accampamenti in cui sono stati sistemati, nutriti e curati 72.041 senzatetto”. Nel complesso, oltre 17.000 case sono state totalmente o parzialmente distrutte.

    In Australia la capitale del Queensland inondata dalla piena del fiume Brisbane
    Brisbane, capitale del Queensland e terza città dell'Australia, si è svegliata stamattina in una surreale giornata di sole, ma sommersa dalla più grave inondazione in decenni, con 116.000 case senza corrente, di cui 30.000 allagate e con l'annuncio della prima vittima da quando la piena ha raggiunto la città. Nelle acque della piena è stato ritrovato il corpo di un giovane di 24 anni, che aveva voluto andare a controllare le condizioni della casa di suo padre. Sono ora almeno 24 le persone uccise dal maltempo in Australia dalla fine di novembre, cui si aggiungono oltre 70 dispersi in cittadine e villaggi isolati nell'entroterra di Brisbane, dove procedono a pieno ritmo le ricerche con elicotteri militari. La città di due milioni di abitanti sembra tuttavia aver scongiurato il peggio. Durante la notte il fiume Brisbane ha raggiunto il picco di 4,46 metri, sotto i 5,2 previsti dalla meteo, e sotto il livello record dei 5,45 metri registrati nell'alluvione del 1974, la più grave del XX secolo. Ma sul relativo sollievo grava lo scoraggiamento alla vista dei danni inflitti alle case e agli edifici storici della città, mentre il fiume continua a scorrere vorticoso, trascinando automobili, barche, pontoni e detriti di ogni genere. “Quando guardo non solo alla città capitale ma a tre quarti del nostro stato, vedo che ci vorrà uno sforzo di ricostruzione di proporzioni da dopoguerra”, ha dichiarato oggi la premier del Queensland, Anna Bligh, ringraziando commossa i cittadini per il loro coraggio e collaborazione. “Vi saranno tanti che quando torneranno, troveranno che le loro case non saranno mai più abitabili, ma dobbiamo ricordare chi siamo, noi del Queensland”, ha detto. “Siamo quelli che quando subiscono colpi si rialzano”. I danni all'economia dello stato, basata sull'agricoltura e sulle miniere di carbone, sono stimati in molti miliardi di dollari e secondo le stime potranno tagliar via fino all'1% del Pil, il tasso di crescita nazionale.

    Appello degli USA alla Corea del Nord: serietà in vista dei negoziati
    La Corea del Nord deve dimostrare “serietà di intenti ed evidenza di un reale cambiamento” per la ripresa dei negoziati sul suo programma nucleare, il dialogo a Sei che coinvolge le due Coree, Usa, Cina, Russia e Giappone. È quanto ha affermato a Tokyo il segretario americano alla Difesa, Robert Gates, durante la conferenza stampa congiunta con la controparte nipponica, Toshimi Kitazawa. “Ci devono essere prove concrete sulla volontà di negoziare e devono mettere da parte la condotta belligerante”, ha osservato ancora, ricordando che la priorità, nell'immediato, è evitare che Pyongyang metta in atto altre provocazioni, dopo i colpi di artiglieria dello scorso 23 novembre contro l'isola sudcoreana di Yeonpyeong, costati “la vita a militari e civili”. Gates, inoltre, ha ribadito, accennando ai colloqui avuti negli ultimi giorni a Pechino, che c'è unità di intenti tra Usa, Corea del Sud, Giappone e Cina sulla necessità di “stabilizzare la penisola coreana”, puntando su pace e sviluppo. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 13

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